Il presente Rapporto è stato realizzato dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Palermo in collaborazione con l’Istituto G. Tagliacarte di Roma Si ringraziano: Banca d’Italia di Palermo Banca Nuova di Palermo Gruppo di lavoro Camera di Commercio Vincenzo Genco Segretario Generale f.f. Maria Gerbino Dirigente Area n.2 “Promozione settori economici” Clara Di Palermo Responsabile comunicazione esterna Gruppo di lavoro Istituto G. Tagliacarne Alessandro Rinaldi Dirigente Responsabile Area studi e Ricerche Paolo Cortese Responsabile Analisi economiche e politiche di sviluppo territoriale Riccardo Achilli Ricercatore Stefania Vacca Ricercatrice Stefano Sparacca Collaboratore Michele Frate Elaborazione dati Cristian Mastrofrancesco Elaborazione dati Progetto grafico graficamente di Giuseppe Nisi 2 PREMESSA La presente edizione dell’Osservatorio Economico della provincia di Palermo presenta importanti innovazioni. La crisi finanziaria e la recessione hanno imposto nuovi obiettivi, metodologia e disegno della ricerca. In particolare, l’impegno in favore di una qualità delle informazioni presenti nel Rapporto passa attraverso le raccomandazioni fornite dalla Commissione europea sulle statistiche nazionali e comunitarie, riguardanti l’indipendenza professionale, la riservatezza scientifica, l’imparzialità, la solidità metodologica, adeguate procedure statistiche, pertinenza delle informazioni, accuratezza e attendibilità, tempestività e puntualità, coerenza e comparabilità e chiarezza. Il Rapporto è suddiviso in tre sezioni, la prima di valutazione di impatto della crisi, la seconda di analisi macroeconomica territoriale/strutturale e la terza di analisi dei settori produttivi e della relativa congiuntura. A corredo dell’analisi, inoltre, è stata realizzata una appendice statistica. Per realizzare tali attività, è stata condotta una indagine presso un campione rappresentativo di aziende (500), volta a definire le dinamiche congiunturali delle imprese palermitane nel 2009 e le previsioni per il 2010. A differenza delle edizioni precedenti, saranno riportate le stime quantitative delle variazioni del volume di affari, della produzione, dell’occupazione e degli investimenti. Nell’ambito dell’indagine, è stato realizzato un approfondimento sull’impatto della crisi in provincia, con particolare riferimento ai fattori imprenditoriali e territoriali maggiormente interessati da tale fenomeno. Sarà possibile osservare, poi, come la crisi abbia contribuito, insieme all’applicazione di Basilea 2, alla restrizione creditizia e, di conseguenza, al rallentamento dell’intero sistema economico. Nel Rapporto verranno prese in considerazione le politiche per riattivare il circuito economico locale, anche attraverso misure sistemiche e strutturali. 3 Indice Premessa ............................................. 3 INTRODUZIONE .............................................. 7 I Lo scenario economico dopo la crisi finanziaria .... 7 II La situazione economica di Palermo ............... 13 III L’impatto della crisi in provincia di Palermo ... 23 IV La dinamica congiunturale del 2009 e le previsioni per il 2010 ......................................... 26 V Il credito ed fattori territoriali di sviluppo .... 28 SEZIONE 1 Gli effetti della recessione internazionale in provincia di Palermo .................................................. 7 1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI ............... 34 1.1.1 Ruolo e tendenze del clima di fiducia delle imprese palermitane ................................. 34 1.1.2 Gli effetti della recessione sulle imprese .... 38 1.1.3 Gli assetti finanziari ed il credito .......... 40 1.1.4 Gli impatti occupazionali della recessione .... 45 1.1.5 Le strategie e gli interventi per fronteggiare la crisi ............................................... 48 SEZIONE 2 L’analisi Macroeconomica ................................ 53 2.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA ............................. 54 2.1.1 Il Prodotto Interno Lordo provinciale ......... 54 2.1.2 Il valore aggiunto settoriale ................. 56 Quadro A - Il sistema economico integrato dei beni culturali ........................................... 60 2.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA ....................... 61 2.2.1 La dinamica demografica ....................... 61 2.2.2 Il Pil pro capite ............................. 65 Quadro B – Benchmarking: le principali aree portuali mediterranee ........................................ 68 2.2.3 Il patrimonio delle famiglie .................. 69 2.2.4 L’indebitamento delle famiglie ................ 71 4 2.2.5 I consumi delle famiglie ...................... 75 2.2.6 La qualità della vita ......................... 76 2.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE ........................... 81 2.3.1 Gli effetti della crisi sul sistema imprenditoriale ..................................... 81 2.3.2 La natura giuridica delle imprese ............. 84 2.4 – IL COMMERCIO ESTERO ................................. 90 2.4.1 Le dinamiche congiunturali al terzo trimestre 2009 ................................................ 90 2.4.2 Il posizionamento strutturale del commercio estero .............................................. 94 2.4.3 Il grado di internazionalizzazione ............ 97 2.5 – IL MERCATO DEL LAVORO ............................... 100 2.5.1 Il quadro nazionale .......................... 100 Quadro C - L’impatto della crisi sul mercato del lavoro ................................................... 104 2.5.2 I principali indicatori provinciali .......... 106 2.5.3 Gli andamenti occupazionali nel 2009 ......... 108 2.5.4 L’occupazione per genere ..................... 111 2.5.5 La distribuzione settoriale dell’occupazione . 112 2.6 – IL CREDITO ........................................ 114 2.6.1 La rischiosità del credito durante la crisi .. 114 2.6.2 L’operatività del sistema bancario ........... 116 2.6.3 La dotazione bancaria sul territorio ......... 121 2.7 – LA SITUAZIONE INFRASTRUTTURALE ........................ 125 2.7.1 L’articolazione delle infrastrutture ......... 125 SEZIONE 3 I settori economici .................................... 130 3.1 – L’AGRICOLTURA ..................................... 131 3.2 – IL MANIFATTURIERO 3.3 – LE COSTRUZIONI 3.4 – I SERVIZI .................................. 134 .................................... 143 ........................................ 146 3.5 – L’ARTIGIANATO ..................................... 157 INTRODUZIONE APPENDICE STATICA ................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. SEZIONE 1 5 Gli effetti della recessione internazionale in provincia di Palermo ...................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. SEZIONE 2 L’analisi Macroeconomica ..... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 2.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA ....... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 2.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA . ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 2.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE ..... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 2.4 – IL COMMERCIO ESTERO ........... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 2.5 – IL MERCATO DEL LAVORO .......... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 2.6 – IL CREDITO ................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. SEZIONE 3 I settori economici .......... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 3.1 – L’AGRICOLTURA ................ ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 3.2 – IL MANIFATTURIERO ............. ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 3.3 – LE COSTRUZIONI ............... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 3.4 – I SERVIZI ................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED. 3.5 – L’ARTIGIANATO……………………………………………………………...ERROR! NOT DEFINED. 6 BOOKMARK Introduzione 1. Lo scenario economico dopo la crisi finanziaria Nella seconda metà del 2008, la crisi innescatasi nei mercati finanziari degli Stati Uniti, ha iniziato ad esplicare i propri effetti sull’economia reale, mettendo a dura prova il sistema economico e produttivo di numerosi Paesi. Nel 2009 l’economia occidentale, dopo anni di crescita, risulta in significativa flessione, soprattutto a causa delle perdite osservate nella prima parte dell’anno. Il secondo semestre manifesta, infatti, una dinamica di ordinativi e produzione più stabile. In ogni caso, il commercio economico mondiale, nel 2009 perde circa il 15%, per poi risvegliarsi, secondo le previsioni, nel 2010. Sono, dunque, le economie avanzate, in particolare europee, a soffrire maggiormente le difficoltà legate alla crisi economica, anche a causa del fatto che in questi paesi, la dinamica dei consumi interni è debole. Al pari delle altre economie, quella italiana ha scontato nel 2009 gli effetti della crisi internazionale evidenziando un quadro piuttosto difficile. La fase di contrazione del Prodotto Interno Lordo (PIL), intrapresa a partire già dal secondo trimestre del 2008 (-0,4%), si è accentuata proprio sul finire dell’anno (-2,9% nell’ultimo trimestre), alla vigilia della marcata accelerazione del ritmo di decrescita registrata nel primo trimestre del 2009 (-6,0%). Un deterioramento che ha esaurito la sua spinta nel secondo trimestre del 2009, quando il PIL si è contratto in termini tendenziali quasi della stessa aliquota percentuale segnata in quello precedente (5,9%). Nel terzo trimestre si è poi registrato una ulteriore, e più importante, 7 attenuazione delle dinamiche negative (4,6%), che in termini congiunturali si traduce in una crescita del Pil (+0,6%), la prima variazione positiva dal momento in cui è iniziata la fase recessiva. Trattandosi di una crisi che ha paralizzato gran parte del sistema produttivo mondiale, è evidente come il settore industriale, maggiormente internazionalizzato, sia risultato quello più colpito. Performance rese negative soprattutto in conseguenza del marcato calo della domanda estera, riflesso in due consecutive riduzioni tendenziali delle esportazioni di beni e servizi, nel primo e nel secondo trimestre del 2009 di oltre 20 punti percentuali (21,9% nel primo e -23,1% nel secondo). La produzione nazionale non è stata supportata, d’altra parte, dai consumi interni privati che hanno raggiunto una flessione di quasi tre punti percentuali nel primo trimestre dell’anno corrente. In un contesto di incertezza sul futuro, le imprese hanno poi ridotto notevolmente il processo di accumulazione. Gli investimenti si sono, infatti, ridotti in misura significativa, toccando il proprio minimo nel secondo trimestre del 2009 (-16,9% rispetto al trimestre corrispondente). Si tratta di una politica di investimento attendista, riscontrabile anche dal lato del credito, come dimostra il fatto che, tra il 2008 ed il 2009, si è considerevolmente ridotto il tasso di crescita degli impieghi bancari relativi alle imprese. I dati relativi al terzo trimestre mostrano, tuttavia, come l’economia italiana abbia imboccato la strada della ripresa. Per tutte le variabili macroeconomiche in esame si registra, infatti, un attenuamento del trend negativo (in termini tendenziali: Pil -4,6%; esportazioni -18,3%, consumi interni -1,7%, investimenti -13,8%; in termini congiunturali: Pil +0,6%; esportazioni +2,5%, consumi interni +0,4%, investimenti +0,3%). Sulla scia di un miglioramento del 8 clima di fiducia delle imprese manifatturiere, nel mese di maggio ha ripreso a crescere anche la produzione industriale, che sta gradualmente tornando ai livelli pre-crisi. Nel terzo trimestre la ricchezza prodotta dal settore industriale ha, infatti, segnato una variazione positiva (+3%). Si registra un’inversione di tendenza anche per il terziario, percorso già iniziato nel trimestre precedente, mentre per l’agricoltura e le costruzioni persiste la fase di discesa. A gravare sul settore è, in particolare, sia il rallentamento del mercato immobiliare che la diminuzione degli appalti per opere pubbliche. Quanto appena detto evidenzia come il sistema economico italiano, seppur debolmente, abbia iniziato a reagire. Più in generale, anche la comunità economica mondiale, nonostante il crack delle piazze asiatiche -Dubai World- di fine novembre abbia lasciato gli operatori finanziari con il fiato sospeso, è concorde nell’affermare che “il peggio è passato”. In ogni caso, sebbene tale ottimismo sia giustificato da timidi segnali di ripresa, a livello internazionale, degli ordinativi e della produzione, è doveroso tener conto del fatto che rimangono, comunque, numerose “questioni sul tappeto”. A destare preoccupazione è, soprattutto, il mercato del lavoro, le cui condizioni sembrano destinate a deteriorarsi nei prossimi mesi (a causa dell’andamento della Cassa Integrazione), con le conseguenti tensioni sociali e gli effetti sul dinamismo italiano che ne deriverebbero. Si tratta, infatti, di una variabile su cui l’andamento del ciclo economico tende a riflettersi con qualche ritardo. A differenza delle precedenti crisi, inoltre, in quella attuale, le perdite di posti di lavoro nell’industria non verranno sostituite dal dinamismo del settore terziario. Altro fattore ostativo piuttosto rilevante della crisi è stato quello creditizio, sia 9 con riferimento alle rigidità sistemiche che al costo del denaro praticato ad imprese e famiglie. Attualmente i tassi di sconto Fed e Bce ed i tassi di interesse interbancari sono ai minimi storici, mentre i tassi di interesse praticati alle imprese risultano ancora elevati. Dopo l’estate, infatti, crescono le critiche verso l’Accordo di Basilea 2 che, basando il rating sulla salute di bilancio dell’impresa, è giudicato eccessivamente prociclico e quindi reo di aver favorito le dinamiche recessive. In ogni caso, le previsioni realizzate in autunno sembrano meno severe di quelle realizzate prima dell’estate. Nel 2009 l’Italia perderà circa 5 punti percentuali di PIL, mentre il 2010 potrebbe essere l’anno della ripresa (+0,2%/+1,2%). Chiaramente, il modesto dinamismo del sistema Italia non deve essere attribuito esclusivamente alla congiuntura negativa, quanto piuttosto alle difficoltà ed ai noti ritardi e squilibri strutturali che influenzano le modalità di reazione del nostro Paese agli shock esogeni. Graf. 1 – Andamento del PIL nel Mondo e nei principali sistemi economici (2007 – 2008; previsioni 2009 – 2010; In %) 6,0 4,0 2,0 0,0 -2,0 2007 2008 2009 2010 -4,0 -6,0 Germania Area euro Economie avanzate Germania Spagna Francia ITALIA Area euro Regno Unito Stati Uniti Spagna Regno Unito Mondo Francia Stati Uniti 2007 2,5 3,6 2,3 1,6 2,7 2,6 2,1 2008 1,2 0,9 0,3 -1,0 0,7 0,7 0,4 10 Italia Giappone 2009 -5,3 -3,8 -2,4 -5,1 -4,2 -4,4 -2,7 2010 0,3 -0,7 0,9 0,2 0,3 0,9 1,5 Giappone Economie avanzate MONDO 2,3 2,7 5,2 -0,7 0,6 3,0 -5,4 -3,4 -1,1 1,7 1,3 3,1 Fonte: FMI, World Economic Outlook, October 2009 Tab. 1 – Quadro macroeconomico per l'Italia (variazioni percentuali; 2008 consuntivo, 2009 e 2010 previsioni) 2008 -1,0 -4,5 -3,7 -0,9 0,6 -2,9 -0,1 6,7 PIL Importazioni di beni e servizi Esportazioni di beni e servizi Consumi delle famiglie residenti Consumi delle AA.PP. Investimenti fissi lordi Occupati (Ula) Tasso di disoccupazione 2009 -4,7 -15,3 -20,2 -1,7 1,3 -12,1 -2,7 7,6 2010 0,6 1,5 1,7 0,6 0,3 0,7 -0,6 8,6 Fonte: elaborazioni su dati ISAE, Nota mensile ottobre 2009 Graf. 2 – Conto economico delle risorse e degli impieghi in Italia (2008–2009; variazioni trimestrali tendenziali In %) 2,0 0,0 -2,0 -4,0 -6,0 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -16,0 -18,0 5,0 0,0 -5,0 -10,0 -15,0 -20,0 -25,0 I trim 08 II trim 08 III trim 08 IV trim 08 PIL Investimenti Esportazioni (scala destra) I trim 09 II trim 09 III trim 09 Consumi Importazioni (scala destra) Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Graf. 3 – Andamento dei tassi di sconto FED e BCE (2007 – 2009) 11 6,0 5,25 5,25 5,0 4,75 4,00 4,0 4,50 4,00 4,00 3,75 4,25 4,00 4,00 4,00 4,00 4,25 4,00 4,00 4,00 3,75 3,75 3,50 3,25 3,25 3,0 2,50 2,50 2,25 2,0 2,00 2,25 1,75 1,50 1,25 1,0 1,25 1,00 1,25 0,50 0,50 0,50 0,50 0,50 0,0 200 9 200 9 9 9 200 , ggio Ma ile, Apr 200 08 8 8 200 re, aio, , rzo Ma nn Ge b em 200 , 20 bre vem re, 008 e, 2 obr t tob O tt Dic No 29 7O 008 8 200 8 200 8 8 200 200 8 200 ile,2 lio, Lug Apr , rzo Ma , rzo Ma aio, 07 7 200 re, io, bra Feb nn Ge b em 07 , 20 bre vem Dic No 007 , 20 bre tem Set 7 200 ,2 gno Giu , rzo Ma FED BCE Fonte: FED, BCE L’indice del clima di fiducia ISAE: luglio 2008/novembre 2009 L’Istituto di Studi e Analisi Economica (ISAE) realizza mensilmente inchieste congiunturali sulla base di interviste a campioni di imprese di vari settori (manifatturiero ed estrattivo, costruzioni, commercio al minuto, servizi) e presso un campione di consumatori, a livello nazionale. Il clima di fiducia è un indicatore sintetico complessivo di ciascuna inchiesta elaborato sulla base delle domande ritenute maggiormente idonee per valutare l’ottimismo/pessimismo delle imprese dei differenti settori in esame e dei consumatori. Sulla base di esso, è possibile trarre delle indicazioni sul loro stato di fiducia circa le condizioni economiche correnti e sulle loro aspettative di breve termine. Da una valutazione complessiva degli indici mensili a disposizione per il periodo luglio 2008/agosto 2009 si ricava una impressione generale di lieve miglioramento del clima di fiducia dopo i picchi negativi conseguenti all’esplosione della crisi economica internazionale, sebbene con delle differenze, in particolare tra settori, che meritano di essere analizzate. L’indice del clima di fiducia del settore manifatturiero risulta caratterizzato da un trend crescente in atto dal marzo 2009, mese che rappresenta il punto di svolta dopo la caduta costante dell’indice iniziata nel luglio 2008; tale andamento rappresenta una prima indicazione di maggiore fiducia in una possibile ripresa, anche se il livello dell’indice rimane ancora al di sotto del livello precedente all’esplosione della crisi. Anche l’indice del settore dei servizi sembra proporre la stessa tendenza di quello del settore manifatturiero, con una crescita dal II trimestre 2009 e con un recupero rispetto al luglio 2008. Una conferma di questi primi segnali di lieve progresso può essere rinvenuta nel clima di fiducia dei consumatori, con il relativo indice che dopo aver toccato un proprio minimo nel luglio 2008 è anch’esso ripreso a salire fino a raggiungere livelli superiori a quelli precedenti la crisi. Contrariamente, nel caso del settore delle costruzioni è evidente come dopo il crollo della fiducia dell’agosto 2008, conseguenza della crisi e di un rallentamento ciclico seguito ad un quinquennio di forte espansione, l’indice pur mostrando dei timidi segnali di miglioramento rimanga costantemente a livelli inferiori a quelli pre-crisi, segnalando uno stato di pessimismo ed incertezza. Un andamento piuttosto simile nella fiducia degli imprenditori si rinviene anche nel settore del commercio, anche se con una tendenza lievemente più marcata al rialzo. In definitiva, come accennato precedentemente, l’analisi congiunta dei diversi indici sul clima di fiducia elaborati dall’ISAE consente di evidenziare qualche prima indicazione di cauto ottimismo tra imprese e famiglie italiane, sebbene si sia ancora piuttosto distanti da un completo recupero dagli effetti negativi della crisi sullo stato di fiducia nell’economia nel suo complesso. 12 Quadro 1 – Andamento mensile dell’indice del clima di fiducia dei consumatori Clima di fiducia - Consumatori (luglio 2008/novembre 2009; dati destagionalizzati, base 2000 = 100) (Base 2000 = 100) 100,0 95,0 90,0 85,0 80,0 75,0 lug-08 ago-08 set-08 ott-08 nov-08 dic-08 gen-09 feb-09 mar-09 apr-09 mag-09 giu-09 lug-09 ago-09 set-09 ott-09 nov-09 Fonte: ISAE II La situazione economica di Palermo Aspetti strutturali e congiunturali della crisi La recessione economica in atto, dopo aver abbandonato la sfera puramente finanziaria, è entrata da quasi un anno nel comparto reale dei sistemi economici di tutto il mondo e, a tutti i livelli territoriali, riconfigura, in modo profondo e per molti versi ancora inesplorato, i rapporti economici ed i modelli competitivi adottati dai sistemi economici. Attualmente, Palermo, come il resto delle economie territoriali del mondo, è alle prese con la difficile sfida di traghettare il proprio sistema produttivo fuori dalla recessione, minimizzandone le perdite ed i conseguenti impatti sociali. Al contempo, emerge l’esigenza di attrezzare le imprese operanti nel territorio con quei fattori di competitività strutturale, atti a cogliere le opportunità della ripresa economica, quando essa si manifesterà. Per questi motivi, l’Osservatorio Economico di Palermo quest’anno focalizza la propria attenzione sull’impatto della recessione sull’economia locale e sul modo con il quale le imprese provinciali stanno reagendo, con un’ottica che però non è meramente congiunturale, ma anche strutturale, perché i fattori dell’assetto socio-economico locale determinano, da un 13 La crescita strutturale dell’economia: nel 2008 Pil 3,2% Crescita del Pil e crescita reale dell’economia lato, caratteristiche, intensità e durata degli effetti della recessione e, dall’altro, influenzano la capacità reattiva del sistema produttivo locale e la velocità della sua fuoriuscita dalla depressione del ciclo. L’economia palermitana, già prima della crisi, proviene da un periodo di crescita particolarmente debole, poiché già dal 2006 l’andamento del PIL provinciale si è collocato al di sotto della media regionale e di quella nazionale, evidenziando prima una sostanziale stagnazione e poi, già a partire dal 2008, una flessione del Pil provinciale del 3,2% (Sicilia -1,2%; Italia -1%) che anticipa la crisi economica generale. L’evidente rallentamento, e poi l’inversione, della crescita economica locale, dipende in primo luogo da fattori strutturali di debolezza negli assetti competitivi del territorio. Il risultato potrebbe essere una durata della recessione che si protrae, con una crescita del Pil locale flebile anche quando il ciclo economico nazionale invertirà rotta. Rispetto a quest’ultima prospettiva, e con riferimento all’economia italiana nel suo insieme, i vari modelli previsionali ad oggi elaborati non indicano univocamente il momento in cui l’economia italiana uscirà dalla crisi. Tuttavia, è sempre più chiaro agli economisti1 che la misurazione della capacità di fuoriuscita dalla crisi basata sul solo Pil sia estremamente fuorviante. Per esempio, nonostante la flessione del Pil prevista per il 2009, l’Italia è ancora l’8° Paese al mondo in termini di ricchezza netta complessiva pro capite, un aggregato che tiene conto anche della dotazione patrimoniale delle famiglie (tale risultato, peraltro, è stato favorito da una distribuzione della 1 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE. 14 Una uscita dalla crisi che, per Palermo, potrebbe essere complessa I fattori che condizionano l’assetto economico palermitano ricchezza fra i vari strati della società molto più equa rispetto agli altri grandi Paesi occidentali, come dimostra il fatto che, in termini di ricchezza mediana per adulto, l’Italia è seconda soltanto al Giappone). Naturalmente, quando dal livello nazionale si passa a quello territoriale, la provincia di Palermo risulta caratterizzata da numerosi fattori di bassa competitività e di inerzia, in linea, peraltro, con le caratteristiche tipiche del Mezzogiorno. Si tratta di fattori che aggravano l’intensità della recessione, e ne allungano la durata, compromettendo gli assetti di bilancio di molte imprese locali, con possibili conseguenze anche sulla sfera sociale. Si tratta, infatti, di una realtà economica e sociale caratterizzata da problemi strutturali, spesso anche di lunga durata, che indeboliscono il dinamismo e la competitività del territorio e dei suoi operatori economici. In particolare, i seguenti fattori strutturali pongono interrogativi seri sulla tenuta del territorio: • un modello di specializzazione produttiva dove l’incidenza dei settori a più alto contenuto di innovazione scientifico-tecnologica è moderato; tali settori sono quelli che, almeno al netto dell’attuale fase recessiva, hanno mostrato la maggiore propensione a crescere sui mercati globali e l’economia palermitana sembra esserne poco dotata. A fronte della carente diffusione di tali settori, il sistema produtivo palermitano mostra una incidenza dei servizi molto ampia (valore aggiunto Palermo: 84,5%; Italia 70,5%), che è il frutto di un processo di terziarizzazione molto avanzato, favorito anche dalla presenza di uno dei poli urbani più grandi del Mezzogiorno. Tuttavia, il processo di terziarizzazione dell’economia palermitana non si è svolto attraverso meccanismi 15 Credito, patrimonio e ricchezza delle famiglie virtuosi, allineati ad un fenomeno di abbandono di cicli produttivi a basso valore aggiunto (come ad esempio le attività agricole e quelle manifatturiere a minor livello qualitativo e di innovazione) per abbracciare attività immateriali ad elevata redditività sui mercati (quali i cosiddetti “servizi avanzati”: ICT, informatica, R&S, attività finanziarie, ecc.). Infatti, al netto del peso tradizionalmente assunto dai servizi pubblici, connesso al ruolo di capitale regionale, la terziarizzazione dell’economia palermitana è passata per il tramite di attività di servizio alla persona a basso valore aggiunto, mentre il peso dei servizi avanzati è pari al 31% del totale del valore aggiunto dei servizi, a fronte di una media del 39% a livello nazionale. Nell’ambito dei servizi, un ruolo non secondario, poi, è quello del turismo, con particolare riferimento alle risorse naturali/marittime ed alla filiera dei beni culturali che interessa e valorizza anche produzioni manifatturiere per una incidenza sul totale del valore aggiunto pari al 20%; • il tessuto produttivo palermitano è costituito prevalentemente da ditte individuali (III trim. 2009: Palermo 74,2%; Italia 63,3%) mentre la presenza delle imprese più capitalizzate e strutturate, anche in termini di modelli di governance ed articolazione organizzativa interna, ovvero le società di capitali, è ancora poco marcata (10,6%, Italia 17%). Un simile assetto imprenditoriale rischia di essere esposto alla recessione, in quanto le imprese più piccole, meno patrimonializzate, hanno una strutturale difficoltà di accesso al credito, non potendo fornire garanzie patrimoniali particolarmente elevate. Inoltre, sovente tali imprese si collocano nelle posizioni finali delle filiere cui appartengono, quindi anche del ciclo delle committenze e dei relativi pagamenti, 16 Un mercato del lavoro difficile anche prima della crisi Gli elementi che favoriranno la ripresa subiscono le restrizioni di mercato accusate a monte dai committenti. Tali fattori, nel 2009, hanno comportato cessazioni di imprese nel commercio e nell’agricoltura; • in ragione dell’andamento dinamico di crescita dell’indebitamento di famiglie e piccole imprese nei confronti delle banche nel biennio 2007-2008, il livello di esposizione debitoria delle famiglie e delle piccole imprese è rapidamente cresciuto (i dati relativi al I semestre 2009 evidenziano, tuttavia, una crescita più contenuta), e ciò può porre delle preoccupazioni, in prospettiva, sulla tenuta di un sistema economico che cresce poco, che non crea molti posti di lavoro aggiuntivi, ma in cui si accumula il debito a carico di famiglie ed imprese. Infatti, il valore del rapporto fra credito alle famiglie consumatrici pro capite e Pil pro capite, che rappresenta la ricchezza media di cui gli individui dispongono per ripagare i loro debiti è, per Palermo, pari al 107,6% della media regionale ed al 113% di quella nazionale. Anche se il rapporto fra debito e patrimonio è leggermente inferiore alla media nazionale (risultando pari al 95% della stessa), il divario in termini di rapporto fra debito e reddito crea alcune tensioni, inasprendo il “credit crunch” tipico dell’attuale recessione, anche in ragione di un grado di rischiosità del credito che, in provincia, ha ripreso a crescere nel 2009. Un eventuale ulteriore restringimento del credito a famiglie ed imprese (il 43% degli intervistati conferma che l’accesso al credito è peggiorato) si rifletterà sui consumi e sugli investimenti, aggravando gli effetti della recessione; • in ragione del suo modello di specializzazione produttiva e dei suoi assetti patrimoniali, dimensionali e finanziari, il sistema produttivo palermitano sta perdendo competitività sui mercati internazionali, un fenomeno 17 Un nucleo di imprese traina l’economia Demografia e ricchezza avviatosi ben prima che l’attuale recessione fosse anche solo lontanamente prevedibile. La progressiva perdita di competitività internazionale dell’economia palermitana negli ultimi cinque anni costituisce uno dei fattori principali del rallentamento del suo ciclo di crescita, ed è evidenziata dal degrado della propensione all’export (ogni 100 euro prodotti solo 1,9 derivano dalle esportazioni; in Italia 22,8). In questo scenario, i primi nove mesi del 2009 segnano un brusco calo delle merci esportate, con particolare riferimento ai mezzi di trasporto, soprattutto per quanto riguarda le navi ed imbarcazioni; • un mercato del lavoro fragile e connotato da indicatori poco favorevoli già prima dell’innesco della crisi attuale; fra il 2004 ed il 2008, gli occupati crescono soltanto del 2,1%, a fronte di un 2,9% a livello regionale e del 4,5% a livello medio nazionale. Anche la riduzione dello stock di disoccupati, condiviso con il resto dell’economia italiana, e connesso ai grandi cambiamenti che i meccanismi del mercato del lavoro hanno subito negli ultimi 10-12 anni, appare inferiore ad altre province siciliane, attestandosi al 17,1% nel 2008 (Italia 6,7%), ma cela sacche di disoccupazione nascosta e di disoccupati scoraggiati, che non cercano più attivamente lavoro. In tale contesto, a Palermo, nel corso del 2009, il ricorso alla CIG cresce significativamente, sospinto dalle dinamiche nell’industria e nel commercio. Ciò è un indizio circa il fatto che il tessuto imprenditoriale palermitano stia pagando un prezzo pesante alla recessione. Inoltre, si deve comunque tener conto del fatto che la debolezza strutturale del mercato del lavoro palermitano, insieme all’esplosione della CIG nel 2008 e nel 2009, sono altrettanti indizi del fatto che il tessuto produttivo provinciale, e la relativa base occupazionale, stanno subendo gli effetti 18 della crisi in forme e con intensità che potrebbero rivelarsi di complessa gestione. Ponendoci sotto una diversa lente di osservazione, va detto che vi sono elementi favorevoli di vitalità, che devono essere colti ed opportunamente valorizzati, perché vanno in controtendenza rispetto alla recessione. Tali elementi possono così sintetizzarsi: • l’efficace reazione strategica delle imprese intervistate, che non intendono soltanto difendersi dagli effetti della recessione, ma vogliono anche investire sul miglioramento della propria competitività strutturale, agendo sulle leve della qualità, della ricerca di nicchie di mercato ad alto valore aggiunto, specializzando la propria offerta su tali nicchie dell’innovazione tecnologica. Ciò evidenzia la presenza di una classe imprenditoriale matura e dinamica, in grado, perlomeno culturalmente, di promuovere processi di cambiamento significativi, utili ad uscire rafforzati dalla difficile congiuntura attuale (che poi il sistema complessivo, dalle banche alla PA, alla ricerca e alla formazione, devono assecondare e favorire); • un altro evidente indicatore di reattività del sistema imprenditoriale provinciale è rappresentato dal fatto che, a fronte della contrazione dell’export, dovuta in larga misura alla congiuntura negativa a livello internazionale, vi è uno sforzo di riposizionamento, da parte delle PMI locali, verso mercati “nuovi” (in particolare, i mercati del Nord Africa, i mercati emergenti di Messico e Brasile, ma anche alcuni mercati europei “ricchi”, e precedentemente inesplorati, come quello svedese) al fine di trovare spazi commerciali che compensino quelli che si chiudono sui mercati “tradizionali” di sbocco; 19 • alcuni aspetti strutturali del sistema creditizio locale evidenziano, nonostante un alto livello di rischiosità del credito, un sostanziale equilibrio che garantisce la stabilità del sistema bancario locale e, quindi, l’operatività, anche in questa fase particolarmente restrittiva. Infatti, la crescita del valore dei depositi bancari è stata piuttosto alta (+34,2% fra il 2002 ed il 2008), secondo solamente alla media nazionale (+40%). Inoltre, Palermo risulta essere un mercato creditizio dominato dai gruppi bancari più grandi, a detrimento delle banche piccole e locali, la cui capacità di raccolta è inferiore alla media nazionale. Tale assetto del mercato creditizio provinciale è ovviamente un riflesso dell’elevato grado di urbanizzazione della popolazione e delle attività economiche nella provincia, che tende ad attrarre gli operatori bancari di più grandi dimensioni, e che ha pregi e difetti. Da un lato, le imprese bancarie più grandi, in teoria, hanno maggiori disponibilità finanziarie da riversare a supporto dello sviluppo economico, ma dall’altro le imprese bancarie più piccole, che fanno della conoscenza e della relazione personale fra banca e cliente il loro punto di forza maggiore, tendono ad essere spiazzate. Nel 2009, tuttavia, si registra una crescita del livello delle sofferenze sugli impieghi (+2,2%); • nonostante la debole crescita degli ultimi anni, la ricchezza media, in termini patrimoniali, delle famiglie palermitane, è ancora piuttosto elevata. Infatti, con un valore medio di 300.000 euro per famiglia, Palermo è la seconda provincia della Sicilia, dopo Trapani, per dotazione patrimoniale. La famiglia media palermitana ha uno stock patrimoniale pari a poco più del 78% della famiglia media italiana, il che, nel panorama complessivo della Sicilia e del Mezzogiorno, può essere considerato un valore 20 soddisfacente. Ciò, tuttavia, si rifletterà sulla tenuta dei livelli dei consumi sul mercato locale, anche in virtù di una generale flessione dei redditi; • a fronte della ripresa dei flussi migratori, connessa con la difficile situazione del mercato del lavoro locale, la popolazione palermitana è ancora relativamente giovane, se paragonata con il resto della Sicilia e con la media nazionale, come dimostrano i valori relativi alla percentuale di giovani con meno di 15 anni ed all’indice di vecchiaia. Peraltro, anche nell’ambito