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La mediazione non è più obbligatoria. Forse
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa,
del D. Lgs. 04/03/10 n. 28, nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.
Secondo i giudici della Suprema Corte si è verifi cato un eccesso dell’utilizzo, da parte del Governo,
della delega legislativa ricevuta dal Parlamento. In particolare a essere colpito è il primo comma
dell’art. 5 che prevedeva “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in
materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione,
comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e
natanti, da responsabilità medica, da diffamazione a mezzo stampa e altro mezzo di pubblicità,
contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento
della mediazione …”. Pertanto, la mediazione civile è facoltativa e non è più obbligatoria per tutte
le aree sopra esposte.
A nostro avviso, non bisogna farsi prendere da facili allarmismi o entusiasmi ma si devono
attendere le motivazioni della pronuncia perché se in essa è stato preso in esame solo il profilo
dell’eccesso di delega, ritenendolo assorbente, senza prendere posizione sulla compatibilità
costituzionale, allora la pronuncia è neutra, nel senso che si focalizza solo su un aspetto formale e
non sostanziale. Se, invece, essa ha accolto la sola critica dell’eccesso di delega, rigettando le
presunte censure sulla compatibilità costituzionale, allora la pronuncia, implicitamente, conferma
la bontà dell’istituto e anche la sua obbligatorietà, facendo emergere solo un vizio formale.
Detto che in Italia non sono infrequenti i casi di dubbio, per cui solo l’alea è legge, potrebbe essere
questa l’occasione per rivisitare in Parlamento alcuni aspetti della mediazione, che nel mondo
anglosassone e nel business internazionale è la procedura che evita le forche caudine di lunghi
giudizi nel merito proprio perché non entra nel merito di chi abbia o meno ragione ma punta far
trovare un accordo ai contendenti sui propri interessi basandosi su un criterio principe: la rapidità
della soluzione. E l’aspetto della moderna mediazione da riscrivere è proprio quello che,
rendendola obbligatoria nel casi e nei modi ora bocciati per lo meno per la forma del suo decreto
attuativo, prevedeva un tempo di quattro tra l’inizio della vertenza e il suo approdo in tribunale in
caso di mancato accordo. Quel periodo stava diventando un ulteriore allungamento delle
procedure legali per la scarsa disponibilità delle parti, guidate al solito da un mondo di legali che
per la maggior parte male hanno digerito il nuovo strumento, a cercare una “mediazione”. Se si
vogliono sgravare i tribunali civili dei milioni di cause pendenti, oggi risolvibili celermente con
un’efficace mediazione, e se realmente si vogliono abbattere non solo i loro costi ma anche quelli
dell’inefficienza del nostro sistema una soluzione va trovata. E subito.
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