Cass_28_3_97_2766 Cassazione civile, SEZIONE III, 28 marzo 1997, n. 2766 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: Dott. Francesco SOMMELLA ff. Presidente" Costantino COCCO Rel. Consigliere" Antonio LIMONGELLI "" Giuliano LUCENTINI "" Michele LO PIANO " ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da MONTALDO ENRICO nella qualità di erede della Sig.Miranda Pitto Montaldo, elettivamente domiciliato in Roma Via Pier Luigi Da Palestrina 63, presso lo studio dell'avvocato Mario Contaldi, che lo difende anche disgiuntamente all'avvocato Vincenzo Roppo, giusta delega in atti; Ricorrente contro STUDIO PIANELL SAS, elettivamente domiciliata in Roma P.zza Barberini 52, presso lo studio dell'avvocato Giovanni Marinangeli che la difende anche disgiuntamente agli avvocati Carlo Ferzi, Sigurani Giovan Battista, giusta delega in atti; Controricorrente avverso la sentenza n. 2446794 della Corte d'Appello di Milano, emessa il 23-03-94 e depositata il 04-10-94 (R.G. 1361-90);udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del12-11-96 dal Relatore Consigliere Dott. Costantino Cocco; udito l'Avvocato Dott. Giovan Battista Sigurani; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Domenico Iannelli che ha concluso per il rigetto del ricorso.R.G. n. 14207-95 Fatto Con atto di citazione notificato in data 21.9.1987 la s.a.s. Studio Pianell conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Milano Pitto Montaldo Miranda, chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 9.600.000, oltre Iva, a titolo di provvigione per l'opera di intermediazione prestata in esecuzione di incarico a vendere un appartamento di proprietà della convenuta. Costituendosi, la Pitto contestava la domanda. In esito all'istruzione, l'adito tribunale con sentenza 8.11.1989 accoglieva la domanda. A seguito di gravame della Pitto, con l'impugnata sentenza la Corte di merito ha rigettato l'appello. Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque censure, Montaldo Enrico nella sua qualità di erede della Pitto; resiste con controricorso la s.a.s. Studio Pianelli. Diritto L'impugnata decisione risulta essenzialmente motivata: a) con la conferma dell'accertamento che la ricorrente aveva conferito alla resistente per il periodo dal 12.11.1986 al 28.2.1987 l'incarico irrevocabile di far sottoscrivere da eventuali interessati la proposta d'acquisto di un proprio appartamento, impegnandosi ad accettarla nel caso di realizzo della somma complessiva di L. 160.000.000 in contanti; b) con la verifica della mancata accettazione, senza giustificato motivo, da parte della ricorrente di una concreta proposta nei sensi anzidetti; c) con l'accertamento della revoca da parte della Pitto dell'incarico prima della naturale scadenza; d) con la conseguente condanna della predetta al versamento della somma di L. 9.600.000 oltre Iva, pari all'ammontare della provvigione, in applicazione del punto 10 del contratto. Deducendo omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione relativamente al preteso obbligo di pagamento e, in subordine, relativamente alla domanda di riduzione della penale (art. 360 n. 5 c.p.c.), la ricorrente assume con il primo motivo che la corte sarebbe incorsa in vizio logico argomentativo per aver ritenuto, da una parte, che la mancata esecuzione dell'offerta di acquisto sarebbe imputabile alla Pitto e, dall'altra, che l'incarico sarebbe stato anticipatamente revocato; in ogni caso, per aver omesso di pronunciare in ordine alla riduzione della penale ex art. 1384 c.c. La censura è priva di fondamento. Risulta accertato dai competenti giudici del merito, in corretta applicazione degli ordinari e non contestati criteri ermeneutici, che la ricorrente, nel sottoscrivere l'incarico, si impegnò ad accettare ogni eventuale proposta d'acquisto del proprio appartamento al prezzo di L. 160.000.000 in contanti ed a mantenere fermo detto impegno per il periodo dal 12.11.1986 al 28.2.1987. Risulta, del pari, accertato che la ricorrente è venuta meno ad ambedue i predetti obblighi, perché: a) non ha accettato una proposta d'acquisto di tal Codella per il prezzo convenuto da pagarsi per intero in contanti al momento del rogito; b) ha revocato l'incarico senza alcun giustificato