Dispensa III - Università Mediterranea

UNIVERSITA' DEGLI STUDI MEDITERRANEA
DI REGGIO CALABRIA
FACOLTA' DI ARCHITETTURA
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN
COSTRUZIONE E GESTIONE DELL’ARCHITETTURA- CEGA
LABORATORIO DI CONOSCENZA
DELL’ARCHITETTURA MATERIALE
Anno Accademico 2007-08
Disciplina
ECOLOGIA
2 CFU
Prof.ssa: DEBORAH PENNESTRÌ (Corso A)
Prof.: ANTONINO GIORDANO (Corso B)
Prof.ssa: MARIA TERESA LUCARELLI (Corso C)
Dispensa III
Laboratorio di conoscenza architettura Materiale (CEGA) Modulo dì Ecologia - Corsi A - B - C - A.A. 2007-2008.
Proff. Deborah Pennestrì, Antonino Giordano, Maria Teresa Lucarelli
Evoluzione nei criteri di scelta e nell’impiego dei materiali edilizi.
Dalla rivoluzione industriale in poi e fino ai primi anni 70 i criteri che stavano alla base della
scelta del materiale da costruzione si sono rapidamente evoluti. Questi, infatti prima
dipendevano, quasi esclusivamente, dalla funzionalità e dalla economicità del materiale.
Dagli anni settanta in poi, complice la crisi petrolifera del 1973, si è andata delineando, nel
settore delle costruzioni, una maggior sensibilità nei confronti del rapporto tra processo
produttivo (vissuto tecnologico dei materiali) e ambiente naturale. Questo ha condotto ad
integrare i criteri di scelta ed i requisiti base dei materiali da costruzioni con tutta una serie serie
di aspetti relativi alla compatibilità ambientale del materiale stesso.
Fig. 1 Evoluzione Criteri di scelta materiali edilizi.
Va anche sottolineato che sino al XIX secolo i materiali da costruzione erano per lo più, se non
tutti, di origine naturale:
 pietra,
 laterizio,
 legno,
 argilla cruda o cotta,
 calce;
nonché materiali prevalentemente reperiti in loco le cui caratteristiche o tecniche applicative
erano note perché tramandate nel corso della storia.
Con la rivoluzione industriale, e soprattutto con l’avvento dell’industria petrolchimica, nell’edilizia
sono entrati materiali totalmente nuovi spesso estranei alle consuetudini abitative dell’uomo,
trasformando gli edifici in manufatti via via più ricchi di elementi artificiali.
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Negli edifici contemporanei l’uso, a volte inconsapevole, di numerose sostanze di sintesi,
unitamente alla “sigillatura” degli stessi (strategia errata per attuare la “giusta causa” del
risparmio energetico) producono spesso ambienti poco salubri. Infatti l’insufficiente ventilazione
e la scarsa traspirabilità dei materiali medesimi, determinando un’elevata potenziale aggressività
ambientale interna, legata alle sostanze volatili immesse dai materiali edili, ai vari livelli di
sensibilità individuale, alla presenza nell’aria di altre sostanze tossiche e ai loro possibili effetti
sinergici.
Pur essendo ancora diffuso il costruire tradizionale (il processo costruttivo edile in generale è
fortemente ancorato al passato e restìo al cambiamento) l’impiego dei diversi materiali da
costruzione è mutato nel tempo in relazione allo sviluppo tecnico-scientifico e alle continue
nuove esigenze dell’utenza.
Ai materiali tradizionali che oggi risultano generalmente profondamente trasformati dal punto di
vista prestazionale, nell’ultimo secolo, si sono affiancati materiali nuovi (spesso prodotti
compositi) che sarebbe più corretto definire prodotti finalizzati alla realizzazione di particolari
parti d’opera o di precise finiture.
Per tale motivo è importante conoscere le caratteristiche, non solo prestazionali, dei materiali da
costruzione al fine di poter guidare la scelta anche in termini di compatibilità Ambientale.
Requisiti Ambientali Materiali da Costruzione
È noto che materiali da costruzione, al pari di tutti gli altri materiali e prodotti industriali, hanno un
impatto sia sull’uomo sia sull’ambiente, per tutto il loro ciclo di vita.
Gli effetti che i diversi materiali hanno dipendono da diversi fattori come l’origine del materiale il
ciclo di lavorazione dello stesso ma anche l’adeguatezza del materiale stesso una volta posato
in opera.
Il ciclo di vita dei materiali viene valutato dall’origine del materiale stesso, ovvero dall’estrazione
delle materie prime, fino alla fine della sua vita utile valutando tutti gli effetti di questo sulla salute
dell’uomo e sulla salvaguardia dell’ambiente.
Promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti aventi un minor impatto
ambientale durante l’intero ciclo di vita del prodotto significa pertanto valutare:

