APPUNTI DI STORIA 2 media Frontini

APPUNTI DI STORIA 2
Prof. Frontini
APPUNTI DI STORIA
2
Prof. Frontini
INDICE
1-
EVOLUZIONE
STORICA
DEL
COMUNE.
GUELFI
E
GHIBELLINI.
DANTE
ALIGHIERI.
2-
COMUNI, SIGNORIE, PRINCIPATI.
3-
RITORNO DEL PAPATO A ROMA DOPO LA CATTIVITA’ AVIGNONESE. SCISMA
D’OCCIDENTE.
4-
PROGRESSIVO SUPERAMENTO DELLA CRISI DEMOGRAFICA ED ECONOMICA DEL
XIV SECOLO.
5-
FORMAZIONE DI STATI NAZIONALI NELLA PENISOLA IBERICA.
6-
SVILUPPO DELL’IMPERO OTTOMANO.
7-
SITUAZIONE POLITICA ITALIANA E STATI REGIONALI NEL SECOLO XV.
8-
SVILUPPO E CARATTERI DELLA CULTURA ITALIANA. IMPORTANZA DI DANTE
ALIGHIERI.
9-
SITUAZIONE
ECONOMICO-POLITICA
E
SVILUPPI
E
CARATTERI
DELLA
CULTURA ITALIANA. UMANESIMO E RINASCIMENTO.
10-
CENTRALITA’ DELL’UOMO, SPIRITO CRITICO E SVILUPPO DELLE ARTI E
DELLE SCIENZE.
11-
CONCEZIONE
UMANISTICA
ED
EVOLUZIONE
ARTISTCA
E
SCIENTIFICO-
FILOSOFICA.
12-
SVILUPPI LINGUISTICI NELL’EUROPA DEL XVI SECOLO.
13-
CRISI ITALIANA TRA XV E XVI SECOLO E SUE MOTIVAZIONI.
14-
CRISI ITALIANA DEI SECOLI XV E XVI, SVILUPPO ECONOMICO E STATI
NAZIONALI ASSOLUTI.
15-
SVILUPPO DELLA CRISI ITALIANA.
16-
GIULIO II.
17-
MOTIVI E CONDIZIONI TECNICHE DELLE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE NEI
SECOLI XV E XVI.
18-
CARATTERISTICHE
SOCIALI
DEGLI
STATI
NAZIONALI
DELLA
PENISOLA
IBERICA ED ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE.
19-
SVILUPPO DELLE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE. IMPERI COLONIALI.
20-
CARATTERISTICHE DEGLI IMPERI COLONIALI SPAGNOLO E PORTOGHESE.
21-
CARLO V.
22-
RIFORMA LUTERANA.
23-
VICENDE DELLA RIFORMA LUTERANA.
24-
SVILUPPI DELLA RIFORMA PROTESTANTE.
25-
CALVINO.
26-
CONCILIO DI TRENTO. CONTRORIFORMA.
27-
SCHEMA
DEI
MOTIVI
DI
CRISI
DELL’IDEA
IMPERIALE
DI
CARLO
V:
RINUNCIA DELL’IMPERATORE.
28-
CRISI E TRASFORMAZIONI ECONOMICO-SOCIALI EUROPEE NEI SECOLI XVI
E XVII.
29-
SVILUPPO DEI MOTIVI DI CRISI (SOCIALE ED ECONOMICA) DEI SECOLI
XVI E XVII E VICENDE DELL’EUROPA.
30-
MOTIVI DI CRISI IN EUROPA.
31-
CRISI EUROPEA E CONFLITTI RELIGIOSI: FRANCIA.
32-
CRISI EUROPEA E CONFLITTI RELIGIOSI: INGHILTERRA.
33-
POLITICA
RELIGIOSA
ASBURGICA.
INIZIO
DELLA
GUERRA
DEI
TRENT’ANNI.
34-
GUERRA DEI TRENT’ANNI. ALTRI MOTIVI DI CRISI.
35-
ORIGINI DEL CAPITALISMO IN INGHILTERRA.
36-
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA.
37-
SVILUPPI E PROBLEMI DELLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA: CARTESIO E IL
FONDAMENTO DELLA VERITA’ DELLA CONOSCENZA; RIFLESSIONE FILOSOFICA E
SVILUPPO
DELLO
STATO
NAZIONALE
ASSOLUTO
(HOBBES).
CONCETTO
DI
MATERIALISMO.
38-
SVILUPPI
DELL’ASSOLUTISMO:
LUIGI
XIV.
GUERRA
DI
SUCCESSIONE
SPAGNOLA. GUERRA DI SUCCESSIONE POLACCA.
39-
SVILUPPI DELLA FILOSOFIA E DELLA SCIENZA. SVILUPPO E CRITICA DEL
MODELLO POLITICO ASSOLUTISTICO. EVOLUZIONE E FORME DELL’AFFERMAZIONE
DELLA BORGHESIA.
40-
SITUAZIONE
INGLESE
E
SVILUPPO
CAPITALISTICO.
RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE.
41-
RICERCA
FILOSOFICO-SCIENTIFICO,
CAPITALISMO IN INGHILTERRA.
RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
E
42-
SVILUPPI DELL’ILLUMINISMO.
43-
ALTRE TEMATICHE E ALTRI SVILUPPI DELL’ILLUMINISMO. DISPOTISMO
ILLUMINATO.
44-
SITUAZIONE EUROPEA TRA XVII E XVIII SECOLO. SITUAZIONE RUSSA.
CRESCITA ECONOMICA, SVILUPPO DELLE COMPAGNIE COMMERCIALI E POLITICA
COLONIALE. GUERRA DEI SETTE ANNI. RIVOLUZIONE AMERICANA.
45-
ORIGINE E SVILUPPI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE.
46-
NAPOLEONE BONAPARTE.
APPUNTI DI STORIA
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a.s. 2010-2011.
1-EVOLUZIONE
STORICA
DEL
COMUNE.
GUELFI
E
GHIBELLINI.
DANTE
ALIGHIERI.
Studiando
comunale
l'origine
a
partire
e
l'evoluzione
dall'anno
1000
si
storica
ha
dell'organizzazione
modo
di
osservare,
fra
l'altro, l'importante ruolo che ha avuto, per la storia di questa
organizzazione,
lo
sviluppo
dei
commerci
e
della
produzione
economica.
Si può, così, anche mettere in rilievo il sorgere, entro questo
quadro e per questi motivi, di diversi contrasti, all'interno dei
centri abitati, tra vari gruppi sociali.
Lo sviluppo della produzione e dei commerci si è anche legato ad una
crescente affermazione di pochi centri urbani, a spese di vari altri.
In
questo
modo,
tra
l'altro,
in
Italia
ci
si
è
avviati
alla
formazione di un certo numero di Stati di estensione territoriale
regionale, ognuno dei quali dominato a partire da un grosso centro
abitato.
Si
può,
dunque,
registrare
una
accentuata
conflittualità
sia
all'interno di ogni comune, sia dei vari comuni tra loro.
Fra le cause di questa conflittualità hanno molta importanza quelle
economiche, collegate, come visto, allo sviluppo stesso dei commerci
e
della
produzione.
brevemente,
A
tale
l'evoluzione
proposito
si
dall'originario
può
ancora
Comune
ricordare,
aristocratico
alla, successiva, affermazione di un ricco gruppo sociale borghese.
Accanto alle motivazioni economico-produttive danno origine a crisi e
conflitti anche rapporti tra famiglie e temi religiosi.
In Italia ebbe una notevole diffusione anche la lotta fra Guelfi e
Ghibellini. Si può richiamare come, nelle sue origini in Germania,
questa lotta fosse combattuta, per la scelta dell'imperatore, tra
seguaci dei duchi di Baviera (Guelfi) e seguaci dei duchi di Svevia
(Ghibellini). Poiché, all'epoca del contrasto fra Papato e Impero per
la
nomina
dei
vescovi,
i
duchi
di
Svevia
avevano
appoggiato
l'imperatore mentre i duchi di Baviera erano stati più vicini al
papa,
con
il
appoggiavano
termine
Ghibellini
l'imperatore
e
si
con
passò
quello
a
chiamare
di
Guelfi
coloro
coloro
che
che
sostenevano il papa.
Questi termini vennero usati in modo sempre più generico, anche in
lotte
e
in
contrasti
che,
in
realtà,
non
avevano
origine
dallo
scontro tra Papato e Impero.
Si svilupparono, inoltre, altri contrasti.
Così, per esempio, nella Firenze degli ultimi anni del secolo XIII i
Guelfi, che erano al potere, si divisero in due partiti: i Bianchi,
che venivano guidati dalla famiglia dei Cerchi e portavano avanti le
esigenze e gli interessi della ricca borghesia (popolo grasso); i
Neri, raccolti attorno alla famiglia dei Donati, tesi a conservare e
a rafforzare privilegi e dominio dell'antica nobiltà.
Va,
inoltre,
messo
in
rilievo,
entro
questa
divisione
nel
campo
guelfo, lo sviluppo di un accordo tra una parte, i Neri, e quel papa
Bonifacio VIII che, nel quadro delle aspirazioni teocratiche della
Chiesa, desiderava estendere il proprio dominio anche sulla ricca
città di Firenze.
La lotta fra Bianchi e Neri fiorentini si concluse con la vittoria di
questi ultimi. Come conseguenza della sconfitta dei Bianchi pure si
ricorda l'esilio, nel 1302, del poeta Dante Alighieri (1265-1321),
che, come uomo politico, era su posizioni opposte a quelle della
parte vincitrice, considerandole contrarie agli interessi del Comune
fiorentino
e
favorevoli
a
Bonifacio
VIII
e
alla
sua
volontà
di
subito,
entro
il
Monarchia,
in
dominio.
A
questo
percorso
proposito,
appare
intellettuale
di
giusto
Dante,
evidenziare
un'opera,
cui
esplicitamente si rifiuta la tesi della sottomissione dell'Impero al
Papato. In effetti l'Alighieri sottolinea la piena indipendenza di
entrambi questi poteri. Una piena indipendenza che viene dimostrata
partendo dall'analisi delle loro finalità.
Così si mette in rilievo che missione del Papato è la felicità eterna
delle anime mentre finalità dell'Impero è raggiungere e mantenere la
giustizia e la felicità terrene. Certamente l'Imperatore deve un
particolare rispetto al Papa, a causa della superiorità della vita
eterna su quella terrena. Però il Papa non deve intromettersi negli
affari dell'autorità politica.
Su questa base Papato e Impero diventano autonomi.
Non
può
non
sottolinearsi
l'importanza
del
riconoscimento
dell'autonomia e del valore delle finalità della vita terrena.
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a.s.2010-2011.
2-COMUNI, SIGNORIE, PRINCIPATI.
Lo
sviluppo
economico
(della
produzione
e
dei
commerci)
e
la,
collegata, affermazione della parte più ricca della borghesia hanno
caratterizzato l'evoluzione del Comune.
Si possono registrare fenomeni come la lotta tra vecchia aristocrazia
e ricca borghesia (popolo grasso) e poi la rivalità tra tale ceto
borghese ed i lavoratori salariati da esso dipendenti.
Ancora può essere richiamata, in varie occasioni, una prospettiva di
alleanza tra nobiltà e popolo grasso. Il rapporto tra nobiltà e
popolo grasso per un lato si rivela, così, di lotta reciproca, anche
molto dura, per avere il potere politico ed economico; per un altro
lato è un rapporto pure caratterizzato da una potenziale politica di
alleanza.
Una
politica
di
alleanza,
questa,
che
è,
fra
l'altro,
rafforzata dalla tendenza della borghesia più ricca (tendenza sempre
più sviluppata a partire dalla metà del XIV secolo) a lasciare i
commerci
e
a
concentrare
la
propria
ricchezza
nella
forma
della
proprietà della terra (allo stesso modo, dunque, della nobiltà).
Gli
storici
hanno
osservato,
dinanzi
all'evoluzione
economica,
sociale e politica del Comune, il presentarsi e l'aggravarsi di una
contraddizione. Si tratta della contraddizione tra quegli sviluppi in
senso democratico dell'organizzazione comunale che si erano avuti con
il progresso e la conquista del potere da parte dell'alta borghesia
(talvolta
con
l'aiuto
dei
piccoli
artigiani)
e
la
necessità
per
quest'ultima di mantenere tale potere e la supremazia nella vita
economica anche con il restringimento degli spazi democratici, fino
all'appoggio a dittature personali costituenti le prime Signorie.
Si
svilupparono
così,
tra
XIII
e
XIV
secolo,
la
signoria
degli
Scaligeri a Verona (che, con Cangrande della Scala, diede ospitalità
a Dante, esiliato da Firenze); quella dei Gonzaga a Mantova, dei
Malatesta a Rimini, dei Montefeltro a Urbino. A Milano prese il
potere la dinastia dei Visconti, con la quale lo Stato milanese
acquistò molta influenza nelle vicende italiane.
Va sottolineato che, nel panorama politico della penisola italiana,
l'avanzante affermarsi del dominio personale di un Signore e dei suoi
discendenti assunse varie forme. A questo proposito gli storici hanno
anche
potuto
tracciare
ufficialmente
e
un
confronto
formalmente
tra
divenuto
lo
un
Stato
Ducato,
milanese,
pure
guidato
dalla
famiglia Visconti, e lo Stato fiorentino che, ancora nel secolo XV,
era
formalmente
una
Repubblica,
malgrado
il
potere
appartenesse
sostanzialmente ad un ricco banchiere, Cosimo il Vecchio dei Medici
(1389-1464), e ai suoi discendenti.
In realtà il momento in cui il potere del Signore ha un formale
riconoscimento
da
parte
dell'Imperatore
segna
il
passaggio
dalla
Signoria, ancora legata al vecchio ordine comunale, al Principato,
del tutto estraneo e indipendente rispetto alla struttura giuridica
del Comune.
All'interno
del
panorama
italiano
uno
Stato
importante
che
non
sviluppò una dinastia regnante fu la Repubblica di Venezia. Come
hanno messo in rilievo gli studiosi di Storia, a Venezia la ricca
borghesia,
che,
per
le
caratteristiche
stesse
della
città,
non
dovette lottare contro una nobiltà territoriale feudale, ebbe la
forza di organizzarsi politicamente da sola, gestendo autonomamente
il potere. L'organo più importante del governo veneziano, il Maggior
Consiglio, dal quale era scelto anche il doge, venne riservato, nel
1297, solo alle principali famiglie appartenenti all'alta borghesia
veneziana, quali ne avevano fatto parte fino ad allora (cosiddetta
serrata del Maggior Consiglio).
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a.s. 2010-2011.
3-RITORNO DEL PAPATO A ROMA DOPO LA CATTIVITA' AVIGNONESE. SCISMA
D'OCCIDENTE.
Lo
studio
del
Medio
Evo
fa
vedere,
tra
l'altro,
la
notevole
importanza avuta dai due grandi Poteri universali (Papato e Impero),
dalla loro lotta reciproca, poi dalla loro decadenza. Una decadenza,
questa,
che
è
anche
accompagnata,
come
visto,
dal
sorgere
e
dall'affermarsi di altre entità politiche, quali gli Stati nazionali
e i Comuni.
Appare significativo che Bonifacio VIII, acceso sostenitore, agli
inizi del XIV secolo, della superiorità del Papato su tutti i poteri
terreni, sia uscito sconfitto proprio dal suo scontro con uno Stato
nazionale come la Francia del re Filippo IV il Bello. E', inoltre,
interessante ricordare che questa sconfitta ha condotto il Papato
nell'orbita politica francese (tanto che la stessa sede papale è
stata trasferita da Roma ad Avignone).
Il percorso di gerarchizzazione della Chiesa e di accentramento dei
poteri nelle mani del pontefice, che Bonifacio VIII accompagnava al
discorso politico di supremazia universale del papa da lui portato
avanti, continuò anche nel Papato del periodo avignonese, pure quando
evidentemente le idee di Bonifacio erano risultate sconfitte.
Di
fronte
alla
situazione
della
Chiesa,
da
più
parti
del
mondo
cristiano, si alzarono critiche contro l'accentramento monarchico dei
poteri nelle mani del pontefice, l'asservimento della Chiesa, la
corruzione e l'avidità degli ecclesiastici.
In questo senso si sentiva anche vivissima l'esigenza di riportare a
Roma, da Avignone, la sede papale.
E'
da
sottolineare
come
il
ritorno
a
Roma
del
Papato
fosse
notevolmente ostacolato dalla Francia. Già papa Urbano V, nel 1367,
aveva lasciato Avignone e, però, fu indotto a tornarvi, appunto, dal
forte partito filo-francese all'interno della Chiesa.
Il Papato lasciò definitivamente Avignone per Roma nel 1377, sotto il
pontificato di Gregorio XI. Dopo la morte di questo papa, nel 1378,
la Chiesa si trovò drammaticamente divisa. Infatti al conclave che
elesse,
quale
rimanere
a
contrappose
successore,
Roma,
la
un
Urbano
gruppo
nomina
di
un
di
VI,
pontefice
cardinali
altro
papa,
intenzionato
francesi,
Clemente
subito
VII,
il
a
dopo,
quale
propendeva per riportare il Papato ad Avignone.
In questo modo si produsse una situazione di profonda spaccatura
nella
Chiesa;
una
situazione
caratterizzata
dalla
presenza
contemporanea di più di un pontefice, ciascuno seguito e spalleggiato
da vari Stati europei (cosiddetto Scisma d'Occidente).
Di fronte alla crisi gravissima non bastò a riportare ordine il
Concilio di Pisa del 1409, dal quale, anzi, venne eletto un terzo
papa (Alessandro V), oltre a quelli di Roma e di Avignone.
Fu solo con il Concilio di Costanza, aperto nel 1414, che si risolse
il problema. Venne infatti eletto, nel 1417, Martino V, che conservò
la
sede
papale
a
Roma
e
avviò
la
riorganizzazione
dello
Stato
pontificio.
Va
detto
che
il
lungo
periodo
di
crisi
aveva
anche
affievolito
l'autorità del papa (pure come monarca) e che erano state elaborate e
diffuse teorie che vedevano nel Concilio (e non nel Papa) l'autorità
suprema della Chiesa.
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a.s. 2010-2011.
4-PROGRESSIVO SUPERAMENTO DELLA CRISI DEMOGRAFICA ED ECONOMICA DEL
XIV SECOLO.
Si è considerata la crisi economico-demografica del XIV secolo, nella
quale miseria e devastazioni dovute a guerre e rivolte popolari e
terribili
pestilenze,
come
quella
del
1347-1351,
aggravarono
le
carenze della produzione alimentare.
Con i successivi secoli XV e XVI si avviò, però, nuovamente la
crescita della popolazione.
Gli storici, nel ricercare i motivi della nuova crescita, hanno anche
dato importanza alla diminuzione delle epidemie.
Si è, inoltre, messa in rilievo la causa costituita dall'aumento
della
produzione
dell'agricoltura.
Per
spiegare
questo
aumento
è
stata pure richiamata l'intraprendenza della borghesia e la volontà
dei proprietari di terra appartenenti a questa classe sociale di
aumentare i propri guadagni. Oltre a quanto appena visto, è opportuno
ricordare lo sviluppo dei commerci.
Aumento della produzione agricola e aumento della popolazione sono
strettamente legati. A sua volta l'aumento della popolazione rende
necessaria, con l'aumento dei bisogni sociali, la crescita della
produzione artigianale.
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a.s. 2010-2011.
5-FORMAZIONE DI STATI NAZIONALI NELLA PENISOLA IBERICA.
Il processo di formazione di Stati nazionali si è sviluppato anche
nella penisola Iberica. Si deve ricordare come tale processo si sia
qui storicamente intrecciato con la cosiddetta Reconquista, ossia la
vera e propria riconquista cristiana del territorio occupato dagli
Arabi musulmani.
