Il presente Rapporto è stato realizzato
dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Palermo
in collaborazione con l’Istituto G. Tagliacarte di Roma
Si ringraziano:
Banca d’Italia di Palermo
Banca Nuova di Palermo
Gruppo di lavoro
Camera di Commercio
Vincenzo Genco
Segretario Generale f.f.
Maria Gerbino
Dirigente Area n.2 “Promozione settori economici”
Clara Di Palermo
Responsabile comunicazione esterna
Gruppo di lavoro
Istituto G. Tagliacarne
Alessandro Rinaldi
Dirigente Responsabile Area studi e Ricerche
Paolo Cortese
Responsabile Analisi economiche
e politiche di sviluppo territoriale
Riccardo Achilli
Ricercatore
Stefania Vacca
Ricercatrice
Stefano Sparacca
Collaboratore
Michele Frate
Elaborazione dati
Cristian Mastrofrancesco
Elaborazione dati
Progetto grafico
graficamente di Giuseppe Nisi
2
PREMESSA
La presente edizione dell’Osservatorio Economico della provincia di Palermo
presenta importanti innovazioni.
La crisi finanziaria e la recessione hanno imposto nuovi obiettivi,
metodologia e disegno della ricerca. In particolare, l’impegno in favore di una
qualità delle informazioni presenti nel Rapporto passa attraverso le
raccomandazioni fornite dalla Commissione europea sulle statistiche nazionali e
comunitarie, riguardanti l’indipendenza professionale, la riservatezza
scientifica, l’imparzialità, la solidità metodologica, adeguate procedure
statistiche, pertinenza delle informazioni, accuratezza e attendibilità,
tempestività e puntualità, coerenza e comparabilità e chiarezza.
Il Rapporto è suddiviso in tre sezioni, la prima di valutazione di impatto della
crisi, la seconda di analisi macroeconomica territoriale/strutturale e la terza di
analisi dei settori produttivi e della relativa congiuntura. A corredo dell’analisi,
inoltre, è stata realizzata una appendice statistica.
Per realizzare tali attività, è stata condotta una indagine presso un campione
rappresentativo di aziende (500), volta a definire le dinamiche congiunturali delle
imprese palermitane nel 2009 e le previsioni per il 2010. A differenza delle
edizioni precedenti, saranno riportate le stime quantitative delle variazioni del
volume di affari, della produzione, dell’occupazione e degli investimenti.
Nell’ambito dell’indagine, è stato realizzato un approfondimento sull’impatto
della crisi in provincia, con particolare riferimento ai fattori imprenditoriali e
territoriali maggiormente interessati da tale fenomeno.
Sarà possibile osservare, poi, come la crisi abbia contribuito, insieme
all’applicazione di Basilea 2, alla restrizione creditizia e, di conseguenza, al
rallentamento dell’intero sistema economico.
Nel Rapporto verranno prese in considerazione le politiche per riattivare il
circuito economico locale, anche attraverso misure sistemiche e strutturali.
3
Indice
Premessa ............................................. 3
INTRODUZIONE ..............................................
7
I Lo scenario economico dopo la crisi finanziaria .... 7
II La situazione economica di Palermo ............... 13
III L’impatto della crisi in provincia di Palermo ... 23
IV La dinamica congiunturale del 2009 e le previsioni
per il 2010 ......................................... 26
V Il credito ed fattori territoriali di sviluppo .... 28
SEZIONE 1
Gli effetti della recessione internazionale in provincia di
Palermo .................................................. 7
1.1
GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI
............... 34
1.1.1 Ruolo e tendenze del clima di fiducia delle
imprese palermitane ................................. 34
1.1.2 Gli effetti della recessione sulle imprese .... 38
1.1.3 Gli assetti finanziari ed il credito .......... 40
1.1.4 Gli impatti occupazionali della recessione .... 45
1.1.5 Le strategie e gli interventi per fronteggiare la
crisi ............................................... 48
SEZIONE 2
L’analisi Macroeconomica ................................ 53
2.1 –
LA CREAZIONE DI RICCHEZZA .............................
54
2.1.1 Il Prodotto Interno Lordo provinciale ......... 54
2.1.2 Il valore aggiunto settoriale ................. 56
Quadro A - Il sistema economico integrato dei beni
culturali ........................................... 60
2.2 –
LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA
....................... 61
2.2.1 La dinamica demografica ....................... 61
2.2.2 Il Pil pro capite ............................. 65
Quadro B – Benchmarking: le principali aree portuali
mediterranee ........................................ 68
2.2.3 Il patrimonio delle famiglie .................. 69
2.2.4 L’indebitamento delle famiglie ................ 71
4
2.2.5 I consumi delle famiglie ...................... 75
2.2.6 La qualità della vita ......................... 76
2.3 –
LA DINAMICA IMPRENDITORIALE
........................... 81
2.3.1 Gli effetti della crisi sul sistema
imprenditoriale ..................................... 81
2.3.2 La natura giuridica delle imprese ............. 84
2.4 –
IL COMMERCIO ESTERO
................................. 90
2.4.1 Le dinamiche congiunturali al terzo trimestre
2009 ................................................ 90
2.4.2 Il posizionamento strutturale del commercio
estero .............................................. 94
2.4.3 Il grado di internazionalizzazione ............ 97
2.5 –
IL MERCATO DEL LAVORO ...............................
100
2.5.1 Il quadro nazionale .......................... 100
Quadro C - L’impatto della crisi sul mercato del lavoro
................................................... 104
2.5.2 I principali indicatori provinciali .......... 106
2.5.3 Gli andamenti occupazionali nel 2009 ......... 108
2.5.4 L’occupazione per genere ..................... 111
2.5.5 La distribuzione settoriale dell’occupazione . 112
2.6 –
IL CREDITO ........................................
114
2.6.1 La rischiosità del credito durante la crisi .. 114
2.6.2 L’operatività del sistema bancario ........... 116
2.6.3 La dotazione bancaria sul territorio ......... 121
2.7 –
LA SITUAZIONE INFRASTRUTTURALE ........................
125
2.7.1 L’articolazione delle infrastrutture ......... 125
SEZIONE 3
I settori economici .................................... 130
3.1 – L’AGRICOLTURA ..................................... 131
3.2 –
IL MANIFATTURIERO
3.3 –
LE COSTRUZIONI
3.4 –
I SERVIZI
.................................. 134
.................................... 143
........................................ 146
3.5 – L’ARTIGIANATO ..................................... 157
INTRODUZIONE APPENDICE STATICA ................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
SEZIONE 1
5
Gli effetti della recessione internazionale in provincia di
Palermo ...................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI ERROR! BOOKMARK NOT
DEFINED.
SEZIONE 2
L’analisi Macroeconomica ..... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
2.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA ....... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
2.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA . ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
2.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE ..... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
2.4 – IL COMMERCIO ESTERO ........... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
2.5 – IL MERCATO DEL LAVORO .......... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
2.6 – IL CREDITO ................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
SEZIONE 3
I settori economici .......... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
3.1 – L’AGRICOLTURA ................ ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
3.2 – IL MANIFATTURIERO ............. ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
3.3 – LE COSTRUZIONI ............... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
3.4 – I SERVIZI ................... ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.
3.5 –
L’ARTIGIANATO……………………………………………………………...ERROR!
NOT DEFINED.
6
BOOKMARK
Introduzione
1. Lo scenario economico dopo la crisi finanziaria
Nella seconda metà del 2008, la crisi
innescatasi nei mercati finanziari degli
Stati Uniti, ha iniziato ad esplicare i
propri
effetti
sull’economia
reale,
mettendo a dura prova il sistema economico
e produttivo di numerosi Paesi.
Nel 2009 l’economia occidentale, dopo anni
di
crescita,
risulta
in
significativa
flessione,
soprattutto
a
causa
delle
perdite
osservate
nella
prima
parte
dell’anno. Il secondo semestre manifesta,
infatti, una dinamica di ordinativi e
produzione più stabile. In ogni caso, il
commercio economico mondiale, nel 2009
perde circa il 15%, per poi risvegliarsi,
secondo le previsioni, nel 2010.
Sono, dunque, le economie avanzate, in
particolare
europee,
a
soffrire
maggiormente le difficoltà legate alla
crisi economica, anche a causa del fatto
che in questi paesi, la dinamica dei
consumi interni è debole.
Al pari delle altre economie, quella
italiana ha scontato nel 2009 gli effetti
della crisi internazionale evidenziando un
quadro piuttosto difficile. La fase di
contrazione del Prodotto Interno Lordo
(PIL), intrapresa a partire già dal secondo
trimestre del 2008 (-0,4%), si è accentuata
proprio
sul
finire
dell’anno
(-2,9%
nell’ultimo trimestre), alla vigilia della
marcata
accelerazione
del
ritmo
di
decrescita registrata nel primo trimestre
del 2009 (-6,0%).
Un deterioramento che ha esaurito la sua
spinta nel secondo trimestre del 2009,
quando il PIL si è contratto in termini
tendenziali quasi della stessa aliquota
percentuale segnata in quello precedente (5,9%). Nel terzo trimestre si è poi
registrato una ulteriore, e più importante,
7
attenuazione delle dinamiche negative (4,6%), che in termini congiunturali si
traduce in una crescita del Pil (+0,6%), la
prima variazione positiva dal momento in
cui è iniziata la fase recessiva.
Trattandosi di una crisi che ha paralizzato
gran parte del sistema produttivo mondiale,
è evidente come il settore industriale,
maggiormente
internazionalizzato,
sia
risultato quello più colpito. Performance
rese negative soprattutto in conseguenza
del marcato calo della domanda estera,
riflesso
in
due
consecutive
riduzioni
tendenziali delle esportazioni di beni e
servizi, nel primo e nel secondo trimestre
del 2009 di oltre 20 punti percentuali (21,9% nel primo e -23,1% nel secondo).
La
produzione
nazionale
non
è
stata
supportata, d’altra parte, dai consumi
interni privati che hanno raggiunto una
flessione di quasi tre punti percentuali
nel primo trimestre dell’anno corrente. In
un contesto di incertezza sul futuro, le
imprese hanno poi ridotto notevolmente il
processo di accumulazione. Gli investimenti
si
sono,
infatti,
ridotti
in
misura
significativa, toccando il proprio minimo
nel secondo trimestre del 2009 (-16,9%
rispetto al trimestre corrispondente). Si
tratta di una politica di investimento
attendista, riscontrabile anche dal lato
del credito, come dimostra il fatto che,
tra
il
2008
ed
il
2009,
si
è
considerevolmente
ridotto
il
tasso
di
crescita degli impieghi bancari relativi
alle imprese.
I
dati
relativi
al
terzo
trimestre
mostrano,
tuttavia,
come
l’economia
italiana abbia imboccato la strada della
ripresa.
Per
tutte
le
variabili
macroeconomiche
in
esame
si
registra,
infatti, un attenuamento del trend negativo
(in
termini
tendenziali:
Pil
-4,6%;
esportazioni -18,3%, consumi interni -1,7%,
investimenti
-13,8%;
in
termini
congiunturali:
Pil
+0,6%;
esportazioni
+2,5%, consumi interni +0,4%, investimenti
+0,3%). Sulla scia di un miglioramento del
8
clima
di
fiducia
delle
imprese
manifatturiere, nel mese di maggio ha
ripreso a crescere anche la produzione
industriale, che sta gradualmente tornando
ai livelli pre-crisi. Nel terzo trimestre
la
ricchezza
prodotta
dal
settore
industriale
ha,
infatti,
segnato
una
variazione positiva (+3%). Si registra
un’inversione di tendenza anche per il
terziario,
percorso
già
iniziato
nel
trimestre
precedente,
mentre
per
l’agricoltura e le costruzioni persiste la
fase di discesa. A gravare sul settore è,
in particolare, sia il rallentamento del
mercato immobiliare che la diminuzione
degli appalti per opere pubbliche.
Quanto appena detto evidenzia come il
sistema
economico
italiano,
seppur
debolmente, abbia iniziato a reagire.
Più
in
generale,
anche
la
comunità
economica mondiale, nonostante il crack
delle piazze asiatiche -Dubai World- di
fine novembre abbia lasciato gli operatori
finanziari con il fiato sospeso, è concorde
nell’affermare che “il peggio è passato”.
In ogni caso, sebbene tale ottimismo sia
giustificato da timidi segnali di ripresa,
a livello internazionale, degli ordinativi
e della produzione, è doveroso tener conto
del fatto che rimangono, comunque, numerose
“questioni sul tappeto”.
A destare preoccupazione è, soprattutto, il
mercato del lavoro, le cui condizioni
sembrano
destinate
a
deteriorarsi
nei
prossimi mesi (a causa dell’andamento della
Cassa Integrazione), con le conseguenti
tensioni
sociali
e
gli
effetti
sul
dinamismo italiano che ne deriverebbero. Si
tratta, infatti, di una variabile su cui
l’andamento del ciclo economico tende a
riflettersi
con
qualche
ritardo.
A
differenza delle precedenti crisi, inoltre,
in quella attuale, le perdite di posti di
lavoro
nell’industria
non
verranno
sostituite
dal
dinamismo
del
settore
terziario.
Altro fattore ostativo piuttosto rilevante
della crisi è stato quello creditizio, sia
9
con riferimento alle rigidità sistemiche
che al costo del denaro praticato ad
imprese e famiglie. Attualmente i tassi di
sconto Fed e Bce ed i tassi di interesse
interbancari sono ai minimi storici, mentre
i tassi di interesse praticati alle imprese
risultano ancora elevati. Dopo l’estate,
infatti,
crescono
le
critiche
verso
l’Accordo di Basilea 2 che, basando il
rating
sulla
salute
di
bilancio
dell’impresa, è giudicato eccessivamente
prociclico e quindi reo di aver favorito le
dinamiche recessive.
In ogni caso, le previsioni realizzate in
autunno sembrano meno severe di quelle
realizzate prima dell’estate. Nel 2009
l’Italia perderà circa 5 punti percentuali
di PIL, mentre il 2010 potrebbe essere
l’anno
della
ripresa
(+0,2%/+1,2%).
Chiaramente,
il
modesto
dinamismo
del
sistema Italia non deve essere attribuito
esclusivamente alla congiuntura negativa,
quanto piuttosto alle difficoltà ed ai noti
ritardi
e
squilibri
strutturali
che
influenzano le modalità di reazione del
nostro Paese agli shock esogeni.
Graf. 1 – Andamento del PIL nel Mondo e nei principali sistemi
economici
(2007 – 2008; previsioni 2009 – 2010; In %)
6,0
4,0
2,0
0,0
-2,0
2007
2008
2009
2010
-4,0
-6,0
Germania
Area euro
Economie avanzate
Germania
Spagna
Francia
ITALIA
Area euro
Regno Unito
Stati Uniti
Spagna
Regno Unito
Mondo
Francia
Stati Uniti
2007
2,5
3,6
2,3
1,6
2,7
2,6
2,1
2008
1,2
0,9
0,3
-1,0
0,7
0,7
0,4
10
Italia
Giappone
2009
-5,3
-3,8
-2,4
-5,1
-4,2
-4,4
-2,7
2010
0,3
-0,7
0,9
0,2
0,3
0,9
1,5
Giappone
Economie avanzate
MONDO
2,3
2,7
5,2
-0,7
0,6
3,0
-5,4
-3,4
-1,1
1,7
1,3
3,1
Fonte: FMI, World Economic Outlook, October 2009
Tab. 1 – Quadro macroeconomico per l'Italia
(variazioni percentuali; 2008 consuntivo, 2009 e 2010 previsioni)
2008
-1,0
-4,5
-3,7
-0,9
0,6
-2,9
-0,1
6,7
PIL
Importazioni di beni e servizi
Esportazioni di beni e servizi
Consumi delle famiglie residenti
Consumi delle AA.PP.
Investimenti fissi lordi
Occupati (Ula)
Tasso di disoccupazione
2009
-4,7
-15,3
-20,2
-1,7
1,3
-12,1
-2,7
7,6
2010
0,6
1,5
1,7
0,6
0,3
0,7
-0,6
8,6
Fonte: elaborazioni su dati ISAE, Nota mensile ottobre 2009
Graf. 2 – Conto economico delle risorse e degli impieghi in Italia
(2008–2009; variazioni trimestrali tendenziali In %)
2,0
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-16,0
-18,0
5,0
0,0
-5,0
-10,0
-15,0
-20,0
-25,0
I trim 08
II trim 08
III trim 08
IV trim 08
PIL
Investimenti
Esportazioni (scala destra)
I trim 09
II trim 09
III trim 09
Consumi
Importazioni (scala destra)
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
Graf. 3 – Andamento dei tassi di sconto FED e BCE (2007 – 2009)
11
6,0
5,25
5,25
5,0
4,75
4,00
4,0
4,50
4,00
4,00
3,75
4,25
4,00
4,00
4,00
4,00
4,25
4,00
4,00
4,00
3,75
3,75
3,50
3,25
3,25
3,0
2,50
2,50
2,25
2,0
2,00
2,25
1,75
1,50
1,25
1,0
1,25
1,00
1,25
0,50
0,50
0,50
0,50
0,50
0,0
200
9
200
9
9
9
200
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Apr
200
08
8
8
200
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200
, 20
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No
29
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8
200
8
200
8
8
200
200
8
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Lug
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Ma
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07
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200
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Feb
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07
, 20
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Dic
No
007
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bre
tem
Set
7
200
,2
gno
Giu
,
rzo
Ma
FED
BCE
Fonte: FED, BCE
L’indice del clima di fiducia ISAE:
luglio 2008/novembre 2009
L’Istituto di Studi e Analisi Economica (ISAE) realizza mensilmente inchieste congiunturali sulla base
di interviste a campioni di imprese di vari settori (manifatturiero ed estrattivo, costruzioni, commercio al
minuto, servizi) e presso un campione di consumatori, a livello nazionale. Il clima di fiducia è un
indicatore sintetico complessivo di ciascuna inchiesta elaborato sulla base delle domande ritenute
maggiormente idonee per valutare l’ottimismo/pessimismo delle imprese dei differenti settori in esame e
dei consumatori. Sulla base di esso, è possibile trarre delle indicazioni sul loro stato di fiducia circa le
condizioni economiche correnti e sulle loro aspettative di breve termine. Da una valutazione complessiva
degli indici mensili a disposizione per il periodo luglio 2008/agosto 2009 si ricava una impressione
generale di lieve miglioramento del clima di fiducia dopo i picchi negativi conseguenti all’esplosione
della crisi economica internazionale, sebbene con delle differenze, in particolare tra settori, che meritano
di essere analizzate.
L’indice del clima di fiducia del settore manifatturiero risulta caratterizzato da un trend crescente in atto
dal marzo 2009, mese che rappresenta il punto di svolta dopo la caduta costante dell’indice iniziata nel
luglio 2008; tale andamento rappresenta una prima indicazione di maggiore fiducia in una possibile
ripresa, anche se il livello dell’indice rimane ancora al di sotto del livello precedente all’esplosione della
crisi. Anche l’indice del settore dei servizi sembra proporre la stessa tendenza di quello del settore
manifatturiero, con una crescita dal II trimestre 2009 e con un recupero rispetto al luglio 2008. Una
conferma di questi primi segnali di lieve progresso può essere rinvenuta nel clima di fiducia dei
consumatori, con il relativo indice che dopo aver toccato un proprio minimo nel luglio 2008 è anch’esso
ripreso a salire fino a raggiungere livelli superiori a quelli precedenti la crisi.
Contrariamente, nel caso del settore delle costruzioni è evidente come dopo il crollo della fiducia
dell’agosto 2008, conseguenza della crisi e di un rallentamento ciclico seguito ad un quinquennio di forte
espansione, l’indice pur mostrando dei timidi segnali di miglioramento rimanga costantemente a livelli
inferiori a quelli pre-crisi, segnalando uno stato di pessimismo ed incertezza. Un andamento piuttosto
simile nella fiducia degli imprenditori si rinviene anche nel settore del commercio, anche se con una
tendenza lievemente più marcata al rialzo.
In definitiva, come accennato precedentemente, l’analisi congiunta dei diversi indici sul clima di fiducia
elaborati dall’ISAE consente di evidenziare qualche prima indicazione di cauto ottimismo tra imprese e
famiglie italiane, sebbene si sia ancora piuttosto distanti da un completo recupero dagli effetti negativi
della crisi sullo stato di fiducia nell’economia nel suo complesso.
12
Quadro 1 – Andamento mensile dell’indice del clima di fiducia dei
consumatori
Clima di fiducia - Consumatori
(luglio 2008/novembre 2009; dati
destagionalizzati,
base 2000 = 100)
(Base 2000
= 100)
100,0
95,0
90,0
85,0
80,0
75,0
lug-08 ago-08 set-08
ott-08 nov-08 dic-08 gen-09 feb-09 mar-09 apr-09 mag-09 giu-09 lug-09 ago-09 set-09
ott-09 nov-09
Fonte: ISAE
II La situazione economica di Palermo
Aspetti strutturali e
congiunturali della crisi
La recessione economica in atto, dopo aver
abbandonato
la
sfera
puramente
finanziaria, è entrata da quasi un anno
nel comparto reale dei sistemi economici
di tutto il mondo e, a tutti i livelli
territoriali,
riconfigura,
in
modo
profondo
e
per
molti
versi
ancora
inesplorato, i rapporti economici ed i
modelli competitivi adottati dai sistemi
economici.
Attualmente, Palermo, come il resto delle
economie territoriali del mondo, è alle
prese
con
la
difficile
sfida
di
traghettare il proprio sistema produttivo
fuori dalla recessione, minimizzandone le
perdite ed i conseguenti impatti sociali.
Al
contempo,
emerge
l’esigenza
di
attrezzare
le
imprese
operanti
nel
territorio
con
quei
fattori
di
competitività strutturale, atti a cogliere
le opportunità della ripresa economica,
quando essa si manifesterà.
Per
questi
motivi,
l’Osservatorio
Economico di Palermo quest’anno focalizza
la propria attenzione sull’impatto della
recessione sull’economia locale e sul modo
con il quale le imprese provinciali stanno
reagendo, con un’ottica che però non è
meramente
congiunturale,
ma
anche
strutturale, perché i fattori dell’assetto
socio-economico locale determinano, da un
13
La crescita strutturale
dell’economia: nel 2008 Pil 3,2%
Crescita del Pil e crescita
reale dell’economia
lato, caratteristiche, intensità e durata
degli
effetti
della
recessione
e,
dall’altro,
influenzano
la
capacità
reattiva del sistema produttivo locale e
la velocità della sua fuoriuscita dalla
depressione del ciclo.
L’economia palermitana, già prima della
crisi, proviene da un periodo di crescita
particolarmente debole, poiché già dal
2006 l’andamento del PIL provinciale si è
collocato
al
di
sotto
della
media
regionale
e
di
quella
nazionale,
evidenziando
prima
una
sostanziale
stagnazione e poi, già a partire dal 2008,
una flessione del Pil provinciale del 3,2% (Sicilia -1,2%; Italia -1%) che
anticipa la crisi economica generale.
L’evidente
rallentamento,
e
poi
l’inversione,
della
crescita
economica
locale, dipende in primo luogo da fattori
strutturali di debolezza negli assetti
competitivi del territorio.
Il risultato potrebbe essere una durata
della recessione che si protrae, con una
crescita del Pil locale flebile anche
quando
il
ciclo
economico
nazionale
invertirà rotta.
Rispetto a quest’ultima prospettiva, e con
riferimento all’economia italiana nel suo
insieme, i vari modelli previsionali ad
oggi elaborati non indicano univocamente
il momento in cui l’economia italiana
uscirà dalla crisi. Tuttavia, è sempre più
chiaro agli economisti1 che la misurazione
della capacità di fuoriuscita dalla crisi
basata sul solo Pil sia estremamente
fuorviante. Per esempio, nonostante la
flessione del Pil prevista per il 2009,
l’Italia è ancora l’8° Paese al mondo in
termini di ricchezza netta complessiva pro
capite, un aggregato che tiene conto anche
della
dotazione
patrimoniale
delle
famiglie (tale risultato, peraltro, è
stato favorito da una distribuzione della
1
Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of
Economici Performance and Social Progress, UE.
14
Una uscita dalla crisi che,
per Palermo, potrebbe
essere complessa
I fattori che condizionano
l’assetto economico
palermitano
ricchezza fra i vari strati della società
molto più equa rispetto agli altri grandi
Paesi occidentali, come dimostra il fatto
che, in termini di ricchezza mediana per
adulto, l’Italia è seconda soltanto al
Giappone).
Naturalmente, quando dal livello nazionale
si
passa
a
quello
territoriale,
la
provincia
di
Palermo
risulta
caratterizzata da numerosi fattori di
bassa competitività e di inerzia, in
linea, peraltro, con le caratteristiche
tipiche del Mezzogiorno.
Si
tratta
di
fattori
che
aggravano
l’intensità
della
recessione,
e
ne
allungano la durata, compromettendo gli
assetti di bilancio di molte imprese
locali, con possibili conseguenze anche
sulla sfera sociale. Si tratta, infatti,
di
una
realtà
economica
e
sociale
caratterizzata da problemi strutturali,
spesso
anche
di
lunga
durata,
che
indeboliscono
il
dinamismo
e
la
competitività del territorio e dei suoi
operatori economici. In particolare, i
seguenti
fattori
strutturali
pongono
interrogativi
seri
sulla
tenuta
del
territorio:
•
un
modello
di
specializzazione
produttiva dove l’incidenza dei settori a
più
alto
contenuto
di
innovazione
scientifico-tecnologica è moderato; tali
settori sono quelli che, almeno al netto
dell’attuale
fase
recessiva,
hanno
mostrato
la
maggiore
propensione
a
crescere sui mercati globali e l’economia
palermitana sembra esserne poco dotata. A
fronte della carente diffusione di tali
settori, il sistema produtivo palermitano
mostra una incidenza dei servizi molto
ampia (valore aggiunto Palermo: 84,5%;
Italia 70,5%), che è il frutto di un
processo
di
terziarizzazione
molto
avanzato, favorito anche dalla presenza di
uno dei poli urbani più grandi del
Mezzogiorno. Tuttavia, il processo di
terziarizzazione dell’economia palermitana
non si è svolto attraverso meccanismi
15
Credito, patrimonio
e ricchezza delle famiglie
virtuosi, allineati ad un fenomeno di
abbandono di cicli produttivi a basso
valore
aggiunto
(come
ad
esempio
le
attività agricole e quelle manifatturiere
a
minor
livello
qualitativo
e
di
innovazione)
per
abbracciare
attività
immateriali ad elevata redditività sui
mercati
(quali
i
cosiddetti
“servizi
avanzati”: ICT, informatica, R&S, attività
finanziarie, ecc.). Infatti, al netto del
peso tradizionalmente assunto dai servizi
pubblici, connesso al ruolo di capitale
regionale,
la
terziarizzazione
dell’economia palermitana è passata per il
tramite di attività di servizio alla
persona a basso valore aggiunto, mentre il
peso dei servizi avanzati è pari al 31%
del
totale
del
valore
aggiunto
dei
servizi, a fronte di una media del 39% a
livello
nazionale.
Nell’ambito
dei
servizi, un ruolo non secondario, poi, è
quello
del
turismo,
con
particolare
riferimento
alle
risorse
naturali/marittime ed alla filiera dei
beni culturali che interessa e valorizza
anche produzioni manifatturiere per una
incidenza sul totale del valore aggiunto
pari al 20%;
• il tessuto produttivo palermitano è
costituito
prevalentemente
da
ditte
individuali
(III
trim.
2009:
Palermo
74,2%; Italia 63,3%) mentre la presenza
delle
imprese
più
capitalizzate
e
strutturate, anche in termini di modelli
di
governance
ed
articolazione
organizzativa interna, ovvero le società
di capitali, è ancora poco marcata (10,6%,
Italia
17%).
Un
simile
assetto
imprenditoriale rischia di essere esposto
alla recessione, in quanto le imprese più
piccole, meno patrimonializzate, hanno una
strutturale
difficoltà
di
accesso
al
credito, non potendo fornire garanzie
patrimoniali
particolarmente
elevate.
Inoltre, sovente tali imprese si collocano
nelle posizioni finali delle filiere cui
appartengono, quindi anche del ciclo delle
committenze e dei relativi pagamenti,
16
Un mercato del lavoro
difficile anche prima
della crisi
Gli elementi che favoriranno
la ripresa
subiscono
le
restrizioni
di
mercato
accusate a monte dai committenti. Tali
fattori,
nel
2009,
hanno
comportato
cessazioni di imprese nel commercio e
nell’agricoltura;
• in ragione dell’andamento dinamico di
crescita dell’indebitamento di famiglie e
piccole imprese nei confronti delle banche
nel biennio 2007-2008, il livello di
esposizione debitoria delle famiglie e
delle
piccole
imprese
è
rapidamente
cresciuto (i dati relativi al I semestre
2009 evidenziano, tuttavia, una crescita
più contenuta), e ciò può porre delle
preoccupazioni,
in
prospettiva,
sulla
tenuta di un sistema economico che cresce
poco, che non crea molti posti di lavoro
aggiuntivi, ma in cui si accumula il
debito a carico di famiglie ed imprese.
Infatti,
il
valore
del
rapporto
fra
credito alle famiglie consumatrici pro
capite e Pil pro capite, che rappresenta
la ricchezza media di cui gli individui
dispongono per ripagare i loro debiti è,
per Palermo, pari al 107,6% della media
regionale ed al 113% di quella nazionale.
Anche
se
il
rapporto
fra
debito
e
patrimonio è leggermente inferiore alla
media nazionale (risultando pari al 95%
della stessa), il divario in termini di
rapporto fra debito e reddito crea alcune
tensioni, inasprendo il “credit crunch”
tipico dell’attuale recessione, anche in
ragione di un grado di rischiosità del
credito che, in provincia, ha ripreso a
crescere nel 2009. Un eventuale ulteriore
restringimento del credito a famiglie ed
imprese
(il
43%
degli
intervistati
conferma
che
l’accesso
al
credito
è
peggiorato) si rifletterà sui consumi e
sugli investimenti, aggravando gli effetti
della recessione;
• in ragione del suo modello di
specializzazione produttiva e dei suoi
assetti
patrimoniali,
dimensionali
e
finanziari,
il
sistema
produttivo
palermitano sta perdendo competitività sui
mercati
internazionali,
un
fenomeno
17
Un nucleo di imprese
traina l’economia
Demografia
e ricchezza
avviatosi
ben
prima
che
l’attuale
recessione fosse anche solo lontanamente
prevedibile. La progressiva perdita di
competitività internazionale dell’economia
palermitana
negli
ultimi
cinque
anni
costituisce uno dei fattori principali del
rallentamento del suo ciclo di crescita,
ed
è
evidenziata
dal
degrado
della
propensione all’export (ogni 100 euro
prodotti
solo
1,9
derivano
dalle
esportazioni; in Italia 22,8). In questo
scenario, i primi nove mesi del 2009
segnano
un
brusco
calo
delle
merci
esportate, con particolare riferimento ai
mezzi di trasporto, soprattutto per quanto
riguarda le navi ed imbarcazioni;
• un mercato del lavoro fragile e
connotato da indicatori poco favorevoli
già
prima
dell’innesco
della
crisi
attuale; fra il 2004 ed il 2008, gli
occupati crescono soltanto del 2,1%, a
fronte di un 2,9% a livello regionale e
del 4,5% a livello medio nazionale. Anche
la riduzione dello stock di disoccupati,
condiviso
con
il
resto
dell’economia
italiana, e connesso ai grandi cambiamenti
che i meccanismi del mercato del lavoro
hanno subito negli ultimi 10-12 anni,
appare
inferiore
ad
altre
province
siciliane, attestandosi al 17,1% nel 2008
(Italia
6,7%),
ma
cela
sacche
di
disoccupazione nascosta e di disoccupati
scoraggiati,
che
non
cercano
più
attivamente lavoro. In tale contesto, a
Palermo, nel corso del 2009, il ricorso
alla
CIG
cresce
significativamente,
sospinto dalle dinamiche nell’industria e
nel commercio. Ciò è un indizio circa il
fatto
che
il
tessuto
imprenditoriale
palermitano stia pagando un prezzo pesante
alla recessione. Inoltre, si deve comunque
tener conto del fatto che la debolezza
strutturale
del
mercato
del
lavoro
palermitano, insieme all’esplosione della
CIG nel 2008 e nel 2009, sono altrettanti
indizi del fatto che il tessuto produttivo
provinciale,
e
la
relativa
base
occupazionale, stanno subendo gli effetti
18
della crisi in forme e con intensità che
potrebbero
rivelarsi
di
complessa
gestione.
Ponendoci sotto una diversa lente di
osservazione,
va
detto
che
vi
sono
elementi
favorevoli
di
vitalità,
che
devono essere colti ed opportunamente
valorizzati,
perché
vanno
in
controtendenza rispetto alla recessione.
Tali elementi possono così sintetizzarsi:
• l’efficace reazione strategica delle
imprese intervistate, che non intendono
soltanto difendersi dagli effetti della
recessione, ma vogliono anche investire
sul
miglioramento
della
propria
competitività strutturale, agendo sulle
leve della qualità, della ricerca di
nicchie
di
mercato
ad
alto
valore
aggiunto,
specializzando
la
propria
offerta su tali nicchie dell’innovazione
tecnologica. Ciò evidenzia la presenza di
una
classe
imprenditoriale
matura
e
dinamica,
in
grado,
perlomeno
culturalmente, di promuovere processi di
cambiamento significativi, utili ad uscire
rafforzati
dalla
difficile
congiuntura
attuale (che poi il sistema complessivo,
dalle banche alla PA, alla ricerca e alla
formazione,
devono
assecondare
e
favorire);
• un altro evidente indicatore di
reattività
del
sistema
imprenditoriale
provinciale è rappresentato dal fatto che,
a fronte della contrazione dell’export,
dovuta in larga misura alla congiuntura
negativa a livello internazionale, vi è
uno sforzo di riposizionamento, da parte
delle PMI locali, verso mercati “nuovi”
(in
particolare,
i
mercati
del
Nord
Africa, i mercati emergenti di Messico e
Brasile, ma anche alcuni mercati europei
“ricchi”, e precedentemente inesplorati,
come quello svedese) al fine di trovare
spazi commerciali che compensino quelli
che si chiudono sui mercati “tradizionali”
di sbocco;
19
•
alcuni
aspetti
strutturali
del
sistema
creditizio
locale
evidenziano,
nonostante un alto livello di rischiosità
del credito, un sostanziale equilibrio che
garantisce
la
stabilità
del
sistema
bancario locale e, quindi, l’operatività,
anche
in
questa
fase
particolarmente
restrittiva. Infatti, la crescita del
valore
dei
depositi
bancari
è
stata
piuttosto alta (+34,2% fra il 2002 ed il
2008),
secondo
solamente
alla
media
nazionale (+40%). Inoltre, Palermo risulta
essere un mercato creditizio dominato dai
gruppi bancari più grandi, a detrimento
delle banche piccole e locali, la cui
capacità di raccolta è inferiore alla
media nazionale. Tale assetto del mercato
creditizio provinciale è ovviamente un
riflesso
dell’elevato
grado
di
urbanizzazione della popolazione e delle
attività economiche nella provincia, che
tende ad attrarre gli operatori bancari di
più grandi dimensioni, e che ha pregi e
difetti. Da un lato, le imprese bancarie
più grandi, in teoria, hanno maggiori
disponibilità finanziarie da riversare a
supporto dello sviluppo economico, ma
dall’altro
le
imprese
bancarie
più
piccole, che fanno della conoscenza e
della relazione personale fra banca e
cliente il loro punto di forza maggiore,
tendono ad essere spiazzate. Nel 2009,
tuttavia, si registra una crescita del
livello delle sofferenze sugli impieghi
(+2,2%);
• nonostante la debole crescita degli
ultimi
anni,
la
ricchezza
media,
in
termini
patrimoniali,
delle
famiglie
palermitane, è ancora piuttosto elevata.
Infatti, con un valore medio di 300.000
euro per famiglia, Palermo è la seconda
provincia della Sicilia, dopo Trapani, per
dotazione patrimoniale. La famiglia media
palermitana ha uno stock patrimoniale pari
a poco più del 78% della famiglia media
italiana, il che, nel panorama complessivo
della Sicilia e del Mezzogiorno, può
essere
considerato
un
valore
20
soddisfacente.
Ciò,
tuttavia,
si
rifletterà sulla tenuta dei livelli dei
consumi sul mercato locale, anche in virtù
di una generale flessione dei redditi;
• a fronte della ripresa dei flussi
migratori, connessa con
la difficile
situazione del mercato del lavoro locale,
la
popolazione
palermitana
è
ancora
relativamente giovane, se paragonata con
il resto della Sicilia e con la media
nazionale,
come
dimostrano
i
valori
relativi alla percentuale di giovani con
meno
di
15
anni
ed
all’indice
di
vecchiaia. Peraltro, anche nell’ambito
della popolazione in età da lavoro,
Palermo esibisce una quota di “lavoratori
giovani” (15-39 anni) relativamente più
elevata rispetto ai “lavoratori anziani”
(40-64 anni), come indica il valore basso
dell’indice di struttura. Pertanto, una
popolazione giovane, sia in assoluto che
con riferimento al mercato del lavoro,
costituisce
un
vantaggio
competitivo
tipico
di
Palermo,
e
del
tutto
favorevole, sia in confronto con le altre
province siciliane, che con il Paese nel
suo insieme. Una forza lavoro costituita
prevalentemente
da
giovani,
infatti,
consente di avere lavoratori creativi e
potenzialmente ad elevata produttività, a
tutto
vantaggio delle prospettive
di
crescita futura dell’economia locale.