estrazione e l’origine delle materie prime;

la produzione del materiale;

la lavorazione e la messa in opera;

la permanenza nell’edificio, manutenzione, sostituzione;

rimozione, demolizione, smaltimento e riciclaggio.
I requisiti essenziali che i prodotti da costruzione dovranno avere seguendo un approccio
bioecologico sono:

risparmio energetico e ritenzione di calore;
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
igiene, salute, ambiente;

pulizia e manutenzione;

assenza di sostanze pericolose nella composizione che possono comportare il rilascio di
natura chimica (gas, composti organici volatili VOC) o di natura microbioologica
(putrescibilità, formazione di muffe, funghi, virus, batteri) ed il rilascio di polveri, fibre o
particelle radioattive;

bassa emissività ed inquinamento ambientale nelle diverse fasi del ciclo di vita del
prodotto;

uso di materie prime abbondantemente disponibili;

riciclabilità e la smaltibilità delle materie prime impiegate limitando i rischi ambientali;

sicurezza per i lavoratori nella fase di produzione e per gli utenti nella fase di esercizio;

sicurezza in caso di incendio;

resistenza meccanica;

protezione contro il rumore.
Attualmente non esistono normative o leggi che obblighino i produttori a dichiarare tutti i
componenti dei prodotti da loro commercializzati. Inoltre non vengono mai date indicazioni sulle
modalità di produzione dei prodotti stessi, diviene pertanto difficile, attualmente, identificare un
prodotto realmente naturale da uno ottenuto semplicemente da sostanze naturali.
(Direttiva CEE 89/106 in materia di prodotti da costruzione)
Ancora oggi è difficoltoso comprendere realmente su quali basi si può definire un materiale
ECOLOGICO o meglio AMBIENTALMENTE SOSTENIBILE
E’ noto che la sostenibilità di un materiale si definisce in relazione alla riduzione del suo
IMPATTO AMBIENTALE riferito all'intero ciclo della sua vita.
Un materiale è tanto più sostenibile quanto MINORE È L'ENERGIA, da un lato, e la
PRODUZIONE DI RIFIUTI, dall'altro, necessarie per l'estrazione delle materie prime di cui è
fatto, per i cicli intermedi di lavorazione,per l'imballaggio, il trasporto e la distribuzione, per
l'applicazione, l'uso e il consumo e per l'eventuale riutilizzo o riciclo, ed infine per la sua
dismissione o smaltimento finale.
In base ai principali criteri di scelta, i materiali dovrebbero essere:
- di origine naturale e provenienti da fonti rinnovabili;
- con un ridotto impatto ambientale nell'intero ciclo di vita;
- esenti da sostanze tossiche, nocive e/o inquinanti durante la composizione e produzione;
-
senza rilascio sostanze tossiche, nocive e/o inquinanti durante la fase di messa in opera,
utilizzo e dismissione;
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-
Assemblati in maniera opportuna ai fini della qualità prestzionale dell’elemento tecnico
- certificati con marchio di qualità e/o ecocompatibilità.
Il ciclo dei materiali da costruzione è principalmente costituito da 4 fasi che vanno
1. dalla estrazione delle risorse naturali (non inesauribili) ai materiali da costruzione,
2. dai materiali all’opera edificata (costruzioni),
3. dall’opera edificata ai rifiuti edili,
4. da questi ultimi all’ambiente naturale.
Fig. 2 Ciclo di vita dei materiali materiali da costruzione
Il ciclo di vita di un prodotto
Ogni prodotto e/o servizio porta con sé una "storia", sia
a monte sia a valle della fase del proprio utilizzo:
1) estrazione e lavorazione delle materie prime.
2) Da varie trasformazioni si ottengono semilavorati,
sino alla fase vera e propria di produzione e di
assemblaggio del prodotto.
3)
Dalla fabbrica, distribuzione del prodotto e uso
(from cradle to gate).
Per alcuni prodotti, il tempo di vita utile può essere
esteso mediante opportuna manutenzione.
4) Giunto al proprio fine vita,
il prodotto può prendere molteplici strade:
- riutilizzato nei processi produttivi (totalmente o in parte);
- I materiali componenti riciclati per la produzione dello stesso o di altri prodotti;
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- utilizzato a fini di recupero energetico (incenerimento);
- smaltito in discarica. (from cradle to grave)
Il ciclo di vita comprende anche tutti i trasporti tra le singole fasi sopra descritte.
Gli impatti ambientali nel ciclo di vita di un prodotto: Il Life Cycle Assessment
L’impatto ambientale di un prodotto si misura attraverso
l’ecobilancio o Analisi del Ciclo di Vita (LCA).