Nel XV secolo i regni più importanti della penisola Iberica erano
Castiglia, Aragona, Portogallo, Granata.
Va notato che il Portogallo aveva precedentemente fatto parte del
Regno di Castiglia.
Il
Regno
di
acquistato
Aragona,
la
con
Sicilia.
la
Poi,
Guerra
nel
XIV
dei
Vespri
secolo,
Siciliani,
venne
aveva
occupata
la
Sardegna. La politica di espansione aragonese nell'area mediterranea
continuò sino alla conquista del Regno di Napoli, nel 1442, da parte
del re Alfonso, ai danni della dinastia francese degli Angioini.
Regno di Aragona e Regno di Napoli rimasero separati. Alla morte di
Alfonso, nel 1458, in Aragona gli successe il fratello Giovanni II
(1397-1479), a Napoli il figlio Ferdinando I (?-1494).
A questi regni di Castiglia, di Aragona e del Portogallo, tutti
cristiani, si accompagnava Granata, in mani musulmane.
Con
il
matrimonio
tra
Ferdinando
il
Cattolico
(1452-1516)
re
di
Aragona (successore del padre Giovanni II) e Isabella (1451-1504)
regina di Castiglia si avviò l'unificazione dei due rispettivi regni
(che,
però,
rimasero
ancora
con
organi
politici
diversi),
tappa
fondamentale per l'unificazione della Spagna. L'opera di Ferdinando e
Isabella
portò
all'unificazione
territoriale
della
Spagna.
Va
ricordata, a questo proposito, anche la sconfitta, nel 1492, del
Regno musulmano di Granata.
Accanto alla Spagna così unificata, nella penisola Iberica, rimase il
regno del Portogallo.
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a.s. 2010-2011.
6-SVILUPPO DELL'IMPERO OTTOMANO.
I Turchi, popolazione affine ai Mongoli, originaria dell'Asia nordorientale,
ebbero
notevole
importanza
nella
storia
asiatica
ed
europea. Di religione musulmana, essi, tra l'altro, finirono con il
sostituire l'etnia araba alla guida dell'espansione, anche militare,
dell'Islam. Fu una popolazione divisa in varie tribù e Stati.
Tra i vari Stati, in Anatolia (dove i Turchi si erano stanziati per
la debolezza dell'Impero di Bisanzio) ebbe particolare sviluppo, a
partire dal secolo XIV, lo Stato Ottomano (che prese il nome dal suo
fondatore, Othman).
Dopo una prima fase storica di accrescimento a spese del decadente
Impero Bizantino, questo Stato Ottomano dovette fronteggiare e subire
la politica espansionistica di un capo turco dell'Asia centrale,
Timur Lang (italianizzato in Tamerlano), che si formò un vastissimo
impero e, tra l'altro, sconfisse duramente gli Ottomani ad Angora,
nel 1402.
Peraltro, con la morte di Tamerlano, nel 1405, e con la decadenza del
suo impero, lo Stato Ottomano poté riprendere la sua politica di
espansione
militare,
rivolgendosi
contro
l'Impero
Bizantino
e
l'Occidente. Così aumentò la sua pressione e la sua influenza nella
penisola Balcanica. Inoltre, nel 1453, il sultano ottomano Maometto
II conquistò la città di Costantinopoli, ponendo in tal modo fine
all'Impero Bizantino.
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a.s. 2010-2011.
7-SITUAZIONE POLITICA ITALIANA E STATI REGIONALI NEL SECOLO XV.
Si è vista l'evoluzione storica del Comune fino alla Signoria. Tra i
motori
di
questa
evoluzione
si
è
pure
evidenziato
l'interesse
dell'alta borghesia (popolo grasso) ad appoggiarsi ad un Signore che
la favorisse nei suoi commerci e nelle sue attività e la difendesse
contro
i
gruppi
sociali
che
le
fossero
ostili
(nobiltà,
piccola
borghesia, lavoratori salariati).
Questo medesimo interesse economico di accrescimento dei commerci e
delle attività produttive ha spinto la Signoria ad andare oltre la
dimensione cittadina, conquistando e controllando più ampi territori
e varie città minori. Percorrendo questa strada si arriva, in Italia,
tra XIV e XV secolo, alla formazione di Stati regionali.
Nell'Italia settentrionale il Ducato di Milano, retto dalla famiglia
Visconti, avviò una politica di espansione territoriale che, una
volta
occupata
la
Lombardia,
si
indirizzò
verso
Veneto,
Emilia,
Toscana. Questa linea di espansione venne, peraltro, contrastata e
fermata da altri Stati importanti come la Repubblica di Venezia e la
Repubblica di Firenze. Tra l'altro, entrambi questi Stati stavano
portando
avanti,
anche
loro,
una
politica
di
ampliamento
territoriale. Così, per la Repubblica di Firenze, si può ricordare la
conquista di città, già autonome, come Arezzo, Pistoia, Pisa (che
dava, allo Stato fiorentino, uno sbocco al mare).
La politica di espansione condotta dalla Repubblica di Venezia in
Italia portò ad una guerra, nel 1452, di questo Stato contro quelli
di Milano e di Firenze, alleati.
Anche per le preoccupazioni diffuse a Venezia in seguito a quella
presa
di
Costantinopoli
(nel
1453,
da
parte
dei
Turchi)
che
costituiva un grosso danno per gli interessi economici veneziani
nonché una spinta, per la Repubblica veneta, a non disperdere forze
in troppe direzioni, la guerra si concluse con la pace di Lodi, del
1454.
Questa pace rispecchiò e riconobbe il sostanziale equilibrio di forze
di tutti i principali Stati della penisola italiana.
Tali Stati furono: Repubblica di Venezia, Ducato di Milano, Stato
pontificio, Repubblica di Firenze, Regno di Napoli.
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a.s. 2010-2011.
8-SVILUPPO E CARATTERI DELLA CULTURA ITALIANA. IMPORTANZA DI DANTE
ALIGHIERI.
Con l'ampliarsi dei commerci e delle attività politiche e sociali a
partire dall'età dei Comuni, si è avuta, sul piano linguistico e
culturale,
necessità
agevolare
una
di
serie
di
fenomeni.
un'evoluzione
le
attività
dei
di
Da
un
diversi
scambio
lato
volgari
si
è
prodotta
italiani
commerciale:
le
tale
la
da
esigenze
dell'economia e dei traffici spingevano evidentemente nella direzione
di
una
facile
comunicazione
tra
le
varie
parti
della
penisola
italiana.
Da
un
altro
lato
l'ampliamento
e
la
crescente
complessità
delle
funzioni pratiche della lingua volgare mostravano la possibilità di
un uso più raffinato di questa lingua, ad un livello letterario, di
creazione intellettuale e poetica.
Già Federico II, nella sua corte di Palermo, aveva, come visto,
cercato di far crescere una lingua letteraria italiana (con la Scuola
poetica siciliana).
Non può non ricordarsi, inoltre, in Umbria, la presenza di un testo
di alta intensità poetica e religiosa come il Cantico di frate Sole
(o Cantico delle creature) di San Francesco d'Assisi (1182 circa 1226).
Dove,
però,
lo
sviluppo
del
volgare
raggiunse
la
sua
maggiore
espressione a livello letterario fu in Toscana, e, soprattutto, a
Firenze. In effetti la crescita della ricchezza economica di Firenze
e, insieme, il sempre maggiore rilievo politico conquistato dalla
città in Italia furono elementi che diedero aiuto non solo alla
diffusione del volgare fiorentino ma anche alla sua affermazione come
lingua letteraria.
Si può, così, ricordare come la tematica poetica dello "Stil novo"
(incentrata sull'analisi dell'amore), iniziata dal poeta bolognese
Guido Guinizzelli (?- 1276), trovò il proprio sviluppo con i poeti
fiorentini Guido Cavalcanti (?-1300) e Dante Alighieri.
In un mondo, quale quello dei poeti stilnovisti, che anche discute il
tema della vera nobiltà e che trova tale nobiltà non nel sangue e
nelle tradizioni di famiglia, ma nella gentilezza d'animo e nelle
opere personali del singolo, la donna amata non è più, come nella
Scuola poetica siciliana, la Signora feudale del poeta innamorato,
piuttosto è l'essere angelico che permette di sviluppare e mettere in
pratica le doti degli animi gentili.
L'Amore degli Stilnovisti è guida dello sviluppo delle virtù che
costituiscono la vera nobiltà, quella delle opere (e non quella del
sangue).
L'evoluzione del Comune e dei commerci si riflette, così, anche nella
poesia.
Deve essere ricordata l'eccezionale importanza della figura di Dante
Alighieri.
In Dante, veramente, trovano espressione tutti i problemi e tutte le
esigenze del mondo medioevale e, nello stesso tempo, si fanno avanti
problemi ed esigenze di un mondo nuovo.
In una serie di trattati (Convivio, De vulgari eloquentia, Monarchia)
l'Alighieri
importanti
si
occupò,
questioni
talvolta
con
scientifiche,
intuizioni
letterarie,
innovative,
politiche
di
del
suo
tempo.
Nel
De
vulgari
artistiche
della
dimostrazione
(redatto,
eloquentia
lingua
piena
appunto,
di
in
sostenne
la
validità
volgare
italiana.
queste
possibilità
lingua
volgare,
Egli
nel
contro
e
le
possibilità
stesso
suo
l'uso
dei
diede
la
capolavoro
dotti
di
scrivere in latino): la Divina Commedia, un poema che descrive il
viaggio di Dante nei tre regni dell'Al di là (Inferno, Purgatorio,
Paradiso).
Se il tema della visione dell'Oltretomba si trova frequentemente
nella
letteratura
del
Medio
Evo,
usato
allo
scopo
di
dare
insegnamenti religiosi, solo nella Divina Commedia viene espresso con
piena e geniale potenza artistica. In Dante, l'Oltretomba vive di
tutte le passioni e le idealità del poeta e della sua epoca storica,
quelle politiche come quelle religiose e amorose.
La necessità di esprimere questa universalità di idee e di sentimenti
ha anche portato ad una maturazione e all'arricchimento del volgare
usato. E in questo senso si è pure indicato in Dante Alighieri il
padre della lingua italiana.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
9-SITUAZIONE ECONOMICO-POLITICA E SVILUPPI E CARATTERI DELLA CULTURA
ITALIANA. UMANESIMO E RINASCIMENTO.
Nel seguire la storia economica e politica dei Comuni italiani si è
anche potuta notare la sempre maggiore rilevanza acquistata dalla
borghesia,
un
storicamente
gruppo
sociale
rappresentato
il
la
quale,
nel
classe
suo
che
complesso,
ha
(attraverso
i
commercianti, gli artigiani, gli imprenditori, i banchieri da cui,
pure, è costituita) ha consentito lo sviluppo della vita economica.
Proprio lo sviluppo della vita economica ha anche spinto verso una
complessa
riorganizzazione
degli
Stati
della
penisola
italiana,
attraverso le tappe della democrazia comunale, della Signoria, del
Principato. Una riorganizzazione che, tra l'altro, ha avuto necessità
di
un
personale
di
funzionari
e
di
una
nuova
elaborazione
intellettuale.
In maniera collegata all' affermazione della borghesia (e, quindi, al
progresso della produzione e dei commerci) e alla trasformazione
degli Stati si è potuto registrare (a partire dalla fine del XIV
secolo) un vero e proprio capovolgimento di mentalità e di ideali,
portato avanti da un gruppo di intellettuali e di uomini politici
detti Umanisti.
Si è più volte messa in rilievo la concezione della vita terrena
caratteristica del Medio Evo: solo
un
passaggio
verso
la
vera
vita, quella dell'anima nell' Al di là, presso Dio. In questo modo si
arrivava anche a disprezzare la vita terrena e, con essa, lo stesso
corpo umano, considerato carcere dell'anima.
Con l'ultimo periodo del XIV secolo sorge, dunque, una nuova fase
culturale, quella dell' Umanesimo, che, contro le teorie del Medio
Evo, proclama la grandezza dell'uomo e delle sue attività.
Il termine stesso di Umanesimo riecheggia chiaramente l'uomo, e, con
esso, la sua umanità. E' un termine, dunque, che vuole valorizzare
l'importanza e la dignità dell'uomo, sia rispetto al Divino, sia nei
confronti degli animali bruti. E' un termine, ancora, che si collega
alle "humanae litterae", alla letteratura riguardante le vicende e le
passioni umane, posta in contrapposizione alla teologia.
In un'opera del 1487, De hominis dignitate (Intorno alla dignità
dell'uomo), l'umanista Giovanni Pico della Mirandola sottolinea che
l'uomo è artefice e padrone della propria natura. Infatti - argomenta
l'autore - l'essere umano, e solo l'essere umano (non gli animali),
può
scegliere
di
elevarsi
alle
maggiori
altezze,
materiali
e
spirituali, oppure di abbrutirsi al livello bestiale. E' l'uomo,
dunque, che, con la_ sua attività, è artefice di se stesso: fa,
costruisce se stesso.
Va ricordato che è in questo quadro umanistico di valorizzazione
dell'autonomia umana, pure rispetto al Divino, che anche si sviluppa
una
scienza
della
politica,
principalmente
ad
opera
di
Niccolò
Machiavelli (1469-1527).
Il movimento umanistico rifiuta la visione del mondo affermatasi nel
Medio Evo e trova la propria spinta ideale nell'antichità classica,
greca e romana; in un'antichità classica che viene sentita come campo
di
affermazione
del
libero
operare
umano
e
indagata
nella
sua
effettiva esistenza storica. Il fatto, l'azione dell'uomo non è più,
come
nel
pensiero
del
Medio
Evo,
semplice
simbolo,
o
prova,
dell'azione di Dio; vive autonomamente e deve essere autonomamente
indagato, con uno sviluppo della ricerca storica e dello spirito
critico umano.
La ricerca e l'imitazione dell'antichità diventano, per gli Umanisti,
condizioni indispensabili per la rinascita della vita culturale e
civile, dopo i secoli bui del periodo medioevale.
Già Francesco Petrarca (1304-1374) e Giovanni Boccaccio (1313-1375),
scrittori che svilupparono la lingua letteraria italiana con le loro
opere (basti pensare al Canzoniere di Petrarca e al Decameron di
Boccaccio, una raccolta di novelle, primo grande esempio di prosa
nella
letteratura
italiana),
possono
indicarsi
tra
i
padri
dell'Umanesimo. Anche loro cercarono e trovarono nelle vicende degli
antichi il punto di riferimento ideale per l'uomo dei tempi nuovi.
Questa rivalutazione dell'antichità ebbe come conseguenza anche la
ricerca (nelle biblioteche dei conventi) e la diffusione delle opere
degli
autori
classici.
Riemersero,
in
tal
modo,
le
opere
di
importanti scrittori antichi (come Cicerone e Lucrezio).
L'esigenza dell'affermazione dello spirito critico umano (connessa,
come visto, alla natura stessa dell'Umanesimo) portò ad una grande
affermazione della filologia, ossia di quella disciplina che cerca di
ricostruire
il
testo
originario
di
un'opera
letteraria
o
di
un
documento, eliminando gli errori di trascrizione dei copisti e le
volute falsificazioni. In questo modo, con questa abilità, l'umanista
Lorenzo
Valla
dell'intera
l'imperatore
riuscì
anche
Donazione
del
IV
di
a
dimostrare,
Costantino,
secolo
avrebbe
il
nel
1440,
documento
passato
al
la
con
Papato
falsità
il
il
quale
potere
sull'Occidente.
Il gusto per l'antichità spinse pure a raccogliere e ad ammirare e
studiare le statue classiche che rivedevano la luce negli scavi a
Roma e nel resto d'Italia. E' così in questo periodo, agli inizi del
XVI secolo, che, per esempio, ebbe origine il primo nucleo degli
attuali Musei Vaticani.
Le concezioni dell'Umanesimo hanno rappresentato la filosofia di quel
Rinascimento che, pienamente sviluppatosi in Italia nel XVI secolo,
diede vita ad un tale perfezionamento delle arti e del pensiero da
richiamare, appunto, una vera e propria rinascita (come la cercavano
i primi Umanisti).
In
questo
orizzonte
va,
almeno,
ricordato,
nella
letteratura,
l'Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1474-1533), un poema nel quale
i critici letterari hanno trovato espresso il desiderio di equilibrio
e di superiore armonia degli Umanisti e del Rinascimento.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
10-CENTRALITA' DELL'UOMO, SPIRITO CRITICO E SVILUPPO DELLE ARTI E
DELLE SCIENZE.
La
valorizzazione
dell'uomo
con
le
sue
attività
e
potenzialità
(principio fondamentale dell'Umanesimo) ha una serie di importanti
conseguenze.
In primo luogo questa valorizzazione porta direttamente, come visto,
alla valorizzazione del libero spirito critico e di ricerca proprio
dell'uomo. Da questo punto di vista si può ancora ricordare il ruolo
avuto nel pensiero umanistico dalla filologia, ossia dall'indagine
indirizzata
alla
piena
comprensione
e
alla
ricostruzione
storica
razionale dei testi autentici degli scrittori antichi. In generale,
questo spirito critico umanistico tende a espandersi anche nel campo
dell'indagine sulla natura. Leonardo da Vinci (1452-1519), geniale
pittore e scienziato del Rinascimento, sottolinea la necessità, per
una ricerca corretta e produttiva, di basarsi sull'esperimento e
sull'attenta osservazione della realtà.
Così lo spirito critico diventa da un lato rifiuto delle opinioni
tradizionali non confermate dai fatti; da un altro lato esercizio
della libera creatività umana.
Da
quest'ultimo
punto
di
vista
è
possibile
sottolineare
la
tendenziale universalità di interessi e di capacità degli uomini del
Rinascimento. Al caso di Leonardo da Vinci, artista e scienziato
dalle intuizioni precorritrici dei tempi moderni, basta ora solo
aggiungere quello di Michelangelo Buonarroti (1475-1564), scultore,
pittore, architetto, poeta. Gli studiosi hanno anche potuto parlare
di un'età di giganti (così, tra gli studiosi, per esempio, Engels,
nel XIX secolo).
Si
può
pure
collegamento
rilevare,
e
di
con
i
evoluzione
secoli
comune
XV
e
degli
XVI,
un
studi
percorso
di
filosofici
e
scientifici e dell'arte. L'oggettivo intreccio delle discipline si
presenta, tra l'altro, nell'universalità di interessi degli uomini
del Rinascimento.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
11-CONCEZIONE
UMANISTICA
ED
EVOLUZIONE
ARTISTICA
E
SCIENTIFICO-
FILOSOFICA.
Si è già considerata l'importanza centrale dell'essere umano, e il
valore della sua attività terrena, nella concezione umanistica.
A
partire
da
questa
concezione
si
sviluppa
anche
un
deciso
rinnovamento delle arti e delle scienze e un loro nuovo reciproco
collegamento.
Si avverte la necessità di una nuova riflessione sui problemi dello
spazio, che è pure un'indagine sul sistema delle relazioni dell'uomo
con il suo mondo.
Acquista
così
senso
e
validità
scientifica
l'elaborazione
della
prospettiva, vale a dire di un metodo, rigoroso e matematico, di
determinare,
nella
rappresentazione
su
una
superficie
piana
(bidimensionale), le diverse posizioni nello spazio degli oggetti
rappresentati, mediante il riferimento all'unico punto di vista di un
soggetto osservatore.
Di un metodo, dunque, quale anche porta a sottolineare la relazione
tra le diverse parti dello spazio fisico-geometrico e tra queste e il
soggetto che sta loro di fronte, fino ad un raccordo della realtà,
naturale e sociale, con l’uomo che la osserva e la vive. Una realtà,
questa, che, per molti aspetti, trova espressione nell'armonia del
ragionamento matematico.