Tab. 2 – Pil per abitante nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia,
a prezzi correnti (2003-2008; N.I., Italia = 100)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
2003
72,1
64,1
71,4
59,3
64,7
60,1
66,4
72,9
82,8
67,7
100,0
2004
63,0
65,7
66,4
53,1
60,6
56,8
64,5
72,7
74,3
64,7
100,0
2005
65,0
65,9
70,0
54,0
64,5
58,2
65,2
71,8
77,2
66,0
100,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
21
2006
66,8
64,8
70,5
53,7
64,7
59,6
64,9
71,7
79,0
66,1
100,0
2007
63,7
65,7
69,2
51,9
64,0
58,2
64,5
71,7
77,7
65,4
100,0
2008
60,3
67,1
66,9
56,3
66,1
59,0
66,7
76,1
71,0
66,0
100,0
3,0
Graf. 4 – Variazione annua del Pil a Palermo, in Sicilia ed in Italia, a prezzi costanti
(2002-2008; valori
In %)
2,2
2,4
2,0
2,0
1,5
3,0
1,4
1,0
2,4
2,0
1,1
0,5
2,0
1,5
0,0
0,2
1,0
1,6
1,2
1,5
2,2
1,5
1,4
0,7
1,6
0,3
1,2
0,1
1,1
0,0
0,5
0,2
-0,1
0,0
-0,1
0,3
0,7
-0,1
0,0
-0,4
0,1
-0,1
-1,0
-0,4
-1,0
-1,0
-1,0
-1,2
-1,2
-2,0
-2,0
-3,0
-3,2
-3,0
-3,2
SICILIA
07
20
08
07
20
08
/2
0
06
20
07
/2
0
05
/2
0
20
06
Palermo
/2
0
06
20
07
/2
0
05
20
06
ITALIA
04
/2
0
20
05
/2
0
20
04
/2
0
20
03
/2
0
SICILIA
03
02
01
Palermo
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
20
02
/2
0
04
20
05
/2
0
03
20
04
/2
0
02
/2
0
20
03
-4,0
20
02
/2
0
01
-4,0
ITALIA
Tab. 3 – Incidenza del valore aggiunto a prezzi correnti (In %) per settore di attività economica
a Palermo ed in Italia (2007)
Palermo
1,9
8,7
4,9
84,5
100,0
Agricoltura
Manifatturiero
Costruzioni
Servizi
Totale economia
ITALIA
2,1
21,4
6,1
70,5
100,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Tab. 4 – Indebitamento delle famiglie in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia
(variazione %; 2008/2007; I sem. 2009/2008)
2008/2007
6,3
4,1
1,0
Palermo
Sicilia
ITALIA
I sem. 2009/2008
2,8
1,9
3,1
Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Banca d’Italia
Tab. 5 – Distribuzione del patrimonio delle famiglie in provincia di
Palermo, in Sicilia e in Italia
(In %; 2007)
Attività reali
Attività finanziarie
Totale
Abitazioni Terreni Totale Depositi Val. mobiliari Riserve Totale generale
Palermo
Sicilia
ITALIA
71,8
70,2
59,5
1,3
2,1
2,6
73,0
72,3
62,1
10,1
10,3
9,8
9,5
9,8
20,9
7,4
7,6
7,3
27,0
27,7
37,9
100,0
100,0
100,0
Fonte: Elaborazione Istituto G. Tagliacarne su dati Istat
Tab. 6 – Tassi di disoccupazione in provincia di Palermo, in Sicilia e
in Italia (2008)
Palermo
Sicilia
Maschi
15,6
11,9
22
Femmine
19,8
17,3
Totale
17,1
13,8
ITALIA
5,5
8,5
6,7
Fonte: Istat
III L’impatto della crisi in provincia di Palermo
Gli effetti della crisi:
consumi, investimenti
e credito
I primi effetti della
ripresa inizieranno a
farsi sentire nel 2010
Con riferimento agli effetti della crisi, ad
oggi,
emerge
che
la
recessione
agisce
sull’economia locale tramite diversi canali,
fra i quali le aspettative di imprenditori e
consumatori, che influenzano la propensione
ad investire ed a consumare, e quindi
l’andamento della domanda aggregata e del
valore
aggiunto
locale.
A
ciò
occorre
aggiungere che il rapporto fra banche ed
imprese si fa più difficile, compromettendo
l’accesso al credito da parte di un numero
crescente di PMI, proprio nel momento in cui
la recessione induce un degrado del cash
flow e delle condizioni di liquidità delle
imprese,
depauperandole
dalle
risorse
finanziarie necessarie.
Sotto il profilo del clima di fiducia, le
imprese palermitane intervistate ritengono che
la recessione avrà un impatto non dissimile da
quello che complessivamente avrà sulla regione
nel suo insieme, evidenziando come l’economia
locale abbia un ruolo determinante nella
definizione
delle
traiettorie
economiche
siciliane e come l’intero contesto isolano sia
interessato
da
un
rallentamento
della
crescita.
Pertanto, al netto del settore turistico, che
sembra in grado di evidenziare una tenuta
migliore degli altri comparti, nonostante
alcune annate turistiche non proprio positive,
vi è una percezione, relativamente diffusa, che
indica un quadro economico deteriorato.
In linea generale, tale clima di fiducia
deriva soprattutto dalla considerazione che
le imprese palermitane soffrono di una
fragilità
finanziaria.
Infatti,
per
la
maggior parte degli intervistati il mancato
investimento
dipende
da
difficoltà
di
liquidità
sopravvenute,
che
ostacolano
l’utilizzo dei mezzi propri per coprire gli
investimenti ed, al tempo stesso, rendono
23
La reazione degli
imprenditori: le leve
utilizzate per
fronteggiare la crisi
più
difficile
l’ottenimento
di
credito
bancario, nella misura in cui il degrado
degli
assetti
di
bilancio
rende
più
rischioso il prestito bancario, scoraggiando
i flussi tra banche e imprese.
A giudizio delle imprese locali, inoltre, la
crisi
avrà
un
impatto
soprattutto
sui
consumi
delle
famiglie
e,
quindi,
sui
livelli di domanda finale sul mercato, con
riflessi sui fatturati delle imprese per lo
più del commercio (chiusi 216 negozi nel
2009); inoltre, numerose imprese sono in
difficoltà
nei
contributi
previdenziali,
alimentando il circolo vizioso. Il calo dei
consumi sarà ovviamente amplificato dalla
contrazione nei livelli occupazionali, che
sembra essere particolarmente serio per le
imprese del commercio (44,1% di rispondenti
ha segnalato un possibile calo di addetti).
Per circa un terzo del campione, poi, vi
sarà anche una riduzione del livello di
investimento, con conseguenze negative, in
termini di competitività aziendale, nel
medio periodo.
Il 27% delle imprese scarica gli effetti
della crisi finanziaria a monte, ritardando
i pagamenti dovuti ai propri fornitori,
propagando
di
fatto
gli
effetti
della
recessione lungo l’intera filiera produttiva
di
appartenenza,
e
generalizzandola
potenzialmente
all’intero
sistema
produttivo. Un ulteriore 13% è costretto a
ritardare
i
pagamenti
ai
lavoratori,
contribuendo
così
alla
contrazione
dei
consumi finali, in una spirale perversa che,
dal rallentamento della domanda, finisce per
creare
ulteriori
problemi
alle
imprese
offerenti.
Come
affermato
anche
dall’OCSE,
la
recessione
lascia
i
propri
effetti
sull’occupazione, soprattutto nel 2009, ed
in settori produttivi specifici come, in
particolare, le costruzioni, nonostante il
tentativo della maggior parte delle imprese
di difendere la propria base occupazionale e
conservare
le
competenze
acquisite
del
proprio capitale umano.
Di fronte a tale situazione, la reazione degli
24
imprenditori è positiva, nella misura in cui il
tentativo prevalente è quello di reagire,
andando a cercare quelle nicchie di mercato ad
elevato
valore
aggiunto,
tramite
un
miglioramento qualitativo dei prodotti/servizi
offerti. In altri termini, le imprese stanno
cercando di orientare la propria offerta verso
segmenti di mercato ad alto potere di acquisto,
tale da pagare un “premium price”.
Nonostante questa coraggiosa strategia di
attacco, volta a migliorare la competitività
strutturale,
e
malgrado
lo
sforzo
di
minimizzare
l’impatto
occupazionale
e
sociale della recessione, lo sforzo delle
imprese palermitane potrebbe non essere
sufficiente a garantire una consistente
inversione di tendenza del ciclo, anche
perché le condizioni strutturali in cui
versa l’assetto socio-economico provinciale,
alla
vigilia
della
crisi,
evidenziano
diversi aspetti di fragilità.
Diag. 1 – Diagramma raffigurante il circuito vizioso derivante dalla
crisi in provincia di Palermo (In %)
Occupazione
36,2%
Consumi delle
famiglie 68,8%
Investimenti
33%
Riduzione degli
ordini
49,4%
Minore
liquidità 36%
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
25
Graf. 5 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale
crisi economica e finanziaria (In %)
49,4
Riduzione degli ordini da parte dalla clientela
36,0
Minore liquidità
13,4
Maggiori difficoltà a incassare pagamenti da clienti
12,6
Compressione dei margini
9,0
Minore competitività sui prodotti/ servizi offerti
8,6
Riduzione degli ordini ai fornitori
Maggior ricorso all’indebitamento bancario
5,4
4,4
Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo
22,6
Altre conseguenze
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
risposte può
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 6 – Impatto che la crisi economica ha avuto/avrà sui seguenti
aspetti della vita
socio-economicia (In %)
68,8
Consumi delle famiglie
36,2
Livelli occupazionali
33,0
Investimenti delle imprese
32,4
Fallimenti/ cessazioni di imprese
17,4
Consumi dei turisti
Esportazioni
Altro
5,8
4,6
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
risposte può
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
IV La dinamica congiunturale del 2009 e le previsioni
per il 2010
La flessione dell’attività
nel 2009
Passando
ad
analizzare
le
performance
congiunturali delle imprese della provincia
di Palermo, dall’analisi dei dati relativi
alle variazioni quantitative del fatturato
per il 2009 si evince un calo del -17,2%
per
l’economia
palermitana
nel
suo
complesso. Tra i macrosettori, il settore
delle costruzioni registra la peggiore
variazione
(-21,3%),
a
conferma
delle
dinamiche già in atto nel 2008 sia a
livello locale che a livello nazionale.
Variazioni
negative
del
fatturato
si
riscontrano anche nel manifatturiero (19,6%), settore chiaramente esposto in
ampia misura agli andamenti del ciclo
economico.
Tra
i
vari
comparti
dell’industria,
maggiori
difficoltà
in
merito
all’andamento
del
fatturato
si
riscontrano nell’industria tessile (-26,5%)
e nei comparti del legno-mobilio (-24,1%),
26
Gli investimenti
testimoniano un
atteggiamento all’insegna
della caparbietà
L’inversione di tendenza
nel 2010
dei mezzi di trasporto (-25,6%), nelle
attività estrattive (-22,7%) e legate a
carta-editoria
(-21,7%).
Nei
restanti
comparti, si evidenziano comunque dati
negativi superiori al 10%, a confermare le
difficoltà dell’intero settore.
Anche il settore dell’agricoltura ed il
settore dei servizi presentano dei risultati
negativi, ma l’intensità del peggioramento
rispetto al 2008 è di misura inferiore
rispetto agli altri settori. L’agricoltura
regista infatti una variazione del fatturato
del -14,8%, mentre il settore dei servizi
una
diminuzione
dell’11,1%
che
è
interessante
analizzare
alla
luce
dei
comparti che lo costituiscono, soprattutto
in relazione alla loro importanza per
l’intera economia palermitana. Il commercio
(-18,3%),
il
turismo
(-15,2%)
ed
il
terziario avanzato (-17,1%) sono i comparti
il cui volume d’affari risente maggiormente
della riduzione dei consumi, mentre sembrano
reggere in modo migliore l’urto della crisi
i trasporti (-10,9%) e gli altri servizi (7,8%) che registrano le performance migliori
tra tutti i settori dell’economia.
A fronte di un quadro certamente non
favorevole, la dinamica degli investimenti
nel 2009 testimonia un atteggiamento non
arrendevole e passivo. Il risultato del
+9,2% per la provincia di Palermo risulta
influenzato dalla dinamica sostenuta del
settore dei servizi (14,6%), con risultati
interessanti per i trasporti (19,5%), per il
turismo (14,7%) e per gli altri servizi
(14,2%). In generale, comunque, la dinamica
degli investimenti sembra suggerire una
vitalità nella gran parte dei settori nel
portare avanti processi di ristrutturazione
produttiva per far fronte alle esigenze
congiunturali.
Analizzando
le
indicazioni
degli
imprenditori per il 2010, emerge un quadro
incerto ma in miglioramento (volume di
affari
-1,9%).
Tuttavia,
emergono
performance differenti tra settori. Da un
lato infatti l’agricoltura e l’industria
evidenziano
una
moderata
inversione
di
27
tendenza (+3,7% e +0,6% rispettivamente),
mentre
nei
servizi
(-5,9%)
e
nelle
costruzioni (-13,8%) si registrano ancora
valori negativi anche se minori in valore
assoluto rispetto al 2009, segno di un
iniziale miglioramento. In molti comparti
dell’industria si rilevano ampi progressi
nelle performance, con una stima largamente
positiva per la chimica-farmaceutica (+28%),
mentre
dovrebbe
continuare
il
momento
negativo per il comparto del legno-mobilio
sebbene con impatti più attenuati (-8,5%).
Tra i servizi, il commercio ed il turismo
sperimenteranio una sostanziale stabilità.
Per quanto concerne gli investimenti, solo
le
imprese
dell’agricoltura,
delle
costruzioni e del turismo ne stimano una
flessione; positiva la dinamica negli altri
settori.
Tab. 7 – Variazioni quantitative del fatturato e degli investimenti nei settori dell’e
Palermo (2009 – previsioni 2010; In %)
2009
Fatturato
-14,8
-12,3
-26,5
-17,2
-24,1
-15,9
-25,6
-22,7
-17,0
-21,7
-21,4
-19,6
-21,3
-18,3
-15,2
-10,9
-17,1
-7,8
-11,1
-17,2
Agricoltura
Alimentari, tabacco
Tessili, vestiario, abbigliamento
Pelli, cuoio, calzature
Legno, mobilio
Metallurgiche, meccaniche
Mezzi di trasporto
Estrattive, materiali da costruzione
Chimica, farmaceutica
Carta, editoria
Altre manifatturiere
Totale Industria
Costruzioni
Commercio
Turismo
Trasporti
Terziario avanzato
Altri servizi
Totale Servizi
Totale Palermo
2010
Investimenti
10,4
1,9
0,0
-10,0
0,0
16,5
-11,3
25,0
10,0
6,7
6,3
1,3
7,3
14,7
19,5
0,0
14,2
14,6
9,2
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
V Il credito ed fattori territoriali di sviluppo
Nell’ambito
di
una
contrazione
delle
attività operative delle imprese osservate
28
Fatturato
3,7
1,4
1,0
4,0
-8,5
2,4
5,7
-3,3
28,0
-2,8
9,2
0,6
-13,8
-0,3
0,1
-5,7
-7,1
-5,3
-5,9
-1,9
Gli aspetti del credit crunch
Il rischio usura
attraverso la dinamica del volume di
affari, il deterioramento del rapporto con
le banche è uno degli aspetti peculiari
della presente recessione. Sotto questo
profilo, le imprese del campione che hanno
richiesto
finanziamenti
bancari durante
quest’ultimo
periodo
riscontrano,
generalmente,
maggiori
difficoltà
di
accesso, dovute ad una restrizione del
comportamento delle banche in fase di
istruttoria, in linea peraltro con il resto
dell’economia nazionale. In particolare, le
imprese avvertono una maggiore rigidità in
sede di richiesta di garanzie reali a
fronte della domanda di affidamento. E’ una
conseguenza
tipica
di
una
minore
propensione al rischio da parte degli
istituti di credito, soprattutto perché il
peggioramento dei bilanci di molte imprese
richiedenti
rende
oggettivamente
più
rischioso il credito. Peraltro, anche in
materia di garanzie reali, l’introduzione
di Basilea 2 ha reso molto più complessa la
fase
di
accettabilità
delle
garanzie
offerte dalle imprese richiedenti credito.
Per altro verso, circa un terzo del
campione segnala come il costo del denaro
sia
cresciuto,
come
effetto
della
maggiore rischiosità dell’erogazione di
credito in questa fase. Tuttavia, al
costo del danaro in crescita si aggiunge
anche
una
lievitazione
degli
oneri
accessori per commissioni. A fronte di
tali difficoltà di accesso al credito, il
30,2% del campione cerca di attivare
fonti di finanziamento alternative alle
banche; purtroppo in tale segmento di
imprese vi potrebbe anche essere una
quota
di
operatori
che
incorrono
all’usura.
Tab. 8 – Conseguenze della crisi sui rapporti banche - imprese della provincia di Palermo (In
%)
Irrigidimento dei criteri di accesso al credito
Si
No
Non ha richiesto finanziamenti
Ns/nr
Totale
29
43,0
19,8
34,4
2,8
100,0
Cause dell’irrigidimento
Adeguatezza credito concesso rispetto alla richiesta
Flessibilità della durata del finanziamento
Richiesta di garanzie
Costo del denaro
Costo delle commissioni
Durata dell’istruttoria
Riduzione temporale del debito
Trasparenza della valutazione della banca
Severità nei criteri di approvazione del fido
Altri aspetti
Totale
21,4
7,9
42,8
32,1
17,7
7,4
7,0
9,8
29,8
11,2
100,0
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Tab. 9 – Tassi effettivi di interesse per rischi a revoca* per localizzazione della clientela in
provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (In %; I sem. 2009)
Famiglie consumatrici
Imprese
Palermo
7,3
7,2
Sicilia
8,1
7,9
ITALIA
5,8
6,9
Differenza Palermo/Italia
1,5
0,4
*Operazioni a revoca: Categoria di censimento della Centrale dei Rischi nella
quale confluiscono le aperture di credito in conto corrente (es. fidi).
Fonte: Banca d'Italia
L’obiettivo della politica
Le direttrici principali di una
politica pubblica a sostegno
delle imprese palermitane
In
conclusione,
quindi,
una
politica
economica a favore del territorio, deve
valorizzare i punti di forza ed attenuare
gli effetti delle fragilità strutturali
del modello produttivo palermitano e del
suo mercato creditizio e del lavoro.
A nostro avviso, il sistema produttivo
palermitano ha necessità di intraprendere
un nuovo corso economico. Un ciclo di
rinnovamento
e
sviluppo
in
cui,
soprattutto attraverso le buone pratiche
della Pubblica Amministrazione, si dia il
via ad un processo di catalizzazione di
investimenti produttivi e si sostituisca
progressivamente
l’economia
della
sussistenza.
Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma
non più procrastinabile a causa delle
situazioni di crisi che si inseriscono in
un contesto già difficile e svantaggiato.
A giudizio degli imprenditori, emergono
due tipi di interventi necessari; quelli
volti al superamento delle difficoltà
contestuali
e
quelle
di
natura
più
squisitamente strutturale. Tra le prime
troviamo:
30
 un sostegno diretto alla liquidità
aziendale,
mediante
incentivi
al
capitale circolante, oppure incentivi
in
conto
interesse
mirati
ad
abbattere il costo del credito;
 uno
sblocco
dei
pagamenti
delle
forniture effettuate alla PA;
 un
intervento
pubblico
mirato
a
sbloccare
il
razionamento
del
credito,
mediante
interventi
di
garanzia pubblica, o un potenziamento
dei Confidi;
 la semplificazione delle procedure
amministrative di tipo concessorio o
autorizzatorio di competenza delle
PA,
che
si
traducono
in
costi
aggiuntivi per le imprese, ed in una
dilatazione dei tempi necessari ad
implementare progetti di investimento
e di sviluppo aziendale, fino al
limite in cui tali progetti divengano
obsoleti.
Tra gli interventi tesi al miglioramento
strutturale
dell’economia,
gli
imprenditori
palermitani
sottlineano
l’esigenza di:
 interventi pubblici di sostegno ai
redditi ed alla domanda, per ridurre
la contrazione dei consumi che ha
colpito i fatturati;
 un miglioramento dei servizi reali ad
alto valore aggiunto disponibili sul
territorio
finalizzato
ad
elevare
ulteriormente
la
qualità
delle
produzioni locali, anche in un’ottica
di
potenziamento
della
capacità
imprenditoriale
di
raggiungere
segmenti
di
mercato
ad
elevata
capacità
di
spesa.
Particolare
interesse viene conferita a servizi
di
assistenza
alla
R&S
ed
all’innovazione tecnologica.
Ragionando,
infine,
sui
fattori
territoriali di crescita e nel contesto di
una necessaria evoluzione del modello di
sviluppo, sembra opportuno puntare al
31
miglioramento della capacità competitiva
del territorio, attraverso un sistema di
infrastrutture
economiche
e
sociali
maggiormente finalizzato ad inserire il
sistema produttivo locale nel contesto
internazionale ed alla riduzione delle
diseconomie esterne alle imprese. Oltre ad
alimentare
la
capacità
competitiva
strutturale, la spesa in infrastrutture
potrebbe costituire un valido supporto per
le
imprese
palermitante
anche
in
un
momento come questo, caratterizzato da
minore
liquidità
e
irrigidimento
del
credito. In particolare, la provincia
appare
carente
nelle
dotazioni
di
infrastrutture ferroviarie.
Tab. 10 - Indici di dotazione infrastrutturale nelle province siciliane ed in Italia in
numero indice (2007)
Rete
Rete
stradale ferroviaria
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
ITALIA
123,8
85,5
155,9
50,2
74,5
105,0
63,6
44,0
49,8
100,0
20,4
55,2
106,5
61,0
76,3
68,8
53,4
17,3
66,8
100,0
Porti
Aeroporti Impianti
Reti
Reti
Strutture Strutture
TOTALE
Strutture
(e bacini
(e bacini energeticoper la
servizi culturali
per
TOTALE SENZA
sanitarie
d’utenza) d’utenza) ambientali telefonia
vari
ricreative l'istruzione
PORTI
455,7
185,0
63,8
104,3
67,1
49,9
76,1
51,2
120,6
83,4
100,1
173,2
62,1
126,5
81,7
57,2
123,4
131,6
102,1
102,3
136,8
0,0
65,3
97,2
79,4
60,4
102,1
123,3
93,9
89,1
66,8
52,0
53,9
89,3
47,6
29,4
76,3
34,5
57,0
55,9
128,8
0,0
51,7
88,1
50,3
22,0
62,3
59,5
62,3
54,9
0,0
0,0
34,0
47,6
31,5
21,3
69,1
48,7
43,1
47,9
188,7
147,9
78,5
146,5
89,9
66,6
126,9
143,9
113,4
105,1
49,3
0,0
55,1
106,1
69,3
36,6
88,2
69,3
53,8
54,3
335,4
0,0
106,8
106,1
63,0
32,0
84,2
60,6
91,5
64,4
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Elaborazioni Istituto Tagliacarne
Gli effetti della recessione
internazionale
in provincia di Palermo
32
33
1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI
1.1.1 Ruolo e tendenze
imprese palermitane
Il clima di fiducia influenza
il trend economico
del
clima
di
fiducia
delle
L’analisi degli effetti della recessione
internazionale
sull’economia
reale
palermitana non può prescindere da una
indagine di campo ad un campione di imprese
locali. Gli effetti di questa recessione,
infatti, si giocano sostanzialmente sulle
aspettative e sul clima di fiducia degli
operatori, anzi in un certo qual modo, è
proprio il clima di fiducia che amplifica
gli effetti “oggettivi” della recessione,
rendendola più seria e più duratura.
Il
clima
di
fiducia,
riferito
alle
dinamiche dei mercati finali di sbocco e
dei mercati creditizi sui quali le imprese
si approvvigionano delle necessarie risorse
finanziarie, condiziona la propensione ad
investire, ma anche la programmazione e la
gestione dei costi operativi dell’impresa,
ivi compresi quelli del lavoro. In altri
termini, le previsioni di vendita e le
proiezioni che l’impresa è in grado di
esprimere
circa
le
sue
condizioni
finanziarie
nel
prossimo
futuro,
condizionano le decisioni di ampliamento o
riduzione
della
base
occupazionale
aziendale.
Si
è
ritenuto,
quindi,
opportuno
intervistare
direttamente
un
campione
statisticamente
rappresentativo
degli
operatori, per comprendere come si stiano
attrezzando per rispondere alla contrazione
dei propri mercati di riferimento ed al
degrado degli assetti finanziari e di
liquidità aziendale, ovvero due fra le
componenti
più
rilevanti
dell’attuale
ciclo
recessivo.
Nello
specifico
dell’indagine, la maggior parte degli
imprenditori intervistati ritiene che la
recessione avrà un impatto, su Palermo,
non
dissimile
da
quello
che
complessivamente avrà sulla regione nel
suo insieme, confermando come la provincia
34
Un clima di fiducia delle
imprese non favorevole
circa l’intensità della crisi
La fragilità degli assetti
finanziari delle imprese
sembra essere il problema
più grave
abbia,
anche
nella
percezione
degli
intervistati,
un
ruolo-guida
nel
determinare
i
risultati
economici
dell’intera Isola (non potrebbe essere
altrimenti, visto il peso economico e
demografico che la provincia di Palermo ha
nel contesto siciliano). Va, tuttavia,
evidenziato che un imprenditore su quattro
ritiene che la crisi colpirà Palermo in
misura
peggiore
rispetto
al
resto
dell’Isola,
a fronte di un
9,4% di
intervistati più ottimisti.
Pertanto, vi è una percezione relativamente
diffusa di una particolare serietà della
crisi
in
provincia
che
deriva,
probabilmente, anche da un andamento della
crescita economica, negli anni precedenti,
non è brillante. Peraltro tale previsione
proviene soprattutto dai settori produttivi
più
immediatamente
interessati
dalla
recessione: le costruzioni, influenzate
negativamente dal calo dei valori sul
mercato immobiliare, ed il commercio, che
risente
della
flessione
dei
consumi,
indotta dal peggioramento delle prospettive
occupazionali
e
reddituali
di
molte
famiglie. Viceversa, le imprese turistiche
sembrano meno pessimiste, malgrado due
annate, come il 2007 ed il 2008, non molto
favorevoli.
In effetti, dai dati di tipo congiunturale
dell’indagine, si evince che le imprese
turistiche palermitane scontano un 2009
ancora
negativo,
con
il
55%
degli
intervistati che prevede un calo del
fatturato, ma una inversione di tendenza
nel 2010, quando per il 26,7% vi sarà un
aumento del volume di affari, e soltanto il
18,3% subirà un ulteriore calo dei flussi.
Tale previsione è leggermente migliore
rispetto al totale del campione, in cui il
24% degli intervistati prevede un aumento
di fatturato nel 2010, ed ancora il 21%
prevede un calo. Il sistema turistico
palermitano sembra, quindi, in grado di
manifestare segnali di vivacità, grazie
anche ad una propensione all’investimento
che, per il 2009, è più alta della media
35
Il turismo evidenzia
un clima di aspettative
migliore rispetto agli
altri settori
(28,3% di imprese investitrici contro il
25,8% totale) il che, stante la natura
“labor intensive” del turismo, è una buona
notizia anche sul versante occupazionale.
Infatti, il 75-77% delle imprese turistiche
intervistate riuscirà a mantenere stabili i
propri livelli occupazionali nel 2009-2010.
In linea generale, il maggiore pessimismo
deriva soprattutto dalla considerazione che
le imprese palermitane soffrono di una
particolare fragilità finanziaria, che è il
portato anche di anni di debole crescita
prima della crisi vera e propria, e tale
condizione i fragilità è più evidente fra
le imprese del commercio, dei servizi e del
turismo (settore in cui si tocca una
percentuale di rispondenti pari al 58,3%).
Viceversa, per il segmento, minoritario,
di
imprese
con
aspettative
più
ottimistiche circa l’impatto della crisi,
tale
attegiamento
è
motivato
principalmente da una maggiore solidità
finanziaria (ovviamente non nei settori
dove si avverte una maggiore fragilità) e
da una certa tenuta dei livelli della
domanda, specie nel comparto del commercio
(66,7% dei rispondenti).
E’ però significativo il fatto che la
tenuta
dei
livelli
di
domanda
viene
segnalata solo dalle imprese del commercio
al dettaglio e non dai grossisti. Poiché
questi
ultimi
lavorano
con
orizzonti
temporali più lunghi rispetto agli esercizi
al dettaglio, è probabile che tale tenuta
dei
livelli
di
consumo
sia
soltanto
provvisoria e tenderà ad evidenziare un
declino nel prosieguo della recessione (è
da tenere a mente il fatto che, secondo
tutti
i
centri
studi,
l’impatto
più
rilevante dal punto di vista occupazionale
della
recessione
e,
quindi,
la
sua
influenza negativa sui consumi, si avrà
soltanto a partire dall’autunno del 2009.
Vi è, comunque, una minoranza di imprese
del commercio al dettaglio che ha la
capacità di difendere i propri livelli di
domanda, mentre la parte più rilevante, già
oggi, sconta una flessione dei consumi, che
36
tenderà presumibilmente a peggiorare nel
prossimo futuro.
In
generale,
le
imprese
palermitane
ritengono che i primi effetti della ripresa
inizieranno a farsi sentire nel 2010, anche
se
una
quota
non
indifferente
di
intervistati, pari al 33,6% del totale, è
più pessimista, e sconta una ripresa molto
più lenta, che potrebbe attivarsi soltanto
nel 2011. In particolare, le quote più
significative di previsioni pessimistiche
si
concentrano
nel
settore
dell’agricoltura,
in
quello
delle
costruzioni e nei servizi non turistici e
non commerciali.
La ripresa potrebbe, quindi, arrivare
prima per il turismo (nel quale il 50%
degli intervistati prevede una ripresa nel
2010, ed un ulteriore 8,3% addirittura
negli ultimi mesi del 2009) e per il
manifatturiero (nel quale il 46% circa
delle imprese sconta una ripresa nel 2010,
e l’8,3% già a fine 2009). Il comparto
turistico evidenzia, quandi, ancora una
volta, aspettative migliori, rispetto al
resto
dell’economia
locale,
circa
la
durata e gli effetti della crisi.
Graf. 1 – Intensità della crisi nell’economia palermitana rispetto al
contesto regionale
nei prossimi 6 mesi (In %)
Più che in Sicilia
57,2
8,6
Meno che in Sicilia
24,8
Allo stesso modo rispetto
al contesto regionale
Non sa/ non risponde
9,4
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 2 – Periodo in cui le imprese prevedono che si potranno
riscontrare i primi segnali
di ripresa economica (In %)
37
42,2
33,6
15,6
8,6
Entro il 2009
Nel 2010
Nel 2011
Ns/ nr
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
1.1.2 Gli effetti della recessione sulle imprese
Calo della domanda, crisi
di liquidità e credit crunch
rischiano di ingessare
anche le aziende sane
Il clima di fiducia delle imprese, sopra
analizzato, ha rilevanza per determinare
alcuni
aspetti
strategici
dei
comportamenti
che
il
tessuto
imprenditoriale palermitano adotterà nei
mesi a venire, in particolare sul versante
della propensione ad investire, sulla
gestione dei costi e, di riflesso, anche
sulle
scelte
riferite
alla
base
occupazionale.
Ma
la
crisi
ha
anche
effetti diretti sugli assetti aziendali,
in qualche modo di tipo “oggettivo”, cioè
non mediati dalle aspettative psicologiche
degli imprenditori.
In termini generali, a giudizio delle
imprese intervistate la crisi avrà un
impatto
soprattutto
sui
consumi
delle
famiglie e, quindi, sui livelli di domanda
finale sul mercato, con riflessi negativi
sul fatturato (68,8% degli intervistati,
con concentrazioni particolarmente elevate
fra le imprese del commercio –79,4% e fra
quelle turistiche –70%). Il calo dei
consumi sarà ovviamente amplificato dalla
contrazione nei livelli occupazionali che
sembra essere particolarmente seria per i
settori del commercio (44,1% di rispondenti
ha segnalato un possibile calo di addetti)
e degli altri servizi (45,2%). Per circa un
terzo del campione, vi sarà anche una
riduzione del livello di investimento.
Infine, più del 32% dei rispondenti ha
segnalato il rischio più grande, ovvero la
possibile chiusura/fallimento di imprese.
Tale
rischio
sembra
particolarmente
38
Cicli congiunturali, clima
di fiducia e propensione
a far progetti per il futuro
presente per le imprese del commercio
(38,2%), per quelle agricole (35%) e per
quelle edili (34,8%). Tali settori sono,
quindi, particolarmente esposti al momento
congiunturale che stiamo attraversando e
andranno
monitorati
con
particolare
attenzione.
Se, a giudizio delle imprese, la crisi
passerà soprattutto per il tramite di una
riduzione
della
domanda,
l’effetto
principale che avrà sugli assetti interni
sarà quello di contrarre il portafoglio
ordini
(49,4%
degli
intervistati,
soprattutto concentrati nel manifatturiero
e nel turismo), ma anche di creare una
contrazione
nei
livelli
di
liquidità
aziendale, esponendo, quindi, le imprese a
situazioni di possibile crisi da cash flow
negativo, un rischio paventato soprattutto
dal
settore
turistico
(40%
degli
intervistati), da quello manifatturiero
(39,3%) e da quello delle costruzioni
(37%).
Ovviamente
la
riduzione
del
fatturato e quella della liquidità sono
correlate, ma sulla questione del capitale
circolante
influiscono
anche
altre
variabili, quali la gestione dei costi, e
la tempistica dei pagamenti dovuti dai
clienti e dai debitori dell’azienda, e può
interessare
anche
imprese
sane
e
competitive che si trovano, però, a non
poter più onorare i pagamenti correnti,
rischiando il fallimento.
Occorre evidenziare, tuttavia, che soltanto
il 9% delle imprese intervistate abbia
segnalato
una
perdita
strutturale
di
competitività; per cui, il rischio di
carenza di liquidità può rappresentare un
problema di breve - medio periodo.
Certamente,
è
doveroso
alimentare
il
circuito
economico
locale
immettendo
risorse economiche; in tale contesto, anche
il cliente Pubblica Amministrazione deve
fare di tutto per sboloccare il più
rapidamente possibile i pagamenti ai propri
fornitori, al fine di non contribuire a
questo rischio crescente di crisi da
carenza di liquidità.
39
Graf. 3 – Impatto che la crisi economica ha avuto/avrà sui fattori
economici della provincia
(In %)
68,8
Consumi delle famiglie
36,2
Livelli occupazionali
Investimenti delle imprese
33,0
Fallimenti/ cessazioni di imprese
32,4
17,4
Consumi dei turisti
Esportazioni
Altro
5,8
4,6
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
risposte può
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 4 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale
crisi economica e finanziaria (In %)
49,4
Riduzione degli ordini da parte dalla clientela
36,0
Minore liquidità
13,4
Maggiori difficoltà a incassare pagamenti da clienti
12,6
Compressione dei margini
9,0
Minore competitività sui prodotti/ servizi offerti
8,6
Riduzione degli ordini ai fornitori
Maggior ricorso all’indebitamento bancario
Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo
5,4
4,4
22,6
Altre conseguenze
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
risposte
può
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
1.1.3 Gli assetti finanziari ed il credito
Una delle conseguenze principali della
prima fase della recessione, ovvero quella
finaziaria, è stata quella di ridurre il
40
La restrizione del credito
significa:
- maggiori garanzie reali
-incremento del costo
del denaro
-istruttorie più rigide
Le maggiori difficoltà di
accesso al credito spingono
verso canali finanziari
credito
bancario
alle
imprese,
parallelamente ad un degrado degli assetti
finanziari di queste, il tutto aggravato
dagli automatisimi pro ciclici tipici
delle regole di Basilea 2. Si può anzi
affermare che il mercato del credito sia
stato il principale anello di congiunzione
fra comparto finanziario e reale della
crisi.
Con riferimento a questo aspetto, le
imprese palermitane che hanno richiesto
finanziamenti bancari durante quest’ultimo
periodo riscontrano, generalmete, maggiori
difficoltà di accesso, dovute ad una
restrizione del comportamento delle banche
in fase di istruttoria, in linea peraltro
con il resto dell’economia nazionale. Il
34% circa dei rispondenti non ha nemmeno
richiesto finanzamenti bancari, scoraggiato
dalla crisi. Solo una impresa su cinque
riscontra un qualche miglioramento nel suo
rapporto
con
la
banca,
specie
nel
manifatturiero,
nelle
costruzioni,
nei
servizi e nel turismo.
In particolare, le imprese, nel 43% circa
dei casi, avvertono una maggiore rigidità
in sede di richiesta di garanzie reali a
fronte della domanda di affidamento. E’ una
conseguenza
tipica
di
una
minore
propensione al rischio da parte degli
istituti
di
credito,
che
tendono
a
massimizzare la loro copertura, anche, in
parte, in ragione della lunga storia di
elevate incidenze delle sofferenze sugli
impieghi totali tipica di Palermo, ma
soprattutto perché il peggioramento dei
bilanci di molte imprese richiedenti rende
oggettivamente più rischioso il credito.
Peraltro, anche in materia di garanzie
reali, l’introduzione di Basilea 2 ha reso
molto
più
complessa
la
fase
di
accettabilità delle garanzie offerte dalle
imprese richiedenti credito, poiché il
regolamento in questione fissa parametri
molto rigidi alle tipologie di strumenti
patrimoniali
e
finanziari
che
possono
essere offerti come garanzie reali.
Per altro verso, circa un terzo del
41
alternativi
Il rischio di canali
paralleli del credito
campione segnala come il costo del denaro
sia cresciuto,
ed anche questo è un
effetto
della
maggiore
rischiosità
dell’erogazione di credito in questa fase,
poiché, come è noto, i tassi di interesse
incorporano anche un premio per il rischio
di prestare danaro. Tuttavia, al costo del
danaro in crescita si aggiunge, per poco
meno di una impresa su cinque, anche una
lievitazione degli oneri accessori per
commissioni, il che è meno comprensibile e
giustificabile, se non dal fatto che il
livello di concorrenza fra le banche
italiane non è ancora sufficientemente
alto.
Più in generale, il 30% circa degli
intervistati segnala una maggiore rigidità
e severità delle istruttorie bancarie, il
che, nel migliore dei casi, si traduce in
una dilatazione, spesso non sopportabile,
dei tempi di concessione del credito, con
il rischio che il progetto di investimento
sottostante,
nel
frattempo,
diventi
obsoleto dal punto di vista competitivo.
Tra l’altro, malgrado i notevoli progressi
ottenuti in questo campo, grazie anche
all’impegno
profuso
dall’Autorità
di
Vigilanza, il livello di trasparenza dei
criteri
di
istruttoria
non
è
ancora
pienamente soddisfacente, poiché risulta
oscuro al 10% dei rispondenti, concentrati
soprattutto nel settore dei servizi.
L’adeguatezza
dell’entità
del
credito
concesso, se l’istruttoria va a buon fine,
è invece un problema meno sentito, se non
nel settore delle costruzioni. Non vi è
quindi, se non in casi relativamente
episodici, una contrazione della quantità
di credito erogato, quanto piuttosto una
maggiore
difficoltà
nelle
decisioni
bancarie di erogare il credito richiesto,
in ragione dei criteri istruttori più
severi,
delle
maggiori
garanzie
reali
richieste, ecc.