Per ecobilancio si intende l’analisi del “ciclo di vita” di
un prodotto dalla culla alla tomba e la valutazione
quantitativa e qualitativa degli effetti, sugli esseri umani
e sull’ambiente, che ne conseguono.
La LCA studia gli aspetti ambientali e gli impatti
potenziali lungo tutta la vita di un prodotto (dalla culla
alla tomba)
[fonte: UNI EN ISO 14040 1998].
Energia
Energia
Energia
Materiali
Acquisizione
Materie
Prime
Scarti
Emissioni
nocive
Energia
Materiali
Produzione
Scarti
Emissioni
nocive
Manifattura
Scarti
Emissioni
nocive
Energia
Materiali
Utilizzo e
Consumo
Scarti
Emissioni
nocive
Fase Finale:
Smaltimento
Riciclo
Riutilizzo
Scarti
Emissioni
nocive
Riutilizzo
Riciclo
Altri settori produttivi
Fig. 3
Schema di massima di un’analisi del ciclo di vita “dalla culla alla tomba”
LCA è l’acronimo di Life Cycle Assessment e può essere tradotto in italiano valutazione
(ambientale) del ciclo di vita (dei prodotti).
Quest’ultimo concetto si riferisce, come già enunciato, all’insieme delle interazioni che un
prodotto ha con l’ambiente considerando l’estrazione e la produzione di materiali, la produzione,
la distribuzione, l’uso, il riuso, la manutenzione, il riciclaggio e la dismissione finale.
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Il primo ente che storicamente si è occupato di raccogliere le varie esperienze che si stavano
conducendo a livello internazionale, allo scopo di definire obiettivi e termini comuni di confronto
per lo sviluppo della LCA, è stato il SETAC – Society for Enviromental Technology and
Chemistery.
Oggi la metodologia LCA ha trovato il suo riconoscimento a livello di standardizzazione
attraverso l’emanazione delle norme ISO 14000.
La LCA, secondo la definizione ISO 14040, è una tecnica per valutare gli aspetti ambientali e i
potenziali impatti lungo tutto il ciclo di vita di un prodotto o di un servizio attraverso:
-
la compilazione e l’inventario dei significativi input e output del sistema;
-
la valutazione dei potenziali impatti associati a questi input e output;
-
l’interpretazione dei risultati delle fasi di inventario e valutazione in relazione agli obiettivi
dello studio.
Il Life cycle assessment può essere utilizzato per determinare l’impatto ambientale di un
edificio nelle varie fasi del ciclo di vita. La forza della metodologia LCA è che questa considera
tutte le fasi di vita dell’edificio. dalla sua concezione alla sua dismissione e produzione di rifiuti, ed
il suo risultato in termini di impatto ambientale può essere considerata una reale
rappresentazione dell’impronta ecologica di un edificio.
Gli obiettivi
L’obiettivo generale dell’Analisi del ciclo di vita è valutare gli impatti ambientali associati alle
varie fasi del ciclo di vita di un prodotto, nella prospettiva del miglioramento ambientale.
La caratteristica fondamentale di un LCA è costituita dal modo stesso di affrontare l’analisi: da
un approccio tradizionale che privilegiava lo studio separato dei singoli processi produttivi ad una
visione globale del sistema produttivo e del sistema prodotto, in cui tutti i processi di
trasformazione a partire dall’estrazione delle materie prime fino alla gestione delle fasi di fine vita
vengono presi in considerazione. La logica dell’LCA è quindi quella di gestire da “risorsa a rifiuto”
o meglio consentire il miglioramento dei processi produttivi, tra cui anche quello di produzione
edilizia, per gestire da “risorsa a risorsa”.
La metodologia del Life Cycle Assessment si base su una procedura strutturata in una serie
di fasi successive che sono:
A.
Definizione degli obiettivi e dello scopo: La prima fase di una LCA è costituita dalla
individuazione degli obiettivi e dello scopo del processo di valutazione. Da ciò verrà
strutturata tutta la successiva impostazione della LCA, e per tale motivo è importante
giungere al risultato di questa prima fase attraverso alcuni passaggi, ovvero:
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B.
Inventario: Questa fase, che viene individuata con il termine LCI - Life Cycle Inventory -,
ha l’obiettivo di individuare i flussi di input e output riferibili alle diverse fasi di vita del prodotto.
In questa seconda fase vengono “individuati e quantificati flussi in ingresso e in uscita da un
sistema-prodotto, lungo tutta la sua vita”.
Nella fase di inventario verranno, quindi, identificati e quantificati i consumi di risorse (materie