Si
possono
sviluppo,
ricordare,
le
opere
a
e
proposito
la
della
riflessione
prospettiva
e
dell'architetto
del
suo
Filippo
Brunelleschi (1377-1446), dello scultore Donatello (1386-1466), del
pittore Masaccio
(1401-1428),
tutti
attivi
a
Firenze.
Cronologicamente subito successivo, va anche ricordato il lavoro,
artistico e teorico, del pittore Piero della Francesca (?-1492), che
elaborò ancora e diffuse il nuovo metodo prospettico nell'Italia
centrale.
In Leonardo da Vinci la pittura tende, per più aspetti, a porsi come
filosofia; si fa, anche essa, indagine sulla realtà. Nell'interno
dell'operazione dell'artista, la ricerca del bello tende ad essere,
nello
stesso
tempo,
ricerca
sulla
natura
e
sui
suoi
meccanismi
(dall'anatomia alla botanica, dalla geologia alla zoologia). L'arte,
inoltre, esprime la capacità e l'attività produttiva dell'uomo, il
suo essere produttore.
Dietro quest'ultima tematica si individua l'emergere, collegato, di
nuovi bisogni sociali e di nuove tecnologie per soddisfarli.
Nel quadro dell'attività economica della borghesia, si sviluppa così,
tra XV e XVI secolo, un nuovo gruppo di tecnici e scienziati che, in
un'atmosfera generale di fiducia nelle capacità creative dell'uomo,
via
via
impostano
su
basi
razionali
e
risolvono
vari
problemi,
attraverso riflessioni teoriche e invenzioni.
Dal punto di vista della diffusione della cultura umanistica ha avuto
importanza grandissima l'invenzione della stampa a caratteri mobili,
riconosciuta come opera del tedesco Johan Gutenberg (1400 circa1468). Questa invenzione, a sua volta, è anche dipesa dai progressi
della tecnica metallurgica.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
12-SVILUPPI LINGUISTICI NELL'EUROPA DEL XVI SECOLO.
Nell'Europa
culturale
del
le
XVI
lingue
secolo
acquistano
nazionali.
In
sempre
questo
maggiore
modo
si
dignità
va
anche
perfezionando il ruolo e l'autonomia delle diverse Nazioni (intese
nel senso di gruppo etnico).
Pur rimanendo quella latina la lingua comune degli uomini dotti anche
le lingue nazionali europee formano una loro tradizione letteraria.
Ciò,
pure,
in
naturale
parallelo
con
la
formazione
degli
Stati
nazionali.
In questa operazione di valorizzazione dei volgari ha rilievo, tra
l'altro, la loro qualità di lingue vive, di fronte al latino, non
correntemente parlato.
Le
varie
lingue
europee
e
la
loro
tradizione
culturale
si
arricchiscono anche mediante le traduzioni. Si eseguono, infatti,
molte
traduzioni
(di
classici
latini
come
di
opere
di
altre
letterature d'Europa) che ampliano il numero dei termini e migliorano
la sintassi.
Con queste traduzioni, da un altro punto di vista, le varie lingue
danno
dimostrazione
delle
loro
possibilità
comunicative
ed
espressive. A quest'ultimo proposito si può ricordare come il poeta
Annibal
Caro
(1507-1566)
abbia
compiuto
la
sua
celebre
versione
dell'Eneide di Virgilio anche per dimostrare, come lui stesso ha
dichiarato, la qualità della lingua italiana in cui traduceva e la
possibilità
di
esprimere
bene
con
essa
pure
l'armonia
dei
versi
virgiliani.
La cultura dell'Italia rinascimentale ha una grande diffusione e un
grande rilievo in campo internazionale. Essa diventa parte importante
della cultura europea; si fa elemento di costruzione dell'identità
europea.
All'interno della tradizione linguistica italiana la necessità di
stabilire
regole
e
modelli
letterari
spinge
ad
elaborare
varie
teorie.
Tra queste teorie ha grande successo quella esposta da Pietro Bembo
nelle Prose della volgar lingua, un'opera del 1525. Sostiene, dunque,
il
Bembo
la
fiorentino.
necessità
Segnala,
di
usare,
nella
quali
autori
da
letteratura,
seguire
e
da
il
volgare
imitare,
gli
scrittori del XIV secolo, dando la preferenza a Francesco Petrarca e
a Giovanni Boccaccio.
APPUNTI DI STORIA.
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
13-CRISI ITALIANA TRA XV E XVI SECOLO E SUE MOTIVAZIONI.
Si è già visto come l'Umanesimo sia stato espressione culturale di un
movimento sociale di sviluppo economico.
Si
è
anche
visto,
come
conseguenza
politica
di
questo
sviluppo
economico, il passaggio dal Comune, con le sue liti interne e le sue
contraddizioni, alla Signoria e, quindi, al Principato.
E' ora significativo mettere in rilievo come il movimento umanistico,
con la sua esaltazione dell'uomo, abbia potuto riconoscersi in ognuna
di queste forme politiche.
A questo proposito va almeno ricordata la figura di Lorenzo dei
Medici detto il Magnifico (1449-1492), signore di Firenze, nipote di
Cosimo il Vecchio, che non fu solo uomo politico di grande acume e
abilità e mecenate di artisti ma anche, egli stesso, intellettuale e
scrittore (è famoso il suo Trionfo di Bacco e Arianna, nel quale
invita ad approfittare lietamente della giovinezza, perché "di doman
non c'è certezza").
Si può pure sottolineare come il raccogliersi nella corte di un
Signore, dotato di sempre maggiori poteri, di vari intellettuali e
artisti indichi, fra l'altro, il processo di formazione di uno Stato
pronto a farsi carico di sempre maggiori esigenze organizzative,
economiche e civili. In proposito è inoltre da ricordare come il
Machiavelli
abbia
potuto
individuare,
nel
Principe,
un'opera
del
1513, il valore positivo, per l'Italia quale Stato unitario, pure di
un
potere
dittatoriale
in
grado
di
imporsi
e
di
organizzare
intelligentemente la vita civile.
Però, dietro il generale discorso umanistico, sia quelle posizioni
valorizzanti la partecipazione del cittadino alla vita politica sia
quelle altre tese ad esaltare le capacità del Signore trovarono la
loro
pratica
sconfitta
nelle
condizioni
economiche
e
politiche
dell'Italia tra XV e XVI secolo.
Si è visto come con la pace di Lodi, del 1454, la penisola italiana
fosse politicamente in una situazione di equilibrio. Dietro questa
situazione (mantenuta nella seconda metà del secolo anche grazie
all'intelligente diplomazia di Lorenzo il Magnifico) erano, tuttavia,
presenti varie cause di crisi.
Queste cause di crisi si collegano le une alle altre e si sviluppano
sempre di più nel corso dei secoli XIV e XV.
Fuori dell'Italia, il consolidamento dello Stato nazionale ed anche
il
rafforzamento
del
potere
del
re
si
sono
legati
al
progresso
economico della classe borghese. Il più vasto territorio nazionale,
le
condizioni
economica
volta,
di
hanno
maggior
favorito
l'aumento
della
sicurezza
dei
l'accumulazione
ricchezza
su
traffici
della
scala
e
della
ricchezza.
nazionale
ha
vita
A
sua
pure
accresciuto i poteri del re.
In Italia, la spinta anche economica alla formazione di un unitario
Stato nazionale non ha poi avuto la forza sufficiente per andare
oltre
la
formazione
di pochi
Stati
regionali
(necessariamente meno forti di un unico Stato esteso su tutto il
territorio
nazionale).
Oltre
tutto
questa
situazione
economico-
politica di divisione in diversi Stati, in insicuro equilibrio fra
loro, si è accompagnata ad un altro fenomeno, già accennato: la
sempre
crescente
immobilizzazione
della
ricchezza
nella
proprietà
della terra da parte di mercanti che rinunciavano ai commerci.
In
queste
condizioni
italiane
ed
internazionali,
i
forti
Stati
nazionali dell'Europa ben presto affrontarono e sconfissero gli Stati
regionali italiani.
Naturalmente la maggiore debolezza economica di questi Stati italiani
rispetto a quelli esteri influenzava in modo diretto anche il campo
specificamente militare. Così gli storici hanno rilevato come gli
Stati nazionali potessero permettersi dotazioni di artiglieria (armi
che si andavano appunto diffondendo tra XV e XVI secolo) in misura
molto maggiore di quella di Signorie e Principati italiani.
Infine non può non sottolinearsi come il Machiavelli, nel tentativo
di
portare
l'Italia
nel
numero
degli
Stati
nazionali,
e
in
un
panorama storico della penisola in cui i vari Stati si servivano di
Compagnie di ventura (eserciti di mercenari guidati ciascuno da un
condottiero), abbia, tra l'altro, sostenuto la necessità per lo Stato
da lui configurato di avere un proprio esercito.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
14-CRISI ITALIANA DEI SECOLI XV E XVI, SVILUPPO ECONOMICO E STATI
NAZIONALI ASSOLUTI.
Si sono considerate le cause della crisi dell'Italia dei secoli XV e
XVI. Si è così messa in rilievo la sproporzione tra la potenza degli
Stati
regionali
italiani
e
quella,
ben
più
grande,
degli
Stati
nazionali.
Guardando le varie ragioni della formazione di questi Stati nazionali
e
della
loro
politica,
interna
ed
estera,
si
possono,
ora,
sottolineare due elementi.
Un primo elemento è quello del crescente accentramento dei poteri
nelle
mani
del
re,
o,
in
altre
parole,
della
formazione
e
dell'affermazione dello Stato assoluto (in cui, appunto, il monarca
assoluto ha tutti i poteri dello Stato). Questo tipo di Stato è in
netta
contrapposizione
con
il
precedente
tipo
feudale,
caratterizzato, come visto, dal forte potere del feudatario sul suo
territorio.
L'altro elemento è quello costituito dall'accordo tra classe borghese
e monarchia.
Si può anche notare come l'interesse, proprio della borghesia, ad uno
sviluppo dei commerci e ad un ampliamento dei mercati si ponesse in
contrasto
con
la
frammentazione
territoriale
feudale.
Tra
questi
Stati nazionali ha significativa importanza la Francia. Il legame tra
progresso
economico
(portato
avanti
dalla
borghesia)
e
crescita
politica nazionale, esauritosi in Italia, si sviluppò, invece,
Francia e favorì,
tra l'altro,
in
la politica espansionistica della
monarchia nazionale francese, proprio contro l'area italiana ed i
suoi deboli Stati locali.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
15-SVILUPPO DELLA CRISI ITALIANA.
Nel 1494, il re di Francia Carlo VIII, per far valere i propri
diritti
sul
Regno
di
Napoli
(come
visto,
già
degli
Angioini,
imparentati con la casa regnante francese, e, poi, degli Aragonesi,
di origine spagnola), organizzò una spedizione militare in Italia.
Carlo VIII praticamente non trovò resistenza e si impadronì del Regno
di Napoli con facilità.
Vennero
in
luce
le
debolezze
e
le
contraddizioni
degli
Stati
italiani. Si ebbero molte notevoli conseguenze.
Così,
durante
la
discesa
di
Carlo
VIII
in
Italia,
di
fronte
all'atteggiamento sottomesso assunto nei confronti del re di Francia
dal signore di Firenze Piero II dei Medici (figlio ed erede di
Lorenzo il Magnifico), i Fiorentini scacciarono la dinastia medicea e
restaurarono la Repubblica. Negli avvenimenti fiorentini di questo
periodo
ebbe
grande
importanza
il
frate
domenicano
Girolamo
Savonarola, con la sua volontà di unire riforma religiosa (contro la
corruzione della Chiesa) e riforma politica (ampliamento delle basi
del
potere,
affidato
Nell'Ordinamento
anche
fiorentino
al
popolo
e
iniziativa
alla
piccola
legislativa
e
borghesia).
supremazia
politica vennero date a due organi di nuova creazione, legati tra
loro: un Consiglio grande, formato attraverso estrazione a sorte da
una lista di cittadini appartenenti a famiglie i cui componenti già
in
passato
ammissione
rivestirono
di
un
nuovo
cariche
membro
politiche
per
e
cooptazione
indicazione
di
(ossia
quelli
già
costituenti l'associazione); un Consiglio più ridotto , Consiglio
degli Ottanta, con membri scelti dal Consiglio grande. Si cercò una
maggiore
giustizia
fiscale.
Inoltre
si
cercò
di
soddisfare
le
esigenze dei più poveri con la concessione di prestiti, attraverso
l'istituzione
del
Monte
di
Pietà.
Ma
proprio
la
connessione
di
programma politico e programma religioso (Cristo fu proclamato "re di
Firenze"), e, in altre parole, 1' espressione in chiave religiosa di
concrete esigenze politiche, mettono in luce la sconfitta sociale del
movimento umanistico (con la sua dimensione laica), tanto nelle sue
parti interessate a valorizzare e difendere le libertà repubblicane
quanto in quelle pronte a sostenere il potere dei Principi e il
rafforzamento dello Stato. Proprio nella Firenze culla dell'Umanesimo
i seguaci di Savonarola (significativamente chiamati Piagnoni, per le
loro
critiche
contro
i
peccati
della
società
fiorentina)
organizzarono, nel quadro generale di un pensiero teocratico, falò di
dipinti e di libri considerati imbevuti di paganesimo. L'avversione
dei gruppi aristocratici all'interno della Repubblica fiorentina (i
cosiddetti
Arrabbiati,
ostili
alle
nuove
aperture
sociali),
l'avversione, a Roma, di papa Alessandro VI (che scomunicò il frate
domenicano, in risposta alle sue accuse di corruzione) e il timore
dei banchieri di Firenze di perdere i propri affari in seguito al
conflitto con Roma per le posizioni assunte dal Savonarola furono tra
le cause della caduta politica del frate domenicano, arrestato e,
poi, impiccato e arso sul rogo come eretico nel 1498.
Il rapido successo del re di Francia Carlo VIII convinse importanti
Stati italiani (Stato pontificio, Venezia, Milano), Spagna e Sacro
Romano Impero ad allearsi fra loro contro i Francesi. Firenze si
avvicinò alla Francia, dopo un primo periodo di contrasto con essa.
Isolato nell'Italia meridionale, il re Carlo VIII, nel 1495, risalì
la penisola italiana e tornò in patria. Il Regno di Napoli venne
ripreso da Ferdinando II (1467-1496), nipote di Ferdinando I.
Il re di Francia Luigi XII, successore di Carlo VIII, ridiscese in
Italia nel 1499, avanzando diritti non solamente sul Regno di Napoli
ma anche, facendo valere una parentela con i Visconti, sul Ducato di
Milano.
Conquistato con le armi lo Stato milanese, Luigi XII strinse un
accordo con Ferdinando il Cattolico, re di Spagna, per la divisione
del Regno di Napoli tra Francia e Spagna (Trattato di Granata). Il re
di Napoli Federico I, figlio di Ferdinando II, rinunciò ai propri
diritti al trono.
La
volontà
di
fondo
sia
della
Francia
sia
della
Spagna
di
controllare, ciascuna, da sola, l'intero Regno di Napoli portò ad una
guerra
tra
queste
due
potenze.
Tale
guerra
si
concluse
con
la
vittoria della Spagna. Pertanto il Regno di Napoli entrò a far parte
del dominio spagnolo.
Tra
la
fine
del
assistette
anche
Alessandro
VI,
dominio,
di
XV
al
secolo
e
tentativo
costruirsi,
comprendente
la
l'inizio
del
di
Cesare
con
l'aiuto
Romagna
e
le
XVI,
Borgia,
del
in
figlio
padre,
Marche,
Italia,
entro
di
un
lo
si
papa
proprio
Stato
pontificio. Questo tentativo, però, per quanto audace e spregiudicato
(e tale da provocare l'ammirazione di Niccolò Machiavelli) non ebbe
fortuna.
La
morte
di
papa
Alessandro
VI,
nel
1503,
e,
successivamente, nello stesso 1503, l'elezione di papa Giulio II,
grande avversario della famiglia Borgia, portarono presto alla fine
di questo dominio.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
16-GIULIO II.
Giulio II (1443-1513), fin dall'inizio del suo pontificato, mirò a
rafforzare lo Stato della Chiesa. Così, in primo luogo, si scontrò
con la Repubblica di Venezia che, alla caduta di Cesare Borgia, stava
occupando la Romagna. Nella sua politica antiveneziana Giulio II si
appoggiò ad una alleanza (detta Lega di Cambrai) di Stati italiani ed
esteri
(Spagna,
Francia,
Sacro
Romano
Impero)
preoccupati
della
potenza della Repubblica di Venezia ed interessati al suo territorio.
Peraltro, sconfitta Venezia (nel 1509, con la battaglia di Agnadello)
e riottenuti i territori dello Stato pontificio, Giulio Il cominciò
ad osservare con preoccupazione la grande influenza francese nella
penisola italiana.
Il pontefice, nel 1510, attaccò Ferrara, alleata della Francia. Il re
Luigi XII convocò allora un concilio per far deporre il papa. Giulio
II, nel 1511, organizzò un'alleanza contro i francesi, detta Lega
Santa, composta anche da Venezia, dalla Spagna, dall'Inghilterra.
Luigi
XII,
l'Italia,
pur
a
vincitore
causa,
tra
a
Ravenna,
l'altro,
nel
della
1512,
morte
dovette
nella
lasciare
battaglia
di
Ravenna) del suo comandante Gastone de Foix e dell'insufficienza
numerica delle forze francesi.
In seguito alla ritirata francese, a Firenze tornarono i Medici; a
Milano gli Sforza, che già avevano sostituito i Visconti alla guida
del
Ducato
con
Francesco
I
(1401-1466),
marito
di
Bianca
Maria
dello
Stato
Visconti.
Va
rilevato
come,
nell'opera
di
riorganizzazione
pontificio e di affermazione del potere papale, Giulio II abbia pure
utilizzato, e incoraggiato, lo sviluppo dell'arte. Così il papa diede
il via alla ricostruzione della basilica vaticana di San Pietro,
affidandola all'architetto Donato Bramante (1444-1514). Così, ancora,
il palazzo del pontefice, in Vaticano, fu illustrato dagli affreschi
di Michelangelo Buonarroti sulla volta della Cappella Sistina e da
quelli di Raffaello Sanzio (1483-1520) nelle stanze dell'appartamento
papale (ora note, appunto, come Stanze di Raffaello) con capolavori
che rappresentano un momento importante della storia artistica.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
17-MOTIVI E CONDIZIONI TECNICHE DELLE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE NEI
SECOLI XV E XVI.
La crescita demografica, sociale ed economica che, come visto, ha
caratterizzato ì secoli XV e XVI (dopo la crisi del secolo XIV) ha,
tra
l'altro,
causato
uno
sviluppo
delle
attività
commerciali
e,
quindi, della navigazione, strettamente ad esse legata.
Si è anche visto che, sul piano culturale, questa crescita ha pure
spinto
e
accompagnato,
in
Italia,
il
movimento
umanistico,
un
movimento di rinnovata fiducia nella forza dell'intelletto umano e
nelle capacità dell'uomo.
In questo quadro generale si può anche ricordare l'evoluzione delle
scoperte tecniche e scientifiche. Un'evoluzione che trova tra
le
proprie
ad
motivazioni
quella
delle
necessità
pratiche.
Così,
esempio, le esigenze della navigazione hanno dato vita ad un percorso
di innovazioni e miglioramenti, sviluppatosi già a partire dal XIII
secolo. Gli storici, a questo proposito, ricordano il perfezionamento
dell'astrolabio (che, determinando l'altezza del Sole o della Stella
Polare,
aiuta
a
individuare
la
propria
posizione),
delle
carte
nautiche (con le correnti marine, le caratteristiche delle coste, i
porti), degli scafi delle navi. Con il XV secolo si afferma un nuovo
tipo di nave, la caravella: un piccolo veliero veloce e manovrabile,
caratterizzato
anche
dall'assenza
della
necessità
di
rematori.