della popolazione in età da lavoro, Palermo esibisce una quota di “lavoratori giovani” (15-39 anni) relativamente più elevata rispetto ai “lavoratori anziani” (40-64 anni), come indica il valore basso dell’indice di struttura. Pertanto, una popolazione giovane, sia in assoluto che con riferimento al mercato del lavoro, costituisce un vantaggio competitivo tipico di Palermo, e del tutto favorevole, sia in confronto con le altre province siciliane, che con il Paese nel suo insieme. Una forza lavoro costituita prevalentemente da giovani, infatti, consente di avere lavoratori creativi e potenzialmente ad elevata produttività, a tutto vantaggio delle prospettive di crescita futura dell’economia locale. Tab. 2 – Pil per abitante nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia, a prezzi correnti (2003-2008; N.I., Italia = 100) Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 2003 72,1 64,1 71,4 59,3 64,7 60,1 66,4 72,9 82,8 67,7 100,0 2004 63,0 65,7 66,4 53,1 60,6 56,8 64,5 72,7 74,3 64,7 100,0 2005 65,0 65,9 70,0 54,0 64,5 58,2 65,2 71,8 77,2 66,0 100,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne 21 2006 66,8 64,8 70,5 53,7 64,7 59,6 64,9 71,7 79,0 66,1 100,0 2007 63,7 65,7 69,2 51,9 64,0 58,2 64,5 71,7 77,7 65,4 100,0 2008 60,3 67,1 66,9 56,3 66,1 59,0 66,7 76,1 71,0 66,0 100,0 3,0 Graf. 4 – Variazione annua del Pil a Palermo, in Sicilia ed in Italia, a prezzi costanti (2002-2008; valori In %) 2,2 2,4 2,0 2,0 1,5 3,0 1,4 1,0 2,4 2,0 1,1 0,5 2,0 1,5 0,0 0,2 1,0 1,6 1,2 1,5 2,2 1,5 1,4 0,7 1,6 0,3 1,2 0,1 1,1 0,0 0,5 0,2 -0,1 0,0 -0,1 0,3 0,7 -0,1 0,0 -0,4 0,1 -0,1 -1,0 -0,4 -1,0 -1,0 -1,0 -1,2 -1,2 -2,0 -2,0 -3,0 -3,2 -3,0 -3,2 SICILIA 07 20 08 07 20 08 /2 0 06 20 07 /2 0 05 /2 0 20 06 Palermo /2 0 06 20 07 /2 0 05 20 06 ITALIA 04 /2 0 20 05 /2 0 20 04 /2 0 20 03 /2 0 SICILIA 03 02 01 Palermo Fonte: Istituto G. Tagliacarne 20 02 /2 0 04 20 05 /2 0 03 20 04 /2 0 02 /2 0 20 03 -4,0 20 02 /2 0 01 -4,0 ITALIA Tab. 3 – Incidenza del valore aggiunto a prezzi correnti (In %) per settore di attività economica a Palermo ed in Italia (2007) Palermo 1,9 8,7 4,9 84,5 100,0 Agricoltura Manifatturiero Costruzioni Servizi Totale economia ITALIA 2,1 21,4 6,1 70,5 100,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Tab. 4 – Indebitamento delle famiglie in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (variazione %; 2008/2007; I sem. 2009/2008) 2008/2007 6,3 4,1 1,0 Palermo Sicilia ITALIA I sem. 2009/2008 2,8 1,9 3,1 Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Banca d’Italia Tab. 5 – Distribuzione del patrimonio delle famiglie in provincia di Palermo, in Sicilia e in Italia (In %; 2007) Attività reali Attività finanziarie Totale Abitazioni Terreni Totale Depositi Val. mobiliari Riserve Totale generale Palermo Sicilia ITALIA 71,8 70,2 59,5 1,3 2,1 2,6 73,0 72,3 62,1 10,1 10,3 9,8 9,5 9,8 20,9 7,4 7,6 7,3 27,0 27,7 37,9 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazione Istituto G. Tagliacarne su dati Istat Tab. 6 – Tassi di disoccupazione in provincia di Palermo, in Sicilia e in Italia (2008) Palermo Sicilia Maschi 15,6 11,9 22 Femmine 19,8 17,3 Totale 17,1 13,8 ITALIA 5,5 8,5 6,7 Fonte: Istat III L’impatto della crisi in provincia di Palermo Gli effetti della crisi: consumi, investimenti e credito I primi effetti della ripresa inizieranno a farsi sentire nel 2010 Con riferimento agli effetti della crisi, ad oggi, emerge che la recessione agisce sull’economia locale tramite diversi canali, fra i quali le aspettative di imprenditori e consumatori, che influenzano la propensione ad investire ed a consumare, e quindi l’andamento della domanda aggregata e del valore aggiunto locale. A ciò occorre aggiungere che il rapporto fra banche ed imprese si fa più difficile, compromettendo l’accesso al credito da parte di un numero crescente di PMI, proprio nel momento in cui la recessione induce un degrado del cash flow e delle condizioni di liquidità delle imprese, depauperandole dalle risorse finanziarie necessarie. Sotto il profilo del clima di fiducia, le imprese palermitane intervistate ritengono che la recessione avrà un impatto non dissimile da quello che complessivamente avrà sulla regione nel suo insieme, evidenziando come l’economia locale abbia un ruolo determinante nella definizione delle traiettorie economiche siciliane e come l’intero contesto isolano sia interessato da un rallentamento della crescita. Pertanto, al netto del settore turistico, che sembra in grado di evidenziare una tenuta migliore degli altri comparti, nonostante alcune annate turistiche non proprio positive, vi è una percezione, relativamente diffusa, che indica un quadro economico deteriorato. In linea generale, tale clima di fiducia deriva soprattutto dalla considerazione che le imprese palermitane soffrono di una fragilità finanziaria. Infatti, per la maggior parte degli intervistati il mancato investimento dipende da difficoltà di liquidità sopravvenute, che ostacolano l’utilizzo dei mezzi propri per coprire gli investimenti ed, al tempo stesso, rendono 23 La reazione degli imprenditori: le leve utilizzate per fronteggiare la crisi più difficile l’ottenimento di credito bancario, nella misura in cui il degrado degli assetti di bilancio rende più rischioso il prestito bancario, scoraggiando i flussi tra banche e imprese. A giudizio delle imprese locali, inoltre, la crisi avrà un impatto soprattutto sui consumi delle famiglie e, quindi, sui livelli di domanda finale sul mercato, con riflessi sui fatturati delle imprese per lo più del commercio (chiusi 216 negozi nel 2009); inoltre, numerose imprese sono in difficoltà nei contributi previdenziali, alimentando il circolo vizioso. Il calo dei consumi sarà ovviamente amplificato dalla contrazione nei livelli occupazionali, che sembra essere particolarmente serio per le imprese del commercio (44,1% di rispondenti ha segnalato un possibile calo di addetti). Per circa un terzo del campione, poi, vi sarà anche una riduzione del livello di investimento, con conseguenze negative, in termini di competitività aziendale, nel medio periodo. Il 27% delle imprese scarica gli effetti della crisi finanziaria a monte, ritardando i pagamenti dovuti ai propri fornitori, propagando di fatto gli effetti della recessione lungo l’intera filiera produttiva di appartenenza, e generalizzandola potenzialmente all’intero sistema produttivo. Un ulteriore 13% è costretto a ritardare i pagamenti ai lavoratori, contribuendo così alla contrazione dei consumi finali, in una spirale perversa che, dal rallentamento della domanda, finisce per creare ulteriori problemi alle imprese offerenti. Come affermato anche dall’OCSE, la recessione lascia i propri effetti sull’occupazione, soprattutto nel 2009, ed in settori produttivi specifici come, in particolare, le costruzioni, nonostante il tentativo della maggior parte delle imprese di difendere la propria base occupazionale e conservare le competenze acquisite del proprio capitale umano. Di fronte a tale situazione, la reazione degli 24 imprenditori è positiva, nella misura in cui il tentativo prevalente è quello di reagire, andando a cercare quelle nicchie di mercato ad elevato valore aggiunto, tramite un miglioramento qualitativo dei prodotti/servizi offerti. In altri termini, le imprese stanno cercando di orientare la propria offerta verso segmenti di mercato ad alto potere di acquisto, tale da pagare un “premium price”. Nonostante questa coraggiosa strategia di attacco, volta a migliorare la competitività strutturale, e malgrado lo sforzo di minimizzare l’impatto occupazionale e sociale della recessione, lo sforzo delle imprese palermitane potrebbe non essere sufficiente a garantire una consistente inversione di tendenza del ciclo, anche perché le condizioni strutturali in cui versa l’assetto socio-economico provinciale, alla vigilia della crisi, evidenziano diversi aspetti di fragilità. Diag. 1 – Diagramma raffigurante il circuito vizioso derivante dalla crisi in provincia di Palermo (In %) Occupazione 36,2% Consumi delle famiglie 68,8% Investimenti 33% Riduzione degli ordini 49,4% Minore liquidità 36% Fonte: Osservatorio Economico Palermo 25 Graf. 5 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria (In %) 49,4 Riduzione degli ordini da parte dalla clientela 36,0 Minore liquidità 13,4 Maggiori difficoltà a incassare pagamenti da clienti 12,6 Compressione dei margini 9,0 Minore competitività sui prodotti/ servizi offerti 8,6 Riduzione degli ordini ai fornitori Maggior ricorso all’indebitamento bancario 5,4 4,4 Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo 22,6 Altre conseguenze *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. risposte può Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 6 – Impatto che la crisi economica ha avuto/avrà sui seguenti aspetti della vita socio-economicia (In %) 68,8 Consumi delle famiglie 36,2 Livelli occupazionali 33,0 Investimenti delle imprese 32,4 Fallimenti/ cessazioni di imprese 17,4 Consumi dei turisti Esportazioni Altro 5,8 4,6 *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. risposte può Fonte: Osservatorio Economico Palermo IV La dinamica congiunturale del 2009 e le previsioni per il 2010 La flessione dell’attività nel 2009 Passando ad analizzare le performance congiunturali delle imprese della provincia di Palermo, dall’analisi dei dati relativi alle variazioni quantitative del fatturato per il 2009 si evince un calo del -17,2% per l’economia palermitana nel suo complesso. Tra i macrosettori, il settore delle costruzioni registra la peggiore variazione (-21,3%), a conferma delle dinamiche già in atto nel 2008 sia a livello locale che a livello nazionale. Variazioni negative del fatturato si riscontrano anche nel manifatturiero (19,6%), settore chiaramente esposto in ampia misura agli andamenti del ciclo economico. Tra i vari comparti dell’industria, maggiori difficoltà in merito all’andamento del fatturato si riscontrano nell’industria tessile (-26,5%) e nei comparti del legno-mobilio (-24,1%), 26 Gli investimenti testimoniano un atteggiamento all’insegna della caparbietà L’inversione di tendenza nel 2010 dei mezzi di trasporto (-25,6%), nelle attività estrattive (-22,7%) e legate a carta-editoria (-21,7%). Nei restanti comparti, si evidenziano comunque dati negativi superiori al 10%, a confermare le difficoltà dell’intero settore. Anche il settore dell’agricoltura ed il settore dei servizi presentano dei risultati negativi, ma l’intensità del peggioramento rispetto al 2008 è di misura inferiore rispetto agli altri settori. L’agricoltura regista infatti una variazione del fatturato del -14,8%, mentre il settore dei servizi una diminuzione dell’11,1% che è interessante analizzare alla luce dei comparti che lo costituiscono, soprattutto in relazione alla loro importanza per l’intera economia palermitana. Il commercio (-18,3%), il turismo (-15,2%) ed il terziario avanzato (-17,1%) sono i comparti il cui volume d’affari risente maggiormente della riduzione dei consumi, mentre sembrano reggere in modo migliore l’urto della crisi i trasporti (-10,9%) e gli altri servizi (7,8%) che registrano le performance migliori tra tutti i settori dell’economia. A fronte di un quadro certamente non favorevole, la dinamica degli investimenti nel 2009 testimonia un atteggiamento non arrendevole e passivo. Il risultato del +9,2% per la provincia di Palermo risulta influenzato dalla dinamica sostenuta del settore dei servizi (14,6%), con risultati interessanti per i trasporti (19,5%), per il turismo (14,7%) e per gli altri servizi (14,2%). In generale, comunque, la dinamica degli investimenti sembra suggerire una vitalità nella gran parte dei settori nel portare avanti processi di ristrutturazione produttiva per far fronte alle esigenze congiunturali. Analizzando le indicazioni degli imprenditori per il 2010, emerge un quadro incerto ma in miglioramento (volume di affari -1,9%). Tuttavia, emergono performance differenti tra settori. Da un lato infatti l’agricoltura e l’industria evidenziano una moderata inversione di 27 tendenza (+3,7% e +0,6% rispettivamente), mentre nei servizi (-5,9%) e nelle costruzioni (-13,8%) si registrano ancora valori negativi anche se minori in valore assoluto rispetto al 2009, segno di un iniziale miglioramento. In molti comparti dell’industria si rilevano ampi progressi nelle performance, con una stima largamente positiva per la chimica-farmaceutica (+28%), mentre dovrebbe continuare il momento negativo per il comparto del legno-mobilio sebbene con impatti più attenuati (-8,5%). Tra i servizi, il commercio ed il turismo sperimenteranio una sostanziale stabilità. Per quanto concerne gli investimenti, solo le imprese dell’agricoltura, delle costruzioni e del turismo ne stimano una flessione; positiva la dinamica negli altri settori. Tab. 7 – Variazioni quantitative del fatturato e degli investimenti nei settori dell’e Palermo (2009 – previsioni 2010; In %) 2009 Fatturato -14,8 -12,3 -26,5 -17,2 -24,1 -15,9 -25,6 -22,7 -17,0 -21,7 -21,4 -19,6 -21,3 -18,3 -15,2 -10,9 -17,1 -7,8 -11,1 -17,2 Agricoltura Alimentari, tabacco Tessili, vestiario, abbigliamento Pelli, cuoio, calzature Legno, mobilio Metallurgiche, meccaniche Mezzi di trasporto Estrattive, materiali da costruzione Chimica, farmaceutica Carta, editoria Altre manifatturiere Totale Industria Costruzioni Commercio Turismo Trasporti Terziario avanzato Altri servizi Totale Servizi Totale Palermo 2010 Investimenti 10,4 1,9 0,0 -10,0 0,0 16,5 -11,3 25,0 10,0 6,7 6,3 1,3 7,3 14,7 19,5 0,0 14,2 14,6 9,2 Fonte: Osservatorio Economico Palermo V Il credito ed fattori territoriali di sviluppo Nell’ambito di una contrazione delle attività operative delle imprese osservate 28 Fatturato 3,7 1,4 1,0 4,0 -8,5 2,4 5,7 -3,3 28,0 -2,8 9,2 0,6 -13,8 -0,3 0,1 -5,7 -7,1 -5,3 -5,9 -1,9 Gli aspetti del credit crunch Il rischio usura attraverso la dinamica del volume di affari, il deterioramento del rapporto con le banche è uno degli aspetti peculiari della presente recessione. Sotto questo profilo, le imprese del campione che hanno richiesto finanziamenti bancari durante quest’ultimo periodo riscontrano, generalmente, maggiori difficoltà di accesso, dovute ad una restrizione del comportamento delle banche in fase di istruttoria, in linea peraltro con il resto dell’economia nazionale. In particolare, le imprese avvertono una maggiore rigidità in sede di richiesta di garanzie reali a fronte della domanda di affidamento. E’ una conseguenza tipica di una minore propensione al rischio da parte degli istituti di credito, soprattutto perché il peggioramento dei bilanci di molte imprese richiedenti rende oggettivamente più rischioso il credito. Peraltro, anche in materia di garanzie reali, l’introduzione di Basilea 2 ha reso molto più complessa la fase di accettabilità delle garanzie offerte dalle imprese richiedenti credito. Per altro verso, circa un terzo del campione segnala come il costo del denaro sia cresciuto, come effetto della maggiore rischiosità dell’erogazione di credito in questa fase. Tuttavia, al costo del danaro in crescita si aggiunge anche una lievitazione degli oneri accessori per commissioni. A fronte di tali difficoltà di accesso al credito, il 30,2% del campione cerca di attivare fonti di finanziamento alternative alle banche; purtroppo in tale segmento di imprese vi potrebbe anche essere una quota di operatori che incorrono all’usura. Tab. 8 – Conseguenze della crisi sui rapporti banche - imprese della provincia di Palermo (In %) Irrigidimento dei criteri di accesso al credito Si No Non ha richiesto finanziamenti Ns/nr Totale 29 43,0 19,8 34,4 2,8 100,0 Cause dell’irrigidimento Adeguatezza credito concesso rispetto alla richiesta Flessibilità della durata del finanziamento Richiesta di garanzie Costo del denaro Costo delle commissioni Durata dell’istruttoria Riduzione temporale del debito Trasparenza della valutazione della banca Severità nei criteri di approvazione del fido Altri aspetti Totale 21,4 7,9 42,8 32,1 17,7 7,4 7,0 9,8 29,8 11,2 100,0 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Tab. 9 – Tassi effettivi di interesse per rischi a revoca* per localizzazione della clientela in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (In %; I sem. 2009) Famiglie consumatrici Imprese Palermo 7,3 7,2 Sicilia 8,1 7,9 ITALIA 5,8 6,9 Differenza Palermo/Italia 1,5 0,4 *Operazioni a revoca: Categoria di censimento della Centrale dei Rischi nella quale confluiscono le aperture di credito in conto corrente (es. fidi). Fonte: Banca d'Italia L’obiettivo della politica Le direttrici principali di una politica pubblica a sostegno delle imprese palermitane In conclusione, quindi, una politica economica a favore del territorio, deve valorizzare i punti di forza ed attenuare gli effetti delle fragilità strutturali del modello produttivo palermitano e del suo mercato creditizio e del lavoro. A nostro avviso, il sistema produttivo palermitano ha necessità di intraprendere un nuovo corso economico. Un ciclo di rinnovamento e sviluppo in cui, soprattutto attraverso le buone pratiche della Pubblica Amministrazione, si dia il via ad un processo di catalizzazione di investimenti produttivi e si sostituisca progressivamente l’economia della sussistenza. Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma non più procrastinabile a causa delle situazioni di crisi che si inseriscono in un contesto già difficile e svantaggiato. A giudizio degli imprenditori, emergono due tipi di interventi necessari; quelli volti al superamento delle difficoltà contestuali e quelle di natura più squisitamente strutturale. Tra le prime troviamo: 30 un sostegno diretto alla liquidità aziendale, mediante incentivi al capitale circolante, oppure incentivi in conto interesse mirati ad abbattere il costo del credito; uno sblocco dei pagamenti delle forniture effettuate alla PA; un intervento pubblico mirato a sbloccare il razionamento del credito, mediante interventi di garanzia pubblica, o un potenziamento dei Confidi; la semplificazione delle procedure amministrative di tipo concessorio o autorizzatorio di competenza delle PA, che si traducono in costi aggiuntivi per le imprese, ed in una dilatazione dei tempi necessari ad implementare progetti di investimento e di sviluppo aziendale, fino al limite in cui tali progetti divengano obsoleti. Tra gli interventi tesi al miglioramento strutturale dell’economia, gli imprenditori palermitani sottlineano l’esigenza di: interventi pubblici di sostegno ai redditi ed alla domanda, per ridurre la contrazione dei consumi che ha colpito i fatturati; un miglioramento dei servizi reali ad alto valore aggiunto disponibili sul territorio finalizzato ad elevare ulteriormente la qualità delle produzioni locali, anche in un’ottica di potenziamento della capacità imprenditoriale di raggiungere segmenti di mercato ad elevata capacità di spesa. Particolare interesse viene conferita a servizi di assistenza alla R&S ed all’innovazione tecnologica. Ragionando, infine, sui fattori territoriali di crescita e nel contesto di una necessaria evoluzione del modello di sviluppo, sembra opportuno puntare al 31 miglioramento della capacità competitiva del territorio, attraverso un sistema di infrastrutture economiche e sociali maggiormente finalizzato ad inserire il sistema produttivo locale nel contesto internazionale ed alla riduzione delle diseconomie esterne alle imprese. Oltre ad alimentare la capacità competitiva strutturale, la spesa in infrastrutture potrebbe costituire un valido supporto per le imprese palermitante anche in un momento come questo, caratterizzato da minore liquidità e irrigidimento del credito. In particolare, la provincia appare carente nelle dotazioni di infrastrutture ferroviarie. Tab. 10 - Indici di dotazione infrastrutturale nelle province siciliane ed in Italia in numero indice (2007) Rete Rete stradale ferroviaria Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa ITALIA 123,8 85,5 155,9 50,2 74,5 105,0 63,6 44,0 49,8 100,0 20,4 55,2 106,5 61,0 76,3 68,8 53,4 17,3 66,8 100,0 Porti Aeroporti Impianti Reti Reti Strutture Strutture TOTALE Strutture (e bacini (e bacini energeticoper la servizi culturali per TOTALE SENZA sanitarie d’utenza) d’utenza) ambientali telefonia vari ricreative l'istruzione PORTI 455,7 185,0 63,8 104,3 67,1 49,9 76,1 51,2 120,6 83,4 100,1 173,2 62,1 126,5 81,7 57,2 123,4 131,6 102,1 102,3 136,8 0,0 65,3 97,2 79,4 60,4 102,1 123,3 93,9 89,1 66,8 52,0 53,9 89,3 47,6 29,4 76,3 34,5 57,0 55,9 128,8 0,0 51,7 88,1 50,3 22,0 62,3 59,5 62,3 54,9 0,0 0,0 34,0 47,6 31,5 21,3 69,1 48,7 43,1 47,9 188,7 147,9 78,5 146,5 89,9 66,6 126,9 143,9 113,4 105,1 49,3 0,0 55,1 106,1 69,3 36,6 88,2 69,3 53,8 54,3 335,4 0,0 106,8 106,1 63,0 32,0 84,2 60,6 91,5 64,4 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazioni Istituto Tagliacarne Gli effetti della recessione internazionale in provincia di Palermo 32 33 1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI 1.1.1 Ruolo e tendenze imprese palermitane Il clima di fiducia influenza il trend economico del clima di fiducia delle L’analisi degli effetti della recessione internazionale sull’economia reale palermitana non può prescindere da una indagine di campo ad un campione di imprese locali. Gli effetti di questa recessione, infatti, si giocano sostanzialmente sulle aspettative e sul clima di fiducia degli operatori, anzi in un certo qual modo, è proprio il clima di fiducia che amplifica gli effetti “oggettivi” della recessione, rendendola più seria e più duratura. Il clima di fiducia, riferito alle dinamiche dei mercati finali di sbocco e dei mercati creditizi sui quali le imprese si approvvigionano delle necessarie risorse finanziarie, condiziona la propensione ad investire, ma anche la programmazione e la gestione dei costi operativi dell’impresa, ivi compresi quelli del lavoro. In altri termini, le previsioni di vendita e le proiezioni che l’impresa è in grado di esprimere circa le sue condizioni finanziarie nel prossimo futuro, condizionano le decisioni di ampliamento o riduzione della base occupazionale aziendale. Si è ritenuto, quindi, opportuno intervistare direttamente un campione statisticamente rappresentativo degli operatori, per comprendere come si stiano attrezzando per rispondere alla contrazione dei propri mercati di riferimento ed al degrado degli assetti finanziari e di liquidità aziendale, ovvero due fra le componenti più rilevanti dell’attuale ciclo recessivo. Nello specifico dell’indagine, la maggior parte degli imprenditori intervistati ritiene che la recessione avrà un impatto, su Palermo, non dissimile da quello che complessivamente avrà sulla regione nel suo insieme, confermando come la provincia 34 Un clima di fiducia delle imprese non favorevole circa l’intensità della crisi La fragilità degli assetti finanziari delle imprese sembra essere il problema più grave abbia, anche nella percezione degli intervistati, un ruolo-guida nel determinare i risultati economici dell’intera Isola (non potrebbe essere altrimenti, visto il peso economico e demografico che la provincia di Palermo ha nel contesto siciliano). Va, tuttavia, evidenziato che un imprenditore su quattro ritiene che la crisi colpirà Palermo in misura peggiore rispetto al resto dell’Isola, a fronte di un 9,4% di intervistati più ottimisti. Pertanto, vi è una percezione relativamente diffusa di una particolare serietà della crisi in provincia che deriva, probabilmente, anche da un andamento della crescita economica, negli anni precedenti, non è brillante. Peraltro tale previsione proviene soprattutto dai settori produttivi più immediatamente interessati dalla recessione: le costruzioni, influenzate negativamente dal calo dei valori sul mercato immobiliare, ed il commercio, che risente della flessione dei consumi, indotta dal peggioramento delle prospettive occupazionali e reddituali di molte famiglie. Viceversa, le imprese turistiche sembrano meno pessimiste, malgrado due annate, come il 2007 ed il 2008, non molto favorevoli. In effetti, dai dati di tipo congiunturale dell’indagine, si evince che le imprese turistiche palermitane scontano un 2009 ancora negativo, con il 55% degli intervistati che prevede un calo del fatturato, ma una inversione di tendenza nel 2010, quando per il 26,7% vi sarà un aumento del volume di affari, e soltanto il 18,3% subirà un ulteriore calo dei flussi. Tale previsione è leggermente migliore rispetto al totale del campione, in cui il 24% degli intervistati prevede un aumento di fatturato nel 2010, ed ancora il 21% prevede un calo. Il sistema turistico palermitano sembra, quindi, in grado di manifestare segnali di vivacità, grazie anche ad una propensione all’investimento che, per il 2009, è più alta della media 35 Il turismo evidenzia un clima di aspettative migliore rispetto agli altri settori (28,3% di imprese investitrici contro il 25,8% totale) il che, stante la natura “labor intensive” del turismo, è una buona notizia anche sul versante occupazionale. Infatti, il 75-77% delle imprese turistiche intervistate riuscirà a mantenere stabili i propri livelli occupazionali nel 2009-2010. In linea generale, il maggiore pessimismo deriva soprattutto dalla considerazione che le imprese palermitane soffrono di una particolare fragilità finanziaria, che è il portato anche di anni di debole crescita prima della crisi vera e propria, e tale condizione i fragilità è più evidente fra le imprese del commercio, dei servizi e del turismo (settore in cui si tocca una percentuale di rispondenti pari al 58,3%). Viceversa, per il segmento, minoritario, di imprese con aspettative più ottimistiche circa l’impatto della crisi, tale attegiamento è motivato principalmente da una maggiore solidità finanziaria (ovviamente non nei settori dove si avverte una maggiore fragilità) e da una certa tenuta dei livelli della domanda, specie nel comparto del commercio (66,7% dei rispondenti). E’ però significativo il fatto che la tenuta dei livelli di domanda viene segnalata solo dalle imprese del commercio al dettaglio e non dai grossisti. Poiché questi ultimi lavorano con orizzonti temporali più lunghi rispetto agli esercizi al dettaglio, è probabile che tale tenuta dei livelli di consumo sia soltanto provvisoria e tenderà ad evidenziare un declino nel prosieguo della recessione (è da tenere a mente il fatto che, secondo tutti i centri studi, l’impatto più rilevante dal punto di vista occupazionale della recessione e, quindi, la sua influenza negativa sui consumi, si avrà soltanto a partire dall’autunno del 2009. Vi è, comunque, una minoranza di imprese del commercio al dettaglio che ha la capacità di difendere i propri livelli di domanda, mentre la parte più rilevante, già oggi, sconta una flessione dei consumi, che 36 tenderà presumibilmente a peggiorare nel prossimo futuro. In generale, le imprese palermitane ritengono che i primi effetti della ripresa inizieranno a farsi sentire nel 2010, anche se una quota non indifferente di intervistati, pari al 33,6% del totale, è più pessimista, e sconta una ripresa molto più lenta, che potrebbe attivarsi soltanto nel 2011. In particolare, le quote più significative di previsioni pessimistiche si concentrano nel settore dell’agricoltura, in quello delle costruzioni e nei servizi non turistici e non commerciali. La ripresa potrebbe, quindi, arrivare prima per il turismo (nel quale il 50% degli intervistati prevede una ripresa nel 2010, ed un ulteriore 8,3% addirittura negli ultimi mesi del 2009) e per il manifatturiero (nel quale il 46% circa delle imprese sconta una ripresa nel 2010, e l’8,3% già a fine 2009). Il comparto turistico evidenzia, quandi, ancora una volta, aspettative migliori, rispetto al resto dell’economia locale, circa la durata e gli effetti della crisi. Graf. 1 – Intensità della crisi nell’economia palermitana rispetto al contesto regionale nei prossimi 6 mesi (In %) Più che in Sicilia 57,2 8,6 Meno che in Sicilia 24,8 Allo stesso modo rispetto al contesto regionale Non sa/ non risponde 9,4 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 2 – Periodo in cui le imprese prevedono che si potranno riscontrare i primi segnali di ripresa economica (In %) 37 42,2 33,6 15,6 8,6 Entro il 2009 Nel 2010 Nel 2011 Ns/ nr Fonte: Osservatorio Economico Palermo 1.1.2 Gli effetti della recessione sulle imprese Calo della domanda, crisi di liquidità e credit crunch rischiano di ingessare anche le aziende sane Il clima di fiducia delle imprese, sopra analizzato, ha rilevanza per determinare alcuni aspetti strategici dei comportamenti che il tessuto imprenditoriale palermitano adotterà nei mesi a venire, in particolare sul versante della propensione ad investire, sulla gestione dei costi e, di riflesso, anche sulle scelte riferite alla base occupazionale. Ma la crisi ha anche effetti diretti sugli assetti aziendali, in qualche modo di tipo “oggettivo”, cioè non mediati dalle aspettative psicologiche degli imprenditori. In termini generali, a giudizio delle imprese intervistate la crisi avrà un impatto soprattutto sui consumi delle famiglie e, quindi, sui livelli di domanda finale sul mercato, con riflessi negativi sul fatturato (68,8% degli intervistati, con concentrazioni particolarmente elevate fra le imprese del commercio –79,4% e fra quelle turistiche –70%). Il calo dei consumi sarà ovviamente amplificato dalla contrazione nei livelli occupazionali che sembra essere particolarmente seria per i settori del commercio (44,1% di rispondenti ha segnalato un possibile calo di addetti) e degli altri servizi (45,2%). Per circa un terzo del campione, vi sarà anche una riduzione del livello di investimento. Infine, più del 32% dei rispondenti ha segnalato il rischio più grande, ovvero la possibile chiusura/fallimento di imprese. Tale rischio sembra particolarmente 38 Cicli congiunturali, clima di fiducia e propensione a far progetti per il futuro presente per le imprese del commercio (38,2%), per quelle agricole (35%) e per quelle edili (34,8%). Tali settori sono, quindi, particolarmente esposti al momento congiunturale che stiamo attraversando e andranno monitorati con particolare attenzione. Se, a giudizio delle imprese, la crisi passerà soprattutto per il tramite di una riduzione della domanda, l’effetto principale che avrà sugli assetti interni sarà quello di contrarre il portafoglio ordini (49,4% degli intervistati, soprattutto concentrati nel manifatturiero e nel turismo), ma anche di creare una contrazione nei livelli di liquidità aziendale, esponendo, quindi, le imprese a situazioni di possibile crisi da cash flow negativo, un rischio paventato soprattutto dal settore turistico (40% degli intervistati), da quello manifatturiero (39,3%) e da quello delle costruzioni (37%). Ovviamente la riduzione del fatturato e quella della liquidità sono correlate, ma sulla questione del capitale circolante influiscono anche altre variabili, quali la gestione dei costi, e la tempistica dei pagamenti dovuti dai clienti e dai debitori dell’azienda, e può interessare anche imprese sane e competitive che si trovano, però, a non poter più onorare i pagamenti correnti, rischiando il fallimento. Occorre evidenziare, tuttavia, che soltanto il 9% delle imprese intervistate abbia segnalato una perdita strutturale di competitività; per cui, il rischio di carenza di liquidità può rappresentare un problema di breve - medio periodo. Certamente, è doveroso alimentare il circuito economico locale immettendo risorse economiche; in tale contesto, anche il cliente Pubblica Amministrazione deve fare di tutto per sboloccare il più rapidamente possibile i pagamenti ai propri fornitori, al fine di non contribuire a questo rischio crescente di crisi da carenza di liquidità. 