A fronte di tali difficoltà di accesso al
credito, diviene interessante analizzare
come le imprese palermitane si stiano
attrezzando per reagire. Il 30,2% cerca di
42
Una diffusa difficoltà
ad effettuare operazioni
di ricapitalizzazione
attivare
fonti
di
finanziamento
alternative
alle
banche,
ad
esempio
rivolgendosi ad agenzie finanziarie (che
però sono in genere controllate dalle
banche
stesse),
oppure
cercando
di
ottenere
incentivi
pubblici
agli
investimenti. Purtroppo in questo 30% vi è
anche una quota di imprese che ricorrono
all’usura, un canale di finanziamento
della
disperazione,
che
alimenta
la
criminalità
organizzata,
e
sottopone
l’impresa stessa a tassi di interesse
molto più alti di quelli di mercato, ed a
rischi,
anche
molto
concreti,
di
sicurezza.
Circa il 27% delle imprese scarica gli
effetti della crisi finanziaria a monte,
ritardando i pagamenti dovuti ai propri
fornitori, propagando di fatto gli effetti
della recessione lungo l’intera filiera
produttiva
di
appartenenza,
e
generalizzandola potenzialmente all’intero
sistema produttivo. Un ulteriore 13% è
costretto a ritardare i pagamenti ai
lavoratori,
contribuendo
così
alla
contrazione dei consumi finali, in una
spirale perversa che, dal rallentamento
della domanda, finisce per creare ulteriori
problemi alle imprese offerenti. Chi può,
infine, ricorre ai margini di scoperto di
conto corrente che la propria banca gli
consente di operare.
Il rapporto sempre più difficile fra banche
ed imprese è solo un tassello di un più
generale
deterioramento
degli
assetti
finanziari delle imprese stesse. Anche se
un miglioramento diffuso delle aspettative
fa sì che circa il 78% degli intervistati
preveda che, nei prossimi 8 mesi, la
propria liquidità migliori, o quantomeno
rimanga inalterata, specie nei settori
produttivi che stanno affrontando meglio la
crisi, come il turismo, ed anche se la
maggioranza degli intervistati ritiene
che
la
propria
esposizione
debitoria
migliorerà, o comunque non peggiorerà
ulteriormente,
più
del
75%
degli
intervistati non effettuerà, a breve,
43
alcuna operazione di ricapitalizzazione
dell’impresa,
benché
il
tessuto
produttivo palermitano sia costituito da
una ampia fascia di imprese di piccole
dimensioni
e
sottocapitalizzate
che
richiederebbero, in realtà, una intensa
attività
di
patrimonializzazione
e
irrobustimento del capitale proprio.
In effetti, l’ostacolo principale in tal
senso sembra essere il costo di tali
operazioni che eccede le disponibilità
finanziarie dell’imprenditore e dei suoi
soci, intaccate anche dalla crisi stessa. A
ciò
si
aggiunge
la
volontà
di
non
modificare gli assetti di potere interni
all’impresa, che è tipica di modelli di
governance aziendali di tipo familiare,
intimamente
connessi
ad
un
modello
produttivo basato sulle piccole dimensioni
e
sull’ampia
diffusione
di
forme
artigianali
o
semi-artigianali
di
imprenditorialità. Il timore di modificare
gli assetti di controllo dell’impresa è un
fattore in larga misura culturale, che non
soltanto
ostacola
l’apporto
di
mezzi
finanziari freschi di cui le imprese
avrebbero
bisogno
per
investire
in
miglioramento della propria competitività,
ma limita anche l’acquisizione di risorse
umane
ad
elevata
qualificazione,
da
inserire in ruoli manageriali o direttivi
all’interno dell’impresa. E chiaramente,
senza
capitale
umano
qualificato,
le
imprese non si sviluppano.
Graf. 5 – Conseguenze della crisi sull’accesso al credito delle
imprese palermitane (In %)
44
Maggiori difficoltà
34,4
Minori difficoltà
2,8
Non ha richiesto
finanziamenti
19,8
Non sa/ non risponde
43,0
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 6 – Aspetti dell’accesso al credito che sono peggiorati in
seguito alla crisi economica e finanziaria (In %)
42,8
Richiesta di garanzie
32,1
Costo del denaro
29,8
Severità nei criteri di approvazione del fido
21,4
Adeguatezza credito concesso rispetto alla richiesta
17,7
Costo delle commissioni
9,8
Trasparenza della valutazione della banca
Flessibilità della durata del finanziamento
7,9
Durata dell’istruttoria
7,4
7,0
Riduzione temporale del debito
Nessun aspetto
2,8
11,2
Altri aspetti
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
risposte può
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 7 – Decisioni delle imprese in merito alle proprie operazioni di
ricapitalizzazione
nei prossimi 8 mesi (In %)
Si
2,6
7,6
No
75,2
14,6
Operaz. già effettuata
nell’ultimo anno
Non sa/ non risponde
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
1.1.4 Gli impatti occupazionali della recessione
In linea con aspettative di fuoriuscita
dalla recessione che, come si è visto,
tendono ad essere pessimistiche ed a
scontare
un
recupero
molto
lento
e
45
Le difficoltà della
recessione verranno
assorbite dal mercato
del lavoro
graduale, sia per il 2009 che per il 2010,
la quota di imprese che prevede una
riduzione della propria base occupazionale
è ampiamente superiore rispetto a chi
prevede di fare nuove assunzioni.
Tuttavia, nei due anni in questione, si rileva
un evidente sforzo di difesa dei livelli
occupazionali
aziendali,
nonostante
gli
effetti della crisi sui conti economici.
Infatti, specie nel turismo, nel commercio,
nel manifatturiero e nei servizi in generale
la percentuale di imprese che tendono a
mantenere stabile l’occupazione interna è
molto elevato. Evidentemente, tali imprese
sono conscie dell’importanza di difendere il
capitale umano interno, sia per motivi
sociali, che anche per ragioni meramente
economiche:
sarebbe
poi
costoso,
quando
ariverà la ripresa, assumere e dover formare
ex novo nuovo personale, in sostituzione di
quello espulso dai cicli produttivi, già
dotato
di
un
livello
di
“skills”
specificamente adattato alle caratteristiche
dell’impresa in cui opera. Inoltre, figure
professionali di particolare qualificazione
potrebbero risultare difficili da reperire sul
mercato del lavoro, quando sarà in atto la
ripresa.
Minore sembra, invece, essere la resistenza
delle imprese edili, in cui la percentuale di
rispondenti che hanno ridotto la propria
occupazione nel 2009 è pari al 46% circa, e
sarà affiancata da un 22% di riduzioni nel
corso del 2010. In tale settore, infatti, è
molto
diffuso
l’utilizzo
di
manodopera
occasionale, a basso livello di qualifica
professionale, quindi facile da sostituire, e
che può rapidamente essere espulsa, quando
l’impresa non ha sufficienti livelli di
commesse
da
espletare
(va,
infatti,
evidenziato che le imprese di costruzione
palermitane intervistate hanno subito, nel
56,5% dei casi, una riduzione del portafoglio
ordini già nel 2009, e il 26,1% prevede di
subirlo nel 2010). Inoltre, il settore edile è
stato particolarmente colpito dalla esplosione
della bolla speculativa che ha dato origine
alla presente recessione, come del resto in
46
tutto il mondo.
Nel complesso dell’economia palermitana, il
2010 sarà foriero di un certo alleviamento del
declino occupazionale in atto. Seppur anche
nel prossimo anno la percentuale di imprese
che prevedono riduzioni di organici resterà
relativamente
consistente,
questa
sarà
inferiore a quanto registrato nel corso del
2009, mentre crescerà la quota di chi riuscirà
a stabilizzare i livelli occupazionali. Per
una crescita significativa delle imprese che,
invece, prevedono di ampliare gli organici e,
quindi,
per
un
primo
significativo
riassorbimento
dell’incremento
della
disoccupazione che si sarà nel frattempo
verificato, occorrerà aspettare almeno il
2011, in linea con la previsione di un
fuoriuscita molto lenta dalla crisi.
Tab. 1 – Andamento dell’occupazione – previsioni per il 2010
Maggiore
Minore
Uguale
Ns/nr
Agricoltura Manifatturiere Costruzioni Turismo Commercio Servizi
5,0
8,3
4,3
8,3
12,7
8,3
17,5
10,1
21,7
10,0
6,9
11,9
70,0
75,0
56,5
75,0
76,5
76,2
7,5
6,5
17,4
6,7
3,9
3,6
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
47
Totale
8,6
11,4
73,4
6,6
1.1.5 Le strategie e gli interventi per fronteggiare la
crisi
Una interessante quota
di imprese mira
a migliorare la propria
competitività strutturale
Il quadro della crisi è, quindi, composto
da aspettative di graduale recupero, da un
restringimento del mercato del credito che
colpisce gli assetti competitivi aziendali,
e da un calo dell’occupazione, il cui
recupero sarà piuttosto lento.
Occorre,
dunque,
comprendere
quali
strategie stanno mettendo in atto le
imprese palermitane, nel breve periodo, per
difendersi dagli effetti più duri della
crisi.
A livello micro, cioè di singola impresa,
la reazione è assolutamente virtuosa e
positiva.
La
maggior
parte
degli
intervistati cercherà di fare fronte al
calo della domanda andando a cercare quelle
nicchie di mercato che ancora resistono
alla crisi e che possono ancora godere di
un potere di acquisto tale da pagare un
“premium price” per chi riesce ad offire la
qualità
voluta
da
tali
consumatori,
particolarmente esigenti. Infatti, il 20%
del campione risponderà alla crisi con un
miglioramento della qualità dei propri
prodotti o servizi, specie nel turismo (30%
di imprese) che, non a caso, è il settore
che
sembra
resistere
meglio
alla
recessione, proprio perché si orienta su
segmenti di clientela ad alto valore
aggiunto e nel manifatturiero (22,6%).
Parallelamente alla ricerca di un migliore
qualità, per aggredire nicchie di mercato
non toccate dalla recessione, il 17% degli
intervistati
intende
adottare
nuove
strategie commerciali, perché non si può
vendere
qualità
se
questa
non
è
accompagnata
da
opportune
strategie
promozionali e di marketing, volte a far
conoscere ai consumatori questa migliore
qaulità del prodotto. Ancora una volta, il
settore
turistico
è
il
più
dinamico
rispetto a tale obiettivo di rilancio
commerciale e promozionale, insieme al
commercio (rispettivamente, 26,7% e 25,5%
48
Occorrono interventi volti
alla fluidificazione del
rapporto con le banche
degli
intervistati
dei
due
settori).
Infine, l’8% del campione cercherà nuovi
mercati di sbocco, e non solamente nuove
nicchie in mercati già presidiati, con un
3,2%, in particolare, che tenterà di
aprirsi la strada su nuovi mercati di
esportazione, e ciò averrà sorpattutto fra
le imprese agricole(7,5%) ed edili (6,5%).
Il resto degli intervistati, invece, adotta
strategie di tipo “difensivo”, non volte ad
aggredire
meglio
i
mercati,
quanto
piuttosto a sopravvivere tagliando sui
costi operativi, al fine di riequilibrare
la funzione finanziaria ed il cash flow.
Infatti, il 16% degli intervistati taglierà
il costo del lavoro, tramite esuberi di
personale (soprattutto nelle costruzioni,
come si è visto, dove tale percentuale
toccherà il 28% del campione), il 12%
razionalizzerà i costi delle forniture di
materie prime o semilavorati, oppure agirà
sull’efficienza
economica
del
ciclo
produttivo, al fine di ridurre sprechi e
conseguenti
oneri,
un
12,2%,
infine,
accetterà
una
compressione
dei
propri
margini
di
guadagno,
non
riuscendo
evidentemente ad agire efficacemente dal
lato dei costi, pur di difendere la propria
quota di mercato.
Per quanto attiene le aspettative nei
confronti
della
politica
economica,
prevalgno le proeccupazioni legate alle
condizioni finanziarie e di liquidità, per
cui diversi intervistati chiedono che si
operi
direttamente
a
sostegno
della
liquidità aziendale, mediante incentivi al
capitale circolante, oppure incentivi in
conto interesse mirati ad abbattere il
costo del credito o, ancora, uno sblocco
dei pagamenti delle forniture alla PA, che
ovviamente
interessa
soprattutto
quei
settori, come le costruzioni che lavorano
prevalentemente con sogetti pubblici. Un
altro filone di richieste è mirato a
sbloccare il razionamento del credito,
mediante interventi di garanzia pubblica, o
un potenziamento dei Confidi. Infine, il 9%
dei richiedenti si concentra su interventi
49
pubblici di sostegno ai redditi ed alla
domanda, per ridurre la contrazione dei
consumi
che
ha
duramente
colpito
i
fatturati delle imprese. Tale richiesta
riguarda soprattutto le imprese turistiche,
poiché il calo dei consumi colpisce proprio
quelle
voci
di
spesa
non
ritenute
essenziali dalle famiglie.
Va anche evidenziato come l’8% deglii
ntervistati richieda uno snellimento e
semplificazione
delle
procedure
amministrative
di
tipo
concessorio
o
autorizzatorio di competenza delle PA,
che si traducono in costi aggiuntivi per
le imprese, ed in una dilatazione dei
tempi necessari ad implementare progetti
di investimento e di sviluppo aziendale.
Si tratta, a differenza degli interventi
di
cui
sopra,
di
una
misura
non
congiunturale, ma strutturale, che mira
ad
una
maggiore
competitività
del
territorio.
Graf. 8 – Leve sul quale le imprese sono intervenute per contrastare
gli effetti della crisi (In %)
50
19,8
Aumento della qualità dei prodotti/ servizi
16,8
Adozione di nuove strategie commerciali
15,8
Riduzione del personale
Riduzione margini
12,2
Razionalizzazione dei costi di approvvig. e di produz.
11,8
7,8
Ampliamento gamma prodotti offerti
4,8
Ricerca nuovi mercati di sbocco interni
3,6
Irrobustimento dell’organizzazione aziendale
3,4
Riqualificazione delle risorse umane
Ricerca nuovi mercati di sbocco esteri
3,2
38,2
Altro
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
risposte può
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 9 – Interventi di politica economica prioritari per rilanciare
la competitività delle imprese (In %)
9,8
Incentivazione a sostegno dei livelli di liquidità dell’impresa
8,8
Interventi a sostegno della domanda per consumi
Creaz. fondo pubb. di garanzia per facilitare il cred. banc./potenz. confidi
8,4
Snellimento delle procedure amministrative cui l’impresa è sottoposta
8,4
7,0
Incentivi in c/interesse per ridurre il costo del denaro
4,6
Rimborso accelerato dei debiti della PA nei confronti delle imprese
3,4
Incentivi all’acquisizione di sistemi di qualità
3,4
Maggiore sostegno pubblico ai processi di R&S
2,8
Potenziamento infrastrutture di colleg. viarie/ferrov.
2,2
Incentivaz. alla crescita dimens./associazionismo con altre imprese
2,0
Potenziamento infrastrutture portuali/aeroportuali
Potenz. infrastrutture/utilities interne alle aree industriali
1,8
Miglioramento delle reti telematiche ed informatiche
1,6
1,4
Riforma dei consorzi industriali
Maggiore sostegno pubblico ai processi di internazionalizzazione
1,0
Miglioramento sistema formaz. professionale degli addetti
1,0
0,8
Creazione di un polo intermodale
51
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
52
risposte può
L’analisi Macroeconomica
53
2.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA
2.1.1 Il Prodotto Interno Lordo provinciale
L’andamento del prodotto
interno lordo dal 2003
al 2008
Una inversione del ciclo
verificatasi anche
in ragione di un livello
insufficiente della
produttività
Come è noto, l’andamento del prodotto
interno
lordo
misura
la
capacità
di
crescita
economica
del
territorio,
in
termini di creazione di ricchezza netta. Il
sistema economico palermitano rappresenta
il 25% circa del PIL regionale siciliano,
ed il suo peso tende a crescere negli anni
(nel 2003 era del 23%). Si tratta, quindi,
di un sistema economico di importanza
cruciale per l’intera Sicilia, ma anche per
il Mezzogiorno (poiché la provincia di
Palermo produce circa il 6% della ricchezza
netta dell’intero Meridione).
Da questo punto di vista, non può che
preoccupare il fatto che, negli anni più
recenti, la crescita economica palermitana
sia stata particolarmente debole, poiché
già dal 2006 questa si è attestata al di
sotto della media regionale e di quella
nazionale,
evidenziando
prima
una
sostanziale stagnazione, per poi entrare, a
partire dal 2008, in fase recessiva.
In altri termini, la crescita economica
del palermitano, in questi ultimi anni, si
sta rivelando più fragile anche rispetto
al resto della Sicilia e del Sud; si
tratta di una debolezza che rischia di
tradursi in una maggiore serietà degli
effetti della crisi economica sul sistema
economico locale, ed in prospettive di
ripresa più lente rispetto al resto del
Paese.
L’approfondimento
delle
cause
strutturali di tale fragilità economica
costituisce uno degli oggetti principali
della presente edizione dell’Osservatorio.
Fra
l’altro,
il
rallentamento
della
crescita economica provinciale è un dato
piuttosto recente, posto che nel periodo
2003-2005
il
Pil
palermitano
aveva
evidenziato, sovente, una capacità di
crescita anche superiore rispetto alla
media nazionale, tanto che il tasso medio
annuo di crescita del Pil provinciale,
54
misurato sull’intero arco di tempo 20032008, è ancora piuttosto brillante (+3%),
malgrado il rallentamento netto negli anni
più recenti.
Il biennio 2005-2006, dunque, sembra essere
stato il periodo in cui il ciclo economico
locale ha accusato un punto di svolta in
negativo, e Palermo ha cessato di essere
una locomotiva della crescita siciliana e
meridionale.
Alla radice di tale rallentamento, che si è
trasformato in una “recessione anticipata”
di qualche mese rispetto al ciclo generale
avviatosi a fine 2008, vi è un livello
della produttività del lavoro insufficiente
che, ovviamente, pesa negativamente sulla
competitività
delle
imprese
locali
e,
quindi, sul loro potenziale di crescita.
Seppur cresciuta, tra il 2001 ed il 2006,
in misura superiore rispetto al resto della
regione e del Paese (16,5%, a fronte del
13,8% regionale e del 12,8% nazionale), la
produttività del lavoro palermitana rimane,
a fine 2006, su livelli inferiori alla
media, essendo pari al 93,3% del valore
complessivo
dell’Italia.
Seria
risulta
essere la situazione dei servizi (92,2%
della produttività del terziario nazionale,
con punte negative particolarmente acute
nel comparto del commercio, alberghi e
pubblici esercizi e dei servizi reali ed
immobiliari), evidenziando come il processo
di
terziarizzazione
dell’economia
palermitana sia stato basato su attività a
modesta competitività e, quindi, non abbia
contribuito ad un incremento del potenziale
di crescita, come invece avvenuto in altri
sistemi
economici
che
si
sono
terziarizzati.
Tab. 1 – Prodotto interno lordo a prezzi correnti nelle province
siciliane, in Sicilia,
nel Mezzogiorno ed in Italia (2003-2008; valori in milioni di euro)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
2003
7.144,1
18.388,4
10.913,2
6.235,5
2004
6.483,6
19.431,7
10.444,1
5.786,1
2005
6.842,1
19.819,1
11.158,5
5.980,3
55
2006
7.258,1
20.105,2
11.542,8
6.126,6
2007
7.165,6
21.104,2
11.692,0
6.113,9
2008
6.907,2
21.943,5
11.501,2
6.732,3
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
Mezzogiorno
ITALIA
4.108,0
2.450,1
16.362,1
5.082,0
7.615,6
78.299,0
328.518,0
1.333.981,0
3.988,9
2.370,7
16.462,9
5.305,9
7.053,3
77.327,3
332.776,2
1.389.263,5
4.298,1
2.463,2
16.986,7
5.356,1
7.454,1
80.358,1
341.498,9
1.421.800,6
4.426,4
2.591,9
17.475,4
5.533,3
7.878,9
82.938,6
352.869,0
1.473.948,6
4.514,6
2.613,0
18.026,7
5.755,7
8.040,0
85.025,8
363.083,4
1.535.540,4
4.731,1
2.689,0
18.985,5
6.262,6
7.501,5
87.253,9
370.827,1
1.570.745,3
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Graf. 1 – Variazione annua del Pil a Palermo, in Sicilia ed in Italia,
a prezzi costanti
3,0
(2002-2008; valori In %)
2,2
3,0
2,2
2,4
2,0
2,4
2,0
2,0
1,5
1,1
1,1
0,5
0,5
0,0
0,30,3
0,7
0,7
0,0
0,0
0,2
0,2
0,0
1,2
1,5
1,4
1,6
1,2
1,5
1,4
1,0
1,0
1,6
2,0
1,5
0,10,1
-0,1
-0,1
-0,1
-0,1
-0,4
-1,0
-0,4
-1,0
-1,0
-1,0
-1,2
-1,2
-2,0
-2,0
-3,0
-3,2
-3,0
-4,0
07
20
08
/2
0
07
20
08
/2
0
06
20
07
06
/2
0
20
07
20
06
/2
0
05
ITALIA
2.1.2 Il valore aggiunto Palermo
settoriale
SICILIA
Una terziarizzazione basata
su settori a modesta
capacità di crescita
/2
0
05
20
06
/2
0
04
20
05
20
04
20
03
20
02
SICILIA
/2
0
Palermo
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
04
20
05
/2
0
03
/2
0
03
20
04
/2
0
02
/2
0
02
20
03
/2
0
/2
0
01
-4,0
20
02
/2
0
01
-3,2
ITALIA
Un primo fattore strutturale di debolezza
dell’economia palermitana può rinvenirsi
dall’analisi della composizione settoriale
del suo sistema produttivo. Palermo ha
compiuto, in misura più rapida e più
intensa, rispetto al resto del Paese,
un’evoluzione per certi versi fisiologica
in direzione delle attività terziarie e di
servizio. Infatti, tra il 2003 ed il 2007,
il
valore
aggiunto
del
terziario
è
cresciuto a ritmi superiori rispetto alla
media regionale e nazionale (con tassi del
3,2% per Palermo, del 3% per la Sicilia e
del 2,8% a livello nazionale). Oggi,
quindi,
con
più
dell’84%
del
valore
aggiunto che deriva dal terziario, Palermo
può
definirsi
una
economia
largamente
terziarizzata.
Tuttavia, il processo di terziarizzazione
56
dell’economia palermitana non si è svolto
attraverso
meccanismi
virtuosi,
ovvero
allineati ad un fenomeno generale, tipico
di tutte le economie post-industriali, di
abbandono di cicli produttivi a basso
valore
aggiunto
(come
ad
esempio
le
attività agricole e quelle manifatturiere
a
minor
livello
qualitativo
e
di
innovazione)
per
abbracciare
attività
immateriali ad elevata redditività sui
mercati
(quali
i
cosiddetti
“servizi
avanzati”: ICT, informatica, R&S, attività
finanziarie, ecc.). Infatti, al netto del
peso tradizionalmente assunto dai servizi
pubblici, connesso al ruolo di capitale
regionale,
la
terziarizzazione
dell’economia palermitana è passata per il
tramite
di
attività
di
servizi
alla
persona a basso valore aggiunto, mentre,
secondo i dati 2006, il peso dei servizi
avanzati è pari al 31% del totale del
valore aggiunto del terziario, a fronte di
una media del 39% a livello nazionale.
Pertanto, il processo di terziarizzazione,
che in altre parti del Paese e dell’Europa
ha portato a nuove fasi di crescita (almeno
prima della crisi finanziaria di fine
2008),
ha
indebolito
l’economia
palermitana, poiché si è tradotto, da un
lato, nella crisi dei tradizionali assi
portanti dell’industria locale (la crisi
del
polo
di
Carini,
che
ha
colpito
insediamenti industriali come la Keller, la
Effedi, la Tecnopali e l’Imesi, nonché la
perdurante incertezza sul futuro dello
stabilimento di Termini Imerese –nella
componente automotive ed in quella della
cantieristica
navale-,
già
più
volte
colpito
da
pesanti
ristrutturazioni
produttive ed occupazionali) e dall’altro
in una terziarizzazione “povera”, a basso
valore aggiunto, con scarse prospettive di
espansione sui mercati, specie di quelli
non
meramente
localistici,
a
bassa
produttività.
57
Tab. 2 – Valore aggiunto per settore di attività economica nelle
province siciliane, in Sicilia,
nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %)
Industria
Agricoltura
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
Mezzogiorno
ITALIA
Manifatturiero
Costruzioni
9,5
8,7
9,9
7,6
21,3
8,0
10,8
9,6
19,5
10,9
13,8
21,4
7,6
4,9
7,3
6,2
6,5
7,6
5,8
8,5
5,4
6,2
7,1
6,1
2,8
1,9
2,5
5,8
4,8
7,6
2,7
11,2
6,6
3,9
3,5
2,1
Totale
Industria
17,1
13,6
17,1
13,8
27,8
15,6
16,7
18,1
25,0
17,1
20,9
27,5
Servizi
Totale
economia
80,1
84,5
80,3
80,5
67,5
76,8
80,7
70,7
68,5
79,0
75,7
70,5
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Graf. 2 – Variazione media annua del valore aggiunto a Palermo, in
Sicilia ed in Italia (2007/2003)
Palermo
SICILIA
ITALIA
4,4
3,2
2,7
3,0
2,8
2,5
2,4
2,8
1,4
0,4
0,0
-0,4
-1,4
-2,5
58
-5,9
Agricoltura
Manifatturiero
Costruzioni
Servizi
Totale economia
Palermo
SICILIA
ITALIA
4,4
3,2
2,7
3,0
2,8
2,5
2,4
2,8
1,4
0,4
0,0
-0,4
-1,4
-2,5
-5,9
Agricoltura
Manifatturiero
Costruzioni
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
59
Servizi
Totale economia
Quadro A
Il sistema economico integrato
dei beni culturali
Il patrimonio culturale rappresenta un importante fattore strategico su cui puntare per stimolare lo sviluppo economico di un te
Un aspetto che spesso viene sottovalutato, a questo proposito, è che il patrimonio culturale non ha delle ripercussioni positiv
tutto rispetto nell’economia locale, peso che, tuttavia, sembra stia andando gradualmente diminuendo nel tempo, in controtend
Risultano utili in tal senso i dati circa la consistenza ed il peso che il settore culturale, o meglio le attività economiche coinvolt
Al 2006, ultimo dato aggiornato disponibile, le imprese che rientrano nel sistema economico integrato dei beni culturali (
audiovisivi, ecc.; enogastronomia e produzioni tipiche, produzioni di natura industriale ed artigiana; architettura ed edilizia di
quanto riguarda Palermo, si tratta per la stragrande maggioranza di imprese operative nell’ambito dell’architettura ed ediliz
complesso, mentre il settore delle produzioni di natura industriale ed artigiana e quello dei beni culturali in senso stretto hanno
La rilevanza che il settore culturale ha nella realtà economica palermitana emerge, d’altra parte, dalla posizione che la pro
addirittura la decima posizione nell’ambito dell’enogastronomia e delle produzioni tipiche. Tale settore trasversale ha, peraltro
dà alla formazione della ricchezza locale (contribuisce per l’11,5% sul valore aggiunto complessivamente prodotto in provinci
Da notare, tuttavia, come il peso che queste imprese hanno sull’economia palermitana stia gradualmente riducendosi nel tem
nazionale (valore aggiunto: dal 12,3% del 2001 al 12,7% del 2006; occupati: dal 14,3% del 2001 al 15,4% del 2006).
Peraltro, ancorché le dinamiche di medio periodo sperimentate dal settore culturale della provincia (2001-2006) siano positiv
che emerge da quanto appena detto, è pertanto la necessità da parte della provincia di intervenire a favore di un rilancio del set
Tab. 3 – Posizione della provincia di Palermo nella graduatoria nazionale per numero
in riferimento ai setto
Beni e attività culturali
Industria culturale (editoria, audiovis., ecc.)
Enogastronomia, produzioni tipiche
Produzioni di natura industriale e artigiana
Architettura ed Edilizia di riqualificazione
Totale settore culturale Palermo
Totale settore culturale ITALIA
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Graf. 3 – Composizione settoriale d
al
60
35,0
31,6
30,0
25,0
20,0
15,0
10,5
10,0
5,0
0,0
Beni e attività
culturali
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Tale informazione statistica è stata prodotta in occasione dell’avvio di un progetto dell’U
quantificazione e qualificazione del sistema economico integrato dei beni culturali nell’econ
matrice comune è l’ancoraggio al territorio e la valorizzazione del suo patrimonio culturale”
beni culturali, Roma, 2009, p. 41).
2.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA
2.2.1 La dinamica demografica
Un bacino di grandi
potenzialità che però deve
evitare depauperamenti
dovuti alla ripresa di
fenomeni migratori
Congiuntamente alla dotazione di risorse
economiche,
di
infrastrutture
e
di
attività, la popolazione (ossia le risorse
umane)
rappresenta
uno
dei
principali
fattori che contribuiscono a delineare il
profilo
di
un
territorio,
date
le
molteplici ricadute in termini economici
associate alle dinamiche demografiche. In
generale, il grado di attrattività di un
territorio può essere misurato anche per il
tramite della capacità di accrescere la sua
popolazione mediante flussi migratori in
ingresso
(recentemente,
Svimez
ha
utilizzato
proprio
tale
parametro
per
misurare l’attrattività dei sistemi locali
del
lavoro
meridionali,
cfr.
Rapporto
Svimez 2009) mentre le dinamiche naturali
della popolazione (natalità, mortalità,
fecondità, ecc.) sono spesso strettamente
associate al grado di sviluppo socio61
Una popolazione
fortemente urbanizzata
e concentrata
economico
complessivo
(cfr.
l’Human
Development Index elaborato dall’United
Nations Development Programme).
In riferimento al fattore demografico, la
provincia di Palermo, in un contesto
nazionale di generale declino, mette a
segno, negli ultimi anni, una costante
crescita, sia pur in misura nettamente
inferiore rispetto alla media regionale.
Infatti, il tasso medio di crescita, nel
periodo considerato (2003-2007), è pari
all’1,1%,
a
fronte
del
2,3%
medio
regionale. A questo proposito va rimarcato,
però, come la crescita demografica di
Palermo sia alimentata quasi esclusivamente
dalla componente naturale, mentre il flusso
migratorio negativo, in una regione che ha
invece avuto andamenti complessivamente
positivi nel periodo in esame, evidenzia
come
la
progressiva
erosione
delle
occasioni lavorative abbia inciso sulle
decisioni
dei
residenti.
Nell’ultimo
rapporto sull’economia del Mezzogiorno,
Svimez
evidenzia
come
i
flussi
di
trasferimento di residenza verso il Centro
Nord, al 2006, siano diretti, da Palermo,
prevalentemente verso regioni come l’Emilia
Romagna, il Piemonte, la Lombardia, la
Toscana ed il Veneto, mentre la capacità
attrattiva di Palermo nei confronti di
altre aree della Sicilia (segnatamente nei
confronti
di
Catania,
Caltanissetta
e
Messina)
non
compensa
le
perdite
demografiche per emigrazione verso il Nord
dell’Italia.
Sulla vivacità del saldo naturale, gioca
anche
il
fatto
che
la
popolazione
palermitana è relativamente giovane, se
paragonata con il resto della Sicilia e con
la media nazionale, come dimostrano i
valori relativi alla percentuale di giovani
con meno di 15 anni ed all’indice di
vecchiaia.
Peraltro,
anche
nell’ambito
della popolazione in età da lavoro, Palermo
esibisce una quota di “lavoratori giovani”
(15-39 anni) relativamente più elevata
rispetto ai “lavoratori anziani” (40-64
anni),
come
indica
il
valore
basso
62
territorialmente
dell’indice di struttura. Pertanto, una
popolazione giovane, sia in assoluto che
con riferimento al mercato del lavoro,
costituisce un vantaggio competitivo tipico
di Palermo, e del tutto favorevole, sia in
confronto con le altre province siciliane,
che con il Paese nel suo insieme.
Una forza lavoro costituita prevalentemente
da giovani, infatti, consente di avere
lavoratori creativi e potenzialmente ad
elevata produttività, a tutto vantaggio
delle
prospettive
di
crescita
futura
dell’economia
locale.
Tuttavia,
tale
vantaggio competitivo si assottiglia a
causa dei rilevanti fenomeni migratori, che
colpiscono,
ovviamente,
soprattutto
i
lavoratori giovani, e che sono il frutto di
una incapacità del sistema economico di
produrre posti di lavoro in quantità e
qualità
sufficienti
a
rispondere
all’offerta di lavoro. Ciò, in prospettiva,
non potrà che far flettere anche la curva
di
crescita
dovuta
alla
componente
naturale, se gli attuali trend dovessero
proseguire.
Con
riferimento
alla
struttura
della
popolazione,
Palermo
presenta
le
caratteristiche
tipiche
di
un’area
ad
elevato grado di urbanizzazione. La densità
demografica, molto elevata, denota infatti
la presenza di un’area urbana densamente
popolata, mentre la percentuale di abitanti
residenti
in
comuni
di
dimensione
demografica uguale o superiore ai 20.000
abitanti è il riflesso di una popolazione
che tende a concentrarsi nel polo urbano
del capoluogo e sulla costa, e che,
nell’entroterra, tende invece a rarefarsi.
Ciò è il riflesso della distribuzione delle
attività economiche, che privilegia la
città capoluogo (che concentra il 53% circa
dell’intera popolazione provinciale) e,
almeno in passato, le aree costiere dei due
poli industriali di Carini e Termini
Imerese. Lo sviluppo e la rete urbana sono,
pertanto, caratterizzati da un evidente
squilibrio tra il capoluogo e il resto
della provincia: Palermo, infatti, possiede
63
un hinterland fatto di piccoli centri che
la
circondano
e
che
ad
essa
fanno
riferimento per qualunque tipo di servizio.
Cefalù e Bagheria rappresentano invece il
riferimento, in termini di servizi, per i
comuni della fascia costiera, e Termini
Imerese
per
l’area
orientale
della
provincia. I comuni dell’area più interna
della
provincia,
più
piccoli
demograficamente, si trovano invece in una
posizione relativamente meno favorevole, in
termini di accesso ai servizi stessi.
Relativamente modesta risulta, inoltre, la
percentuale
di
stranieri
regolarmente
residenti sul totale della popolazione,
nella misura in cui i poli regionali di
attrazione
principali
risultano
essere
Catania e Caltanissetta.
Tab. 1 – Popolazione residente per età in provincia di Palermo, in
Sicilia ed in Italia
(2007; valori assoluti)
Valori Assoluti
0 - 14
15 - 64
66.733
283.457
200.901
825.131
89.280
432.393
71.365
296.282
45.336
177.156
26.820
111.781
177.446
723.425
49.337
205.628
59.715
269.873
786.933
3.325.126
8.367.043
39.306.261
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
65 e oltre
85.784
217.353
132.359
87.903
50.078
35.122
181.044
56.805
71.176
917.624
11.945.986
Totale
435.974
1.243.385
654.032
455.550
272.570
173.723
1.081.915
311.770
400.764
5.029.683
59.619.290
Fonte: Istituto Tagliacarne
su dati Istat
Tab. 2 – Principali indicatori della struttura demografica nelle
province siciliane,
in Sicilia ed in Italia (2007)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Dipendenza
Dipendenza
strutturale(1)
giovanile(2)
53,8
50,7
51,3
53,8
53,9
55,4
49,6
51,6
48,5
23,5
24,3
20,6
24,1
25,6
24,0
24,5
24,0
22,1
Dipendenza
degli
anziani(3)
30,3
26,3
30,6
29,7
28,3
31,4
25,0
27,6
26,4
64
Indice di
vecchiaia(4)
128,5
108,2
148,3
123,2
110,5
131,0
102,0
115,1
119,2
Indice di
struttura(5)
97,2
92,8
101,4
93,0
92,3
96,6
91,9
92,0
95,1
Indice di
ricambio(6)
93,2
79,8
92,4
82,5
77,3
79,5
76,0
84,1
95,9
Sicilia
ITALIA
51,3
51,7
23,7
21,3
27,6
30,4
116,6
142,8
94,3
107,1
83,1
114,8
(1) rapporto % tra popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) e la popolazione in età attiva (15-64)
(2) rapporto % tra la popolazione di età 0-14 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64)
(3) rapporto % tra la popolazione di età 65 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64)
(4) rapporto % tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione di 0-14 anni
(5) Indica il grado di invecchiamento della popolazione attiva ed è dato dal rapporto tra la popolazione compresa tra 40 e 64 anni e la
popolazione compresa tra 15 e 39 anni.
(6) È dato dal rapporto tra coloro che stanno per uscire dalla popolazione in età lavorativa (60-64 anni) e coloro che vi stanno per
entrare (15-19).
Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Istat
Tab. 3 – Popolazione residente nelle province siciliane, in Sicilia ed
in Italia, suddivisa per numero di famiglie, componenti per famiglia,
ampiezza dei comuni, densità abitativa e % stranieri residenti (2007;
v. ass. ed In %)
n°
n° compon. Densità
Pop<20.000ab. Pop>=20.000ab.
famiglie perfamiglia abitativa
Trapani
165.010
2,6
177,22
28,9
71,1
Palermo
461.485
2,7
249,06
28,1
71,9
Messina
271.178
2,4
201,41
51,4
48,6
Agrigento
171.159
2,7
149,76
49,2
50,8
Caltanissetta
105.773
2,6
128,30
31,4
68,6
Enna
68.164
2,5
67,81
71,8
28,2
Catania
422.978
2,5
304,58
32,8
67,2
Ragusa
118.929
2,6
193,16
21,6
78,4
Siracusa
152.986
2,6
190,04
24,5
75,4
Sicilia
1.937.662
2,6
195,69
35,1
64,9
ITALIA
23.907.410
2,5
197,85
47,2
52,75
Fonte: Istituto Tagliacarne
% Stranieri
residenti
1,1
0,9
1,2
0,7
2,0
1,5
3,9
1,4
1,5
1,6
5,0
2.2.2 Il Pil pro capite
L’andamento del Pil pro
capite è favorito anche
dalla dinamica
demografica
Si riduce il gap strutturale
di ricchezza media
Il rapporto fra Pil ed abitanti costituisce
una prima, seppur generica, indicazione del
livello di ricchezza media disponibile sul
territorio, per quanto debba essere integrata
da una analisi più approfondita dei meccanismi
redistributivi esistenti.