Un'assenza, questa, tale da consentire di limitare il numero degli
uomini
imbarcati,
dell'imbarcazione
aumentando,
(condizione
con
ideale
ciò,
per
l'autonomia
le
di
esplorazioni).
viaggio
Sempre
più, nel corso del XV secolo, le esigenze della navigazione, come
quella di fare il punto sull'esatta posizione dell'imbarcazione in
mare,
vengono
affrontate
e
risolte
con
calcoli
basati
sull'astronomia. L'evoluzione delle scoperte tecniche e scientifiche
pure
si
ricollega
alle
caratteristiche
di
progresso
proprie
dell'Umanesimo
e
del
suo
metodo.
A
tale
ultimo
proposito
è
significativa la figura dello scienziato Paolo dal Pozzo Toscanelli
(1397-1482) che, vicino all'ambiente di Filippo Brunelleschi, fu, tra
l'altro, matematico, astronomo e geografo.
Si deve ancora rilevare, con il secolo XV, un insieme di innovazioni,
sempre
più
collegate
tra
loro
(con
un
reciproco
potenziamento),
interessanti il continente europeo (sviluppo della produzione e dei
commerci; progresso della scienza e delle tecniche e, fra queste,
delle
tecniche
legate
alla
navigazione;
sviluppo
dello
spirito
critico umanistico e delle arti).
All'ampliamento
esplorazioni
dei
commerci
geografiche.
si
In
è
accompagnata
seguito
alla
una
caduta
serie
di
dell'Impero
Bizantino, l'affermazione dell'Impero Ottomano aveva costituito un
ostacolo alla continuazione degli scambi commerciali tra l'Europa
occidentale,
da
un
lato,
e
l'India
e
la
Cina,
dall'altro.
Per
continuare a rifornirsi di spezie (pepe, noce moscata, cannella,
zenzero), utilizzate per insaporire e conservare il cibo, e di altri
prodotti orientali, in Europa si avviò una politica di esplorazioni
navali,
finalizzate
ad
aggirare
l'Impero
Turco,
rifornendosi
direttamente nei luoghi di produzione.
Dietro questa politica era anche sicuramente una ben precisa volontà
di conquista di potere e ricchezza.
Non
mancava,
richiamati
religioso
tra
per
alla
i
dar
motivi
ragione
necessità
di
che,
nei
delle
secoli
XV
esplorazioni,
portare
il
e
XVI,
il
venivano
riferimento
Cristianesimo
ai
popoli
orientali.
Gli
Stati
che,
per
primi,
portarono
esplorazioni furono Portogallo e Spagna.
avanti
questa
politica
di
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s.2010-2011.
18-CARATTERISTICHE
SOCIALI
DEGLI
STATI
NAZIONALI
DELLA
PENISOLA
IBERICA ED ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE.
SI è già vista la formazione degli Stati nazionali nella penisola
Iberica, a partire dalla Reconquista, ossia dalla lunga vicenda della
sconfitta dell'elemento arabo-musulmano presente nella regione.
Si può mettere in rilievo che il primo Stato indipendente a formarsi
fu
il
Portogallo,
seguito,
poi,
dalla
Spagna
(con
Ferdinando
il
Stati
nazionali
ha
Cattolico di Aragona e Isabella di Castiglia).
La
realizzazione
di
questa
costruzione
di
presentato varie caratteristiche e ha portato varie conseguenze.
A questo proposito gli storici hanno potuto sottolineare la forte
tendenza alla realizzazione di un'uniformità etnico-religiosa. Vanno
così ricordate le persecuzioni che si svilupparono contro ebrei ed
arabi. Si ebbero conversioni al Cristianesimo forzate. Gli ebrei che
rifiutarono di convertirsi vennero espulsi dalla Spagna nel 1492, dal
Portogallo nel 1497. Nel 1497 il Portogallo espulse anche coloro che
non vollero abbandonare la religione islamica per quella cristiana.
Sulla
stessa
strada,
nel
1502,
il
re
di
Spagna
Ferdinando
il
Cattolico mandò via dalla Castiglia gli arabi non convertiti.
In questo discorso può rilevarsi la forte utilizzazione, da parte
della Monarchia spagnola, della religione cristiana come strumento di
potere.
Un'utilizzazione
che
si
trova
anche
testimoniata
dal
Tribunale dell'Inquisizione, un tribunale religioso che, in stretto
contatto
con
l'autorità
politica,
perseguitava
le
eresie
e
controllava gli ebrei e gli arabi convertiti (i primi detti marrani;
i
secondi
moriscos).
dell'inquisitore
Tomas
E'
de
stato
calcolato
Torquemada,
dal
come,
1483
sotto
al
la
1498,
guida
questo
tribunale abbia mandato al rogo circa 2000 condannati.
Gli storici hanno sottolineato il ruolo molto importante avuto da
ebrei ed arabi per lo sviluppo dei commerci e della vita economica
nella penisola Iberica. Conseguentemente è stato anche rilevato il
notevole danno all'economia causato dalle persecuzioni religiose e
dalle espulsioni.
Si è inoltre messa in rilievo, nell'unione spagnola, la particolare
importanza assunta dalla Castiglia (regione più vasta dell'Aragona) e
dalla popolazione castigliana, con la sua nobiltà proprietaria di
terre e i suoi molti nobili minori (hidalgos) desiderosi di potere e
di ricchezza.
Gli elementi della situazione economica e sociale appena considerati
possono
essere
visti
tra
i
motivi
all'origine
del
particolare
movimento, partito dalla penisola Iberica, di esplorazione e, poi, di
colonizzazione, con le sue specifiche caratteristiche. In mancanza di
una
forte
borghesia,
soggetti
principali
delle
vicende
politiche
furono la nobiltà e la Monarchia. Le esplorazioni geografiche e, poi,
la
colonizzazione
soggetti.
In
furono
questo
influenzate
quadro
generale
dal
rapporto
l'equilibrio
fra
interno
questi
della
politica fu determinato anche dal coinvolgimento dell'aristocrazia
nelle imprese coloniali.
Da un altro punto di vista, è da osservare come le navigazioni di
scoperta vennero favorite dalla posizione stessa geografica della
penisola
Atlantico.
Iberica,
affacciata
sul
Mediterraneo
e
sull'Oceano
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
19-SVILUPPO DELLE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE. IMPERI COLONIALI.
Il
Portogallo,
stabilità
negri.
(1394-1460)
Isole
e
di
raggiunta,
sviluppò
commerciali.
dell'Africa,
schiavi
volta
statale,
esplorazione
coste
una
allo
Sotto
una
forte
Vennero
Spagna,
politica
di
scopo,
tra
l'altro,
di
guida
del
principe
Enrico
la
Verde,
della
progressivamente
l'esplorazione-espansione
Capo
prima
la
Guinea.
portoghese
una
sua
viaggi
di
esplorate
procurarsi
il
toccò
Successivamente
oro
e
Navigatore
Madera,
la
le
le
navigazione
portoghese lungo le coste occidentali dell'Africa andò spingendosi
sempre
più
a
sud.
La
crescente
massa
delle
esperienze
portò
a
concepire, e, poi, a realizzare, l'ambizioso piano di circumnavigare
il
continente
africano,
passando
dall'Oceano
Atlantico
all'Oceano
Indiano, per raggiungere, così, l'India e rifornirsi direttamente dei
prodotti orientali. Il navigatore portoghese Vasco da Gama, in una
spedizione del 1497, oltrepassato il Capo di Buona Speranza (estrema
punta
meridionale
dell'Africa),
giunse,
nel
1498,
a
Calicut,
in
India.
Se le navi portoghesi erano infine riuscite a raggiungere l'India
navigando verso est, un'altra teoria sosteneva la possibilità di
raggiungere le terre orientali navigando verso occidente. Così, in
particolare, pensava il navigatore, di origine italiana, Cristoforo
Colombo. Questa teoria presupponeva la sostanziale sfericità della
forma del pianeta Terra. Colombo riteneva, inoltre, erroneamente, che
la Terra fosse più piccola e che l'Asia fosse più grande di quanto in
realtà
non
Toscanelli,
siano.
il
Egli
quale
si
rifaceva
aveva
al
maturato
geografo
l'errata
Paolo
dal
Pozzo
concezione
della
grandezza dell'Asia anche a partire dalla relazione di viaggio in
Cina
(comunemente
nota
come
Il
Milione)
dettata
dal
mercante
veneziano Marco Polo (1254-1324) al letterato Rustichello da Pisa.
Colombo, convinta la Monarchia spagnola della bontà delle sue idee,
poté organizzare una spedizione che, partita da Palos, in Spagna, il
3 agosto 1492, raggiunse, il 12 ottobre dello stesso anno, l'isola di
San Salvador, nell'arcipelago delle Bahama, nel Mar dei Caribi (o
Caraibi). Il navigatore aveva così toccato la parte centrale di un
continente sconosciuto in Europa: l'America. Ma né con questo viaggio
del 1492, né con gli altri tre successivi nella zona caribica pare
abbia mai abbandonato il pensiero di aver toccato le coste dell'Asia.
Tuttavia
l'importanza
della
scoperta
è
stata
tale
che
oggi,
comunemente, si fa terminare il Medio Evo proprio con la sua data.
Fu
un
altro
navigatore
italiano,
Amerigo
Vespucci,
che
ebbe
l'intuizione di trovarsi di fronte ad un nuovo continente (chiamato,
in suo onore, America).
All'esplorazione,
e
alla
colonizzazione,
del
continente
americano
prese parte anche il Portogallo. Così, nel 1500, nel quadro di una
spedizione
diretta
incidentalmente
in
il
India,
Brasile
e
il
navigatore
ne
prese
Pedro
possesso
in
Cabral
toccò
nome
della
Monarchia portoghese.
Peraltro parte importante nella colonizzazione americana la ebbe la
Spagna.
Infatti, con il XVI secolo, la presenza e, poi, il dominio militare
degli
Spagnoli
si
estese
rapidamente
in
vaste
zone
dell'America
centrale e meridionale, con la distruzione di varie civiltà.
L'avanzante colonizzazione spagnola si trovò di fronte organizzazioni
statali e popolazioni (Impero Azteco, formatosi, nel Messico, tra XIV
e XV secolo; Impero Inca, esteso sulla costa dell'Oceano Pacifico
dell'America
meridionale
e
sulle
Ande)
con
caratteristiche
particolari e contrastanti. Da una parte, infatti, questi popoli
erano
stati
importanza.
in
La
grado
di
capitale
elevare
edifici
dell'Impero
monumentali
Azteco,
di
Tenochtitlan,
notevole
suscitò
l'ammirazione degli stessi conquistatori. Però, da un'altra parte,
essi non conoscevano l'aratro e l'utilizzazione pratica della ruota.
Ignoravano non soltanto le armi da fuoco ma la stessa utilizzazione
del
ferro.
Per
quanto
riguarda
gli
Aztechi,
non
va,
dimenticata la grandissima quantità e la brutalità dei
umani,
frutto
di
una
religiosità
sanguinaria,
inoltre,
sacrifici
ossessionata
dalla
morte e dalla distruzione.
Hernan Cortés, un hidalgo spagnolo, tra il 1519 ed il 1522, occupò il
Messico,
sconfiggendo
e
distruggendo
l'Impero
Azteco.
Successivamente, tra il 1532 ed il 1533, un altro conquistatore,
Francisco Pizarro, che in Spagna era stato un pastore, distrusse, con
estrema violenza, l'Impero Inca.
I nativi americani vennero derubati e resi schiavi. Alle violenze,
alle
stragi,
alle
fatiche
imposte
oltre
le
forze
si
aggiunsero,
inoltre, quali cause della decadenza e della forte diminuzione degli
indigeni, le malattie portate dagli Europei, alle quali gli abitanti
dell'America non erano abituati. I religiosi Bartolomeo de Las Casas
e Bernardino da Sahagun hanno lasciato testimonianze terribili di
questi fatti. Di fronte alla diminuzione degli indigeni americani i
colonizzatori fecero ricorso agli schiavi africani provenienti dalle
colonie del Portogallo.
Nel quadro dello sviluppo delle esplorazioni geografiche va pure
ricordato il viaggio guidato, per conto della Spagna, da Ferdinando
Magellano (che morì durante l'impresa, nel 1521) di circumnavigazione
del pianeta, da occidente verso oriente. Magellano, fra l'altro,
passò
dall'Oceano
Atlantico
all'Oceano
Pacifico,
attraversando
lo
Stretto che da lui prese il nome, e scoprì le Filippine, dove venne
ucciso in uno scontro con gli indigeni.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
20-CARATTERISTICHE DEGLI IMPERI COLONIALI SPAGNOLO E PORTOGHESE. Con
le
esplorazioni
geografiche
e
la
formazione
dei
primi
domini
coloniali si ebbero varie conseguenze.
Da un punto di vista politico si avvertì la necessità di un accordo
stabile che regolasse le diverse sfere di influenza di Spagna e
Portogallo. Con il trattato di Tordesillas, del 1494, i due Paesi
colonizzatori decisero di fissare come linea di divisione del pianeta
il 47° meridiano e di riservare al Portogallo i territori ad est,
alla Spagna i territori ad ovest di questa linea.
Da
un
punto
di
vista
economico
si
è
pure
potuto
registrare
lo
sviluppo di un più stretto collegamento tra l'uso delle varie risorse
e tra le varie possibili produzioni sotto il controllo e per gli
interessi
dei
Paesi
colonizzatori
(fino
ad
ottenere
un
sistema
abbastanza interconnesso ed autosufficiente). Così, ad esempio, il
Portogallo aveva, come ricordato, in mano il commercio degli schiavi
provenienti dall'Africa e poteva, pertanto, utilizzare questi schiavi
non solamente come merce da vendere ma anche per la coltivazione
delle piantagioni di canna da zucchero che aveva a Madera e in
Brasile.
In
questo
sistema
commerciale
tendenzialmente
globalizzato
(tendenzialmente esteso a tutto il pianeta), sia pure ai fini degli
interessi europei, si andava inserendo il continente americano.
Si deve sottolineare che, in generale, il controllo economico delle
Potenze
dell'Europa
dipendente
si
dall'estensione
rivela
sostanzialmente
territoriale
e
dalla
influenzato
e
localizzazione
geografica delle varie colonie.
Va detto che le colonie portoghesi, come localizzazione, si trovavano
in America, Africa e Asia. Peraltro, a parte il Brasile, l'estensione
territoriale era generalmente medio-piccola. Si trattava, in effetti,
di colonie essenzialmente finalizzate a difendere e ad aiutare gli
scambi commerciali portoghesi.
L'Impero della Spagna (del quale, nella seconda metà del XVI secolo,
entrarono a far parte pure le Filippine, in Asia) aveva in America
estensioni territoriali estremamente vaste. Nel continente americano
il potere spagnolo era stato organizzato in due Vicereami: quello
della Nuova Spagna (in Messico, dal 1535) e quello del Perù (dal
1542).
Il sistema introdotto dalla Spagna era pure finalizzato a eliminare i
rischi di un accentuato spezzettamento feudale. Un fenomeno, questo,
che
poteva
trarre
origine
dal
sistema,
in
uso
in
America,
dell'encomienda, ossia della concessione di terra ad un soggetto
(encomendero) con la possibilità, tra l'altro, per quest'ultimo, di
utilizzare il lavoro obbligato imposto agli indigeni in cambio della
loro protezione ed educazione cristiana. Nel medesimo senso va anche
richiamata la legislazione del 1542 contro lo sfruttamento (peraltro
sostanzialmente non messa in pratica).
Al di là dei risultati della lotta contro un risorgente feudalesimo
in terra americana, è, comunque, da rilevare che la stessa presenza
ed importanza sociale della nobiltà in Spagna costituisce, di fondo,
ostacolo allo sviluppo economico dell'America colonizzata.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
21-CARLO V.
Nel considerare il Sacro Romano Impero gli storici hanno sottolineato
il
percorso
della
dell'estensione
sua
decadenza,
geografica
quanto
tanto
da
quello
dal
dei
punto
di
vista
poteri
realmente
spettanti all'Imperatore. Così si è messo in rilievo l'elemento del
restringersi
della
organizzazione
imperiale
all'area
dei
popoli
germanici. Si è, inoltre, richiamata la dipendenza dell'elezione alla
carica imperiale dalla scelta di sette principi elettori tedeschi
(dipendenza
sancita
nel
1356
con
la
Bolla
d'Oro,
un
documento
dell'imperatore Carlo IV).
All'interno di questo mondo germanico va registrata la crescente
potenza
della
dinastia
Asburgo
(nome
derivante
dal
castello
di
Habsburg). Così, come già visto, Rodolfo d'Asburgo divenne, nel 1273,
imperatore.
Scontratosi
contrastava
la
sua
con
il
elezione,
re
lo
di
Boemia
sconfisse
(Ottocaro
e,
tra
II),
che
l'altro,
gli
strappò, nel 1278, l'Austria, da allora parte fondamentale dei domini
asburgici.
Va osservato come a partire dal 1452, con l'elezione di Federico III,
e fino al 1806, quando, con Napoleone Bonaparte, si sciolse il Sacro
Romano Impero, tutti gli imperatori furono Asburgo.
Va
inoltre
notato
conferimento
della
come
questa
carica
famiglia,
imperiale,
anche
a
aumentasse
prescindere
notevolmente
dal
il
proprio potere su vari Stati con un'accorta politica di alleanze
matrimoniali. Così l'imperatore Massimiliano I, sposando Maria di
Borgogna, aggiunse ai suoi domini Fiandre e Paesi Bassi. Massimiliano
combinò il matrimonio di suo figlio Filippo con Giovanna la Pazza,
figlia dei re di Spagna Ferdinando I il Cattolico e Isabella di
Castiglia. In questo modo al figlio nato dall'unione di Filippo e
Giovanna,
Carlo
(1500-1558),
andò,
per
diritto
di
eredità,
un
territorio vastissimo: i domini asburgici, Fiandre e Paesi Bassi, la
Spagna con i suoi possedimenti italiani e i domini coloniali in
America. Inoltre, nel 1519, Carlo fu eletto imperatore (divenendo
così, in rapporto a tale carica, Carlo V).
L'idea
di
fondo
del
nuovo
imperatore
era
la
ripresa
dell'universalismo imperiale nella sua concezione medioevale. A tale
visione
politica
egli
poteva
anche
essere
portato
dalla
stessa
vastità dei suoi domini territoriali. Comunque, parte integrante ed
elemento essenziale di questa visione era il ruolo fondamentale della
religione nell'unire e nel pacificare l'Impero. Va subito messo in
rilievo che l'opera politica di Carlo V trovò fortissimi contrasti
nel suo tempo. I domini di Carlo, fra l'altro, erano profondamente
diversi tra loro e non avevano un'organizzazione unitaria.
Per la vastità e per la posizione geografica dei territori governati
dall'imperatore, la Francia risultò accerchiata. Si sviluppò, allora,
una lunga serie di lotte, molte combattute in Italia.
Il re di Francia Francesco I (1494-1547), successore di Luigi XII,
che, dopo la
ritirata francese ai tempi di Giulio II, nel 1515
rioccupò il Ducato di Milano, con il 1521 attaccò l'Impero di Carlo
V. Dopo varie vicende Francesco I venne temporaneamente fermato con
la battaglia di Pavia, del 1525. Peraltro, già nel 1526 si formò
un'alleanza (la Lega di Cognac) tra Francia e vari Stati italiani
(come Firenze e lo Stato pontificio, allora retto da papa Clemente
VII, della famiglia Medici) contro l'Impero. La situazione, però, si
volse, ancora una volta, a favore di Carlo V. Tra l'altro Roma venne
attaccata e saccheggiata, nel 1527, dalle forze imperiali.
Alla notizia del sacco di Roma i Fiorentini si ribellarono contro i
Medici (alla cui famiglia apparteneva, come visto, il papa) e li
cacciarono nuovamente, come nel 1494.