39 Graf. 3 – Impatto che la crisi economica ha avuto/avrà sui fattori economici della provincia (In %) 68,8 Consumi delle famiglie 36,2 Livelli occupazionali Investimenti delle imprese 33,0 Fallimenti/ cessazioni di imprese 32,4 17,4 Consumi dei turisti Esportazioni Altro 5,8 4,6 *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. risposte può Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 4 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria (In %) 49,4 Riduzione degli ordini da parte dalla clientela 36,0 Minore liquidità 13,4 Maggiori difficoltà a incassare pagamenti da clienti 12,6 Compressione dei margini 9,0 Minore competitività sui prodotti/ servizi offerti 8,6 Riduzione degli ordini ai fornitori Maggior ricorso all’indebitamento bancario Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo 5,4 4,4 22,6 Altre conseguenze *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. risposte può Fonte: Osservatorio Economico Palermo 1.1.3 Gli assetti finanziari ed il credito Una delle conseguenze principali della prima fase della recessione, ovvero quella finaziaria, è stata quella di ridurre il 40 La restrizione del credito significa: - maggiori garanzie reali -incremento del costo del denaro -istruttorie più rigide Le maggiori difficoltà di accesso al credito spingono verso canali finanziari credito bancario alle imprese, parallelamente ad un degrado degli assetti finanziari di queste, il tutto aggravato dagli automatisimi pro ciclici tipici delle regole di Basilea 2. Si può anzi affermare che il mercato del credito sia stato il principale anello di congiunzione fra comparto finanziario e reale della crisi. Con riferimento a questo aspetto, le imprese palermitane che hanno richiesto finanziamenti bancari durante quest’ultimo periodo riscontrano, generalmete, maggiori difficoltà di accesso, dovute ad una restrizione del comportamento delle banche in fase di istruttoria, in linea peraltro con il resto dell’economia nazionale. Il 34% circa dei rispondenti non ha nemmeno richiesto finanzamenti bancari, scoraggiato dalla crisi. Solo una impresa su cinque riscontra un qualche miglioramento nel suo rapporto con la banca, specie nel manifatturiero, nelle costruzioni, nei servizi e nel turismo. In particolare, le imprese, nel 43% circa dei casi, avvertono una maggiore rigidità in sede di richiesta di garanzie reali a fronte della domanda di affidamento. E’ una conseguenza tipica di una minore propensione al rischio da parte degli istituti di credito, che tendono a massimizzare la loro copertura, anche, in parte, in ragione della lunga storia di elevate incidenze delle sofferenze sugli impieghi totali tipica di Palermo, ma soprattutto perché il peggioramento dei bilanci di molte imprese richiedenti rende oggettivamente più rischioso il credito. Peraltro, anche in materia di garanzie reali, l’introduzione di Basilea 2 ha reso molto più complessa la fase di accettabilità delle garanzie offerte dalle imprese richiedenti credito, poiché il regolamento in questione fissa parametri molto rigidi alle tipologie di strumenti patrimoniali e finanziari che possono essere offerti come garanzie reali. Per altro verso, circa un terzo del 41 alternativi Il rischio di canali paralleli del credito campione segnala come il costo del denaro sia cresciuto, ed anche questo è un effetto della maggiore rischiosità dell’erogazione di credito in questa fase, poiché, come è noto, i tassi di interesse incorporano anche un premio per il rischio di prestare danaro. Tuttavia, al costo del danaro in crescita si aggiunge, per poco meno di una impresa su cinque, anche una lievitazione degli oneri accessori per commissioni, il che è meno comprensibile e giustificabile, se non dal fatto che il livello di concorrenza fra le banche italiane non è ancora sufficientemente alto. Più in generale, il 30% circa degli intervistati segnala una maggiore rigidità e severità delle istruttorie bancarie, il che, nel migliore dei casi, si traduce in una dilatazione, spesso non sopportabile, dei tempi di concessione del credito, con il rischio che il progetto di investimento sottostante, nel frattempo, diventi obsoleto dal punto di vista competitivo. Tra l’altro, malgrado i notevoli progressi ottenuti in questo campo, grazie anche all’impegno profuso dall’Autorità di Vigilanza, il livello di trasparenza dei criteri di istruttoria non è ancora pienamente soddisfacente, poiché risulta oscuro al 10% dei rispondenti, concentrati soprattutto nel settore dei servizi. L’adeguatezza dell’entità del credito concesso, se l’istruttoria va a buon fine, è invece un problema meno sentito, se non nel settore delle costruzioni. Non vi è quindi, se non in casi relativamente episodici, una contrazione della quantità di credito erogato, quanto piuttosto una maggiore difficoltà nelle decisioni bancarie di erogare il credito richiesto, in ragione dei criteri istruttori più severi, delle maggiori garanzie reali richieste, ecc. A fronte di tali difficoltà di accesso al credito, diviene interessante analizzare come le imprese palermitane si stiano attrezzando per reagire. Il 30,2% cerca di 42 Una diffusa difficoltà ad effettuare operazioni di ricapitalizzazione attivare fonti di finanziamento alternative alle banche, ad esempio rivolgendosi ad agenzie finanziarie (che però sono in genere controllate dalle banche stesse), oppure cercando di ottenere incentivi pubblici agli investimenti. Purtroppo in questo 30% vi è anche una quota di imprese che ricorrono all’usura, un canale di finanziamento della disperazione, che alimenta la criminalità organizzata, e sottopone l’impresa stessa a tassi di interesse molto più alti di quelli di mercato, ed a rischi, anche molto concreti, di sicurezza. Circa il 27% delle imprese scarica gli effetti della crisi finanziaria a monte, ritardando i pagamenti dovuti ai propri fornitori, propagando di fatto gli effetti della recessione lungo l’intera filiera produttiva di appartenenza, e generalizzandola potenzialmente all’intero sistema produttivo. Un ulteriore 13% è costretto a ritardare i pagamenti ai lavoratori, contribuendo così alla contrazione dei consumi finali, in una spirale perversa che, dal rallentamento della domanda, finisce per creare ulteriori problemi alle imprese offerenti. Chi può, infine, ricorre ai margini di scoperto di conto corrente che la propria banca gli consente di operare. Il rapporto sempre più difficile fra banche ed imprese è solo un tassello di un più generale deterioramento degli assetti finanziari delle imprese stesse. Anche se un miglioramento diffuso delle aspettative fa sì che circa il 78% degli intervistati preveda che, nei prossimi 8 mesi, la propria liquidità migliori, o quantomeno rimanga inalterata, specie nei settori produttivi che stanno affrontando meglio la crisi, come il turismo, ed anche se la maggioranza degli intervistati ritiene che la propria esposizione debitoria migliorerà, o comunque non peggiorerà ulteriormente, più del 75% degli intervistati non effettuerà, a breve, 43 alcuna operazione di ricapitalizzazione dell’impresa, benché il tessuto produttivo palermitano sia costituito da una ampia fascia di imprese di piccole dimensioni e sottocapitalizzate che richiederebbero, in realtà, una intensa attività di patrimonializzazione e irrobustimento del capitale proprio. In effetti, l’ostacolo principale in tal senso sembra essere il costo di tali operazioni che eccede le disponibilità finanziarie dell’imprenditore e dei suoi soci, intaccate anche dalla crisi stessa. A ciò si aggiunge la volontà di non modificare gli assetti di potere interni all’impresa, che è tipica di modelli di governance aziendali di tipo familiare, intimamente connessi ad un modello produttivo basato sulle piccole dimensioni e sull’ampia diffusione di forme artigianali o semi-artigianali di imprenditorialità. Il timore di modificare gli assetti di controllo dell’impresa è un fattore in larga misura culturale, che non soltanto ostacola l’apporto di mezzi finanziari freschi di cui le imprese avrebbero bisogno per investire in miglioramento della propria competitività, ma limita anche l’acquisizione di risorse umane ad elevata qualificazione, da inserire in ruoli manageriali o direttivi all’interno dell’impresa. E chiaramente, senza capitale umano qualificato, le imprese non si sviluppano. Graf. 5 – Conseguenze della crisi sull’accesso al credito delle imprese palermitane (In %) 44 Maggiori difficoltà 34,4 Minori difficoltà 2,8 Non ha richiesto finanziamenti 19,8 Non sa/ non risponde 43,0 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 6 – Aspetti dell’accesso al credito che sono peggiorati in seguito alla crisi economica e finanziaria (In %) 42,8 Richiesta di garanzie 32,1 Costo del denaro 29,8 Severità nei criteri di approvazione del fido 21,4 Adeguatezza credito concesso rispetto alla richiesta 17,7 Costo delle commissioni 9,8 Trasparenza della valutazione della banca Flessibilità della durata del finanziamento 7,9 Durata dell’istruttoria 7,4 7,0 Riduzione temporale del debito Nessun aspetto 2,8 11,2 Altri aspetti *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. risposte può Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 7 – Decisioni delle imprese in merito alle proprie operazioni di ricapitalizzazione nei prossimi 8 mesi (In %) Si 2,6 7,6 No 75,2 14,6 Operaz. già effettuata nell’ultimo anno Non sa/ non risponde Fonte: Osservatorio Economico Palermo 1.1.4 Gli impatti occupazionali della recessione In linea con aspettative di fuoriuscita dalla recessione che, come si è visto, tendono ad essere pessimistiche ed a scontare un recupero molto lento e 45 Le difficoltà della recessione verranno assorbite dal mercato del lavoro graduale, sia per il 2009 che per il 2010, la quota di imprese che prevede una riduzione della propria base occupazionale è ampiamente superiore rispetto a chi prevede di fare nuove assunzioni. Tuttavia, nei due anni in questione, si rileva un evidente sforzo di difesa dei livelli occupazionali aziendali, nonostante gli effetti della crisi sui conti economici. Infatti, specie nel turismo, nel commercio, nel manifatturiero e nei servizi in generale la percentuale di imprese che tendono a mantenere stabile l’occupazione interna è molto elevato. Evidentemente, tali imprese sono conscie dell’importanza di difendere il capitale umano interno, sia per motivi sociali, che anche per ragioni meramente economiche: sarebbe poi costoso, quando ariverà la ripresa, assumere e dover formare ex novo nuovo personale, in sostituzione di quello espulso dai cicli produttivi, già dotato di un livello di “skills” specificamente adattato alle caratteristiche dell’impresa in cui opera. Inoltre, figure professionali di particolare qualificazione potrebbero risultare difficili da reperire sul mercato del lavoro, quando sarà in atto la ripresa. Minore sembra, invece, essere la resistenza delle imprese edili, in cui la percentuale di rispondenti che hanno ridotto la propria occupazione nel 2009 è pari al 46% circa, e sarà affiancata da un 22% di riduzioni nel corso del 2010. In tale settore, infatti, è molto diffuso l’utilizzo di manodopera occasionale, a basso livello di qualifica professionale, quindi facile da sostituire, e che può rapidamente essere espulsa, quando l’impresa non ha sufficienti livelli di commesse da espletare (va, infatti, evidenziato che le imprese di costruzione palermitane intervistate hanno subito, nel 56,5% dei casi, una riduzione del portafoglio ordini già nel 2009, e il 26,1% prevede di subirlo nel 2010). Inoltre, il settore edile è stato particolarmente colpito dalla esplosione della bolla speculativa che ha dato origine alla presente recessione, come del resto in 46 tutto il mondo. Nel complesso dell’economia palermitana, il 2010 sarà foriero di un certo alleviamento del declino occupazionale in atto. Seppur anche nel prossimo anno la percentuale di imprese che prevedono riduzioni di organici resterà relativamente consistente, questa sarà inferiore a quanto registrato nel corso del 2009, mentre crescerà la quota di chi riuscirà a stabilizzare i livelli occupazionali. Per una crescita significativa delle imprese che, invece, prevedono di ampliare gli organici e, quindi, per un primo significativo riassorbimento dell’incremento della disoccupazione che si sarà nel frattempo verificato, occorrerà aspettare almeno il 2011, in linea con la previsione di un fuoriuscita molto lenta dalla crisi. Tab. 1 – Andamento dell’occupazione – previsioni per il 2010 Maggiore Minore Uguale Ns/nr Agricoltura Manifatturiere Costruzioni Turismo Commercio Servizi 5,0 8,3 4,3 8,3 12,7 8,3 17,5 10,1 21,7 10,0 6,9 11,9 70,0 75,0 56,5 75,0 76,5 76,2 7,5 6,5 17,4 6,7 3,9 3,6 Fonte: Osservatorio Economico Palermo 47 Totale 8,6 11,4 73,4 6,6 1.1.5 Le strategie e gli interventi per fronteggiare la crisi Una interessante quota di imprese mira a migliorare la propria competitività strutturale Il quadro della crisi è, quindi, composto da aspettative di graduale recupero, da un restringimento del mercato del credito che colpisce gli assetti competitivi aziendali, e da un calo dell’occupazione, il cui recupero sarà piuttosto lento. Occorre, dunque, comprendere quali strategie stanno mettendo in atto le imprese palermitane, nel breve periodo, per difendersi dagli effetti più duri della crisi. A livello micro, cioè di singola impresa, la reazione è assolutamente virtuosa e positiva. La maggior parte degli intervistati cercherà di fare fronte al calo della domanda andando a cercare quelle nicchie di mercato che ancora resistono alla crisi e che possono ancora godere di un potere di acquisto tale da pagare un “premium price” per chi riesce ad offire la qualità voluta da tali consumatori, particolarmente esigenti. Infatti, il 20% del campione risponderà alla crisi con un miglioramento della qualità dei propri prodotti o servizi, specie nel turismo (30% di imprese) che, non a caso, è il settore che sembra resistere meglio alla recessione, proprio perché si orienta su segmenti di clientela ad alto valore aggiunto e nel manifatturiero (22,6%). Parallelamente alla ricerca di un migliore qualità, per aggredire nicchie di mercato non toccate dalla recessione, il 17% degli intervistati intende adottare nuove strategie commerciali, perché non si può vendere qualità se questa non è accompagnata da opportune strategie promozionali e di marketing, volte a far conoscere ai consumatori questa migliore qaulità del prodotto. Ancora una volta, il settore turistico è il più dinamico rispetto a tale obiettivo di rilancio commerciale e promozionale, insieme al commercio (rispettivamente, 26,7% e 25,5% 48 Occorrono interventi volti alla fluidificazione del rapporto con le banche degli intervistati dei due settori). Infine, l’8% del campione cercherà nuovi mercati di sbocco, e non solamente nuove nicchie in mercati già presidiati, con un 3,2%, in particolare, che tenterà di aprirsi la strada su nuovi mercati di esportazione, e ciò averrà sorpattutto fra le imprese agricole(7,5%) ed edili (6,5%). Il resto degli intervistati, invece, adotta strategie di tipo “difensivo”, non volte ad aggredire meglio i mercati, quanto piuttosto a sopravvivere tagliando sui costi operativi, al fine di riequilibrare la funzione finanziaria ed il cash flow. Infatti, il 16% degli intervistati taglierà il costo del lavoro, tramite esuberi di personale (soprattutto nelle costruzioni, come si è visto, dove tale percentuale toccherà il 28% del campione), il 12% razionalizzerà i costi delle forniture di materie prime o semilavorati, oppure agirà sull’efficienza economica del ciclo produttivo, al fine di ridurre sprechi e conseguenti oneri, un 12,2%, infine, accetterà una compressione dei propri margini di guadagno, non riuscendo evidentemente ad agire efficacemente dal lato dei costi, pur di difendere la propria quota di mercato. Per quanto attiene le aspettative nei confronti della politica economica, prevalgno le proeccupazioni legate alle condizioni finanziarie e di liquidità, per cui diversi intervistati chiedono che si operi direttamente a sostegno della liquidità aziendale, mediante incentivi al capitale circolante, oppure incentivi in conto interesse mirati ad abbattere il costo del credito o, ancora, uno sblocco dei pagamenti delle forniture alla PA, che ovviamente interessa soprattutto quei settori, come le costruzioni che lavorano prevalentemente con sogetti pubblici. Un altro filone di richieste è mirato a sbloccare il razionamento del credito, mediante interventi di garanzia pubblica, o un potenziamento dei Confidi. Infine, il 9% dei richiedenti si concentra su interventi 49 pubblici di sostegno ai redditi ed alla domanda, per ridurre la contrazione dei consumi che ha duramente colpito i fatturati delle imprese. Tale richiesta riguarda soprattutto le imprese turistiche, poiché il calo dei consumi colpisce proprio quelle voci di spesa non ritenute essenziali dalle famiglie. Va anche evidenziato come l’8% deglii ntervistati richieda uno snellimento e semplificazione delle procedure amministrative di tipo concessorio o autorizzatorio di competenza delle PA, che si traducono in costi aggiuntivi per le imprese, ed in una dilatazione dei tempi necessari ad implementare progetti di investimento e di sviluppo aziendale. Si tratta, a differenza degli interventi di cui sopra, di una misura non congiunturale, ma strutturale, che mira ad una maggiore competitività del territorio. Graf. 8 – Leve sul quale le imprese sono intervenute per contrastare gli effetti della crisi (In %) 50 19,8 Aumento della qualità dei prodotti/ servizi 16,8 Adozione di nuove strategie commerciali 15,8 Riduzione del personale Riduzione margini 12,2 Razionalizzazione dei costi di approvvig. e di produz. 11,8 7,8 Ampliamento gamma prodotti offerti 4,8 Ricerca nuovi mercati di sbocco interni 3,6 Irrobustimento dell’organizzazione aziendale 3,4 Riqualificazione delle risorse umane Ricerca nuovi mercati di sbocco esteri 3,2 38,2 Altro *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. risposte può Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 9 – Interventi di politica economica prioritari per rilanciare la competitività delle imprese (In %) 9,8 Incentivazione a sostegno dei livelli di liquidità dell’impresa 8,8 Interventi a sostegno della domanda per consumi Creaz. fondo pubb. di garanzia per facilitare il cred. banc./potenz. confidi 8,4 Snellimento delle procedure amministrative cui l’impresa è sottoposta 8,4 7,0 Incentivi in c/interesse per ridurre il costo del denaro 4,6 Rimborso accelerato dei debiti della PA nei confronti delle imprese 3,4 Incentivi all’acquisizione di sistemi di qualità 3,4 Maggiore sostegno pubblico ai processi di R&S 2,8 Potenziamento infrastrutture di colleg. viarie/ferrov. 2,2 Incentivaz. alla crescita dimens./associazionismo con altre imprese 2,0 Potenziamento infrastrutture portuali/aeroportuali Potenz. infrastrutture/utilities interne alle aree industriali 1,8 Miglioramento delle reti telematiche ed informatiche 1,6 1,4 Riforma dei consorzi industriali Maggiore sostegno pubblico ai processi di internazionalizzazione 1,0 Miglioramento sistema formaz. professionale degli addetti 1,0 0,8 Creazione di un polo intermodale 51 *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. Fonte: Osservatorio Economico Palermo 52 risposte può L’analisi Macroeconomica 53 2.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA 2.1.1 Il Prodotto Interno Lordo provinciale L’andamento del prodotto interno lordo dal 2003 al 2008 Una inversione del ciclo verificatasi anche in ragione di un livello insufficiente della produttività Come è noto, l’andamento del prodotto interno lordo misura la capacità di crescita economica del territorio, in termini di creazione di ricchezza netta. Il sistema economico palermitano rappresenta il 25% circa del PIL regionale siciliano, ed il suo peso tende a crescere negli anni (nel 2003 era del 23%). Si tratta, quindi, di un sistema economico di importanza cruciale per l’intera Sicilia, ma anche per il Mezzogiorno (poiché la provincia di Palermo produce circa il 6% della ricchezza netta dell’intero Meridione). Da questo punto di vista, non può che preoccupare il fatto che, negli anni più recenti, la crescita economica palermitana sia stata particolarmente debole, poiché già dal 2006 questa si è attestata al di sotto della media regionale e di quella nazionale, evidenziando prima una sostanziale stagnazione, per poi entrare, a partire dal 2008, in fase recessiva. In altri termini, la crescita economica del palermitano, in questi ultimi anni, si sta rivelando più fragile anche rispetto al resto della Sicilia e del Sud; si tratta di una debolezza che rischia di tradursi in una maggiore serietà degli effetti della crisi economica sul sistema economico locale, ed in prospettive di ripresa più lente rispetto al resto del Paese. L’approfondimento delle cause strutturali di tale fragilità economica costituisce uno degli oggetti principali della presente edizione dell’Osservatorio. Fra l’altro, il rallentamento della crescita economica provinciale è un dato piuttosto recente, posto che nel periodo 2003-2005 il Pil palermitano aveva evidenziato, sovente, una capacità di crescita anche superiore rispetto alla media nazionale, tanto che il tasso medio annuo di crescita del Pil provinciale, 54 misurato sull’intero arco di tempo 20032008, è ancora piuttosto brillante (+3%), malgrado il rallentamento netto negli anni più recenti. Il biennio 2005-2006, dunque, sembra essere stato il periodo in cui il ciclo economico locale ha accusato un punto di svolta in negativo, e Palermo ha cessato di essere una locomotiva della crescita siciliana e meridionale. Alla radice di tale rallentamento, che si è trasformato in una “recessione anticipata” di qualche mese rispetto al ciclo generale avviatosi a fine 2008, vi è un livello della produttività del lavoro insufficiente che, ovviamente, pesa negativamente sulla competitività delle imprese locali e, quindi, sul loro potenziale di crescita. Seppur cresciuta, tra il 2001 ed il 2006, in misura superiore rispetto al resto della regione e del Paese (16,5%, a fronte del 13,8% regionale e del 12,8% nazionale), la produttività del lavoro palermitana rimane, a fine 2006, su livelli inferiori alla media, essendo pari al 93,3% del valore complessivo dell’Italia. Seria risulta essere la situazione dei servizi (92,2% della produttività del terziario nazionale, con punte negative particolarmente acute nel comparto del commercio, alberghi e pubblici esercizi e dei servizi reali ed immobiliari), evidenziando come il processo di terziarizzazione dell’economia palermitana sia stato basato su attività a modesta competitività e, quindi, non abbia contribuito ad un incremento del potenziale di crescita, come invece avvenuto in altri sistemi economici che si sono terziarizzati. Tab. 1 – Prodotto interno lordo a prezzi correnti nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2003-2008; valori in milioni di euro) Trapani Palermo Messina Agrigento 2003 7.144,1 18.388,4 10.913,2 6.235,5 2004 6.483,6 19.431,7 10.444,1 5.786,1 2005 6.842,1 19.819,1 11.158,5 5.980,3 55 2006 7.258,1 20.105,2 11.542,8 6.126,6 2007 7.165,6 21.104,2 11.692,0 6.113,9 2008 6.907,2 21.943,5 11.501,2 6.732,3 Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia Mezzogiorno ITALIA 4.108,0 2.450,1 16.362,1 5.082,0 7.615,6 78.299,0 328.518,0 1.333.981,0 3.988,9 2.370,7 16.462,9 5.305,9 7.053,3 77.327,3 332.776,2 1.389.263,5 4.298,1 2.463,2 16.986,7 5.356,1 7.454,1 80.358,1 341.498,9 1.421.800,6 4.426,4 2.591,9 17.475,4 5.533,3 7.878,9 82.938,6 352.869,0 1.473.948,6 4.514,6 2.613,0 18.026,7 5.755,7 8.040,0 85.025,8 363.083,4 1.535.540,4 4.731,1 2.689,0 18.985,5 6.262,6 7.501,5 87.253,9 370.827,1 1.570.745,3 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Graf. 1 – Variazione annua del Pil a Palermo, in Sicilia ed in Italia, a prezzi costanti 3,0 (2002-2008; valori In %) 2,2 3,0 2,2 2,4 2,0 2,4 2,0 2,0 1,5 1,1 1,1 0,5 0,5 0,0 0,30,3 0,7 0,7 0,0 0,0 0,2 0,2 0,0 1,2 1,5 1,4 1,6 1,2 1,5 1,4 1,0 1,0 1,6 2,0 1,5 0,10,1 -0,1 -0,1 -0,1 -0,1 -0,4 -1,0 -0,4 -1,0 -1,0 -1,0 -1,2 -1,2 -2,0 -2,0 -3,0 -3,2 -3,0 -4,0 07 20 08 /2 0 07 20 08 /2 0 06 20 07 06 /2 0 20 07 20 06 /2 0 05 ITALIA 2.1.2 Il valore aggiunto Palermo settoriale SICILIA Una terziarizzazione basata su settori a modesta capacità di crescita /2 0 05 20 06 /2 0 04 20 05 20 04 20 03 20 02 SICILIA /2 0 Palermo Fonte: Istituto G. Tagliacarne 04 20 05 /2 0 03 /2 0 03 20 04 /2 0 02 /2 0 02 20 03 /2 0 /2 0 01 -4,0 20 02 /2 0 01 -3,2 ITALIA Un primo fattore strutturale di debolezza dell’economia palermitana può rinvenirsi dall’analisi della composizione settoriale del suo sistema produttivo. Palermo ha compiuto, in misura più rapida e più intensa, rispetto al resto del Paese, un’evoluzione per certi versi fisiologica in direzione delle attività terziarie e di servizio. Infatti, tra il 2003 ed il 2007, il valore aggiunto del terziario è cresciuto a ritmi superiori rispetto alla media regionale e nazionale (con tassi del 3,2% per Palermo, del 3% per la Sicilia e del 2,8% a livello nazionale). Oggi, quindi, con più dell’84% del valore aggiunto che deriva dal terziario, Palermo può definirsi una economia largamente terziarizzata. Tuttavia, il processo di terziarizzazione 56 dell’economia palermitana non si è svolto attraverso meccanismi virtuosi, ovvero allineati ad un fenomeno generale, tipico di tutte le economie post-industriali, di abbandono di cicli produttivi a basso valore aggiunto (come ad esempio le attività agricole e quelle manifatturiere a minor livello qualitativo e di innovazione) per abbracciare attività immateriali ad elevata redditività sui mercati (quali i cosiddetti “servizi avanzati”: ICT, informatica, R&S, attività finanziarie, ecc.). Infatti, al netto del peso tradizionalmente assunto dai servizi pubblici, connesso al ruolo di capitale regionale, la terziarizzazione dell’economia palermitana è passata per il tramite di attività di servizi alla persona a basso valore aggiunto, mentre, secondo i dati 2006, il peso dei servizi avanzati è pari al 31% del totale del valore aggiunto del terziario, a fronte di una media del 39% a livello nazionale. Pertanto, il processo di terziarizzazione, che in altre parti del Paese e dell’Europa ha portato a nuove fasi di crescita (almeno prima della crisi finanziaria di fine 2008), ha indebolito l’economia palermitana, poiché si è tradotto, da un lato, nella crisi dei tradizionali assi portanti dell’industria locale (la crisi del polo di Carini, che ha colpito insediamenti industriali come la Keller, la Effedi, la Tecnopali e l’Imesi, nonché la perdurante incertezza sul futuro dello stabilimento di Termini Imerese –nella componente automotive ed in quella della cantieristica navale-, già più volte colpito da pesanti ristrutturazioni produttive ed occupazionali) e dall’altro in una terziarizzazione “povera”, a basso valore aggiunto, con scarse prospettive di espansione sui mercati, specie di quelli non meramente localistici, a bassa produttività. 57 Tab. 2 – Valore aggiunto per settore di attività economica nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %) Industria Agricoltura Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia Mezzogiorno ITALIA Manifatturiero Costruzioni 9,5 8,7 9,9 7,6 21,3 8,0 10,8 9,6 19,5 10,9 13,8 21,4 7,6 4,9 7,3 6,2 6,5 7,6 5,8 8,5 5,4 6,2 7,1 6,1 2,8 1,9 2,5 5,8 4,8 7,6 2,7 11,2 6,6 3,9 3,5 2,1 Totale Industria 17,1 13,6 17,1 13,8 27,8 15,6 16,7 18,1 25,0 17,1 20,9 27,5 Servizi Totale economia 80,1 84,5 80,3 80,5 67,5 76,8 80,7 70,7 68,5 79,0 75,7 70,5 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Graf. 2 – Variazione media annua del valore aggiunto a Palermo, in Sicilia ed in Italia (2007/2003) Palermo SICILIA ITALIA 4,4 3,2 2,7 3,0 2,8 2,5 2,4 2,8 1,4 0,4 0,0 -0,4 -1,4 -2,5 58 -5,9 Agricoltura Manifatturiero Costruzioni Servizi Totale economia Palermo SICILIA ITALIA 4,4 3,2 2,7 3,0 2,8 2,5 2,4 2,8 1,4 0,4 0,0 -0,4 -1,4 -2,5 -5,9 Agricoltura Manifatturiero Costruzioni Fonte: Istituto G. Tagliacarne 59 Servizi Totale economia Quadro A Il sistema economico integrato dei beni culturali Il patrimonio culturale rappresenta un importante fattore strategico su cui puntare per stimolare lo sviluppo economico di un te Un aspetto che spesso viene sottovalutato, a questo proposito, è che il patrimonio culturale non ha delle ripercussioni positiv tutto rispetto nell’economia locale, peso che, tuttavia, sembra stia andando gradualmente diminuendo nel tempo, in controtend Risultano utili in tal senso i dati circa la consistenza ed il peso che il settore culturale, o meglio le attività economiche coinvolt Al 2006, ultimo dato aggiornato disponibile, le imprese che rientrano nel sistema economico integrato dei beni culturali ( audiovisivi, ecc.; enogastronomia e produzioni tipiche, produzioni di natura industriale ed artigiana; architettura ed edilizia di quanto riguarda Palermo, si tratta per la stragrande maggioranza di imprese operative nell’ambito dell’architettura ed ediliz complesso, mentre il settore delle produzioni di natura industriale ed artigiana e quello dei beni culturali in senso stretto hanno La rilevanza che il settore culturale ha nella realtà economica palermitana emerge, d’altra parte, dalla posizione che la pro addirittura la decima posizione nell’ambito dell’enogastronomia e delle produzioni tipiche. Tale settore trasversale ha, peraltro dà alla formazione della ricchezza locale (contribuisce per l’11,5% sul valore aggiunto complessivamente prodotto in provinci Da notare, tuttavia, come il peso che queste imprese hanno sull’economia palermitana stia gradualmente riducendosi nel tem nazionale (valore aggiunto: dal 12,3% del 2001 al 12,7% del 2006; occupati: dal 14,3% del 2001 al 15,4% del 2006). Peraltro, ancorché le dinamiche di medio periodo sperimentate dal settore culturale della provincia (2001-2006) siano positiv che emerge da quanto appena detto, è pertanto la necessità da parte della provincia di intervenire a favore di un rilancio del set Tab. 3 – Posizione della provincia di Palermo nella graduatoria nazionale per numero in riferimento ai setto Beni e attività culturali Industria culturale (editoria, audiovis., ecc.) Enogastronomia, produzioni tipiche Produzioni di natura industriale e artigiana Architettura ed Edilizia di riqualificazione Totale settore culturale Palermo Totale settore culturale ITALIA Fonte: Istituto G. Tagliacarne Graf. 3 – Composizione settoriale d al 60 35,0 31,6 30,0 25,0 20,0 15,0 10,5 10,0 5,0 0,0 Beni e attività culturali Fonte: Istituto G. Tagliacarne Tale informazione statistica è stata prodotta in occasione dell’avvio di un progetto dell’U quantificazione e qualificazione del sistema economico integrato dei beni culturali nell’econ matrice comune è l’ancoraggio al territorio e la valorizzazione del suo patrimonio culturale” beni culturali, Roma, 2009, p. 41). 2.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA 2.2.1 La dinamica demografica Un bacino di grandi potenzialità che però deve evitare depauperamenti dovuti alla ripresa di fenomeni migratori Congiuntamente alla dotazione di risorse economiche, di infrastrutture e di attività, la popolazione (ossia le risorse umane) rappresenta uno dei principali fattori che contribuiscono a delineare il profilo di un territorio, date le molteplici ricadute in termini economici associate alle dinamiche demografiche. In generale, il grado di attrattività di un territorio può essere misurato anche per il tramite della capacità di accrescere la sua popolazione mediante flussi migratori in ingresso (recentemente, Svimez ha utilizzato proprio tale parametro per misurare l’attrattività dei sistemi locali del lavoro meridionali, cfr. Rapporto Svimez 2009) mentre le dinamiche naturali della popolazione (natalità, mortalità, fecondità, ecc.) sono spesso strettamente associate al grado di sviluppo socio61 Una popolazione fortemente urbanizzata e concentrata economico complessivo (cfr. l’Human Development Index elaborato dall’United Nations Development Programme). In riferimento al fattore demografico, la provincia di Palermo, in un contesto nazionale di generale declino, mette a segno, negli ultimi anni, una costante crescita, sia pur in misura nettamente inferiore rispetto alla media regionale. Infatti, il tasso medio di crescita, nel periodo considerato (2003-2007), è pari all’1,1%, a fronte del 2,3% medio regionale. A questo proposito va rimarcato, però, come la crescita demografica di Palermo sia alimentata quasi esclusivamente dalla componente naturale, mentre il flusso migratorio negativo, in una regione che ha invece avuto andamenti complessivamente positivi nel periodo in esame, evidenzia come la progressiva erosione delle occasioni lavorative abbia inciso sulle decisioni dei residenti. Nell’ultimo rapporto sull’economia del Mezzogiorno, Svimez evidenzia come i flussi di trasferimento di residenza verso il Centro Nord, al 2006, siano diretti, da Palermo, prevalentemente verso regioni come l’Emilia Romagna, il Piemonte, la Lombardia, la Toscana ed il Veneto, mentre la capacità attrattiva di Palermo nei confronti di altre aree della Sicilia (segnatamente nei confronti di Catania, Caltanissetta e Messina) non compensa le perdite demografiche per emigrazione verso il Nord dell’Italia. Sulla vivacità del saldo naturale, gioca anche il fatto che la popolazione palermitana è relativamente giovane, se paragonata con il resto della Sicilia e con la media nazionale, come dimostrano i valori relativi alla percentuale di giovani con meno di 15 anni ed all’indice di vecchiaia. Peraltro, anche nell’ambito della popolazione in età da lavoro, Palermo esibisce una quota di “lavoratori giovani” (15-39 anni) relativamente più elevata rispetto ai “lavoratori anziani” (40-64 anni), come indica il valore basso 62 territorialmente dell’indice di struttura. Pertanto, una popolazione giovane, sia in assoluto che con riferimento al mercato del lavoro, costituisce un vantaggio competitivo tipico di Palermo, e del tutto favorevole, sia in confronto con le altre province siciliane, che con il Paese nel suo insieme. Una forza lavoro costituita prevalentemente da giovani, infatti, consente di avere lavoratori creativi e potenzialmente ad elevata produttività, a tutto vantaggio delle prospettive di crescita futura dell’economia locale. Tuttavia, tale vantaggio competitivo si assottiglia a causa dei rilevanti fenomeni migratori, che colpiscono, ovviamente, soprattutto i lavoratori giovani, e che sono il frutto di una incapacità del sistema economico di produrre posti di lavoro in quantità e qualità sufficienti a rispondere all’offerta di lavoro. Ciò, in prospettiva, non potrà che far flettere anche la curva di crescita dovuta alla componente naturale, se gli attuali trend dovessero proseguire. Con riferimento alla struttura della popolazione, Palermo presenta le caratteristiche tipiche di un’area ad elevato grado di urbanizzazione. La densità demografica, molto elevata, denota infatti la presenza di un’area urbana densamente popolata, mentre la percentuale di abitanti residenti in comuni di dimensione demografica uguale o superiore ai 20.000 abitanti è il riflesso di una popolazione che tende a concentrarsi nel polo urbano del capoluogo e sulla costa, e che, nell’entroterra, tende invece a rarefarsi. Ciò è il riflesso della distribuzione delle attività economiche, che privilegia la città capoluogo (che concentra il 53% circa dell’intera popolazione provinciale) e, almeno in passato, le aree costiere dei due poli industriali di Carini e Termini Imerese. Lo sviluppo e la rete urbana sono, pertanto, caratterizzati da un evidente squilibrio tra il capoluogo e il resto della provincia: Palermo, infatti, possiede 63 un hinterland fatto di piccoli centri che la circondano e che ad essa fanno riferimento per qualunque tipo di servizio. Cefalù e Bagheria rappresentano invece il riferimento, in termini di servizi, per i comuni della fascia costiera, e Termini Imerese per l’area orientale della provincia. I comuni dell’area più interna della provincia, più piccoli demograficamente, si trovano invece in una posizione relativamente meno favorevole, in termini di accesso ai servizi stessi. Relativamente modesta risulta, inoltre, la percentuale di stranieri regolarmente residenti sul totale della popolazione, nella misura in cui i poli regionali di attrazione principali risultano essere Catania e Caltanissetta. Tab. 1 – Popolazione residente per età in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (2007; valori assoluti) Valori Assoluti 0 - 14 15 - 64 66.733 283.457 200.901 825.131 89.280 432.393 71.365 296.282 45.336 177.156 26.820 111.781 177.446 723.425 49.337 205.628 59.715 269.873 786.933 3.325.126 8.367.043 39.306.261 Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 65 e oltre 85.784 217.353 132.359 87.903 50.078 35.122 181.044 56.805 71.176 917.624 11.945.986 Totale 435.974 1.243.385 654.032 455.550 272.570 173.723 1.081.915 311.770 400.764 5.029.683 59.619.290 Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Istat Tab. 2 – Principali indicatori della struttura demografica nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia (2007) Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Dipendenza Dipendenza strutturale(1) giovanile(2) 53,8 50,7 51,3 53,8 53,9 55,4 49,6 51,6 48,5 23,5 24,3 20,6 24,1 25,6 24,0 24,5 24,0 22,1 Dipendenza degli anziani(3) 30,3 26,3 30,6 29,7 28,3 31,4 25,0 27,6 26,4 64 Indice di vecchiaia(4) 128,5 108,2 148,3 123,2 110,5 131,0 102,0 115,1 119,2 Indice di struttura(5) 97,2 92,8 101,4 93,0 92,3 96,6 91,9 92,0 95,1 Indice di ricambio(6) 93,2 79,8 92,4 82,5 77,3 79,5 76,0 84,1 95,9 Sicilia ITALIA 51,3 51,7 23,7 21,3 27,6 30,4 116,6 142,8 94,3 107,1 83,1 114,8 (1) rapporto % tra popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) e la popolazione in età attiva (15-64) (2) rapporto % tra la popolazione di età 0-14 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64) (3) rapporto % tra la popolazione di età 65 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64) (4) rapporto % tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione di 0-14 anni (5) Indica il grado di invecchiamento della popolazione attiva ed è dato dal rapporto tra la popolazione compresa tra 40 e 64 anni e la popolazione compresa tra 15 e 39 anni. (6) È dato dal rapporto tra coloro che stanno per uscire dalla popolazione in età lavorativa (60-64 anni) e coloro che vi stanno per entrare (15-19). Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Istat Tab. 3 – Popolazione residente nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia, suddivisa per numero di famiglie, componenti per famiglia, ampiezza dei comuni, densità abitativa e % stranieri residenti (2007; v. ass. ed In %) n° n° compon. Densità Pop<20.000ab. Pop>=20.000ab. famiglie perfamiglia abitativa Trapani 165.010 2,6 177,22 28,9 71,1 Palermo 461.485 2,7 249,06 28,1 71,9 Messina 271.178 2,4 201,41 51,4 48,6 Agrigento 171.159 2,7 149,76 49,2 50,8 Caltanissetta 105.773 2,6 128,30 31,4 68,6 Enna 68.164 2,5 67,81 71,8 28,2 Catania 422.978 2,5 304,58 32,8 67,2 Ragusa 118.929 2,6 193,16 21,6 78,4 Siracusa 152.986 2,6 190,04 24,5 75,4 Sicilia 1.937.662 2,6 195,69 35,1 64,9 ITALIA 23.907.410 2,5 197,85 47,2 52,75 Fonte: Istituto Tagliacarne % Stranieri residenti 1,1 0,9 1,2 0,7 2,0 1,5 3,9 1,4 1,5 1,6 5,0 2.2.2 Il Pil pro capite L’andamento del Pil pro capite è favorito anche dalla dinamica demografica Si riduce il gap strutturale di ricchezza media Il rapporto fra Pil ed abitanti costituisce una prima, seppur generica, indicazione del livello di ricchezza media disponibile sul territorio, per quanto debba essere integrata da una analisi più approfondita dei meccanismi redistributivi esistenti. Se si analizza l’andamento complessivo del Pil pro capite palermitano sull’intero periodo 2003-2008, si nota una evidente crescita media, più robusta sia rispetto alla Sicilia ed al Mezzogiorno, che all’Italia. Tale andamento del tasso medio annuo di crescita del Pil pro capite è ovviamente stato favorito da una crescita della popolazione molto più lenta rispetto alla media nazionale (la popolazione palermitana, tra il 2003 ed il 2008, è cresciuta dello 0,5%, quella nazionale del 4%, quella siciliana dell’1,2%). Da ricordare, infatti, che a partire dal 2006, la crescita economica palermitana ha rallentato, attestandosi su un trend più basso rispetto al 65 prodotta..... ...anche se permangono oltre 30 punti percentuali di gap con la media nazionale resto della Sicilia e del Paese. Di fatto, quindi, la dinamica del Pil pro capite palermitano è stata influenzata anche da effetti che nulla hanno a che vedere con la crescita della ricchezza effettivamente disponibile. E’ da notare che, malgrado l’incremento relativamente rapido di tale indicatore, il gap in valore assoluto che separa il Pil pro capite palermitano da quello nazionale rimane pressoché costante (8.300 euro nel 2003, 8.600 nel 2008), evidenziando come non vi sia stato cun significativo fenomeno di recupero, in termini di ricchezza disponibile in valore assoluto, nei confronti delle aree più ricche del Paese. Discorso diverso riguarda, invece, il recupero in termini relativi, poiché la crescita media annua del Pil pro capite relativamente rapida in provincia di Palermo ha fatto sì che tale indice passasse dal 64% al 67% del valore nazionale nel periodo. Viceversa, il recupero si è registrato sia in termini assoluti che relativi nei confronti del resto della Sicilia e del Mezzogiorno. Infatti, nel 2003 il Pil per abitante palermitano esibiva un valore inferiore alla media regionale, ma già dal 2004 si verifica un ribaltamento della situazione. Rispetto al Mezzogiorno, la distanza nei valori del Pil pro capite si riduce, da circa 1.100 euro nel 2003, a poco più di 150 euro nel 2008. Tutto ciò ha fatto sì che, nella graduatoria delle 103 province italiane per valore del Pil pro capite, Palermo abbia recuperato ben 8 posizioni rispetto al 2003, collocandosi al secondo posto fra le province siciliane, dietro alla sola Ragusa. Va, tuttavia, ricordato, ancora una volta, che tali andamenti derivano anche da una crescita demografica più lenta nella provincia. Infatti, stante la sostanziale recessione in cui è entrato il ciclo macroeconomico palermitano nel 2007-2008, che, come si ricorderà, è stata più forte rispetto a quanto registrato a livello di regione e di intera economia nazionale, l’aumento del PIL pro capite attribuibile ad effettivi fenomeni di 66 accumulazione di nuova ricchezza netta può riferirsi solamente agli anni che vanno dal 2003 al 2006. Tab. 4 – Pil per abitante nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia, a prezzi correnti (2003-2008; N.I., Italia = 100) Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia Mezzogiorno ITALIA 2003 72,1 64,1 71,4 59,3 64,7 60,1 66,4 72,9 82,8 67,7 68,8 100,0 2004 63,0 65,7 66,4 53,1 60,6 56,8 64,5 72,7 74,3 64,7 67,3 100,0 2005 65,0 65,9 70,0 54,0 64,5 58,2 65,2 71,8 77,2 66,0 67,8 100,0 2006 66,8 64,8 70,5 53,7 64,7 59,6 64,9 71,7 79,0 66,1 68,0 100,0 2007 63,7 65,7 69,2 51,9 64,0 58,2 64,5 71,7 77,7 65,4 67,5 100,0 2008 60,3 67,1 66,9 56,3 66,1 59,0 66,7 76,1 71,0 66,0 67,7 100,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Tab. 5 – Pil pro capite nell'anno 2008 e variazioni rispetto al 2003 nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Posizione in graduatoria nazionale 98 87 88 103 90 101 Pro capite € 15.853,7 17.643,6 17.584,6 14.790,8 17.376,8 15.494,3 67 Numero Indice (Italia=100) 60,3 67,1 66,9 56,3 66,1 59,0 Diff. pos. rispetto al 2003 -18 8 -3 -1 4 -1 Variazione % 2008 / 2003 -5,2 18,8 6,2 7,6 15,9 11,2 Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 89 73 80 - 17.527,6 20.008,3 18.661,7 17.337,8 26.278,6 66,7 76,1 71,0 66,0 100,0 0 5 -10 - 13,8 18,3 -2,7 10,4 13,4 Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne Quadro B Benchmarking: le principali aree portuali mediterranee L’analisi del Pil pro capite permette di avere delle indicazioni, sebbene di carattere molto generale, circa la ricchezza media disponibile sul territorio. In quanto segue, la situazione della provincia di Palermo è messa a confronto con quella delle altre principali province portuali mediterranee utilizzando dati a livello NUTS3. Analizzando i dati per il periodo 2001-2006 e ponendo il Pil pro capite dell’Unione Europea a 27 pari a 100, si può notare come per il Pil pro capite della provincia di Palermo, insieme a quello di Napoli, si registri un valore inferiore a quello di tutte le province considerate. La realtà della provincia palermitana risulta, quindi, piuttosto distante in termini di ricchezza media disponibile rispetto alle province portuali più avanzate, tra cui spiccano Trieste, Venezia, Genova e Barcellona (nell’analisi si dovrebbe tuttavia tener conto anche delle dinamiche demografiche che hanno ovviamente un loro impatto sulla variabile in esame). Facendo riferimento in particolare al dato del 2006, ultimo disponibile al momento a livello NUTS 3, il Pil pro capite di Palermo risulta di circa il 30% inferiore alla media europea, un dato vicino a quello di Bari e Napoli. L’indice più alto si riscontra per le province di Trieste (127,5) e Venezia (125) ma anche Barcellona, Atene e Genova evidenziano dei risultati superiori alla media europea. Ciò che emerge in modo chiaro è quindi la necessità per le economie delle province portuali del Mezzogiorno (sebbene Cagliari presenti delle performance molto più vicine al dato europeo) di politiche adatte ad innescare un processo di convergenza verso i livelli di prosperità delle province portuali più avanzate. Tab. 6 – Pil per abitante a Palermo e nelle principali province portuali mediterranee a prezzi correnti (2001-2006; N.I., con EU27=100) Pil per abitante (N.I.) 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Barcellona 102.0 102.4 106.8 107.9 110.2 111.4 Valencia 81.3 82.9 85.5 85.6 85.8 87.3 Marsiglia 96.0 92.7 93.7 94.4 93.8 94.5 Atene 86.9 92.7 100.5 106.0 107.1 111.0 Genova 120.2 115.6 118.8 117.6 113.3 110.6 Venezia 126.8 125.9 129.5 130.1 126.7 125.0 Trieste 129.3 127.3 130.0 129.6 128.0 127.5 Napoli 71.7 71.7 72.0 71.8 69.3 67.8 68 Bari Palermo Cagliari Lisbona EU27 83.8 70.7 101.5 89.4 100,0 82.0 72.2 97.1 89.8 100,0 81.2 73.4 100.5 90.3 100,0 79.2 73.1 101.9 89.8 100,0 75.6 72.9 97.3 88.4 100,0 75.0 71.6 95.8 86.9 100,0 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat Graf. 1 – Pil per abitante a Palermo e nelle principali province portuali mediterranee (NI EU27=100) 140.0 125.0 127.5 120.0 111.0 110.6 111.4 100.0 95.8 94.5 100.0 87.3 86.9 75.0 80.0 71.6 67.8 60.0 40.0 20.0 a ri Li sb on lia o rm ag C le Ba ri Pa i ol ap N st e a zi ne ov Tr ie a Ve e en G ia en At gl ia nc M ar si le lo el rc Ba Va EU na 27 0.0 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat 2.2.3 Il patrimonio delle famiglie Accanto ai flussi di reddito, un elemento fondamentale per valutare la ricchezza effettiva delle famiglie è dato dal valore del loro stock patrimoniale. A tal proposito, con un valore medio di 300.000 euro per famiglia, che non ha subito significative variazioni tra il 2004 ed il 2007, Palermo è la seconda provincia della Sicilia, dopo Trapani, per dotazione patrimoniale. Mediamente, la famiglia palermitana possiede uno stock patrimoniale pari a poco più del 78% della famiglia italiana, il che, nel panorama complessivo della Sicilia e del Mezzogiorno, può essere considerato un valore relativamente soddisfacente. Gioca in tal senso il valore degli immobili, poiché il prezzo medio dei beni 69 La composizione del patrimonio delle famiglie denota un atteggiamento poco vocato al rischio immobiliari è relativamente elevato nella città capoluogo, risentendo ovviamente di un effetto tipico di ogni grande area urbana sul prezzo della casa, e poiché più del 71% del patrimonio delle famiglie palermitane è costituito dal valore dell’abitazione, una percentuale, questa, notevolmente superiore sia alla media del Mezzogiorno che, soprattutto, a quella nazionale (che non raggiunge il 60%). Più in generale, lo stock patrimoniale delle famiglie di Palermo appare concentrato prevalentemente su attività reali (immobili e terreni) mentre la quota di risparmio orientata verso le attività finanziarie rappresenta una percentuale minima (non superiore al 27%), una quota nettamente inferiore alla media della regione, del Mezzogiorno e dell’Italia. In particolare, le attività più rischiose, ovvero i valori mobiliari, costituiscono appena il 9,5% del patrimonio delle famiglie provinciali, ancora una volta un valore di gran lunga inferiore rispetto al resto della regione, del Sud e del Paese. Un simile assetto patrimoniale, da un lato, è il riflesso di una mentalità piuttosto conservatrice, avversa al rischio (si preferisce investire nel mattone e nei terreni, piuttosto che avventurarsi sui mercati finanziari). D’altro lato, però, potrebbe rivelarsi importante nell’attuale fase di crisi, nella misura in cui le famiglie palermitane, proprio grazie a tale composizione del patrimonio, sono relativamente meno esposte, in media, sui mercati finanziari, alle prese con una caduta dei valori delle attività mobiliari. Tale considerazione, tuttavia, va in qualche modo ridimensionata, poiché in questa fase di recessione, anche il valore del patrimonio immobiliare ha subito una flessione che, secondo gli operatori del settore, ad aprile 2009 può quantificarsi attorno al 15%, e che presumibilmente si aggraverà nel corso dei prossimi mesi. Pertanto, la protezione offerta dal modello patrimoniale caratteristico della famiglie locali va, almeno in parte, relativizzata alla luce della perdita di valore degli immobili e dei terreni. 70 Tab. 7 – Valore del patrimonio delle famiglie nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %) Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia Mezzogiorno ITALIA Attività reali Abitazioni Terreni Totale 66,6 3,5 70,1 71,8 1,3 73,0 68,7 1,7 70,4 76,0 2,6 78,5 68,0 3,3 71,3 63,5 7,9 71,4 71,5 1,1 72,6 64,6 3,4 68,0 66,0 3,0 69,0 70,2 2,1 72,3 66,5 2,9 69,4 59,1 2,4 61,5 Attività finanziarie Depositi Val.mob. Riserve 10,3 11,8 7,9 10,1 9,5 7,4 10,1 10,8 8,7 7,9 7,6 6,0 11,7 10,5 6,4 10,7 9,4 8,5 10,3 9,3 7,8 12,5 11,0 8,6 12,0 10,7 8,3 10,3 9,8 7,6 11,7 11,0 7,9 9,5 21,4 7,7 TOTALE Totale 29,9 27,0 29,6 21,5 28,7 28,6 27,4 32,0 31,0 27,7 30,6 38,5 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat Tab. 8 – Graduatoria provinciale secondo il valore medio in euro del patrimonio per famiglia nel 2007 e differenza con il 2004 Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa ITALIA Posizione graduatoria 94 71 93 65 86 102 88 92 96 Per famiglia (euro) 237.834 300.152 238.877 321.208 269.475 203.341 254.059 238.892 228.767 382.770 Differenza posiz. con il 2004 2 0 5 -4 -1 2 -1 -6 1 - Var. % famiglia 2007/2004 0,2 0,2 0,1 0,3 0,3 0,2 0,2 0,3 0,2 0,2 Num. ind. (ITA=100) 62,1 78,4 62,4 83,9 70,4 53,1 66,4 62,4 59,8 100,0 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat 2.2.4 L’indebitamento delle famiglie Una crescita del credito al consumo che compensa la stagnazione dei redditi reali Lo stock patrimoniale delle famiglie, ed il livello dei flussi di reddito, costituiscono il valore complessivo delle garanzie che queste possono offrire al sistema bancario a fronte della richiesta di prestiti e mutui. D’altro canto, la crescita, verificatasi a livello nazionale, dell’esposizione delle famiglie nei confronti del sistema bancario, riflette un cambiamento strutturale nel modello dei consumi, che fa sempre più affidamento sul credito per mantenere un tenore di vita costante, in considerazione di una crescita del reddito familiare sempre più stagnante negli ultimi anni. Basti pensare che il 71 Tra il 2007 ed il 2008: il credit crunch colpisce più duramente le piccole e micro imprese L’esposizione debitoria delle famiglie palermitane è elevata in rapporto al reddito credito alle famiglie consumatrici sia cresciuto, nel Paese, ad un tasso medio annuo dell’8,3% fra il 2002 ed il 2007, mentre le retribuzioni contrattuali nominali di dipendenti ed operai sono cresciute, nel medesimo periodo, del 2,6% medio annuo, che si riduce allo 0,5% se si tiene conto del parallelo aumento dell’indice dei prezzi al consumo (fonte dei dati: Istat). Da questo punto di vista, la fotografia della provincia di Palermo, con riferimento alle famiglie consumatrici, è del tutto allineata a quanto si verifica nel resto del Paese: l’incremento dell’8,2% medio annuo del credito al consumo, infatti, è analogo al valore medio nazionale, e non dissimile dal resto della Sicilia. E’, invece, leggermente superiore alla crescita media nazionale il trend del credito alle famiglie produttrici (ovvero alle piccole e micro imprese) cresciuto al tasso medio annuo del 5,1%, a fronte del 4,6% nazionale. Probabilmente anche grazie a provvedimenti di agevolazione pubblica a favore delle PMI (che godono di massimali di aiuto pubblico più alti rispetto alle imprese maggiori), il credito bancario ha avuto un andamento interessante rispetto a tale categoria di imprenditori. Il buon andamento del credito alle imprese minori fa sì che il totale del credito alle famiglie cresca ad un ritmo superiore rispetto alla media nazionale (6,1%, contro il 5,6%), anche se inferiore rispetto al resto della Sicilia. Di converso, il credito erogato a medie e grandi imprese (le cosiddette società e quasi società non finanziarie) è risultato meno dinamico, con una crescita media annua del 4%, a fronte del 5,9% medio nazionale e del 5,8% regionale. Ciò deriva probabilmente dalla minore presenza di unità produttive di grandi dimensioni sul territorio palermitano, ma anche da fenomeni di crisi che hanno colpito alcuni grandi insediamenti produttivi negli ultimi anni, che ne hanno ridotto i flussi di 72 investimento e quindi il ricorso al credito bancario. Gli effetti del ciclo recessivo sull’erogazione del credito bancario iniziano, tuttavia, ad intravedersi nei dati relativi al 2008. Tra il 2007 ed il 2008, si verifica, infatti, un incremento del credito alle famiglie pari all’1%, ben lontano dal tasso di crescita medio annuo del 6,1% registrato tra il 2002 ed il 2007. Nello stesso periodo, si registra, peraltro, un notevole rallentamento nel contesto regionale (+1,9%, a fronte di un tasso di variazione medio annuo del +6,8% tra il 2002 ed il 2007) e quello nazionale (+4,3%, a fronte di un tasso di variazione medio annuo del +5,6%). Da notare, comunque, come la contrazione sperimentata a livello provinciale sia più sostenuta. Sulla base di quanto appena detto è quindi lecito presupporre che le famiglie e le imprese palermitane stiano subendo fenomeni di credit crunch in misura maggiore che le famiglie e le imprese della Sicilia e del Paese nel loro complesso. Le ragioni di tale rallentamento devono essere ascritte alle caratteristiche dell’attuale fase recessiva: minore domanda di mutui immobiliari, legata al calo del clima di fiducia dei consumatori, ma anche alla flessione del mercato immobiliare, criteri più restrittivi nella concessione di credito. Scendendo più nel dettaglio, è interessante osservare come nel 2008, mentre gli impieghi delle famiglie consumatrici continuano ad aumentare rispetto all’anno precedente (+6,3%), benché ad un tasso di quasi due punti percentuali più basso rispetto a quello medio annuo del periodo 2002-2007 (+8,2%), il credito alle famiglie produttrici diminuisca in modo sostanziale (-16,5%). Si tratta in entrambi i casi di variazioni più vicine alle dinamiche sperimentate in Sicilia (famiglie consumatrici +4,1%; famiglie produttrici 11,7%) che nel Paese (famiglie consumatrici +1%; famiglie produttrici –0,6%). 73 L’andamento del credito alle famiglie consumatrici ha però una contropartita in termini di esposizione debitoria. In ragione dell’andamento dell’indebitamento delle famiglie nei confronti delle banche in provincia di Palermo, il livello di esposizione debitoria appare piuttosto alto, e ciò può porre delle preoccupazioni, in prospettiva, sulla tenuta di un sistema economico che cresce poco, che non crea molti posti di lavoro aggiuntivi, ma in cui si accumula il debito a carico di famiglie. Infatti, al 2007, il valore del rapporto fra credito alle famiglie consumatrici pro capite e Pil pro capite, che rappresenta la ricchezza media di cui gli individui dispongono per ripagare i loro debiti è, per Palermo, pari al 107,6% della media regionale ed al 113% di quella nazionale. Anche se il rapporto fra debito e patrimonio è leggermente inferiore alla media nazionale (risultando pari al 95% della stessa) il divario in termini di rapporto fra debito e reddito potrebbe creare alcune tensioni, rendendo più difficile e restrittivo l’accesso al credito da parte delle famiglie consumatrici palermitane, e quindi incidendo negativamente sui consumi, nell’attuale scenario recessivo. Tab. 9 – Credito alle famiglie nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia (2008-2002; tasso di variazione medio annuo In %) Famiglie produttrici Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA Trapani Palermo 3,6 5,1 2,9 3,7 4,4 5,3 5,8 6,1 6,3 4,9 4,6 -6,1 -16,5 Famiglie Società e quasi società non consumatrici finanziarie Tasso di var. medio annuo (2007/2002) 7,9 8,9 8,2 4,0 6,6 6,5 7,1 8,8 6,3 9,4 6,5 8,5 9,1 8,6 7,3 10,0 7,8 -1,8 7,9 5,7 8,3 5,9 Tasso di variazione (2008/2007) 0,8 8,8 6,3 0,5 74 Altri settori TOTALE 7,3 12,4 8,6 13,8 18,8 3,9 14,1 7,6 12,3 11,6 1,6 7,6 6,1 6,2 7,3 7,3 6,7 8,8 8,2 2,8 6,8 5,6 96,5 -9,6 4,5 1,0 Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA -11,4 -12,6 -9,5 -12,0 -13,9 -7,7 -10,1 -11,7 -0,6 2,6 4,2 2,2 2,6 3,8 8,5 1,6 4,1 1,0 1,9 1,9 1,6 -5,4 5,0 9,3 20,7 5,0 6,7 -32,1 -21,6 -22,8 9,3 -9,5 6,1 -14,0 -10,7 3,0 -1,5 -0,1 -0,4 -2,0 1,7 5,6 7,7 1,9 4,3 Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Banca d’Italia 2.2.5 I consumi delle famiglie Un modello di consumo relativamente evoluto, alimentato anche da una espansione del credito al consumo Tramite l’analisi dei comportamenti di consumo, è possibile comprendere meglio il tenore di vita delle famiglie palermitane. I dati, al 2007, non scontano ancora gli effetti della recessione attuale e della conseguente restrizione della spesa per consumi, e si collocano solo all’inizio della fase di marcato rallentamento della crescita economica provinciale che, come mostrano i dati sull’evoluzione del Pil, inizia proprio nel 2007. Le analisi andranno, quindi, interpretate nel senso che gli andamenti della domanda per consumi successivi al 2007 saranno sicuramente peggiori, in relazione all’inasprimento del ciclo economico nazionale ed internazionale. Nel 2007, ultimo anno in cui è possibile esaminare i dati, il modello di consumi della famiglia palermitana media è migliore rispetto alla media regionale ed a quella del Mezzogiorno, nel senso che la spesa familiare media è di circa 600-700 euro più elevata rispetto a quella della famiglia-tipo siciliana o meridionale. Inoltre, la quota di consumi dedicata al segmento non alimentare, che comprende quindi i consumi non primari, non strettamente indispensabili per la sopravvivenza, è più alta sia del valore regionale che di quello meridionale, collocandosi a ridosso della media nazionale (essendo pari all’80,3% a Palermo, al 79,2% in Sicilia, al 78,6% per il Mezzogiorno, ed all’82,5% in Italia). Si tratta, pertanto, di un modello di consumi relativamente evoluto, basato su una quota non indifferente di spese voluttuarie, il che generalmente è indice di 75 un tenore di vita elevato. Peraltro, la crescita della spesa per consumi media per famiglia fra 1996 e 2007 è più rapida rispetto alla Sicilia ed al Mezzogiorno (+3.900 euro circa per Palermo, a fronte di +3.700 per la Sicilia e per il Meridione), anche se nettamente inferiore alla media nazionale (+4.700 euro circa) rispetto alla quale, quindi, si evidenzia l’allargamento di un gap negativo di tenore di vita, comune del resto a tutto il Mezzogiorno, che negli ultimi anni ha subito un notevole allontanamento, in termini di benessere economico, rispetto al Centro-Nord del Paese. Un modello di consumo che, al 2007, appare di qualità, alimentato da una crescita economica che, prima del 2007, può considerarsi soddisfacente, se paragonata con il resto del Sud, ma anche da una dinamica del credito al consumo piuttosto intensa (ciò, però, ha un riflesso negativo in termini di crescente indebitamento, e quindi crescente fragilità finanziaria, delle famiglie palermitane). Tab. 10 – Composizione della spesa pro capite delle famiglie a prezzi correnti nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %) Alimentari Agrigento Caltanisetta Catania Enna Messina Palermo Ragusa Siracusa Trapani Sicilia Mezzogiorno ITALIA 23,1 22,2 21,5 23,3 19,3 19,7 21,2 20,4 20,9 23,1 21,4 17,5 Vestiario e calzature 9,4 8,9 9,0 9,0 8,2 8,4 9,2 8,6 9,0 9,4 8,8 7,8 Mobili, articoli/serv. casa 6,8 6,7 6,8 6,6 6,9 7,0 6,9 7,0 7,0 6,8 7,6 7,5 Altri prodotti 16,8 17,1 16,9 16,6 18,6 19,8 17,9 19,4 17,3 16,8 18,3 18,4 Totale Servizi 56,1 54,9 54,2 55,5 53,0 54,9 55,2 55,4 54,2 56,1 56,2 51,2 43,9 45,1 45,8 44,5 47,0 45,1 44,8 44,6 45,8 43,9 43,9 48,8 Totale Spesa 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne 2.2.6 La qualità della vita Accanto ai fattori quantitativi (reddito, patrimonio) che valgono a qualificare il tenore di vita, aspetti di carattere qualitativo, inerenti alla qualità della 76 Un quadro complessivo della qualità della vita che mostra non pochi margini di miglioramento Sono soprattutto gli aspetti economici che deteriorano il quadro complessivo vita, completano il quadro di una analisi complessiva dell’attrattività e della vivibilità del territorio palermitano. La qualità della vita è, infatti, un fattore rilevante per determinare le potenzialità di sviluppo, anche economico, di un territorio, poiché è un attrattore per catturare/mantenere in loco risorse umane, imprenditoriali e culturali di pregio. L’indagine annuale sulla qualità della vita condotta dal Sole 24 Ore prende in considerazione, e misura tramite indicatori statistici, una gamma molto ampia di possibili fattori che concorrono alla qualità della vita in un dato territorio, dal tenore di vita in senso stretto (ricchezza economica e consumi), al clima economico e degli affari, alla sicurezza, alla disponibilità di servizi per il tempo libero, la cultura, ecc. Con riferimento all’indagine del 2008, la posizione in graduatoria della provincia di Palermo, rispetto alle 103 province italiane, denota criticità particolari nel settore “affari e lavoro” (dove Palermo è la penultima provincia italiana) e, in misura minore, nel settore, strettamente collegato con il precedente, del “tenore di vita” (in cui peraltro Palermo, nell’ambito delle province siciliane, precede soltanto Agrigento ed Enna). Viceversa, nell’ambito delle questioni riferite all’offerta di alcuni servizi tipicamente di rango urbano (servizi ambientali, tempo libero) Palermo, grazie alla presenza di un’area urbana avente le dimensioni ed i bacini di utenza idonei a sostenere tali servizi, è posizionata decisamente meglio. In particolare, nell’ambito “salute, ambiente e servizi”, Palermo si colloca al secondo posto fra le province siciliane, dopo Agrigento. Esaminando i dati in maggior dettaglio, si riscontra che, in termini di qualità della vita, Palermo sconta soprattutto la difficile situazione economica, e occupazionale complessiva. L’elevata numerosità di fallimenti di imprese, i non soddisfacenti indicatori di mercato del 77 lavoro, una ricchezza media per abitante che riflette un tasso di crescita economica non del tutto soddisfacente, specie negli ultimi anni, sono altrettante sfaccettature di una condizione economica e sociale preoccupante, anche in riferimento ad altre aree della Sicilia, e segnatamente all’altra grande area urbana dell’isola, ovvero Catania, che sugli indicatori di carattere economico ed occupazionale si posiziona complessivamente meglio. Fra l’altro, l’elevato costo di alcune voci di consumo, come quelle legate alla casa, e più in generale un costo della vita piuttosto alto, che è la conseguenza della presenza di una grande area urbana quale la città capoluogo (soltanto 21 province italiane hanno un indice generale dei prezzi al consumo più elevato rispetto a Palermo) incide negativamente sul tenore di vita, già compresso dai valori insoddisfacenti del Pil pro capite. La conseguenza è che i consumi delle famiglie si attestano su valori modesti. Tuttavia, nonostante una difficoltà occupazionale evidente, il tessuto costitutivo della collettività sembra reggere bene. Le derive verso fenomeni di microcriminalità, tipiche di situazioni di disagio reddituale ed occupazionale, possono essere considerate tutto sommato relativamente contenute. I valori degli indicatori riferiti ad alcuni reati di elevato allarme sociale, come i furti in casa e la criminalità minorile, collocano Palermo fra le province italiane in cui tali fenomeni sono meno gravi. Anche con riferimento ai reati più violenti non si evidenzia una situazione di particolare criticità: il quoziente per 100.000 abitanti riferito agli omicidi volontari ed ai tentativi di omicidio è, infatti, allineato, al 2007, alla media nazionale ed è marcatamente inferiore alla media siciliana. Anche in termini di trend storico, nel periodo 2003-2007, Palermo è fra le province italiane in cui il tasso di criminalità è cresciuto di meno. Tuttavia, la diffusione di altre tipologie di reato, quali le rapine, i furti 78 d’auto o i borseggi e scippi, contribuisce a mantenere ancora relativamente elevato il quoziente complessivo di criminalità nella provincia2. In sintesi, dai dati dell’indagine emerge l’impressione che la qualità della vita di Palermo potrebbe essere migliore di quanto effettivamente sia, se si avviasse un circuito di crescita economica ed occupazionale in grado di riassorbire l’ampio bacino di disagio economico e lavorativo delle famiglie, che in prospettiva sarà reso ancora più grave dalla crisi economica in atto. Peraltro, Palermo gode di alcuni elementi strutturali di vantaggio, che potrebbero facilitare l’avvio di un simile processo di crescita: il capitale umano presente su territorio è di ottima qualità, se si considera che la quota di laureati sulla popolazione colloca Palermo fra le prime 50 province italiane, e che la provincia ha un bacino demografico relativamente giovane. Determinati servizi, grazie al bacino di utenza della città capoluogo, hanno una buona diffusione sul territorio (ci si riferisce in particolare ai servizi sanitari, per l’istruzione, ad alcuni servizi ricreativi e culturali, rispetto ai quali gli indicatori di dotazione segnalano valori superiori anche alla media nazionale) e generano impatti favorevoli sulla qualità della vita, e sulle potenzialità di sviluppo socio economico. Per poter valorizzare tali punti di forza della provincia, occorre, quindi, da un lato lavorare sugli elementi strutturali ancora critici, e mettere a sistema, in un progetto di sviluppo territoriale complessivo ed integrato, i fattori di vantaggio competitivo esistenti. Tab. 11 – Posizione in graduatoria delle province siciliane secondo i principali indicatori 2 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE. 79 della qualità della vita (2008) Tenore di Vita Affari Lavoro Servizi e Salute Ordine Pubblico Popolazione Tempo Libero Trapani 87 98 93 55 96 96 Palermo 98 102 81 67 95 80 Messina 97 79 85 26 80 74 Agrigento 100 97 65 36 99 103 Caltanissetta 79 100 88 70 102 102 Enna 99 82 89 7 29 93 Catania 86 91 91 86 100 76 Ragusa 76 78 103 50 50 86 Siracusa 75 94 101 54 90 97 Fonte: elaborazioni Istituto G.Tagliacarne su dati Sole 24 ore 80 2.