Se si analizza l’andamento complessivo del Pil
pro capite palermitano sull’intero periodo
2003-2008, si nota una evidente crescita
media, più robusta sia rispetto alla Sicilia
ed al Mezzogiorno, che all’Italia. Tale
andamento del tasso medio annuo di crescita
del Pil pro capite è ovviamente stato favorito
da una crescita della popolazione molto più
lenta rispetto alla media nazionale (la
popolazione palermitana, tra il 2003 ed il
2008, è cresciuta dello 0,5%, quella nazionale
del 4%, quella siciliana dell’1,2%). Da
ricordare, infatti, che a partire dal 2006, la
crescita economica palermitana ha rallentato,
attestandosi su un trend più basso rispetto al
65
prodotta.....
...anche se permangono
oltre 30 punti percentuali di
gap con la media nazionale
resto della Sicilia e del Paese. Di fatto,
quindi, la dinamica del Pil pro capite
palermitano è stata influenzata anche da
effetti che nulla hanno a che vedere con
la crescita della ricchezza effettivamente
disponibile. E’ da notare che, malgrado
l’incremento relativamente rapido di tale
indicatore, il gap in valore assoluto che
separa il Pil pro capite palermitano da
quello nazionale rimane pressoché costante
(8.300 euro nel 2003, 8.600 nel 2008),
evidenziando come non vi sia stato cun
significativo
fenomeno
di
recupero,
in
termini di ricchezza disponibile in valore
assoluto, nei confronti delle aree più
ricche del Paese. Discorso diverso riguarda,
invece, il recupero in termini relativi,
poiché la crescita media annua del Pil pro
capite relativamente rapida in provincia di
Palermo ha fatto sì che tale indice passasse
dal 64% al 67% del valore nazionale nel
periodo.
Viceversa, il recupero si è registrato sia in
termini assoluti che relativi nei confronti
del resto della Sicilia e del Mezzogiorno.
Infatti, nel 2003 il Pil per abitante
palermitano esibiva un valore inferiore alla
media regionale, ma già dal 2004 si verifica
un ribaltamento della situazione. Rispetto al
Mezzogiorno, la distanza nei valori del Pil
pro capite si riduce, da circa 1.100 euro nel
2003, a poco più di 150 euro nel 2008. Tutto
ciò ha fatto sì che, nella graduatoria delle
103 province italiane per valore del Pil pro
capite, Palermo abbia recuperato ben 8
posizioni rispetto al 2003, collocandosi al
secondo posto fra le province siciliane,
dietro alla sola Ragusa. Va, tuttavia,
ricordato,
ancora
una
volta,
che
tali
andamenti derivano anche da una crescita
demografica
più
lenta
nella
provincia.
Infatti, stante la sostanziale recessione in
cui
è
entrato
il
ciclo
macroeconomico
palermitano nel 2007-2008, che, come si
ricorderà, è stata più forte rispetto a quanto
registrato a livello di regione e di intera
economia nazionale, l’aumento del PIL pro
capite attribuibile ad effettivi fenomeni di
66
accumulazione di nuova ricchezza netta può
riferirsi solamente agli anni che vanno dal
2003 al 2006.
Tab. 4 – Pil per abitante nelle province siciliane, in Sicilia, nel
Mezzogiorno ed in Italia, a prezzi correnti (2003-2008; N.I., Italia =
100)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
Mezzogiorno
ITALIA
2003
72,1
64,1
71,4
59,3
64,7
60,1
66,4
72,9
82,8
67,7
68,8
100,0
2004
63,0
65,7
66,4
53,1
60,6
56,8
64,5
72,7
74,3
64,7
67,3
100,0
2005
65,0
65,9
70,0
54,0
64,5
58,2
65,2
71,8
77,2
66,0
67,8
100,0
2006
66,8
64,8
70,5
53,7
64,7
59,6
64,9
71,7
79,0
66,1
68,0
100,0
2007
63,7
65,7
69,2
51,9
64,0
58,2
64,5
71,7
77,7
65,4
67,5
100,0
2008
60,3
67,1
66,9
56,3
66,1
59,0
66,7
76,1
71,0
66,0
67,7
100,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Tab. 5 – Pil pro capite nell'anno 2008 e variazioni rispetto al 2003
nelle province siciliane,
in Sicilia ed in Italia
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Posizione in
graduatoria
nazionale
98
87
88
103
90
101
Pro capite €
15.853,7
17.643,6
17.584,6
14.790,8
17.376,8
15.494,3
67
Numero
Indice
(Italia=100)
60,3
67,1
66,9
56,3
66,1
59,0
Diff. pos.
rispetto al
2003
-18
8
-3
-1
4
-1
Variazione
% 2008 /
2003
-5,2
18,8
6,2
7,6
15,9
11,2
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
89
73
80
-
17.527,6
20.008,3
18.661,7
17.337,8
26.278,6
66,7
76,1
71,0
66,0
100,0
0
5
-10
-
13,8
18,3
-2,7
10,4
13,4
Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne
Quadro B
Benchmarking: le principali aree portuali mediterranee
L’analisi del Pil pro capite permette di avere delle indicazioni, sebbene di carattere molto generale,
circa la ricchezza media disponibile sul territorio. In quanto segue, la situazione della provincia di
Palermo è messa a confronto con quella delle altre principali province portuali mediterranee
utilizzando dati a livello NUTS3.
Analizzando i dati per il periodo 2001-2006 e ponendo il Pil pro capite dell’Unione Europea a 27 pari
a 100, si può notare come per il Pil pro capite della provincia di Palermo, insieme a quello di Napoli,
si registri un valore inferiore a quello di tutte le province considerate. La realtà della provincia
palermitana risulta, quindi, piuttosto distante in termini di ricchezza media disponibile rispetto alle
province portuali più avanzate, tra cui spiccano Trieste, Venezia, Genova e Barcellona (nell’analisi si
dovrebbe tuttavia tener conto anche delle dinamiche demografiche che hanno ovviamente un loro
impatto sulla variabile in esame). Facendo riferimento in particolare al dato del 2006, ultimo
disponibile al momento a livello NUTS 3, il Pil pro capite di Palermo risulta di circa il 30% inferiore
alla media europea, un dato vicino a quello di Bari e Napoli. L’indice più alto si riscontra per le
province di Trieste (127,5) e Venezia (125) ma anche Barcellona, Atene e Genova evidenziano dei
risultati superiori alla media europea. Ciò che emerge in modo chiaro è quindi la necessità per le
economie delle province portuali del Mezzogiorno (sebbene Cagliari presenti delle performance molto
più vicine al dato europeo) di politiche adatte ad innescare un processo di convergenza verso i livelli
di prosperità delle province portuali più avanzate.
Tab. 6 – Pil per abitante a Palermo e nelle principali province
portuali mediterranee a prezzi correnti (2001-2006; N.I., con
EU27=100)
Pil per abitante (N.I.)
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Barcellona
102.0
102.4
106.8
107.9
110.2
111.4
Valencia
81.3
82.9
85.5
85.6
85.8
87.3
Marsiglia
96.0
92.7
93.7
94.4
93.8
94.5
Atene
86.9
92.7
100.5
106.0
107.1
111.0
Genova
120.2
115.6
118.8
117.6
113.3
110.6
Venezia
126.8
125.9
129.5
130.1
126.7
125.0
Trieste
129.3
127.3
130.0
129.6
128.0
127.5
Napoli
71.7
71.7
72.0
71.8
69.3
67.8
68
Bari
Palermo
Cagliari
Lisbona
EU27
83.8
70.7
101.5
89.4
100,0
82.0
72.2
97.1
89.8
100,0
81.2
73.4
100.5
90.3
100,0
79.2
73.1
101.9
89.8
100,0
75.6
72.9
97.3
88.4
100,0
75.0
71.6
95.8
86.9
100,0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat
Graf. 1 – Pil per abitante a Palermo e nelle principali province
portuali mediterranee (NI EU27=100)
140.0
125.0 127.5
120.0
111.0 110.6
111.4
100.0
95.8
94.5
100.0
87.3
86.9
75.0
80.0
71.6
67.8
60.0
40.0
20.0
a
ri
Li
sb
on
lia
o
rm
ag
C
le
Ba
ri
Pa
i
ol
ap
N
st
e
a
zi
ne
ov
Tr
ie
a
Ve
e
en
G
ia
en
At
gl
ia
nc
M
ar
si
le
lo
el
rc
Ba
Va
EU
na
27
0.0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat
2.2.3 Il patrimonio delle famiglie
Accanto ai flussi di reddito, un elemento
fondamentale per valutare la ricchezza
effettiva delle famiglie è dato dal valore
del
loro
stock
patrimoniale.
A
tal
proposito, con un valore medio di 300.000
euro per famiglia, che non ha subito
significative variazioni tra il 2004 ed il
2007, Palermo è la seconda provincia della
Sicilia,
dopo
Trapani,
per
dotazione
patrimoniale.
Mediamente, la famiglia palermitana possiede
uno stock patrimoniale pari a poco più del 78%
della famiglia italiana, il che, nel panorama
complessivo della Sicilia e del Mezzogiorno,
può essere considerato un valore relativamente
soddisfacente. Gioca in tal senso il valore
degli immobili, poiché il prezzo medio dei beni
69
La composizione del
patrimonio delle famiglie
denota un atteggiamento
poco vocato al rischio
immobiliari è relativamente elevato nella città
capoluogo, risentendo ovviamente di un effetto
tipico di ogni grande area urbana sul prezzo
della casa, e poiché più del 71% del patrimonio
delle famiglie palermitane è costituito dal
valore
dell’abitazione,
una
percentuale,
questa, notevolmente superiore sia alla media
del Mezzogiorno che, soprattutto, a quella
nazionale (che non raggiunge il 60%).
Più in generale, lo stock patrimoniale delle
famiglie
di
Palermo
appare
concentrato
prevalentemente su attività reali (immobili e
terreni) mentre la quota di risparmio orientata
verso le attività finanziarie rappresenta una
percentuale minima (non superiore al 27%), una
quota nettamente inferiore alla media della
regione, del Mezzogiorno e dell’Italia. In
particolare, le attività più rischiose, ovvero
i valori mobiliari, costituiscono appena il
9,5% del patrimonio delle famiglie provinciali,
ancora una volta un valore di gran lunga
inferiore rispetto al resto della regione, del
Sud
e
del
Paese.
Un
simile
assetto
patrimoniale, da un lato, è il riflesso di una
mentalità piuttosto conservatrice, avversa al
rischio (si preferisce investire nel mattone e
nei terreni, piuttosto che avventurarsi sui
mercati finanziari). D’altro lato, però,
potrebbe rivelarsi importante nell’attuale fase
di crisi, nella misura in cui le famiglie
palermitane, proprio grazie a tale composizione
del
patrimonio,
sono
relativamente
meno
esposte, in media, sui mercati finanziari, alle
prese con una caduta dei valori delle attività
mobiliari.
Tale considerazione, tuttavia, va in qualche
modo ridimensionata, poiché in questa fase di
recessione, anche il valore del patrimonio
immobiliare ha subito una flessione che,
secondo gli operatori del settore, ad aprile
2009 può quantificarsi attorno al 15%, e che
presumibilmente si aggraverà nel corso dei
prossimi mesi. Pertanto, la protezione offerta
dal modello patrimoniale caratteristico della
famiglie
locali
va,
almeno
in
parte,
relativizzata alla luce della perdita di valore
degli immobili e dei terreni.
70
Tab. 7 – Valore del patrimonio delle famiglie nelle province
siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
Mezzogiorno
ITALIA
Attività reali
Abitazioni Terreni
Totale
66,6
3,5
70,1
71,8
1,3
73,0
68,7
1,7
70,4
76,0
2,6
78,5
68,0
3,3
71,3
63,5
7,9
71,4
71,5
1,1
72,6
64,6
3,4
68,0
66,0
3,0
69,0
70,2
2,1
72,3
66,5
2,9
69,4
59,1
2,4
61,5
Attività finanziarie
Depositi Val.mob. Riserve
10,3
11,8
7,9
10,1
9,5
7,4
10,1
10,8
8,7
7,9
7,6
6,0
11,7
10,5
6,4
10,7
9,4
8,5
10,3
9,3
7,8
12,5
11,0
8,6
12,0
10,7
8,3
10,3
9,8
7,6
11,7
11,0
7,9
9,5
21,4
7,7
TOTALE
Totale
29,9
27,0
29,6
21,5
28,7
28,6
27,4
32,0
31,0
27,7
30,6
38,5
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat
Tab. 8 – Graduatoria provinciale secondo il valore medio in euro del
patrimonio per famiglia
nel 2007 e differenza con il 2004
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
ITALIA
Posizione
graduatoria
94
71
93
65
86
102
88
92
96
Per famiglia
(euro)
237.834
300.152
238.877
321.208
269.475
203.341
254.059
238.892
228.767
382.770
Differenza posiz.
con il 2004
2
0
5
-4
-1
2
-1
-6
1
-
Var. % famiglia
2007/2004
0,2
0,2
0,1
0,3
0,3
0,2
0,2
0,3
0,2
0,2
Num. ind.
(ITA=100)
62,1
78,4
62,4
83,9
70,4
53,1
66,4
62,4
59,8
100,0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne
su dati Istat
2.2.4 L’indebitamento delle famiglie
Una crescita del credito
al consumo che compensa
la stagnazione dei
redditi reali
Lo stock patrimoniale delle famiglie, ed il
livello
dei
flussi
di
reddito,
costituiscono il valore complessivo delle
garanzie che queste possono offrire al
sistema bancario a fronte della richiesta
di prestiti e mutui. D’altro canto, la
crescita, verificatasi a livello nazionale,
dell’esposizione
delle
famiglie
nei
confronti del sistema bancario, riflette un
cambiamento strutturale nel modello dei
consumi, che fa sempre più affidamento sul
credito per mantenere un tenore di vita
costante, in considerazione di una crescita
del reddito familiare sempre più stagnante
negli ultimi anni. Basti pensare che il
71
Tra il 2007 ed il 2008:
il credit crunch colpisce più
duramente le piccole
e micro imprese
L’esposizione debitoria
delle famiglie palermitane
è elevata in rapporto
al reddito
credito alle famiglie consumatrici sia
cresciuto, nel Paese, ad un tasso medio
annuo dell’8,3% fra il 2002 ed il 2007,
mentre
le
retribuzioni
contrattuali
nominali di dipendenti ed operai sono
cresciute, nel medesimo periodo, del 2,6%
medio annuo, che si riduce allo 0,5% se si
tiene
conto
del
parallelo
aumento
dell’indice dei prezzi al consumo (fonte
dei dati: Istat).
Da questo punto di vista, la fotografia
della provincia di Palermo, con riferimento
alle famiglie consumatrici, è del tutto
allineata a quanto si verifica nel resto
del Paese: l’incremento dell’8,2% medio
annuo del credito al consumo, infatti, è
analogo al valore medio nazionale, e non
dissimile dal resto della Sicilia.
E’, invece, leggermente superiore alla
crescita media nazionale il trend del
credito alle famiglie produttrici (ovvero
alle piccole e micro imprese) cresciuto al
tasso medio annuo del 5,1%, a fronte del
4,6% nazionale. Probabilmente anche grazie
a provvedimenti di agevolazione pubblica a
favore delle PMI (che godono di massimali
di aiuto pubblico più alti rispetto alle
imprese maggiori), il credito bancario ha
avuto un andamento interessante rispetto a
tale categoria di imprenditori. Il buon
andamento del credito alle imprese minori
fa sì che il totale del credito alle
famiglie cresca ad un ritmo superiore
rispetto alla media nazionale (6,1%, contro
il 5,6%), anche se inferiore rispetto al
resto della Sicilia.
Di converso, il credito erogato a medie e
grandi imprese (le cosiddette società e
quasi società non finanziarie) è risultato
meno dinamico, con una crescita media annua
del 4%, a fronte del 5,9% medio nazionale e
del
5,8%
regionale.
Ciò
deriva
probabilmente dalla minore presenza di
unità produttive di grandi dimensioni sul
territorio
palermitano,
ma
anche
da
fenomeni di crisi che hanno colpito alcuni
grandi insediamenti produttivi negli ultimi
anni, che ne hanno ridotto i flussi di
72
investimento e quindi il ricorso al credito
bancario.
Gli
effetti
del
ciclo
recessivo
sull’erogazione
del
credito
bancario
iniziano, tuttavia, ad intravedersi nei
dati relativi al 2008. Tra il 2007 ed il
2008, si verifica, infatti, un incremento
del credito alle famiglie pari all’1%, ben
lontano dal tasso di crescita medio annuo
del 6,1% registrato tra il 2002 ed il 2007.
Nello
stesso
periodo,
si
registra,
peraltro, un notevole rallentamento nel
contesto regionale (+1,9%, a fronte di un
tasso di variazione medio annuo del +6,8%
tra il 2002 ed il 2007) e quello nazionale
(+4,3%, a fronte di un tasso di variazione
medio
annuo
del
+5,6%).
Da
notare,
comunque, come la contrazione sperimentata
a livello provinciale sia più sostenuta.
Sulla base di quanto appena detto è quindi
lecito presupporre che le famiglie e le
imprese palermitane stiano subendo fenomeni
di credit crunch in misura maggiore che le
famiglie e le imprese della Sicilia e del
Paese nel loro complesso. Le ragioni di
tale rallentamento devono essere ascritte
alle
caratteristiche
dell’attuale
fase
recessiva:
minore
domanda
di
mutui
immobiliari, legata al calo del clima di
fiducia dei consumatori, ma anche alla
flessione del mercato immobiliare, criteri
più
restrittivi
nella
concessione
di
credito.
Scendendo più nel dettaglio, è interessante
osservare
come
nel
2008,
mentre
gli
impieghi
delle
famiglie
consumatrici
continuano ad aumentare rispetto all’anno
precedente (+6,3%), benché ad un tasso di
quasi due punti percentuali più basso
rispetto a quello medio annuo del periodo
2002-2007 (+8,2%), il credito alle famiglie
produttrici diminuisca in modo sostanziale
(-16,5%). Si tratta in entrambi i casi di
variazioni
più
vicine
alle
dinamiche
sperimentate
in
Sicilia
(famiglie
consumatrici +4,1%; famiglie produttrici 11,7%) che nel Paese (famiglie consumatrici
+1%; famiglie produttrici –0,6%).
73
L’andamento
del
credito
alle
famiglie
consumatrici ha però una contropartita in
termini
di
esposizione
debitoria.
In
ragione dell’andamento dell’indebitamento
delle famiglie nei confronti delle banche
in provincia di Palermo, il livello di
esposizione
debitoria
appare
piuttosto
alto, e ciò può porre delle preoccupazioni,
in prospettiva, sulla tenuta di un sistema
economico che cresce poco, che non crea
molti posti di lavoro aggiuntivi, ma in cui
si accumula il debito a carico di famiglie.
Infatti, al 2007, il valore del rapporto
fra credito alle famiglie consumatrici pro
capite e Pil pro capite, che rappresenta la
ricchezza media di cui gli individui
dispongono per ripagare i loro debiti è,
per Palermo, pari al 107,6% della media
regionale ed al 113% di quella nazionale.
Anche
se
il
rapporto
fra
debito
e
patrimonio è leggermente inferiore alla
media nazionale (risultando pari al 95%
della stessa) il divario in termini di
rapporto fra debito e reddito potrebbe
creare
alcune
tensioni,
rendendo
più
difficile
e
restrittivo
l’accesso
al
credito
da
parte
delle
famiglie
consumatrici
palermitane,
e
quindi
incidendo
negativamente
sui
consumi,
nell’attuale scenario recessivo.
Tab. 9 – Credito alle famiglie nelle province siciliane, in Sicilia ed
in Italia
(2008-2002; tasso di variazione medio annuo In %)
Famiglie
produttrici
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
Trapani
Palermo
3,6
5,1
2,9
3,7
4,4
5,3
5,8
6,1
6,3
4,9
4,6
-6,1
-16,5
Famiglie
Società e quasi società non
consumatrici
finanziarie
Tasso di var. medio annuo (2007/2002)
7,9
8,9
8,2
4,0
6,6
6,5
7,1
8,8
6,3
9,4
6,5
8,5
9,1
8,6
7,3
10,0
7,8
-1,8
7,9
5,7
8,3
5,9
Tasso di variazione (2008/2007)
0,8
8,8
6,3
0,5
74
Altri
settori
TOTALE
7,3
12,4
8,6
13,8
18,8
3,9
14,1
7,6
12,3
11,6
1,6
7,6
6,1
6,2
7,3
7,3
6,7
8,8
8,2
2,8
6,8
5,6
96,5
-9,6
4,5
1,0
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
-11,4
-12,6
-9,5
-12,0
-13,9
-7,7
-10,1
-11,7
-0,6
2,6
4,2
2,2
2,6
3,8
8,5
1,6
4,1
1,0
1,9
1,9
1,6
-5,4
5,0
9,3
20,7
5,0
6,7
-32,1
-21,6
-22,8
9,3
-9,5
6,1
-14,0
-10,7
3,0
-1,5
-0,1
-0,4
-2,0
1,7
5,6
7,7
1,9
4,3
Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Banca d’Italia
2.2.5 I consumi delle famiglie
Un modello di consumo
relativamente evoluto,
alimentato anche da una
espansione del credito
al consumo
Tramite
l’analisi
dei
comportamenti
di
consumo, è possibile comprendere meglio il
tenore di vita delle famiglie palermitane. I
dati, al 2007, non scontano ancora gli
effetti della recessione attuale e della
conseguente
restrizione
della spesa
per
consumi, e si collocano solo all’inizio della
fase di marcato rallentamento della crescita
economica provinciale che, come mostrano i
dati sull’evoluzione del Pil, inizia proprio
nel 2007. Le analisi andranno, quindi,
interpretate nel senso che gli andamenti
della domanda per consumi successivi al 2007
saranno sicuramente peggiori, in relazione
all’inasprimento
del
ciclo
economico
nazionale ed internazionale.
Nel 2007, ultimo anno in cui è possibile
esaminare i dati, il modello di consumi della
famiglia
palermitana
media
è
migliore
rispetto alla media regionale ed a quella del
Mezzogiorno, nel senso che la spesa familiare
media è di circa 600-700 euro più elevata
rispetto
a
quella
della
famiglia-tipo
siciliana o meridionale. Inoltre, la quota di
consumi dedicata al segmento non alimentare,
che comprende quindi i consumi non primari,
non
strettamente
indispensabili
per
la
sopravvivenza, è più alta sia del valore
regionale
che
di
quello
meridionale,
collocandosi a ridosso della media nazionale
(essendo pari all’80,3% a Palermo, al 79,2%
in Sicilia, al 78,6% per il Mezzogiorno, ed
all’82,5% in Italia). Si tratta, pertanto, di
un modello di consumi relativamente evoluto,
basato su una quota non indifferente di spese
voluttuarie, il che generalmente è indice di
75
un tenore di vita elevato. Peraltro, la
crescita della spesa per consumi media per
famiglia fra 1996 e 2007 è più rapida
rispetto alla Sicilia ed al Mezzogiorno
(+3.900 euro circa per Palermo, a fronte di
+3.700 per la Sicilia e per il Meridione),
anche se nettamente inferiore alla media
nazionale (+4.700 euro circa) rispetto alla
quale, quindi, si evidenzia l’allargamento di
un gap negativo di tenore di vita, comune del
resto a tutto il Mezzogiorno, che negli
ultimi
anni
ha
subito
un
notevole
allontanamento,
in
termini
di benessere
economico, rispetto al Centro-Nord del Paese.
Un modello di consumo che, al 2007, appare di
qualità, alimentato da una crescita economica
che,
prima
del
2007,
può
considerarsi
soddisfacente, se paragonata con il resto del
Sud, ma anche da una dinamica del credito al
consumo piuttosto intensa (ciò, però, ha un
riflesso negativo in termini di crescente
indebitamento, e quindi crescente fragilità
finanziaria, delle famiglie palermitane).
Tab. 10 – Composizione della spesa pro capite delle famiglie a prezzi
correnti nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in
Italia (2007; In %)
Alimentari
Agrigento
Caltanisetta
Catania
Enna
Messina
Palermo
Ragusa
Siracusa
Trapani
Sicilia
Mezzogiorno
ITALIA
23,1
22,2
21,5
23,3
19,3
19,7
21,2
20,4
20,9
23,1
21,4
17,5
Vestiario e
calzature
9,4
8,9
9,0
9,0
8,2
8,4
9,2
8,6
9,0
9,4
8,8
7,8
Mobili,
articoli/serv. casa
6,8
6,7
6,8
6,6
6,9
7,0
6,9
7,0
7,0
6,8
7,6
7,5
Altri
prodotti
16,8
17,1
16,9
16,6
18,6
19,8
17,9
19,4
17,3
16,8
18,3
18,4
Totale
Servizi
56,1
54,9
54,2
55,5
53,0
54,9
55,2
55,4
54,2
56,1
56,2
51,2
43,9
45,1
45,8
44,5
47,0
45,1
44,8
44,6
45,8
43,9
43,9
48,8
Totale
Spesa
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
2.2.6 La qualità della vita
Accanto ai fattori quantitativi (reddito,
patrimonio) che valgono a qualificare il
tenore di vita, aspetti di carattere
qualitativo, inerenti alla qualità della
76
Un quadro complessivo
della qualità della vita che
mostra non pochi margini
di miglioramento
Sono soprattutto gli aspetti
economici che deteriorano
il quadro complessivo
vita, completano il quadro di una analisi
complessiva
dell’attrattività
e
della
vivibilità del territorio palermitano. La
qualità della vita è, infatti, un fattore
rilevante per determinare le potenzialità
di
sviluppo,
anche
economico,
di
un
territorio, poiché è un attrattore per
catturare/mantenere in loco risorse umane,
imprenditoriali e culturali di pregio.
L’indagine annuale sulla qualità della vita
condotta
dal
Sole
24
Ore
prende
in
considerazione, e misura tramite indicatori
statistici, una gamma molto ampia di
possibili
fattori
che
concorrono
alla
qualità della vita in un dato territorio,
dal tenore di vita in senso stretto
(ricchezza economica e consumi), al clima
economico e degli affari, alla sicurezza,
alla disponibilità di servizi per il tempo
libero, la cultura, ecc.
Con riferimento all’indagine del 2008, la
posizione in graduatoria della provincia di
Palermo, rispetto alle 103 province italiane,
denota criticità particolari nel settore
“affari e lavoro” (dove Palermo è la
penultima provincia italiana) e, in misura
minore, nel settore, strettamente collegato
con il precedente, del “tenore di vita” (in
cui peraltro Palermo, nell’ambito delle
province
siciliane,
precede
soltanto
Agrigento ed Enna). Viceversa, nell’ambito
delle questioni riferite all’offerta di
alcuni servizi tipicamente di rango urbano
(servizi ambientali, tempo libero) Palermo,
grazie alla presenza di un’area urbana avente
le dimensioni ed i bacini di utenza idonei a
sostenere
tali
servizi,
è
posizionata
decisamente
meglio.
In
particolare,
nell’ambito “salute, ambiente e servizi”,
Palermo si colloca al secondo posto fra le
province siciliane, dopo Agrigento.
Esaminando i dati in maggior dettaglio, si
riscontra che, in termini di qualità della
vita,
Palermo
sconta
soprattutto
la
difficile
situazione
economica,
e
occupazionale
complessiva.
L’elevata
numerosità di fallimenti di imprese, i non
soddisfacenti indicatori di mercato del
77
lavoro, una ricchezza media per abitante
che riflette un tasso di crescita economica
non del tutto soddisfacente, specie negli
ultimi anni, sono altrettante sfaccettature
di una condizione economica e sociale
preoccupante, anche in riferimento ad altre
aree
della
Sicilia,
e
segnatamente
all’altra grande area urbana dell’isola,
ovvero Catania, che sugli indicatori di
carattere economico ed occupazionale si
posiziona
complessivamente
meglio.
Fra
l’altro, l’elevato costo di alcune voci di
consumo, come quelle legate alla casa, e
più in generale un costo della vita
piuttosto alto, che è la conseguenza della
presenza di una grande area urbana quale la
città
capoluogo
(soltanto
21
province
italiane hanno un indice generale dei
prezzi al consumo più elevato rispetto a
Palermo) incide negativamente sul tenore di
vita,
già
compresso
dai
valori
insoddisfacenti del Pil pro capite. La
conseguenza è che i consumi delle famiglie
si attestano su valori modesti.
Tuttavia,
nonostante
una
difficoltà
occupazionale evidente, il tessuto costitutivo
della collettività sembra reggere bene. Le
derive verso fenomeni di microcriminalità,
tipiche di situazioni di disagio reddituale ed
occupazionale,
possono
essere
considerate
tutto sommato relativamente contenute. I
valori degli indicatori riferiti ad alcuni
reati di elevato allarme sociale, come i furti
in casa e la criminalità minorile, collocano
Palermo fra le province italiane in cui tali
fenomeni
sono
meno
gravi.
Anche
con
riferimento ai reati più violenti non si
evidenzia
una
situazione
di
particolare
criticità: il quoziente per 100.000 abitanti
riferito
agli
omicidi
volontari
ed
ai
tentativi di omicidio è, infatti, allineato,
al
2007,
alla
media
nazionale
ed
è
marcatamente inferiore alla media siciliana.
Anche in termini di trend storico, nel periodo
2003-2007, Palermo è fra le province italiane
in cui il tasso di criminalità è cresciuto di
meno. Tuttavia, la diffusione di altre
tipologie di reato, quali le rapine, i furti
78
d’auto o i borseggi e scippi, contribuisce a
mantenere ancora relativamente elevato il
quoziente complessivo di criminalità nella
provincia2.
In sintesi, dai dati dell’indagine emerge
l’impressione che la qualità della vita di
Palermo potrebbe essere migliore di quanto
effettivamente
sia,
se
si
avviasse
un
circuito
di
crescita
economica
ed
occupazionale in grado di riassorbire l’ampio
bacino di disagio economico e lavorativo
delle famiglie, che in prospettiva sarà reso
ancora più grave dalla crisi economica in
atto. Peraltro, Palermo gode di alcuni
elementi
strutturali
di
vantaggio,
che
potrebbero facilitare l’avvio di un simile
processo di crescita: il capitale umano
presente su territorio è di ottima qualità,
se si considera che la quota di laureati
sulla popolazione colloca Palermo fra le
prime 50 province italiane, e che la
provincia
ha
un
bacino
demografico
relativamente giovane.
Determinati servizi, grazie al bacino di
utenza della città capoluogo, hanno una buona
diffusione sul territorio (ci si riferisce in
particolare
ai
servizi
sanitari,
per
l’istruzione, ad alcuni servizi ricreativi e
culturali, rispetto ai quali gli indicatori
di dotazione segnalano valori superiori anche
alla media nazionale) e generano impatti
favorevoli sulla qualità della vita, e sulle
potenzialità di sviluppo socio economico. Per
poter valorizzare tali punti di forza della
provincia, occorre, quindi, da un lato
lavorare sugli elementi strutturali ancora
critici, e mettere a sistema, in un progetto
di
sviluppo
territoriale
complessivo
ed
integrato, i fattori di vantaggio competitivo
esistenti.
Tab. 11 – Posizione in graduatoria delle province siciliane secondo i
principali indicatori
2
Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the
Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.
79
della qualità della vita (2008)
Tenore di Vita Affari Lavoro Servizi e Salute Ordine Pubblico Popolazione Tempo Libero
Trapani
87
98
93
55
96
96
Palermo
98
102
81
67
95
80
Messina
97
79
85
26
80
74
Agrigento
100
97
65
36
99
103
Caltanissetta
79
100
88
70
102
102
Enna
99
82
89
7
29
93
Catania
86
91
91
86
100
76
Ragusa
76
78
103
50
50
86
Siracusa
75
94
101
54
90
97
Fonte: elaborazioni Istituto G.Tagliacarne su dati Sole 24 ore
80
2.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE
2.3.1
Gli
effetti
imprenditoriale
Crisi economica
e flessibilità produttiva
della
crisi
sul
sistema
La
crisi
verificatasi
sulle
piazze
finanziarie
internazionali
desta
inevitabilmente preoccupazioni per tutti
gli operatori economici, soprattutto per
quel che concerne le possibili conseguenze
che la fase di rallentamento del ciclo
economico può avere sulla porzione più
importante dell’economia del nostro Paese,
ossia le Piccole e Medie Imprese. Queste
ultime rappresentano circa il 99% della
struttura produttiva nazionale e sembrano
risentire in misura considerevole della
crisi del mercato del credito a causa,
principalmente, dell’accresciuta difficoltà
di accesso al finanziamento bancario. La
natura della presente crisi, tuttavia, è
tale per cui non tutte le PMI sono colpite
in forma omogenea ma, anzi, sembra emergere
un gruppo di imprese minori che riesce a
resistere, se non in alcuni casi a ritrarre
vantaggi dalla recessione. Questo grazie
alla flessibilità operativa tipica delle
PMI, che consente loro di riadattare la
propria produzione rapidamente in funzione
delle
evoluzioni
della
domanda,
particolarmente accentuate in un periodo di
recessione, ed a “scovare” nicchie di
mercato
ancora
non
colpite
dalla
contrazione dei consumi.
La crisi economica, infatti, avrà effetti
molto diversificati sulle varie categorie
dimensionali di imprese. In particolare, le
imprese
più
grandi
hanno
le
maggiori
difficoltà
di
tenuta
sui
mercati
di
esportazione, a causa di una maggiore
rigidità degli assetti produttivi e di
specializzazione di prodotto, ma anche le
migliori prospettive di uscire dalla crisi,
per una situazione finanziaria e debitoria
più
favorevole.
Le
imprese
di
medie
dimensioni,
invece,
evidenziano
una
crescita della competitività estera nei
81
Notevole la crescita d
el numero di imprese nel
settore delle utilities, ma
sostenuto rallentamento nel
manifatturiero e nel
commercio
settori
che,
nella
classificazione
di
Pavitt3, si definiscono come “ad alta
intensità di scala” (settori a flusso
produttivo continuo, come la chimica di
base,
la
siderurgia,
ecc.)
e
“specializzati” (ovvero settori che vendono
piccole
quantità
di
prodotto
di
alta
qualità in ristrette nicchie di mercato ad
elevato valore aggiunto, come ad esempio
l’agroalimentare di qualità). Anche le
piccole
e
micro
imprese,
generalmente
afflitte
da
condizioni
patrimoniali
e
finanziarie
relativamente
sfavorevoli,
vanno
meglio
nei
due
settori
sopra
specificati,
mentre
incontrano
maggiori
problemi nella manifattura tradizionale.
Il rapporto fra competitività e dimensione
aziendale,
dunque,
si
fa
molto
più
complesso che in passato, poiché interseca
elementi quali il settore di appartenenza,
la propensione all’innovazione, il grado di
flessibilità
operativa,
le
condizioni
finanziarie
e
patrimoniali.
Quindi
è
possibile che vi siano alcune piccole e
piccolissime
imprese
in
crescita
di
competitività, nonostante la recessione
globale, ed imprese medie (che nelle
precedenti edizioni del rapporto erano
quasi sempre il segmento di imprese con i
migliori risultati di mercato) in maggiore
difficoltà.
Con riferimento alla provincia di Palermo,
i
dati
al
2008
sulle
dinamiche
imprenditoriali evidenziano un incremento,
sebbene modesto, del numero di imprese
rispetto al 2007, superiore all’aumento
mediamente registrato a livello nazionale
e, soprattutto, in controtendenza con la
variazione
negativa
sperimentata
in
Sicilia.
Positivo
risulta
essere
l’andamento dell’edilizia e del settore
turistico, anche se la crescita delle
imprese in questi due settori è meno vivace
rispetto alla media nazionale, mentre molto
3
Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the
Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.
82
Nei primi mesi del 2009,
quindi nel periodo di picco
della crisi, si assiste ad un
lieve incremento della
numerosità imprenditoriale
forte
risulta
essere
l’incremento
del
numero di unità produttive nel comparto
della
produzione
e
distribuzione
di
energia, gas ed acqua, in linea con quanto
avviene nel resto del Paese.
Viceversa,
accanto
alla
fisiologica
riduzione di imprese operanti nel settore
agricolo, derivante sia da fattori di
carattere amministrativo (revisione degli
archivi
camerali)
che
dal
declino
strutturale che tale settore evidenzia in
tutti i sistemi economici avanzati, si
registra
una
contrazione
di
imprese
manifatturiere, anche più rapida rispetto
al resto del Paese.
Un discorso analogo vale anche per il
commercio, dove la diminuzione del numero
di imprese è evidente, soprattutto se
confrontata con la media nazionale, la
quale potrebbe derivare comunque anche da
processi fisiologici di ristrutturazione
del settore, che privilegiano la GDO a
detrimento
dei
piccoli
esercizi
specializzati.
Sebbene a ritmi più contenuti, il numero di
imprese della provincia di Palermo continua
ad aumentare anche nel primo semestre 2009,
considerato il periodo di picco della crisi
(+0,2% fra dicembre 2008 e giugno 2009),
diversamente
dal
trend
nazionale
che
subisce un’inversione di tendenza, comunque
di lieve entità (-0,1%). Si confermano,
peraltro,
nel
complesso,
le
tendenze
settoriali emerse nel 2008.
Gli unici settori nel quale si verifica una
contrazione
della
numerosità
imprenditoriale
sono
quello
agricolo,
quello manifatturiero ed il commercio,
mentre tutti gli altri ambiti settoriali
sperimentano
variazioni
positive,
in
particolare
il
comparto
dell’intermediazione immobiliare, noleggio,
informatica e R&S e dell’intermediazione
monetaria e finanziaria; rimane, invece,
invariato il numero di imprese operanti
nell’edilizia.
Tab. 1 – Andamento delle unità locali a Palermo nel primo semestre
83
2009
(valori assoluti ed In %)
Agricoltura
Pesca
Estraz. Minerali
Manifatturiero
Gas acqua
Costruzioni
Commercio
Alberghi e Ristoranti
Trasporti
Intermediazione Monet.