Carlo V e Francesco I firmarono una pace nel 1529.
Clemente VII (1478-1534) si avvicinò a Carlo V e ne ebbe aiuto
militare per riportare la famiglia Medici al potere a Firenze. Nel
1530, a Bologna, lo incoronò imperatore.
La resistenza francese al potere imperiale si sviluppò per lunghi
anni, intrecciandosi ai molti motivi di crisi del Sacro Romano Impero
di Carlo V.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
22- RIFORMA LUTERANA.
Si è già rilevata l'importanza assegnata da Carlo V all'elemento
religioso nella costruzione del potere imperiale e del suo valore
universale.
Tuttavia
proprio
il
campo
religioso
fu,
nel
XVI
secolo,
caratterizzato da contrasti acutissimi che finirono con il dividere
l'Europa
cristiana
in
due
parti:
cattolici
e
protestanti.
Già,
comunque, nel XV secolo le critiche alla corruzione della Chiesa ai
fini del
rinnovamento
spirituale
dell'intera
organizzazione
ecclesiastica si andarono esprimendo sia con il cosiddetto Scisma
d'Occidente (e con il Concilio di Costanza), sia, più tardi, con
l'opera
religiosa
e
politica
di
Savonarola.
Ancora
va
messo
in
rilievo il ruolo fondamentale avuto nel XVI secolo, e nel XVII, dalla
religiosità e dal discorso religioso per dar voce anche ad esigenze
politiche e sociali in altri tempi del tutto laiche. In questo modo
con i termini e con i dogmi (verità di fede indiscutibili) della
religione si trovano espressi i contrasti dei vari gruppi sociali
(come aristocrazia, borghesia, contadini sfruttati) tra loro e con il
potere
politico.
Considerando
i
domini
di
Carlo
V
appare
ora
opportuno ribadire, oltre alla loro generale reciproca differenza, le
forti limitazioni al potere imperiale nei territori tedeschi dovute
alla grande autonomia dei Principi germanici (non si dimentichino i
sette Elettori che, appunto, eleggevano l'Imperatore).
In questa situazione lo sdegno contro la corruzione della Chiesa poté
legarsi
strettamente
all'insieme
delle
esigenze
di
autonomia
dei
Signori tedeschi rispetto ai Poteri Universali (Papato e Impero).
Così, di fronte alla vendita di indulgenze (documenti con i quali la
Chiesa di Roma concedeva il perdono delle pene per i peccati, anche
di quelle del Purgatorio), vendita largamente diffusa nel periodo
(pure per finanziare i lavori di ricostruzione della basilica di San
Pietro in Vaticano), nel 1517 il monaco tedesco Martin Lutero (14831546) rese pubblica in Germania, nella città di Wittenberg, una serie
di
95
tesi
indirizzate
a
dimostrare
l'erroneità
teologica
della
concessione di queste indulgenze.
Si avviava in tal modo una profonda opera di revisione della teologia
cristiana cattolica (una revisione nota come Riforma) che si sviluppò
non soltanto con Martin Lutero ma anche con altri teologi.
Lutero, leggendo in chiave pessimistica riflessioni che erano state
di Sant'Agostino (354-430), pose l'accento sull'infinita distanza che
separa Dio, con la sua perfezione, dall'uomo, misero e peccatore, e,
in base a questa premessa, sottolineò l'impossibilità per l'essere
umano di raggiungere la propria salvezza eterna se non per la fede, a
sua volta dono di Dio. Dunque, in una concezione come quella appena
vista,
non
avevano
importanza
né
le
opere
buone
dell'uomo
né
l'intervento dell'organizzazione della Chiesa.
In
questo
senso
è
significativo
rilevare
come
Lutero
concedesse
valore solo ai sacramenti del battesimo e dell'eucarestia, dei quali
trovava testimonianza nei Vangeli.
Appare evidente da quanto sin ora considerato la lontananza della
concezione luterana dallo spirito dell'Umanesimo. Si può ricordare
come l'umanista Erasmo da Rotterdam (1466 circa-1536), pur convinto
della
necessità
di
un
rinnovamento
della
Chiesa,.
accusasse
la
dottrina di Lutero di non considerare il libero arbitrio, ossia il
libero volere dell'uomo.
In
stretto
collegamento
con
i
principi
(a
loro
volta
connessi)
della necessaria sufficienza della fede per la salvezza dell'anima
e
dell'inutilità
dell'organizzazione
gerarchica
della
Chiesa
di
Roma rispetto allo scopo della vita eterna il Riformatore tedesco
sostenne, inoltre, il principio del libero esame della Bibbia da
parte di ogni fedele, senza subordinazione all'interpretazione di
un'autorità ecclesiastica (e, in ciò, in una specie di paradossale
applicazione
delle
convinzioni
umanistiche
sulla
libera
interpretazione critica dei testi letti). Questo principio esprimeva
l'esigenza di un intimo
e stretto rapporto tra il credente e Dio.
Lutero stesso eseguì una traduzione della Bibbia in tedesco, per
facilitare a tutti la lettura del Libro Sacro.
Le idee del Riformatore ebbero presto accoglienze favorevoli nella
Germania. Da un'altra parte Lutero finì con l'essere scomunicato, nel
1521, dal papa Leone X (1475-1521).
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
23- VICENDE DELLA RIFORMA LUTERANA.
Si è vista la popolarità della Riforma luterana in Germania. Come già
indicato, questa
politica
e
popolarità
sociale
tedesca.
fu
anche
Così,
favorita
per
dalla
esempio,
si
situazione
è
accennato
all'autonomia dei Principi territoriali e alla loro ostilità ad un
forte potere imperiale e al disegno di accentramento di Carlo V, con
la sua caratterizzazione religiosa.
Fu il duca Federico di Sassonia (uno degli elettori imperiali) a
difendere Lutero, già quando, dopo la scomunica papale, insistette
perché il riformatore
venisse
invece
consegnato
di
essere
giudicato
al
da
papa.
un
tribunale
Lutero
fu
tedesco,
comunque
condannato, a Worms, al bando dall'Impero.
Fu
ancora il duca di Sassonia a salvarlo e a nasconderlo.
Il crescente sviluppo della Riforma luterana investì varie zone della
Germania e costituì un punto di debolezza per Carlo V. Il sovrano,
nel corso degli anni, dovette alternare nei confronti dei Principi
seguaci di Lutero momenti di concessioni a momenti di repressione,
deliberati
Spira,
nel
in
successive
1526,
si
diete
venne
(assemblee
incontro
alle
imperiali).
esigenze
Dunque,
dei
a
luterani,
permettendo, fra l'altro, lo svolgersi di parti della liturgia in
lingua tedesca e il matrimonio dei preti. Peraltro, successivamente,
in una dieta tenuta sempre a Spira, nel 1529, si ritirarono le
concessioni fatte, tornando alla condanna di Lutero che si era avuta
a Worms e suscitando, in tal modo, protesta formale da parte dei suoi
seguaci.
Da
questa
"protesta"
si
cominciò
a
chiamare,
appunto,
"Protestanti" i discepoli del riformatore.
La linea politica di questa seconda dieta di Spira trovò conferma
nella
dieta
di
Augusta
del
1530.
Così
si
organizzò
un'alleanza
militare di Principi protestanti, detta Lega di Smalcalda, che portò
avanti una lotta antiasburgica, anche aiutata militarmente dal re di
Francia Francesco I.
Dopo varie vicende, con gli accordi di Augusta del 1555, si avviò la
pacificazione religiosa della Germania, con uguale dignità sia per i
cattolici che per i luterani. Peraltro non si realizzò una completa
libertà religiosa poiché solo i Principi potevano scegliere il loro
culto,
mentre
i
cittadini
non
professanti
la
religione
del
loro
Principe avevano la possibilità di emigrare (principio detto del
"cuius regio eius religio").
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
24- SVILUPPI DELLA RIFORMA PROTESTANTE.
Le esigenze che avevano dato vita all'opera di Lutero ispirarono
anche il pensiero e l'azione di molti altri teologi.
E' importante ricordare ancora, in primo luogo, la spinta ad una
riforma proveniente dall'interno dello stesso mondo cattolico. In
questo quadro si sistema bene l'idea di un concilio ecumenico che
riuscisse ad appianare le varie questioni all'interno di una Chiesa
cattolica
rinnovata.
Un'idea,
questa,
che,
fra
l'altro,
veniva
incoraggiata, per motivi politici, dall'imperatore Carlo V. Ancora,
l'insieme delle forze e delle esigenze che avevano spinto Lutero ad
uscire dalla Chiesa di Roma trovarono anche espressione in altre
varie teorie teologiche. Si può così pensare a Thomas Muntzer (1490
circa-1525), considerato ispiratore del movimento degli Anabattisti,
movimento
sviluppatosi
in
Germania
e
in
Svizzera.
Muntzer
e
gli
Anabattisti sostenevano la necessità di somministrare il battesimo
solo in età adulta. Muntzer, partendo da posizioni teologiche, arrivò
a predicare la proprietà comune dei beni e fu uno dei capi di una
rivolta
contadina
(severamente
condannata
da
Lutero),
nella
cui
repressione, da parte dei Principi tedeschi, trovò la morte.
Va
sottolineata
Riforma.
anche
Un'espansione,
l'avanzante
questa,
in
espansione
cui
si
territoriale
osservano
della
intrecciati
motivi religiosi e motivi politico-sociali.
L'inizio della Riforma in Inghilterra fu strettamente collegato a
motivazioni politiche. Infatti, quando papa Clemente VII rifiutò al
re inglese Enrico VIII, desideroso di un erede maschio e innamorato
di una dama della sua corte (Anna Bolena), lo scioglimento del suo
matrimonio
con
Caterina
d'Aragona,
zia
dell'imperatore
Carlo
V,
Enrico VIII, con un Atto di supremazia approvato dal Parlamento nel
1534, staccò la Chiesa inglese, detta Chiesa Anglicana, da Roma,
facendosene
monasteri
riconoscere
furono
capo.
disciolti
e
In
le
seguito
loro
a
questa
ricchezze
operazione
incamerate
i
dallo
Stato. Peraltro la dottrina della Chiesa Cattolica venne lasciata
sostanzialmente immutata.
In Francia l'espansione della Riforma venne fortemente contrastata
dal re Francesco I (che, pur, come visto, aveva preso accordi con la
Lega protestante di Smalcalda).
Va rilevato e ricordato che il termine "protestanti", in origine
coniato per i luterani, si andò poi estendendo a tutti i riformatori
estranei alla Chiesa di Roma.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
25- CALVINO.
Nello sviluppo delle vicende della Riforma protestante ha notevole
importanza, anche per l'evoluzione del pensiero teologico, la figura
del
teologo
francese
Jean
Calvin
(1509-1564),
italianizzato
in
Giovanni Calvino.
Stabilitosi
in
Svizzera,
Calvino
ebbe
modo
di
approfondire
e
di
mettere in pratica le sue idee riformatrici a Ginevra, in un clima
caratterizzato
dalla
stretta
connessione
del
potere
laico
e
del
potere religioso, con una subordinazione e una finalizzazione del
primo agli scopi e alle necessità del secondo. La natura di teocrazia
intollerante e repressiva appartenente a questo sistema politico si
evidenzia chiaramente con il caso di Michele Serveto, il pensatore
(teologo e scienziato) che venne bruciato sul rogo a Ginevra, nel
1553, per aver negato il dogma della Trinità.
Tra gli elementi significativi della teologia di Calvino occorre
sottolineare la dottrina della predestinazione. Per questa dottrina,
che rappresenta un particolare sviluppo delle teorie di Lutero sulla
salvezza
dell'anima,
Dio,
data
la
sua
onnipotenza
e
nella
sua
imperscrutabile volontà, decide, fin dal momento della Creazione, gli
eletti
al
Paradiso
e
coloro
che,
invece,
sono
predestinati
alla
dannazione eterna.
In questa visione teologica contrassegnata dalla predestinazione le
opere e le azioni umane non hanno valore di contributo alla salvezza
dell'anima,
così
come
non
lo
avevano
per
Lutero.
Tuttavia
nella
teologia calvinista il successo delle azioni e degli affari, e anche
della vita professionale, dell'uomo possono indicare il favore di Dio
per lui, il suo appartenere al numero degli "eletti": non sono le
opere umane che producono la Grazia di Dio ma è la presenza della
Grazia di Dio che può capirsi anche dal successo delle opere umane.
Sulla
base
di
queste
considerazioni
Max
Weber
(1864-1920),
uno
studioso tedesco, ha pure potuto ipotizzare (in scritti come L'etica
protestante e lo spirito del capitalismo) un collegamento naturale
tra
concezioni
religiose
protestanti
e
successo
economico-sociale
della classe borghese (con i suoi commerci e con l'aumento dei suoi
profitti).
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
26- CONCILIO DI TRENTO. CONTRORIFORMA.
Di
fronte
alla
Riforma
protestante
si
moltiplicarono
nel
mondo
cattolico iniziative finalizzate al rinnovamento come alla difesa
della Chiesa di Roma.
Fra
queste
iniziative
è
importante
ricordare
la
formazione
dell'ordine dei Gesuiti (Societas Jesu), un'associazione di religiosi
che,
fondata,
nel
1534,
da
sant'Ignazio
di
Lojola
(1491-1556)
e
riconosciuta, nel 1540, da papa Paolo III (1468-1549), svolse opera
di
insegnamento
presso
i
gruppi
dirigenti
europei
e
attività
missionaria.
Si è già incontrato il movimento di richiesta di un nuovo Concilio
ecumenico, che fosse tale da risolvere le controversie tra cattolici
e protestanti. Questo Concilio venne aperto a Trento, da papa Paolo
III, nel 1545 e si prolungò, con varie interruzioni, sino al 1563.
Va rilevato come fino dai suoi primi sviluppi il Concilio di Trento
sia
stato
manifestazione
dell'irrigidimento
delle
posizioni
teologiche già avviato in quel periodo piuttosto che occasione per la
discussione paritaria delle diverse teorie e per il superamento del
loro contrasto. In realtà il Concilio tridentino (Tridentum è il nome
latino di Trento), convocato e controllato dal papa, fu, dall'inizio,
espressione
della
riorganizzazione
potere
del
papa.
Chiesa
interna,
Al
di
Roma
basata,
Concilio
tra
rimasero
e
strumento
l'altro,
così
della
sull'aumento
estranei
i
sua
del
teologi
protestanti, che, invitati, non videro le condizioni per una loro
partecipazione libera e su un piede di parità con i cattolici. Va
detto che vennero riconfermate tutte le dottrine teologiche romane,
comprese
quella
dell'importanza
delle
opere
per
la
salvezza
dell'anima e quella del valore dei sacramenti.
Nel quadro della riorganizzazione della Chiesa si curò maggiormente
la moralità e la preparazione dei sacerdoti. A questo scopo si resero
obbligatori
seminari
per
la
formazione
dei
giovani
aspiranti
al
sacerdozio.
Il Concilio di Trento si rivela parte e strumento essenziale della
Controriforma,
culturali,
ossia
di
quell'insieme
organizzative)
messo
in
di
atto
politiche
dalla
(religiose,
Chiesa
romana
per
difendere e riorganizzare se stessa dopo la Riforma protestante. Va
anche
ricordato
come,
per
i
fini
appena
accennati,
all'opera
di
rinnovamento spirituale e di miglioramento dei comportamenti degli
ecclesiastici si affiancasse una decisa chiusura nei confronti del
protestantesimo
ed
una
severa
politica
di
repressione
contro
i
protestanti e tutti coloro che venissero considerati eretici. Già nel
1542 papa Paolo III aveva organizzato una commissione stabile di
cardinali: la congregazione della Sacra Inquisizione, o Sant'Uffizio,
con poteri vastissimi, estesi a tutta la Cristianità, e con finalità
di persecuzione e repressione di coloro che contrastassero le idee
della Chiesa romana. E' da notare che quella dell'Inquisizione è
stata storicamente la prima delle Sacre congregazioni romane, gruppi
di cardinali con il compito di aiutare il pontefice per diverse
materie e negli affari di governo. A questa stessa congregazione
venne affidata la redazione dell'Indice dei libri proibiti, ossia
dell'elenco degli scritti che, per i loro contenuti, apparissero
contrari
agli
insegnamenti
della
Chiesa
e
fossero,
pertanto,
da
vietare alla lettura. Nel 1571, papa san Pio V (1504-1572) diede il
compito
di
dell'Indice.
aggiornare
tale
elenco
ad
una
apposita
congregazione
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
27-
SCHEMA
DEI
MOTIVI
DI
CRISI
DELL'IDEA
IMPERIALE
DI
CARLO
V.
RINUNCIA DELL'IMPERATORE.
Si
sono
già
considerati
alcuni
dei
vari
motivi
di
crisi
che
minacciavano la stabilità dei domini di Carlo V.
Si è così visto il ruolo negativo avuto dalla grande estensione di
tali domini e dalle loro notevoli differenze (che non permettevano di
farne un tutto unitario).
Inoltre,
la
grande
vastità
dei
territori
dominati
produceva
necessariamente all'esterno paure, rivalità e, quanto meno, comunque,
continue occasioni di guerra.
Si è messa in rilievo la lunga lotta antiasburgica condotta dallo
Stato francese, che si vedeva accerchiato dai territori soggetti a
Carlo V.
Va ora anche ricordato un altro elemento: l'espansione dell'Impero
Ottomano.
Un'espansione,
questa,
che,
da
parte
di
terra
investì
l'Ungheria e la stessa Austria, giungendo pure all'assedio turco di
Vienna (così nel 1529), mentre da parte di mare si sviluppò come una
lunga lotta per il dominio militare del Mediterraneo.
Si è più volte considerato come Carlo V, anche sull'esempio del Sacro
Romano
Impero
medioevale,
avesse
tentato
un'operazione
di
unificazione dei territori e di rafforzamento del proprio potere
attraverso l'elemento della comune fede cristiana. Da questo punto di
vista la Riforma protestante e la pace di Augusta, del 1555, con la
legittimazione della differenziazione tra regioni luterane e regioni
cattoliche,
rappresentarono
un
fallimento
evidente
rispetto
alla
concezione del mondo dell'imperatore.
Tra il 1555 ed il 1556 Carlo V rinunciò a tutti i suoi poteri.
Rinunciò al Regno di Spagna, con i possedimenti coloniali americani,
ai domini italiani e ai
Paesi Bassi, tutti a favore del
figlio
Filippo II (1527-1598); all'Austria e alla carica imperiale a favore
del fratello Ferdinando (1503-1564).
Appare significativo come Carlo V, agendo nel modo appena visto,
abbia alleggerito la pressione sulla Francia dovuta al cumulo dei
territori nelle mani di una sola persona.
Peraltro si registrarono ancora scontri tra il re di Francia Enrico
II, figlio e successore, nel 1547, di Francesco I, e il nuovo re di
Spagna
Filippo
sull'Europa.
Quintino,
del
II,
Dopo
il
la
1557,
quale
aspirava
sconfitta
si
giunse
ad
francese
agli
una
supremazia
nella
accordi
di
battaglia
pace
di
politica
di
San
Cateau-
Cambresis, del 1559, per i quali, tra l'altro, la Francia riconosceva
i domini spagnoli in Italia.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011
28- CRISI E TRASFORMAZIONI ECONOMICO-SOCIALI EUROPEE NEI SECOLI XVI E
XVII.
In sede di approfondimento delle vicende storiche del secolo XVI si
possono anche considerare, e sottolineare, vari motivi di crisi di
carattere economico. Motivi di crisi che si accompagnano a profonde
trasformazioni sociali ed economiche.
Il già ricordato sviluppo dell'incremento demografico (dopo il grave
dissesto della metà del XIV secolo) rivela bene, nel secolo XVI, le
sue contraddizioni ed i suoi limiti.
