Evento M.A.C.R.O 2014 - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"

ExtraMuseo: le Arti di strada, Modify Art, Graphic novel.
Progetto di formazione, rivolto agli studenti dell’ Università, nato dalla collaborazione del MACRO,
Didattica-Area Università e Accademie.Progetti Speciali, con l’Università degli studi di Roma “Tor
Vergata”.
Il progetto, dal titolo: L’arte fuori del Museo. Le Arti di strada, Modify Art, Graphicnovel, è stato
ideato da Rossana Buono, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università degli studi di
Roma “Tor Vergata”.
Introduzione
Il progetto nasce dall’idea di avviare una riflessione su tre argomenti, Le arti di strada, Modify Art,
Graphic novel, manifestazioni parallele all’arte con la quale stabiliscono continui scambi, rintracciabili
non solo nell’artisticità delle loro espressioni quanto nella condivisione di processi di cambiamento sociali
e culturali proprio della contemporaneità.
Queste tendenze, insolite in quanto non contemplate ufficialmente nel mondo dell’arte e che non hanno
cittadinanza negli spazi museali, diventano argomento di tesi, assegnate a tre giovani laureandi
dell’Università degli studi di Roma di “Tor Vergata”.
Proprio dai risultati delle loro ricerche sono stati organizzati tre incontri, che verranno ospitati nella Sala
Cinema del MACRO di via Nizza.
Si tratta di un’interessante iniziativa che fa entrare l’Università con i suoi programmi nel Museo, che
partecipa al processo di formazione attivando un dialogo di approfondimento e di confronto grazie al
contributo di esperti e permette di stabilire un contatto con gli artisti che lavorano in questi ambiti.
Durata del progetto
Da febbraio ad Aprile 2014
Calendario incontri
Giovedì 27 febbario
Graphic novel al MACRO
Il fumetto, che nasce come prodotto della cultura di massa, acquista una sua valenza artista nella forma
del Graphic Novel, nata negli anni Sessanta, confermata dall’esposizione alla XXXVI Biennale di Venezia
del 2013 dell’opera sulla Genesi del fumettista Robert Crumb. E’ interessante indagare questo settore che
ha una sua origina nella storia dell’arte, ma resta un prodotto popolare in cui si intrecciano la storia
sociale e politica e il vissuto personale e in cui convivono o si annullano le distanze tra cultura bassa e
alta, dando vita ad “letteratura disegnata”, come la definisce Hugo Pratt.
Intervengono: Gaia Cocchi
Alessandro Campus, docente Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Artista: Zerocalcare
Giovedì 27 aprile
Le Arti di strada al MACRO
Le arti di strada entrano nel Museo e diventano il pretesto per analizzare la loro struttura di spettacolo
e evidenziare i rapporti e gli scambi con l’arte riconosciuta dal sistema. Si possono considera espressioni
del teatro popolare i cui interpreti (acrobati, giocolieri, musici, mimi, danzatori, cantastorie, clown…)
utilizzano le proprie abilità attoriali e fisica per azioni performative, che si trovano in alcuni lavori di artisti
come Michelangelo Pistoletto, Globe, della serie 1965-1966, Maurizio Cattelan, il fachiro, ,1999; Bruce
Naumann, Clown torture, 1987, Cindy Sherman, Untitled#425, 200°, ….).
Intervengono: Emanuela Mercanti
Alessandro Serena, Università degli Studi di Milano
Giovedì 8 maggio
Modify Art al MACRO
Con la Modify Art si affrontano le trasformazioni e manipolazioni del corpo (scarificazione, branding,
implanting, percing, fakir show, make up, gender modification…), protagonista doloroso di pratiche, a
volte violente, rivolte generalmente a dichiarare la propria appartenenza socio-culturale e diversità
rispetto a un modello comune per proporne uno trasgressivo e provocatorio, sempre legato ad una
ridefinizione identitaria, condizione che è al centro anche di sperimentazioni di molti artisti (Cindy
Sherman, Bruce Nauman, Orlan, Catherine Opie, Franco B, Ali Kazma.…).
Intervengono: Martina Ronca
Piero Vereni, docente Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Artista: Tiger Orchid
Budget MACRO
Pieghevole
Organizzazione
incontri
n. 7 locandine
Materiale
informativo
(fotocopie)
Appunti
La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate
dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime
filastrocche dall’ultimo modello d’apparecchio.
Italo Calvino, Le città invisibili (VII capitolo: Le città continue, 1)
A detta di Baudrillard, il corpo dell’uomo post-moderno è un dispositivo in continua mutazione. L’io, nell’epoca delle brevi narrazioni, si riduce a
corporeità: ogni sua definizione in termini filosofici o metafisici cede il posto a una mera definizione operativa – si è esaurito lo spazio per l’anima,
non vi è più bisogno di trascendenza. “Il nostro essere si consuma nelle sue concatenazioni molecolari e nelle sue circonvoluzioni neuroniche”,
afferma il filosofo: non siamo altro che “mutanti potenziali”, descritti da un codice genetico e cerebrale aperto a configurazioni imprevedibili.