Intermed. immobiliare, noleggio,
informatica, R&S
Istruzione
Sanità
Altri servizi
NC
Totale
Giu-09
13.418
198
135
10.150
153
10.522
39.870
3.731
3.285
2.463
Dic-08
13.712
197
133
10.188
149
10.525
39.953
3.706
3.258
2.405
Variaz. %
-2,1
0,5
1,5
-0,4
2,7
0,0
-0,2
0,7
0,8
2,4
7.525
906
1.056
4.223
13.582
111.217
7.406
898
1.019
4.200
13.280
111.029
1,6
0,9
3,6
0,5
2,3
0,2
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Infocamere
2.3.2 La natura giuridica delle imprese
Una visione interessante delle dinamiche
imprenditoriali palermitane riviene anche
dall’analisi
delle
imprese
per
forma
giuridica. Infatti, un tessuto produttivo
costituito
prevalentemente
da
ditte
individuali (74,8%, in linea con la media
regionale e di molto superiore alla media
nazionale),
rischia
di
essere
particolarmente esposto alla recessione, in
quanto
le
imprese
più
piccole,
meno
patrimonializzate,
hanno
strutturalmente
una maggiore difficoltà di accesso al
credito
(non
potendo
fornire
garanzie
patrimoniali particolarmente elevate) e,
sovente,
si
collocano
nelle
posizioni
finali delle filiere cui appartengono,
quindi anche del ciclo delle committenze e
dei relativi pagamenti.
La presenza di imprese più capitalizzate e
strutturate, anche in termini di modelli di
governance
ed
articolazione
organizzativa
interna, ovvero le società di capitali è,
d’altra parte, ancora contenuta, come del
resto in Sicilia (10,2% del totale, a fronte
del 16,5% medio nazionale e del 9,2% della
regione).
Un tessuto produttivo
84
ancora dominato da forme
giuridiche, organizzative
e di governance elementari
e da una diffusa
sottocapitalizzazione
Poiché la crisi attuale si sta riversando sul
comparto reale dell’economia, soprattutto, per
il tramite di una restrizione del credito e di
uno sfasamento nei tempi di incasso e di
pagamento,
sulle
imprese
che
operano
nell’indotto della sub fornitura (generalmente
le più piccole dimensionalmente e le più
semplici in termini di forma giuridica), un
assetto imprenditoriale ancora basato sulla
micro dimensione e su forme imprenditoriali
sottocapitalizzate rischia di subire in misura
particolarmente severa gli effetti sopra
richiamati della crisi.
Va, tuttavia, affermato che, in linea con un
processo comune a tutta l’economia nazionale,
derivante
dalla
esigenza
fisiologica
di
avviare forme di crescita ed irrobustimento
imprenditoriale, necessarie per sostenere gli
investimenti richiesti dal mercato, in una
fase storica in cui la globalizzazione induce
maggiori pressioni competitive sulle PMI, la
quota di ditte individuali in provincia di
Palermo si sta progressivamente riducendo, a
favore delle forme giuridiche più robuste e
capitalizzate.
Tuttavia, tale processo di ristrutturazione
del tessuto imprenditoriale a Palermo procede
ad una velocità che non solo è più lenta
rispetto alla media nazionale, ma anche in
confronto con quella delle altre province
della regione. Infatti, mentre il tasso di
variazione
medio
annuo
delle
ditte
individuali
si
attesta
su
valori
di
sostanziale
stagnazione,
tale
tasso
è
negativo,
sia
a
scala
regionale
che
nazionale. Corrispondentemente, la crescita
del numero di società di capitali è
relativamente lenta: in base ai dati dei
registri camerali, il tasso medio annuo di
incremento di tale categoria di imprese,
pari al 5,8%, è infatti inferiore di 0,7
punti
percentuali
rispetto
a
quello
nazionale, e di 1,2 punti rispetto al
saggio di variazione medio annuo siciliano.
Quindi,
il
tessuto
imprenditoriale
palermitano sta accumulando ritardi nel
portare avanti tale necessario processo di
rafforzamento organizzativo e patrimoniale,
85
con la conseguenza che il gap competitivo
che lo separa dal resto del Paese si
allarga.
In termini settoriali, la maggiore quota di
imprese aventi natura giuridica di società di
capitali si concentra nel settore estrattivo
(49,2%) ed in quello della distribuzione di
energia, acqua e gas (44,3%), a causa dei
valori molto alti delle immobilizzazioni
materiali tipici delle imprese appartenenti a
questi due settori, che richiedono quindi
forme giuridiche atte a distribuire fra una
pluralità di soci lo sforzo di investimento
necessario per creare e mantenere tale livello
di capitale fisso. Va detto, peraltro, che in
questi settori l’incidenza di società di
capitali è comunque molto più bassa di quanto
si verifichi a livello nazionale, in cui
l’industria estrattiva e le utilities del gas,
dell’acqua e dell’energia sono costituite,
rispettivamente, nel 52,4% e 68,2% dei casi da
società di capitali. Se ne ricava, quindi, che
la dimensione patrimoniale media delle imprese
estrattive e del settore delle utilities, in
provincia di Palermo, è nettamente inferiore
rispetto alle concorrenti di altre aree del
Paese.
I settori più tradizionali, come l’agricoltura
e la pesca, hanno una incidenza di forme
societarie pressoché marginale, in linea con
quanto avviene nel contesto nazionale. Va,
tuttavia, evidenziato come il manifatturiero
palermitano, soltanto nel 10,8% dei casi, sia
costituito da Spa o Srl, mentre la media
nazionale è pari a più del doppio. Come nel
caso dell’industria estrattiva o del settore
delle utilities, anche il manifatturiero
palermitano appare quindi caratterizzato da
diffuse forme di sottocapitalizzazione, oltre
che da strutture di governance aziendale più
elementari, rispetto alla concorrenza del
resto d’Italia..
Tab. 2 – Distribuzione delle imprese attive in provincia di Palermo e
tasso di variazione
medio annuo per natura giuridica (2003-2008)
2003
Società di capitale Società di persone Ditte Individuali Altre forme
Valori (%)
7,7
10,9
77,8
3,6
86
Totale
100,0
2008
10,2
2008/2003
5,8
11,0
74,8
Tasso di variazione medio annuo
1,1
0,3
4,0
100,0
2,6
0,9
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Infocamere
La capacità di attivare
relazioni fra imprese
Un fattore culturale che
investe “l’agire
economico”
Il
processo
di
risuttrutturazione
del
tessuto produttivo palemritano passa anche
attraverso una strategia di potenziamento
della
competitività
strutturale
dell’economia locale che consente anche, in
fasi di recessione, di difendere meglio i
livelli produttivi ed occupazionali, è
quella di creare una rete territoriale di
rapporti e collaborazioni, fra imprese,
anche non necessariamente formalizzate, ma
in grado di attivare forme cooperative
finalizzate
alla
condivisione
costi
e
rischi
su
progetti
di
investimento
strategici, senza pregiudicare l‘autonomia
decisionale
e
gestionale
dei
singoli
soggetti
(p.
es.,
joint
ventures
produttive, o per aggredire mercati esteri,
o per attivare progetti di innovazione o di
miglioramento della qualità). Le reti di
impresa possono attivare, dunque, e quelle
forme di economia di agglomerazione e di
circolazione migliore delle conoscenze e
delle competenze tipiche dei distretti
industriali e dei cluster produttivi.
Fare relazioni, però, è una scelta che va
anche al di là del mondo delle imprese,
perché
significa
capacità
di
attivare
relazioni
di
cooperazione
con
altri
soggetti del territorio (PA, Università,
sistema della formazione, centri servizi)
in grado di fornire economie esterne che
potenzino la competitività delle imprese
locali. In sostanza, la rete relazionale è
un’armatura,
attraverso
la
quale
il
territorio si difende e potenzia la sua
competitività, in uno scenario globale di
concorrenza fra regioni nell’attrazione di
fattori di sviluppo locale.
Dall’indagine emerge che le imprese di
Palermo hanno una propensione a fare rete
non particolarmente marcata, ma più elevata
rispetto a quella media nazionale (Palermo
10,6%; Italia 4,2%). In agricoltura, grazie
87
al
fenomeno
delle
associazioni
di
produttori, incentivato dalla PAC e reso
necessario dal mercato, più di una impresa
su cinque partecipa a reti. Di fatto, la
maggior parte degli intervistati non ne
ercepisce appieno i vantaggi che, per i
pochi che hanno scelto di associarsi con
altre imprese, risiedono essenzialmente in
fattori
di
carattere
commerciale
(migliorata
possibilità
di
penetrare
mercati nuovi e strategici, condividendo
costi
e
rischi
di
investimenti
di
penetrazione commerciale in nuovi mercati
con
altre
imprese,
miglioramento
dei
rapporti di forza con la distribuzione,
grazie alla costituzione di gruppi di
vendita,
condivisione
dei
costi
della
logistica, necessari per portare i prodotti
sui mercati, facendo economie di scala con
altre
imprese).
Inoltre,
circa
un
intervistato
su
sei
sottolinea
la
possibilità
di
attivare
piattaforme
produttive e di servizio comuni con altre
imprese, al fine di ridurre i costi ed
attivare economie di scala e di scopo. Per
l’11% del campione, infine, fare rete rende
più
agevole
l’attivazione
di
progetti
strategici di R&S ed innovazione, che
abbiano una massa critica sufficiente per
fornire vantaggi effettivi alle imprese.
La quota di imprese che partecipa ad una
rete
lo
fa
tramite
la
forma
della
collaborazione
commerciale
rispetto
ai
mercati esteri che è, evidentemente, un
punto
critico
del
sistema
produttivo
palermitano. Mentre per il 30% delle
imprese che fanno rete, si attivano forme
di
collaborazione
in
fase
produttiva
(specie le imprese manifatturiere e dei
servizi
attivano
tali
forme
di
collaborazione produttiva).
Il
frazionamento
tipico
del
sistema
produttivo locale fa sì che siano carenti
le forme più strutturate e formalizzate di
reti, ovvero l’appartenenza proprietaria a
gruppi di imprese, mentre le relazioni
informali
sono
più
diffuse,
poiché
comportano il vantaggio di non ledere
88
l’autonomia decisionale e gli assetti di
potere
interni
alle
imprese
che
vi
partecipano.
Tab. 3 – Appartenenza delle imprese palermitane a reti di imprese (In %)
Si
No, ma interessati
No, non interessati
Totale
Agricoltura
22,5
7,5
70,0
100,0
Manifatturiere
8,3
7,1
84,5
100,0
Costruzioni
6,5
6,5
87,0
100,0
Turismo
10,0
10,0
80,0
100,0
Comm.
9,8
6,9
83,3
100,0
Servizi
13,1
6,0
81,0
100,0
Tot.
10,6
7,2
82,2
100,0
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 1 – Natura degli accordi esistenti tra le imprese che fanno
parte di una rete di imprese
(In %)
45,3
Collaborazione commerciale (import/ export)
30,2
Collaborazione produttiva
Collaborazione tecnologica
9,4
Collaborazione distributiva
9,4
Committente per subfornitura
Subfornitore di aziende estere
1,9
0,0
20,8
Altro
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
89
risposte può
2.4 – IL COMMERCIO ESTERO
2.4.1
2009
Le
dinamiche
Forte calo delle esportazioni
nel primo semestre 2009
(-58,2%), dovuto alla
contrazione della
cantieristica navale
I dati sul commercio
estero “depurati”
dai mezzi di trasporto:
esportazioni -26,4%
congiunturali
al
terzo
trimestre
I primi nove mesi del 2009 costituiscono un
periodo particolarmente delicato della fase
recessiva, iniziata nell’autunno 2008, che
sta
colpendo
sensibilmente
l’economia
mondiale.
A
partire,
infatti,
dalla
primavera hanno iniziato a manifestarsi i
primi segnali, sebbene deboli, di una
ripresa, che, tuttavia, si preannuncia avrà
bisogno di tempi lunghi per riportare
l’economia
ai
livelli
precedenti
alla
crisi.
I
dati
sul
commercio
estero
per
la
provincia di Palermo in questi primi nove
mesi del 2009, mostrano la debolezza in cui
versa non solo la domanda interna locale,
ma anche, e soprattutto, la domanda estera.
Le importazioni, infatti, seppure in calo,
mostrano una flessione decisamente più
contenuta rispetto a quella sperimentata
mediamente dalla Sicilia e dal Paese
(Palermo -20,9%; Sicilia -46%; Italia 24,9%), diversamente dalle esportazioni che
registrano
una
caduta
decisamente
più
sostanziale (Palermo -58,5%; Sicilia: 40,8%; Italia -23,1%).
È
importante,
a
questo
proposito,
evidenziare come le dinamiche del commercio
estero della provincia di Palermo siano
fortemente influenzate dall’andamento del
comparto
manifatturiero
dei
mezzi
di
trasporto, con particolare riferimento alla
cantieristica navale. Se si esclude tale
comparto, infatti, la flessione dell’import
si attesta al -17,1%, mentre quella delle
esportazioni al -26,4%.
Occorre ancora sottolineare come la battuta
d’arresto dell’export è da attribuire al
settore dei mezzi di trasporto; il comparto
delle navi e imbarcazioni vede diminuire i
propri flussi verso l’erstero dell’86,4%
(incidenza sul totale esportato: 16,6%),
mentre il comparto degli autoveicoli perde
90
La flessione dell’export
è da ricondurre, in primis,
alla forte contrazione
della domanda del mercato
europeo, mentre cresce
notevolmente il peso
del Maghreb
in un anno circa il 60% (incidenza: 5%).
A controbilanciare la minore importanza che
i mezzi di trasporto hanno sull’export
complessivo della provincia sono in primo
luogo i prodotti alimentari (incidenza
36,9%) ed, a seguire, gli articoli in gomma
e plastica (13,5%) e le sostanze ed i
prodotti chimici (7,2%).
Sebbene con intensità diverse, tutti i
settori economici sperimentano un calo
rispetto ai primi tre trimestri del 2008,
ad eccezione, per quanto riguarda le
esportazioni, dei prodotti delle attività
di trattamento dei rifiuti e risanamento, e
gli aeromobili, ma entrambi con valori
molto contenuti.
All’origine della caduta delle esportazioni
palermitane vi è, soprattutto, il calo
della
domanda
del
mercato
europeo
(-74,9% rispetto ai primi nove mesi del
2008), che è il principale mercato di
sbocco
della
provincia
(ad
esso
è
ascrivibile il 36,7% del totale esportato).
Da notare, in particolare, la flessione
delle merci vendute in Germania
(75,6%), che rappresenta il più importante
partner commerciale europeo di Palermo. Più
contenuta è, invece, la flessione che
interessa altri mercati cruciali quali
Francia
(-33,3%) e Stati Uniti (18,4%), mentre l’area del Maghreb (Marocco,
Algeria,
Tunisia,
Libia,
Egitto)
si
contraddistingue per dinamiche positive, in
primis Libia (+138,9%) e Marocco (+37,7%).
Il peso di tale area sulle esportazioni
complessive della provincia è, tuttavia,
passato dal 18,8% dei primi tre trimestri
del 2008 al 14% dello stesso periodo del
2009. Cresce, inoltre, il flusso di merci
esportate verso il Regno Unito (+2,6%),
come del resto aumentano i prodotti venduti
in Cina (116,8%), mentre subiscono una
contrazione le esportazioni verso Giappone
(-23,9%) ed India (-34%).
Sull’andamento
più
favorevole
delle
importazioni, seppure in flessione, incide,
invece,
soprattutto
l’incremento
della
domanda da parte dell’economia palermitana
91
dei beni prodotti in Germania (+167,3%),
Spagna
(+9,1%)
e
Croazia
(+6.759,9%),
quest’ultimo da ricondurre al comparto dei
mezzi di trasporto.
Tab. 1 - Esportazioni ed importazioni della provincia di Palermo
(III sem. 2009; valori in euro, In % e variazioni % rispetto al I sem.
2008)
2009
Palermo
Sicilia
ITALIA
Import
535.709.412
8.058.829.250
216.279.920.680
Export
154.717.917
4.689.459.814
213.933.690.305
Variaz. % III sem. 2009/ III sem. 2008
Import
Export
-20,9
-58,5
-46,0
-40,8
-24,9
-23,1
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat
92
Tab. 2 - Esportazioni ed importazioni della provincia di Palermo nei settori economici
(III trim. 2009; valori in euro, in % e variazioni % rispetto al III trim. 2008)*
2009
Prodotti dell'agricoltura. e pesca
Prod. dell'estraz. di miner. da
cave
Prodotti alimentari, bevande e
tabacco
Prodotti tessili, abbigl., pelli e
accessori
Legno e prodotti in legno; carta e
stampa
Coke e prodotti petroliferi raffinati
Sostanze e prodotti chimici
Ar.farmaceutici, chimico-medic.
Gom. plast., e. della lav.. di min.
non met..
Metalli di base e prod. in metallo
Computer, apparecchi elettronici e
ottici
Apparecchi elettrici
Macchinari ed apparecchi n.c.a.
Mezzi di trasporto
Di cui Navi e imbarcazioni
Autoveicoli
Locomotive e di mater,
rotabile ferro-tranv.
Aeromobili, veicoli spaz. e
relativi disposit..
Mezzi di trasporto n.c.a.
Prodotti delle altre attività
manifatturiere
Prodotti delle attività
manifatturiere
Prod. delle attività di
trattamento dei rifiuti e risan.
Prod. delle attività dei serv.i di
inform.. e comunicaz.
Prod. delle attivita' artistiche,
sport., di intrat. e divert.
Prodotti delle altre attività di
servizi
Merci dichiarate come provviste
di bordo
TOTALE
TOTALE SENZA MEZZI DI
TRASPORTO
* ATECO 2007.
Incidenza % al III trim 2009
Variaz. % III
trim. 2009/ III
trim. 2008
Import Export
-17,5
-57,4
Import
17.365.623
Export
3.077.557
Import
3,2
Export
2,0
5.322.810
2.519.434
1,0
1,6
-63,5
-20,7
79.728.557
57.120.527
14,9
36,9
-20,6
-10,2
36.511.692
2.798.712
6,8
1,8
-18,9
-59,7
11.222.397
38.010
20.261.161
3.924.344
428.278
914
11.070.858
33.931
2,1
0,0
3,8
0,7
0,3
0,0
7,2
0,0
-29,2
-65,4
-21,8
39,1
-31,0
-99,9
-17,6
-60,7
12.682.300
11.295.420
20.845.868
3.774.661
2,4
2,1
13,5
2,4
-27,4
-18,7
-5,1
-21,3
21.602.152
20.303.346
25.811.324
249.383.939
169.774.875
59.498.267
2.705.539
1.218.264
8.363.054
34.071.535
25.690.133
7.690.515
4,0
3,8
4,8
46,6
31,7
11,1
1,7
0,8
5,4
22,0
16,6
5,0
-6,6
12,9
10,5
-24,9
-20,3
-36,0
-63,2
-52,3
-5,6
-83,7
-86,4
-59,9
321.811
0
0,1
0,0
-3,9
-
61.816
1.694.886
13.000
20.790
0,0
0,3
0,0
0,0
25,5
-28,9
492,0
-92,8
19.639.404
3.969.539
3,7
2,6
-9,6
-40,0
95,6
94,6
-19,9
-57,9
512.404.046 146.401.680
452
645.015
0,0
0,4
-67,1
159,8
341.711
33.914
0,1
0,0
-67,6
-30,7
266.735
97.459
0,0
0,1
-58,1
-67,9
8.035
990
0,0
0,0
-82,2
-
0,0
100
1,3
100
-100,0
-20,9
-86,8
-58,5
-17,1
-26,4
0
1.941.868
535.709.412 154.717.917
286.325.473 120.646.382
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat
93
2.4.2 Il
estero
posizionamento
La diversificazione degli
sbocchi commerciali
strutturale
del
commercio
I principali partner commerciali delle
imprese
di
Palermo
sono
costituiti,
tradizionalmente, da Germania, Francia,
Spagna e Stati Uniti, una composizione
molto simile a quella dell’intera economia
nazionale,
anche
se
il
posizionamento
geografico della provincia consente di
attivare rapporti commerciali piuttosto
frequenti con i mercati emergenti del Nord
Africa. Infatti, con oltre 25 Meuro di
export nel 2007, in leggero calo nel 2008
(circa 24 Meuro) l’area del Maghreb e,
segnatamente la Tunisia, è un mercato di
sbocco molto importante per le imprese
palermitane, un’area che assorbe il 5,5%
circa delle sue esportazioni nel 2008 e
che, per i tassi di crescita molto dinamici
messi a segno da alcune delle sue economie,
costituisce anche uno sbocco commerciale
interessante in chiave prospettica4. In
linea generale, l’economia palermitana è
caratterizzata
da
una
diversificazione
geografica dei mercati di sbocco piuttosto
articolata, se si pensa, ad esempio, che
Giappone,
Cina
e
Arabia
Saudita
rappresentano
anche
essi
mercati
interessanti, dove le imprese palermitane
posizionano
quote
di
export
complessivamente prossime al 3,4%. Una
simile articolazione geografica dell’export
costituisce,
in
realtà,
un
vantaggio
specifico per Palermo, perché consente di
diversificare i rischi all’esportazione.
Fra il 2007 ed il 2008, in un contesto di
crescita
evidente
delle
vendite
sull’estero,
si
verifica
anche
un
riposizionamento complessivo dei mercati di
sbocco. A fronte di un declino delle
4
Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on
the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.
94
vendite
sui
mercati
“tradizionali”
(Germania, Francia, Spagna, Africa del
Nord, con l’unica eccezione degli Stati
Uniti,
mercato
sul
quale
l’export
provinciale del 2008 cresce ad un tasso
prossimo al 19%), che a volte si verifica a
tassi anche molto sostenuti (come nel caso
della Spagna e della Francia) si registrano
tassi di crescita molto dinamici in alcuni
Paesi
che
non
sono
tradizionalmente
destinatari di rilevanti quote di export
palermitano. In particolare, la Svezia vede
crescere i suoi acquisti da Palermo al
punto tale da divenire il principale
mercato di sbocco dell’export provinciale
nel 2008. Tuttavia, poiché l’interscambio
con la Svezia cresce notevolmente anche sul
versante delle importazioni, è probabile
che tale movimento sia dovuto all’acquisto
e
successiva
rivendita
di
materie
prime/semilavorati e successivi prodotti
finiti. Interessante risulta essere anche
la crescita dell’export palermitano in
alcuni mercati emergenti, come la Corea del
Sud (anche se in questo caso, la parallela
forte crescita delle importazioni lascia
intravedere fenomeni di partita di giro
analoghi a quelli riscontrati per la
Svezia), il Messico, il Brasile, sui quali,
precedentemente, la presenza commerciale
delle imprese provinciali era minima.
In
sostanza,
la
tendenza
che
sembra
emergere,
a
fronte
dell’espansione
dell’export,
è
quella
di
un
riposizionamento
delle
vendite
verso
mercati “nuovi”, al fine di trovare spazi
commerciali che compensino quelli che si
chiudono sui mercati “tradizionali” di
sbocco. Ciò costituisce indubbiamente un
interessante segnale di dinamismo da parte
delle imprese locali, una capacità di
reazione che potrebbe rappresentare il
primo passo verso l’uscita dalla crisi
attuale.
Anche sul versante delle importazioni, nel
2008 vi è un calo dei principali Paesi di
origine (Spagna, Francia, Germania) al
netto degli Stati Uniti, che accrescono le
95
Anche l’import segnala
una modificazione della
composizione geografica
di provenienza
Una tenuta dell’export
di prodotti agroalimentari
loro vendite su Palermo del 263%. Cresce,
invece,
la
quota
di
importazioni
provenienti dalle economie emergenti, o da
Paesi
con
i
quali
l’interscambio
commerciale era in precedenza molto modesto
(Svezia, Bulgaria e Lituania in Europa,
Emirati Arabi Uniti e Corea del Sud) oltre
che dalla Cina, rispetto a cui la bilancia
commerciale palermitana tende a diventare
sempre più pesantemente squilibrata. I
prodotti
cinesi,
quindi,
riescono
a
divenire sempre più competitivi sul mercato
locale, mentre le imprese palermitane hanno
crescenti difficoltà a mantenere posizioni
di mercato significative nel Paese in
esame. L’inverso avviene invece rispetto ai
partners commerciali del Nord Africa, che,
specie per quanto riguarda Marocco e
Tunisia, vedono ridursi i propri flussi di
vendita su Palermo.
Dal punto di vista settoriale, nel 2008, il
modello
di
specializzazione
produttiva
tipico di Palermo fa sì che il principale
prodotto di esportazione sia costituito dai
mezzi
di
trasporto
in
uscita
dagli
stabilimenti di Termini Imerese e Carini,
in
ulteriore
significativa
crescita
(+57,4%) rispetto al 2007. Anche i prodotti
agricoli ed agroindustriali, la seconda
voce,
per
importanza,
dell’export
palermitano, mettono a segno una discreta
crescita (+29% nel segmento primario, +5%
in quello della trasformazione dei prodotti
alimentari e delle bevande). Buona la
perfomance del settore della gomma-plastica
(+2,9%).
Viceversa,
un
significativo
regresso delle vendite sull’estero viene
segnalato
dal
settore
tessile
ed
abbigliamento
(-11%),
da
quello
metallurgico e dei prodotti in metallo,
macchine escluse (-17,6%) e da quello
estrattivo
(-16%) mentre la chimica
rimane
sostanzialmente
stabile.
Interessante la crescita dell’export nel
settore
dei
computer
ed
apparecchi
elettronici ed ottici (+37% circa) che, se
ancora non rappresentano nemmeno il 2%
delle
esportazioni
provinciali
totali,
96
potrebbero
segnalare
una
interessante
tendenza
verso
una
diversificazione
produttiva più incentrata su settori ad
alta
tecnologia,
che
sono
anche
caratterizzati da tassi di crescita dei
mercati
interessanti
a
livello
internazionale.
Sul
versante
delle
importazioni,
la
crescita
complessiva
dell’import
provinciale nel 2008 è trainata soprattutto
dagli autoveicoli. Raddoppia, infatti, il
valore degli acquisti di mezzi di trasporto
esteri, a testimonianza di un livello di
consumi che, malgrado la recessione, è
ancora dinamico nel corso del 2008, così
come aumenta anche l’acquisto di prodotti
alimentari e tessili e di abbigliamento
(+3,3% per ogni voce), nonché di prodotti
chimici.
2.4.3 Il grado di internazionalizzazione
Una economia
sostanzialmente chiusa ed in
progressivo allontanamento
dai mercati internazionalui
La
capacità
di
un
sistema
economico
territoriale
di
aprirsi
ai
flussi
internazionali di interscambio di merci e,
quindi, in definitiva di collegarsi ai
crescenti
fenomeni
di
globalizzazione
economica, può essere misurata per il
tramite di appositi indicatori quali il
tasso di copertura e di apertura, nonchè la
propensione all’import ed all’export che
misurano il grado di apertura dell’economia
locale
verso
i
mercati
esteri
di
riferimento.
La progressiva perdita di competitività
internazionale
dell’economia
palermitana
negli ultimi cinque anni che, come si è
detto,
costituisce
uno
dei
fattori
principali del forte rallentamento del suo
ciclo di crescita, viene evidenziata dal
degrado del valore del tasso di copertura,
che misura di quanto le esportazioni
coprono le importazioni, ed è quindi legato
al saldo di bilancia commerciale. Detto
indicatore, che nel 2003 era nettamente
superiore alla media regionale, e pari a
circa il 60% di quella nazionale, nel 2008
97
ha perso circa 11,5 punti, finendo al di
sotto del valore riferito alla regione nel
suo insieme. Di fatto, quasi tutte le
province siciliane, con la sola eccezione
di Messina e Caltanissetta, riescono a
registrare performance migliori di Palermo,
nella loro capacità di coprire il valore
delle importazioni con le loro vendite
sull’estero. Anche il gap con il resto del
Paese, in questo senso, si è notevolmente
allargato.
A spiegare tale andamento è proprio il calo
del valore delle esportazioni in rapporto
alla ricchezza prodotta, come testimonia la
diminuzione del valore della propensione
all’export, che passa dal 2,3% del Pil
provinciale nel 2003 all’1,9% nel 2008, in
un contesto in cui, sia a livello regionale
che nazionale, la capacità di esportare
quote crescenti del Pil tende invece a
crescere. A fronte di una sostanziale
stabilità
della
propensione
all’importazione,
che
segnala
come,
nonostante il degrado dei parametri di
crescita
e
competitività
dell’economia
provinciale,
i
consumatori
palermitani
riescano ancora a mantenere livelli di
consumo costante di prodotti esteri (anche
se il valore della propensione all’import
è molto basso, anche in confronto alla
media regionale), l’economia provinciale
accusa una perdita netta di competitività
sui mercati internazionali.
Di fatto, l’economia palermitana rimane
ancora lontana dai grandi flussi della
globalizzazione, come dimostra un valore
del tasso di apertura internazionale (dato
dalla somma di import ed export in rapporto
al Pil) in lieve diminuzione nel periodo
2003-2008, e fra i più bassi di tutta la
regione. In sostanza, mentre nel resto
della regione, del Mezzogiorno e del Paese
i sistemi produttivi tendono ad integrarsi
sempre più con i mercati internazionali,
l’economia palermitana, a causa di una
perdita di competitività all’esportazione,
e del permanere di bassi valori relativi
delle importazioni, si allontana sempre più
98
dalle opportunità (ed ovviamente anche dai
rischi) della globalizzazione. Ciò, in una
ottica
di
breve
periodo,
potrebbe
contribuire a mantenere basso l’impatto
immediato della recessione economica in
atto,
poiché
Palermo
sarebbe
poco
influenzata dalla contrazione dei mercati
internazionali che si sta verificando.
Tuttavia, in una prospettiva di più lungo
periodo, è anche ovvio che Palermo avrà
difficoltà molto maggiori, rispetto al
resto del Paese, ad agganciare il treno
della ripresa, quando questa arriverà sui
mercati internazionali, proprio a causa del
suo insufficiente grado di integrazione con
questi ultimi.
Tab. 3 – Andamento della propensione all'export* nelle province
siciliane, in Sicilia ed in Italia (2003-2008)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
2003
2,4
2,3
3,7
1,1
6,4
0,8
5,3
2004
2,5
2,1
5,7
1,3
6,3
0,7
5,7
2005
2,5
2,1
5,4
1,4
6,3
0,5
5,5
2006
3,0
2,0
6,0
1,4
7,4
0,4
5,2
2007
3,0
1,6
7,0
1,0
10,6
0,5
4,7
2008
3,0
1,9
6,5
0,8
8,1
0,6
3,5
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
3,1
35,8
6,5
19,8
3,0
41,5
7,2
20,5
3,6
61,5
9,0
21,1
4,0
64,5
9,6
22,5
4,8
80,9
11,2
23,3
4,5
92,3
11,1
22,8
* È data dal rapporto tra le esportazioni e PIL (%)
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat
99
2.5 – IL MERCATO DEL LAVORO
2.5.1 Il quadro nazionale
Una flessibilizzazione
dei rapporti di lavoro
che modifica le tradizio
nali relazioni fra crescita
economica e dinamiche
del mercato del lavoro
Il
mercato
del
lavoro
italiano
è
caratterizzato, negli ultimi dieci anni, da
numerosi provvedimenti legislativi che hanno
inciso
profondamente
sui
meccanismi
di
incontro fra domanda ed offerta (dalla Legge
Treu del 1997 alla Biagi del 2003, che,
secondo le intenzioni dell’attuale governo,
sarà
a
breve
sottoposta
ad
ulteriori
modifiche).
Tali
provvedimenti
hanno
introdotto quote crescenti di flessibilità in
ingresso, sia tramite la riforma degli
istituti contrattuali esistenti (part time,
contratti a tempo determinato, contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, poi
trasformati nei contratti a progetto) sia con
l’introduzione di nuovi istituti contrattuali
(staff leasing, ecc.) che, infine, con
l’istituzione
di
un
sistema
di
intermediazione
di
lavoro
interinale,
abbinato ad una più generale revisione del
ruolo degli ex uffici di collocamento,
divenuti
Centri
Per
l’Impiego,
ovvero
strutture operative, a livello provinciale,
per la fluidificazione dell’incontro fra
domanda ed offerta di lavoro.
Tutti questi profondi cambiamenti del quadro
normativo e strutturale che il mercato del
lavoro italiano ha sperimentato nel nuovo
millennio
hanno
generato
un
incremento
notevole
della
quota
flessibile
dell’occupazione, che, se non è stata
completata
da
un
incremento
della
flessibilità in uscita (la sperimentazione
volta a riformare l’art.7 dello Statuto dei
lavoratori condotta nel 2004 non ha portato
ad una sostanziale revisione dei meccanismi
di licenziamento per i lavoratori a tempo
indeterminato) si è accompagnata con un
ampliamento
dell’area
della
precarietà,
alimentata anche da crescenti flussi di
lavoratori extracomunitari, spesso impiegati
con forme contrattuali flessibili.
L’ampliamento della platea di lavoratori
100
La relazione
tra occupazione e Pil
Mercato del lavoro
e società
flessibili ha anche profondamente modificato
le correlazioni tradizionalmente identificate
dagli economisti del lavoro fra crescita
dell’economia
e
degli
occupati.
La
tradizionale correlazione identificata dagli
studi di Okun sull’economia statunitense
degli anni Sessanta, secondo la quale ogni
punto di tasso di disoccupazione al di sopra
del suo livello “naturale” o “frizionale”
(ovvero quello coincidente con la piena
occupazione
in
una
situazione
in
cui
l’economia
raggiunge
il
suo
potenziale
massimo di crescita) comporta una riduzione
del 2-3% del Pil, o quella ancora proposta
nel 1993 da Prachowny, secondo la quale ogni
punto
di
incremento
del
tasso
di
disoccupazione comporta una riduzione del 3%
del Pil , perdono progressivamente di
significato mano mano che aumenta la “dose”
di flessibilità nel mercato del lavoro. In
presenza di occupati flessibili, con pochi
vincoli al licenziamento, le imprese possono
tarare il loro stock di occupati in funzione
delle
oscillazioni
nelle
previsioni
di
fatturato, e viene anche meno il vincolo
“psicologico”
che
deve
affrontare
un
imprenditore quando decide di effettuare
assunzioni. Gli occupati flessibili possono,
infatti,
essere
espulsi
dai
processi
produttivi con meno difficoltà e costi
rispetto agli occupati a tempo indeterminato.
Di fatto, come suggeriscono alcuni studi, la
relazione esplicativa non è più quella fra
Pil ed occupazione, come previsto dalla Legge
di
Okun
con
tutte
le
sue
successive
revisioni,
quanto
piuttosto
quella
fra
occupazione e produttività del lavoro o,
meglio, fra occupazione e CLUP (costo lavoro
per unità di prodotto).
Tutto ciò fa sì che la relazione esistente
fra crescita del Pil e dell’occupazione è
diventata più “morbida” rispetto al passato,
con il risultato che lo stock occupazionale
può aumentare numericamente anche in fasi
congiunturali
nelle
quali
la
crescita
economica è debole, se non stagnante, purché
l’incremento degli occupati sia garantito
dalla quota che assicura maggiori guadagni di
101
Mercato del lavoro
e crisi economica
CLUP, rappresentata dai lavoratori flessibili
(che sono esterni ai meccanismi di revisione
salariale
previsti
dai
sistemi
di
contrattazione
collettiva,
e,
quindi,
riproducono
situazioni
di
“segregazione
salariale”).
Questa situazione è proprio quella che si è
verificata sul mercato del lavoro italiano
degli ultimi dieci anni, e principalmente
grazie
all’espansione
dell’area
dell’occupazione flessibile. Dopo che i primi
provvedimenti normativi di flessibilizzazione
dei rapporti di lavoro hanno iniziato a
produrre i primi effetti, ovvero dopo il
1997, l’occupazione è cresciuta a tassi
mediamente superiori all’1%, e comunque
superiori all’incremento delle forze di
lavoro complessive, ed anche lo stock di
disoccupazione ha iniziato lentamente a
diminuire, nonostante il fatto che, fra il
2000 ed il 2005, l’economia italiana abbia
attraversato
una
fase
di
sostanziale
stagnazione della crescita. Quando poi, nel
corso del 2006, il Pil ha ricominciato a
crescere su ritmi soddisfacenti (ovvero
attorno al 2%), l’effetto sul mercato del
lavoro è stato ulteriormente amplificato, per
poi tornare su un sentiero di crescita
debole, quasi stazionario, non superiore
all’1%
annuo,
nel
periodo
2007-2008.
Nondimeno, appare chiaro che il minore
dinamismo
della
occupazione
–
dovuto
probabilmente anche alla fine della spinta
proveniente dalla componente di immigrazione,
così come ai primi segnali provenienti dalla
crisi economica – e che trova riscontro
nell’improvviso aumento della disoccupazione
registrato nel 2008, dopo anni di continuo
calo
di
tale
aggregato,
debba
essere
attentamente valutato nella definizione delle
politiche del lavoro, il cui obiettivo rimane
quello di accrescere il tasso di occupazione
in Italia, ancora troppo distante da quello
medio europeo e dall’obiettivo previsto dalla
Strategia
di
Lisbona.
Il
risultato
quantitativo, inoltre, non deve velare alcune
caratteristiche
qualitative
che
possono
rappresentare un problema per una “sana”
102
evoluzione del mercato del lavoro italiano.
L’analisi dei dati dedicata agli effetti
delle forme contrattuali sulle transizioni,
rileva alcuni di questi tratti che impongono
una approfondita riflessione e che possono
essere così sintetizzati: a) la congiuntura
più favorevole ha aumentato le probabilità di
prima
occupazione,
sebbene
non
siano
aumentate le posizioni a tempo indeterminato;
b) si è registrata una riduzione della
disoccupazione, in larga parte attraverso lo
strumento del contratto a termine, ma anche
con un aumento della percentuale di quanti
escono dalla disoccupazione con un contratto
a tempo indeterminato; c) rimane più elevata
la probabilità di divenire disoccupato per
chi
ha
contratti
atipici
rispetto
ai
contratti a tempo indeterminato; d) la
situazione
complessivamente
sfavorevole
dell’occupazione femminile; e) il fatto che
il lavoro temporaneo interessi non solo i
giovani ma sia largamente presente anche
nelle fasce di popolazione sopra i 35 anni,
per le quali aumenta la persistenza in questa
tipologia contrattuale; f) una maggiore
incidenza del contratto a termine nel
Mezzogiorno, quale soluzione in un’area dove
è più difficile avere un rapporto di lavoro
regolare; dove continuano ad essere scarse le
probabilità di conversione verso il contratto
a tempo indeterminato; dove, infine, è più
frequente il passaggio verso l’inattività.