prime, acqua, prodotti riciclati), di energia (termica ed elettrica) e le emissioni in aria, acqua e
suolo. In questo modo è possibile strutturare quello che può essere definito un bilancio
ambientale. Per la redazione di quest’ultimo dovrà essere controllata la qualità dei dati, in
quanto, è su questa che si fonda la validità e l’attendibilità di tutto lo studio. I dati raccolti in
questa sede possono essere classificati in tre categorie in funzione della provenienza: Dati
Primari (provenienti da rilevamenti diretti); Dati Secondari (ricavati dalla letteratura come data
base e da altri studi); Dati Terziari (provenienti da stime e valori medi).
C.
Valutazione degli impatti ambientali: La fase di valutazione degli impatti rappresenta il
punto focale della metodologia LCA e consiste nella valutazione della significatività degli
impatti potenziali, associati ai dati derivanti dalla fase di inventario. In questa fase dovrebbero
essere valutati gli effetti sulla salute e sull’ambiente causati dal prodotto nel corso del suo
ciclo di vita. L’analisi e la valutazione dell’impatto ambientale nell’LCA, si articola
generalmente attraverso quattro sottofasi: 1. Classificazione: Tutti gli input e gli output della
tavola di inventario vengono raggruppati in classi in relazione all’effetto che hanno sui
comparti ambientali indagati (acqua, aria, suolo, ecc.), e sulla salute dell’uomo
2. Caratterizzazione:l’aggregazione dei dati secondo fattori di equivalenza.
3. Normalizzazione: I valori ottenuti vengono normalizzati, divisi cioè per un “valore di
riferimento” o “effetto normale” (ad es.: gli effetti sull’ambiente causati da una “persona
normale” durante un determinato periodo di tempo) in modo da poter stabilire la magnitudo di
ciascun effetto ambientale rispetto ad un valore di riferimento.
4. Valutazione: i contributi delle differenti categorie di impatto sono pesate in maniera da
poterle paragonare tra loro1. In ambito ISO la valutazione è definita come “la fase dell’LCA
finalizzata alla comprensione e valutazione della grandezza e significatività degli impatti
ambientali basati sull’inventario”. L’obiettivo della fase di valutazione è quello di ottenere la
maggiore aggregazione dei dati sull’impatto, in questa prospettiva l’ottimo è avere un solo
dato che definisca l’effetto (il danno) ambientale di tutti gli impatti.
1
Se due sistemi o prodotti vengono messi a confronto e uno dei due dà un contributo minore al buco nello strato di
ozono e l’altro crea meno rischi per quanto riguarda le emissioni tossiche per l’uomo, non è possibile dire quale dei due
ha il peggior comportamento ambientale, senza aver prima valutato l’importanza relativa delle due (diverse) categorie di
impatto
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D.
Interpretazione dei risultati: Consiste nell’interpretazione dei risultati delle fasi di
inventario e di valutazione degli impatti e nell’eventuale redazione di conclusioni e di
raccomandazioni per il miglioramento della performance ambientale del sistema studiato. In
questa fase, quindi, si valutano le opportunità per minimizzare l’impatto associato ad un
prodotto. Questa fase, inoltre, può portare a una revisione degli scopi e degli obiettivi, a
partire dalla natura e dalla qualità dei dati raccolti.
Un problema che si riscontra immediatamente nella metodologia LCA è legata al fatto che
questa, per sua stessa natura, richiede una grande quantità di informazioni e di dati, di cui
non sempre si dispone per i motivi menzionati precedentemente. L’uso di data base, pubblici
o privati, permette di migliorare considerevolmente l’efficienza nella realizzazione dello studio.
Alla base dell’ecobilancio sta il ciclo di vita del materiale, comprensivo di tutti i processi di
trasformazione che dalla materia prima conducono llo smaltimento finale.
In entrata: materia prima ed energia , che ritroveremo quantitativamente identici ma
qualitativamente diversi in uscita, sotto forma di rifiuti solidi, liquidi o gassosi e di energia
“trasformata e in parte degradata”
Fig. 4 Ciclo di vita dei materiali materiali da costruzione
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La LCA e la peculiarità del settore delle costruzioni
L’applicazione della metodologia LCA ai prodotti da costruzione e quindi il suo
“trasferimento” a questo settore industriale in particolare implica, però, anche un suo opportuno
riadattamento proprio allo scopo di tener conto di alcune specificità che li caratterizzano:

molte fasi del ciclo di vita esistono solo qui: si tratta delle due fasi in cantiere, costruzione
e demolizione;

il tempo di vita stimato di un edificio è molto più lungo di quello previsto per gli altri prodotti
e durante tutta questa fase di vita utile si verificano vari interventi di manutenzione;

i prodotti da costruzione molto spesso associano materiali di base, con una grossa
specificità nelle combinazioni, risultanti di parecchi processi successivi; il prodotto poi
viene assemblato in opera con una serie di altri componenti e, nel corso della vita utile
dell’edificio, viene trattato con altrettante svariate sostanze di pulizia, manutenzione e
riparazione;

nelle fasi finali di riciclo o smaltimento il prodotto da costruzione il più delle volte è
ulteriormente abbinato ad altri prodotti: si pensi ai blocchi per le murature assemblati in
sistemi di chiusura verticale con tecnologie irreversibili (malte umide) e con prodotti molto
differenti (gli isolanti, le finiture, ecc.), o ai rivestimenti (ceramiche, pvc, moquette, ecc.)
incollati su supporti orizzontali o verticali;

vi sono prodotti che possono generare risparmio di energia durante il tempo di vita in uso
(per esempio gli isolanti): occorre qui bilanciare l’impatto che hanno in fase di produzione,
a causa, per esempio, dell’utilizzo di componenti ad emissioni dannose, con il contributo
positivo che possono dare in termini di risparmio energetico complessivo dell’edificio;

un gran numero di attori prende parte al ciclo di produzione del componente edilizio (i
produttori, gli addetti al trasporto, alla costruzione, alla manutenzione e alla demolizione, i
progettisti e gli utilizzatori dell’edificio, ecc.). Può accadere così che sia stato messo a
punto un prodotto altamente riciclabile, ma che esso venga inserito dal progettista in una
soluzione non disassemblabile o che le condizioni del mercato siano tali per cui non c’è la
convenienza per una demolizione selettiva o per un riuso o riciclo del prodotto;

la diversità degli operatori afferisce non solo alla funzione svolta ma anche alla cultura,
all’organizzazione e agli interessi economici che ciascuno di essi manifesta;

progettisti, imprese di costruzione, fruitori, imprese di demolizione e di smaltimento hanno
modalità operative non omogenee e variabili in funzione della dimensione, dell’attività e
della localizzazione geografica;