Questo corpo bionico e post-umano viene visto da Baudrillard come la conseguenza di un processo degenerativo, che porta alla proliferazione di
protesi-metastasi – un cancro che affligge un corpo liquido, privo di confini e identità precostituite.
Ali Kazma, Resistance, 2013.
Ali Kazma, l’artista protagonista del padiglione turco, non pare condividere il catastrofismo baudrillardiano. Resistance, il titolo della sua
ambiziosa video-installazione all’Arsenale, riflette sul concetto di corpo, limite e identità in piena epoca post-moderna. I video sono stati girati
dall’artista nell’arco di circa un anno, in diverse città del mondo, tra cui Parigi, Londra, Berlino, Istanbul, New York. Il lavoro presenta un
campionario delle pratiche e degli interventi a cui oggi viene sottoposto il corpo umano: culturismo, tatuaggi, bondage, operazioni chirurgiche,
protesi artificiali, sperimentazioni robotiche. La macchina da presa di Kazma documenta e ispeziona quel corpo “mutante” di cui ci parla
Baudrillard – un apparato in costante evoluzione, una simbiosi di naturale e artificiale, i cui attributi si rinnovano in un incessante fluire. Tuttavia,
più che un corpo ammalato e corrotto, quello filmato dall’artista è un corpo intrepido, temerario: diviene un mezzo di resistenza, un congegno
destinato a superare i limiti e le costrizioni imposte dalla natura e dalla cultura.
Ali Kazma, Resistance, 2013.
L’indagine di Ali Kazma non è una mera investigazione antropologica. A ben vedere, assume i tratti di una riflessione politica. La resistenza cui
allude l’artista rimanda a una lotta: quella dell’uomo contro le restrizioni sociali e le imposizioni culturali, finalizzata al raggiungimento di una
piena libertà individuale. E in questa battaglia il corpo – potenziato, trasformato, alterato – diviene il simbolo del dissenso. Il sottile messaggio
politico di Resistance pare rievocare i fatti recenti della storia turca: come non pensare alle vicende di Occupy Gezi? Alla resistenza dei cittadini
di Instabul contro le forze governative a Taksim, la primavera scorsa? L’installazione di Kazma è un invito a perseverare, lottare e resistere:
attraverso ciò che abbiamo di più intimo e familiare – il nostro corpo.
“L’arte è uscita dal museo per riversarsi in strada?”
Video alla biennale all’arsenale padiglione…
Modify Art è il tema trattato nella tesi di Martina Ronca in cui affronta Un percorso che
body modification o manipulation la divisione e la caratterizzazione per generi nella
società contemporanea è molto spiccata sculture del corpo ( scarificazione, branding e
implanting) canoni di bellezza piercing e fakir show nuove performance il make up punk
l’immagine che ho di me stessa un’attitudine modify che non trova altro campo d’azione
che il corpo ri-scrittura del corpo
modifica del’identità sessuale gender modification
il corpo misura di un retaggio culturale da superare, violentemente e sofferenza…,
operazioni al limite della legatità e delle possoibilit à umane che attraverso l’arte si
trasformano aqvuistanto pioniera dei cambiamenti sociali
laureanda Martina Ronca
La scarificazione (il cui termine deriva dall'inglese scar, ovvero cicatrice) altro non è che una
cicatrizzazione della pelle che, attraverso varie tecniche, viene indotta ad essere ipertrofica (abnorme).
In
termini
medici
la
cicatrice
così
prodotta
si
chiama
cheloide.
In pratica si incidono gli strati più superficiali della pelle, spesso più volte, con strumenti quali conchiglie,
pietre affilate, frecce, coltelli o lamette e non lasciano guarire normalmente. Si inseriscono, dopo aver
sollevato i lembi con ami da pesca, a volte pezzi di legno, semi o cenere in modo da rigonfiare la cicatrice
o, in altre occasioni, la si incide più volte. Altre volte vengono utilizzati - inserendoli nella ferita coloranti naturali. Il risultato è quello che si può vedere in queste fotografie tratte dalla rete.
La scarificazione ha origini antiche poichè sono stati ritrovati dipinti risalenti a quasi 10.000 anni fa in cui
sono ritratti uomini con scarificazioni corporee o descritte tecniche per effettuarle.
Le scarificazioni sono ancora oggi legate a riti di passaggio in classi di età differenti - una sorta di
iniziazione - e allo stesso tempo rispondono a canoni estetici precisi. Tra i Shilluk del Sudan la pelle liscia
è
vista
in
modo
negativo
ed
è
adatta
solo
ai
bambini.
Inoltre particolari peculiarità dei disegni e delle forme che vengono scarificate costituiscono una sorta di
"carta d'identità stampata sulla pelle" che differisce gruppi appartenenti a diverse etnie.