Tali elementi strutturali di fragilità del
mercato del lavoro italiano dovranno essere
tenuti in attenta considerazione nel momento
in cui la crisi economica in atto inizia a
ripercuotersi sul mercato del lavoro. Non vi
è, infatti, dubbio circa il fatto che la
flessione dei parametri di mercato del lavoro
colpirà più duramente le fasce deboli
(precari, giovani, donne, over 40 a bassa
qualificazione professionale, lavoratori del
Mezzogiorno) creando al contempo una enorme
emergenza sociale, poiché gran parte di tali
lavoratori deboli è di fatto priva di
significativi ammortizzatori sociali.
103
Tab. 1 – Andamento dei principali aggregati del mercato del lavoro in
Italia (1995-2008)
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Valori assoluti in migliaia
Forze
Occupati Disoccupati
lavoro
20.240
2.544
22.784
20.328
2.555
22.883
20.384
2.584
22.968
20.591
2.634
23.225
20.847
2.559
23.406
21.210
2.388
23.598
21.604
2.164
23.769
21.913
2.062
23.975
22.241
2.048
24.289
22.404
1.960
24.365
22.563
1.889
24.451
22.988
1.673
24.662
23.222
1.506
24.728
23.405
1.692
25.097
Variazione %
96/95
97/96
98/97
99/98
00/99
01/00
02/01
03/02
04/03
05/04
06/05
07/06
08/07
07/95(media)
Occupati
Disoccupati
0,4
0,3
1,0
1,2
1,7
1,9
1,4
1,5
0,7
0,7
1,9
1,0
0,8
1,0
0,4
1,1
1,9
-2,8
-6,7
-9,4
-4,7
-0,7
-4,3
-3,6
-11,4
-10,0
12,3
-2,9
Forze
lavoro
0,4
0,4
1,1
0,8
0,8
0,7
0,9
1,3
0,3
0,4
0,9
0,3
1,5
0,7
Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati ISTAT
Quadro C
L’impatto della crisi sul mercato del lavoro
-
-
-
-
Nonostante sia ancora presto per conoscere con precisione gli effetti della recessione sul mercato del
lavoro, un ampio numero di paesi ha già cominciato a sperimentare un forte incremento nel tasso di
disoccupazione e sebbene vi sia molta incertezza sul futuro prossimo, le condizioni del mercato del
lavoro sembrano destinate a deteriorarsi ulteriormente nei prossimi mesi. D’altro canto, le conseguenze
in termini di posti di lavoro persi sarebbero state probabilmente molto più gravi se i governi non
avessero adottato vigorose contro-misure macroeconomiche per stabilizzare i mercati finanziari e per
stimolare la domanda aggregata.
Nell’Economic Outlook 2009 dell’OCSE, analizzando le principali implicazioni della recessione per il
mercato del lavoro, si evidenzia come si possano riscontrare effetti ineguali tra i diversi gruppi che
compongono la forza lavoro, effetti che variano a seconda del settore di occupazione e a seconda delle
caratteristiche individuali quali età, livello di istruzione, genere e tipologia di contratto. In sintesi:
i settori maggiormente dipendenti dai finanziamenti esterni e dalla disponibilità del credito al
consumo tendono ovviamente a risentire maggiormente della congiuntura. Le industrie differiscono
inoltre per l’importanza relativa di skills specifici che possono indurre a trattenere lavoratori anche in
un momento di rallentamento del ciclo economico. Altra ragione di diversità tra settori in termini di
ricadute occupazionali potrebbe essere il differente grado di flessibilità salariale tra i comparti. Analisi
empiriche suggeriscono una maggiore sensibilità dell’occupazione alla congiuntura nel settore edile,
seguito dall’industria dei beni durevoli, dalle attività immobiliari e dai servizi alle imprese;
esistono differenze importanti di impatto occupazionale tra classi di età dei lavoratori:
l’occupazione dei giovani esibisce la maggiore volatilità perché legata a costi di turnover relativamente
inferiori, dovuti alla minore esperienza di mercato e a norme dell’anzianità di servizio;
la sensibilità al ciclo si riduce con il livello di istruzione. I costi di turnover per i lavoratori più
qualificati sono più elevati, dato che probabilmente lavoratori con un più alto livello di istruzione
generica tendono anche ad accumulare in modo più efficace skills specifici di azienda;
non vi sono differenze apprezzabili in base al genere. Tuttavia, tale risultato potrebbe
rispecchiare l’annullarsi reciproco di due distinti effetti: da un lato la volatilità rispetto al ciclo delle ore
lavorate dagli uomini potrebbe essere più elevata a causa della loro maggiore presenza nei settori più
ciclici; dall’altro lato i costi di turnover possono tendere ad essere più bassi per le donne rispetto agli
uomini nel medesimo settore ed inoltre le loro decisioni di offerta di lavoro più sensibili alle variazioni
104
-
cicliche delle remunerazioni, due fattori che possono entrambi rendere la quantità di ore lavorate dalle
donne più sensibile al ciclo;
i lavoratori con contratti temporanei risultano essere altamente sensibili rispetto alla
congiuntura, circa due volte e mezzo di più di lavoratori a tempo indeterminato.
L’attuale crisi ha pertanto trasmesso i propri effetti negativi in particolare su alcuni gruppi di lavoratori
–giovani, poco qualificati e temporanei- che hanno dovuto e molto probabilmente dovranno ancora
sostenere il peso maggiore della rapida caduta della domanda. Il cambiamento nella composizione dei
disoccupati verso gruppi svantaggiati riflette la loro maggiore vulnerabilità sia per quanto riguarda la
perdita del lavoro, sia per quanto riguarda l’accesso e richiede pertanto un attento intervento di politica
economica volto a sostenerne sia i redditi che la riqualificazione.
Si deve comunque evidenziare come la maggior parte dei paesi abbiano affrontato la recessione in una
situazione iniziale di disoccupazione relativamente bassa, e questo potrebbe rappresentare un vantaggio,
anche se l’aumento nella quota di lavoratori con contratti temporanei può far sì che le peggiori
condizioni economiche si traducano in perdite di posti di lavoro o in riduzioni dell’orario lavorativo, ed
allo stesso tempo può inoltre ridurre il numero di persone che possono beneficiare dei sussidi alla
disoccupazione.
La sfida principale per la politica economica a livello di mercato del lavoro è quindi quella di ridurre nel
maggior modo possibile i costi sociali della crisi, fornendo supporto ai redditi e la reintegrazione in un
momento in cui la spesa pubblica è sotto pressione su più fronti. Un forte rischio infatti, con le
corrispondenti ricadute anche sulla domanda aggregata e quindi sulla ripresa, è che l’impennata nella
disoccupazione possa divenire strutturale. Si tratta di un fenomeno già verificatosi in precedenti
recessioni quando la disoccupazione si è stabilizzata su livelli più elevati rispetto a quelli pre-crisi
anche in presenza di una ripresa dei tassi di crescita del prodotto dell’economia. Tale persistenza può
emergere perché per i disoccupati di lungo termine si riscontrano via via meno assunzioni a causa del
declino del capitale umano e a causa di una diminuzione dell’attività di ricerca del lavoro. Il mercato
del lavoro e le politiche sociali rivestono un ruolo chiave nel prevenire il rischio che l’aumento della
disoccupazione diventi strutturale promuovendo una veloce reintegrazione ed un miglioramento delle
qualifiche per permettere lo spostamento in attività maggiormente produttive una volta che la ripresa
sia effettiva.
Al fine di avere un quadro più specifico sulla situazione del mercato del lavoro per l’economia
italiana, si riportano di seguito i principali risultati dell’ultima rilevazione campionaria dell’Istat
sulle forze di lavoro.
I dati evidenziano come il tasso di disoccupazione, dopo aver subito un incremento pari ad un punto
percentuale tra il terzo ed il quarto trimestre 2008 (dal 6,1% è passato al 7,1%), abbia continuato ad
aumentare nel corso del I trimestre del 2009. Si registra, invece, un’inversione di tendenza nel secondo
trimestre del 2009. Il tasso di disoccupazione scende, infatti, dal 7,9% al 7,4%, per poi raggiungere il
7,3% nel trimestre successivo, rimanendo comunque ancora distante dai valori riscontrati nei trimestri
precedenti la crisi.
Per quanto riguarda la popolazione con età compresa tra i 15 ed i 64 anni, il tasso di occupazione sale,
nel II trimestre 2009, al 57,9%, per poi ridursi nuovamente nel terzo trimestre al 57,5%. Da notare,
invece, il passaggio del tasso di occupazione relativo agli individui con una età compresa tra i 15 ed i 24
anni dal 21,7% del secondo trimestre 2009 al 22,3% del terzo trimestre.
Nella riduzione degli occupati dell’2,2% rispetto al III trimestre 2008 – che sintetizza un calo più
sostenuto della componente maschile (-2,5%) piuttosto che di quella femminile (-1,7%) – si riflette un
forte calo dei dipendenti a termine (-220.000 unità), dei collaboratori coordinati e continuativi e
occasionali (-42.000 unità) e degli autonomi (-136.000 unità), in presenza, comunque, di una flessione
anche dei dipendenti a tempo indeterminato (-110.000).
Con riferimento al tasso di attività, il dato relativo alla popolazione in età lavorativa scende dello 0,8%
rispetto all’anno precedente, un fenomeno legato soprattutto a fenomeni di scoraggiamento, ad un
ingresso ritardato dei giovani nel mercato del lavoro, ed al fatto che molte donne a causa di ragioni
familiari non ricercano lavoro.
105
Tab. 2 – Principali indicatori del mercato del lavoro in Italia
Tasso di attività
2006
2007
2008
2009
II Trimestre
III Trimestre
IV Trimestre
I Trimestre
II Trimestre
III Trimestre
IV Trimestre
I Trimestre
II Trimestre
III Trimestre
IV Trimestre
I Trimestre
II Trimestre
III Trimestre
Tasso
di occupazione
15-64
15-24
15-64
15-24
63,0
62,3
62,9
61,9
62,5
62,7
63,0
62,8
63,5
62,8
63,0
62,4
62,6
62,1
32,5
31,9
31,9
30,2
31,0
31,8
30,7
30,8
31,6
31,2
30,1
29,4
28,6
29,1
58,9
58,4
58,5
57,9
58,9
59,1
58,7
58,3
59,2
59,0
58,5
57,4
57,9
57,5
25,8
25,9
24,7
24,0
25,3
25,8
23,6
24,2
25,2
25,1
22,9
21,7
21,7
22,3
Tasso
di disoccupazione
Lunga
Totale
15-24
dur.
6,5
20,6
3,4
6,1
18,9
2,9
6,9
22,6
3,3
6,4
20,7
3,0
5,7
18,5
2,8
5,6
18,8
2,5
6,6
23,2
3,0
7,1
21,3
3,2
6,7
20,4
3,2
6,1
19,5
2,8
7,1
23,9
3,1
7,9
26,3
3,2
7,4
24,0
3,3
7,3
23,5
3,3
Fonte: Istat
2.5.2 I principali indicatori provinciali
Lenta crescita
dell’occupazione
e sostanziale stagnazione
della disoccupazione
Fra il 2004 ed il 2008, prima dell’innesco
della
crisi
economica,
le
tendenze
principali
del
mercato
del
lavoro
palermitano appaiono connotate da una
certa debolezza nella capacità di creare
nuovi
posti
di
lavoro,
connessa
evidentemente con un ciclo di crescita
economica che non è stato particolarmente
brillante,
negli
ultimi
anni,
sistematicamente
inferiore
alla
media
nazionale
e
regionale.
Infatti,
gli
occupati, nel periodo in esame, crescono
del 2,1%, a fronte di un 2,9% a livello
regionale e del 4,5% a livello medio
nazionale.
Anche la riduzione dello stock di disoccupati
appare inferiore ad altre province siciliane,
attestandosi al 17,4%, anche se è più rapida
rispetto al dato nazionale (-13,7%) per via
della ripresa dei flussi migratori in uscita
nella provincia di Palermo, che hanno ridotto
la consistenza della popolazione in età da
lavoro, e per via di una maggiore diminuzione
delle forze di lavoro, che potrebbe nascondere
sacche di disoccupazione nascosta, ovvero il
passaggio alle non forze di lavoro di una
parte di disoccupati scoraggiati, che non
cercano più attivamente lavoro (e che quindi
106
non sono più considerati disoccupati in senso
statistico). Infatti, le forze di lavoro si
sono
ridotte,
nel
periodo
considerato,
dell’1,8%, più rapidamente che nel resto
dell’isola (-1,3%).
La
lenta
riduzione
del
tasso
di
disoccupazione,
rispetto
alla
media
regionale, fa sì che, nel 2008, Palermo
sia la provincia siciliana con il tasso di
senza lavoro più elevato (17,1%), mentre
nel 2004 Enna, Caltanissetta ed Agrigento
avevano
valori
dell’indicatore
in
questione leggermente superiori rispetto
alla
provincia.
A
tutto
ciò
va
ad
aggiungersi l’entità della disoccupazione
nascosta, data dai lavoratori scoraggiati,
nonché la debole crescita del numero di
posti di lavoro offerti, nel disegnare il
quadro
di
un
mercato
del
lavoro
provinciale
che,
alla
vigilia
della
recessione, appare già caratterizzato da
un evidente debolezza complessiva.
Tab. 3 – Occupati e disoccupati suddivisi in provincia di Palermo, in
Sicilia ed in Italia
(2004-2008; valori assoluti e variazioni percentuali)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
2004
125.417
352.070
197.582
119.722
71.183
46.134
303.764
114.333
108.728
2005
124.507
357.889
209.089
123.940
75.583
46.407
316.059
106.773
110.597
Occupati
2006
134.166
357.364
212.141
126.341
73.553
49.149
315.763
114.097
120.146
107
2007
129.420
365.936
209.182
127.448
72.182
49.137
309.303
111.661
114.216
2008
133.013
359.607
200.637
126.709
73.659
49.145
312.958
108.043
116.387
Var. % ('08-'04)
6,1
2,1
1,5
5,8
3,5
6,5
3,0
-5,5
7,0
Sicilia
ITALIA
1.438.934
22.404.430
1.470.843
22.562.829
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
2004
23.499
89.810
37.951
30.777
18.287
12.718
53.487
9.909
23.340
299.776
1.960.393
2005
23.293
85.173
31.556
26.675
17.945
11.181
57.115
12.990
18.894
284.821
1.888.565
1.502.718
1.488.485
22.988.216
23.221.837
Disoccupati
2006
2007
15.551
15.936
81.430
67.178
25.503
24.200
19.415
25.610
14.649
13.412
9.844
9.560
44.357
40.767
8.178
10.096
15.626
14.787
234.553
221.546
1.673.412
1.506.041
1.480.160
23.404.689
2,9
4,5
2008
16.000
74.182
31.509
25.563
12.492
9.344
42.508
9.859
15.317
236.776
1.691.912
Var. % ('08-'04)
-31,9
-17,4
-17,0
-16,9
-31,7
-26,5
-20,5
-0,5
-34,4
-21,0
-13,7
Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat
Graf. 1 – Tasso di disoccupazione nelle province siciliane (2004–2008)
6,7
ITALIA
8,0
13,8
SICILIA
17,2
11,6
Siracusa
17,7
8,4
Ragusa
8,0
12,0
Catania
15,0
16,0
Enna
21,6
14,5
20,4
Caltanissetta
16,8
Agrigento
20,4
13,6
Messina
16,1
17,1
Palermo
20,3
10,7
Trapani
15,8
0,0
5,0
10,0
15,0
2004
20,0
25,0
2008
Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat
2.5.3 Gli andamenti occupazionali nel 2009
Ad un mercato del lavoro fragile, che
manifesta
tendenze,
nell’ultimo
quinquennio, meno dinamiche che nel resto
della regione e del Paese, si vanno ad
aggiungere gli effetti della recessione,
visibili
già
a
partire
dal
quarto
trimestre
del
2008.
Dopo
un
biennio
sostanzialmente positivo, già nel corso
108
Il comparto industriale
palermitano probabilmente
subirà la crisi
del 2008 il numero di ore autorizzate di
Cassa Integrazione Guadagni esplode ad un
tasso del +41,9%, ben al di sopra della
crescita regionale (+1,1%) e nazionale
(+24,9%).
Tuttavia,
la
componente
straordinaria, legata cioè alle situazioni
di
crisi
aziendale
più
acute
e
strutturali, è leggermente inferiore alle
media
(36,7%,
a
fronte
di
un
dato
regionale del 41,9% e di uno nazionale che
supera il 46%). Inoltre, nel corso del
2009,
il
ricorso
alla
CIG,
misurato
rispetto al 2008, cresce nettamente meno
che in confronto alla regione Sicilia, al
Mezzogiorno e, a maggior ragione, alla
media nazionale.
Tali dati vanno presi con cautela, poiché
la minore crescita totale della CIG a
Palermo nel 2009 potrebbe dipendere da una
minore incidenza, rispetto alla media
regionale, del Mezzogiorno e dell’Italia,
dell’industria
manifatturiera
e
dell’edilizia, nonché delle imprese con
almeno 15 addetti. Infatti, la CIG in
deroga, a favore delle imprese dei servizi
e di quelle con meno di 15 addetti, non è
ancora partita alla data della rilevazione
sulla CIG a luglio, poiché l’Accordo
Regione Sicilia-Parti Sociali è stato
sottoscritto
soltanto
il
30
Luglio.
D’altra parte, la provincia di Palermo ha
solo il 16,1% degli occupati nel comparto
industria,
a
fronte
del
19,5%
medio
regionale e del 29,7% nazionale (dati
2008) per cui è ragionevole attendersi che
il ricorso alla CIG cresca meno in
provincia, rispetto alla regione ed alla
media nazionale, senza che ciò significhi
che la recessione sia più leggera a
Palermo.
Peraltro, l’intensità dell’attuale fase
recessiva,
a
giudizio
di
numerosi
osservatori, sta rendendo meno evidente la
differenza fra componente ordinaria e
straordinaria della CIG, nella misura in
cui anche imprese in forte crisi stanno
chiedendo la CIG ordinaria, nella speranza
che
i
mercati
di
consumo
ripartano
109
rapidamente, ma se la contrazione della
domanda dovesse durare almeno fino al
2010, come tutti i modelli previsionali
lasciano
intendere,
molte
di
queste
imprese cadranno rapidamente in condizioni
di crisi strutturale, tipica della CIG
straordinaria.
Pertanto,
anche
la
relativamente debole crescita del ricorso
alla CIG straordinaria in provincia, nel
2008 e soprattutto nel 2009, va presa con
una certa cautela interpretativa.
In realtà, la debolezza strutturale del
mercato del lavoro palermitano, sopra
esaminata,
e
l’eventuale
declino
produttivo
dei
suoi
principali
poli
industriali, a Carini come a Termini
Imerese, sono indizi del fatto che il
tessuto industriale provinciale, e la
relativa base occupazionale, potrebbero
subire gli effetti della crisi in forme e
con intensità particolarmente marcate. A
ciò occorre aggiungere che la recessione,
unitamente alla riduzione dei redditi
delle famiglie, sta comportando effetti di
contrazione delle vendite nel commercio,
con particolare riferimento alla Grande
Distribuzione, fattore che alimenterebbe
l’icremento della Cassa Integrazione.
Tab. 4 – Variazione % delle ore di cassa integrazione autorizzate in
provincia di Palermo,
in Sicilia ed in Italia (2005-2009)
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
2006/2005
85,9
-23,3
68,6
-13,5
650,8
-32,0
-2,8
-26,1
13,5
7,7
-6,1
2007/2006
-1,9
-40,1
-26,7
4,1
-47,2
-12,1
-26,6
131,7
-43,2
-29,8
-22,1
2008/2007
-15,8
41,9
-15,4
0,1
-32,9
23,1
-30,5
-58,1
44,4
1,1
24,6
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Inps
110
2009/2008
49,0
65,4
47,1
42,8
75,2
45,3
180,5
523,0
56,4
82,6
311,4
2.5.4 L’occupazione per genere
Il permanere di un elevato
squilibrio di genere
sul mercato del lavoro
provinciale
Nel contesto di una crescita molto lenta
della
domanda
di
lavoro
nell’ultimo
quinquennio,
che
non
è
riuscita
a
fronteggiare una progressiva riduzione del
tasso di attività, indotta anche dalla
ripresa di fenomeni migratori, permane un
evidente squilibrio di genere, con le
donne che presentano tassi di occupazione
pari a poco più della metà di quelli
maschili, ed appena migliori rispetto alla
media regionale, ma lontanissmi (circa 18
punti percentuali) dalla media nazionale,
seppur anch’essa squilibrata a sfavore
delle donne. Ciò incide ovviamente sul
bacino di disoccupazione femminile, pari a
quasi il 20%, più di quattro punti
superiore a quello maschile in provincia
di Palermo, e pari ad oltre il doppio del
tasso
di
disoccupazione
femminile
nazionale, e scoraggia la partecipazione
attiva al mercato del lavoro da parte
delle donne, ostacolata da una probabilità
di
occupazione
piuttosto
modesta.
Di
conseguenza, anche il tasso di attività
delle lavoratrici mostra valori piuttosto
modesti, solo di poco superiori alla media
regionale, e assolutamente non comparabili
con quella nazionale.
Non vi è dubbio che i modesti parametri
del mercato del lavoro che si riferiscono
alle donne contribuiscano notevolamente a
fare di Palermo la provincia italiana con
il più alto tasso di disoccupazione nel
2008, e corrispondentemente a farne una
delle ultime (93-ma su 103) per tasso di
attività,
ovvero
per
grado
di
partecipazione
attiva
al
mercato
del
lavoro da parte della popolazione in età
da lavoro.
Tab. 5 – Principali indicatori del mercato del lavoro suddivisi per
genere nelle province siciliane
ed in Italia (2007; valori %)
Altre
perper-
sone
con
con
attività
lavorativa
Tasso di occupazione
15-64 anni
Maschi
Femmine
Tasso di attività
15-64 anni
Maschi
Femmine
111
Tasso di
disoccupazione
Maschi
Femmine
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
64,4
57,6
60,0
60,5
55,6
61,3
58,3
67,0
58,3
59,6
70,3
29,0
29,3
32,2
24,9
26,8
26,8
28,2
37,0
27,3
29,1
47,2
69,8
68,4
66,9
72,4
64,2
70,3
65,1
72,9
63,9
67,7
74,4
34,9
36,6
39,8
30,5
32,4
34,5
33,2
40,7
33,0
35,3
51,6
7,6
15,6
10,2
16,3
13,2
12,8
10,4
8,1
8,8
11,9
5,5
17,0
19,8
19,0
17,9
17,0
22,2
14,9
8,9
17,2
17,3
8,5
Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat
2.5.5 La distribuzione settoriale dell’occupazione
L’occupazione
tiene nell’industria
manifatturiera, anche
se solo per il 2008,
e non per il 2009,
mentre cala nelle
costruzioni, nei servizi
di mercato
e, fisiologicamente,
nell’agricoltura
L’economia palermitana è caratterizzata da
un elevato grado di terziarizzazione, dato
sia dal ruolo di capoluogo amministrativo
della regione, che dalle funzioni di
servizio
normalmente
connesse
alla
presenza di un’area urbana di grandi
dimensioni. Pertanto, quasi l’80% degli
occupati si concentra nel settore dei
servizi,
con
una
quota
di
occupati
agricoli marginale, pressoché pari alla
media nazionale, e una quota di occupati
nell’industria pari a poco più della metà
della media nazionale, ed inferiore a
quella regionale.
In termini dinamici, nel 2008 la crisi
economica si è fatta sentire soprattutto
sulla base occupazionale dell’industria
della
costruzioni,
colpita
dallo
sgonfiamento
del
valore
del
mercato
immobiliare, e sui servizi di mercato
(essenzialmente
sul
commercio,
sui
pubblici esercizi e sul turismo) mentre
l’occupazione manifatturiera, dopo anni di
consistenti cali dovuti alle difficoltà
dei
poli
industriali
provinciali
di
Termini Imerese e di Carini, nel 2008
mette
a
segno
un
certo,
momentaneo,
recupero, in controtendenza rispetto alla
media regionale e nazionale, e malgrado il
fatto che, secondo i dati della CIG, è
proprio il comparto manifatturiero quello
che pagherà il costo più alto della
recessione nel 2009. Probabilmente, però,
il dato riferito al manifatturiero non è
112
altro che un rimbalzo congiunturale del
tutto contingente, dopo anni di calo
dell’occupazione
industriale.
L’agricoltura, dal canto suo, prosegue in
una
tendenza
strutturale
di
declino
occupazionale,
connessa
a
fenomeni
fisiologici, tipici di tutti i sistemi
economici
evoluti,
di
espulsione
di
manodopera dal comparto primario.
Graf. 2 – Incidenza settoriale dell’occupazione in provincia di
Palermo, in Sicilia ed in Italia (2008)
79,8
73,0
80,0
66,5
70,0
60,0
50,0
40,0
29,7
30,0
19,5
16,2
20,0
7,5
10,0
4,1
3,8
0,0
Palermo
SICILIA
Agricoltura
Industria
ITALIA
Servizi
Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat
113
2.6 – IL CREDITO
2.6.1 La rischiosità del credito durante la crisi
Al terzo trimestre 2009
Palermo inverte un percorso
virtuoso di miglioramento
della qualità del credito
L’attuale ciclo recessivo è imperniato sui
meccanismi creditizi al punto tale che la
restrizione
dei
flussi
di
credito
all’economia, verificatasi a partire dai
primi mesi del 2009, e che in alcuni casi
ha fatto parlare di “credit crunch”, può
considerarsi, di fatto, la cinghia di
trasmissione che ha riversato sul comparto
reale dell’economia la fortissima perdita
di valore delle attività finanziarie in
portafoglio
delle
principali
banche
mondiali avviatasi dalla metà del 2008.
A livello nazionale, secondo i dati della
Banca d’Italia, la crescita degli impieghi
totali sui 12 mesi si è ridotta, dal 10%
di maggio 2008, al 3% a maggio 2009. Gli
impieghi bancari su 3 mesi registrano
addirittura una contrazione dello 0,9%. In
particolare,
diminuiscono
fortemente
i
prestiti alle imprese, in ragione di un
inasprimento delle condizioni di accesso
al
credito
imposto
dalle
banche
(le
imprese bancarie appartenenti al Bank
Lending Survey segnalano, infatti, per il
primo trimestre 2009, un inasprimento in
termini di margini applicati ma anche di
quantità di prestiti erogati, soprattutto
a carico delle linee di credito a medio
lunga scadenza e per le imprese maggiori,
cfr. Banca d’Italia, Bollettino Economico
57, Luglio 2009).
Accanto ad un irrigidimento sul versante
bancario, cui la disciplina di Basilea 2
contribuisce con un chiaro effetto pro
ciclico, poiché incentiva l’introduzione
di sistemi di scoring del merito di
credito basati in parte anche su dati di
bilancio, che tendono a degradarsi nei
periodi
di
crisi
economica,
il
peggioramento evidente del rapporto fra
banche ed imprese è stato indotto anche da
un degrado complessivo della qualità del
credito, che è anche in questo caso
114
Le difficoltà per le piccole
imprese e le famiglie
fortemente
correlato
con
il
ciclo
economico negativo.
Da
questo
punto
di
vista,
Palermo,
storicamente caratterizzata dal fatto di
essere la provincia siciliana con il più
elevato valore dei crediti in sofferenza,
negli ultimi 6 anni ha sperimentato un
trend chiaramente in discesa che, grazie
anche all’utilizzo degli strumenti di
cartolarizzazione,
ha
consentito
un
progressivo risanamento ed una riduzione
della rischiosità del credito, su ritmi
decisamente più rapidi rispetto alla media
del Mezzogiorno e del Paese, sia in
termini
di
numero
di
affidati
in
sofferenza che di valore delle sofferenze
(ridottosi addirittura di oltre il 60% fra
2003 e 2008). Nel primo semestre 2009,
invece,
le
sofferenze
sono
cresciute
(+117% in termini di valore e +10,9% in
termini di numero di affidati rispetto a
dicembre 2008) molto più rapidamente, in
termini di valore, che a livello nazionale
(dove il numero di sofferenze è diminuito
dell’11% ed il valore delle medesime è
cresciuto del 22,1%), ma anche rispetto al
resto della Sicilia (in cui numero e
valore delle sofferenze sono cresciuti,
rispettivamente, dell’11,1% e del 67,7%).
Evidentemente, da questo punto di vista la
crisi sta impattando più che altrove,
tramite un peggioramento delle condizioni
finanziarie dei clienti delle banche, che
si scaricano in una esplosione delle
sofferenze, e che non potrà che rendere
ancora più rigidi e restrittivi i criteri
che le banche applicheranno nel concedere
prestiti, nei prossimi mesi. Ciò, a sua
volta, in una specie di circuito vizioso,
si
riverserà,
presumibilmente,
sugli
investimenti aziendali e sui consumi delle
famiglie.
Va
affermato
che
la
rischiosità
del
credito è più accentuata per la clientela
minore, cioè per le imprese più piccole o
per il piccolo credito al consumo: basti
pensare che Palermo sia 59-ma, fra le 103
province, per credito erogato allo 0,5%
115
dei
maggiori
affidati,
mentre
crolla
all’83-mo posto per credito al 5% dei
maggiori affidati. Ciò significa che i
pericoli maggiori di stretta creditizia
incombono soprattutto su piccole e micro
imprese e sulle famiglie di reddito mediobasso, cioè sul tessuto connettivo stesso
della collettività della provincia.
Tab. 1 – Sofferenze bancarie nelle province siciliane, in Sicilia ed
in Italia
(2003-I sem 2009; valori assoluti in milioni di euro e variazioni
percentuali)
Palermo
Trapani
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
Valori assoluti
Variazioni percentuali
2003
2004
2005
2006
2007
2008 I sem. 2009 2008-2003 I sem. 2009-2008
1.199 1.228 1.103 1.021
861
452
981
-62,3
117,0
414
426
347
329
323
255
279
-38,4
9,4
694
728
614
569
408
270
373
-61,1
38,1
239
247
230
222
207
170
199
-28,9
17,1
157
172
170
160
166
133
171
-15,3
28,6
75
85
85
93
90
66
77
-12,0
16,7
929
950
852
774
657
464
1.192
-50,1
156,9
281
301
290
293
266
229
251
-18,5
9,6
368
376
349
309
274
196
225
-46,7
14,8
4.355 4.511 4.041 3.771 3.251 2.235
3.747
-48,7
67,7
50.573 54.043 44.971 46.880 47.027 40.951
50005
-19,0
22,1
Fonte: elaborazioni
Banca d’Italia
Istituto
G.
Tagliacarne
-
Unioncamere
su
dati
2.6.2 L’operatività del sistema bancario
Una crescita della raccolta
bancaria che oggi garantisce
una “riserva di valore”
importante per
l’attenuazione degli effetti
della crisi
L’attività di intermediazione del sistema
creditizio palermitano, tradizionalmente,
è
caratterizzata,
sul
versante
dei
depositi, da un ruolo predominante delle
banche. Il risparmio postale, infatti,
costituisce una percentuale sensibilmente
inferiore
alla
media
regionale
e
nazionale, attestandosi al di sotto del
30%. Da questo punto di vista, un ruolo
potrebbe essere giocato anche dall’età
media
relativamente
giovane
della
116
L’operatività del sistema
bancario palermitano
è garantita soprattutto
di gruppi bancari
più importanti
popolazione palermitana, posto che una
quota importante della clientela delle
Poste è costituita dai pensionati.
In ragione di un dinamismo economico
particolarmente vivace negli anni passati,
che
ha
consentito
un
aumento
della
ricchezza media, la crescita del valore
dei depositi bancari è stata piuttosto
alta, attestandosi ad un tasso del 28,8%
fra il 2003 ed il 2008, sensibilmente più
alto della media siciliana e meridionale,
e pari a quella nazionale. Tuttavia,
l’evidente rallentamento della crescita
economica palermitana degli ultimi anni,
evidenziato nel capitolo del Pil, ha avuto
riflessi
anche
sull’accumulazione
del
risparmio, poiché i depositi bancari, fra
il 2008 ed il I semestre 2009, sono
cresciuti solamente dello 0,7%, circa
quattro volte meno che nel resto della
Sicilia, e quasi otto volte meno che nella
media nazionale.
La
concentrazione
dei
depositi
per
categorie
di
banche
è
un
indicatore
efficace dell’operatività effettiva del
sistema
bancario
locale.
Con
una
percentuale
del
61,8%
dei
depositi
concentrati
nelle
banche
maggiori
o
grandi, un valore di circa 5 punti
superiore alla media regionale e di circa
20 a quella nazionale, Palermo risulta
essere un mercato creditizio dominato dai
gruppi bancari più grandi, a detrimento
delle banche piccole e locali, la cui
capacità
di
raccolta
è
nettamente
inferiore
alla
media
nazionale.
Tale
assetto del mercato creditizio provinciale
è ovviamente un riflesso dell’elevato
grado di urbanizzazione della popolazione
e
delle
attività
economiche
nella
provincia, che tende ad attrarre gli
operatori
bancari
di
più
grandi
dimensioni,
fenomeno
che
ha
pregi
e
difetti. Da un lato, le imprese bancarie
più grandi, in teoria, hanno maggiori
disponibilità finanziarie da riversare a
supporto dello sviluppo economico, ma
dall’altro
le
imprese
bancarie
più
117
piccole, che fanno della conoscenza e
della relazione personale fra banca e
cliente il loro punto di forza maggiore,
tendono
ad
essere
spiazzate.
In
un
contesto di forte riduzione del credito
disponibile,
l’importanza
relativamente
minore delle piccole banche nel contesto
palermitano potrebbe rivelarsi soprattutto
uno svantaggio.
A causa della prevalenza di banche grandi
nella gestione della raccolta, il valore
dei depositi per singolo sportello tende
ad essere più alto della media nazionale,
anche se la crescita di tale parametro è
inferiore a quanto si verifica a livello
italiano. Ad ogni modo, l’elevato valore
dei depositi bancari per sportello mostra
come il risparmio accumulato negli anni in
cui
l’economia
palermitana
era
più
dinamica, costituisca ancora oggi una
importantissima “riserva di valore” a
servizio delle famiglie e delle imprese
locali, per sostenersi durante la crisi
economica
in
atto.
In
qualche
modo,
quindi, il risparmio bancario di Palermo
costituisce una sorta di “ammortizzatore”
rispetto agli effetti della crisi sul
livello dei consumi e del tenore di vita.
Tab. 2 – Depositi bancari e postali nelle province siciliane, in
Sicilia ed in Italia
(I sem. 2009; valori assoluti in milioni di euro ed incidenza %)
Palermo
Trapani
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
Depositi
bancari I sem.
2009
10371,6
2564,3
4111,5
2770,2
2009,9
875,3
7926,8
2392,4
3119,2
36141,3
852653,2
Depositi Banco
Posta I sem. 2009
Totale Banche &
Posta I sem. 2009
3984,2
1278,9
4185,8
1882,7
765,5
912,9
3547,8
767,9
1083,6
18409,3
240998,0
14355,8
3843,2
8297,3
4653,0
2775,4
1788,2
11474,6
3160,4
4202,8
54550,6
1093651,2
Incidenza %
depositi postali su
totale depositi
27,8
33,3
50,4
40,5
27,6
51,1
30,9
24,3
25,8
33,7
22,0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia
118
Tab. 3 – Depositi bancari per settore di attività economica in
provincia di Palermo
(2003-I sem. 2009; valori assoluti e incidenza percentuale)
Valori assoluti
Famiglie consumatrici
Famiglie produttrici
Società e qs non finanziarie
Altri settori
Totale settori
2003
5.552
420
935
1.090
7.997
Famiglie consumatrici
Famiglie produttrici
Società e qs non finanziarie
Altri settori
Totale settori
2003
69,4
5,3
11,7
13,6
100,0
2004
5.745
456
1.005
1.807
9.013
2005
6.016
486
1.411
2.505
10.419
2006
6.286
518
1.555
2.015
10.373
2007
6.219
527
1.408
2.009
10.163
2008
6.555
457
1.382
1.905
10.299
I sem. 2009
6.892
519
1.364
1.596
10.372
2007
61,2
5,2
13,9
19,8
100,0
2008
63,7
4,4
13,4
18,5
100,0
I sem. 2009
66,5
5,0
13,2
15,4
100,0
Composizione percentuale
2004
63,7
5,1
11,2
20,0
100,0
2005
57,7
4,7
13,5
24,0
100,0
2006
60,6
5,0
15,0
19,4
100,0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia
Un rallentamento
della crescita degli impieghi
bancari dalla fine
del 2008, indotto
dagli effetti della recessione
economica
Sul versante degli impieghi, si riscontra un
andamento storico, tra il 2003 ed il 2008,
superiore alla media nazionale, e lievemente
inferiore rispetto a quella regionale. Poiché,
in Sicilia come nel resto del Sud, la crescita
degli impieghi bancari è stata stimolata anche
dall’ampia
disponibilità
di
agevolazioni
pubbliche (che richiedono, per la parte di
investimento
non
coperta
da
incentivo
pubblico, il ricorso ad un prestito bancario),
se ne ricava che, a Palermo, malgrado l’ampia
disponibilità di risparmio bancario testé
illustrata, il circuito del credito abbia
funzionato
in
misura
piuttosto
insoddisfacente, il che, ovviamente, ha
influito negativamente sulle potenzialità di
crescita dell’economia provinciale. Un ruolo
specifico, nello scarso livello di credito
erogato all’economia, è stato senz’altro
giocato dall’elevato peso delle sofferenze,
benché queste ultime, fino a fine 2008,
abbiano marcato un deciso calo, nonché da
tassi di interesse mediamente più elevati
rispetto al dato nazionale.
Tra la fine 2008 e la prima metà del 2009,
inoltre, il credito bancario ha subito una
battuta di arresto. In termini congiunturali,
gli impieghi a famiglie ed imprese sono,
infatti,
calati
dello
0,4%
nel
quarto
119
trimestre del 2008, ed hanno proseguito su
tale trend nel primo semestre 2009 andando a
registrare un -1%. Da questo punto di vista,
non vi è dubbio che la rinnovata dinamica di
deterioramento della qualità del credito,
nonché un rallentamento degli investimenti,
fenomeni dovuti alla recessione economica in
atto, spieghino in larga misura la restrizione
del rubinetto del credito bancario.