all’interno dell’edificio le diverse componenti interagiscono e assumono comportamenti
complessivi diversi da quelli che ciascuno di essi da solo presenta;
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
infine vi è l’estrema variabilità che caratterizza le fasi di vita successive alla produzione,
che risultano soggette sia al mercato del riciclo, sia alle reali possibilità di demolizione: al
momento della demolizione dell’edificio (o più semplicemente della sostituzione di un
componente), si possono presentare alcuni scenari alternativi, sostanzialmente il
trattamento per il riciclo, il recupero di energia dai materiali o lo smaltimento in discarica.
Le fasi di vita di un prodotto edilizio sono piu’ articolate: in particolare, prima di entrare nella
fase di utilizzo il prodotto edilizio passa attraverso la”messa in opera”.
Messa in opera
Riciclo
Il prodotto viene assemblato con altri
prodotti e successivamente nel corso
della vita utile dell’edificio, viene
trattato con sostanze di pulizia,
manutenzione, riparazione.
Il prodotto il piu’delle volte è assemblato con
prodotti differenti con tecnologie irreversibili (ad
es. blocchi per le murature assemblati con malte
umide; rivestimenti (ceramiche, pvc, moquette,
ecc.) incollati sui supporti verticali ed orizzontali).
Fig. 5 Peculiarità fasi dell’edificio
È iportante tenere presente che alcuni prodotti possono presentare allo stesso tempo
contributi positivi e negativi dal punto di vista ambientale.
La quantità di energia incorporata nel prodotto edilizio va esaminata:
-
in relazione alla quantità di energia necessaria nel ciclo di vita
-
in relazione ai risparmi energetici che tale prodotto può far ottenere una volta
incorporato nella costruzione. (Come gli isolanti termici che, a fronte di rilevanti
consumi energetici necessari per la produzione, possono consentire risparmi su costi di
esercizio dell’edificio).
- la durata dei prodotti da costruzione: alcuni componenti hanno durata pari a quella
dell’edificio, vale a dire molto più lunga di un qualsiasi altro prodotto industriale, mentre altri
hanno durate inferiori e subiscono riparazioni nel tempo
In edilizia le fasi di vita successive alla produzione sono soggette ad una estrema variabilità sia
delle condizioni di applicazione del prodotto (progetto, uso, ecc.), sia del mercato del riciclo, sia
delle reali possibilità di demolizione.
Ad es.. un prodotto altamente riciclabile in una soluzione non disassemblabile, rende la
sua riciclabilità inutile.
Per gli impatti nella fase di dismissione, gli scenari di fine vita sono:
- riuso o riciclaggio
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- incenerimento con recupero o meno di energia
- conferimento in discarica. [Morfini, 1998]
La complessità del settore produttivo rendono arduo il compito di valutare la qualità ecologica
dei materiali edili e la stesura quindi di corretti "ecobilanci"
Soluzione disassemblabile
Soluzione NON
disassemblabile
Fig. 6 Esempi soluzioni tecniche
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La certificazione dei materiali da costruzione.
La certificazione dei materiali da costruzione nasce con la Direttiva del 1989/106 che ha avuto
per prima il compito di definire quali fossero i requisiti essenziali dei materiali da costruzione
per avere libera circolazione nel mercato europeo.
Tra questi dal punto di vista della compatibilità ambientale dei materiali va ricordato il requisito
di:
igiene, salute e ambiente: “…l’edificio non deve provocare alcun danno alla salute in generale,
e in particolare non provocare sviluppo di gas tossici, presenza e accumulo di particelle o di gas
pericolosi per gli organismi nell’aria, emissioni di radiazioni pericolose, inquinamento o tossicità
dell’acqua e del suolo, difetti nello scarico delle acque luride, dei rifiuti solidi o liquidi, formazione
di umidità sulle pareti”.
La certificazione dei materiali: le etichette ecologiche
Le etichette ecologiche rappresentano uno degli strumenti individuati a livello nazionale ed