Infine vi sono alcuni antichi rituali magici che fanno in alcuni gruppi, come i Boscimani, delle scarificazioni
un
sistema
di
protezione
o
di
rafforzamento
delle
capacità
di
caccia.
Tra i diversi gruppi etnici che ancora oggi praticano la scarificazione - da piccoli segni sul volto a veri e
propri disegni corporei - oltre ai già citati Shilluk, ricordiamo i Mursi dell'Etiopia, i Boscimani, i Dinka, gli
Yoruba, i Sokoro, i Mongo, i Bobo, i Mossi, gli Yakoma, i Sanga e i Baulè, tanto per citarne solo alcuni.
Il processo per ottenere risultati come quelli definitivi è lungo, per certi versi doloroso e certamente non
privo
di
complicanze,
quali
ad
esempio
le
infezioni.
In termini occidentali la scarificazione (che trova sempre più appassionati) rientra in quella che viene
definita
la
body
art
allo
stesso
modo
dei
tatuaggi
e
del
piercing.
Nonostante alcuni timidi tentativi da parte dei governi per proibirle, le scarificazioni restano ampiamente
tollerate.
La
Scarificazione
E' tradizionalmente il metodo più antico per ottenere delle cicatrici. In pratica vengono eseguite delle
incisioni molto profonde ed irritate ad esempio con aceto o con carbone. E' una tecnica ancora usata in
molte tribù primitive soprattutto in Africa e da dei risultati stupefacenti sia per la regolarità con cui si
presentano le cicatrici, sia per la complessità dei disegni eseguiti.
In generale comunque è bene sapere e ricordare che tutte le tecniche di scarificazione sono molto pericolose e la possibilità di contrarre infezioni è molto alta.
Per farvi un esempio della pericolosità di queste tecniche vi riportiamo la notizia apparsa sui giornali qualche tempo fa di una giovane ragazza tedesca svenuta
mentre gli veniva praticato il branding davanti alle telecamere per la registrazione di un talk-show. Fanny, questo il suo nome, 21 anni, si era prestata per farsi
marchiare a fuoco a 1200 gradi per quello che doveva essere il primo branding mai trasmesso da un emittente tedesca. Lo show, ovviamente, e' stato sospeso e non
andra' in onda e la responsabile e' stata licenziata.
La pratica della scarificazione è molto pericolosa e si consiglia vivamente, se proprio si è intenzionati a praticarla, di affidarsi a
mani esperte e di non provare ad eseguire queste tecniche in maniera amatoriale. Le conseguenze potrebbero essere disastrose.
Per scarificazione si intendono tutte quelle pratiche volte a lasciare cicatrici (scar in inglese) permanenti nel corpotramite varie
tecniche e strumenti. Le cicatrici ottenute saranno in rilievo (cheloidi) e formeranno dei motivi o dei disegni più o meno complessi.
Il
Branding
(tatuaggio
a
fuoco)
Per branding si intendono le cicatrici ottenute attraverso delle serie di bruciature provocate da oggetti
riscaldati (di solito acciaio o ceramica) posti a contatto con la pelle. Il risultato come è facile immaginare
sono delle cicatrici in rilievo di un colore più scuro rispetto al tono della pelle.
Questa pratica fu pubblicizzata per la prima volta negli Stati Uniti appena una
decina di anni fa dalla rivista "Modem Primitive" e subito esportata in Olanda,
Germania e Inghilterra. In Italia gli studi attrezzati sono ancora pochissimi.
Un branding non viene eseguito in una volta sola (come la marchiatura degli animali
per capirci) ma il disegno viene diviso in più parti e vengono creati i vari pezzi che
lo
comporranno
con
il
metallo
(o
il
materiale
scelto).
Solitamente si è portati a pensare che sia una pratica molto dolorosa perché prevede delle bruciature.
Invece non è così in quanto le parti roventi bruciano anche le terminazioni nervose facendo scomparire la
sensazione
di
dolore
che
così
dura
pochissimo.
La parte più noiosa invece è la guarigione perché la ferita si irrita facilmente. A volte per ottenere delle
cicatrici
più
evidenti
questa
irritazione
è
provocata
volontariamente.
Degli effetti molto simili al branding possono essere raggiunti anche grazie alle bruciature da freddo
ottenute da materiali ghiacciati (ice kiss) come l'azoto liquido.
Il
Viene praticato usando strumenti molto affilati come dei bisturi chirurgici, senza andare molto in profondità (un paio di millimetri),
permettendo così un buon controllo sul disegno. Una volta guarito un cutting si presenta come una sottile cicatrice in rilievo. Per
accentuare l'effetto è possibile eseguire dei tagli perpendicolari nei bordi interni della ferita appena creata, massaggiare con
dell'inchiostro da tatuaggio la ferita, forzarne il ritardo della guarigione come per il branding.
Cutting