Gli storici hanno potuto mettere in rilievo il collegamento di questo
aumento della popolazione con il fenomeno economico del rialzo dei
prezzi (inflazione), in una situazione nella quale la domanda dei
beni era superiore alla loro offerta. Gli storici, inoltre, hanno
sottolineato
l'influsso
dell'inflazione
dalle
aggravante
massicce
esercitato
importazioni
in
sul
Spagna
fenomeno
di
metalli
preziosi americani, usati anche per coniare monete. Tutto ciò in base
al principio per il quale in mancanza in quantità sufficiente, sul
mercato, di un qualsiasi bene richiesto, l'aumento quantitativo del
denaro disponibile per l'acquisto del detto bene alza il prezzo dello
stesso, e, di conseguenza, l'inflazione.
Nel XVI secolo, la presenza in Europa del fenomeno inflazionistico ha
prodotto, o aggravato, vari effetti economico-sociali.
Va segnalato, in primo luogo, che i gruppi sociali direttamente e
negativamente
colpiti
dipendenti, con il
da
questa
situazione
risultarono
lavoratori
loro salario determinato in una quantità fissa di
moneta, nonché i grandi proprietari di terre, come i nobili, i quali
avessero
affittato
i
loro
terreni
per
il
compenso
di
un
canone
monetario prefissato.
Di
fronte
a
questo
stato
di
cose
la
risposta
della
nobiltà
e,
comunque, dei grandi proprietari terrieri consistette in un tentativo
di ritorno all'organizzazione economica feudale (con prestazioni in
natura e il vincolo dei contadini alla terra da loro coltivata) o, in
ogni caso, di rafforzamento dei poteri e dei diritti economici del
signore sui suoi sottoposti. Ciò, evidentemente, in
una politica
basata sullo sfruttamento di questi soggetti subordinati, e non sulla
più
efficace
conseguenze
prodotti
di
e
produttiva
tale
agricoli
politica
e,
quindi,
coltivazione
è
da
dei
ricordare
della
terreni.
la
popolazione
Tra
le
diminuzione
dei
legata
a
tale
produzione. Si può far notare, sino da ora, come il più pieno ritorno
al modello feudale si sia avuto nell'Europa centro-orientale.
Queste forme di risposta agli sviluppi dell'inflazione del XVI secolo
sono, pertanto, tra le cause che portarono, con la fine del secolo
XVI e, quindi, con il secolo XVII, ai fenomeni, legati, della crisi
demografica e della riduzione della produzione agricola. Tutto ciò
inserito in un periodo di tempo anche caratterizzato da molte guerre
ed epidemie nonché dall'intolleranza religiosa.
E'
necessario
precisare
subito
come
il
dissesto
demografico-
economico del secolo XVII sia stato sicuramente inferiore a quello
del secolo XIV.
Va inoltre messo in rilievo come il richiamato dissesto non sia stato
omogeneo per tutta l'Europa. Il continente europeo, dal punto di
vista economico-sociale, si è trovato diviso in tre diverse zone:
meridionale,
contrassegnata
dalla
settentrionale;
centro-orientale.
Per
dominazione
molti
aspetti
spagnola;
le
zone
che
ebbero le condizioni peggiori furono quella meridionale e quella
centro-orientale (nella quale, come visto, si era addirittura avuto
un
ritorno
a
modelli
organizzativi
medioevali
e
feudali
molto
accentuato).
Più in generale, considerando il sistema economico globale dal punto
di vista dell'utilizzazione e del controllo dei lavoratori, si può
osservare, in modo conseguente alla storia delle varie regioni, il
coesistere
obblighi
del
lavoro
feudali
salariato
dell'Europa
nell'Europa
occidentale
centro-orientale
e
con
con
gli
l'economia
schiavistica del mondo coloniale.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
29- SVILUPPO DEI MOTIVI DI CRISI (SOCIALE ED ECONOMICA) DEI SECOLI
XVI E XVII E VICENDE DELL'EUROPA.
La
tendenziale
(cosiddetta
ripresa
dell'organizzazione
"rifeudalizzazione"),
economica
caratteristica,
come
feudale
visto,
del
periodo storico tra XVI e XVII secolo, si collega bene ad altri
elementi di crisi dell'Impero spagnolo e dell'Europa meridionale.
Appare da sottolineare, in primo luogo, come questo Impero, per le
sue
caratteristiche
e
per
la
sua
importanza,
abbia
significativamente influenzato la vicenda storica europea.
Si è già considerato, a proposito della Spagna, da una parte il
tradizionale e rilevante peso sociale della nobiltà; da un'altra
parte
la
sostanziale
mancanza
di
una
forte
e
produttiva
classe
borghese. Si può ancora ricordare come lo sviluppo dei commerci,
nella penisola Iberica, fosse opera essenzialmente degli ebrei e
come, però, ebrei e arabi venissero perseguitati, pure se convertiti
al Cristianesimo. Ciò in un quadro politico-sociale contrassegnato
dalla
ricerca
di
un'omogeneizzazione
etnico-religiosa
e
dall'utilizzazione della religione quale strumento di potere. Filippo
II, come visto, figlio di Carlo V e re di Spagna, continuò questa
politica dei suoi predecessori. Elementi essenziali della concezione
del monarca spagnolo furono la ricerca di un accentramento dei poteri
nelle mani del sovrano accompagnata dalla ricerca della supremazia
internazionale
dello
Stato.
Elemento
essenziale
fu,
inoltre,
la
difesa della Chiesa della Controriforma, in una visione del mondo in
cui
(lo
si
ripete)
la
religiosità
diviene
anche
strumento
di
controllo e di dominio.
Nel
quadro
dell'ampliamento
dell'estensione
territoriale
della
Monarchia spagnola va segnalata l'unione con il Portogallo, nel 1580,
quando si esaurì la dinastia regnante portoghese (gli Aviz) e Filippo
II, che era imparentato con questa dinastia, per prenderne il posto
occupò
il
Portogallo
con
l'esercito.
Occorre
rilevare
che
l'indipendenza portoghese fu riconosciuta dalla Spagna solamente nel
1668, al termine di una guerra scoppiata in seguito alla ribellione
antispagnola del 1640.
Sempre per quanto riguarda la supremazia internazionale della Spagna,
con
i
problemi
che,
necessariamente,
l'accompagnarono,
va
pure
ricordata la lotta contro l'espansionismo dell'Impero Ottomano. Una
lotta,
questa,
che
trovò
episodio
significativo
nella
battaglia
navale di Lepanto, del 1571. La battaglia di Lepanto vide lo scontro
delle flotte alleate di Spagna, Venezia, Genova, Stato Pontificio,
Cavalieri di Malta contro quella dell'Impero Ottomano e si concluse
con la sconfitta di quest'ultima. Benché gli effetti negativi per i
Turchi venissero ridotti dal successivo disaccordo tra gli Stati
cristiani,
molti
storici
hanno
sottolineato
l'importanza
della
sconfitta subita per bloccare l'espansione ottomana nel Mediterraneo.
La
considerata
politica
di
accentramento
dei
poteri
e
di
utilizzazione della Chiesa doveva, peraltro, creare grossi problemi
allo sviluppo economico e sociale dell'Impero spagnolo. Tra l'altro,
il
rigore
religioso
della
Monarchia
di
Spagna
doveva
aprire
ed
aggravare fenomeni di divisione territoriale e di contrasto sociale.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
30- MOTIVI DI CRISI IN EUROPA.
Si
è
accennato
come
l'intransigenza
religiosa
della
Monarchia
spagnola fosse tra i motivi di difficoltà della Spagna e del suo
impero. La difesa spagnola delle tesi della Controriforma e la loro
rigida applicazione all'interno di tutto lo Stato portarono ad una
grave crisi sociale nei Paesi Bassi (affidati, da Carlo V, a Filippo
II).
Qui
si
ricchezza.
era
sviluppata,
Inoltre,
vi
si
in
seguito
andava
ai
commerci,
diffondendo
il
una
grande
Calvinismo.
Le
necessità del mantenimento di una certa autonomia sociale e della
fede
religiosa
spinsero
i
Paesi
Bassi
ad
una
forte
lotta
antispagnola. Si poté così assistere: da un lato, ad una unione
contro
la
Spagna
meridionali,
in
dell'insieme
prevalenza
dei
Paesi
Bassi,
cattoliche,
tanto
quanto
le
zone
quelle
a
settentrione, per la gran parte calviniste; da un'altra parte, ad
una
feroce
repressione
Repressione,
ribellione.
questa,
che,
Peraltro,
condotta
dalle
tuttavia,
non
successivamente,
truppe
riuscì
una
più
a
spagnole.
sradicare
oculata
la
politica
spagnola, basata su concessioni, riuscì a riportare all'ubbidienza
verso
Filippo
II
i
Paesi
Bassi
meridionali,
ma
non
quelli
settentrionali. L'insieme delle province settentrionali formò così,
nel 1579, l'Unione di Utrecht, che diede vita ad un nuovo Stato: la
Repubblica delle Province Unite (Olanda, Zelanda, Gheldria, Utrecht,
Groninga,
Overijssel,
Frisia).
conflitto
armato
la
tra
nuova
Si
sviluppò,
Repubblica
pertanto,
e
la
un
Spagna.
lungo
Questo
conflitto si concluse solo nel 1648, con il riconoscimento spagnolo
dell'indipendenza del nuovo Stato.
La considerazione di questa e delle altre guerre che interessarono la
Spagna permette di giungere a varie conclusioni.
In primo luogo si ha la conferma della sostanziale importanza e del
peso, politico come economico, dell'Impero spagnolo.
In secondo luogo la considerazione delle guerre illustra altri motivi
di
crisi
della
Spagna,
e
dell'Europa,
del
XVII
secolo.
Si
ha,
inoltre, la possibilità di collegare meglio tra loro questi vari
motivi di crisi.
Si può subito mettere in rilievo come la caratterizzazione religiosa
dello
Stato
negative.
spagnolo
In
questo
abbia
senso
dato
si
il
via
possono
a
numerose
ricordare,
per
conseguenze
esempio,
le
persecuzioni di arabi ed ebrei ed il loro effetto di ostacolo allo
sviluppo della vita economica e sociale. Va ancora sottolineato che,
insieme, la politica di potenza e la volontà di difendere e imporre
ovunque
i
principi
della
Controriforma
siano
state
causa
per
la
Spagna di una serie di conflitti armati. A quest'ultimo proposito
appare notevolmente significativa la lotta della Monarchia spagnola
contro
l'indipendenza
dei
Paesi
Bassi;
una
lotta,
ossia,
che
si
presenta, nello stesso tempo, come tentativo di riaffermazione del
potere di Filippo II e di repressione della Riforma protestante.
Le numerose guerre combattute dalla Spagna hanno, comunque, causato
diverse difficoltà alla sua vita economico-sociale. Così, tra queste
difficoltà,
occorre
anche
ricordare
quella
consistente
nella
diminuzione del numero dei lavoratori impiegati nell'agricoltura e
nelle altre attività economiche, in ragione diretta del rilevante
aumento del numero di uomini impegnati come soldati. Inoltre, gli
storici
hanno
militari
alimentare
potuto
spagnole
e
dagli
sottolineare
il
grosso
(rappresentato,
ad
esempio,
stipendi
per
l'esercito,
costo
dal
dalle
delle
imprese
sostentamento
armi
e
dalle
munizioni). Ancora, si può rilevare come, di fronte a questi costi,
la
Spagna
abbia
fatto,
tra
richiesti a banche estere.
l'altro,
ricorso
a
prestiti
notevoli
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
31- CRISI EUROPEA E CONFLITTI RELIGIOSI: FRANCIA.
Si è più volte considerata l'importanza del fattore religioso nella
crisi europea tra XVI e XVII secolo. Tra l'altro, si è anche visto il
significato
della
religione
tendenziale
schierarsi
della
per
la
Spagna
Monarchia
spagnola
a
della
favore
nonché
Chiesa
il
della
Controriforma. Osservando il quadro in generale, va sottolineato come
la Spagna cattolica si trovasse inserita in un'Europa nella quale
cresceva il Calvinismo e si sviluppavano lotte di religione.
All'interno stesso della sfera di potere spagnola si è trovato il
caso dei Paesi Bassi.
Anche in Francia si ebbero violente lotte di religione. In effetti,
in una situazione caratterizzata pure dall'indebolimento del potere
centrale
della
Monarchia,
i
calvinisti
francesi
(detti
ugonotti)
riuscirono a sviluppare una loro forte autonomia di organizzazione
(difesa dal possesso di basi militari, come La Rochelle e Cognac) e
si contrapposero ai cattolici, appoggiati dal Papato e dalla Spagna
di
Filippo
II.
La
seconda
metà
del
XVI
secolo
in
Francia
vide
numerosi conflitti armati tra protestanti e cattolici (noti come
guerre di religione) e numerosi massacri. Famoso fu il "massacro
della notte di San Bartolomeo", nella notte fra il 23 ed il 24 agosto
1572, quando moltissimi ugonotti ed uno dei loro capi più importanti,
il Coligny, vennero uccisi, a Parigi, dai cattolici.
Successivamente, alla morte del re di Francia Enrico III di Valois
(1551-1589),
colui
che
doveva
succedergli,
non
essendoci
altri
parenti prossimi al re defunto, fu Enrico di Borbone (1553-1610), un
capo ugonotto. Va ricordato che sia i Borboni sia i Valois erano
imparentati alla dinastia dei Capetingi, già regnante in Francia. La
parte
cattolica
francese
rifiutò
di
riconoscere
il
Borbone
come
legittimo sovrano. I cattolici in questo furono aiutati da Filippo II
di Spagna, il quale inviò in Francia un esercito in loro appoggio.
Gli storici hanno anche potuto rilevare come questo intervento del re
di Spagna abbia potuto influenzare negativamente i francesi. Si è
pure sostenuto che gli abitanti della Francia, alla fine del secolo
XVI, dovevano, inoltre, essere stanchi delle guerre di religione e
pronti ad una disposizione d'animo di maggiore tolleranza. Comunque,
la
conversione
Borbone
(come
al
re:
Cattolicesimo,
Enrico
IV)
di
nel
1593,
essere
permise
incoronato
a
Enrico
di
secondo
il
tradizionale rito religioso in uso per la Monarchia francese; gli
permise anche di eliminare le ragioni di fede che spingevano contro
di lui molti suoi oppositori. Il sovrano sviluppò una politica di
pacificazione. Significativo, a tale ultimo proposito, è l'Editto di
Nantes, del 1598, con il quale Enrico IV riconobbe sostanzialmente la
libertà del culto calvinista, pur dando valore di religione ufficiale
al Cattolicesimo.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
32- CRISI EUROPEA E CONFLITTI RELIGIOSI: INGHILTERRA.
Si è già visto come, negli anni Trenta del secolo XVI, il re inglese
Enrico
VIII
(1491-1547)
abbia
staccato,
per
motivi
politici,
la
Chiesa d'Inghilterra (Chiesa Anglicana) da quella di Roma. Si è anche
considerato come questa operazione, dal punto di vista teologico,
abbia
sostanzialmente
rispettato
il
corpo
fondamentale
dei
dogmi
cattolici.
Peraltro
il
fatto
stesso
della
separazione
da
Roma,
nella
sua
importanza, non poteva non dare il via a sviluppi religiosi più
radicali. Può dirsi subito come, in generale, comunque, le vicende
religiose inglesi continuarono ad essere fortemente influenzate dalle
vicende politiche.
A Enrico VIII nacquero tre figli: Edoardo, Maria, Elisabetta. Quando
il re morì, nel 1547, gli successe il figlio Edoardo VI (1537-1553),
nato dal suo terzo matrimonio, con Jane Seymour.
Il re Edoardo, anche con l'ispirazione del Consiglio di reggenza che
lo seguiva, avviò la Chiesa inglese verso un più largo accoglimento
delle
concezioni
luterane
e
calviniste.
A
tale
proposito
può
ricordarsi la concessione della possibilità del matrimonio dei preti.
Peraltro
senso
le
del
Edoardo
vicende
tutto
VI,
dopo
politiche
contrario
il
inglesi
alla
brevissimo
agirono
Riforma.
regno
di
successivamente
Infatti,
Jane
alla
Grey,
morte
in
di
protestante,
nipote della sorella di Enrico VIII Maria Tudor (e preferita nella
successione
deposta
per
per
piuttosto,
disposizione
effetto
alla
del
discendenza
del
predecessore
malcontento
diretta
di
del
Edoardo,
popolo,
Enrico),
salì
ma
subito
favorevole,
al
trono
inglese, nel 1553, la cattolica Maria I la Sanguinaria (1516-1558),
nata dal primo matrimonio di Enrico VIII, con Caterina d'Aragona.
Maria la Sanguinaria, detta anche Maria la Cattolica, sposò, nel
1554, Filippo II di Spagna; dal matrimonio non nacquero figli.
La
regina
Maria
si
impegnò
a
ricondurre
l'Inghilterra
al
Cattolicesimo. Per attuare questa sua politica religiosa cominciò,
tra
l'altro,
una
feroce
persecuzione
di
eretici
e
protestanti,
condannati, in gran numero, ad essere bruciati vivi sul rogo. Furono
proprio queste condanne che spinsero il popolo a chiamare la regina
con il nome di Maria la Sanguinaria.
Gli storici hanno anche messo in rilievo, per questo periodo, la
sostanziale
dipendenza
della
politica
inglese
rispetto
a
quella
spagnola. Una dipendenza legata al matrimonio fra la regina e Filippo
II.
Alla morte di Maria la Sanguinaria, nel 1558, sali al trono un'altra
figlia di Enrico VIII: Elisabetta I (1533-1603), nata dal secondo
matrimonio del padre, con Anna Bolena.
La politica di Elisabetta I fu volta alla crescita della ricchezza e
della potenza dell'Inghilterra. In questo quadro problemi economici,
politici e religiosi erano strettamente legati fra loro. Così, ad
esempio, l'esigenza di conquistare una sfera di dominio politicoeconomico inglese condusse necessariamente all'allontanamento dalla
Spagna e, anzi, alla rivalità con essa. Parallelamente, anche il
nuovo
abbandono
del
Cattolicesimo
a
favore
della
religione
protestante che si ebbe con Elisabetta I trovò alcune delle proprie
motivazioni in questa politica antispagnola. Nello stesso tempo, la
necessità
per
il
potere
religione
impedirono
l'accoglimento
radicali,
di
alla
ritorno
dell'organizzazione
inglese
di
purezza
gerarchica
controllare
di
del
certe
avanti in Inghilterra dai Puritani.
Chiesa
esigenze
Vangelo
ecclesiastica
la
e
che
di
e
la
religiose
superamento
furono
portate
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
33- POLITICA RELIGIOSA ASBURGICA. INIZIO DELLA GUERRA DEI TRENT'ANNI.
A suo tempo si è considerata la divisione operata da Carlo V dei
propri domini: l'Austria e il titolo imperiale al fratello Ferdinando
I; la Spagna con gli altri possedimenti occidentali al figlio Filippo
II. Si è, inoltre, vista la politica religiosa di Filippo II e degli
altri
Asburgo
spagnoli.
Una
politica,
dunque,
antiprotestante
e
indirizzata all'affermazione dei principi della Controriforma.
Va ora precisato che una analoga politica religiosa fu tenuta anche
dagli Asburgo austriaci nella loro sfera di dominio territoriale. Gli
storici
ricordano
specialmente,
in
questo
senso,
la
linea
di
comportamento degli imperatori Mattia (1557-1619, sul trono imperiale
dal 1612) e Ferdinando II (1578-1637, imperatore dal 1619). Questi
due
sovrani,
con
l'aiuto
dei
Gesuiti,
cercarono
di
imporre
una
riaffermazione decisa del Cattolicesimo. Una tale tendenza portò i
protestanti della Boemia ad una rivolta contro gli Asburgo, iniziata
con la defenestrazione, dal castello di Praga, di rappresentanti
imperiali (cosiddetta "defenestrazione di Praga"), il 23 maggio 1618.