internazionale per favorire la diffusione di prodotti sempre più puliti facendo leva, tra l’altro, sul
coinvolgimento dei consumatori, delle amministrazioni pubbliche e delle imprese.
In particolare il VI Programma d’azione per l’ambiente della Comunità Europea afferma che
occorre:
-
incoraggiare la diffusione di marchi ecologici e di altre forme di informazioni ed
etichettatura ambientali che consentano ai consumatori di comparare le prestazioni
ambientali di prodotti dello stesso tipo;
-
incentivare il ricorso ad autodichiarazioni ambientali attendibili ed evitare le dichiarazioni
ingannevoli;
-
promuovere una politica di appalti pubblici «verdi» che consenta di tener conto delle
caratteristiche ambientali e di integrare eventualmente nelle procedure di appalto
considerazioni ambientali inerenti al ciclo di vita, compresa la fase della produzione, nel
rispetto delle regole comunitarie di concorrenza e del mercato interno, attraverso linee
guida sulle buone prassi e avviando un riesame degli appalti verdi all'interno delle
istituzioni comunitarie.
Le potenzialità di tali strumenti possono essere notevoli sia in termini di efficienza sul piano
ambientale, in quanto tengono conto dell’impatto ambientale associato all’intero ciclo di cita del
prodotto, sia in termini di mercato, in quanto la preferenza di compratori collettivi ed individuali
sensibili verso prodotti più sostenibili, può rappresentare una spinta per le imprese a muoversi
nella direzione della sostenibilità dei propri prodotti e servizi.
Per questa ragione già da molti anni, a livello di singole nazioni prima e di Unione Europea ed
ISO poi, si sono andati diffondendo diversi tipi di marchi ecologici (vedi tabella).
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White Swan
Cigno Nordico
(Paesi Scandinavi)
Stichting Milieukeur
(Paesi Bassi)
Blauer Engel
Angelo blu
(Germania)
NF Environnement
(Francia)
Ecolabel
(Unione Europea)
AENOR - Medio Ambiente
(Spagna)
Umweltzeichen Baüme
(Austria)
DGQA (Catalonia, Spagna)
Alcuni di questi marchi sono largamente diffusi nei loro paesi (in particolare il Blauer Engel
esistente dal 1978 e il White Swan dal 1989) mentre l’Ecolabel, istituito nel 1992 a livello
Europeo, annovera solo in Italia (dato APAT 2005) oltre 1200 prodotti appartenenti a 11 gruppi di
prodotti.
Come già accennato, le etichette ecologiche di prodotto esistono già da diversi anni e nascono in
ambiti nazionali prima ed europeo dopo ma, a partire da qualche anno anche a livello di
normazione internazionale la ISO, con le norme della serie 14020, ha cominciato ad introdurre
delle etichette e dichiarazioni ambientali di prodotto che stanno trovando un forte interesse nel
settore produttivo.
Le norme ISO della serie 14020 definiscono le etichette ecologiche come “un set di strumenti
volontari che mirano a sviluppare la domanda di prodotti e servizi con bassi impatti ambientali
fornendo informazioni sul ciclo di vita al fine di indirizzare la richiesta dei consumatori”.
La norma (ISO 14020) distingue tre tipi di etichette ecologiche:
Tipo I
Tipo II
Tipo III
Etichette ecologiche sottoposte a certificazione esterna, quali, ad
esempio, il marchio europeo di qualità ecologica ECOLABEL
Etichette ecologiche che riportano autodichiarazioni
Etichette ecologiche che riportano dichiarazioni basate su parametri
stabiliti e sottoposte a un controllo indipendente, quali le EPD
Le tre tipologie di etichette hanno caratteristiche diverse che le rendono più o meno adatte a
rispondere ad esigenze diverse (vedi tabella seguente).
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Autodichiarazione
SPECIFICHE
Certificato ECOLABEL
Tipo I
Dichiarazioni Ambientali di
Prodotto (EPD)
Tipo III
Tipo II
Occorre LCA
Non occorre LCA
Occorre LCA
Richiesta Certificazione da parte
di Enti Terzi
Preferibile
Certificazione da parte
di Terzi
Richiesta Certificazione da
parte di Terzi
Il marchio assicura che i
prodotti siano conformi sia ai