L’applicazione di criteri istruttori più
severi da parte delle banche in sede di
valutazione del merito di credito delle
imprese e delle famiglie, atteggiamento
indotto ovviamente dal peggioramento del ciclo
macroeconomico, ha contribuito, per parte sua,
alla stretta creditizia in atto. Tra l’altro,
come già visto, l’operatività del sistema
creditizio
provinciale
è
assicurata
soprattutto dalle banche maggiori, che erogano
il 44,7% del totale degli impieghi rilevati
nel I semestre 2009, a fronte di una media
nazionale, per tale categoria di istituti di
credito, pari al 41,4%. La minore incidenza,
sul totale degli impieghi, delle banche minori
e locali, che privilegiano, nelle decisioni di
concessione del credito, la conoscenza ed il
rapporto
personale
con
l’imprenditore,
piuttosto che modelli matematici di scoring
che, in una fase recessiva, tendono ad avere
effetti
pro
ciclici,
è
una
ulteriore
spiegazione
dei
motivi
alla
base
del
rallentamento del credito bancario negli
ultimi mesi. Il peso di tale restrizione cade
sicuramente sulle imprese, che non riescono
più a trovare le risorse finanziarie per
sostenere gli investimenti, ma anche sulle
famiglie consumatrici, la cui incidenza sul
totale degli impieghi passa dal 38,4% del 2003
al 43,9% del I semestre 2009, e che dovranno
inevitabilmente comprimere il proprio livello
di consumi, sempre più dipendente dal credito,
con contraccolpi negativi per il sistema
produttivo locale, ad iniziare dal comparto
del commercio al dettaglio e dei pubblici
esercizi.
Tab. 4 – Impieghi bancari (al netto delle sofferenze) nelle province
siciliane, in Sicilia ed in Italia
120
(2003-I sem 2009; valori assoluti in milioni di euro e variazioni %)
Valori assoluti
Variazioni %
I sem.
I sem. 2009
2003
2004
2005
2006
2007
2008
’08-’03
2009
-2008
Palermo
8.027
8.489
9.789
11.623
12.852
13.394
13.254
66,9
-1,0
Trapani
2.498
2.867
3.324
3.741
4.054
4.319
4.372
72,9
1,2
Messina
3.704
4.280
4.763
5.209
5.793
5.838
5.914
57,6
1,3
Agrigento
1.720
1.950
2.288
2.582
2.808
2.841
2.950
65,2
3,8
Caltaniss.
1.197
1.365
1.569
1.773
1.921
1.946
2.082
62,6
7,0
Enna
679
745
858
935
1.041
1.042
1.070
53,5
2,7
Catania
6.254
7.186
8.619
9.961
11.180
11.570
11.115
85,0
-3,9
Ragusa
2.171
2.473
2.805
3.262
3.627
3.881
3.927
78,8
1,2
Siracusa
3.469
3.256
3.511
4.159
4.415
4.853
5.085
39,9
4,8
Sicilia
29.719
32.613
37.526
43.243
47.691
49.683
49.768
67,2
0,2
ITALIA
1.039.352 1.096.356 1.193.008 1.323.024 1.453.653 1.524.353 1.514.851 46,7
-0,6
Fonte: elaborazione Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia
Tab. 5 – Impieghi bancari per settore di attività economica in
provincia di Palermo
(2003-I sem. 2009; valori assoluti e composizione percentuale)
Famiglie consumatrici
Famiglie produttrici
Società e qs non finanziarie
Altri settori
Totale settori
2003
3.546
802
4.615
263
9.226
Famiglie consumatrici
Famiglie produttrici
Società e qs non finanziarie
Altri settori
Totale settori
2003
38,4
8,7
50,0
2,9
100,0
Valori assoluti
2004
2005
4.060
4.722
856
913
4.462
4.739
339
518
9.717
10.892
2006
5.207
983
5.627
827
12.644
2007
5.723
1.047
6.065
877
13.713
2008
6.086
874
6.093
793
13.846
I sem. 2009
6.255
935
6.155
890
14.235
2007
41,7
7,6
44,2
6,4
100,0
2008
44,0
6,3
44,0
5,7
100,0
I sem. 2009
43,9
6,6
43,2
6,3
100,0
Composizione percentuale
2004
41,8
8,8
45,9
3,5
100,0
2005
43,4
8,4
43,5
4,8
100,0
2006
41,2
7,8
44,5
6,5
100,0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia
2.6.3 La dotazione bancaria sul territorio
I flussi di credito sopra analizzati sono
121
Un processo di
ristrutturazione che ha
messo al centro
dell’attenzione i grandi
istituti creditizi
legati anche alla struttura creditizia
esistente sul territorio. La presenza di
banche più o meno grandi, la capillarità
nella
distribuzione
degli
sportelli,
l’introduzione di innovazione tecnologica
o
organizzativa
nel
rapporto
con
la
clientela
costituiscono
altrettanti
aspetti che influiscono sull’operatività
delle banche, e sul loro apporto allo
sviluppo del territorio.
Il sistema bancario palermitano, in linea
con un fenomeno verificatosi a livello
nazionale, è stato investito, negli ultimi
anni, da un processo di ristrutturazione e
concentrazione,
che
ha
portato
alla
nascita
di
gruppi
bancari
aventi
dimensioni
idonee
ad
operare
con
le
economie di scala e di scopo che la
concorrenza
sul
mercato
finanziario
globale impone, riducendo di conseguenza
anche il numero degli istituti in virtù di
processi di aggregazione e fusione (nella
provincia, le aziende bancarie operanti
sono passati da 11 a 9 nel periodo 2003 –
I sem. 2009, rappresentando, comunque,
ancora circa un quarto del totale di tutti
gli istituti bancari operanti in Sicilia).
Tale processo non ha però in nessun modo
smentito la rilevanza di una capillare
presenza sul territorio, che nemmeno le
innovazioni degli ultimi anni (dal phone
banking alla banca telematica) possono
completamente
sostituire,
poiché
la
presenza sul territorio costituisce il
nucleo del rapporto personale fra banca e
cliente,
fondamentale
per
istituire
relazioni commerciali fluide, dinamiche e
costruttive.
Tale
relazione
con
il
territorio è talmente importante che anche
i grandi gruppi di scala sovraregionale
che si sono costituiti in questi anni
hanno
adottato
modelli
organizzativi
basati sulla “banca federale”, ovvero sul
mantenimento di reti, e spesso anche di
marchi, delle banche più piccole acquisite
sul
territorio,
specializzando
ogni
azienda del gruppo per territorio di
operatività.
122
La capillarizzazione
del credito
Il radicamento
delle banche minori
Infatti, pur se con una riduzione del
numero
di
aziende,
il
grado
di
sportellizzazione
sul
territorio
palermitano è cresciuto notevolmente: gli
sportelli passano da 381 a 428 fra 2003 e
2008,
con
una
crescita
del
12,3%,
superiore alla media regionale, e anche,
leggermente,
a
quella
nazionale.
Conseguentemente,
Palermo
raggiunge
un
grado
di
sportellizzazione
leggermente
superiore
alla
media
siciliana
sia
rispetto alla popolazione (4 sportelli
ogni 10.000 abitanti) che rispetto alle
imprese (4,7 sportelli ogni 1.000 imprese,
a
fronte
di
una
media
regionale
dell’ordine
di
4-,6).
Il
grado
di
sportellizzazione
è
ovviamente
ancora
molto inferiore alla media nazionale,
perché le banche tendono a concentrare la
propria presenza nelle aree del Centro
Nord, a maggior grado di sviluppo, anche
se la rapida crescita del numero di
sportelli è indicativa di una interessante
espansione del mercato creditizio locale.
Occorre, infatti, ricordare che Palermo è
11-ma fra le 103 province italiane per
valore medio dei depositi per sportello, e
50-ma per valore medio degli impieghi per
sportello, evidenziando quindi, nonostante
i problemi di operatività sopra richiamati
(elevata rischiosità del credito, alti
tassi di interesse, trend di crescita
economica declinante) un dinamismo, in
termini
di
intermediazione
creditizia,
piuttosto
elevato
nel
panorama
del
Mezzogiorno.
Gli
sportelli
appartengono
quasi
esclusivamente (89% circa) a grandi gruppi
bancari
(S.p.A.),
una
percentuale
superiore
anche
alla
media
nazionale
(78,1%), mentre le banche minori, del
circuito
del
credito
cooperativo,
rappresentano una quota piuttosto modesta
degli sportelli presenti sul territorio.
Tale distribuzione è in linea con quanto
già detto a proposito dell’operatività del
sistema creditizio palermitano, garantita
soprattutto dai gruppi bancari più grandi,
123
con tutti i pregi ed i difetti che un
simile assetto comporta nella qualità e
gamma dei servizi offerti alla clientela,
ma anche nella maggiore o minore facilità
di accesso al credito, specie per le
imprese più piccole e meno capitalizzate,
e
che
sono
già
stati
discussi
in
precedenza. E’ anche interessante notare
che a Palermo vi è l’unico sportello di
filiali di banche estere operante in
Sicilia.
Se questo è il quadro, va anche detto che,
fra il 2004 ed il 2008, il grado di
sportellizzazione delle banche minori è
cresciuto ad un ritmo molto dinamico
(circa il 40%), molto più alto rispetto
alla
media
nazionale
(25,5%),
mentre
quello delle grandi banche è diminuito di
circa l’8%. Tale dinamica conferma come,
nonostante gli evidenti motivi economici e
di mercato sottostanti al processo di
ristrutturazione e concentrazione che il
sistema bancario ha sperimentato negli
ultimi anni, vi è ancora uno spazio molto
rilevante
per
le
piccole
banche
territoriali altamente specializzate ed in
grado di radicare un rapporto con la
clientela di alta qualità. Tali banche
possono infatti inserirsi in nicchie di
mercato
lasciate
libere
dai
grandi
istituti,
e
giocare
su
una
maggiore
capacità
di
fidelizzare
la
propria
clientela facendo leva sull’appartenenza
allo
stesso
territorio,
di
offrire
soluzioni
flessibili,
che
possono
adattarsi
meglio
alle
esigenze
individuali, e di gestire meglio i costi,
specie
quelli
fissi.
Il
credito
cooperativo, da questo punto di vista,
riesce ad inserirsi su nicchie di mercato
rispetto alle quali riesce a difendersi
bene dalla concorrenza, grazie ai legami
mutualistici che instaura con i sociclienti.
124
2.7 – LA SITUAZIONE INFRASTRUTTURALE
2.7.1 L’articolazione delle infrastrutture
Un assetto infrastrutturale
che, seppur in
miglioramento e
caratterizzato da
importanti progetti, quali
l’interporto, presenta
ancora degli squilibri di
dotazione
Il flussi del porto e
dell’aeroporto nel 2009
La dotazione di infrastrutture è un fattore
di sviluppo del territorio che non riguarda
solamente l’aspetto meramente economicoproduttivo. Infatti, una adeguata dotazione
quali/quantitativa di strutture sanitarie,
socio assistenziali, culturali, ricreative,
ecc.,
contribuisce
direttamente
a
determinare
la
qualità
del
cosiddetto
“capitale fisso sociale”, ovvero lo stock
di assets a finalità sociale e di relazioni
sociali fra soggetti, o fra soggetti ed
istituzioni di pubblico interesse, che
influenzano direttamente la qualità della
vita. Peraltro, la qualità della vita è
anche un fattore di sviluppo economico,
poiché genera opportunità per lo sviluppo
di interi settori di business (legati al
tempo libero ed al “leisure”) incentiva la
crescita del turismo e dei flussi in
ingresso di investimenti esterni, talché
non è possibile tracciare una linea di
demarcazione netta fra economia e società.
Sotto
il
profilo
delle
infrastrutture
prettamente legate alle funzioni economicoproduttive (logistica, utilities per la
produzione industriale, come gas, acqua,
energia, reti telematiche ecc., servizi
alle imprese di tipo finanziario e reale)
la provincia di Palermo, in un contesto di
grave sottodotazione, quale quello del
Mezzogiorno, ed ancor più della Sicilia,
penalizzata anche dalla sua insularità,
evidenzia come vi sia una netta cesura fra
le infrastrutture hub, ovvero i nodi che
garantiscono i collegamenti di livello
extra regionale, piuttosto ben sviluppate,
sia in riferimento allo scalo aeroportuale,
fra i più importanti del Sud, che alle
attività del porto, anch’esse piuttosto
importanti,
e
le
infrastrutture
di
collegamento locale, che garantiscono la
connessione fra il territorio ed i nodi
principali di tipo aeroportuale e portuale.
125
Da questo punto di vista, sia la dotazione
di
reti
viarie
che,
soprattutto,
ferroviarie (per lunghi tratti ancora a
binario unico, non adeguata per supportare
flussi di traffico sostenuti, anche se sono
in corso i lavori di raddoppio su alcune
tratte principali), è ancora molto carente.
Ciò si traduce in una strozzatura dei
flussi di traffico diretti versi gli hub di
accesso esterno, come l’aeroporto ed il
porto, vanificandone, quindi, in parte, il
buon grado di dotazione. Nonostante questo,
sia l’aeroporto che il porto hanno visto
incrementare nel tempo le proprie attività.
Basti pensare che il flusso di passeggeri
nell’aeroporto di Palermo è aumentato, tra
il 1999 ed il 2008, del +53,4%, ed il
traffico delle merci veicolate nel porto
del +18,6% nel periodo 2005-2008. Il ciclo
economico
sfavorevole
non
ha
mancato,
tuttavia, di influenzare negativamente tali
dinamiche nel corso del 2009. Infatti, tra
gennaio e novembre, si è registrato
nell’aeroporto un calo di passeggeri
pari
all’1,5%
rispetto
al
periodo
corrispondente del 2008, sebbene i dati
mensili evidenzino un trend di ripresa;
il
porto,
d’altra
parte,
ha
sperimentato,
nel
periodo
gennaio
ottobre, una flessione tendenziale pari
al -12,2%.
Altro aspetto importante di cui tener
conto, è l’esistenza di un gap evidente tra
la fascia costiera della provincia, attorno
alla città capoluogo, attraversata dalla
dorsale
autostradale
e
ferroviaria
principale (fra l’altro, beneficiaria del
completamento
“storico”
dell’autostrada
Palermo-Messina, un completamento la cui
valenza è amplificata dal progetto di
Ponte, o comunque dal progetto di collegare
in
modo
più
organico
la
Sicilia
al
continente)
e
l’area
più
interna
e
orograficamente
meno
pianeggiante
della
provincia, ancor più isolata, con problemi
strutturali di sviluppo più acuti.
Come è possibile constatare dalla cartina
sottostante, in effetti, mentre la fascia
126
costiera, ovvero la zona a maggior densità
di popolazione ed attività economiche, è
ben collegata, sia dall’autostrada che
dalla ferrovia, gli unici collegamenti con
le aree interne sono assicurati dalla
viabilità
secondaria,
di
tipo
non
autostradale,
creando
di
fatto
una
situazione
caratterizzata
da
un
certo
isolamento e da un gap di sviluppo, che
penalizza sistematicamente l’area interna.
Tab. 1 – Flusso di passeggeri nell’aeroporto di Palermo nel periodo gennaio-novembre 2
e variazioni % rispetto al periodo corrispondente del 2008
Passeggeri
261.300
242.972
300.118
400.323
406.432
399.155
472.478
518.746
430.046
352.235
266.878
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Variaz. % 2009/2008
-3,76
-3,55
-8,80
10,94
-6,64
-4,34
1,72
-0,46
-1,89
-2,25
1,20
Fonte: Aeroporto di Palermo “Falcone e Borsellino”
Esternalità positive
e negative
Con riferimento alle utilities ed ai
servizi finanziari e reali legati alle
attività produttive (energia, distribuzione
dell’acqua, servizi bancari, altri servizi
alle imprese, infrastrutture immateriali
telematiche),
la
presenza
di
un’area
urbana, e di alcune fra le più importanti
aree industriali della regione, fa sì che
le infrastrutture bancarie, di servizi
reali e quelle immateriali, legate alla
presenza di ampi bacini demografici e di
imprese, tipici di aree urbane sviluppate,
abbiano
un
grado
di
diffusione
complessivamente soddisfacente. Anche i
principali servizi sociali di rango urbano,
come le scuole e le strutture sanitarie,
hanno, almeno in termini quantitativi, una
offerta del tutto adeguata. Viceversa,
servizi più “rari”, che però qualificano in
modo più evidente la qualità della vita in
ambito locale, come ad esempio i servizi
per il tempo libero e la cultura, come
anche alcune utilities tipiche di aree ad
elevato sviluppo industriale, come le reti
127
energetiche
ed
ambientali,
presentano
ancora
ritardi
di
offerta
evidenti,
ingiusitificabili se paragonati al peso
demografico e di densità imprenditoriale
che
la
provincia
di
Palermo
assume
nell’ambito
della
Sicilia
e
del
Mezzogiorno, e che peraltro la colloca in
una posizione di svantaggio rispetto alla
sua tradizionale “provincia rivale”, in
ambito siciliano, ovvero Catania. Ciò non
può che riflettersi in un gap di qualità
della vita e di competitività delle imprese
locali.
In prospettiva, assume una importanza
molto rilevante lo sblocco recente dei
finanziamenti
necessari
per
la
realizzazione dell’interporto di Termini
Imerese, una struttura che ha già una
importanza vitale in sé, perché consentirà
di movimentare le merci in modo più
efficiente e rapido, valorizzando meglio
la
struttura
portuale
ed
i
suoi
collegamenti, viari e ferroviari, con il
retroporto, ma che assume una rilevanza
specifica, in quanto elemento essenziale
per il rilancio competitivo del polo Fiat,
di primaria importanza, sotto il profilo
economico
ed
occupazionale,
per
la
provincia.
Tab. 2 - Indici di dotazione infrastrutturale nelle province siciliane ed in Italia in
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
ITALIA
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Rete stradale
Rete ferroviaria
Porti
Aeroporti
123,8
85,5
155,9
50,2
74,5
105
63,6
44
49,8
100
Reti bancarie e di
servizi vari
67,1
81,7
79,4
47,6
50,3
31,5
89,9
20,4
55,2
106,5
61
76,3
68,8
53,4
17,3
66,8
100
455,7
100,1
136,8
66,8
128,8
0
188,7
49,3
335,4
100
Strutture per
l'istruzione
76,1
123,4
102,1
76,3
62,3
69,1
126,9
185
173,2
0
52
0
0
147,9
0
0
100
Strutture culturali
49,9
57,2
60,4
29,4
22
21,3
66,6
128
Strutture sanitarie
51,2
131,6
123,3
34,5
59,5
48,7
143,9
Impianti
amb
63,
62,
65,
53,
51,
34
78,
55,
106
100
TOTA
120
102
93,
57
62,
43,
113
Ragusa
Siracusa
ITALIA
69,3
63
100
36,6
32
100
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
129
88,2
84,2
100
69,3
60,6
100
53,
91,
100
I settori economici
130
3.1 – L’AGRICOLTURA
Il contributo del settore agricolo alla formazione della ricchezza provinciale risulta, nel 2007, pari a circa
354 milioni di euro, ovvero l’1,9%% del valore aggiunto prodotto in provincia; incidenza in flessione
rispetto al 2003 secondo un trend decrescente che rispecchia la contrazione della quota del valore
aggiunto del settore primario a livello nazionale.
Tab. 1 - Valore aggiunto dell'agricoltura in provincia di Palermo, in
Sicilia ed in Italia
(incidenza % 2003-2007 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007)
2003
2004
2005
2006
2007
Valori assoluti
Palermo
2,8
2,4
2,2
1,9
1,9
354,2
Sicilia
5
4,7
4,3
4,1
3,9
2.895,6
ITALIA
2,5
2,5
2,2
2,1
2,1
28.341,1
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Il consuntivo 2009:
un anno difficile,
ma aumentano
gli investimenti
Gli indicatori congiunturali mostrano come
il consuntivo 2009, messo a confronto con il
2008, sia per il settore agricolo, un anno
piuttosto
difficile.
Al
calo
della
produzione (-14,8%), si accompagna una
contrazione del fatturato della medesima
entità ed una flessione degli ordinativi
solo
di
poco
inferiore
(12,2%).
Il
rallentamento congiunturale si ripercuote
poi anche sull’occupazione che, pur essendo
la variabile maggiormente caratterizzata da
vischiosità, ha reagito nel breve termine
alla
flessione
dei
livelli
produttivi
registrando una riduzione, pur modesta, pari
al -3,4%. In controtendenza rispetto a
queste variabili, gli investimenti degli
imprenditori
agricoli
sono,
invece,
aumentati
del
10,4%
rispetto
all’anno
precedente: si tratta chiaramente di un
segnale di fiducia supportato dall’elevata
quota
di
operatori
del
settore
che
dichiarano di aver investito (37,5%), come
anche dai principali impieghi indicati dagli
imprenditori,
ovvero
l’aumento
della
capacità produttiva (40%) e l’adeguamento
allo standard competitivo (20%), ma anche la
riduzione
dei
costi,
attraverso
la
sostituzione di macchinari obsoleti (26,7%).
Nel 60% dei casi in cui gli imprenditori del
settore dichiarano di non aver investito, le
cause del mancato investimento vengono,
131
Le previsioni per il 2010:
aspettative di ripresa
comunque,
attribuite
in
primo
luogo
all’incertezza del mercato (50%) e quindi
alle difficoltà finanziarie (37,5%), segno
evidente dell’impatto della crisi sulle
scelte degli operatori.
Gli operatori del settore agricolo si
aspettano, tuttavia, per il 2010, una
leggera ripresa rispetto al 2009, ad
eccezione che per gli investimenti, i
quali
dovrebbero
risentire
in
modo
incisivo delle difficoltà congiunturali.
Per quanto riguarda produzione, fatturato
e ordinativi, invece, si dovrebbe passare
a
tassi
di
crescita
positivi,
in
particolar modo il fatturato (+3,7%).
Ancora negativo il dato sull’occupazione,
comunque in linea con quello dell’anno
precedente.
Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali
dell’agricoltura nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto
al 2008; In %)
15,0
10,4
10,0
5,0
0,0
-3,4
-5,0
-10,0
-12,2
-15,0
-14,8
Produzione
-14,8
Fatturato
Portafoglio ordini
Occupati
Investimenti
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Tab. 2 – Percentuale di imprese agricole della provincia di Palermo
che investe nel 2009 (In %)
Percentuale
37,5
60,0
2,5
100,0
Si
No
Ns/Nr
Totale
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 2 – Finalità degli investimenti nelle imprese agricole della
provincia di Palermo (2009; In %)*
132
Aumento della capacità
produttiva/operativa
40,0
La sola sostituzione di macchinari e
attrezzature obsoleti
26,7
Un adeguamento allo standard
competitivo
20,0
Innovazione di prodotto/servizio
13,3
Innovazione organizzativa
13,3
6,7
Altro
0,0
Riduzione dei costi
*Domanda a risposta
multipla; totale diverso da 100
Fonte:
Osservatorio 0,0
Economico Palermo
Minore impiego di risorse umane
L'accesso a nuovi segmenti di mercato
0,0
Graf. 3 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori
0,0
Non sa/Non risponde
congiunturali dell’agricoltura
nella provincia di
Palermo
(previsioni
2010
rispetto
al 2009;
In %)
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
3,7
4,0
2,0
0,5
0,1
0,0
-2,0
-3,4
-4,0
-6,0
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-14,7
-16,0
Produzione
Fatturato
Portafoglio ordini
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
133
Occupati
Investimenti
3.2 – IL MANIFATTURIERO
Il contributo del settore manifatturiero alla formazione del valore aggiunto di Palermo risulta, al 2007,
pari all’8,7%; si tratta di una incidenza significativamente inferiore alla media nazionale (21,4%), anche
in virtù del ruolo che i servizi e la Pubblica Amministrazione rivestono in una regione come la Sicilia.
Inoltre, per la provincia di Palermo si osserva, nel periodo 2003-2007, una diminuzione della quota di
ricchezza prodotta dall’industria (dal 9,9% al sopracitato 8,7%).
Tab. 1 - Valore aggiunto del manifatturiero in provincia di Palermo,
in Sicilia ed in Italia
(incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in
milioni di euro nel 2007)
2003
2004
2005
2006
2007
Variaz. 07/03
Valori assoluti
Sicilia
11,4
11,0
10,8
10,7
10,9
7,3
8.124,6
Palermo
9,9
9,9
9,2
8,6
8,7
0,0
1.668,8
ITALIA
21,4
21,2
20,6
20,5
21,4
14,7
296.032,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Il consuntivo 2009: flessione
di produzione, fatturato
e ordinativi nell’ordine
del 20%
Nel
corso
del
2009
il
settore
manifatturiero della provincia di Palermo
registra
una
contrazione
di
tutti
i
principali indicatori congiunturali, un
risultato totalmente in linea con gli
andamenti
congiunturali
degli
altri
comparti dell’economia della provincia.
Produzione, fatturato e portafoglio ordini
evidenziano una riduzione importante, di
circa venti punti percentuali rispetto al
2008. Analizzando la situazione attraverso
una disaggregazione del dato settoriale,
ciò che si rileva è una sostanziale
omogeneità nelle performance sperimentate
dai comparti in esame, che indica come nel
2009
la
recessione
abbia
colpito
la
struttura produttiva manifatturiera nel
suo complesso, aggravando, peraltro, una
situazione
congiunturale
già
difficile
riscontrata nel 2008. Forti riduzioni si
rilevano per i comparti più tradizionali
come
il
tessile
(produzione
-29,7%;
fatturato
-26,5%; portafoglio ordini
-31,6%)
e
quello
del
legno-mobilio
(produzione
-26,3%;
134
Cala l’occupazione (-7%);
positivi gli investimenti
(+6,3%)
fatturato -24,1%; portafoglio ordini 21,5%), ma valori di simile entità, o
soltanto lievemente inferiori in valore
assoluto, si registrano anche nel comparto
dei mezzi di trasporto, nelle attività
estrattive, nel metallurgico e nel settore
della
carta-editoria.
Andamenti
meno
negativi
si
riscontrano
nei
comparti
dell’alimentare, del calzaturiero e del
chimico-farmaceutico.
Per quanto riguarda l’occupazione e gli
investimenti
si
nota
una
situazione
leggermente più eterogenea, con alcuni
comparti
che
dimostrano
una
maggiore
vitalità.
Il
numero
degli
addetti,
infatti, cala in misura più evidente in
alcuni settori (tessile -10%; metallurgico
-11,3%; pelli-cuoio-calzature -8,2%) mentre
in
altri
comparti
sembra
tenere
pur
rimanendo in area negativa (alimentare 5,2%;
legno-mobilio
-4,8%;
mezzi
di
trasporto -5%). In evidenza il dato del
comparto estrattivo, in cui, nonostante il
ciclo congiunturale attuale, si riscontra
un
aumento
dello
0,8%.
Volgendo
l’attenzione agli investimenti, si nota la
variazione
positiva
riscontrata
per
l’economia palermitana pari al 6,3%. Tale
dato è il risultato di una tendenza
piuttosto generale di aumento rilevabile
in tutti i settori, con eccezione di
quello delle pelli, calzature (-10%) e dei
mezzi di trasporto (-11,3%), e con dei
picchi
positivi,
in
particolare,
nel
metallurgico
(16,5%)
e
nell’estrattivo
(25%).
Secondo
le
indicazioni
derivanti
dall’indagine, gli investimenti portati
avanti dagli imprenditori della provincia
di Palermo perseguono diverse finalità,
soprattutto
l’innovazione
di
prodotto
(28,2%)
e
l’aumento
della
capacità
produttiva
(23,1%),
ma
anche
la
sostituzione
di
macchinari
obsoleti
(17,9%) e l’adeguamento allo standard
competitivo (12,8%). Nel manifatturiero
della provincia, il 25% degli operatori
dichiara di avere investito nel corso del
135
2009, con il comparto dei mezzi di
trasporto che rappresenta invece l’estremo
positivo
(il
50%
degli
imprenditori
dichiara di aver investito). Difficoltà
finanziarie
e/o
di
liquidità
(49,2%)
rappresentano la ragione primaria del
mancato investimento, ma la recessione
sembra aver influenzato le scelte di
investimento anche attraverso la maggiore
incertezza del mercato (26,2%) ed un
rallentamento
complessivo
del
circuito
economico che ha fatto sì che non ci fosse
la necessità di investire (29,4%).
Infine, per quel che concerne l’attività
di export, dai dati dell’indagine emerge
che il 9,5% delle imprese intervistate
dichiara di essere esportatore abituale.
Tab. 2 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali
del settore manifatturiero
nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %)
Alimentari, tabacco
Tessili, vestiario, abbigliamento
Pelli, cuoio, calzature
Legno, mobilio
Metallurgiche, meccaniche
Mezzi di trasporto
Estrattive, materiali da costruzione
Chimica, farmaceutica
Carta, editoria
Altre manifatturiere
Totale manifatturiero
Produzione Fatturato Portafoglio Ordini Occupati Investimenti
-13,2
-12,3
-10,4
-5,2
1,9
-29,7
-26,5
-31,6
-10,0
0,0
-13,7
-17,2
-14,5
-8,2
-10,0
-26,3
-24,1
-21,5
-4,8
0,0
-19,5
-15,9
-18,3
-11,3
16,5
-26,9
-25,6
-20,0
-5,0
-11,3
-25,0
-22,7
-15,8
0,8
25,0
-15,0
-17,0
-13,0
0,0
.
-22,7
-21,7
-18,2
-7,3
10,0
-16,4
-21,4
-28,3
-6,7
6,7
-20,9
-19,6
-19,0
-7,0
6,3
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Tab. 3 – Percentuale di imprese manifatturiere della provincia di
Palermo che effettua investimenti
(2009; In %)
Alimentari,
tabacco
Si
No
Ns/Nr
Totale
Si
No
Ns/Nr
33,3
66,7
0,0
100,0
Estrattive,
mat.
Costruz.
16,7
83,3
0,0
Tessili,
Pelli,
vestiario,
calzature
abbigliamento
11,8
10,0
88,2
90,0
0,0
0,0
100,0
100,0
Legno,
mobilio
Metallurgiche, Mezzi di
meccaniche trasporto
12,0
80,0
8,0
100,0
24,4
75,6
0,0
100,0
Chimica,
farmaceutica
Carta,
editoria
Altre
manifatturiere
Totale
0,0
100,0
0,0
33,3
66,7
0,0
33,3
66,7
0,0
23,2
75,0
1,8
136
50,0
40,0
10,0
100,0
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 1 – Finalità degli investimenti nelle imprese manifatturiere
della provincia di Palermo (2009; In %)*
28,2
Innovazione di prodotto/servizio
Aumento della capacità
produttiva/operativa
23,1
20,5
Altro
La sola sostituzione di macchinari e
attrezzature obsoleti
17,9
Un adeguamento allo standard
competitivo
12,8
L'accesso a nuovi segmenti di mercato
5,1
Innovazione organizzativa
5,1
Non sa/Non risponde
5,1
2,6
Riduzione dei costi
0,0
Minore impiego di risorse umane
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
*Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Le previsioni per il 2010:
fatturato e portafoglio ordini
nuovamente in area positiva
Passando ad esaminare le previsioni per il
2010
degli
imprenditori
palermitani
operanti nel settore manifatturiero, ciò
che emerge è un quadro di miglioramento
complessivo delle performance, sebbene con
delle distinzioni per quanto riguarda i
diversi comparti. Le aspettative di un
rallentamento della produzione del 2,2%
rappresenta,
infatti,
comunque
un
miglioramento rispetto al dato 2009. Tale
performance dovrebbe essere trainata, in
particolare,
dai
netti
progressi
dei
comparti
del
chimico-farmaceutico
(+39,5%), del tessile (+9%) e dei mezzi di
trasporto
(+5,7%),
come
anche
dai
miglioramenti attesi in quei comparti che
continueranno in ogni modo a sperimentare
delle
variazioni
negative.
Tale
andamentosi riflette, ovviamente, nelle
aspettative
del
fatturato
(+0,6%)
e
portafoglio
ordini
(+0,7%),
che
si
collocano
in
area
positiva,
trainati
soprattutto
dagli
“altri
comparti
manifatturieri”
(fatturato
+9,2%;
portafoglio
ordini
+16,7%).
Gli
imprenditori
locali
del
settore
si
137
attendono, inoltre, un calo degli occupati
del 2,2%, che sembrerebbe, quindi, non
subire, neanche con un ritardo temporale,
del rallentamento del ciclo economico del
2009: dovrebbero essere interessati da
cali
consistenti
solamente
il
legnomobilio
(-8%)
e
l’estrattivo
(-10%),
mentre si prevede un aumento del numero
degli addetti in particolare nel comparto
delle pelli (+5%), in quello dei mezzi di
trasporto (+4,4%) e della carta-editoria
(+6,8%). Un aumento del clima di fiducia
degli
imprenditori
del
settore
manifatturiero si evince anche dal dato
sugli investimenti (+9,9%), spinto in modo
particolare dai piani di investimento del
settore alimentare (+20%), delle pelli
(+20%), della carta-editoria (+15%) e del
tessile (+10%).
Tab. 4 – Previsioni di variazioni puntuali dei principali indicatori
congiunturali del settore manifatturiero
nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)
Alimentari, tabacco
Tessili, vestiario, abbigliamento
Pelli, cuoio, calzature
Legno, mobilio
Metallurgiche, meccaniche
Mezzi di trasporto
Estrattive, materiali da costruzione
Chimica, farmaceutica
Carta, editoria
Altre manifatturiere
Totale manifatturiero
Produzione
Fatturato
-0,3
9,0
3,1
-11,1
-2,2
5,7
-15,5
39,5
-2,8
1,4
-2,2
1,4
1,0
4,0
-8,5
2,4
5,7
-3,3
28,0
-2,8
9,2
0,6
Portafoglio
Ordini
2,6
-3,8
2,6
-5,0
0,9
6,3
-2,1
0,0
0,0
16,7
0,7
Occupati
Investimenti
1,5
-4,7
5,0
-8,0
-4,5
4,4
-10,0
0,0
6,8
1,8
-2,0
20,0
10,0
20,0
8,5
4,2
3,3
0,0
,
15,0
2,5
9,9
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
La possibile entrata in crisi
dei poli industriali
genererebbe un
moltiplicatore negativo per
tutta l’economia regionale
Esaminando
il
settore
manifatturiero,
risulta opportuno dare uno sguardo alla
tradizione industriale palermitana che si è
sviluppata attono alle due aree industriali
di Carini e Termini Imerese. E’ doveroso
sottolineare che la sopravvivenza dello
stabilimento Fiat di Termini Imerese (e del
relativo
indotto)
non
dipende
esclusivamente da scelte locali quanto,
soprattutto,
da
strategie
di
politica
industriale nazionali. Certamente, in tale
138
Il modo con il quale l’area
industriale di Termini
Imerese uscirà dalla crisi
non dipende solo dalle
politiche di settore, ma
anche dall’attrattività
complessiva del territorio
contesto, anche gli indotti relativi ai
trasporti su rotaia ed alla cantieristica
navale costituiscono un argomento di seria
riflessione.
L’indagine
ha
riguardato
esclusivamente
le
imprese
di
Termini
Imerese, ma ciò non significa però che
Carini non sia investito dal declino di
importanti insediamenti industriali.
Le imprese intervistate ubicate nell’area di
Termini Imerese sono, nel 25% dei casi,
appartenenti alla prima fascia dell’indotto
dello
stabilimento
Fiat,
in
quanto
subfornitori di parti meccaniche, e nel
12,5% sono legate anche da relazioni di comakership evoluta con il loro committente,
in quanto anche la componente progettuale e
di
design
viene
effettuata
in
collaborazione,
e
spesso
su
specifiche
tecniche precise, del committente.
Numerose
imprese
intervistate
non
appartengono alla prima fascia dell’indotto
Fiat e ciò spiega l’evidente incertezza dei
rispondenti in merito agli effetti che la
ristrutturazione,
o
addirittura
una
ipotetica
chiusura,
dello
stabilimento
Fiat, comporterebbe sull’area industriale
nel
suo
insieme.
Per
il
37,5%
dei
rispondenti, fra cui rientrano le imprese
che sono maggiormente legate, anche in
termini di progettazione del prodotto, alla
Fiat, ovviamente ciò comporterebe una crisi
dell’intero indotto. Altre imprese, che non
sono parte dell’indotto Fiat, o che magari
riescono ad avere, nel proprio portafoglio
clienti, anche altri committenti diversi
dalla Fiat, non effettuano una correlazione
diretta fra crisi della Fiat e crisi del
polo industriale di Termini Imerese nel suo
insieme.
Un
quarto
del
campione
non
risponde ed anche in questo caso la scelta
di non rispondere può riferirsi alla
difficoltà di capire come una eventuale
crisi della Fiat e del suo indotto diretto
possano riverberarsi anche su imprese che,
pur
localizzate
nella
stessa
area
industriale,
non
sono
diretamente
collegate. In effetti, secondo i dati IPISifli, l’area ospita 47 imprese, per 2.851
139
Politiche si settore e
attrattività del territorio
addetti, e non tutte possono riferirsi
all’indotto Fiat. Ad esempio, 6 imprese,
per oltre 100 addetti, si occupano di
trasporti e spedizioni generiche, o legate
all’industria alimentare; 2 imprese, per
327 addetti, effettuano attività di vendita
e distribuzione di gas ed elettricità anche
ad usi civili, 3 imprese, per 111 addetti,
operano nel settore dell’agroindustria, 4
nel commercio, 2, per quasi 100 addetti,
nelle
costruzioni
e
nel
settore
dell’impiantistica
per
immobili.
Ciò,
tuttavia,
non
deve
far
minimizzare
l’impatto che la Fiat ed il suo indotto, di
prima e seconda fascia, hanno sugli assetti
produttivi
ed
occupazionali
dell’area,
poiché Fiat ed indotto assorbono più di
1.700
addetti,
ovvero
oltre
il
60%
dell’occupazione nell’area industriale in
esame. La ferita all’economia arrecata
dalla chiusura del polo sarebbe molto
consistente, sia in termini occupazionali
che di ricaduta sul circuito economico.
Peraltro, per un terzo degli intervistati,
una crisi del polo automobilistico di
Termini Imerese e del suo indotto, non
avrebbe alcuna possibile via di uscita,
risolvendosi nella chiusura delle imprese
legate allo stabilimento. Ciò testimonia la
profonda dipendenza commerciale e produtiva
che molte delle imprese dell’indotto hanno
nei confronti della Fiat, per cui non hanno
una
sufficiente
diversificazione
del
proprio
portafoglio
clienti,
tale
da
consentirne una sopravvivenza futura, in
caso di significativa riduzione dei volumi
produttivi, se non di chiusura, dello
stabilimento di Termini. Questo dato è una
ulteriore conferma di quanto il polo
automobilistico, nella sua configurazione
produttiva
attuale,
sia
assolutamente
vitale per l’economia palermitana.