La rivolta boema segnò l'inizio della guerra dei Trent'anni.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
34- GUERRA DEI TRENT'ANNI. ALTRI MOTIVI DI CRISI.
Nella struttura generale del Sacro Romano Impero, al momento della
"defenestrazione di Praga", il regno di Boemia aveva come re quel
Ferdinando di Asburgo che, l'anno successivo, sarebbe divenuto anche
imperatore. In seguito alla rivolta la Boemia dichiarò decaduto dal
regno Ferdinando e scelse, come nuovo re, un protestante, il capo di
uno degli Stati protestanti dell'Impero: l'elettore del Palatinato
Federico V. A fianco di Ferdinando e delle forze imperiali, e contro
Boemia e Palatinato, si schierò, in Germania, la Baviera (uno Stato
cattolico, che, tra l'altro, nel Sacro Romano Impero, era il perno di
un'alleanza antiprotestante: la Lega cattolica). Erano, inoltre, a
favore di Ferdinando la Spagna asburgica e lo Stato pontificio, che
inviò finanziamenti per la guerra contro i protestanti.
Un
esercito
spagnolo
attaccò
il
Palatinato.
Le
forze
imperiali-
bavaresi sconfissero quelle protestanti in Boemia, in una battaglia
combattuta presso Praga nel 1620: la battaglia della Montagna Bianca.
La dura repressione seguita a questa e ad altre sconfitte dei ribelli
finì con il favorire la loro resistenza; spinse, infatti, gli altri
Stati
protestanti
ad
aiutarli.
Un
aiuto
dato
anche
per
timore
dell'eccessiva potenza del blocco asburgico imperiale-spagnolo. Così
gli
Olandesi
diedero
ai
ribelli
finanziamenti.
Così,
inoltre,
dapprima la Danimarca e, poi, la Svezia (entrambi Stati protestanti)
intervennero contro gli Asburgo. I Danesi furono sconfitti e, nel
1629, furono costretti a ritirarsi dalla guerra. Successivamente, gli
Svedesi ebbero, agli inizi, miglior fortuna e arrivarono ad occupare
militarmente
parte
della
Germania.
Peraltro,
le
forze
congiunte
imperiali e spagnole sconfissero duramente gli Svedesi e li fecero
ripiegare.
L'ultima
parte
del
conflitto
fu
contrassegnata
dall'accordo
tra
Svezia e Francia contro il Sacro Romano Impero e la Spagna, in una
situazione che vedeva la Germania ormai stremata.
Il fatto stesso che una potenza cattolica come la Francia si alleasse
con la Svezia appare segno chiaro del valore assunto dalla lotta
contro il potere degli Asburgo nella fase finale della guerra. Il
predominio asburgico faceva paura anche al di fuori delle questioni
religiose ed esisteva in Europa un diffuso interesse a superarlo.
La guerra dei Trent'anni si concluse con la sconfitta del Sacro
Romano Impero. Con la pace di Westfalia, che, nel 1648, formalizzò la
fine delle ostilità, tramontò il disegno di una omogeneizzazione
religiosa dell'Impero. Venne riconosciuta libertà di culto anche per
il
Calvinismo.
Venne
inoltre
superato,
almeno
formalmente,
il
principio del "cuius regio, eius religio", a favore della libertà
religiosa di tutti in ogni Stato facente parte dell'organizzazione
imperiale.
La Spagna riconobbe l'indipendenza della Repubblica delle Province
Unite e rimase, però, in guerra contro la Francia.
Considerando
collegamento
complessivamente
con
le
la
motivazioni
guerra
della
crisi
dei
del
Trent'anni
XVII
in
secolo,
va
sicuramente sottolineato il ruolo pesantemente negativo avuto dalle
stragi e dalle distruzioni belliche per certe zone della Germania
sulla diminuzione della popolazione.
Si può ancora aggiungere il richiamo ai notevolissimi costi economici
che la Spagna dovette sopportare. Costi che, fra l'altro, spinsero
all'aumento dell'imposizione fiscale spagnola e, con ciò, all'aumento
del malcontento popolare. Scoppiarono molte rivolte. Si è già vista
la rivolta portoghese del 1640, che condusse sino alla riconquista
dell'indipendenza
del
Portogallo.
Si
possono
anche
citare,
ora,
quelle della Catalogna e di Napoli. In quest'ultima rivolta, del
1647, nella quale ebbe molta notorietà il capo popolare Masaniello,
fu famosa la resistenza della città contro la nobiltà e contro la
Spagna. Napoli fu pure bombardata dal mare dalle navi spagnole. Ciò
in un'Italia divisa, largamente sottomessa alla Spagna, avviata ad
una crescente decadenza economica non soltanto per lo sfruttamento
straniero
ma
anche
per
lo
spostamento
dei
traffici
commerciali
marittimi dal Mediterraneo all'Atlantico, in seguito alle scoperte
geografiche.
In
aggiunta
a
questi
motivi
di
crisi
va,
inoltre,
ricordata, e sottolineata, la grave forma di decadenza intellettuale
e
morale legata alle lotte religiose tra XVI e XVII secolo. La
religione come strumento di potere, l'intolleranza e la sopraffazione
dello spirito critico costituirono un freno per la vita civile e per
lo sviluppo della scienza. Ancora, l'ignoranza, la superstizione, la
paura per il diverso e per l'ignoto si espressero bene in questo
periodo
storico
nei
processi
per
stregoneria
e
nei
"streghe", accusate di avere rapporti con il Diavolo.
roghi
delle
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
35- ORIGINI DEL CAPITALISMO IN INGHILTERRA.
Si sono finora considerati i motivi di crisi che hanno portato varie
parti
dell'Europa
del
secolo
XVII
in
una
grave
situazione
di
decadenza. Dal punto di vista economico si è, tra l'altro, ricordata
l'affermazione
di
una
"rifeudalizzazione"
della
vita
produttiva,
presente in alcune zone dell'Europa già nel secolo XVI. Al contrario
in altre zone, come l'Inghilterra e l'Olanda, si andò sempre più
diffondendo, a far inizio dal secolo XVI, un nuovo e più efficace
sistema economico: il Capitalismo. Un sistema, questo, basato non più
sul feudo ma sul libero uso di crescenti somme di denaro (capitali)
nella produzione da parte di imprenditori privati (capitalisti) e
sulla,
collegata,
crescente
dipendenza
(subordinazione)
dei
lavoratori dall'imprenditore capitalista. Un tale sistema, nella sua
forma coerente, presuppone anche il superamento del sistema feudale.
A quest'ultimo proposito è pure da ricordare, nell'Inghilterra del XV
secolo, dopo la guerra dei Cento anni, la guerra civile (detta guerra
delle Due Rose) che, combattuta per il potere tra partigiani della
famiglia
Lancaster
(avente,
nello
stemma,
una
rosa
rossa)
e
partigiani della famiglia York (con una rosa bianca nello stemma) e
conclusasi con l'ascesa al trono di Enrico VII Tudor (1457-1509),
legato ai Lancaster, padre del re Enrico VIII, portò, tra le altre
conseguenze,
ad
una
diminuzione
del
potere
e
della
forza
delle
famiglie feudali, indebolitesi nei combattimenti fra loro.
Per delineare cause e sviluppi del capitalismo in Inghilterra, a
partire
dalla
capitalistica
rivoluzionario
"accumulazione
di
del
cui
parla,
XIX
originaria",
nel
secolo,
Capitale,
storici
ed
situazione
Karl
Marx,
economisti
iniziale
pensatore
hanno,
tra
l'altro, richiamato l'aumento del prezzo della lana nel XVI secolo e
i
conseguenti
fenomeni
dell'aumento
dell'appropriazione
privata
(attraverso "enclosures", ossia recinzioni) di terre già destinate
all'uso comune dei contadini per estendere, invece, l'allevamento di
bestiame
e
del
passaggio
da
seminativo
a
pascolo
nell'uso
dei
terreni.
In tal proposito si ricordano spesso le parole di Thomas More (14781535, uomo politico e pensatore inglese, decapitato per non avere
appoggiato la separazione dalla Chiesa di Roma, noto in Italia come
Tommaso
Moro)
sul
fatto
che
"i
montoni
mangiano
gli
uomini"
(i
terreni destinati al pascolo sono sottratti alle coltivazioni per
l'alimentazione umana). Le difficoltà economico-politiche del periodo
possono anche ritrovarsi nell'ispirazione fondamentale di un'opera
del Moro intitolata Utopia (letteralmente, in greco, Non luogo, ossia
Luogo inesistente), nella quale si delinea la presentazione di una
società sognata, ideale, caratterizzata, tra l'altro, dalla proprietà
comune dei beni.
Si è visto poco sopra come base del sistema capitalista la presenza
di imprenditori privati, generalmente borghesi, e del loro potere, e
la
subordinazione
a
questi
imprenditori
di
masse
di
lavoratori
impoverite e prive di mezzi di sostentamento. Si può dire che, ad
esempio, il fenomeno delle recinzioni, appena considerato, favorisca
tanto
l'arricchimento
dei
capitalisti
quanto
l'impoverimento
dei
contadini.
A questo doppio effetto ha contribuito anche la Riforma voluta da
Enrico VIII, da un lato con la ridistribuzione ai ricchi delle terre
della
Chiesa,
l'eliminazione
soppressi.
già
delle
passate
allo
attività
di
Stato;
da
sostegno
un
altro
legate
ai
lato
con
conventi
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
36- RIVOLUZIONE SCIENTIFICA.
Considerando l'Umanesimo si è già messa in rilievo
l'esaltazione
dello spirito critico umano preso come espressione delle capacità
dell'uomo. E' stato pure posto in evidenza l'intreccio, proprio dello
sviluppo di questo spirito critico, tra l'arte, la filosofia e la
scienza. Per dimostrare e illustrare un tale intreccio è apparsa
estremamente
significativa
la
figura
di
Leonardo
da
Vinci.
E'
importante sottolineare ancora il collegamento intercorrente tra il
movimento umanistico e le vicende della classe borghese e della vita
economica.
Va posto nel dovuto rilievo, già a questo punto, il percorso della
ricerca filosofico-scientifica nell'Europa del XVII secolo.
Va rilevata subito, nel quadro dei diversi eventi storici accaduti,
una generale tendenza ad una diffusione, anche nell'organizzazione
del potere e della società, di un criterio di ordinata razionalità.
E' da evidenziare, contemporaneamente, lo sviluppo della matematica e
il sorgere e lo sviluppo, in questo XVII secolo, della scienza fisica
(nella quale la matematica acquista un'importanza fondamentale).
Per
quel
che
nell'Inghilterra
riguarda
del
l'atteggiamento
progresso
economico
generale
si
del
pensiero
il
pensatore
ricorda
Francis Bacon (1561-1626, noto in Italia come Francesco Bacone) il
quale basò la propria filosofia sull'idea che sapere è potere, e che
solo
conoscendo
le
leggi
della
natura
l'uomo
può
arrivare
a
dominarla.
Nell'ambito
della
dell'Umanesimo,
ricerca
cominciarono
fisica
a
e
astronomica,
svilupparsi
cambiamenti
con
di
l'età
forte
rilevanza sia per le scoperte e le teorie scientifiche sia per la
vita economica e sociale.
Va messo in rilievo, ancora, come la complessiva visione del mondo
medioevale sia centrata sulla necessità del rapporto con Dio e come,
in questa prospettiva, anche i fenomeni naturali siano considerati
riflessi e simboli della Divinità. In questo modo il mondo naturale e
il
mondo
della
attraverso
il
società
comune
umana
sono
rapporto
con
strettamente
Dio.
legati
L'Universo
fra
loro
medioevale
si
presenta, da questo punto di vista, finito, fisso e gerarchicamente
ordinato. Il modello di questo Universo risale alla filosofia e alla
scienza degli antichi: Aristotele (384-322 a.C.), Claudio Tolomeo
(100 circa-178 d.C.). Per tale modello, fatto proprio dalla teologia
cristiana, la Terra sta immobile, in posizione centrale, circondata
dal moto di vari corpi celesti; inoltre, mentre i corpi celesti sono
inalterabili, la Terra, invece, è il luogo della decadenza e della
corruzione e, pertanto, subisce continue modificazioni. In questa
ricostruzione della struttura dell'Universo concetti fisici e valori
teologici e morali tendono a coincidere, a fare corpo unico. In
questo
modo,
per
così
dire,
vengono
inserite
e
incorporate
nel
necessario ordine universale anche le strutture del potere religioso
e politico.
Lo scienziato polacco Niccolò Copernico (1473-1543) contestò questo
sistema tolemaico geocentrico (ossia con la Terra immobile al centro
dell'Universo) per sostituirlo con uno eliocentrico (con la Terra che
si
muove
intorno
al
Sole).
Successivamente
si
schierò
contro
il
sistema geocentrico e in favore di quello copernicano Galileo Galilei
(1564-1642, grande scienziato e pensatore italiano). Nel percorso
della sua confutazione del modello geocentrico il Galilei sviluppò,
tra l'altro, quel metodo sperimentale (già intuito da Leonardo da
Vinci)
basato
sul
controllo
e
sull'approfondimento,
mediante
l'esperienza, di ipotesi teoriche fondate sulla matematica (nella
convinzione, espressa dallo scienziato, che il libro della natura è
scritto in caratteri matematici).
A proposito della fisica galileiana e dei suoi rapporti con la vita
economica e sociale appaiono da sottolineare due fatti. Il primo è
che il metodo sperimentale stesso, in quanto tale, nel suo carattere
operativo
di
manipolazione,
ragionata,
della
materia,
si
collega
strettamente alla vita della produzione. Il secondo è che il Galilei,
nel
corso
tolemaico
della
sua
geocentrico,
concetti
fondamentali
analisi
ha
critica,
potuto
riguardanti
sperimentale,
mettere
il
in
luce
movimento
del
una
dei
sistema
serie
corpi,
di
non
soltanto indispensabili dal punto di vista teorico ma anche tali per
i fini di una produzione economica più sviluppata, bisognosa, tra
l'altro, di macchinari sempre più perfezionati.
Si è già visto, poco sopra, come il sistema tolemaico, però, avesse
anche preso la funzione di difesa e di base teorica di un sistema di
potere politico-religioso. Questa considerazione consente di capire
la reazione, in Italia, contro Galilei e contro chiunque seguisse o
sviluppasse
le
idee
di
Copernico.
Così
Galileo
Galilei
venne
processato dal Sant'Uffizio, costretto a rinnegare i risultati delle
proprie ricerche, condannato al carcere.
Non
può
non
richiamarsi
un'altra
figura
di
pensatore
italiano:
Giordano Bruno (1548-1600). Questi superò le stesse tesi copernicane,
affermando che l'Universo è infinito e privo di centro. Morì bruciato
sul rogo, a Roma.
Anche in conseguenza di questa politica di intolleranza verso la
scienza e i pensatori l'Italia rimase economicamente arretrata.
In Inghilterra la scienza, non ostacolata, poté dare, con il lavoro
di pensatore di Isaac Newton (1642-1727), una razionale descrizione
dell'Universo, collegata con i concetti fondamentali del movimento
dei corpi.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
37- SVILUPPI E PROBLEMI DELLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA: CARTESIO E IL
FONDAMENTO DELLA VERITA' DELLA CONOSCENZA; RIFLESSIONE FILOSOFICA E
SVILUPPO
DELLO
STATO
NAZIONALE
ASSOLUTO
(HOBBES).
CONCETTO
DI
MATERIALISMO.
Con l'opera scientifica di Galileo Galilei si è visto un importante
inizio di costruzione della scienza sperimentale del movimento dei
corpi fisici. Si è successivamente avuto un grande sviluppo di questa
nuova
scienza.
Tale
sviluppo
ha
spinto
alla
riflessione
su
due
questioni, differenti ma legate tra loro: una questione riguardante
il fondamento e la ragione della validità dei risultati del metodo
sperimentale-matematico e della nuova scienza; un'altra riguardante
la
possibilità
di
estendere
l'uso
di
tale
metodo
sperimentale-
matematico, già utilizzato per lo studio del movimento dei corpi, a
sempre diversi fenomeni naturali e, anche, alla società umana.
La prima linea di ricerca parte dalla domanda: fino a che punto e
come mai sono valide e vere le conclusioni che noi ricaviamo dai
nostri
esperimenti,
nostri
ragionamenti?
dalle
E
nostre
ancora,
osservazioni
in
fondo:
scientifiche
fino
a
che
e
punto
dai
la
matematica è in collegamento con la realtà naturale e può essere
usata per spiegarla?
La
seconda
linea
di
ricerca
presuppone
una
certa
continuità
dei
fenomeni naturali tra loro.
Un importante pensatore e scienziato che si occupò di entrambi questi
problemi fu Renè Descartes (1596-1650, noto in Italia come Renato
Cartesio).
In un famoso scritto del 1637, il Discorso sul metodo, Cartesio
osserva che si può arrivare a dubitare di ogni cosa ma non, appunto,
di stare dubitando, ossia di pensare (il dubitare è una forma di
pensare), e quindi di essere (se penso allora sono). Il filosofo
esprime questa prima forma di certezza in una celebre affermazione:
"penso dunque sono" ("cogito ergo sum"). Ma la certezza dell'essere
del soggetto pensante non è ancora la certezza della corrispondenza a
verità della conoscenza che questo soggetto ha del mondo. A questo
punto Descartes osserva che, tra le idee indubitabilmente presenti
nel nostro pensiero, c'é anche l'idea di Dio. Un'idea, questa, che,
secondo Cartesio, dimostra la propria realtà a partire dalla propria
assoluta perfezione(infatti non può essere formata dall'uomo a causa
dell'imperfezione della specie umana -ciò che è imperfetto non può
produrre ciò che è perfetto- e deve, dunque, provenire da una realtà
superiore,
ossia
dell'assoluta
da
Dio
perfezione,
stesso:
è
l'idea
presente
in
di
noi
ma
Dio,
non
come
può
idea
essere
generata da noi; essa non può provenire che da Dio e ne conferma,
pertanto, l'esistenza). Poiché non avrebbe senso un Essere perfetto
che ci inganna sulla realtà del mondo permettendo la presenza in noi
di idee evidenti di ciò che invece non esiste, la conoscenza, per
Cartesio, si basa su idee chiare garantite dall'esistenza di Dio.
Poiché, inoltre, l'uomo ha chiara idea della materia (materia presa
nella
sua
fondamentale
estraneità
allo
spirito),
nell'opera
filosofica e scientifica cartesiana la garanzia divina copre pure
l'organizzazione di una conoscenza del mondo naturale basata sulla
materia,
considerata
nella
sua
estensione
spaziale
(materia=
estensione spaziale).
In tal modo Cartesio può anche intervenire nella seconda linea di
ricerca
che
si
è
richiamata:
quella
dell'espansione
del
metodo
scientifico-matematico allo studio di altri fenomeni naturali. Va
notato
come
della
geometria
possibilità,
numeri
e
la
costruzione
analitica
attraverso
figure
all'espansione
di
cartesiana,
(con
questi
geometriche
una
i
suoi
assi,
con
scienza
scientificamente
di
assi
della
collegati
rappresentare
equazioni)
feconda,
sia
natura
e
punti
la
con
funzionale
basata
sulla
considerazione della materia quale estensione spaziale.
Nel quadro della scienza della natura cartesiana si inserisce anche
il fenomeno della vita animale, considerato dal filosofo come un
insieme di meccanismi materiali. A tal proposito è pure da mettere in
rilievo
come
Descartes
sia
stato
influenzato
dalle
scoperte
del
medico inglese William Harvey (1578-1657) sul ruolo del cuore (come
pompa) nella circolazione sanguigna.