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE 2.3.1 Gli effetti imprenditoriale Crisi economica e flessibilità produttiva della crisi sul sistema La crisi verificatasi sulle piazze finanziarie internazionali desta inevitabilmente preoccupazioni per tutti gli operatori economici, soprattutto per quel che concerne le possibili conseguenze che la fase di rallentamento del ciclo economico può avere sulla porzione più importante dell’economia del nostro Paese, ossia le Piccole e Medie Imprese. Queste ultime rappresentano circa il 99% della struttura produttiva nazionale e sembrano risentire in misura considerevole della crisi del mercato del credito a causa, principalmente, dell’accresciuta difficoltà di accesso al finanziamento bancario. La natura della presente crisi, tuttavia, è tale per cui non tutte le PMI sono colpite in forma omogenea ma, anzi, sembra emergere un gruppo di imprese minori che riesce a resistere, se non in alcuni casi a ritrarre vantaggi dalla recessione. Questo grazie alla flessibilità operativa tipica delle PMI, che consente loro di riadattare la propria produzione rapidamente in funzione delle evoluzioni della domanda, particolarmente accentuate in un periodo di recessione, ed a “scovare” nicchie di mercato ancora non colpite dalla contrazione dei consumi. La crisi economica, infatti, avrà effetti molto diversificati sulle varie categorie dimensionali di imprese. In particolare, le imprese più grandi hanno le maggiori difficoltà di tenuta sui mercati di esportazione, a causa di una maggiore rigidità degli assetti produttivi e di specializzazione di prodotto, ma anche le migliori prospettive di uscire dalla crisi, per una situazione finanziaria e debitoria più favorevole. Le imprese di medie dimensioni, invece, evidenziano una crescita della competitività estera nei 81 Notevole la crescita d el numero di imprese nel settore delle utilities, ma sostenuto rallentamento nel manifatturiero e nel commercio settori che, nella classificazione di Pavitt3, si definiscono come “ad alta intensità di scala” (settori a flusso produttivo continuo, come la chimica di base, la siderurgia, ecc.) e “specializzati” (ovvero settori che vendono piccole quantità di prodotto di alta qualità in ristrette nicchie di mercato ad elevato valore aggiunto, come ad esempio l’agroalimentare di qualità). Anche le piccole e micro imprese, generalmente afflitte da condizioni patrimoniali e finanziarie relativamente sfavorevoli, vanno meglio nei due settori sopra specificati, mentre incontrano maggiori problemi nella manifattura tradizionale. Il rapporto fra competitività e dimensione aziendale, dunque, si fa molto più complesso che in passato, poiché interseca elementi quali il settore di appartenenza, la propensione all’innovazione, il grado di flessibilità operativa, le condizioni finanziarie e patrimoniali. Quindi è possibile che vi siano alcune piccole e piccolissime imprese in crescita di competitività, nonostante la recessione globale, ed imprese medie (che nelle precedenti edizioni del rapporto erano quasi sempre il segmento di imprese con i migliori risultati di mercato) in maggiore difficoltà. Con riferimento alla provincia di Palermo, i dati al 2008 sulle dinamiche imprenditoriali evidenziano un incremento, sebbene modesto, del numero di imprese rispetto al 2007, superiore all’aumento mediamente registrato a livello nazionale e, soprattutto, in controtendenza con la variazione negativa sperimentata in Sicilia. Positivo risulta essere l’andamento dell’edilizia e del settore turistico, anche se la crescita delle imprese in questi due settori è meno vivace rispetto alla media nazionale, mentre molto 3 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE. 82 Nei primi mesi del 2009, quindi nel periodo di picco della crisi, si assiste ad un lieve incremento della numerosità imprenditoriale forte risulta essere l’incremento del numero di unità produttive nel comparto della produzione e distribuzione di energia, gas ed acqua, in linea con quanto avviene nel resto del Paese. Viceversa, accanto alla fisiologica riduzione di imprese operanti nel settore agricolo, derivante sia da fattori di carattere amministrativo (revisione degli archivi camerali) che dal declino strutturale che tale settore evidenzia in tutti i sistemi economici avanzati, si registra una contrazione di imprese manifatturiere, anche più rapida rispetto al resto del Paese. Un discorso analogo vale anche per il commercio, dove la diminuzione del numero di imprese è evidente, soprattutto se confrontata con la media nazionale, la quale potrebbe derivare comunque anche da processi fisiologici di ristrutturazione del settore, che privilegiano la GDO a detrimento dei piccoli esercizi specializzati. Sebbene a ritmi più contenuti, il numero di imprese della provincia di Palermo continua ad aumentare anche nel primo semestre 2009, considerato il periodo di picco della crisi (+0,2% fra dicembre 2008 e giugno 2009), diversamente dal trend nazionale che subisce un’inversione di tendenza, comunque di lieve entità (-0,1%). Si confermano, peraltro, nel complesso, le tendenze settoriali emerse nel 2008. Gli unici settori nel quale si verifica una contrazione della numerosità imprenditoriale sono quello agricolo, quello manifatturiero ed il commercio, mentre tutti gli altri ambiti settoriali sperimentano variazioni positive, in particolare il comparto dell’intermediazione immobiliare, noleggio, informatica e R&S e dell’intermediazione monetaria e finanziaria; rimane, invece, invariato il numero di imprese operanti nell’edilizia. Tab. 1 – Andamento delle unità locali a Palermo nel primo semestre 83 2009 (valori assoluti ed In %) Agricoltura Pesca Estraz. Minerali Manifatturiero Gas acqua Costruzioni Commercio Alberghi e Ristoranti Trasporti Intermediazione Monet. Intermed. immobiliare, noleggio, informatica, R&S Istruzione Sanità Altri servizi NC Totale Giu-09 13.418 198 135 10.150 153 10.522 39.870 3.731 3.285 2.463 Dic-08 13.712 197 133 10.188 149 10.525 39.953 3.706 3.258 2.405 Variaz. % -2,1 0,5 1,5 -0,4 2,7 0,0 -0,2 0,7 0,8 2,4 7.525 906 1.056 4.223 13.582 111.217 7.406 898 1.019 4.200 13.280 111.029 1,6 0,9 3,6 0,5 2,3 0,2 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Infocamere 2.3.2 La natura giuridica delle imprese Una visione interessante delle dinamiche imprenditoriali palermitane riviene anche dall’analisi delle imprese per forma giuridica. Infatti, un tessuto produttivo costituito prevalentemente da ditte individuali (74,8%, in linea con la media regionale e di molto superiore alla media nazionale), rischia di essere particolarmente esposto alla recessione, in quanto le imprese più piccole, meno patrimonializzate, hanno strutturalmente una maggiore difficoltà di accesso al credito (non potendo fornire garanzie patrimoniali particolarmente elevate) e, sovente, si collocano nelle posizioni finali delle filiere cui appartengono, quindi anche del ciclo delle committenze e dei relativi pagamenti. La presenza di imprese più capitalizzate e strutturate, anche in termini di modelli di governance ed articolazione organizzativa interna, ovvero le società di capitali è, d’altra parte, ancora contenuta, come del resto in Sicilia (10,2% del totale, a fronte del 16,5% medio nazionale e del 9,2% della regione). Un tessuto produttivo 84 ancora dominato da forme giuridiche, organizzative e di governance elementari e da una diffusa sottocapitalizzazione Poiché la crisi attuale si sta riversando sul comparto reale dell’economia, soprattutto, per il tramite di una restrizione del credito e di uno sfasamento nei tempi di incasso e di pagamento, sulle imprese che operano nell’indotto della sub fornitura (generalmente le più piccole dimensionalmente e le più semplici in termini di forma giuridica), un assetto imprenditoriale ancora basato sulla micro dimensione e su forme imprenditoriali sottocapitalizzate rischia di subire in misura particolarmente severa gli effetti sopra richiamati della crisi. Va, tuttavia, affermato che, in linea con un processo comune a tutta l’economia nazionale, derivante dalla esigenza fisiologica di avviare forme di crescita ed irrobustimento imprenditoriale, necessarie per sostenere gli investimenti richiesti dal mercato, in una fase storica in cui la globalizzazione induce maggiori pressioni competitive sulle PMI, la quota di ditte individuali in provincia di Palermo si sta progressivamente riducendo, a favore delle forme giuridiche più robuste e capitalizzate. Tuttavia, tale processo di ristrutturazione del tessuto imprenditoriale a Palermo procede ad una velocità che non solo è più lenta rispetto alla media nazionale, ma anche in confronto con quella delle altre province della regione. Infatti, mentre il tasso di variazione medio annuo delle ditte individuali si attesta su valori di sostanziale stagnazione, tale tasso è negativo, sia a scala regionale che nazionale. Corrispondentemente, la crescita del numero di società di capitali è relativamente lenta: in base ai dati dei registri camerali, il tasso medio annuo di incremento di tale categoria di imprese, pari al 5,8%, è infatti inferiore di 0,7 punti percentuali rispetto a quello nazionale, e di 1,2 punti rispetto al saggio di variazione medio annuo siciliano. Quindi, il tessuto imprenditoriale palermitano sta accumulando ritardi nel portare avanti tale necessario processo di rafforzamento organizzativo e patrimoniale, 85 con la conseguenza che il gap competitivo che lo separa dal resto del Paese si allarga. In termini settoriali, la maggiore quota di imprese aventi natura giuridica di società di capitali si concentra nel settore estrattivo (49,2%) ed in quello della distribuzione di energia, acqua e gas (44,3%), a causa dei valori molto alti delle immobilizzazioni materiali tipici delle imprese appartenenti a questi due settori, che richiedono quindi forme giuridiche atte a distribuire fra una pluralità di soci lo sforzo di investimento necessario per creare e mantenere tale livello di capitale fisso. Va detto, peraltro, che in questi settori l’incidenza di società di capitali è comunque molto più bassa di quanto si verifichi a livello nazionale, in cui l’industria estrattiva e le utilities del gas, dell’acqua e dell’energia sono costituite, rispettivamente, nel 52,4% e 68,2% dei casi da società di capitali. Se ne ricava, quindi, che la dimensione patrimoniale media delle imprese estrattive e del settore delle utilities, in provincia di Palermo, è nettamente inferiore rispetto alle concorrenti di altre aree del Paese. I settori più tradizionali, come l’agricoltura e la pesca, hanno una incidenza di forme societarie pressoché marginale, in linea con quanto avviene nel contesto nazionale. Va, tuttavia, evidenziato come il manifatturiero palermitano, soltanto nel 10,8% dei casi, sia costituito da Spa o Srl, mentre la media nazionale è pari a più del doppio. Come nel caso dell’industria estrattiva o del settore delle utilities, anche il manifatturiero palermitano appare quindi caratterizzato da diffuse forme di sottocapitalizzazione, oltre che da strutture di governance aziendale più elementari, rispetto alla concorrenza del resto d’Italia.. Tab. 2 – Distribuzione delle imprese attive in provincia di Palermo e tasso di variazione medio annuo per natura giuridica (2003-2008) 2003 Società di capitale Società di persone Ditte Individuali Altre forme Valori (%) 7,7 10,9 77,8 3,6 86 Totale 100,0 2008 10,2 2008/2003 5,8 11,0 74,8 Tasso di variazione medio annuo 1,1 0,3 4,0 100,0 2,6 0,9 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Infocamere La capacità di attivare relazioni fra imprese Un fattore culturale che investe “l’agire economico” Il processo di risuttrutturazione del tessuto produttivo palemritano passa anche attraverso una strategia di potenziamento della competitività strutturale dell’economia locale che consente anche, in fasi di recessione, di difendere meglio i livelli produttivi ed occupazionali, è quella di creare una rete territoriale di rapporti e collaborazioni, fra imprese, anche non necessariamente formalizzate, ma in grado di attivare forme cooperative finalizzate alla condivisione costi e rischi su progetti di investimento strategici, senza pregiudicare l‘autonomia decisionale e gestionale dei singoli soggetti (p. es., joint ventures produttive, o per aggredire mercati esteri, o per attivare progetti di innovazione o di miglioramento della qualità). Le reti di impresa possono attivare, dunque, e quelle forme di economia di agglomerazione e di circolazione migliore delle conoscenze e delle competenze tipiche dei distretti industriali e dei cluster produttivi. Fare relazioni, però, è una scelta che va anche al di là del mondo delle imprese, perché significa capacità di attivare relazioni di cooperazione con altri soggetti del territorio (PA, Università, sistema della formazione, centri servizi) in grado di fornire economie esterne che potenzino la competitività delle imprese locali. In sostanza, la rete relazionale è un’armatura, attraverso la quale il territorio si difende e potenzia la sua competitività, in uno scenario globale di concorrenza fra regioni nell’attrazione di fattori di sviluppo locale. Dall’indagine emerge che le imprese di Palermo hanno una propensione a fare rete non particolarmente marcata, ma più elevata rispetto a quella media nazionale (Palermo 10,6%; Italia 4,2%). In agricoltura, grazie 87 al fenomeno delle associazioni di produttori, incentivato dalla PAC e reso necessario dal mercato, più di una impresa su cinque partecipa a reti. Di fatto, la maggior parte degli intervistati non ne ercepisce appieno i vantaggi che, per i pochi che hanno scelto di associarsi con altre imprese, risiedono essenzialmente in fattori di carattere commerciale (migliorata possibilità di penetrare mercati nuovi e strategici, condividendo costi e rischi di investimenti di penetrazione commerciale in nuovi mercati con altre imprese, miglioramento dei rapporti di forza con la distribuzione, grazie alla costituzione di gruppi di vendita, condivisione dei costi della logistica, necessari per portare i prodotti sui mercati, facendo economie di scala con altre imprese). Inoltre, circa un intervistato su sei sottolinea la possibilità di attivare piattaforme produttive e di servizio comuni con altre imprese, al fine di ridurre i costi ed attivare economie di scala e di scopo. Per l’11% del campione, infine, fare rete rende più agevole l’attivazione di progetti strategici di R&S ed innovazione, che abbiano una massa critica sufficiente per fornire vantaggi effettivi alle imprese. La quota di imprese che partecipa ad una rete lo fa tramite la forma della collaborazione commerciale rispetto ai mercati esteri che è, evidentemente, un punto critico del sistema produttivo palermitano. Mentre per il 30% delle imprese che fanno rete, si attivano forme di collaborazione in fase produttiva (specie le imprese manifatturiere e dei servizi attivano tali forme di collaborazione produttiva). Il frazionamento tipico del sistema produttivo locale fa sì che siano carenti le forme più strutturate e formalizzate di reti, ovvero l’appartenenza proprietaria a gruppi di imprese, mentre le relazioni informali sono più diffuse, poiché comportano il vantaggio di non ledere 88 l’autonomia decisionale e gli assetti di potere interni alle imprese che vi partecipano. Tab. 3 – Appartenenza delle imprese palermitane a reti di imprese (In %) Si No, ma interessati No, non interessati Totale Agricoltura 22,5 7,5 70,0 100,0 Manifatturiere 8,3 7,1 84,5 100,0 Costruzioni 6,5 6,5 87,0 100,0 Turismo 10,0 10,0 80,0 100,0 Comm. 9,8 6,9 83,3 100,0 Servizi 13,1 6,0 81,0 100,0 Tot. 10,6 7,2 82,2 100,0 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 1 – Natura degli accordi esistenti tra le imprese che fanno parte di una rete di imprese (In %) 45,3 Collaborazione commerciale (import/ export) 30,2 Collaborazione produttiva Collaborazione tecnologica 9,4 Collaborazione distributiva 9,4 Committente per subfornitura Subfornitore di aziende estere 1,9 0,0 20,8 Altro *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. Fonte: Osservatorio Economico Palermo 89 risposte può 2.4 – IL COMMERCIO ESTERO 2.4.1 2009 Le dinamiche Forte calo delle esportazioni nel primo semestre 2009 (-58,2%), dovuto alla contrazione della cantieristica navale I dati sul commercio estero “depurati” dai mezzi di trasporto: esportazioni -26,4% congiunturali al terzo trimestre I primi nove mesi del 2009 costituiscono un periodo particolarmente delicato della fase recessiva, iniziata nell’autunno 2008, che sta colpendo sensibilmente l’economia mondiale. A partire, infatti, dalla primavera hanno iniziato a manifestarsi i primi segnali, sebbene deboli, di una ripresa, che, tuttavia, si preannuncia avrà bisogno di tempi lunghi per riportare l’economia ai livelli precedenti alla crisi. I dati sul commercio estero per la provincia di Palermo in questi primi nove mesi del 2009, mostrano la debolezza in cui versa non solo la domanda interna locale, ma anche, e soprattutto, la domanda estera. Le importazioni, infatti, seppure in calo, mostrano una flessione decisamente più contenuta rispetto a quella sperimentata mediamente dalla Sicilia e dal Paese (Palermo -20,9%; Sicilia -46%; Italia 24,9%), diversamente dalle esportazioni che registrano una caduta decisamente più sostanziale (Palermo -58,5%; Sicilia: 40,8%; Italia -23,1%). È importante, a questo proposito, evidenziare come le dinamiche del commercio estero della provincia di Palermo siano fortemente influenzate dall’andamento del comparto manifatturiero dei mezzi di trasporto, con particolare riferimento alla cantieristica navale. Se si esclude tale comparto, infatti, la flessione dell’import si attesta al -17,1%, mentre quella delle esportazioni al -26,4%. Occorre ancora sottolineare come la battuta d’arresto dell’export è da attribuire al settore dei mezzi di trasporto; il comparto delle navi e imbarcazioni vede diminuire i propri flussi verso l’erstero dell’86,4% (incidenza sul totale esportato: 16,6%), mentre il comparto degli autoveicoli perde 90 La flessione dell’export è da ricondurre, in primis, alla forte contrazione della domanda del mercato europeo, mentre cresce notevolmente il peso del Maghreb in un anno circa il 60% (incidenza: 5%). A controbilanciare la minore importanza che i mezzi di trasporto hanno sull’export complessivo della provincia sono in primo luogo i prodotti alimentari (incidenza 36,9%) ed, a seguire, gli articoli in gomma e plastica (13,5%) e le sostanze ed i prodotti chimici (7,2%). Sebbene con intensità diverse, tutti i settori economici sperimentano un calo rispetto ai primi tre trimestri del 2008, ad eccezione, per quanto riguarda le esportazioni, dei prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e risanamento, e gli aeromobili, ma entrambi con valori molto contenuti. All’origine della caduta delle esportazioni palermitane vi è, soprattutto, il calo della domanda del mercato europeo (-74,9% rispetto ai primi nove mesi del 2008), che è il principale mercato di sbocco della provincia (ad esso è ascrivibile il 36,7% del totale esportato). Da notare, in particolare, la flessione delle merci vendute in Germania (75,6%), che rappresenta il più importante partner commerciale europeo di Palermo. Più contenuta è, invece, la flessione che interessa altri mercati cruciali quali Francia (-33,3%) e Stati Uniti (18,4%), mentre l’area del Maghreb (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto) si contraddistingue per dinamiche positive, in primis Libia (+138,9%) e Marocco (+37,7%). Il peso di tale area sulle esportazioni complessive della provincia è, tuttavia, passato dal 18,8% dei primi tre trimestri del 2008 al 14% dello stesso periodo del 2009. Cresce, inoltre, il flusso di merci esportate verso il Regno Unito (+2,6%), come del resto aumentano i prodotti venduti in Cina (116,8%), mentre subiscono una contrazione le esportazioni verso Giappone (-23,9%) ed India (-34%). Sull’andamento più favorevole delle importazioni, seppure in flessione, incide, invece, soprattutto l’incremento della domanda da parte dell’economia palermitana 91 dei beni prodotti in Germania (+167,3%), Spagna (+9,1%) e Croazia (+6.759,9%), quest’ultimo da ricondurre al comparto dei mezzi di trasporto. Tab. 1 - Esportazioni ed importazioni della provincia di Palermo (III sem. 2009; valori in euro, In % e variazioni % rispetto al I sem. 2008) 2009 Palermo Sicilia ITALIA Import 535.709.412 8.058.829.250 216.279.920.680 Export 154.717.917 4.689.459.814 213.933.690.305 Variaz. % III sem. 2009/ III sem. 2008 Import Export -20,9 -58,5 -46,0 -40,8 -24,9 -23,1 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat 92 Tab. 2 - Esportazioni ed importazioni della provincia di Palermo nei settori economici (III trim. 2009; valori in euro, in % e variazioni % rispetto al III trim. 2008)* 2009 Prodotti dell'agricoltura. e pesca Prod. dell'estraz. di miner. da cave Prodotti alimentari, bevande e tabacco Prodotti tessili, abbigl., pelli e accessori Legno e prodotti in legno; carta e stampa Coke e prodotti petroliferi raffinati Sostanze e prodotti chimici Ar.farmaceutici, chimico-medic. Gom. plast., e. della lav.. di min. non met.. Metalli di base e prod. in metallo Computer, apparecchi elettronici e ottici Apparecchi elettrici Macchinari ed apparecchi n.c.a. Mezzi di trasporto Di cui Navi e imbarcazioni Autoveicoli Locomotive e di mater, rotabile ferro-tranv. Aeromobili, veicoli spaz. e relativi disposit.. Mezzi di trasporto n.c.a. Prodotti delle altre attività manifatturiere Prodotti delle attività manifatturiere Prod. delle attività di trattamento dei rifiuti e risan. Prod. delle attività dei serv.i di inform.. e comunicaz. Prod. delle attivita' artistiche, sport., di intrat. e divert. Prodotti delle altre attività di servizi Merci dichiarate come provviste di bordo TOTALE TOTALE SENZA MEZZI DI TRASPORTO * ATECO 2007. Incidenza % al III trim 2009 Variaz. % III trim. 2009/ III trim. 2008 Import Export -17,5 -57,4 Import 17.365.623 Export 3.077.557 Import 3,2 Export 2,0 5.322.810 2.519.434 1,0 1,6 -63,5 -20,7 79.728.557 57.120.527 14,9 36,9 -20,6 -10,2 36.511.692 2.798.712 6,8 1,8 -18,9 -59,7 11.222.397 38.010 20.261.161 3.924.344 428.278 914 11.070.858 33.931 2,1 0,0 3,8 0,7 0,3 0,0 7,2 0,0 -29,2 -65,4 -21,8 39,1 -31,0 -99,9 -17,6 -60,7 12.682.300 11.295.420 20.845.868 3.774.661 2,4 2,1 13,5 2,4 -27,4 -18,7 -5,1 -21,3 21.602.152 20.303.346 25.811.324 249.383.939 169.774.875 59.498.267 2.705.539 1.218.264 8.363.054 34.071.535 25.690.133 7.690.515 4,0 3,8 4,8 46,6 31,7 11,1 1,7 0,8 5,4 22,0 16,6 5,0 -6,6 12,9 10,5 -24,9 -20,3 -36,0 -63,2 -52,3 -5,6 -83,7 -86,4 -59,9 321.811 0 0,1 0,0 -3,9 - 61.816 1.694.886 13.000 20.790 0,0 0,3 0,0 0,0 25,5 -28,9 492,0 -92,8 19.639.404 3.969.539 3,7 2,6 -9,6 -40,0 95,6 94,6 -19,9 -57,9 512.404.046 146.401.680 452 645.015 0,0 0,4 -67,1 159,8 341.711 33.914 0,1 0,0 -67,6 -30,7 266.735 97.459 0,0 0,1 -58,1 -67,9 8.035 990 0,0 0,0 -82,2 - 0,0 100 1,3 100 -100,0 -20,9 -86,8 -58,5 -17,1 -26,4 0 1.941.868 535.709.412 154.717.917 286.325.473 120.646.382 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat 93 2.4.2 Il estero posizionamento La diversificazione degli sbocchi commerciali strutturale del commercio I principali partner commerciali delle imprese di Palermo sono costituiti, tradizionalmente, da Germania, Francia, Spagna e Stati Uniti, una composizione molto simile a quella dell’intera economia nazionale, anche se il posizionamento geografico della provincia consente di attivare rapporti commerciali piuttosto frequenti con i mercati emergenti del Nord Africa. Infatti, con oltre 25 Meuro di export nel 2007, in leggero calo nel 2008 (circa 24 Meuro) l’area del Maghreb e, segnatamente la Tunisia, è un mercato di sbocco molto importante per le imprese palermitane, un’area che assorbe il 5,5% circa delle sue esportazioni nel 2008 e che, per i tassi di crescita molto dinamici messi a segno da alcune delle sue economie, costituisce anche uno sbocco commerciale interessante in chiave prospettica4. In linea generale, l’economia palermitana è caratterizzata da una diversificazione geografica dei mercati di sbocco piuttosto articolata, se si pensa, ad esempio, che Giappone, Cina e Arabia Saudita rappresentano anche essi mercati interessanti, dove le imprese palermitane posizionano quote di export complessivamente prossime al 3,4%. Una simile articolazione geografica dell’export costituisce, in realtà, un vantaggio specifico per Palermo, perché consente di diversificare i rischi all’esportazione. Fra il 2007 ed il 2008, in un contesto di crescita evidente delle vendite sull’estero, si verifica anche un riposizionamento complessivo dei mercati di sbocco. A fronte di un declino delle 4 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE. 94 vendite sui mercati “tradizionali” (Germania, Francia, Spagna, Africa del Nord, con l’unica eccezione degli Stati Uniti, mercato sul quale l’export provinciale del 2008 cresce ad un tasso prossimo al 19%), che a volte si verifica a tassi anche molto sostenuti (come nel caso della Spagna e della Francia) si registrano tassi di crescita molto dinamici in alcuni Paesi che non sono tradizionalmente destinatari di rilevanti quote di export palermitano. In particolare, la Svezia vede crescere i suoi acquisti da Palermo al punto tale da divenire il principale mercato di sbocco dell’export provinciale nel 2008. Tuttavia, poiché l’interscambio con la Svezia cresce notevolmente anche sul versante delle importazioni, è probabile che tale movimento sia dovuto all’acquisto e successiva rivendita di materie prime/semilavorati e successivi prodotti finiti. Interessante risulta essere anche la crescita dell’export palermitano in alcuni mercati emergenti, come la Corea del Sud (anche se in questo caso, la parallela forte crescita delle importazioni lascia intravedere fenomeni di partita di giro analoghi a quelli riscontrati per la Svezia), il Messico, il Brasile, sui quali, precedentemente, la presenza commerciale delle imprese provinciali era minima. In sostanza, la tendenza che sembra emergere, a fronte dell’espansione dell’export, è quella di un riposizionamento delle vendite verso mercati “nuovi”, al fine di trovare spazi commerciali che compensino quelli che si chiudono sui mercati “tradizionali” di sbocco. Ciò costituisce indubbiamente un interessante segnale di dinamismo da parte delle imprese locali, una capacità di reazione che potrebbe rappresentare il primo passo verso l’uscita dalla crisi attuale. Anche sul versante delle importazioni, nel 2008 vi è un calo dei principali Paesi di origine (Spagna, Francia, Germania) al netto degli Stati Uniti, che accrescono le 95 Anche l’import segnala una modificazione della composizione geografica di provenienza Una tenuta dell’export di prodotti agroalimentari loro vendite su Palermo del 263%. Cresce, invece, la quota di importazioni provenienti dalle economie emergenti, o da Paesi con i quali l’interscambio commerciale era in precedenza molto modesto (Svezia, Bulgaria e Lituania in Europa, Emirati Arabi Uniti e Corea del Sud) oltre che dalla Cina, rispetto a cui la bilancia commerciale palermitana tende a diventare sempre più pesantemente squilibrata. I prodotti cinesi, quindi, riescono a divenire sempre più competitivi sul mercato locale, mentre le imprese palermitane hanno crescenti difficoltà a mantenere posizioni di mercato significative nel Paese in esame. L’inverso avviene invece rispetto ai partners commerciali del Nord Africa, che, specie per quanto riguarda Marocco e Tunisia, vedono ridursi i propri flussi di vendita su Palermo. Dal punto di vista settoriale, nel 2008, il modello di specializzazione produttiva tipico di Palermo fa sì che il principale prodotto di esportazione sia costituito dai mezzi di trasporto in uscita dagli stabilimenti di Termini Imerese e Carini, in ulteriore significativa crescita (+57,4%) rispetto al 2007. Anche i prodotti agricoli ed agroindustriali, la seconda voce, per importanza, dell’export palermitano, mettono a segno una discreta crescita (+29% nel segmento primario, +5% in quello della trasformazione dei prodotti alimentari e delle bevande). Buona la perfomance del settore della gomma-plastica (+2,9%). Viceversa, un significativo regresso delle vendite sull’estero viene segnalato dal settore tessile ed abbigliamento (-11%), da quello metallurgico e dei prodotti in metallo, macchine escluse (-17,6%) e da quello estrattivo (-16%) mentre la chimica rimane sostanzialmente stabile. Interessante la crescita dell’export nel settore dei computer ed apparecchi elettronici ed ottici (+37% circa) che, se ancora non rappresentano nemmeno il 2% delle esportazioni provinciali totali, 96 potrebbero segnalare una interessante tendenza verso una diversificazione produttiva più incentrata su settori ad alta tecnologia, che sono anche caratterizzati da tassi di crescita dei mercati interessanti a livello internazionale. Sul versante delle importazioni, la crescita complessiva dell’import provinciale nel 2008 è trainata soprattutto dagli autoveicoli. Raddoppia, infatti, il valore degli acquisti di mezzi di trasporto esteri, a testimonianza di un livello di consumi che, malgrado la recessione, è ancora dinamico nel corso del 2008, così come aumenta anche l’acquisto di prodotti alimentari e tessili e di abbigliamento (+3,3% per ogni voce), nonché di prodotti chimici. 2.4.3 Il grado di internazionalizzazione Una economia sostanzialmente chiusa ed in progressivo allontanamento dai mercati internazionalui La capacità di un sistema economico territoriale di aprirsi ai flussi internazionali di interscambio di merci e, quindi, in definitiva di collegarsi ai crescenti fenomeni di globalizzazione economica, può essere misurata per il tramite di appositi indicatori quali il tasso di copertura e di apertura, nonchè la propensione all’import ed all’export che misurano il grado di apertura dell’economia locale verso i mercati esteri di riferimento. La progressiva perdita di competitività internazionale dell’economia palermitana negli ultimi cinque anni che, come si è detto, costituisce uno dei fattori principali del forte rallentamento del suo ciclo di crescita, viene evidenziata dal degrado del valore del tasso di copertura, che misura di quanto le esportazioni coprono le importazioni, ed è quindi legato al saldo di bilancia commerciale. Detto indicatore, che nel 2003 era nettamente superiore alla media regionale, e pari a circa il 60% di quella nazionale, nel 2008 97 ha perso circa 11,5 punti, finendo al di sotto del valore riferito alla regione nel suo insieme. Di fatto, quasi tutte le province siciliane, con la sola eccezione di Messina e Caltanissetta, riescono a registrare performance migliori di Palermo, nella loro capacità di coprire il valore delle importazioni con le loro vendite sull’estero. Anche il gap con il resto del Paese, in questo senso, si è notevolmente allargato. A spiegare tale andamento è proprio il calo del valore delle esportazioni in rapporto alla ricchezza prodotta, come testimonia la diminuzione del valore della propensione all’export, che passa dal 2,3% del Pil provinciale nel 2003 all’1,9% nel 2008, in un contesto in cui, sia a livello regionale che nazionale, la capacità di esportare quote crescenti del Pil tende invece a crescere. A fronte di una sostanziale stabilità della propensione all’importazione, che segnala come, nonostante il degrado dei parametri di crescita e competitività dell’economia provinciale, i consumatori palermitani riescano ancora a mantenere livelli di consumo costante di prodotti esteri (anche se il valore della propensione all’import è molto basso, anche in confronto alla media regionale), l’economia provinciale accusa una perdita netta di competitività sui mercati internazionali. Di fatto, l’economia palermitana rimane ancora lontana dai grandi flussi della globalizzazione, come dimostra un valore del tasso di apertura internazionale (dato dalla somma di import ed export in rapporto al Pil) in lieve diminuzione nel periodo 2003-2008, e fra i più bassi di tutta la regione. In sostanza, mentre nel resto della regione, del Mezzogiorno e del Paese i sistemi produttivi tendono ad integrarsi sempre più con i mercati internazionali, l’economia palermitana, a causa di una perdita di competitività all’esportazione, e del permanere di bassi valori relativi delle importazioni, si allontana sempre più 98 dalle opportunità (ed ovviamente anche dai rischi) della globalizzazione. Ciò, in una ottica di breve periodo, potrebbe contribuire a mantenere basso l’impatto immediato della recessione economica in atto, poiché Palermo sarebbe poco influenzata dalla contrazione dei mercati internazionali che si sta verificando. Tuttavia, in una prospettiva di più lungo periodo, è anche ovvio che Palermo avrà difficoltà molto maggiori, rispetto al resto del Paese, ad agganciare il treno della ripresa, quando questa arriverà sui mercati internazionali, proprio a causa del suo insufficiente grado di integrazione con questi ultimi. Tab. 3 – Andamento della propensione all'export* nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia (2003-2008) Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania 2003 2,4 2,3 3,7 1,1 6,4 0,8 5,3 2004 2,5 2,1 5,7 1,3 6,3 0,7 5,7 2005 2,5 2,1 5,4 1,4 6,3 0,5 5,5 2006 3,0 2,0 6,0 1,4 7,4 0,4 5,2 2007 3,0 1,6 7,0 1,0 10,6 0,5 4,7 2008 3,0 1,9 6,5 0,8 8,1 0,6 3,5 Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 3,1 35,8 6,5 19,8 3,0 41,5 7,2 20,5 3,6 61,5 9,0 21,1 4,0 64,5 9,6 22,5 4,8 80,9 11,2 23,3 4,5 92,3 11,1 22,8 * È data dal rapporto tra le esportazioni e PIL (%) Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat 99 2.5 – IL MERCATO DEL LAVORO 2.5.1 Il quadro nazionale Una flessibilizzazione dei rapporti di lavoro che modifica le tradizio nali relazioni fra crescita economica e dinamiche del mercato del lavoro Il mercato del lavoro italiano è caratterizzato, negli ultimi dieci anni, da numerosi provvedimenti legislativi che hanno inciso profondamente sui meccanismi di incontro fra domanda ed offerta (dalla Legge Treu del 1997 alla Biagi del 2003, che, secondo le intenzioni dell’attuale governo, sarà a breve sottoposta ad ulteriori modifiche). Tali provvedimenti hanno introdotto quote crescenti di flessibilità in ingresso, sia tramite la riforma degli istituti contrattuali esistenti (part time, contratti a tempo determinato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, poi trasformati nei contratti a progetto) sia con l’introduzione di nuovi istituti contrattuali (staff leasing, ecc.) che, infine, con l’istituzione di un sistema di intermediazione di lavoro interinale, abbinato ad una più generale revisione del ruolo degli ex uffici di collocamento, divenuti Centri Per l’Impiego, ovvero strutture operative, a livello provinciale, per la fluidificazione dell’incontro fra domanda ed offerta di lavoro. Tutti questi profondi cambiamenti del quadro normativo e strutturale che il mercato del lavoro italiano ha sperimentato nel nuovo millennio hanno generato un incremento notevole della quota flessibile dell’occupazione, che, se non è stata completata da un incremento della flessibilità in uscita (la sperimentazione volta a riformare l’art.7 dello Statuto dei lavoratori condotta nel 2004 non ha portato ad una sostanziale revisione dei meccanismi di licenziamento per i lavoratori a tempo indeterminato) si è accompagnata con un ampliamento dell’area della precarietà, alimentata anche da crescenti flussi di lavoratori extracomunitari, spesso impiegati con forme contrattuali flessibili. L’ampliamento della platea di lavoratori 100 La relazione tra occupazione e Pil Mercato del lavoro e società flessibili ha anche profondamente modificato le correlazioni tradizionalmente identificate dagli economisti del lavoro fra crescita dell’economia e degli occupati. La tradizionale correlazione identificata dagli studi di Okun sull’economia statunitense degli anni Sessanta, secondo la quale ogni punto di tasso di disoccupazione al di sopra del suo livello “naturale” o “frizionale” (ovvero quello coincidente con la piena occupazione in una situazione in cui l’economia raggiunge il suo potenziale massimo di crescita) comporta una riduzione del 2-3% del Pil, o quella ancora proposta nel 1993 da Prachowny, secondo la quale ogni punto di incremento del tasso di disoccupazione comporta una riduzione del 3% del Pil , perdono progressivamente di significato mano mano che aumenta la “dose” di flessibilità nel mercato del lavoro. In presenza di occupati flessibili, con pochi vincoli al licenziamento, le imprese possono tarare il loro stock di occupati in funzione delle oscillazioni nelle previsioni di fatturato, e viene anche meno il vincolo “psicologico” che deve affrontare un imprenditore quando decide di effettuare assunzioni. Gli occupati flessibili possono, infatti, essere espulsi dai processi produttivi con meno difficoltà e costi rispetto agli occupati a tempo indeterminato. Di fatto, come suggeriscono alcuni studi, la relazione esplicativa non è più quella fra Pil ed occupazione, come previsto dalla Legge di Okun con tutte le sue successive revisioni, quanto piuttosto quella fra occupazione e produttività del lavoro o, meglio, fra occupazione e CLUP (costo lavoro per unità di prodotto). Tutto ciò fa sì che la relazione esistente fra crescita del Pil e dell’occupazione è diventata più “morbida” rispetto al passato, con il risultato che lo stock occupazionale può aumentare numericamente anche in fasi congiunturali nelle quali la crescita economica è debole, se non stagnante, purché l’incremento degli occupati sia garantito dalla quota che assicura maggiori guadagni di 101 Mercato del lavoro e crisi economica CLUP, rappresentata dai lavoratori flessibili (che sono esterni ai meccanismi di revisione salariale previsti dai sistemi di contrattazione collettiva, e, quindi, riproducono situazioni di “segregazione salariale”). Questa situazione è proprio quella che si è verificata sul mercato del lavoro italiano degli ultimi dieci anni, e principalmente grazie all’espansione dell’area dell’occupazione flessibile. Dopo che i primi provvedimenti normativi di flessibilizzazione dei rapporti di lavoro hanno iniziato a produrre i primi effetti, ovvero dopo il 1997, l’occupazione è cresciuta a tassi mediamente superiori all’1%, e comunque superiori all’incremento delle forze di lavoro complessive, ed anche lo stock di disoccupazione ha iniziato lentamente a diminuire, nonostante il fatto che, fra il 2000 ed il 2005, l’economia italiana abbia attraversato una fase di sostanziale stagnazione della crescita. Quando poi, nel corso del 2006, il Pil ha ricominciato a crescere su ritmi soddisfacenti (ovvero attorno al 2%), l’effetto sul mercato del lavoro è stato ulteriormente amplificato, per poi tornare su un sentiero di crescita debole, quasi stazionario, non superiore all’1% annuo, nel periodo 2007-2008. Nondimeno, appare chiaro che il minore dinamismo della occupazione – dovuto probabilmente anche alla fine della spinta proveniente dalla componente di immigrazione, così come ai primi segnali provenienti dalla crisi economica – e che trova riscontro nell’improvviso aumento della disoccupazione registrato nel 2008, dopo anni di continuo calo di tale aggregato, debba essere attentamente valutato nella definizione delle politiche del lavoro, il cui obiettivo rimane quello di accrescere il tasso di occupazione in Italia, ancora troppo distante da quello medio europeo e dall’obiettivo previsto dalla Strategia di Lisbona. Il risultato quantitativo, inoltre, non deve velare alcune caratteristiche qualitative che possono rappresentare un problema per una “sana” 102 evoluzione del mercato del lavoro italiano. L’analisi dei dati dedicata agli effetti delle forme contrattuali sulle transizioni, rileva alcuni di questi tratti che impongono una approfondita riflessione e che possono essere così sintetizzati: a) la congiuntura più favorevole ha aumentato le probabilità di prima occupazione, sebbene non siano aumentate le posizioni a tempo indeterminato; b) si è registrata una riduzione della disoccupazione, in larga parte attraverso lo strumento del contratto a termine, ma anche con un aumento della percentuale di quanti escono dalla disoccupazione con un contratto a tempo indeterminato; c) rimane più elevata la probabilità di divenire disoccupato per chi ha contratti atipici rispetto ai contratti a tempo indeterminato; d) la situazione complessivamente sfavorevole dell’occupazione femminile; e) il fatto che il lavoro temporaneo interessi non solo i giovani ma sia largamente presente anche nelle fasce di popolazione sopra i 35 anni, per le quali aumenta la persistenza in questa tipologia contrattuale; f) una maggiore incidenza del contratto a termine nel Mezzogiorno, quale soluzione in un’area dove è più difficile avere un rapporto di lavoro regolare; dove continuano ad essere scarse le probabilità di conversione verso il contratto a tempo indeterminato; dove, infine, è più frequente il passaggio verso l’inattività. Tali elementi strutturali di fragilità del mercato del lavoro italiano dovranno essere tenuti in attenta considerazione nel momento in cui la crisi economica in atto inizia a ripercuotersi sul mercato del lavoro. Non vi è, infatti, dubbio circa il fatto che la flessione dei parametri di mercato del lavoro colpirà più duramente le fasce deboli (precari, giovani, donne, over 40 a bassa qualificazione professionale, lavoratori del Mezzogiorno) creando al contempo una enorme emergenza sociale, poiché gran parte di tali lavoratori deboli è di fatto priva di significativi ammortizzatori sociali. 