Ora, la sopravvivenza del polo ed in
generale
del
tessuto
industriale
localizzato a Termini Imerese, non dipende
soltanto
da
strategie,
nazionali
e
regionali,
di
politica
industriale,
a
supporto della produzione automotive,
ma
140
anche
dall’attrattività
del
contesto
territoriale nel suo insieme, rispetto alla
localizzazione di attività produtive, ed in
particolare dalla dotazione del territorio
di servizi reali a supporto delle imprese
stesse.
In
particolare,
il
campione
intervistati dell’area industriale ritiene
che i servizi di assistenza alli fasi di
marketing,
comunicazione
e
commercializzazione delle produzioni siano
i più importanti di cui disporre per poter
operare in maniera redditizia.
Un’altra
metà del campione si focalizza, invece,
sulla necessità di disporre di servizi
reali che siano concentrati nella fase
della progettazione/design/innovazione del
prodotto,
quindi
a
monte
della
fase
commerciale propriamente detta, per la
quale
i
servizi
di
marketing
e
comunicazione
sono
utili.
Particolare
interesse riveste la possibilità di fruire,
sul
territorio
di
localizzazione,
di
servizi
di
assistenza
alla
R&S
ed
all’innovazione tecnologica, a supporto di
un modello di competitività più evoluto
rispetto a quello attuale. Viceversa, la
disponibilità
di
servizi
di
supporto
logistico,
di
magazzinaggio
o
movimentazione delle merci, riscuote un
interesse pressoché nullo, evidentemente
perché le imprese sono già soddisfatte dei
servizi
logistici
esistenti
in
loco.
Fondamentalmente,
quindi,
le
imprese
chiedono di disporre di servizi reali
collegati
strettamente
alle
funzioni
competitive
più
tipiche:
messa
in
produzione di prodotti a più alto valore
aggiunto, grazie ad un miglioramento della
fase di innovazione di prodotto, di design
e
di
progettazione,
e
migliore
commercializzazione dello stesso, grazie ad
un marketing più efficace. Tali servizi
reali
difficilmente
possono
essere
incorporati, per ragioni di costo e di
investimento necessario, all’interno delle
organizzazioni aziendali, specie per le
imprese più piccole, e quindi devono essere
offerti sul mercato locale. In alcuni casi,
141
come
per
i
servizi
di
assistenza
all’innovazione
ed
al
trasferimento
tecnologico, vi può essere un intervento
publico a sostegno dello sviluppo di tali
attività. In altri casi, come per i servizi
di marketing, deve essere il mercato
privato a metterli a disposizione delle
imprese.
142
3.3 – LE COSTRUZIONI
Il settore edile della provincia di Palermo, nel 2007, produce ricchezza pari a 936 milioni di euro, ovvero
il 4,9% del valore aggiunto prodotto nella provincia, dato inferiore rispetto a quanto riscontrato per la
Sicilia (6,2%) e per l’Italia (6,1%). Analizzando i dati relativi al periodo 2003-2007, si osserva una
riduzione della quota di ricchezza prodotta dal settore (dal 5,7% al 4,9%) una tendenza simile a quanto
osservato per la regione, ma in contrasto rispetto a quanto avvenuto a livello nazionale (dal 5,6% al 6,1%)
in corrispondenza della forte espansione del settore verificatasi in questi anni.
Tab. 1 – Valore aggiunto delle costruzioni in provincia di Palermo, in
Sicilia ed in Italia
(incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in
milioni di euro nel 2007)
2003
2004
2005
2006
2007
Variaz. 07/03
Valori assoluti
Palermo
5,7
5,2
4,9
5,2
4,9
-2,0
936,5
Sicilia
6,8
6,4
6,4
6,4
6,2
2,0
4618,1
ITALIA
5,6
5,8
6,0
6,1
6,1
24,1
84.101,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Il consuntivo 2009:
un settore colpito
dal rallentamento del ciclo
Le previsioni per il 2010
Il settore delle costruzioni rappresenta
un comparto particolarmente colpito dalla
crisi economica internazionale. I dati
delineano una situazione problematica dove
la caduta della produzione (-24%), del
fatturato
(-21,3%)
e
del
portafoglio
ordini
(-24,2%)
comportano
importanti
ripercussioni
anche
sul
numero
degli
addetti (-22,2%). In controtendenza il
dato
quantitativo
sugli
investimenti
(1,3%),
con
una
quota
rilevante
di
operatori (26,1%) che dichiara di aver
investito nel corso dell’anno spinti dalla
volontà
di
aumentare
la
capacità
produttiva
(41,7%),
di
introdurre
innovazioni di prodotto (16,7%) e di
sostituire macchinari obsoleti (16,7%).
Nel 69,6% dei casi in cui gli operatori
dichiarano di non aver investito, il
motivo principale risultano essere le
difficoltà finanziarie e/o di liquidità
(69,1%);
altro
fattore
decisivo
è
l’incertezza di mercato (25%) mentre nel
15,6% dei casi si indica come non sia
stato necessario.
Gli imprenditori del settore edile della
provincia di Palermo prevedono un 2010 in
cui l’andamento congiunturale proseguirà
143
all’insegna del
rallentamento delle difficoltà
lungo la tendenza del 2009, sebbene con
qualche
lieve
rallentamento
delle
dinamiche
negative.
Cali
ancora
consistenti
dovrebbero
riguardare
la
produzione (-13,3%) ed il fatturato (13,8%) mentre nel dato sugli ordinativi (7,8%) si può intravedere, in un certo qual
modo, un’attesa di miglioramento rispetto
al
dato
2009.
Le
previsioni
per
l’occupazione (-13,7%) e gli investimenti
(-16,1%) contribuiscono ulteriormente ad
indicare
le
criticità
del
settore
nell’ottica di una ripresa.
Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali
delle costruzioni nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto
al 2008; In %)
5.0
1.3
0.0
-5.0
-10.0
-15.0
-20.0
-21.3
-25.0
-24.0
Produzione
-22.2
-24.2
Fatturato
Portafoglio ordini
Occupati
Investimenti
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Tab. 2 – Percentuale di imprese delle costruzioni della provincia di
Palermo che investe (2009; In %)
Percentuale
26,1
69,6
4,3
100,0
Si
No
Ns/Nr
Totale
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 2 – Finalità degli investimenti nelle imprese delle costruzioni
della provincia di Palermo (2009; In %)*
144
Aumento della capacità
produttiva/operativa
41.7
La sola sostituzione di macchinari e
attrezzature obsoleti
16.7
16.7
Innovazione di prodotto/servizio
8.3
Minore impiego di risorse umane
Un adeguamento allo standard
competitivo
8.3
Innovazione organizzativa
8.3
Altro
8.3
*Domanda a risposta multipla; totale
diverso da 100
8.3
Non sa/Non risponde
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Riduzione dei costi
0.0
L'accesso a nuovi segmenti di mercato
0.0
Graf. 3 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
25.0
30.0
35.0
40.0
45.0
congiunturali
delle
costruzioni
nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)
0.0
-2.0
-4.0
-6.0
-7.8
-8.0
-10.0
-12.0
-14.0
-13.3
-13.7
-13.8
-16.0
-16.1
-18.0
Produzione
Fatturato
Portafoglio ordini
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
145
Occupati
Investimenti
3.4 – I SERVIZI
I dati sul valore aggiunto dei servizi della provincia di Palermo mostrano chiaramente l’importanza di tale
settore in termini di contributo alla ricchezza. Nel 2007 il valore aggiunto del terziario nella provincia di
Palermo raggiunge un valore di circa 16 miliardi di euro, con una incidenza dell’84,5% sulla ricchezza
prodotta nell’intera economia palermitana. L’elevata terziarizzazione dell’economia locale emerge anche
in confronto ai dati relativi alla regione (incidenza pari al 79% nel 2007) che già di per sé risultano
nettamente superiori alla media nazionale (70,5% nel 2007).
Tab. 1 – Valore aggiunto dei servizi in provincia di Palermo, in
Sicilia ed in Italia
(incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in
milioni di euro nel 2007)
2003
2004
2005
2006
2007
Variaz. 07/03
Valori assoluti
Palermo
81,6
82,5
83,6
84,4
84,5
16,9
16.136,4
Sicilia
76,7
77,9
78,5
78,9
79
15,7
58.783,1
ITALIA
70,4
70,5
71,2
71,4
70,5
14,8
972.975,0
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Il consuntivo 2009:
sono il commercio
ed il turismo a risentire
maggiomente del ciclo
congiunturale negativo
Come più volte sottolineato, il settore
terziario ha un ruolo di tutto rilievo
nell’economia palermitana, caratterizzata
da una elevata localizzazione di imprese
addette, in particolare, al commercio, al
turismo ed ai trasporti. Nel corso del
2009
la
performance
del
settore
è
chiaramente
influenzata
dall’andamento
congiunturale.
Dai
dati
dell’indagine
emerge una riduzione della produzione del
14,8%, dovuta in particolare ai cali del
commercio (-22,1%) e del turismo
(20,3%), ma anche a quelli dei trasporti (12,1%), del terziario avanzato e degli
altri servizi (-16,3% in entrambi i casi).
Una simile tendenza si riscontra nelle
variazioni relative al fatturato ed al
portafoglio ordini, con i settori del
commercio e del turismo che ancora una
volta
sembrano
risentire
in
misura
maggiore rispetto agli altri degli effetti
della
recessione.
L’andamento
dell’occupazione
nel
terziario
(-4,8%)
risulta
sostanzialmente
in
linea
con
quello degli altri settori, con riduzioni
del
numero
degli
occupati
abbastanza
146
contenute (commercio -3,9%; turismo -3,7%;
trasporti -3,1%; terziario avanzato -4,3%;
altri
servizi
-6,6%).
Mentre
nel
terziario avanzato si rileva una stabilità
del volume di investimenti, negli altri
comparti si registrano delle dinamiche
positive anche piuttosto rilevanti, in
primis
nei
trasporti
(+19,5%)
e
nel
turismo
(+14,7%),
ed
a
seguire
nel
commercio (+7,3%) e gli altri servizi
(+14,2%).
Gli
investimenti
sono
indirizzati
ad
una
molteplicità
di
obiettivi,
tra
cui
l’aumento
della
capacità produttiva (32%), l’innovazione
di prodotto (32%), la sostituzione di
macchinari obsoleti (28%) e l’adeguamento
allo standard competitivo (24%).
Anche nel settore dei servizi si rileva, a
dispetto delle dinamiche congiunturali in
atto, una quota relativamente alta di
imprenditori che dichiara di investire nel
corso del 2009: le difficoltà finanziarie
e/o di liquidità pure in questo caso
sembrano
rappresentare
l’ostacolo
principale nel portare avanti i propri
piani di investimento (63,8%).
Tab. 2 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali
dei servizi nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al
2008; In %)
Commercio
Turismo
Trasporti
Terziario avanzato
Altri servizi
Totale servizi
Produzione
-22,1
-20,3
-12,1
-16,3
-16,3
-14,8
Fatturato
-18,3
-15,2
-10,9
-17,1
-7,8
-11,1
Portafoglio Ordini
-19,7
-14,6
-10,6
-16,2
-7,3
-10,4
Occupati
-3,9
-3,7
-3,1
-4,3
-6,6
-4,8
Investimenti
7,3
14,7
19,5
0,0
14,2
14,6
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Tab. 3 – Percentuale di imprese dei servizi della provincia di Palermo
che realizza investimenti (2009; In %)
Si
Commercio
Turismo
Trasporti
20,6
28,.3
33,3
147
Terziario
avanzato
15,0
Altri servizi
Totale
35,3
29,8
No
Ns/Nr
Totale
76,5
2,9
100,0
71,7
0,0
100,0
66,7
0,0
100,0
80,0
5,0
100,0
69,0
1,2
100,0
64,7
0,0
100,0
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 1 – Finalità degli investimenti delle imprese dei servizi della
provincia di Palermo (2009 In %)*
Aumento della capacità
produttiva/operativa
32.0
Innovazione di prodotto/servizio
32.0
La sola sostituzione di macchinari e
attrezzature obsoleti
28.0
Un adeguamento allo standard
competitivo
24.0
12.0
Altro
L'accesso a nuovi segmenti di mercato
8.0
4.0
Innovazione organizzativa
0.0
*Domanda a risposta
totale diverso da 100
Riduzione dei costimultipla;
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
0.0
Sulla
base
delle
dichiarazioni
degli
0.0
il
2010
sarà
un
anno
Non sa/Non risponde imprenditori,
difficile per il settore terziario della
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
25.0
30.0
provincia.
Da notare,
comunque,
che 35.0le
variazioni
previste
per
i
principali
indicatori
congiunturali,
pur
sempre
Le previsioni per il 2010: un
anno complicato, ma con la negative,
risultano
essere
di
minore
volonta da parte degli entità rispetto a quelle rilevate per il
imprenditori di reagire
2009. Entrando nello specifico, si segnala
la flessione attesa nei livelli produttivi
(-0,8%),
di
fatturato
(-5,9%)
e
di
portafoglio ordini (-4,9%). In direzione
opposta vanno, invece, gli investimenti
(10,4%) che evidenziano una clima di
fiducia ed una volontà di operare al fine
di
superare
le
problematiche
congiunturali. Secondo le stime, il volume
di affari rimarrà comunque in flessione in
quasi tutti i comparti rispetto al 2008
(commercio
-0,3%;
trasporti
-5,7%;
terziario avanzato -7,1%; altri servizi 5,3%) con un lieve aumento invece per il
settore
turistico
(0,1%).
Per
quanto
riguarda i livelli produttivi, variazioni
positive si riscontrano nel turismo (2,3%)
Minore impiego di risorse umane
148
ma anche nel settore dei trasporti (7,6%).
Per quanto riguarda gli investimenti,
infine,
gli
operatori
del
comparto
turistico sono gli unici ad indicare un
calo (-20,8%), mentre spicca il dato dei
trasporti (20%) rispetto ai comunque buoni
valori rilevati per il commercio (7,1%),
per il terziario avanzato (6,7%) e per gli
altri servizi (4,2%).
Tab. 4 – Previsioni di variazioni puntuali dei principali indicatori
congiunturali dei servizi
nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)
Commercio
Turismo
Trasporti
Terziario avanzato
Altri servizi
Totale servizi
Totale economia Palermo
Produzione
-0,6
2,3
7,6
-5,8
-5,6
-0,8
-1,8
Fatturato
-0,3
0,1
-5,7
-7,1
-5,3
-5,9
-1,9
Portafoglio Ordini
1,1
0,4
-2,5
-8,2
-5,4
-4,9
-1,0
Occupati
1,4
0,0
-1,2
-1,3
0,4
-0,6
-1,9
Investimenti
7,1
-20,8
20,0
6,7
4,2
10,4
-0,7
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Numerosi piccoli esercizi
stanno reagendo
positivamente, spostandosi
su segmenti specializzati ed
a alto valore aggiunto
Come precedentemente affermato, il settore
del commercio, direttamente a contatto con
le
evoluzioni
negative
recenti
della
domanda per consumi, è fra quelli che
sembrano aver risentito in misura più ampia
degli effetti della recessione.
E’
stato,
quindi,
opportuno
indagare
attraverso
indagine
le
dinamiche
strutturali che stanno attraversando tale
comparto negli ultimi anni, sull’onda anche
di
provvedimenti
legislativi
di
liberalizzazione del settore. Da un punto
di vista dimensionale, nonostante il forte
progresso che la GDO ha registrato in
questi ultimi anni, il settore commerciale
palermitano
rimane
caratterizzato
da
piccole
superfici,
e
da
piccoli
imprenditori,
che
nell’81%
dei
casi
controllano un solo punto vendita, e nel
62% delle situazioni non superano una
sperficie di 200 mq. Più della metà dei
punti vendita del campione è ubicata nel
centro storico del capoluogo, che è la
vetrina commerciale della provincia di
Palermo, anche se più di un terzo degli
esercizi
opera
nell’ampia
e
popolosa
periferia della città.
149
La differenziazione
strategica del commercio
Benché piccoli, non di rado gli esercizi
commerciali
palermitani
puntano
sulla
qualità e la specializzazione della propria
gamma, considerando che il 22% degli
intervistati
opera
nel
settore
dell’abbigliamento e della moda, ed il 14%
nel setore degli alimentari ad elevata
specializzazione (e, quindi, nel settore
degli alimentari di qualità, o di nicchia).
Sembra che numerosi commercianti locali
abbiano reagito alle riforme del settore,
ed alla crescita della GDO, posizionandosi
in mercati di nicchia, offrendo una gamma
altamente specializzata di merce. Infatti,
il 68,6% del campione si posiziona su fasce
di prezzo medio-alte, puntando cioè su
nicchie di mercato ridotte numericamente,
ma dotate di alto potere di acquisto,
rispetto
alle
quali
occorre
offrire
prodotti
di
alta
qualità,
brand
riconosciuto, e anche servizi accessori
alla vendita qualificanti (consegna a
domicilio, assistenza post vendita, ecc.)
Una simile strategia differenzia l’offerta
del piccolo esercizio rispetto a quella,
generica ed indifferenzata, della GDO, e
garantisce al commerciante singolo la
sopravvivenza, rispetto a grandi superfici
di vendita che hanno dalla loro parte una
gamma di prodotti più ampi, e prezzi
mediamente più bassi, garantiti dalle
migliori economie di scala conseguibili.
Non vi è dubbio infatti che siano proprio
le grandi superfici di vendita, o anche le
strutture costituite da piccoli esercizi,
ma concentrati in un unico polo che offre
anche
servizi
di
vario
genere
(ristorazione, servizi ricreativi, banca,
ecc.)
come
i
centri
commerciali,
i
principali
concorrenti
delle
imprese
commerciali palermitane, composte in larga
misura da piccole superfici.
Secondo il 28% del campione i grandi centri
commerciali
polifunzionali
costituiscono
una
minaccia
particolare
per
quegli
esercizi
che
non
sono
localizzati
all’interno dei centri stessi. Infatti,
questi
ultimi
hanno,
grazie
alla
150
concentrazione
di
negozi,
all’offerta
diversificata di servizi di contorno allo
shopping, e spesso anche grazie alle
offerte che riescono a spuntare (si pensi
ad es. al successo dei centri commerciali
organizzati sotto la forma di outlet, che
riescono a offrire prezzi relativamente
vicini a quelli dei grossisti) una indubbia
capacità
attrattiva,
che
spiazza
gli
esercizi localizzati all’esterno dei centri
stessi.
Una strategia di risposta potrebbe essere
quella di effettuare azioni promozionali, o
campagne di sconto, congiunte, a livello,
p. es., di tutti i negozi localizzati in
una stessa strada/quartiere cittadino, in
modo da replicare alcuni dei vantaggi
tipici dei centri commerciali.
Per il 50% circa del campione, poi, la
minaccia
proviene
anche
dalle
grandi
superifici di vendita tradizionali, sia che
queste siano despecializzate (supermercati
ed ipermercati) sia che queste siano
specializzate
in
un
unitco
tipo
di
articolo.
Ovviamente,
la
GDO
ha
la
possibilità di valorizzare economie di
scala e, quindi, di offrire prezzi più
bassi sulla gamma dei prodotti di mediobasso livello qualitativo, che il piccolo
commerciante non ha, e quest’ultimo deve
quindi sempre più spostarsi, come del resto
molti degli intervistati fanno già o
intendono fare, sull’offerta specializzata
di prodotti ad alto valore aggiunto.
La strategia di risposta per i piccoli
commercianti non può, invece, essere, anche
per carenza di risorse finanziarie per
investimenti di grande portata, quella di
ampliare la superficie, magari aprendo
nuovi punti di vendita. Infatti, lo sforzo
finanziario
necessario
per
giungere
a
dimensioni competitive con quelle della GDO
è proibitivo per il piccolo esercizio che
deve utilizzare canali diversi dalla mera
crescita
dimensionale
per
poter
sopravvivere, specie in un periodo di
recessione dei consumi come quello attuale,
dove l’apertura di nuovi punti vendita
151
rischia di non trovare rispondenza nel
mercato. di ciò sono pienamente consapevoli
le imprese intervistate, posto che l’83% di
esse non ha, fra le sue strategie, la
previsione
di
aprire
nuovi
punti
di
vendita.
Graf. 2 – Numero dei punti vendita per azienda e rispettiva superficie
media (In %)
Numero punti vendita
Superficie
media
81,4
61,8
19,6
8,8
14,7
5,9
3,9
3,9
Uno
Da 2 a 5
Oltre 5
Inferiore a
200 mq
Fra 200 e
400 mq
Fra 400 e
1500 mq
Superiore a
1500 mq
Non
risponde
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 3 – Posizionamento di prezzo dei prodotti offerti dalle aziende
commerciali palermitane (In %)
152
63,7
70,0
60,0
50,0
40,0
19,6
30,0
20,0
6,9
4,9
4,9
10,0
0,0
Alta gammaalti prezzi
Media gammamedi prezzi
Bassa gammabassi prezzi
Altro
Non risponde
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Graf. 4 – Formule distributive considerate concorrenti più critiche
dalle aziende commerciali palermitane (In %)
28,4
Centri commerciali
25,5
Ipermercati e supermercati
24,5
Grandi superfici specializzate
17,6
Grandi magazzini
12,7
Discount
8,8
Factory Outlet (spacci aziendali)
Commercio elettronico
4,9
34,3
Altro
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle
essere superiore a 100.
risposte può
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Il turismo; un polmone
di sviluppo vitale
per Palermo
Il settore turistico costituisce, per
l’insieme dell’economia del nostro Paese,
una risorsa vitale, ancora non del tutto
valorizzata.
Per
Palermo,
poi,
l’opportunità di uno sviluppo turistico è
ancora più importante, tenuto conto della
grande numerosità e varietà delle risorse
territoriali presenti, che offrono la
possibilità
di
costruire
pacchetti
turistici differenziati (turismo estivobalneare,
congressuale,
crociristico,
archeologico e culturale, naturalistico,
sportivo).
La provincia di Palermo, già attualmente,
153
Il turismo palermitano
sembra però non riuscire
ad attrarre in misura
sufficiente nicchie turistiche
ad alta capacità di spesa
concentra circa un quarto degli arrivi e
delle
presenze
turistiche
dell’intera
Sicilia ed è, quindi, la provincia leader
della regione nell’attrazione di flussi
turistici, proprio per quanto detto sopra
in
termini
di
ricchezza
dell’offerta
turistica disponibile (anche se Messina
presenta
valori
superiori
rispetto
a
Palermo in termini di presenze, ma non di
arrivi, va considerato che tale provincia
gode anche di un cospicuo flusso di
turismo di mero transito, legato cioè ai
collegamenti fra Sicilia e continente).
Peraltro, a testimonianza del valore della
sua offerta turistica, e di una buona
immagine del territorio, Palermo riesce,
nel 2007, ad attrarre flussi dai mercati
turistici più competitivi e difficili da
conquistare
(anche
per
i
necessari
investimenti
promozionali
che
devono
assere attivati in tal senso), ovvero
quelli internazionali, in misura maggiore
rispetto al resto della Sicilia. Infatti,
gli arrivi e le presenze di turisti
stranieri
a
Palermo
costituiscono,
rispettivamente, il 43,3% ed il 50,5% del
totale, a fronte di una media regionale
pari al 38,3% per gli arrivi ed al 40,6%
per le presenze. Le presenze di turisti
stranieri, in percentuale sul totale,
superano anche la media nazionale, pari al
43,4%.
Rispetto al passato, inoltre, il segmento
straniero
cresce
leggermente,
sia
in
termini di arrivi che di presenze, a
fronte di una diminuzione sensibile, ed in
controtendenza rispetto alla regione ed
all’Italia, dei flussi di turisti italiani
in ingresso.
Tale posizionamento, peraltro, dipende dai
risultati soddisfacenti del segmento extra
alberghiero della ricettività provinciale
che, anche per i turisti di provenienza
nazionale,
mette
a
segno
risultati
migliori rispetto al comparto alberghiero.
Evidentemente, vi è stata una capacità di
attrarre soprattutto un turismo a minor
capacità
di
spesa
(generalmente,
gli
154
Nel 2008, i primi venti
della crisi influiscono
negativamente sul settore
ricettivo
esercizi extra alberghieri offrono una
ricettività
più
economica
rispetto
a
quelli alberghieri) il che, peraltro, è un
elemento negativo, in termini di ricadute
del turismo sull’economia locale. Occorre,
quindi, puntare sull’attrazione di un
turismo più di nicchia, che abbia un
potere di acquisto superiore e, quindi,
una maggiore capacità di attivare un
circuito del reddito in sede locale più
consistente di quello attuale.
Il 2008 è stato un anno turisticamente
interessante per il mercato nazionale nel
suo insieme. Secondo l’Istat (“Viaggi e
vacanze” – indagine 2008) rispetto al 2007
vi sarebbe stato un incremento del 9,4%
dei viaggi e del 2,5% dei pernottamenti
per i residenti italiani. Tuttavia, i
primi
segnali
dell’impatto
della
recessione economica, e della conseguente
tendenza
a
contrarre
i
consumi,
ivi
compresi
quelli
turistici,
vengono
rilevati
nel
rapporto
2009
“Turismo
Impresa” dell’ISNART, secondo il quale le
partenze da parte degli italiani nel 2008
si sarebbero contratte del 5-6% rispetto
al 2007 e dovrebbero subire un ulteriore
calo nel primo semestre del 2009. Non solo
diminuisce il numero di italiani che vanno
in vacanza, ma i comportamenti stessi si
modificano,
privilegiando
una
minore
spesa, quindi periodi di permanenza media
più
brevi,
offerte
di
viaggio
più
economiche,
il
che,
ovviamente,
si
riflette in un impatto economico meno
consistente sulle prospettive di sviluppo
dei territori di destinazione. Infatti,
sempre secondo ISNART, la spesa turistica
diminuisce, in termini tendenziali, del
17% nel primo semestre e poi del 25% nel
secondo semestre 2008.
In un quadro simile, l’anno turistico 2008
si chiude, per Palermo, con un decremento
dei flussi in ingresso molto marcato,
generalmente
più
forte
del
sia
pur
evidente declino verificatosi su scala
regionale. Particolarmente forte risulta
essere la diminuzione dei flussi in
155
ingresso di turisti stranieri, che in
passato avevano rappresentato la forza del
comparto ricettivo palermitano. L’unica
area turistica che evidenzia una certa
tenuta, sul turismo nazionale, è quella
ricadente nell’AST Cefalù, mentre il resto
della provincia, ivi compresa la città
capoluogo, registra un decremento molto
rapido dei flussi in ingresso.
Entrambi i comparti della ricettività,
alberghiero e complementare, subiscono un
calo pressoché omogeneo.
Tab. 5 – Andamento dei flussi turistici nel 2008, per APT (variazione
% rispetto al 2007)
AZIENDA
AST Cefalù
AST PA/Monreale
APT Palermo (altri comuni)
Tot. Provincia
Tot. Regione
Italiani
Stranieri
Arrivi
Presenze
Arrivi
Presenze
2008
Var. %
2008
Var. %
2008
Var. %
2008
Var. %
49.608
16,56% 157.957
22,79% 65.588 -11,11% 424.651 -4,73%
306.924
-8,21%
576.827
-10,37% 267.820 -13,24% 562.960 -9,90%
238.237
-18,91% 857.248
-3,35% 115.537 -24,60% 527.986 -21,95%
594.769
-11,33% 1.592.032 -4,05% 448.945 -16,20% 1.515.597 -13,25%
2.482.859 -7,44% 7.616.441 -3,35% 1.528.241 -12,24% 5.208.454 -8,36%
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Regione Sicilia
Tab. 6 – Andamento dei flussi turistici nel 2008 nel comparto
alberghiero, per APT
(variazione % rispetto al 2007)
Italiani
Stranieri
Arrivi
Presenze
Arrivi
Presenze
2008
Var. %
2008
Var. %
2008
Var. %
2008
Var. %
AST Cefalù
40.491
17,86% 122.015 27,50%
58.935 -11,31% 391.988 -4,55%
AST PA/Monreale
297.083 -8,10% 557.207 -10,48% 258.459 -13,50% 545.028 -10,12%
APT Palermo (altri comuni) 216.715 -18,80% 789.500 -2,66% 102.538 -24,93% 477.199 -22,71%
Tot. Provincia
554.289 -11,24% 1.468.722 -3,96% 419.932 -16,32% 1.414.215 -13,47%
Tot. Regione
2.154.899 -7,02% 6.355.068 -3,94% 1.375.543 -13,19% 4.649.314 -9,54%
AZIENDA
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Regione Sicilia
156
3.5 – L’ARTIGIANATO
Un settore che sta
avvertendo in misura
consistente gli effetti della
recessione
I comparti produttivi
artigiani
Con
oltre
17.600
imprese
artigiane,
Palermo è la seconda provincia siciliana,
dopo Catania, per diffusione di tale
categoria
di
attività
imprenditoriale.
Sulla base dei dati camerali, le imprese
iscritte
alla
sezione
artigiani
costituiscono il 15,8% del totale delle
imprese registrate, perfettamente in linea
con il dato regionale, e leggermente
inferiore a quello nazionale (20,7%)5.
Detto
raggruppamento
di
imprese
si
concentra soprattutto nel manifatturiero
(34,3%
del
totale),
una
percentuale
superiore sia alla media regionale che
nazionale,
che
evidenzia
quindi
come
l’industria in senso stretto palermitana
sia
caratterizzata
in
una
misura
particolarmente forte da unità produttive
molto piccole e semplici, con difficoltà
evidenti
di
crescita
e
sviluppo
competitivo.
Segue
il
settore
delle
costruzioni (26% del totale delle imprese
artigiane, che si concentrano soprattutto
nei lavori più specializzati e/o nella
manutenzione dei fabbricati), il commercio
(13,9% del totale) anche in questo caso,
come nel manifatturiero, una percentuale
superiore alla media nazionale ed a quella
regionale. Ciò evidenzia come il processo
di
ristrutturazione
del
comparto
commerciale, che si è tradotto in una
riduzione rapida del numero dei piccoli
esercizi
specializzati
a
favore
dell’espansione della GDO, sia proceduto,
a Palermo, più lentamente che nel resto
del Paese. Infine, il 13,3% di imprese
artigiane si concentra nel settore dei
servizi alla persona più tradizionali,
generalmente
connotati
da
una
forte
connesisone con bacini di mercato di
prossimità e di piccole dimensioni.
Tra il 2007 ed il 2008, è interessante
5
Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the
Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.
157
notare come il numero di imprese artigiane
diminuisca
(-0,6%)
in
controtendenza
rispetto al dato di lieve crescita (+0,3%)
registrato
in
sede
nazionale.
Evidentemente, l’impatto della crisi, a
Palermo, si sta scaricando soprattutto
sulle imprese più piccole, quali quelle
artigiane,
che
non
hanno
le
risorse
patrimoniali e finanziarie per resistere
all’inevitabile
deterioramento
degli
assetti finanziari aziendali connessi alla
crisi stessa, ed hanno anche maggiori
difficoltà ad ottenere credito bancario.
Particolarmente marcato, e superiore alla
media nazionale, è il decremento delle
imprese artigiane manifatturiere (-1,3%) e
di quelle del commercio (-4%). Come già
più volte ribadito in questo rapporto,
manifatturiero e commercio sono infatti i
settori
produttivi
più
direttamente
colpiti dalla crisi.
Con
specifico
riferimento
al
manifatturiero, i settori più duramente
colpiti dalla contrazione del numero di
imprese artigiane sono quelli legati alla
filiera della moda. Le imprese artigiane
del tessile diminuiscono infatti del 7,8%
e quelle dell’abbigliamento del 5,7%.
Entrambi
i
settori
subiscono
una
contrazione più marcata rispetto al resto
dell’economia nazionale, dove i tassi di
riduzione sono rispettivamente del 4,7% e
dello 0,3%. La concorrenza dal lato dei
costi sempre più forte esercitata dai
produttori asiatici (anche di quelli,
operanti sovente in nero, localizzati
sullo stesso territorio italiano) sta
provocando uno spiazzamento molto evidente
a danno delle piccole attività artigianali
specializzate
nel
settore
tessileabbigliamento
di
Palermo.
Anche
il
comparto degli artigiani mobilieri, che a
Palermo
è
un
settore
importante,
rappresentato da 599 imprese, subisce, nel
2008,
una
contrazione
del
numero
di
operatori molto più forte rispetto alla
media nazionale (-4,9%, a fronte del -2,4%
medio nazionale) per motivi analoghi di
158
pressione competitiva dal lato dei costi
esercitata
dalla
concorrenza
internazionale,
specie
nelle
economie
emergenti. Viceversa, fra il 2007 ed il
2008 si registra una crescita del numero
di piccole imprese operanti nell’indotto
di sub fornitura specializzata del polo
industriale (+14,3%, con un numero di
operatori pari ad 8), il che potrebbe
rappresentare anche un piccolo segnale
ottimistico
circa
gli
andamenti
dell’indotto dei mezzi di trasporto.
159
Tab. 1 – Valore aggiunto dell'artigianato nelle province siciliane, in
Sicilia ed in Italia per settore
di attività economica (2006; incidenza e var. % rispetto al 2004)
Manifatt.
Trapani
223.295
Palermo
446.071
Messina
339.796
Agrigento
143.123
Caltanissetta
82.967
Enna
76.744
Catania
444.784
Ragusa
204.245
Siracusa
133.302
Sicilia
1.235.251
ITALIA
62.830.766
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
30,8
33,0
31,9
27,6
29,5
28,0
32,2
28,1
26,7
31,3
39,9
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sicilia
ITALIA
-0,1
3,3
54,4
4,9
-29,0
0,5
3,2
22,2
-18,7
6,4
-12,1
Inform.
Serv. famiglie
serv. Imp.
Valori assoluti (in migliaia di euro)
222.900
90.839
90.144
42.206
54.677
352.802
197.374
143.340
103.385
109.680
312.589
153.080
107.077
73.144
80.123
130.213
94.398
84.714
26.906
39.293
58.945
47.479
53.398
13.755
24.387
90.811
36.231
31.271
23.298
15.435
357.098
168.499
210.548
103.747
96.867
252.986
102.403
85.588
39.558
43.180
139.249
78.710
70.914
36.143
40.275
1.077.450
583.170
478.673
259.395
308.160
43.535.589 15.357.418 18.757.373 8.003.287
9.090.556
Incidenza (%)
30,8
12,5
12,4
5,8
7,6
26,1
14,6
10,6
7,6
8,1
29,3
14,4
10,0
6,9
7,5
25,1
18,2
16,3
5,2
7,6
21,0
16,9
19,0
4,9
8,7
33,2
13,2
11,4
8,5
5,6
25,8
12,2
15,2
7,5
7,0
34,8
14,1
11,8
5,4
5,9
27,9
15,8
14,2
7,2
8,1
27,3
14,8
12,1
6,6
7,8
27,6
9,7
11,9
5,1
5,8
Variazione (%) rispetto al 2004
-2,1
-28,4
-21,8
-67,1
-21,8
75,5
-26,9
-36,3
-34,0
0,7
6,5
-18,4
-30,5
-53,9
-26,1
-17,9
-1,8
-16,4
-75,4
-37,3
-33,5
-4,2
-10,6
-55,9
-30,2
-24,3
-32,5
-17,5
-52,0
-48,6
8,0
-20,5
-14,4
-57,0
-32,9
-17,7
11,9
-6,0
-48,6
-4,4
-25,6
-7,3
-6,4
-52,2
-21,7
,2
-17,3
-20,7
-55,0
-23,2
-4,3
-31,1
-12,8
-41,8
-35,9
Costr.
Commerc.
Trasporti
Totale
724.061
1.352.651
1.065.809
518.647
280.931
273.791
1.381.545
727.959
498.592
3.942.100
157.574.989
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
-18,8
-2,9
-5,1
-22,0
-26,3
-25,3
-13,9
-6,6
-21,9
-13,0
-16,5
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Inps
Il consuntivo 2009: flessioni
significative nei principali
indicatori congiunturali
Le
dichiarazioni
degli
imprenditori
intervistati mostrano come il 2009 sia per
le imprese artigiane palermitane un anno
contrassegnato da importanti flessioni nei
principali indicatori congiunturali. Il
volume di affari registra una consistente
diminuzione
pari
al
19,2%,
in
corrispondenza di una contrazione della
produzione di circa il 20%. Una riduzione
di simile intensità si rileva anche per
quanto riguarda il portafoglio ordini. Le
160
problematiche
riscontrate
a
livello
produttivo si riflettono anche nel dato
relativo al numero di occupati che si
riduce dell’8,3%. Un segnale di vitalità
del comparto emerge dagli investimenti, in
aumento
del
7,1%
in
risposta
alle
criticità del periodo.
Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali
dell’artigianato nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto
al 2008; In %)
7,1
10,0
5,0
0,0
-5,0
-8,3
-10,0
-15,0
-19,2
-20,0
-18,8
-20,8
-25,0
Produzione
Fatturato
Portafoglio ordini
Occupati
Investimenti
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
Le previsioni per il 2010:
rallentamento della fase
recessiva
Per quanto riguarda le previsioni per il 2010
si deve evidenziare come negli imprenditori
dell’artigianato
palermitano
continui
a
prevalere un clima di moderata sfiducia,
essendo i principali indicatori congiunturali
ancora in area negativa; tuttavia i tassi di
crescita negativi di produzione, fatturato,
ordinativi ed occupazione sono di misura
notevolmente inferiore in valore assoluto
rispetto a quelli riscontrati nel consuntivo
2009
e
pertanto
possono
essere
letti
nell’ottica di un parziale miglioramento della
situazione economica del settore. Da notare,
tuttavia, come l’incremento previsto per gli
investimenti (+0,4%) sia piuttosto modesto, ad
indicare, probabilmente, come le attese per il
prossimo anno siano ancora caratterizzate da
un consistente livello di incertezza.
Graf. 2 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori
congiunturali dell’artigianato
nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)
161
0,4
0,5
0,0
-0,5
-1,0
-1,4
-1,5
-1,8
-2,0
-2,1
-2,5
-2,8
-3,0
Produzione
Fatturato
Portafoglio ordini
Fonte: Osservatorio Economico Palermo
162
Occupati
Investimenti