criteri ambientali che alle
caratteristiche funzionali
prefissate
COMUNICAZIONE
CON IL
CONSUMATORE
COMUNICAZIONE
TRA IMPRESE
GREEN PUBLIC
PROCUREMENT
Serve per comunicare
pratiche e
Serve per comunicare le
miglioramenti
prestazioni ambientali e
ambientali
permettere di confrontare
relativamente ad
diverse EPD
aspetti ambientali critici
Buona
Buona
Scarsa
Utile
Utile
Buona
Buona
Utile
Buona
...in sede comunitaria
Regolamento 880/92:Ecolabel prevede la costituzione di un marchio europeo denominato
"ecolabel" per la certificazione della ecocompatibilitá dei prodotti (non solo per l'edilizia). Il
marchio è fornito a prodotti che dimostrano, nella loro produzione, di avere un ridotto impatto
ambientale in tutto il ciclo di vita.
L'Ecolabel (Regolamento CE n. 1980/2000) è il marchio europeo di qualità ecologica che premia
i prodotti e i servizi migliori dal punto di vista ambientale, che possono così diversificarsi dai
concorrenti presenti sul mercato, mantenendo comunque elevati standard prestazionali. Infatti,
l'etichetta attesta che il prodotto o il servizio ha un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo
di vita.
Il marchio Ecolabel, il cui logo è rappresentato da un fiore (la margherita), è uno strumento
volontario, selettivo e con diffusione a livello Europeo.
Strumento volontario
La richiesta del marchio Ecolabel è del tutto volontaria. I fabbricanti, gli importatori o i distributori
possono richiedere l'Ecolabel, una volta verificato il rispetto dei criteri da parte dei prodotti.
Strumento selettivo
L'etichetta ecologica è un attestato di eccellenza, pertanto viene concessa solo a quei prodotti
che hanno un ridotto impatto ambientale. I criteri ecologici e prestazionali sono messi a punto in
modo tale da permettere l'ottenimento dell'Ecolabel solo da parte di quei prodotti che abbiano
raggiunto l'eccellenza ambientale. I criteri vengono revisionati e resi più restrittivi, quando se ne
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verifichi la necessità, in modo da premiare sempre l'eccellenza e favorire il miglioramento
continuo della qualità ambientale dei prodotti.
Strumento con diffusione a livello europeo
Forza dell'Ecolabel Europeo è proprio la sua dimensione europea. Il marchio può essere usato
nei 25 Stati Membri dell'Unione Europea così come in Norvegia, Islanda e Liechtenstein.
...in sede nazionale
Marchio ANAB,IBO,IBN: certifica la qualità ecologica in base al
soddisfacimento di criteri biologici ed ecologici. Quelli biologici fanno
riferimento alla qualità dei materiali in relazione alle possibili emissioni nocive.
Quelli ecologici considerano la qualità e la provenienza della materia prima, il
costo energetico e gli eventuali impatti ambientali in fase di produzione ecc…
Criteri generali:
I prodotti per l’edilizia vengono sottoposti ad una prova completa relativa al loro intero ciclo di
vita, esaminandone gli aspetti relativi all’ecologia e alla biologia del costruire.
Sulla base dell’esito della prova viene redatta a cura dell’ANAB-IBO-IBN una certificazione e
viene rilasciato un marchio d qualità che consente alle aziende produttrici di evidenziare il loro
impegno tecnologico e ai consumatori di riconoscere prodotti di qualità
I prodotti contrassegnati col marchio vengono inseriti nel repertorio dei materiali per la bioedilizia
che ANAB realizza ogni anno e consigliati ai committenti, progettisti, uffici pubblici come valide
alternative ai materiali tradizionali.
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Proff. Deborah Pennestrì, Antonino Giordano, Maria Teresa Lucarelli
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Manzini Ezio, Vezzoli Carlo, Lo sviluppo di prodotti sostenibili. I requisiti ambientali dei
prodotti industriali, Maggioli, Rimini, 1998.
Alla elaborazione della dispensa hanno partecipato gli arch.tti:
Francesca Giglio, Antonino Giordano, Deborah Pennestrì, Mariella Rao.
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