103 Tab. 1 – Andamento dei principali aggregati del mercato del lavoro in Italia (1995-2008) 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Valori assoluti in migliaia Forze Occupati Disoccupati lavoro 20.240 2.544 22.784 20.328 2.555 22.883 20.384 2.584 22.968 20.591 2.634 23.225 20.847 2.559 23.406 21.210 2.388 23.598 21.604 2.164 23.769 21.913 2.062 23.975 22.241 2.048 24.289 22.404 1.960 24.365 22.563 1.889 24.451 22.988 1.673 24.662 23.222 1.506 24.728 23.405 1.692 25.097 Variazione % 96/95 97/96 98/97 99/98 00/99 01/00 02/01 03/02 04/03 05/04 06/05 07/06 08/07 07/95(media) Occupati Disoccupati 0,4 0,3 1,0 1,2 1,7 1,9 1,4 1,5 0,7 0,7 1,9 1,0 0,8 1,0 0,4 1,1 1,9 -2,8 -6,7 -9,4 -4,7 -0,7 -4,3 -3,6 -11,4 -10,0 12,3 -2,9 Forze lavoro 0,4 0,4 1,1 0,8 0,8 0,7 0,9 1,3 0,3 0,4 0,9 0,3 1,5 0,7 Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati ISTAT Quadro C L’impatto della crisi sul mercato del lavoro - - - - Nonostante sia ancora presto per conoscere con precisione gli effetti della recessione sul mercato del lavoro, un ampio numero di paesi ha già cominciato a sperimentare un forte incremento nel tasso di disoccupazione e sebbene vi sia molta incertezza sul futuro prossimo, le condizioni del mercato del lavoro sembrano destinate a deteriorarsi ulteriormente nei prossimi mesi. D’altro canto, le conseguenze in termini di posti di lavoro persi sarebbero state probabilmente molto più gravi se i governi non avessero adottato vigorose contro-misure macroeconomiche per stabilizzare i mercati finanziari e per stimolare la domanda aggregata. Nell’Economic Outlook 2009 dell’OCSE, analizzando le principali implicazioni della recessione per il mercato del lavoro, si evidenzia come si possano riscontrare effetti ineguali tra i diversi gruppi che compongono la forza lavoro, effetti che variano a seconda del settore di occupazione e a seconda delle caratteristiche individuali quali età, livello di istruzione, genere e tipologia di contratto. In sintesi: i settori maggiormente dipendenti dai finanziamenti esterni e dalla disponibilità del credito al consumo tendono ovviamente a risentire maggiormente della congiuntura. Le industrie differiscono inoltre per l’importanza relativa di skills specifici che possono indurre a trattenere lavoratori anche in un momento di rallentamento del ciclo economico. Altra ragione di diversità tra settori in termini di ricadute occupazionali potrebbe essere il differente grado di flessibilità salariale tra i comparti. Analisi empiriche suggeriscono una maggiore sensibilità dell’occupazione alla congiuntura nel settore edile, seguito dall’industria dei beni durevoli, dalle attività immobiliari e dai servizi alle imprese; esistono differenze importanti di impatto occupazionale tra classi di età dei lavoratori: l’occupazione dei giovani esibisce la maggiore volatilità perché legata a costi di turnover relativamente inferiori, dovuti alla minore esperienza di mercato e a norme dell’anzianità di servizio; la sensibilità al ciclo si riduce con il livello di istruzione. I costi di turnover per i lavoratori più qualificati sono più elevati, dato che probabilmente lavoratori con un più alto livello di istruzione generica tendono anche ad accumulare in modo più efficace skills specifici di azienda; non vi sono differenze apprezzabili in base al genere. Tuttavia, tale risultato potrebbe rispecchiare l’annullarsi reciproco di due distinti effetti: da un lato la volatilità rispetto al ciclo delle ore lavorate dagli uomini potrebbe essere più elevata a causa della loro maggiore presenza nei settori più ciclici; dall’altro lato i costi di turnover possono tendere ad essere più bassi per le donne rispetto agli uomini nel medesimo settore ed inoltre le loro decisioni di offerta di lavoro più sensibili alle variazioni 104 - cicliche delle remunerazioni, due fattori che possono entrambi rendere la quantità di ore lavorate dalle donne più sensibile al ciclo; i lavoratori con contratti temporanei risultano essere altamente sensibili rispetto alla congiuntura, circa due volte e mezzo di più di lavoratori a tempo indeterminato. L’attuale crisi ha pertanto trasmesso i propri effetti negativi in particolare su alcuni gruppi di lavoratori –giovani, poco qualificati e temporanei- che hanno dovuto e molto probabilmente dovranno ancora sostenere il peso maggiore della rapida caduta della domanda. Il cambiamento nella composizione dei disoccupati verso gruppi svantaggiati riflette la loro maggiore vulnerabilità sia per quanto riguarda la perdita del lavoro, sia per quanto riguarda l’accesso e richiede pertanto un attento intervento di politica economica volto a sostenerne sia i redditi che la riqualificazione. Si deve comunque evidenziare come la maggior parte dei paesi abbiano affrontato la recessione in una situazione iniziale di disoccupazione relativamente bassa, e questo potrebbe rappresentare un vantaggio, anche se l’aumento nella quota di lavoratori con contratti temporanei può far sì che le peggiori condizioni economiche si traducano in perdite di posti di lavoro o in riduzioni dell’orario lavorativo, ed allo stesso tempo può inoltre ridurre il numero di persone che possono beneficiare dei sussidi alla disoccupazione. La sfida principale per la politica economica a livello di mercato del lavoro è quindi quella di ridurre nel maggior modo possibile i costi sociali della crisi, fornendo supporto ai redditi e la reintegrazione in un momento in cui la spesa pubblica è sotto pressione su più fronti. Un forte rischio infatti, con le corrispondenti ricadute anche sulla domanda aggregata e quindi sulla ripresa, è che l’impennata nella disoccupazione possa divenire strutturale. Si tratta di un fenomeno già verificatosi in precedenti recessioni quando la disoccupazione si è stabilizzata su livelli più elevati rispetto a quelli pre-crisi anche in presenza di una ripresa dei tassi di crescita del prodotto dell’economia. Tale persistenza può emergere perché per i disoccupati di lungo termine si riscontrano via via meno assunzioni a causa del declino del capitale umano e a causa di una diminuzione dell’attività di ricerca del lavoro. Il mercato del lavoro e le politiche sociali rivestono un ruolo chiave nel prevenire il rischio che l’aumento della disoccupazione diventi strutturale promuovendo una veloce reintegrazione ed un miglioramento delle qualifiche per permettere lo spostamento in attività maggiormente produttive una volta che la ripresa sia effettiva. Al fine di avere un quadro più specifico sulla situazione del mercato del lavoro per l’economia italiana, si riportano di seguito i principali risultati dell’ultima rilevazione campionaria dell’Istat sulle forze di lavoro. I dati evidenziano come il tasso di disoccupazione, dopo aver subito un incremento pari ad un punto percentuale tra il terzo ed il quarto trimestre 2008 (dal 6,1% è passato al 7,1%), abbia continuato ad aumentare nel corso del I trimestre del 2009. Si registra, invece, un’inversione di tendenza nel secondo trimestre del 2009. Il tasso di disoccupazione scende, infatti, dal 7,9% al 7,4%, per poi raggiungere il 7,3% nel trimestre successivo, rimanendo comunque ancora distante dai valori riscontrati nei trimestri precedenti la crisi. Per quanto riguarda la popolazione con età compresa tra i 15 ed i 64 anni, il tasso di occupazione sale, nel II trimestre 2009, al 57,9%, per poi ridursi nuovamente nel terzo trimestre al 57,5%. Da notare, invece, il passaggio del tasso di occupazione relativo agli individui con una età compresa tra i 15 ed i 24 anni dal 21,7% del secondo trimestre 2009 al 22,3% del terzo trimestre. Nella riduzione degli occupati dell’2,2% rispetto al III trimestre 2008 – che sintetizza un calo più sostenuto della componente maschile (-2,5%) piuttosto che di quella femminile (-1,7%) – si riflette un forte calo dei dipendenti a termine (-220.000 unità), dei collaboratori coordinati e continuativi e occasionali (-42.000 unità) e degli autonomi (-136.000 unità), in presenza, comunque, di una flessione anche dei dipendenti a tempo indeterminato (-110.000). Con riferimento al tasso di attività, il dato relativo alla popolazione in età lavorativa scende dello 0,8% rispetto all’anno precedente, un fenomeno legato soprattutto a fenomeni di scoraggiamento, ad un ingresso ritardato dei giovani nel mercato del lavoro, ed al fatto che molte donne a causa di ragioni familiari non ricercano lavoro. 105 Tab. 2 – Principali indicatori del mercato del lavoro in Italia Tasso di attività 2006 2007 2008 2009 II Trimestre III Trimestre IV Trimestre I Trimestre II Trimestre III Trimestre IV Trimestre I Trimestre II Trimestre III Trimestre IV Trimestre I Trimestre II Trimestre III Trimestre Tasso di occupazione 15-64 15-24 15-64 15-24 63,0 62,3 62,9 61,9 62,5 62,7 63,0 62,8 63,5 62,8 63,0 62,4 62,6 62,1 32,5 31,9 31,9 30,2 31,0 31,8 30,7 30,8 31,6 31,2 30,1 29,4 28,6 29,1 58,9 58,4 58,5 57,9 58,9 59,1 58,7 58,3 59,2 59,0 58,5 57,4 57,9 57,5 25,8 25,9 24,7 24,0 25,3 25,8 23,6 24,2 25,2 25,1 22,9 21,7 21,7 22,3 Tasso di disoccupazione Lunga Totale 15-24 dur. 6,5 20,6 3,4 6,1 18,9 2,9 6,9 22,6 3,3 6,4 20,7 3,0 5,7 18,5 2,8 5,6 18,8 2,5 6,6 23,2 3,0 7,1 21,3 3,2 6,7 20,4 3,2 6,1 19,5 2,8 7,1 23,9 3,1 7,9 26,3 3,2 7,4 24,0 3,3 7,3 23,5 3,3 Fonte: Istat 2.5.2 I principali indicatori provinciali Lenta crescita dell’occupazione e sostanziale stagnazione della disoccupazione Fra il 2004 ed il 2008, prima dell’innesco della crisi economica, le tendenze principali del mercato del lavoro palermitano appaiono connotate da una certa debolezza nella capacità di creare nuovi posti di lavoro, connessa evidentemente con un ciclo di crescita economica che non è stato particolarmente brillante, negli ultimi anni, sistematicamente inferiore alla media nazionale e regionale. Infatti, gli occupati, nel periodo in esame, crescono del 2,1%, a fronte di un 2,9% a livello regionale e del 4,5% a livello medio nazionale. Anche la riduzione dello stock di disoccupati appare inferiore ad altre province siciliane, attestandosi al 17,4%, anche se è più rapida rispetto al dato nazionale (-13,7%) per via della ripresa dei flussi migratori in uscita nella provincia di Palermo, che hanno ridotto la consistenza della popolazione in età da lavoro, e per via di una maggiore diminuzione delle forze di lavoro, che potrebbe nascondere sacche di disoccupazione nascosta, ovvero il passaggio alle non forze di lavoro di una parte di disoccupati scoraggiati, che non cercano più attivamente lavoro (e che quindi 106 non sono più considerati disoccupati in senso statistico). Infatti, le forze di lavoro si sono ridotte, nel periodo considerato, dell’1,8%, più rapidamente che nel resto dell’isola (-1,3%). La lenta riduzione del tasso di disoccupazione, rispetto alla media regionale, fa sì che, nel 2008, Palermo sia la provincia siciliana con il tasso di senza lavoro più elevato (17,1%), mentre nel 2004 Enna, Caltanissetta ed Agrigento avevano valori dell’indicatore in questione leggermente superiori rispetto alla provincia. A tutto ciò va ad aggiungersi l’entità della disoccupazione nascosta, data dai lavoratori scoraggiati, nonché la debole crescita del numero di posti di lavoro offerti, nel disegnare il quadro di un mercato del lavoro provinciale che, alla vigilia della recessione, appare già caratterizzato da un evidente debolezza complessiva. Tab. 3 – Occupati e disoccupati suddivisi in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (2004-2008; valori assoluti e variazioni percentuali) Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa 2004 125.417 352.070 197.582 119.722 71.183 46.134 303.764 114.333 108.728 2005 124.507 357.889 209.089 123.940 75.583 46.407 316.059 106.773 110.597 Occupati 2006 134.166 357.364 212.141 126.341 73.553 49.149 315.763 114.097 120.146 107 2007 129.420 365.936 209.182 127.448 72.182 49.137 309.303 111.661 114.216 2008 133.013 359.607 200.637 126.709 73.659 49.145 312.958 108.043 116.387 Var. % ('08-'04) 6,1 2,1 1,5 5,8 3,5 6,5 3,0 -5,5 7,0 Sicilia ITALIA 1.438.934 22.404.430 1.470.843 22.562.829 Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 2004 23.499 89.810 37.951 30.777 18.287 12.718 53.487 9.909 23.340 299.776 1.960.393 2005 23.293 85.173 31.556 26.675 17.945 11.181 57.115 12.990 18.894 284.821 1.888.565 1.502.718 1.488.485 22.988.216 23.221.837 Disoccupati 2006 2007 15.551 15.936 81.430 67.178 25.503 24.200 19.415 25.610 14.649 13.412 9.844 9.560 44.357 40.767 8.178 10.096 15.626 14.787 234.553 221.546 1.673.412 1.506.041 1.480.160 23.404.689 2,9 4,5 2008 16.000 74.182 31.509 25.563 12.492 9.344 42.508 9.859 15.317 236.776 1.691.912 Var. % ('08-'04) -31,9 -17,4 -17,0 -16,9 -31,7 -26,5 -20,5 -0,5 -34,4 -21,0 -13,7 Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat Graf. 1 – Tasso di disoccupazione nelle province siciliane (2004–2008) 6,7 ITALIA 8,0 13,8 SICILIA 17,2 11,6 Siracusa 17,7 8,4 Ragusa 8,0 12,0 Catania 15,0 16,0 Enna 21,6 14,5 20,4 Caltanissetta 16,8 Agrigento 20,4 13,6 Messina 16,1 17,1 Palermo 20,3 10,7 Trapani 15,8 0,0 5,0 10,0 15,0 2004 20,0 25,0 2008 Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat 2.5.3 Gli andamenti occupazionali nel 2009 Ad un mercato del lavoro fragile, che manifesta tendenze, nell’ultimo quinquennio, meno dinamiche che nel resto della regione e del Paese, si vanno ad aggiungere gli effetti della recessione, visibili già a partire dal quarto trimestre del 2008. Dopo un biennio sostanzialmente positivo, già nel corso 108 Il comparto industriale palermitano probabilmente subirà la crisi del 2008 il numero di ore autorizzate di Cassa Integrazione Guadagni esplode ad un tasso del +41,9%, ben al di sopra della crescita regionale (+1,1%) e nazionale (+24,9%). Tuttavia, la componente straordinaria, legata cioè alle situazioni di crisi aziendale più acute e strutturali, è leggermente inferiore alle media (36,7%, a fronte di un dato regionale del 41,9% e di uno nazionale che supera il 46%). Inoltre, nel corso del 2009, il ricorso alla CIG, misurato rispetto al 2008, cresce nettamente meno che in confronto alla regione Sicilia, al Mezzogiorno e, a maggior ragione, alla media nazionale. Tali dati vanno presi con cautela, poiché la minore crescita totale della CIG a Palermo nel 2009 potrebbe dipendere da una minore incidenza, rispetto alla media regionale, del Mezzogiorno e dell’Italia, dell’industria manifatturiera e dell’edilizia, nonché delle imprese con almeno 15 addetti. Infatti, la CIG in deroga, a favore delle imprese dei servizi e di quelle con meno di 15 addetti, non è ancora partita alla data della rilevazione sulla CIG a luglio, poiché l’Accordo Regione Sicilia-Parti Sociali è stato sottoscritto soltanto il 30 Luglio. D’altra parte, la provincia di Palermo ha solo il 16,1% degli occupati nel comparto industria, a fronte del 19,5% medio regionale e del 29,7% nazionale (dati 2008) per cui è ragionevole attendersi che il ricorso alla CIG cresca meno in provincia, rispetto alla regione ed alla media nazionale, senza che ciò significhi che la recessione sia più leggera a Palermo. Peraltro, l’intensità dell’attuale fase recessiva, a giudizio di numerosi osservatori, sta rendendo meno evidente la differenza fra componente ordinaria e straordinaria della CIG, nella misura in cui anche imprese in forte crisi stanno chiedendo la CIG ordinaria, nella speranza che i mercati di consumo ripartano 109 rapidamente, ma se la contrazione della domanda dovesse durare almeno fino al 2010, come tutti i modelli previsionali lasciano intendere, molte di queste imprese cadranno rapidamente in condizioni di crisi strutturale, tipica della CIG straordinaria. Pertanto, anche la relativamente debole crescita del ricorso alla CIG straordinaria in provincia, nel 2008 e soprattutto nel 2009, va presa con una certa cautela interpretativa. In realtà, la debolezza strutturale del mercato del lavoro palermitano, sopra esaminata, e l’eventuale declino produttivo dei suoi principali poli industriali, a Carini come a Termini Imerese, sono indizi del fatto che il tessuto industriale provinciale, e la relativa base occupazionale, potrebbero subire gli effetti della crisi in forme e con intensità particolarmente marcate. A ciò occorre aggiungere che la recessione, unitamente alla riduzione dei redditi delle famiglie, sta comportando effetti di contrazione delle vendite nel commercio, con particolare riferimento alla Grande Distribuzione, fattore che alimenterebbe l’icremento della Cassa Integrazione. Tab. 4 – Variazione % delle ore di cassa integrazione autorizzate in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (2005-2009) Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 2006/2005 85,9 -23,3 68,6 -13,5 650,8 -32,0 -2,8 -26,1 13,5 7,7 -6,1 2007/2006 -1,9 -40,1 -26,7 4,1 -47,2 -12,1 -26,6 131,7 -43,2 -29,8 -22,1 2008/2007 -15,8 41,9 -15,4 0,1 -32,9 23,1 -30,5 -58,1 44,4 1,1 24,6 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Inps 110 2009/2008 49,0 65,4 47,1 42,8 75,2 45,3 180,5 523,0 56,4 82,6 311,4 2.5.4 L’occupazione per genere Il permanere di un elevato squilibrio di genere sul mercato del lavoro provinciale Nel contesto di una crescita molto lenta della domanda di lavoro nell’ultimo quinquennio, che non è riuscita a fronteggiare una progressiva riduzione del tasso di attività, indotta anche dalla ripresa di fenomeni migratori, permane un evidente squilibrio di genere, con le donne che presentano tassi di occupazione pari a poco più della metà di quelli maschili, ed appena migliori rispetto alla media regionale, ma lontanissmi (circa 18 punti percentuali) dalla media nazionale, seppur anch’essa squilibrata a sfavore delle donne. Ciò incide ovviamente sul bacino di disoccupazione femminile, pari a quasi il 20%, più di quattro punti superiore a quello maschile in provincia di Palermo, e pari ad oltre il doppio del tasso di disoccupazione femminile nazionale, e scoraggia la partecipazione attiva al mercato del lavoro da parte delle donne, ostacolata da una probabilità di occupazione piuttosto modesta. Di conseguenza, anche il tasso di attività delle lavoratrici mostra valori piuttosto modesti, solo di poco superiori alla media regionale, e assolutamente non comparabili con quella nazionale. Non vi è dubbio che i modesti parametri del mercato del lavoro che si riferiscono alle donne contribuiscano notevolamente a fare di Palermo la provincia italiana con il più alto tasso di disoccupazione nel 2008, e corrispondentemente a farne una delle ultime (93-ma su 103) per tasso di attività, ovvero per grado di partecipazione attiva al mercato del lavoro da parte della popolazione in età da lavoro. Tab. 5 – Principali indicatori del mercato del lavoro suddivisi per genere nelle province siciliane ed in Italia (2007; valori %) Altre perper- sone con con attività lavorativa Tasso di occupazione 15-64 anni Maschi Femmine Tasso di attività 15-64 anni Maschi Femmine 111 Tasso di disoccupazione Maschi Femmine Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 64,4 57,6 60,0 60,5 55,6 61,3 58,3 67,0 58,3 59,6 70,3 29,0 29,3 32,2 24,9 26,8 26,8 28,2 37,0 27,3 29,1 47,2 69,8 68,4 66,9 72,4 64,2 70,3 65,1 72,9 63,9 67,7 74,4 34,9 36,6 39,8 30,5 32,4 34,5 33,2 40,7 33,0 35,3 51,6 7,6 15,6 10,2 16,3 13,2 12,8 10,4 8,1 8,8 11,9 5,5 17,0 19,8 19,0 17,9 17,0 22,2 14,9 8,9 17,2 17,3 8,5 Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat 2.5.5 La distribuzione settoriale dell’occupazione L’occupazione tiene nell’industria manifatturiera, anche se solo per il 2008, e non per il 2009, mentre cala nelle costruzioni, nei servizi di mercato e, fisiologicamente, nell’agricoltura L’economia palermitana è caratterizzata da un elevato grado di terziarizzazione, dato sia dal ruolo di capoluogo amministrativo della regione, che dalle funzioni di servizio normalmente connesse alla presenza di un’area urbana di grandi dimensioni. Pertanto, quasi l’80% degli occupati si concentra nel settore dei servizi, con una quota di occupati agricoli marginale, pressoché pari alla media nazionale, e una quota di occupati nell’industria pari a poco più della metà della media nazionale, ed inferiore a quella regionale. In termini dinamici, nel 2008 la crisi economica si è fatta sentire soprattutto sulla base occupazionale dell’industria della costruzioni, colpita dallo sgonfiamento del valore del mercato immobiliare, e sui servizi di mercato (essenzialmente sul commercio, sui pubblici esercizi e sul turismo) mentre l’occupazione manifatturiera, dopo anni di consistenti cali dovuti alle difficoltà dei poli industriali provinciali di Termini Imerese e di Carini, nel 2008 mette a segno un certo, momentaneo, recupero, in controtendenza rispetto alla media regionale e nazionale, e malgrado il fatto che, secondo i dati della CIG, è proprio il comparto manifatturiero quello che pagherà il costo più alto della recessione nel 2009. Probabilmente, però, il dato riferito al manifatturiero non è 112 altro che un rimbalzo congiunturale del tutto contingente, dopo anni di calo dell’occupazione industriale. L’agricoltura, dal canto suo, prosegue in una tendenza strutturale di declino occupazionale, connessa a fenomeni fisiologici, tipici di tutti i sistemi economici evoluti, di espulsione di manodopera dal comparto primario. Graf. 2 – Incidenza settoriale dell’occupazione in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (2008) 79,8 73,0 80,0 66,5 70,0 60,0 50,0 40,0 29,7 30,0 19,5 16,2 20,0 7,5 10,0 4,1 3,8 0,0 Palermo SICILIA Agricoltura Industria ITALIA Servizi Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat 113 2.6 – IL CREDITO 2.6.1 La rischiosità del credito durante la crisi Al terzo trimestre 2009 Palermo inverte un percorso virtuoso di miglioramento della qualità del credito L’attuale ciclo recessivo è imperniato sui meccanismi creditizi al punto tale che la restrizione dei flussi di credito all’economia, verificatasi a partire dai primi mesi del 2009, e che in alcuni casi ha fatto parlare di “credit crunch”, può considerarsi, di fatto, la cinghia di trasmissione che ha riversato sul comparto reale dell’economia la fortissima perdita di valore delle attività finanziarie in portafoglio delle principali banche mondiali avviatasi dalla metà del 2008. A livello nazionale, secondo i dati della Banca d’Italia, la crescita degli impieghi totali sui 12 mesi si è ridotta, dal 10% di maggio 2008, al 3% a maggio 2009. Gli impieghi bancari su 3 mesi registrano addirittura una contrazione dello 0,9%. In particolare, diminuiscono fortemente i prestiti alle imprese, in ragione di un inasprimento delle condizioni di accesso al credito imposto dalle banche (le imprese bancarie appartenenti al Bank Lending Survey segnalano, infatti, per il primo trimestre 2009, un inasprimento in termini di margini applicati ma anche di quantità di prestiti erogati, soprattutto a carico delle linee di credito a medio lunga scadenza e per le imprese maggiori, cfr. Banca d’Italia, Bollettino Economico 57, Luglio 2009). Accanto ad un irrigidimento sul versante bancario, cui la disciplina di Basilea 2 contribuisce con un chiaro effetto pro ciclico, poiché incentiva l’introduzione di sistemi di scoring del merito di credito basati in parte anche su dati di bilancio, che tendono a degradarsi nei periodi di crisi economica, il peggioramento evidente del rapporto fra banche ed imprese è stato indotto anche da un degrado complessivo della qualità del credito, che è anche in questo caso 114 Le difficoltà per le piccole imprese e le famiglie fortemente correlato con il ciclo economico negativo. Da questo punto di vista, Palermo, storicamente caratterizzata dal fatto di essere la provincia siciliana con il più elevato valore dei crediti in sofferenza, negli ultimi 6 anni ha sperimentato un trend chiaramente in discesa che, grazie anche all’utilizzo degli strumenti di cartolarizzazione, ha consentito un progressivo risanamento ed una riduzione della rischiosità del credito, su ritmi decisamente più rapidi rispetto alla media del Mezzogiorno e del Paese, sia in termini di numero di affidati in sofferenza che di valore delle sofferenze (ridottosi addirittura di oltre il 60% fra 2003 e 2008). Nel primo semestre 2009, invece, le sofferenze sono cresciute (+117% in termini di valore e +10,9% in termini di numero di affidati rispetto a dicembre 2008) molto più rapidamente, in termini di valore, che a livello nazionale (dove il numero di sofferenze è diminuito dell’11% ed il valore delle medesime è cresciuto del 22,1%), ma anche rispetto al resto della Sicilia (in cui numero e valore delle sofferenze sono cresciuti, rispettivamente, dell’11,1% e del 67,7%). Evidentemente, da questo punto di vista la crisi sta impattando più che altrove, tramite un peggioramento delle condizioni finanziarie dei clienti delle banche, che si scaricano in una esplosione delle sofferenze, e che non potrà che rendere ancora più rigidi e restrittivi i criteri che le banche applicheranno nel concedere prestiti, nei prossimi mesi. Ciò, a sua volta, in una specie di circuito vizioso, si riverserà, presumibilmente, sugli investimenti aziendali e sui consumi delle famiglie. Va affermato che la rischiosità del credito è più accentuata per la clientela minore, cioè per le imprese più piccole o per il piccolo credito al consumo: basti pensare che Palermo sia 59-ma, fra le 103 province, per credito erogato allo 0,5% 115 dei maggiori affidati, mentre crolla all’83-mo posto per credito al 5% dei maggiori affidati. Ciò significa che i pericoli maggiori di stretta creditizia incombono soprattutto su piccole e micro imprese e sulle famiglie di reddito mediobasso, cioè sul tessuto connettivo stesso della collettività della provincia. Tab. 1 – Sofferenze bancarie nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia (2003-I sem 2009; valori assoluti in milioni di euro e variazioni percentuali) Palermo Trapani Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA Valori assoluti Variazioni percentuali 2003 2004 2005 2006 2007 2008 I sem. 2009 2008-2003 I sem. 2009-2008 1.199 1.228 1.103 1.021 861 452 981 -62,3 117,0 414 426 347 329 323 255 279 -38,4 9,4 694 728 614 569 408 270 373 -61,1 38,1 239 247 230 222 207 170 199 -28,9 17,1 157 172 170 160 166 133 171 -15,3 28,6 75 85 85 93 90 66 77 -12,0 16,7 929 950 852 774 657 464 1.192 -50,1 156,9 281 301 290 293 266 229 251 -18,5 9,6 368 376 349 309 274 196 225 -46,7 14,8 4.355 4.511 4.041 3.771 3.251 2.235 3.747 -48,7 67,7 50.573 54.043 44.971 46.880 47.027 40.951 50005 -19,0 22,1 Fonte: elaborazioni Banca d’Italia Istituto G. Tagliacarne - Unioncamere su dati 2.6.2 L’operatività del sistema bancario Una crescita della raccolta bancaria che oggi garantisce una “riserva di valore” importante per l’attenuazione degli effetti della crisi L’attività di intermediazione del sistema creditizio palermitano, tradizionalmente, è caratterizzata, sul versante dei depositi, da un ruolo predominante delle banche. Il risparmio postale, infatti, costituisce una percentuale sensibilmente inferiore alla media regionale e nazionale, attestandosi al di sotto del 30%. Da questo punto di vista, un ruolo potrebbe essere giocato anche dall’età media relativamente giovane della 116 L’operatività del sistema bancario palermitano è garantita soprattutto di gruppi bancari più importanti popolazione palermitana, posto che una quota importante della clientela delle Poste è costituita dai pensionati. In ragione di un dinamismo economico particolarmente vivace negli anni passati, che ha consentito un aumento della ricchezza media, la crescita del valore dei depositi bancari è stata piuttosto alta, attestandosi ad un tasso del 28,8% fra il 2003 ed il 2008, sensibilmente più alto della media siciliana e meridionale, e pari a quella nazionale. Tuttavia, l’evidente rallentamento della crescita economica palermitana degli ultimi anni, evidenziato nel capitolo del Pil, ha avuto riflessi anche sull’accumulazione del risparmio, poiché i depositi bancari, fra il 2008 ed il I semestre 2009, sono cresciuti solamente dello 0,7%, circa quattro volte meno che nel resto della Sicilia, e quasi otto volte meno che nella media nazionale. La concentrazione dei depositi per categorie di banche è un indicatore efficace dell’operatività effettiva del sistema bancario locale. Con una percentuale del 61,8% dei depositi concentrati nelle banche maggiori o grandi, un valore di circa 5 punti superiore alla media regionale e di circa 20 a quella nazionale, Palermo risulta essere un mercato creditizio dominato dai gruppi bancari più grandi, a detrimento delle banche piccole e locali, la cui capacità di raccolta è nettamente inferiore alla media nazionale. Tale assetto del mercato creditizio provinciale è ovviamente un riflesso dell’elevato grado di urbanizzazione della popolazione e delle attività economiche nella provincia, che tende ad attrarre gli operatori bancari di più grandi dimensioni, fenomeno che ha pregi e difetti. Da un lato, le imprese bancarie più grandi, in teoria, hanno maggiori disponibilità finanziarie da riversare a supporto dello sviluppo economico, ma dall’altro le imprese bancarie più 117 piccole, che fanno della conoscenza e della relazione personale fra banca e cliente il loro punto di forza maggiore, tendono ad essere spiazzate. In un contesto di forte riduzione del credito disponibile, l’importanza relativamente minore delle piccole banche nel contesto palermitano potrebbe rivelarsi soprattutto uno svantaggio. A causa della prevalenza di banche grandi nella gestione della raccolta, il valore dei depositi per singolo sportello tende ad essere più alto della media nazionale, anche se la crescita di tale parametro è inferiore a quanto si verifica a livello italiano. Ad ogni modo, l’elevato valore dei depositi bancari per sportello mostra come il risparmio accumulato negli anni in cui l’economia palermitana era più dinamica, costituisca ancora oggi una importantissima “riserva di valore” a servizio delle famiglie e delle imprese locali, per sostenersi durante la crisi economica in atto. In qualche modo, quindi, il risparmio bancario di Palermo costituisce una sorta di “ammortizzatore” rispetto agli effetti della crisi sul livello dei consumi e del tenore di vita. Tab. 2 – Depositi bancari e postali nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia (I sem. 2009; valori assoluti in milioni di euro ed incidenza %) Palermo Trapani Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA Depositi bancari I sem. 2009 10371,6 2564,3 4111,5 2770,2 2009,9 875,3 7926,8 2392,4 3119,2 36141,3 852653,2 Depositi Banco Posta I sem. 2009 Totale Banche & Posta I sem. 2009 3984,2 1278,9 4185,8 1882,7 765,5 912,9 3547,8 767,9 1083,6 18409,3 240998,0 14355,8 3843,2 8297,3 4653,0 2775,4 1788,2 11474,6 3160,4 4202,8 54550,6 1093651,2 Incidenza % depositi postali su totale depositi 27,8 33,3 50,4 40,5 27,6 51,1 30,9 24,3 25,8 33,7 22,0 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia 118 Tab. 3 – Depositi bancari per settore di attività economica in provincia di Palermo (2003-I sem. 2009; valori assoluti e incidenza percentuale) Valori assoluti Famiglie consumatrici Famiglie produttrici Società e qs non finanziarie Altri settori Totale settori 2003 5.552 420 935 1.090 7.997 Famiglie consumatrici Famiglie produttrici Società e qs non finanziarie Altri settori Totale settori 2003 69,4 5,3 11,7 13,6 100,0 2004 5.745 456 1.005 1.807 9.013 2005 6.016 486 1.411 2.505 10.419 2006 6.286 518 1.555 2.015 10.373 2007 6.219 527 1.408 2.009 10.163 2008 6.555 457 1.382 1.905 10.299 I sem. 2009 6.892 519 1.364 1.596 10.372 2007 61,2 5,2 13,9 19,8 100,0 2008 63,7 4,4 13,4 18,5 100,0 I sem. 2009 66,5 5,0 13,2 15,4 100,0 Composizione percentuale 2004 63,7 5,1 11,2 20,0 100,0 2005 57,7 4,7 13,5 24,0 100,0 2006 60,6 5,0 15,0 19,4 100,0 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia Un rallentamento della crescita degli impieghi bancari dalla fine del 2008, indotto dagli effetti della recessione economica Sul versante degli impieghi, si riscontra un andamento storico, tra il 2003 ed il 2008, superiore alla media nazionale, e lievemente inferiore rispetto a quella regionale. Poiché, in Sicilia come nel resto del Sud, la crescita degli impieghi bancari è stata stimolata anche dall’ampia disponibilità di agevolazioni pubbliche (che richiedono, per la parte di investimento non coperta da incentivo pubblico, il ricorso ad un prestito bancario), se ne ricava che, a Palermo, malgrado l’ampia disponibilità di risparmio bancario testé illustrata, il circuito del credito abbia funzionato in misura piuttosto insoddisfacente, il che, ovviamente, ha influito negativamente sulle potenzialità di crescita dell’economia provinciale. Un ruolo specifico, nello scarso livello di credito erogato all’economia, è stato senz’altro giocato dall’elevato peso delle sofferenze, benché queste ultime, fino a fine 2008, abbiano marcato un deciso calo, nonché da tassi di interesse mediamente più elevati rispetto al dato nazionale. Tra la fine 2008 e la prima metà del 2009, inoltre, il credito bancario ha subito una battuta di arresto. In termini congiunturali, gli impieghi a famiglie ed imprese sono, infatti, calati dello 0,4% nel quarto 119 trimestre del 2008, ed hanno proseguito su tale trend nel primo semestre 2009 andando a registrare un -1%. Da questo punto di vista, non vi è dubbio che la rinnovata dinamica di deterioramento della qualità del credito, nonché un rallentamento degli investimenti, fenomeni dovuti alla recessione economica in atto, spieghino in larga misura la restrizione del rubinetto del credito bancario. L’applicazione di criteri istruttori più severi da parte delle banche in sede di valutazione del merito di credito delle imprese e delle famiglie, atteggiamento indotto ovviamente dal peggioramento del ciclo macroeconomico, ha contribuito, per parte sua, alla stretta creditizia in atto. Tra l’altro, come già visto, l’operatività del sistema creditizio provinciale è assicurata soprattutto dalle banche maggiori, che erogano il 44,7% del totale degli impieghi rilevati nel I semestre 2009, a fronte di una media nazionale, per tale categoria di istituti di credito, pari al 41,4%. La minore incidenza, sul totale degli impieghi, delle banche minori e locali, che privilegiano, nelle decisioni di concessione del credito, la conoscenza ed il rapporto personale con l’imprenditore, piuttosto che modelli matematici di scoring che, in una fase recessiva, tendono ad avere effetti pro ciclici, è una ulteriore spiegazione dei motivi alla base del rallentamento del credito bancario negli ultimi mesi. Il peso di tale restrizione cade sicuramente sulle imprese, che non riescono più a trovare le risorse finanziarie per sostenere gli investimenti, ma anche sulle famiglie consumatrici, la cui incidenza sul totale degli impieghi passa dal 38,4% del 2003 al 43,9% del I semestre 2009, e che dovranno inevitabilmente comprimere il proprio livello di consumi, sempre più dipendente dal credito, con contraccolpi negativi per il sistema produttivo locale, ad iniziare dal comparto del commercio al dettaglio e dei pubblici esercizi. Tab. 4 – Impieghi bancari (al netto delle sofferenze) nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia 120 (2003-I sem 2009; valori assoluti in milioni di euro e variazioni %) Valori assoluti Variazioni % I sem. I sem. 2009 2003 2004 2005 2006 2007 2008 ’08-’03 2009 -2008 Palermo 8.027 8.489 9.789 11.623 12.852 13.394 13.254 66,9 -1,0 Trapani 2.498 2.867 3.324 3.741 4.054 4.319 4.372 72,9 1,2 Messina 3.704 4.280 4.763 5.209 5.793 5.838 5.914 57,6 1,3 Agrigento 1.720 1.950 2.288 2.582 2.808 2.841 2.950 65,2 3,8 Caltaniss. 