motivo prima della pattuita scadenza. L'appunto di omessa pronunzia sulla pretesa riduzione ad equità della penale è precluso per novità, non risultando detta questione previamente sottoposta ai giudici competenti giudici del merito. Deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1754 e 1755 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), la ricorrente assume con il secondo motivo che i giudici del merito avrebbero erroneamente ritenuto che, con il conferimento dell'incarico, la Pitto si fosse irrevocabilmente impegnata nei confronti della società ad accettare le proposte d'acquisto, in tal modo violando la libertà contrattuale dell'intermediata e l'imparzialità della mediatrice, facendo assumere ala seconda le vesti di rappresentante della prima. La censura è priva di fondamento, poiché, con riguardo all'incarico di promuovere la stipulazione di un contratto, questa Corte ha già affermato il principio, dal quale non ha motivo di discostarsi per mancanza di valide ragioni contrarie, che le parti, avvalendosi dei poteri ad esse conferiti dall'autonomia negoziale, possono derogare al principio fissato dall'art. 1755 c.c., stabilendo il diritto del mediatore al compenso anche nel caso, come nella specie, di revoca anticipata del mandato (cfr. Cass. n. 23619 del 27.4.1982 e Cass. n. 4591 del 22.5.1990). Deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1329, 1325, 1987, 1322 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), la ricorrente assume con il terzo motivo che l'impegno della Pitto sarebbe stato erroneamente ricondotto alla fattispecie della proposta irrevocabile, in primo luogo poiché tratterebbesi di accettazione irrevocabile, istituto sconosciuto nel nostro ordinamento; in secondo luogo, poiché non è indirizzata al soggetto contraente definitivo, bensì al terzo costituito dalla società di mediazione. La censura è palesemente priva di fondamento, poiché in campo di autonomia privata nessuna norma dell'ordinamento vieta nè l'assunzione da parte del mandante dell'impegno di accettare una proposta di contratto lecito predeterminata dallo stesso offerente nè il contestuale impegno dello stesso, a rafforzamento della serietà della proposta, di pagare una penale al mandatario in caso di mancato rispetto del patto. Deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1368, 1369 e 1370 c.c. in relazione all'interpretazione della clausola "in contanti" (art. 360 n. 3 c.p.c.), la ricorrente lamenta con il quarto motivo che i giudici del merito abbiano ritenuto la predetta clausola attinente unicamente al mezzo e non già alla tempistica del pagamento. La censura è infondata. Risulta confermato dalla corte di merito che il 15.2.1987 il promittente acquirente Codella sottoscrisse una proposta d'acquisto per il corrispettivo di L. 160.000.000 in contanti, di cui L. 15.000.000 da versarsi contestualmente alla proposta, L. 30.000.000 al preliminare ed il saldo al momento del rogito. Tanto premesso, correttamente e coerentemente è stato ritenuto dal doppio grado di merito che la formula "in contanti" fosse attinente al mezzo di pagamento e non precludesse l'ordinario differimento per qualche mese del saldo fino al rogito notarile, nulla di particolare essendo stato stabilito nel conferimento dell'incarico in ordine ai tempi di pagamento. Deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1368, 1369 e 1370 c.c. in relazione alla tempestività o meno della revoca dell'incarico di mediazione (art. 360 n. 3 c.p.c.), la ricorrente lamenta, infine, con il quinto motivo che i giudici del merito erroneamente abbiano ritenuto "anticipata e intempestiva la revoca della procura". La censura è manifestamente infondata, poiché la ricorrente stessa, nell'illustrazione del mezzo, richiama che la Pitto ha "revocato l'incarico de quo, a mezzo di lettera raccomandata inviata in data 13.2.1987", ossia in costanza dell'incarico, essendo questo pacificamente spirato il successivo 28.2.1987. Il ricorso non può, pertanto, che essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo. P.Q.M Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in L. 137.600 oltre L. 2.000.000 per onorari di difesa. Così deciso nella Camera di Consiglio in Roma il 12 Novembre 1996.