1.197 1.365 1.569 1.773 1.921 1.946 2.082 62,6 7,0 Enna 679 745 858 935 1.041 1.042 1.070 53,5 2,7 Catania 6.254 7.186 8.619 9.961 11.180 11.570 11.115 85,0 -3,9 Ragusa 2.171 2.473 2.805 3.262 3.627 3.881 3.927 78,8 1,2 Siracusa 3.469 3.256 3.511 4.159 4.415 4.853 5.085 39,9 4,8 Sicilia 29.719 32.613 37.526 43.243 47.691 49.683 49.768 67,2 0,2 ITALIA 1.039.352 1.096.356 1.193.008 1.323.024 1.453.653 1.524.353 1.514.851 46,7 -0,6 Fonte: elaborazione Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia Tab. 5 – Impieghi bancari per settore di attività economica in provincia di Palermo (2003-I sem. 2009; valori assoluti e composizione percentuale) Famiglie consumatrici Famiglie produttrici Società e qs non finanziarie Altri settori Totale settori 2003 3.546 802 4.615 263 9.226 Famiglie consumatrici Famiglie produttrici Società e qs non finanziarie Altri settori Totale settori 2003 38,4 8,7 50,0 2,9 100,0 Valori assoluti 2004 2005 4.060 4.722 856 913 4.462 4.739 339 518 9.717 10.892 2006 5.207 983 5.627 827 12.644 2007 5.723 1.047 6.065 877 13.713 2008 6.086 874 6.093 793 13.846 I sem. 2009 6.255 935 6.155 890 14.235 2007 41,7 7,6 44,2 6,4 100,0 2008 44,0 6,3 44,0 5,7 100,0 I sem. 2009 43,9 6,6 43,2 6,3 100,0 Composizione percentuale 2004 41,8 8,8 45,9 3,5 100,0 2005 43,4 8,4 43,5 4,8 100,0 2006 41,2 7,8 44,5 6,5 100,0 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia 2.6.3 La dotazione bancaria sul territorio I flussi di credito sopra analizzati sono 121 Un processo di ristrutturazione che ha messo al centro dell’attenzione i grandi istituti creditizi legati anche alla struttura creditizia esistente sul territorio. La presenza di banche più o meno grandi, la capillarità nella distribuzione degli sportelli, l’introduzione di innovazione tecnologica o organizzativa nel rapporto con la clientela costituiscono altrettanti aspetti che influiscono sull’operatività delle banche, e sul loro apporto allo sviluppo del territorio. Il sistema bancario palermitano, in linea con un fenomeno verificatosi a livello nazionale, è stato investito, negli ultimi anni, da un processo di ristrutturazione e concentrazione, che ha portato alla nascita di gruppi bancari aventi dimensioni idonee ad operare con le economie di scala e di scopo che la concorrenza sul mercato finanziario globale impone, riducendo di conseguenza anche il numero degli istituti in virtù di processi di aggregazione e fusione (nella provincia, le aziende bancarie operanti sono passati da 11 a 9 nel periodo 2003 – I sem. 2009, rappresentando, comunque, ancora circa un quarto del totale di tutti gli istituti bancari operanti in Sicilia). Tale processo non ha però in nessun modo smentito la rilevanza di una capillare presenza sul territorio, che nemmeno le innovazioni degli ultimi anni (dal phone banking alla banca telematica) possono completamente sostituire, poiché la presenza sul territorio costituisce il nucleo del rapporto personale fra banca e cliente, fondamentale per istituire relazioni commerciali fluide, dinamiche e costruttive. Tale relazione con il territorio è talmente importante che anche i grandi gruppi di scala sovraregionale che si sono costituiti in questi anni hanno adottato modelli organizzativi basati sulla “banca federale”, ovvero sul mantenimento di reti, e spesso anche di marchi, delle banche più piccole acquisite sul territorio, specializzando ogni azienda del gruppo per territorio di operatività. 122 La capillarizzazione del credito Il radicamento delle banche minori Infatti, pur se con una riduzione del numero di aziende, il grado di sportellizzazione sul territorio palermitano è cresciuto notevolmente: gli sportelli passano da 381 a 428 fra 2003 e 2008, con una crescita del 12,3%, superiore alla media regionale, e anche, leggermente, a quella nazionale. Conseguentemente, Palermo raggiunge un grado di sportellizzazione leggermente superiore alla media siciliana sia rispetto alla popolazione (4 sportelli ogni 10.000 abitanti) che rispetto alle imprese (4,7 sportelli ogni 1.000 imprese, a fronte di una media regionale dell’ordine di 4-,6). Il grado di sportellizzazione è ovviamente ancora molto inferiore alla media nazionale, perché le banche tendono a concentrare la propria presenza nelle aree del Centro Nord, a maggior grado di sviluppo, anche se la rapida crescita del numero di sportelli è indicativa di una interessante espansione del mercato creditizio locale. Occorre, infatti, ricordare che Palermo è 11-ma fra le 103 province italiane per valore medio dei depositi per sportello, e 50-ma per valore medio degli impieghi per sportello, evidenziando quindi, nonostante i problemi di operatività sopra richiamati (elevata rischiosità del credito, alti tassi di interesse, trend di crescita economica declinante) un dinamismo, in termini di intermediazione creditizia, piuttosto elevato nel panorama del Mezzogiorno. Gli sportelli appartengono quasi esclusivamente (89% circa) a grandi gruppi bancari (S.p.A.), una percentuale superiore anche alla media nazionale (78,1%), mentre le banche minori, del circuito del credito cooperativo, rappresentano una quota piuttosto modesta degli sportelli presenti sul territorio. Tale distribuzione è in linea con quanto già detto a proposito dell’operatività del sistema creditizio palermitano, garantita soprattutto dai gruppi bancari più grandi, 123 con tutti i pregi ed i difetti che un simile assetto comporta nella qualità e gamma dei servizi offerti alla clientela, ma anche nella maggiore o minore facilità di accesso al credito, specie per le imprese più piccole e meno capitalizzate, e che sono già stati discussi in precedenza. E’ anche interessante notare che a Palermo vi è l’unico sportello di filiali di banche estere operante in Sicilia. Se questo è il quadro, va anche detto che, fra il 2004 ed il 2008, il grado di sportellizzazione delle banche minori è cresciuto ad un ritmo molto dinamico (circa il 40%), molto più alto rispetto alla media nazionale (25,5%), mentre quello delle grandi banche è diminuito di circa l’8%. Tale dinamica conferma come, nonostante gli evidenti motivi economici e di mercato sottostanti al processo di ristrutturazione e concentrazione che il sistema bancario ha sperimentato negli ultimi anni, vi è ancora uno spazio molto rilevante per le piccole banche territoriali altamente specializzate ed in grado di radicare un rapporto con la clientela di alta qualità. Tali banche possono infatti inserirsi in nicchie di mercato lasciate libere dai grandi istituti, e giocare su una maggiore capacità di fidelizzare la propria clientela facendo leva sull’appartenenza allo stesso territorio, di offrire soluzioni flessibili, che possono adattarsi meglio alle esigenze individuali, e di gestire meglio i costi, specie quelli fissi. Il credito cooperativo, da questo punto di vista, riesce ad inserirsi su nicchie di mercato rispetto alle quali riesce a difendersi bene dalla concorrenza, grazie ai legami mutualistici che instaura con i sociclienti. 124 2.7 – LA SITUAZIONE INFRASTRUTTURALE 2.7.1 L’articolazione delle infrastrutture Un assetto infrastrutturale che, seppur in miglioramento e caratterizzato da importanti progetti, quali l’interporto, presenta ancora degli squilibri di dotazione Il flussi del porto e dell’aeroporto nel 2009 La dotazione di infrastrutture è un fattore di sviluppo del territorio che non riguarda solamente l’aspetto meramente economicoproduttivo. Infatti, una adeguata dotazione quali/quantitativa di strutture sanitarie, socio assistenziali, culturali, ricreative, ecc., contribuisce direttamente a determinare la qualità del cosiddetto “capitale fisso sociale”, ovvero lo stock di assets a finalità sociale e di relazioni sociali fra soggetti, o fra soggetti ed istituzioni di pubblico interesse, che influenzano direttamente la qualità della vita. Peraltro, la qualità della vita è anche un fattore di sviluppo economico, poiché genera opportunità per lo sviluppo di interi settori di business (legati al tempo libero ed al “leisure”) incentiva la crescita del turismo e dei flussi in ingresso di investimenti esterni, talché non è possibile tracciare una linea di demarcazione netta fra economia e società. Sotto il profilo delle infrastrutture prettamente legate alle funzioni economicoproduttive (logistica, utilities per la produzione industriale, come gas, acqua, energia, reti telematiche ecc., servizi alle imprese di tipo finanziario e reale) la provincia di Palermo, in un contesto di grave sottodotazione, quale quello del Mezzogiorno, ed ancor più della Sicilia, penalizzata anche dalla sua insularità, evidenzia come vi sia una netta cesura fra le infrastrutture hub, ovvero i nodi che garantiscono i collegamenti di livello extra regionale, piuttosto ben sviluppate, sia in riferimento allo scalo aeroportuale, fra i più importanti del Sud, che alle attività del porto, anch’esse piuttosto importanti, e le infrastrutture di collegamento locale, che garantiscono la connessione fra il territorio ed i nodi principali di tipo aeroportuale e portuale. 125 Da questo punto di vista, sia la dotazione di reti viarie che, soprattutto, ferroviarie (per lunghi tratti ancora a binario unico, non adeguata per supportare flussi di traffico sostenuti, anche se sono in corso i lavori di raddoppio su alcune tratte principali), è ancora molto carente. Ciò si traduce in una strozzatura dei flussi di traffico diretti versi gli hub di accesso esterno, come l’aeroporto ed il porto, vanificandone, quindi, in parte, il buon grado di dotazione. Nonostante questo, sia l’aeroporto che il porto hanno visto incrementare nel tempo le proprie attività. Basti pensare che il flusso di passeggeri nell’aeroporto di Palermo è aumentato, tra il 1999 ed il 2008, del +53,4%, ed il traffico delle merci veicolate nel porto del +18,6% nel periodo 2005-2008. Il ciclo economico sfavorevole non ha mancato, tuttavia, di influenzare negativamente tali dinamiche nel corso del 2009. Infatti, tra gennaio e novembre, si è registrato nell’aeroporto un calo di passeggeri pari all’1,5% rispetto al periodo corrispondente del 2008, sebbene i dati mensili evidenzino un trend di ripresa; il porto, d’altra parte, ha sperimentato, nel periodo gennaio ottobre, una flessione tendenziale pari al -12,2%. Altro aspetto importante di cui tener conto, è l’esistenza di un gap evidente tra la fascia costiera della provincia, attorno alla città capoluogo, attraversata dalla dorsale autostradale e ferroviaria principale (fra l’altro, beneficiaria del completamento “storico” dell’autostrada Palermo-Messina, un completamento la cui valenza è amplificata dal progetto di Ponte, o comunque dal progetto di collegare in modo più organico la Sicilia al continente) e l’area più interna e orograficamente meno pianeggiante della provincia, ancor più isolata, con problemi strutturali di sviluppo più acuti. Come è possibile constatare dalla cartina sottostante, in effetti, mentre la fascia 126 costiera, ovvero la zona a maggior densità di popolazione ed attività economiche, è ben collegata, sia dall’autostrada che dalla ferrovia, gli unici collegamenti con le aree interne sono assicurati dalla viabilità secondaria, di tipo non autostradale, creando di fatto una situazione caratterizzata da un certo isolamento e da un gap di sviluppo, che penalizza sistematicamente l’area interna. Tab. 1 – Flusso di passeggeri nell’aeroporto di Palermo nel periodo gennaio-novembre 2 e variazioni % rispetto al periodo corrispondente del 2008 Passeggeri 261.300 242.972 300.118 400.323 406.432 399.155 472.478 518.746 430.046 352.235 266.878 Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Variaz. % 2009/2008 -3,76 -3,55 -8,80 10,94 -6,64 -4,34 1,72 -0,46 -1,89 -2,25 1,20 Fonte: Aeroporto di Palermo “Falcone e Borsellino” Esternalità positive e negative Con riferimento alle utilities ed ai servizi finanziari e reali legati alle attività produttive (energia, distribuzione dell’acqua, servizi bancari, altri servizi alle imprese, infrastrutture immateriali telematiche), la presenza di un’area urbana, e di alcune fra le più importanti aree industriali della regione, fa sì che le infrastrutture bancarie, di servizi reali e quelle immateriali, legate alla presenza di ampi bacini demografici e di imprese, tipici di aree urbane sviluppate, abbiano un grado di diffusione complessivamente soddisfacente. Anche i principali servizi sociali di rango urbano, come le scuole e le strutture sanitarie, hanno, almeno in termini quantitativi, una offerta del tutto adeguata. Viceversa, servizi più “rari”, che però qualificano in modo più evidente la qualità della vita in ambito locale, come ad esempio i servizi per il tempo libero e la cultura, come anche alcune utilities tipiche di aree ad elevato sviluppo industriale, come le reti 127 energetiche ed ambientali, presentano ancora ritardi di offerta evidenti, ingiusitificabili se paragonati al peso demografico e di densità imprenditoriale che la provincia di Palermo assume nell’ambito della Sicilia e del Mezzogiorno, e che peraltro la colloca in una posizione di svantaggio rispetto alla sua tradizionale “provincia rivale”, in ambito siciliano, ovvero Catania. Ciò non può che riflettersi in un gap di qualità della vita e di competitività delle imprese locali. In prospettiva, assume una importanza molto rilevante lo sblocco recente dei finanziamenti necessari per la realizzazione dell’interporto di Termini Imerese, una struttura che ha già una importanza vitale in sé, perché consentirà di movimentare le merci in modo più efficiente e rapido, valorizzando meglio la struttura portuale ed i suoi collegamenti, viari e ferroviari, con il retroporto, ma che assume una rilevanza specifica, in quanto elemento essenziale per il rilancio competitivo del polo Fiat, di primaria importanza, sotto il profilo economico ed occupazionale, per la provincia. Tab. 2 - Indici di dotazione infrastrutturale nelle province siciliane ed in Italia in Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa ITALIA Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Rete stradale Rete ferroviaria Porti Aeroporti 123,8 85,5 155,9 50,2 74,5 105 63,6 44 49,8 100 Reti bancarie e di servizi vari 67,1 81,7 79,4 47,6 50,3 31,5 89,9 20,4 55,2 106,5 61 76,3 68,8 53,4 17,3 66,8 100 455,7 100,1 136,8 66,8 128,8 0 188,7 49,3 335,4 100 Strutture per l'istruzione 76,1 123,4 102,1 76,3 62,3 69,1 126,9 185 173,2 0 52 0 0 147,9 0 0 100 Strutture culturali 49,9 57,2 60,4 29,4 22 21,3 66,6 128 Strutture sanitarie 51,2 131,6 123,3 34,5 59,5 48,7 143,9 Impianti amb 63, 62, 65, 53, 51, 34 78, 55, 106 100 TOTA 120 102 93, 57 62, 43, 113 Ragusa Siracusa ITALIA 69,3 63 100 36,6 32 100 Fonte: Istituto G. Tagliacarne 129 88,2 84,2 100 69,3 60,6 100 53, 91, 100 I settori economici 130 3.1 – L’AGRICOLTURA Il contributo del settore agricolo alla formazione della ricchezza provinciale risulta, nel 2007, pari a circa 354 milioni di euro, ovvero l’1,9%% del valore aggiunto prodotto in provincia; incidenza in flessione rispetto al 2003 secondo un trend decrescente che rispecchia la contrazione della quota del valore aggiunto del settore primario a livello nazionale. Tab. 1 - Valore aggiunto dell'agricoltura in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (incidenza % 2003-2007 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007) 2003 2004 2005 2006 2007 Valori assoluti Palermo 2,8 2,4 2,2 1,9 1,9 354,2 Sicilia 5 4,7 4,3 4,1 3,9 2.895,6 ITALIA 2,5 2,5 2,2 2,1 2,1 28.341,1 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Il consuntivo 2009: un anno difficile, ma aumentano gli investimenti Gli indicatori congiunturali mostrano come il consuntivo 2009, messo a confronto con il 2008, sia per il settore agricolo, un anno piuttosto difficile. Al calo della produzione (-14,8%), si accompagna una contrazione del fatturato della medesima entità ed una flessione degli ordinativi solo di poco inferiore (12,2%). Il rallentamento congiunturale si ripercuote poi anche sull’occupazione che, pur essendo la variabile maggiormente caratterizzata da vischiosità, ha reagito nel breve termine alla flessione dei livelli produttivi registrando una riduzione, pur modesta, pari al -3,4%. In controtendenza rispetto a queste variabili, gli investimenti degli imprenditori agricoli sono, invece, aumentati del 10,4% rispetto all’anno precedente: si tratta chiaramente di un segnale di fiducia supportato dall’elevata quota di operatori del settore che dichiarano di aver investito (37,5%), come anche dai principali impieghi indicati dagli imprenditori, ovvero l’aumento della capacità produttiva (40%) e l’adeguamento allo standard competitivo (20%), ma anche la riduzione dei costi, attraverso la sostituzione di macchinari obsoleti (26,7%). Nel 60% dei casi in cui gli imprenditori del settore dichiarano di non aver investito, le cause del mancato investimento vengono, 131 Le previsioni per il 2010: aspettative di ripresa comunque, attribuite in primo luogo all’incertezza del mercato (50%) e quindi alle difficoltà finanziarie (37,5%), segno evidente dell’impatto della crisi sulle scelte degli operatori. Gli operatori del settore agricolo si aspettano, tuttavia, per il 2010, una leggera ripresa rispetto al 2009, ad eccezione che per gli investimenti, i quali dovrebbero risentire in modo incisivo delle difficoltà congiunturali. Per quanto riguarda produzione, fatturato e ordinativi, invece, si dovrebbe passare a tassi di crescita positivi, in particolar modo il fatturato (+3,7%). Ancora negativo il dato sull’occupazione, comunque in linea con quello dell’anno precedente. Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dell’agricoltura nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %) 15,0 10,4 10,0 5,0 0,0 -3,4 -5,0 -10,0 -12,2 -15,0 -14,8 Produzione -14,8 Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti Fonte: Osservatorio Economico Palermo Tab. 2 – Percentuale di imprese agricole della provincia di Palermo che investe nel 2009 (In %) Percentuale 37,5 60,0 2,5 100,0 Si No Ns/Nr Totale Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 2 – Finalità degli investimenti nelle imprese agricole della provincia di Palermo (2009; In %)* 132 Aumento della capacità produttiva/operativa 40,0 La sola sostituzione di macchinari e attrezzature obsoleti 26,7 Un adeguamento allo standard competitivo 20,0 Innovazione di prodotto/servizio 13,3 Innovazione organizzativa 13,3 6,7 Altro 0,0 Riduzione dei costi *Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100 Fonte: Osservatorio 0,0 Economico Palermo Minore impiego di risorse umane L'accesso a nuovi segmenti di mercato 0,0 Graf. 3 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori 0,0 Non sa/Non risponde congiunturali dell’agricoltura nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %) 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 3,7 4,0 2,0 0,5 0,1 0,0 -2,0 -3,4 -4,0 -6,0 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -14,7 -16,0 Produzione Fatturato Portafoglio ordini Fonte: Osservatorio Economico Palermo 133 Occupati Investimenti 3.2 – IL MANIFATTURIERO Il contributo del settore manifatturiero alla formazione del valore aggiunto di Palermo risulta, al 2007, pari all’8,7%; si tratta di una incidenza significativamente inferiore alla media nazionale (21,4%), anche in virtù del ruolo che i servizi e la Pubblica Amministrazione rivestono in una regione come la Sicilia. Inoltre, per la provincia di Palermo si osserva, nel periodo 2003-2007, una diminuzione della quota di ricchezza prodotta dall’industria (dal 9,9% al sopracitato 8,7%). Tab. 1 - Valore aggiunto del manifatturiero in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007) 2003 2004 2005 2006 2007 Variaz. 07/03 Valori assoluti Sicilia 11,4 11,0 10,8 10,7 10,9 7,3 8.124,6 Palermo 9,9 9,9 9,2 8,6 8,7 0,0 1.668,8 ITALIA 21,4 21,2 20,6 20,5 21,4 14,7 296.032,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Il consuntivo 2009: flessione di produzione, fatturato e ordinativi nell’ordine del 20% Nel corso del 2009 il settore manifatturiero della provincia di Palermo registra una contrazione di tutti i principali indicatori congiunturali, un risultato totalmente in linea con gli andamenti congiunturali degli altri comparti dell’economia della provincia. Produzione, fatturato e portafoglio ordini evidenziano una riduzione importante, di circa venti punti percentuali rispetto al 2008. Analizzando la situazione attraverso una disaggregazione del dato settoriale, ciò che si rileva è una sostanziale omogeneità nelle performance sperimentate dai comparti in esame, che indica come nel 2009 la recessione abbia colpito la struttura produttiva manifatturiera nel suo complesso, aggravando, peraltro, una situazione congiunturale già difficile riscontrata nel 2008. Forti riduzioni si rilevano per i comparti più tradizionali come il tessile (produzione -29,7%; fatturato -26,5%; portafoglio ordini -31,6%) e quello del legno-mobilio (produzione -26,3%; 134 Cala l’occupazione (-7%); positivi gli investimenti (+6,3%) fatturato -24,1%; portafoglio ordini 21,5%), ma valori di simile entità, o soltanto lievemente inferiori in valore assoluto, si registrano anche nel comparto dei mezzi di trasporto, nelle attività estrattive, nel metallurgico e nel settore della carta-editoria. Andamenti meno negativi si riscontrano nei comparti dell’alimentare, del calzaturiero e del chimico-farmaceutico. Per quanto riguarda l’occupazione e gli investimenti si nota una situazione leggermente più eterogenea, con alcuni comparti che dimostrano una maggiore vitalità. Il numero degli addetti, infatti, cala in misura più evidente in alcuni settori (tessile -10%; metallurgico -11,3%; pelli-cuoio-calzature -8,2%) mentre in altri comparti sembra tenere pur rimanendo in area negativa (alimentare 5,2%; legno-mobilio -4,8%; mezzi di trasporto -5%). In evidenza il dato del comparto estrattivo, in cui, nonostante il ciclo congiunturale attuale, si riscontra un aumento dello 0,8%. Volgendo l’attenzione agli investimenti, si nota la variazione positiva riscontrata per l’economia palermitana pari al 6,3%. Tale dato è il risultato di una tendenza piuttosto generale di aumento rilevabile in tutti i settori, con eccezione di quello delle pelli, calzature (-10%) e dei mezzi di trasporto (-11,3%), e con dei picchi positivi, in particolare, nel metallurgico (16,5%) e nell’estrattivo (25%). Secondo le indicazioni derivanti dall’indagine, gli investimenti portati avanti dagli imprenditori della provincia di Palermo perseguono diverse finalità, soprattutto l’innovazione di prodotto (28,2%) e l’aumento della capacità produttiva (23,1%), ma anche la sostituzione di macchinari obsoleti (17,9%) e l’adeguamento allo standard competitivo (12,8%). Nel manifatturiero della provincia, il 25% degli operatori dichiara di avere investito nel corso del 135 2009, con il comparto dei mezzi di trasporto che rappresenta invece l’estremo positivo (il 50% degli imprenditori dichiara di aver investito). Difficoltà finanziarie e/o di liquidità (49,2%) rappresentano la ragione primaria del mancato investimento, ma la recessione sembra aver influenzato le scelte di investimento anche attraverso la maggiore incertezza del mercato (26,2%) ed un rallentamento complessivo del circuito economico che ha fatto sì che non ci fosse la necessità di investire (29,4%). Infine, per quel che concerne l’attività di export, dai dati dell’indagine emerge che il 9,5% delle imprese intervistate dichiara di essere esportatore abituale. Tab. 2 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali del settore manifatturiero nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %) Alimentari, tabacco Tessili, vestiario, abbigliamento Pelli, cuoio, calzature Legno, mobilio Metallurgiche, meccaniche Mezzi di trasporto Estrattive, materiali da costruzione Chimica, farmaceutica Carta, editoria Altre manifatturiere Totale manifatturiero Produzione Fatturato Portafoglio Ordini Occupati Investimenti -13,2 -12,3 -10,4 -5,2 1,9 -29,7 -26,5 -31,6 -10,0 0,0 -13,7 -17,2 -14,5 -8,2 -10,0 -26,3 -24,1 -21,5 -4,8 0,0 -19,5 -15,9 -18,3 -11,3 16,5 -26,9 -25,6 -20,0 -5,0 -11,3 -25,0 -22,7 -15,8 0,8 25,0 -15,0 -17,0 -13,0 0,0 . -22,7 -21,7 -18,2 -7,3 10,0 -16,4 -21,4 -28,3 -6,7 6,7 -20,9 -19,6 -19,0 -7,0 6,3 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Tab. 3 – Percentuale di imprese manifatturiere della provincia di Palermo che effettua investimenti (2009; In %) Alimentari, tabacco Si No Ns/Nr Totale Si No Ns/Nr 33,3 66,7 0,0 100,0 Estrattive, mat. Costruz. 16,7 83,3 0,0 Tessili, Pelli, vestiario, calzature abbigliamento 11,8 10,0 88,2 90,0 0,0 0,0 100,0 100,0 Legno, mobilio Metallurgiche, Mezzi di meccaniche trasporto 12,0 80,0 8,0 100,0 24,4 75,6 0,0 100,0 Chimica, farmaceutica Carta, editoria Altre manifatturiere Totale 0,0 100,0 0,0 33,3 66,7 0,0 33,3 66,7 0,0 23,2 75,0 1,8 136 50,0 40,0 10,0 100,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 1 – Finalità degli investimenti nelle imprese manifatturiere della provincia di Palermo (2009; In %)* 28,2 Innovazione di prodotto/servizio Aumento della capacità produttiva/operativa 23,1 20,5 Altro La sola sostituzione di macchinari e attrezzature obsoleti 17,9 Un adeguamento allo standard competitivo 12,8 L'accesso a nuovi segmenti di mercato 5,1 Innovazione organizzativa 5,1 Non sa/Non risponde 5,1 2,6 Riduzione dei costi 0,0 Minore impiego di risorse umane 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 *Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Le previsioni per il 2010: fatturato e portafoglio ordini nuovamente in area positiva Passando ad esaminare le previsioni per il 2010 degli imprenditori palermitani operanti nel settore manifatturiero, ciò che emerge è un quadro di miglioramento complessivo delle performance, sebbene con delle distinzioni per quanto riguarda i diversi comparti. Le aspettative di un rallentamento della produzione del 2,2% rappresenta, infatti, comunque un miglioramento rispetto al dato 2009. Tale performance dovrebbe essere trainata, in particolare, dai netti progressi dei comparti del chimico-farmaceutico (+39,5%), del tessile (+9%) e dei mezzi di trasporto (+5,7%), come anche dai miglioramenti attesi in quei comparti che continueranno in ogni modo a sperimentare delle variazioni negative. Tale andamentosi riflette, ovviamente, nelle aspettative del fatturato (+0,6%) e portafoglio ordini (+0,7%), che si collocano in area positiva, trainati soprattutto dagli “altri comparti manifatturieri” (fatturato +9,2%; portafoglio ordini +16,7%). Gli imprenditori locali del settore si 137 attendono, inoltre, un calo degli occupati del 2,2%, che sembrerebbe, quindi, non subire, neanche con un ritardo temporale, del rallentamento del ciclo economico del 2009: dovrebbero essere interessati da cali consistenti solamente il legnomobilio (-8%) e l’estrattivo (-10%), mentre si prevede un aumento del numero degli addetti in particolare nel comparto delle pelli (+5%), in quello dei mezzi di trasporto (+4,4%) e della carta-editoria (+6,8%). Un aumento del clima di fiducia degli imprenditori del settore manifatturiero si evince anche dal dato sugli investimenti (+9,9%), spinto in modo particolare dai piani di investimento del settore alimentare (+20%), delle pelli (+20%), della carta-editoria (+15%) e del tessile (+10%). Tab. 4 – Previsioni di variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali del settore manifatturiero nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %) Alimentari, tabacco Tessili, vestiario, abbigliamento Pelli, cuoio, calzature Legno, mobilio Metallurgiche, meccaniche Mezzi di trasporto Estrattive, materiali da costruzione Chimica, farmaceutica Carta, editoria Altre manifatturiere Totale manifatturiero Produzione Fatturato -0,3 9,0 3,1 -11,1 -2,2 5,7 -15,5 39,5 -2,8 1,4 -2,2 1,4 1,0 4,0 -8,5 2,4 5,7 -3,3 28,0 -2,8 9,2 0,6 Portafoglio Ordini 2,6 -3,8 2,6 -5,0 0,9 6,3 -2,1 0,0 0,0 16,7 0,7 Occupati Investimenti 1,5 -4,7 5,0 -8,0 -4,5 4,4 -10,0 0,0 6,8 1,8 -2,0 20,0 10,0 20,0 8,5 4,2 3,3 0,0 , 15,0 2,5 9,9 Fonte: Osservatorio Economico Palermo La possibile entrata in crisi dei poli industriali genererebbe un moltiplicatore negativo per tutta l’economia regionale Esaminando il settore manifatturiero, risulta opportuno dare uno sguardo alla tradizione industriale palermitana che si è sviluppata attono alle due aree industriali di Carini e Termini Imerese. E’ doveroso sottolineare che la sopravvivenza dello stabilimento Fiat di Termini Imerese (e del relativo indotto) non dipende esclusivamente da scelte locali quanto, soprattutto, da strategie di politica industriale nazionali. Certamente, in tale 138 Il modo con il quale l’area industriale di Termini Imerese uscirà dalla crisi non dipende solo dalle politiche di settore, ma anche dall’attrattività complessiva del territorio contesto, anche gli indotti relativi ai trasporti su rotaia ed alla cantieristica navale costituiscono un argomento di seria riflessione. L’indagine ha riguardato esclusivamente le imprese di Termini Imerese, ma ciò non significa però che Carini non sia investito dal declino di importanti insediamenti industriali. Le imprese intervistate ubicate nell’area di Termini Imerese sono, nel 25% dei casi, appartenenti alla prima fascia dell’indotto dello stabilimento Fiat, in quanto subfornitori di parti meccaniche, e nel 12,5% sono legate anche da relazioni di comakership evoluta con il loro committente, in quanto anche la componente progettuale e di design viene effettuata in collaborazione, e spesso su specifiche tecniche precise, del committente. Numerose imprese intervistate non appartengono alla prima fascia dell’indotto Fiat e ciò spiega l’evidente incertezza dei rispondenti in merito agli effetti che la ristrutturazione, o addirittura una ipotetica chiusura, dello stabilimento Fiat, comporterebbe sull’area industriale nel suo insieme. Per il 37,5% dei rispondenti, fra cui rientrano le imprese che sono maggiormente legate, anche in termini di progettazione del prodotto, alla Fiat, ovviamente ciò comporterebe una crisi dell’intero indotto. Altre imprese, che non sono parte dell’indotto Fiat, o che magari riescono ad avere, nel proprio portafoglio clienti, anche altri committenti diversi dalla Fiat, non effettuano una correlazione diretta fra crisi della Fiat e crisi del polo industriale di Termini Imerese nel suo insieme. Un quarto del campione non risponde ed anche in questo caso la scelta di non rispondere può riferirsi alla difficoltà di capire come una eventuale crisi della Fiat e del suo indotto diretto possano riverberarsi anche su imprese che, pur localizzate nella stessa area industriale, non sono diretamente collegate. In effetti, secondo i dati IPISifli, l’area ospita 47 imprese, per 2.851 139 Politiche si settore e attrattività del territorio addetti, e non tutte possono riferirsi all’indotto Fiat. Ad esempio, 6 imprese, per oltre 100 addetti, si occupano di trasporti e spedizioni generiche, o legate all’industria alimentare; 2 imprese, per 327 addetti, effettuano attività di vendita e distribuzione di gas ed elettricità anche ad usi civili, 3 imprese, per 111 addetti, operano nel settore dell’agroindustria, 4 nel commercio, 2, per quasi 100 addetti, nelle costruzioni e nel settore dell’impiantistica per immobili. Ciò, tuttavia, non deve far minimizzare l’impatto che la Fiat ed il suo indotto, di prima e seconda fascia, hanno sugli assetti produttivi ed occupazionali dell’area, poiché Fiat ed indotto assorbono più di 1.700 addetti, ovvero oltre il 60% dell’occupazione nell’area industriale in esame. La ferita all’economia arrecata dalla chiusura del polo sarebbe molto consistente, sia in termini occupazionali che di ricaduta sul circuito economico. Peraltro, per un terzo degli intervistati, una crisi del polo automobilistico di Termini Imerese e del suo indotto, non avrebbe alcuna possibile via di uscita, risolvendosi nella chiusura delle imprese legate allo stabilimento. Ciò testimonia la profonda dipendenza commerciale e produtiva che molte delle imprese dell’indotto hanno nei confronti della Fiat, per cui non hanno una sufficiente diversificazione del proprio portafoglio clienti, tale da consentirne una sopravvivenza futura, in caso di significativa riduzione dei volumi produttivi, se non di chiusura, dello stabilimento di Termini. Questo dato è una ulteriore conferma di quanto il polo automobilistico, nella sua configurazione produttiva attuale, sia assolutamente vitale per l’economia palermitana. Ora, la sopravvivenza del polo ed in generale del tessuto industriale localizzato a Termini Imerese, non dipende soltanto da strategie, nazionali e regionali, di politica industriale, a supporto della produzione automotive, ma 140 anche dall’attrattività del contesto territoriale nel suo insieme, rispetto alla localizzazione di attività produtive, ed in particolare dalla dotazione del territorio di servizi reali a supporto delle imprese stesse. In particolare, il campione intervistati dell’area industriale ritiene che i servizi di assistenza alli fasi di marketing, comunicazione e commercializzazione delle produzioni siano i più importanti di cui disporre per poter operare in maniera redditizia. Un’altra metà del campione si focalizza, invece, sulla necessità di disporre di servizi reali che siano concentrati nella fase della progettazione/design/innovazione del prodotto, quindi a monte della fase commerciale propriamente detta, per la quale i servizi di marketing e comunicazione sono utili. Particolare interesse riveste la possibilità di fruire, sul territorio di localizzazione, di servizi di assistenza alla R&S ed all’innovazione tecnologica, a supporto di un modello di competitività più evoluto rispetto a quello attuale. Viceversa, la disponibilità di servizi di supporto logistico, di magazzinaggio o movimentazione delle merci, riscuote un interesse pressoché nullo, evidentemente perché le imprese sono già soddisfatte dei servizi logistici esistenti in loco. Fondamentalmente, quindi, le imprese chiedono di disporre di servizi reali collegati strettamente alle funzioni competitive più tipiche: messa in produzione di prodotti a più alto valore aggiunto, grazie ad un miglioramento della fase di innovazione di prodotto, di design e di progettazione, e migliore commercializzazione dello stesso, grazie ad un marketing più efficace. Tali servizi reali difficilmente possono essere incorporati, per ragioni di costo e di investimento necessario, all’interno delle organizzazioni aziendali, specie per le imprese più piccole, e quindi devono essere offerti sul mercato locale. In alcuni casi, 141 come per i servizi di assistenza all’innovazione ed al trasferimento tecnologico, vi può essere un intervento publico a sostegno dello sviluppo di tali attività. In altri casi, come per i servizi di marketing, deve essere il mercato privato a metterli a disposizione delle imprese. 142 3.3 – LE COSTRUZIONI Il settore edile della provincia di Palermo, nel 2007, produce ricchezza pari a 936 milioni di euro, ovvero il 4,9% del valore aggiunto prodotto nella provincia, dato inferiore rispetto a quanto riscontrato per la Sicilia (6,2%) e per l’Italia (6,1%). Analizzando i dati relativi al periodo 2003-2007, si osserva una riduzione della quota di ricchezza prodotta dal settore (dal 5,7% al 4,9%) una tendenza simile a quanto osservato per la regione, ma in contrasto rispetto a quanto avvenuto a livello nazionale (dal 5,6% al 6,1%) in corrispondenza della forte espansione del settore verificatasi in questi anni. Tab. 1 – Valore aggiunto delle costruzioni in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007) 2003 2004 2005 2006 2007 Variaz. 07/03 Valori assoluti Palermo 5,7 5,2 4,9 5,2 4,9 -2,0 936,5 Sicilia 6,8 6,4 6,4 6,4 6,2 2,0 4618,1 ITALIA 5,6 5,8 6,0 6,1 6,1 24,1 84.101,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Il consuntivo 2009: un settore colpito dal rallentamento del ciclo Le previsioni per il 2010 Il settore delle costruzioni rappresenta un comparto particolarmente colpito dalla crisi economica internazionale. I dati delineano una situazione problematica dove la caduta della produzione (-24%), del fatturato (-21,3%) e del portafoglio ordini (-24,2%) comportano importanti ripercussioni anche sul numero degli addetti (-22,2%). In controtendenza il dato quantitativo sugli investimenti (1,3%), con una quota rilevante di operatori (26,1%) che dichiara di aver investito nel corso dell’anno spinti dalla volontà di aumentare la capacità produttiva (41,7%), di introdurre innovazioni di prodotto (16,7%) e di sostituire macchinari obsoleti (16,7%). Nel 69,6% dei casi in cui gli operatori dichiarano di non aver investito, il motivo principale risultano essere le difficoltà finanziarie e/o di liquidità (69,1%); altro fattore decisivo è l’incertezza di mercato (25%) mentre nel 15,6% dei casi si indica come non sia stato necessario. Gli imprenditori del settore edile della provincia di Palermo prevedono un 2010 in cui l’andamento congiunturale proseguirà 143 all’insegna del rallentamento delle difficoltà lungo la tendenza del 2009, sebbene con qualche lieve rallentamento delle dinamiche negative. Cali ancora consistenti dovrebbero riguardare la produzione (-13,3%) ed il fatturato (13,8%) mentre nel dato sugli ordinativi (7,8%) si può intravedere, in un certo qual modo, un’attesa di miglioramento rispetto al dato 2009. Le previsioni per l’occupazione (-13,7%) e gli investimenti (-16,1%) contribuiscono ulteriormente ad indicare le criticità del settore nell’ottica di una ripresa. Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali delle costruzioni nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %) 5.0 1.3 0.0 -5.0 -10.0 -15.0 -20.0 -21.3 -25.0 -24.0 Produzione -22.2 -24.2 Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti Fonte: Osservatorio Economico Palermo Tab. 2 – Percentuale di imprese delle costruzioni della provincia di Palermo che investe (2009; In %) Percentuale 26,1 69,6 4,3 100,0 Si No Ns/Nr Totale Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 2 – Finalità degli investimenti nelle imprese delle costruzioni della provincia di Palermo (2009; In %)* 144 Aumento della capacità produttiva/operativa 41.7 La sola sostituzione di macchinari e attrezzature obsoleti 16.7 16.7 Innovazione di prodotto/servizio 8.3 Minore impiego di risorse umane Un adeguamento allo standard competitivo 8.3 Innovazione organizzativa 8.3 Altro 8.3 *Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100 8.3 Non sa/Non risponde Fonte: Osservatorio Economico Palermo Riduzione dei costi 0.0 L'accesso a nuovi segmenti di mercato 0.0 Graf. 3 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori 0.0 5.0 10.0 15.0 20.0 25.0 30.0 35.0 40.0 45.0 congiunturali delle costruzioni nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %) 0.0 -2.0 -4.0 -6.0 -7.8 -8.0 -10.0 -12.0 -14.0 -13.3 -13.7 -13.8 -16.0 -16.1 -18.0 Produzione Fatturato Portafoglio ordini Fonte: Osservatorio Economico Palermo 145 Occupati Investimenti 3.4 – I SERVIZI I dati sul valore aggiunto dei servizi della provincia di Palermo mostrano chiaramente l’importanza di tale settore in termini di contributo alla ricchezza. Nel 2007 il valore aggiunto del terziario nella provincia di Palermo raggiunge un valore di circa 16 miliardi di euro, con una incidenza dell’84,5% sulla ricchezza prodotta nell’intera economia palermitana. L’elevata terziarizzazione dell’economia locale emerge anche in confronto ai dati relativi alla regione (incidenza pari al 79% nel 2007) che già di per sé risultano nettamente superiori alla media nazionale (70,5% nel 2007). Tab. 1 – Valore aggiunto dei servizi in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007) 2003 2004 2005 2006 2007 Variaz. 07/03 Valori assoluti Palermo 81,6 82,5 83,6 84,4 84,5 16,9 16.136,4 Sicilia 76,7 77,9 78,5 78,9 79 15,7 58.783,1 ITALIA 70,4 70,5 71,2 71,4 70,5 14,8 972.975,0 Fonte: Istituto G. Tagliacarne Il consuntivo 2009: sono il commercio ed il turismo a risentire maggiomente del ciclo congiunturale negativo Come più volte sottolineato, il settore terziario ha un ruolo di tutto rilievo nell’economia palermitana, caratterizzata da una elevata localizzazione di imprese addette, in particolare, al commercio, al turismo ed ai trasporti. Nel corso del 2009 la performance del settore è chiaramente influenzata dall’andamento congiunturale. Dai dati dell’indagine emerge una riduzione della produzione del 14,8%, dovuta in particolare ai cali del commercio (-22,1%) e del turismo (20,3%), ma anche a quelli dei trasporti (12,1%), del terziario avanzato e degli altri servizi (-16,3% in entrambi i casi). Una simile tendenza si riscontra nelle variazioni relative al fatturato ed al portafoglio ordini, con i settori del commercio e del turismo che ancora una volta sembrano risentire in misura maggiore rispetto agli altri degli effetti della recessione. L’andamento dell’occupazione nel terziario (-4,8%) risulta sostanzialmente in linea con quello degli altri settori, con riduzioni del numero degli occupati abbastanza 146 contenute (commercio -3,9%; turismo -3,7%; trasporti -3,1%; terziario avanzato -4,3%; altri servizi -6,6%). Mentre nel terziario avanzato si rileva una stabilità del volume di investimenti, negli altri comparti si registrano delle dinamiche positive anche piuttosto rilevanti, in primis nei trasporti (+19,5%) e nel turismo (+14,7%), ed a seguire nel commercio (+7,3%) e gli altri servizi (+14,2%). Gli investimenti sono indirizzati ad una molteplicità di obiettivi, tra cui l’aumento della capacità produttiva (32%), l’innovazione di prodotto (32%), la sostituzione di macchinari obsoleti (28%) e l’adeguamento allo standard competitivo (24%). Anche nel settore dei servizi si rileva, a dispetto delle dinamiche congiunturali in atto, una quota relativamente alta di imprenditori che dichiara di investire nel corso del 2009: le difficoltà finanziarie e/o di liquidità pure in questo caso sembrano rappresentare l’ostacolo principale nel portare avanti i propri piani di investimento (63,8%). Tab. 2 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dei servizi nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %) Commercio Turismo Trasporti Terziario avanzato Altri servizi Totale servizi Produzione -22,1 -20,3 -12,1 -16,3 -16,3 -14,8 Fatturato -18,3 -15,2 -10,9 -17,1 -7,8 -11,1 Portafoglio Ordini -19,7 -14,6 -10,6 -16,2 -7,3 -10,4 Occupati -3,9 -3,7 -3,1 -4,3 -6,6 -4,8 Investimenti 7,3 14,7 19,5 0,0 14,2 14,6 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Tab. 3 – Percentuale di imprese dei servizi della provincia di Palermo che realizza investimenti (2009; In %) Si Commercio Turismo Trasporti 20,6 28,.3 33,3 147 Terziario avanzato 15,0 Altri servizi Totale 35,3 29,8 No Ns/Nr Totale 76,5 2,9 100,0 71,7 0,0 100,0 66,7 0,0 100,0 80,0 5,0 100,0 69,0 1,2 100,0 64,7 0,0 100,0 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 1 – Finalità degli investimenti delle imprese dei servizi della provincia di Palermo (2009 In %)* Aumento della capacità produttiva/operativa 32.0 Innovazione di prodotto/servizio 32.0 La sola sostituzione di macchinari e attrezzature obsoleti 28.0 Un adeguamento allo standard competitivo 24.0 12.0 Altro L'accesso a nuovi segmenti di mercato 8.0 4.0 Innovazione organizzativa 0.0 *Domanda a risposta totale diverso da 100 Riduzione dei costimultipla; Fonte: Osservatorio Economico Palermo 0.0 Sulla base delle dichiarazioni degli 0.0 il 2010 sarà un anno Non sa/Non risponde imprenditori, difficile per il settore terziario della 0.0 5.0 10.0 15.0 20.0 25.0 30.0 provincia. Da notare, comunque, che 35.0le variazioni previste per i principali indicatori congiunturali, pur sempre Le previsioni per il 2010: un anno complicato, ma con la negative, risultano essere di minore volonta da parte degli entità rispetto a quelle rilevate per il imprenditori di reagire 2009. Entrando nello specifico, si segnala la flessione attesa nei livelli produttivi (-0,8%), di fatturato (-5,9%) e di portafoglio ordini (-4,9%). In direzione opposta vanno, invece, gli investimenti (10,4%) che evidenziano una clima di fiducia ed una volontà di operare al fine di superare le problematiche congiunturali. Secondo le stime, il volume di affari rimarrà comunque in flessione in quasi tutti i comparti rispetto al 2008 (commercio -0,3%; trasporti -5,7%; terziario avanzato -7,1%; altri servizi 5,3%) con un lieve aumento invece per il settore turistico (0,1%). Per quanto riguarda i livelli produttivi, variazioni positive si riscontrano nel turismo (2,3%) Minore impiego di risorse umane 148 ma anche nel settore dei trasporti (7,6%). Per quanto riguarda gli investimenti, infine, gli operatori del comparto turistico sono gli unici ad indicare un calo (-20,8%), mentre spicca il dato dei trasporti (20%) rispetto ai comunque buoni valori rilevati per il commercio (7,1%), per il terziario avanzato (6,7%) e per gli altri servizi (4,2%). Tab. 4 – Previsioni di variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dei servizi nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %) Commercio Turismo Trasporti Terziario avanzato Altri servizi Totale servizi Totale economia Palermo Produzione -0,6 2,3 7,6 -5,8 -5,6 -0,8 -1,8 Fatturato -0,3 0,1 -5,7 -7,1 -5,3 -5,9 -1,9 Portafoglio Ordini 1,1 0,4 -2,5 -8,2 -5,4 -4,9 -1,0 Occupati 1,4 0,0 -1,2 -1,3 0,4 -0,6 -1,9 Investimenti 7,1 -20,8 20,0 6,7 4,2 10,4 -0,7 Fonte: Osservatorio Economico Palermo Numerosi piccoli esercizi stanno reagendo positivamente, spostandosi su segmenti specializzati ed a alto valore aggiunto Come precedentemente affermato, il settore del commercio, direttamente a contatto con le evoluzioni negative recenti della domanda per consumi, è fra quelli che sembrano aver risentito in misura più ampia degli effetti della recessione. E’ stato, quindi, opportuno indagare attraverso indagine le dinamiche strutturali che stanno attraversando tale comparto negli ultimi anni, sull’onda anche di provvedimenti legislativi di liberalizzazione del settore. Da un punto di vista dimensionale, nonostante il forte progresso che la GDO ha registrato in questi ultimi anni, il settore commerciale palermitano rimane caratterizzato da piccole superfici, e da piccoli imprenditori, che nell’81% dei casi controllano un solo punto vendita, e nel 62% delle situazioni non superano una sperficie di 200 mq. Più della metà dei punti vendita del campione è ubicata nel centro storico del capoluogo, che è la vetrina commerciale della provincia di Palermo, anche se più di un terzo degli esercizi opera nell’ampia e popolosa periferia della città. 149 La differenziazione strategica del commercio Benché piccoli, non di rado gli esercizi commerciali palermitani puntano sulla qualità e la specializzazione della propria gamma, considerando che il 22% degli intervistati opera nel settore dell’abbigliamento e della moda, ed il 14% nel setore degli alimentari ad elevata specializzazione (e, quindi, nel settore degli alimentari di qualità, o di nicchia). Sembra che numerosi commercianti locali abbiano reagito alle riforme del settore, ed alla crescita della GDO, posizionandosi in mercati di nicchia, offrendo una gamma altamente specializzata di merce. Infatti, il 68,6% del campione si posiziona su fasce di prezzo medio-alte, puntando cioè su nicchie di mercato ridotte numericamente, ma dotate di alto potere di acquisto, rispetto alle quali occorre offrire prodotti di alta qualità, brand riconosciuto, e anche servizi accessori alla vendita qualificanti (consegna a domicilio, assistenza post vendita, ecc.) Una simile strategia differenzia l’offerta del piccolo esercizio rispetto a quella, generica ed indifferenzata, della GDO, e garantisce al commerciante singolo la sopravvivenza, rispetto a grandi superfici di vendita che hanno dalla loro parte una gamma di prodotti più ampi, e prezzi mediamente più bassi, garantiti dalle migliori economie di scala conseguibili. Non vi è dubbio infatti che siano proprio le grandi superfici di vendita, o anche le strutture costituite da piccoli esercizi, ma concentrati in un unico polo che offre anche servizi di vario genere (ristorazione, servizi ricreativi, banca, ecc.) come i centri commerciali, i principali concorrenti delle imprese commerciali palermitane, composte in larga misura da piccole superfici. Secondo il 28% del campione i grandi centri commerciali polifunzionali costituiscono una minaccia particolare per quegli esercizi che non sono localizzati all’interno dei centri stessi. Infatti, questi ultimi hanno, grazie alla 150 concentrazione di negozi, all’offerta diversificata di servizi di contorno allo shopping, e spesso anche grazie alle offerte che riescono a spuntare (si pensi ad es. al successo dei centri commerciali organizzati sotto la forma di outlet, che riescono a offrire prezzi relativamente vicini a quelli dei grossisti) una indubbia capacità attrattiva, che spiazza gli esercizi localizzati all’esterno dei centri stessi. Una strategia di risposta potrebbe essere quella di effettuare azioni promozionali, o campagne di sconto, congiunte, a livello, p. es., di tutti i negozi localizzati in una stessa strada/quartiere cittadino, in modo da replicare alcuni dei vantaggi tipici dei centri commerciali. Per il 50% circa del campione, poi, la minaccia proviene anche dalle grandi superifici di vendita tradizionali, sia che queste siano despecializzate (supermercati ed ipermercati) sia che queste siano specializzate in un unitco tipo di articolo. Ovviamente, la GDO ha la possibilità di valorizzare economie di scala e, quindi, di offrire prezzi più bassi sulla gamma dei prodotti di mediobasso livello qualitativo, che il piccolo commerciante non ha, e quest’ultimo deve quindi sempre più spostarsi, come del resto molti degli intervistati fanno già o intendono fare, sull’offerta specializzata di prodotti ad alto valore aggiunto. La strategia di risposta per i piccoli commercianti non può, invece, essere, anche per carenza di risorse finanziarie per investimenti di grande portata, quella di ampliare la superficie, magari aprendo nuovi punti di vendita. Infatti, lo sforzo finanziario necessario per giungere a dimensioni competitive con quelle della GDO è proibitivo per il piccolo esercizio che deve utilizzare canali diversi dalla mera crescita dimensionale per poter sopravvivere, specie in un periodo di recessione dei consumi come quello attuale, dove l’apertura di nuovi punti vendita 151 rischia di non trovare rispondenza nel mercato. di ciò sono pienamente consapevoli le imprese intervistate, posto che l’83% di esse non ha, fra le sue strategie, la previsione di aprire nuovi punti di vendita. Graf. 2 – Numero dei punti vendita per azienda e rispettiva superficie media (In %) Numero punti vendita Superficie media 81,4 61,8 19,6 8,8 14,7 5,9 3,9 3,9 Uno Da 2 a 5 Oltre 5 Inferiore a 200 mq Fra 200 e 400 mq Fra 400 e 1500 mq Superiore a 1500 mq Non risponde Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 3 – Posizionamento di prezzo dei prodotti offerti dalle aziende commerciali palermitane (In %) 152 63,7 70,0 60,0 50,0 40,0 19,6 30,0 20,0 6,9 4,9 4,9 10,0 0,0 Alta gammaalti prezzi Media gammamedi prezzi Bassa gammabassi prezzi Altro Non risponde Fonte: Osservatorio Economico Palermo Graf. 4 – Formule distributive considerate concorrenti più critiche dalle aziende commerciali palermitane (In %) 28,4 Centri commerciali 25,5 Ipermercati e supermercati 24,5 Grandi superfici specializzate 17,6 Grandi magazzini 12,7 Discount 8,8 Factory Outlet (spacci aziendali) Commercio elettronico 4,9 34,3 Altro *Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle essere superiore a 100. risposte può Fonte: Osservatorio Economico Palermo Il turismo; un polmone di sviluppo vitale per Palermo Il settore turistico costituisce, per l’insieme dell’economia del nostro Paese, una risorsa vitale, ancora non del tutto valorizzata. Per Palermo, poi, l’opportunità di uno sviluppo turistico è ancora più importante, tenuto conto della grande numerosità e varietà delle risorse territoriali presenti, che offrono la possibilità di costruire pacchetti turistici differenziati (turismo estivobalneare, congressuale, crociristico, archeologico e culturale, naturalistico, sportivo). La provincia di Palermo, già attualmente, 153 Il turismo palermitano sembra però non riuscire ad attrarre in misura sufficiente nicchie turistiche ad alta capacità di spesa concentra circa un quarto degli arrivi e delle presenze turistiche dell’intera Sicilia ed è, quindi, la provincia leader della regione nell’attrazione di flussi turistici, proprio per quanto detto sopra in termini di ricchezza dell’offerta turistica disponibile (anche se Messina presenta valori superiori rispetto a Palermo in termini di presenze, ma non di arrivi, va considerato che tale provincia gode anche di un cospicuo flusso di turismo di mero transito, legato cioè ai collegamenti fra Sicilia e continente). Peraltro, a testimonianza del valore della sua offerta turistica, e di una buona immagine del territorio, Palermo riesce, nel 2007, ad attrarre flussi dai mercati turistici più competitivi e difficili da conquistare (anche per i necessari investimenti promozionali che devono assere attivati in tal senso), ovvero quelli internazionali, in misura maggiore rispetto al resto della Sicilia. Infatti, gli arrivi e le presenze di turisti stranieri a Palermo costituiscono, rispettivamente, il 43,3% ed il 50,5% del totale, a fronte di una media regionale pari al 38,3% per gli arrivi ed al 40,6% per le presenze. Le presenze di turisti stranieri, in percentuale sul totale, superano anche la media nazionale, pari al 43,4%. Rispetto al passato, inoltre, il segmento straniero cresce leggermente, sia in termini di arrivi che di presenze, a fronte di una diminuzione sensibile, ed in controtendenza rispetto alla regione ed all’Italia, dei flussi di turisti italiani in ingresso. Tale posizionamento, peraltro, dipende dai risultati soddisfacenti del segmento extra alberghiero della ricettività provinciale che, anche per i turisti di provenienza nazionale, mette a segno risultati migliori rispetto al comparto alberghiero. Evidentemente, vi è stata una capacità di attrarre soprattutto un turismo a minor capacità di spesa (generalmente, gli 154 Nel 2008, i primi venti della crisi influiscono negativamente sul settore ricettivo esercizi extra alberghieri offrono una ricettività più economica rispetto a quelli alberghieri) il che, peraltro, è un elemento negativo, in termini di ricadute del turismo sull’economia locale. Occorre, quindi, puntare sull’attrazione di un turismo più di nicchia, che abbia un potere di acquisto superiore e, quindi, una maggiore capacità di attivare un circuito del reddito in sede locale più consistente di quello attuale. Il 2008 è stato un anno turisticamente interessante per il mercato nazionale nel suo insieme. Secondo l’Istat (“Viaggi e vacanze” – indagine 2008) rispetto al 2007 vi sarebbe stato un incremento del 9,4% dei viaggi e del 2,5% dei pernottamenti per i residenti italiani. Tuttavia, i primi segnali dell’impatto della recessione economica, e della conseguente tendenza a contrarre i consumi, ivi compresi quelli turistici, vengono rilevati nel rapporto 2009 “Turismo Impresa” dell’ISNART, secondo il quale le partenze da parte degli italiani nel 2008 si sarebbero contratte del 5-6% rispetto al 2007 e dovrebbero subire un ulteriore calo nel primo semestre del 2009. Non solo diminuisce il numero di italiani che vanno in vacanza, ma i comportamenti stessi si modificano, privilegiando una minore spesa, quindi periodi di permanenza media più brevi, offerte di viaggio più economiche, il che, ovviamente, si riflette in un impatto economico meno consistente sulle prospettive di sviluppo dei territori di destinazione. Infatti, sempre secondo ISNART, la spesa turistica diminuisce, in termini tendenziali, del 17% nel primo semestre e poi del 25% nel secondo semestre 2008. In un quadro simile, l’anno turistico 2008 si chiude, per Palermo, con un decremento dei flussi in ingresso molto marcato, generalmente più forte del sia pur evidente declino verificatosi su scala regionale. Particolarmente forte risulta essere la diminuzione dei flussi in 155 ingresso di turisti stranieri, che in passato avevano rappresentato la forza del comparto ricettivo palermitano. L’unica area turistica che evidenzia una certa tenuta, sul turismo nazionale, è quella ricadente nell’AST Cefalù, mentre il resto della provincia, ivi compresa la città capoluogo, registra un decremento molto rapido dei flussi in ingresso. Entrambi i comparti della ricettività, alberghiero e complementare, subiscono un calo pressoché omogeneo. Tab. 5 – Andamento dei flussi turistici nel 2008, per APT (variazione % rispetto al 2007) AZIENDA AST Cefalù AST PA/Monreale APT Palermo (altri comuni) Tot. Provincia Tot. Regione Italiani Stranieri Arrivi Presenze Arrivi Presenze 2008 Var. % 2008 Var. % 2008 Var. % 2008 Var. % 49.608 16,56% 157.957 22,79% 65.588 -11,11% 424.651 -4,73% 306.924 -8,21% 576.827 -10,37% 267.820 -13,24% 562.960 -9,90% 238.237 -18,91% 857.248 -3,35% 115.537 -24,60% 527.986 -21,95% 594.769 -11,33% 1.592.032 -4,05% 448.945 -16,20% 1.515.597 -13,25% 2.482.859 -7,44% 7.616.441 -3,35% 1.528.241 -12,24% 5.208.454 -8,36% Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Regione Sicilia Tab. 6 – Andamento dei flussi turistici nel 2008 nel comparto alberghiero, per APT (variazione % rispetto al 2007) Italiani Stranieri Arrivi Presenze Arrivi Presenze 2008 Var. % 2008 Var. % 2008 Var. % 2008 Var. % AST Cefalù 40.491 17,86% 122.015 27,50% 58.935 -11,31% 391.988 -4,55% AST PA/Monreale 297.083 -8,10% 557.207 -10,48% 258.459 -13,50% 545.028 -10,12% APT Palermo (altri comuni) 216.715 -18,80% 789.500 -2,66% 102.538 -24,93% 477.199 -22,71% Tot. Provincia 554.289 -11,24% 1.468.722 -3,96% 419.932 -16,32% 1.414.215 -13,47% Tot. Regione 2.154.899 -7,02% 6.355.068 -3,94% 1.375.543 -13,19% 4.649.314 -9,54% AZIENDA Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Regione Sicilia 156 3.5 – L’ARTIGIANATO Un settore che sta avvertendo in misura consistente gli effetti della recessione I comparti produttivi artigiani Con oltre 17.600 imprese artigiane, Palermo è la seconda provincia siciliana, dopo Catania, per diffusione di tale categoria di attività imprenditoriale. Sulla base dei dati camerali, le imprese iscritte alla sezione artigiani costituiscono il 15,8% del totale delle imprese registrate, perfettamente in linea con il dato regionale, e leggermente inferiore a quello nazionale (20,7%)5. Detto raggruppamento di imprese si concentra soprattutto nel manifatturiero (34,3% del totale), una percentuale superiore sia alla media regionale che nazionale, che evidenzia quindi come l’industria in senso stretto palermitana sia caratterizzata in una misura particolarmente forte da unità produttive molto piccole e semplici, con difficoltà evidenti di crescita e sviluppo competitivo. Segue il settore delle costruzioni (26% del totale delle imprese artigiane, che si concentrano soprattutto nei lavori più specializzati e/o nella manutenzione dei fabbricati), il commercio (13,9% del totale) anche in questo caso, come nel manifatturiero, una percentuale superiore alla media nazionale ed a quella regionale. Ciò evidenzia come il processo di ristrutturazione del comparto commerciale, che si è tradotto in una riduzione rapida del numero dei piccoli esercizi specializzati a favore dell’espansione della GDO, sia proceduto, a Palermo, più lentamente che nel resto del Paese. Infine, il 13,3% di imprese artigiane si concentra nel settore dei servizi alla persona più tradizionali, generalmente connotati da una forte connesisone con bacini di mercato di prossimità e di piccole dimensioni. Tra il 2007 ed il 2008, è interessante 5 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE. 157 notare come il numero di imprese artigiane diminuisca (-0,6%) in controtendenza rispetto al dato di lieve crescita (+0,3%) registrato in sede nazionale. Evidentemente, l’impatto della crisi, a Palermo, si sta scaricando soprattutto sulle imprese più piccole, quali quelle artigiane, che non hanno le risorse patrimoniali e finanziarie per resistere all’inevitabile deterioramento degli assetti finanziari aziendali connessi alla crisi stessa, ed hanno anche maggiori difficoltà ad ottenere credito bancario. Particolarmente marcato, e superiore alla media nazionale, è il decremento delle imprese artigiane manifatturiere (-1,3%) e di quelle del commercio (-4%). Come già più volte ribadito in questo rapporto, manifatturiero e commercio sono infatti i settori produttivi più direttamente colpiti dalla crisi. Con specifico riferimento al manifatturiero, i settori più duramente colpiti dalla contrazione del numero di imprese artigiane sono quelli legati alla filiera della moda. Le imprese artigiane del tessile diminuiscono infatti del 7,8% e quelle dell’abbigliamento del 5,7%. Entrambi i settori subiscono una contrazione più marcata rispetto al resto dell’economia nazionale, dove i tassi di riduzione sono rispettivamente del 4,7% e dello 0,3%. La concorrenza dal lato dei costi sempre più forte esercitata dai produttori asiatici (anche di quelli, operanti sovente in nero, localizzati sullo stesso territorio italiano) sta provocando uno spiazzamento molto evidente a danno delle piccole attività artigianali specializzate nel settore tessileabbigliamento di Palermo. Anche il comparto degli artigiani mobilieri, che a Palermo è un settore importante, rappresentato da 599 imprese, subisce, nel 2008, una contrazione del numero di operatori molto più forte rispetto alla media nazionale (-4,9%, a fronte del -2,4% medio nazionale) per motivi analoghi di 158 pressione competitiva dal lato dei costi esercitata dalla concorrenza internazionale, specie nelle economie emergenti. Viceversa, fra il 2007 ed il 2008 si registra una crescita del numero di piccole imprese operanti nell’indotto di sub fornitura specializzata del polo industriale (+14,3%, con un numero di operatori pari ad 8), il che potrebbe rappresentare anche un piccolo segnale ottimistico circa gli andamenti dell’indotto dei mezzi di trasporto. 159 Tab. 1 – Valore aggiunto dell'artigianato nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia per settore di attività economica (2006; incidenza e var. % rispetto al 2004) Manifatt. Trapani 223.295 Palermo 446.071 Messina 339.796 Agrigento 143.123 Caltanissetta 82.967 Enna 76.744 Catania 444.784 Ragusa 204.245 Siracusa 133.302 Sicilia 1.235.251 ITALIA 62.830.766 Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA 30,8 33,0 31,9 27,6 29,5 28,0 32,2 28,1 26,7 31,3 39,9 Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sicilia ITALIA -0,1 3,3 54,4 4,9 -29,0 0,5 3,2 22,2 -18,7 6,4 -12,1 Inform. Serv. famiglie serv. Imp. Valori assoluti (in migliaia di euro) 222.900 90.839 90.144 42.206 54.677 352.802 197.374 143.340 103.385 109.680 312.589 153.080 107.077 73.144 80.123 130.213 94.398 84.714 26.906 39.293 58.945 47.479 53.398 13.755 24.387 90.811 36.231 31.271 23.298 15.435 357.098 168.499 210.548 103.747 96.867 252.986 102.403 85.588 39.558 43.180 139.249 78.710 70.914 36.143 40.275 1.077.450 583.170 478.673 259.395 308.160 43.535.589 15.357.418 18.757.373 8.003.287 9.090.556 Incidenza (%) 30,8 12,5 12,4 5,8 7,6 26,1 14,6 10,6 7,6 8,1 29,3 14,4 10,0 6,9 7,5 25,1 18,2 16,3 5,2 7,6 21,0 16,9 19,0 4,9 8,7 33,2 13,2 11,4 8,5 5,6 25,8 12,2 15,2 7,5 7,0 34,8 14,1 11,8 5,4 5,9 27,9 15,8 14,2 7,2 8,1 27,3 14,8 12,1 6,6 7,8 27,6 9,7 11,9 5,1 5,8 Variazione (%) rispetto al 2004 -2,1 -28,4 -21,8 -67,1 -21,8 75,5 -26,9 -36,3 -34,0 0,7 6,5 -18,4 -30,5 -53,9 -26,1 -17,9 -1,8 -16,4 -75,4 -37,3 -33,5 -4,2 -10,6 -55,9 -30,2 -24,3 -32,5 -17,5 -52,0 -48,6 8,0 -20,5 -14,4 -57,0 -32,9 -17,7 11,9 -6,0 -48,6 -4,4 -25,6 -7,3 -6,4 -52,2 -21,7 ,2 -17,3 -20,7 -55,0 -23,2 -4,3 -31,1 -12,8 -41,8 -35,9 Costr. Commerc. Trasporti Totale 724.061 1.352.651 1.065.809 518.647 280.931 273.791 1.381.545 727.959 498.592 3.942.100 157.574.989 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 -18,8 -2,9 -5,1 -22,0 -26,3 -25,3 -13,9 -6,6 -21,9 -13,0 -16,5 Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Inps Il consuntivo 2009: flessioni significative nei principali indicatori congiunturali Le dichiarazioni degli imprenditori intervistati mostrano come il 2009 sia per le imprese artigiane palermitane un anno contrassegnato da importanti flessioni nei principali indicatori congiunturali. Il volume di affari registra una consistente diminuzione pari al 19,2%, in corrispondenza di una contrazione della produzione di circa il 20%. Una riduzione di simile intensità si rileva anche per quanto riguarda il portafoglio ordini. Le 160 problematiche riscontrate a livello produttivo si riflettono anche nel dato relativo al numero di occupati che si riduce dell’8,3%. Un segnale di vitalità del comparto emerge dagli investimenti, in aumento del 7,1% in risposta alle criticità del periodo. Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dell’artigianato nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %) 7,1 10,0 5,0 0,0 -5,0 -8,3 -10,0 -15,0 -19,2 -20,0 -18,8 -20,8 -25,0 Produzione Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti Fonte: Osservatorio Economico Palermo Le previsioni per il 2010: rallentamento della fase recessiva Per quanto riguarda le previsioni per il 2010 si deve evidenziare come negli imprenditori dell’artigianato palermitano continui a prevalere un clima di moderata sfiducia, essendo i principali indicatori congiunturali ancora in area negativa; tuttavia i tassi di crescita negativi di produzione, fatturato, ordinativi ed occupazione sono di misura notevolmente inferiore in valore assoluto rispetto a quelli riscontrati nel consuntivo 2009 e pertanto possono essere letti nell’ottica di un parziale miglioramento della situazione economica del settore. Da notare, tuttavia, come l’incremento previsto per gli investimenti (+0,4%) sia piuttosto modesto, ad indicare, probabilmente, come le attese per il prossimo anno siano ancora caratterizzate da un consistente livello di incertezza. Graf. 2 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori congiunturali dell’artigianato nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %) 161 0,4 0,5 0,0 -0,5 -1,0 -1,4 -1,5 -1,8 -2,0 -2,1 -2,5 -2,8 -3,0 Produzione Fatturato Portafoglio ordini Fonte: Osservatorio Economico Palermo 162 Occupati Investimenti