Se il meccanicismo e il materialismo arrivano con Cartesio sino al
tentativo
di
spiegazione
pensiero
del
filosofo
del
funzionamento
inglese
Thomas
del
corpo
Hobbes
umano,
nel
(1585-1679)
il
materialismo si pone come chiave universale per la comprensione di
tutta la realtà (naturale, psicologica, sociale).
Va rilevato, a questo punto, che per materialismo può intendersi una
concezione
filosofica
che
considera
reale
solo
la
materia
(come
insieme degli elementi di cui è composto il nostro corpo e l'Universo
che
ci
circonda)
e
rifiuta
la
necessità
di
un'entità
separata,
diversa e superiore (detta spirito o anima) la quale governi e dia
forma alla materia (la materia è, pertanto, autosufficiente e capace
di organizzarsi da sola).
Nella costruzione filosofica di Hobbes la natura dell'essere umano,
indirizzato alla propria conservazione e alla propria affermazione,
se, da una parte, spinge alla rivalità e al conflitto di ognuno con
tutti
gli
altri
uomini
(una
guerra
di
tutti
contro
tutti),
da
un'altra parte, fa cercare una situazione di pace. Come efficace
risposta a questo bisogno di pace nasce, in Hobbes, lo Stato e,
soprattutto, quella sua particolare forma che è lo Stato assoluto,
nel quale la concentrazione di tutti i poteri nelle mani di una sola
persona, o di un solo gruppo, sembra dare al regnante la forza per
una più completa opera di pacificazione sociale.
Così, nell'ambito della riflessione filosofica e scientifica del XVII
secolo, trovano anche spazio le ragioni e le esigenze dei sostenitori
dell'Assolutismo.
Alla
tradizionale
giustificazione
del
potere
assoluto basata sulla diretta volontà divina si affianca, in questo
modo, il discorso scientifico.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
38-
SVILUPPI
DELL'ASSOLUTISMO.
LUIGI
XIV.
GUERRA
DI
SUCCESSIONE
SPAGNOLA. GUERRA DI SUCCESSIONE POLACCA.
Si è già considerato il concetto di Stato assoluto: uno Stato nel
quale tutti i poteri appartengono ad una sola persona (Monarchia
assoluta) o ad un solo gruppo. E' possibile vedere che, nella storia,
il continuo accentramento dei poteri presso il re ha anche favorito
la formazione dello Stato nazionale contro le autonomie locali e
contro
le
assoluto
esigenze
della
nobiltà
feudale
rappresenta
la
negazione
e
il
(e
in
questo
superamento
lo
Stato
dello
Stato
feudale).
Si può ancora rammentare che l'accentramento dei poteri nelle mani
del monarca assoluto ha anche via via condotto alla formazione di un
gruppo di uffici (burocrazia), dipendenti da quest'ultimo e necessari
per l'amministrazione del territorio statale, sempre più organizzati
secondo principi di razionalità.
La necessità dell'arricchimento economico dello Stato e la necessità
di
controbilanciare
il
peso
sociale
della
nobiltà
feudale
hanno
condotto il sovrano assoluto anche sulla strada di un accordo con la
borghesia produttiva. A questo proposito è da citare un movimento di
pensiero
economico,
sviluppatosi
tra
XVI
e
XVII
secolo:
il
Mercantilismo. Per questo movimento l'interesse del monarca assoluto
a governare uno Stato ricco e pronto a sostenerlo nelle sue spese (ad
esempio
militari)
guadagno
economico
si
armonizza
(profitto)
naturalmente
della
con
borghesia
la
ricerca
commerciale
del
e
imprenditoriale del suo Stato. Ancora da questo punto di vista è da
richiamare
la
politica
di
aiuto
del
sovrano
nei
confronti
delle
industrie nazionali, protette dalla concorrenza delle imprese estere
con l'imposizione del pagamento di somme di danaro (dazi) al momento
dell'importazione del bene commerciato proveniente dalla produzione
estera. Ciò in modo da rialzare artificialmente il prezzo di tale
bene e da limitarne, pertanto, la vendita, a vantaggio dei beni
prodotti dalle imprese nazionali (protezionismo).
Nell'ambito del pensiero del Mercantilismo è, inoltre, da ricordare
la necessità, ai fini dell'arricchimento dello Stato, di disporre di
sbocchi
commerciali.
Sbocchi
commerciali,
questi,
a
loro
volta
favoriti dal possesso di colonie.
In generale, con la crisi economica del XVII secolo (che si è vista)
e come forma di risposta politica a tale crisi, si è privilegiato, in
Europa, l'uso del modello organizzativo assolutistico. Le diverse
caratteristiche dei vari Paesi nonché il variare del peso sociale
della
borghesia
e
dell'aristocrazia
a
seconda
dei
luoghi
stanno
all'origine della differenziazione nell'utilizzazione europea di tale
modello organizzativo.
Allo scopo di fornire una compiuta presentazione dell'Assolutismo gli
storici, in genere, si rifanno alla Francia. Occorre ricordare che,
dopo gli scontri di religione tra ugonotti e cattolici, il prestigio
ed
il
potere
della
Monarchia
francese
furono
progressivamente
risollevati dal re Enrico IV e dai due primi ministri del figlio e
successore Luigi XIII (1601-1643): Armand du Plessis cardinale di
Richelieu (1585-1642) e Giulio Mazzarino, o Mazarino (1602-1661).
Nonostante la Fronda (un movimento di rivolta che, tra il 1648 ed il
1653, espresse, fra l'altro, la volontà del Parlamento di Parigi, un
organo giudiziario, di acquistare peso politico a danno del monarca e
la volontà di rivincita e di affermazione dell'aristocrazia feudale)
la Francia lasciata da Richelieu e Mazzarino si presentava come uno
Stato governato con i principi dell'Assolutismo. Il successore di
Luigi
XIII,
il
figlio
Luigi
XIV
(1638-1715),
detto
Re
Sole,
perfezionò il sistema assolutistico in Francia nel modo più completo.
Così accentrò nelle sue mani tutti i poteri dello Stato (gli si
attribuisce la frase "Lo Stato sono io"). Operò in maniera tale che
la nobiltà ricevesse ricompense e onori solo da lui e presso la sua
corte, spostata, nel 1682, da Parigi a Versailles.
Sul
versante
religioso,
il
re,
nel
1685,
con
l'editto
di
Fontainebleau,
predecessore
revocò
Enrico
l'editto
IV
aveva
di
dato
Nantes,
il
via
con
ad
il
una
quale
politica
il
di
tolleranza nei confronti degli ugonotti. Con la politica religiosa di
Luigi XIV molti calvinisti francesi (anche dotati di buone capacità
tecniche, e, pertanto, potenzialmente, utili alla società francese)
si trovarono costretti ad abbandonare il territorio nazionale.
Dal punto di vista economico il Re Sole mise in pratica le teorie del
Mercantilismo.
Il
suo
ministro
Jean
Baptiste
Colbert
(1619-1683)
cercò di aiutare lo sviluppo dell'industria francese mediante misure
protezioniste. Ancora Colbert favorì l'espansione coloniale del suo
Paese verso il Canada. Varò, inoltre, una codificazione (raccolta di
norme giuridiche) in materia commerciale.
All'accentramento
accompagnò
una
dei
poteri
politica
all'interno
estera
dello
espansionistica,
Stato
Luigi
contrassegnata
XIV
da
numerose guerre in Europa per tutta la durata del periodo di regno.
Questa
politica
portò
certamente
la
Francia
in
una
posizione
di
notevole importanza entro il quadro europeo; però, anche, finì con il
lasciarla stanca e impoverita.
Tra le guerre di Luigi XIV non può non citarsi almeno quella di
Successione
spagnola
(tra
il
1701
ed
il
1714).
Fu
originata
dall'incoronazione quale re di Spagna, nel 1701, del nipote del Re
Sole, Filippo d'Angiò (1683-1746; come sovrano: Filippo V), a seguito
della volontà in tal senso dell'ultimo dei sovrani degli Asburgo
spagnoli, Carlo II (1661-1700). Era diffuso, infatti, il timore per
l'eccessivo
potere
che
avrebbero
accumulato
Francia
e
Spagna
collegate per questa incoronazione. La guerra venne combattuta da
Austria, Prussia, Olanda, Inghilterra, Ducato di Savoia e Portogallo
contro Francia, Spagna e Baviera. Il conflitto si concluse con un
accordo di compromesso, per il quale Filippo V rimaneva re di Spagna
e
rinunciava,
però,
ad
ogni
suo
diritto
sul
trono
di
Francia.
Rinunciava, inoltre, ai Paesi Bassi spagnoli, a favore dell'Austria,
e ai possedimenti spagnoli in Italia, a favore dell'Austria (Milano,
Napoli e la Sardegna) e a favore del Ducato di Savoia (la Sicilia).
In seguito Filippo V riconquistò Sardegna (nel 1717) e Sicilia (nel
1718), ma le tenne per poco tempo. Infatti, sconfitto militarmente da
Austria, Francia e Inghilterra, perdette entrambi i territori. Come
conseguenza di uno scambio il Ducato di Savoia acquistò la Sardegna
(divenendo Regno di Sardegna) e cedette, all'Austria, la Sicilia.
In seguito al conflitto di Austria e Russia contro Francia, Spagna e
Regno di Sardegna (guerra di successione polacca) per regolare la
successione del re di Polonia Augusto II, morto nel 1733, si ebbero
varie significative conseguenze. Il candidato di Francia, Spagna e
Sardegna, Stanislao Leszczynski, non ebbe il trono polacco. Risultò
re Augusto III, candidato di Austria e Russia. Con la pace di Vienna,
che nel 1738 concluse questa guerra, inoltre, Napoli e la Sicilia
andarono ai Borboni di Spagna, il Regno di Sardegna ebbe Novara.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
39- SVILUPPI DELLA FILOSOFIA E DELLA SCIENZA. SVILUPPO E CRITICA DEL
MODELLO POLITICO ASSOLUTISTICO. EVOLUZIONE E FORME DELL'AFFERMAZIONE
DELLA BORGHESIA.
Nel quadro economico-politico dell'Europa del XVII secolo si è avuto,
a partire da una situazione di crisi, lo sviluppo di un percorso di
risanamento e di crescita dell'economia.
Si è già considerato come, in generale, la progressiva affermazione
del
rinnovamento
della
vita
economica
sia
legata
specialmente
all'opera di una classe sociale: la borghesia.
Da
un
altro
esistente
punto
tra
scientifica,
di
vista
sviluppo
in
si
è
pure
culturale
particolare
indicato
il
(riflessione
evidenza)
e
collegamento
filosofica
forme
ed
e
evoluzione
dell'attività produttiva e commerciale. Si è così potuto mettere in
rilievo il legame esistente tra lo studio delle forze, l'invenzione
di macchine e la produzione dei beni. Si è anche potuto mettere in
rilievo il legame tra analisi della natura e analisi della società
umana.
In senso generale, anche ricordando quanto già visto, si possono
tracciare alcune
considerazioni
di
sintesi
a
proposito
dell'evoluzione storica delle teorie filosofico-scientifiche della
natura e dello Stato.
Si è già trovato come uno dei problemi teorici importanti nati con la
rivoluzione scientifica sia stato quello del fondamento da dare alla
nuova scienza e alla sua espansione. Per fondare, dunque, in maniera
adeguata
il
nuovo
all'inizio,
a
l'importanza
della
metodo
scientifico
valorizzare,
parte
della
sperimentale
all'interno
riflessione
del
si
metodo
teorica,
pensò,
stesso,
arrivando
al
tentativo di ricavare dai principi generali tutte le catene delle
conseguenze. Sono in questo senso le tesi dei pensatori razionalisti:
Cartesio, Spinoza, Leibniz. Peraltro queste tesi finivano tutte per
fissare la veridicità della scienza alla garanzia, in fondo estranea
alla scienza, rappresentata dalla veridicità divina e, comunque, non
erano prive di difficoltà interne. Si è già considerato il pensiero
di Cartesio. Secondo Baruch Spinoza (1632-1677, filosofo olandese di
origini ebraiche) Dio e Universo coincidono (la presenza di cose
esterne
a
Dio
ne
limiterebbe
l'infinita
perfezione).
Ancora,
la
Divinità, nella sua legge, è immutabile (per Spinoza il miracolo non
è ammissibile perché capovolgimento della razionalità divina) e la
sua
immutabilità
costituisce
la
base
per
la
possibilità
di
una
conoscenza umana. Il filosofo Wilhelm Leibniz (1646-1716) ritiene la
realtà
costituita
da
tanti
centri
di
attività
(di
forza)
e
di
pensiero. Tali centri sono, per lui, tante entità individuali non
materiali, tante anime, dette monadi. Le monadi sono senza contatti
le une con le altre. Ognuna di queste monadi conosce, dal suo punto
di vista, tutto l’universo. Esistono infinite monadi e infiniti punti
di vista. Solo in Dio, Monade suprema, sono presenti insieme tutti i
punti di vista sull’universo. Ogni monade, con il suo punto di vista,
è un prodotto, una emanazione, del pensiero di Dio. Nell'Inghilterra
del
XVII
secolo,
riflessione
con
scientifica
il
filosofo
e
filosofica
John
Locke
spostò,
(1632-1704),
allora,
la
la
propria
attenzione verso l'analisi e la valorizzazione dell'esperienza, di
ciò
che
ci
viene
dai
sensi.
In
questo
orizzonte
Locke
poté
argomentare che non esistono idee innate (presenti fin dalla nascita)
e
che
ogni
idea
umana
si
costruisce
a
partire
dall'esperienza
(cosiddetto Empirismo).
Lo sviluppo del ruolo importante spettante alla borghesia nella vita
intellettuale
ed
economico-sociale
ha
segnato
l'intero
corso
del
secolo XVII, sia per quel che riguarda l'organizzazione economica e
politica di ogni singolo Stato sia per quel che riguarda le relazioni
tra gli Stati.
In tal proposito è, in primo luogo, da ricordare il significativo
rilievo avuto dalla classe borghese, con le sue esigenze commerciali
e produttive, nel contribuire alla rivolta dei Paesi Bassi contro la
Spagna e alla formazione della Repubblica delle Province Unite. Uno
Stato,
questo,
che,
segnatamente
in
Olanda,
la
sua
parte
più
rilevante per territorio e capacità nell'economia, ha avuto, nel
secolo XVII, i caratteri di grande potenza marinara e commerciale.
E', inoltre, da ribadire l'accordo fondamentale stretto di fatto in
Francia
tra
una
borghesia
che
non
aveva
ancora
la
forza
di
conquistare e mantenere il potere in mano propria ed un Assolutismo
che
aveva
bisogno
dell'iniziativa
economica
e
della
ricchezza
borghese.
Si deve sottolineare, invece, a questo punto, l'accompagnarsi della
crescita della borghesia inglese con la crescita della potenza e
della ricchezza dell'Inghilterra. Una crescita di potenza, si può
aggiungere, che si è sviluppata con la dinastia Tudor e che ha
trovato
una
sua
prima,
anche
simbolica,
manifestazione
con
lo
scontro, regnando Elisabetta I, tra l'Inghilterra e la Spagna di
Filippo
II
e
con
la
distruzione,
nel
1588,
della
flotta,
l'Invincibile Armata, mandata dal re di Spagna per sconfiggere e
invadere il Regno inglese.
In Inghilterra il crescente peso economico della classe borghese ha
condotto ad una netta differenziazione delle vicende sociali rispetto
a
quanto
accaduto
in
Francia.
Così,
se
in
Francia
la
classe
produttiva borghese ha potuto e dovuto appoggiarsi alla Monarchia
assoluta, al contrario in Inghilterra la borghesia, più forte che in
altri Stati, si è opposta alla sempre maggiore volontà assolutista
della Monarchia. Da un altro punto di vista, tra le forze opposte
all'Assolutismo
inglese
va
pure
ricordata
la
corrente
religiosa
puritana, contraria sia al dominio incondizionato del re sia alla
Chiesa anglicana, con la sua gerarchia.
L'aperta politica assolutista del re Carlo I Stuart (1600-1649), il
suo disprezzo per il Parlamento, la sua repressione delle esigenze
religiose puritane condusse l'Inghilterra ad una rivoluzione, nel
1642, che vide il Parlamento contrapporsi al re. Dopo varie battaglie
tra
le
truppe
fedeli
al
sovrano
e
l'esercito
parlamentare,
organizzato da Oliver Cromwell (1599-1658, militare e uomo politico
puritano), il re fu sconfitto, giudicato colpevole di alto tradimento
e decapitato. Si avviò un regime repubblicano energicamente guidato
da Cromwell. Con Cromwell venne sciolta la Chiesa anglicana, furono
represse ribellioni in Irlanda e Scozia, venne portata avanti una
politica
mercantilistica
e
di
forte
espansionismo
commerciale,
politico, militare.
Dopo la morte dello statista si ebbe in Inghilterra il ritorno al
potere della famiglia Stuart, nel 1660, con il figlio di Carlo I,
Carlo II (1630-1685). Peraltro sia Carlo II sia il suo successore, il
fratello Giacomo II (1633-1701), ripresero la politica assolutistica
che già era stata di Carlo I. Giacomo II, inoltre, era inviso agli
Inglesi perché convertitosi al Cattolicesimo. Nel 1688 il Parlamento
depose Giacomo II e chiamò alla sua successione Maria II (1662-1694,
figlia
del
re
deposto)
e
suo
Guglielmo d'Orange (1650-1702).
marito,
il
principe
protestante
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
40-
SITUAZIONE
INGLESE
E
SVILUPPO
CAPITALISTICO.
RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE.
L'analisi dello sviluppo economico e sociale inglese ha consentito di
individuare vari fenomeni significativi.
Si sono, tra l'altro, considerate varie condizioni, economiche e
politiche,
che
hanno
favorito
l'affermazione
della
borghesia
capitalistica, a partire dalla riforma religiosa di Enrico VIII. Non
può non sottolinearsi ancora il ruolo avuto dalla classe borghese per
la
difesa
dei
propri
interessi,
contro
l'Assolutismo.
A
questo
proposito sono da esporre due osservazioni.
Si può ricordare, in primo luogo, da un punto di vista teorico, la
posizione di John Locke. Si è già visto come l'opera filosofica di
Locke faccia dell'esperienza il momento fondamentale dello sviluppo
stesso della persona e della possibilità della conoscenza umana (non
esistono idee già presenti alla nascita dell'uomo; ogni idea nasce
dall'esperienza). Strettamente collegata a questo tipo di concezione
del
mondo
e
alla
natura
sociale
dell'esperienza
(l'esperienza,
infatti, generalmente si sviluppa a partire dal contatto con gli
altri esseri umani) si trova in Locke una visione politica basata
sulla libertà dell'uomo. Così, contro i concetti dell'Assolutismo, il
filosofo teorizza la divisione dei poteri statali, da affidare a vari
organi
dello
soggettivo
di
Stato.
Così,
proprietà
ancora,
(fondamento
Locke
valorizza
giuridico
della
il
diritto
ricchezza
e
dell'attività economica della borghesia).
Si può inoltre ricordare, in secondo luogo, la vicenda politica degli
scoppi
rivoluzionari
inglesi,
nel
corso
del
XVII
secolo.
In
particolare, è da soffermarsi sulla Rivoluzione del 1688, nota come
"Rivoluzione gloriosa", nella quale, come visto, venne dato il potere
monarchico al principe Guglielmo d'Orange e alla moglie Maria II. Con
questa
rivoluzione
l'Assolutismo
politica
inglese.
Si
venne
avviò
definitivamente
l'esperienza
di
sconfitto
una
Monarchia
parlamentare (con limitazione del potere monarchico), i cui principi,
contenuti in un Bill of Rights (Dichiarazione dei Diritti) del 1689,
prevedevano garanzie di libertà e di efficacia di funzionamento per
un Parlamento preso come rappresentante della Nazione.
In questo modo, tra l'altro, sì riconobbe il crescente peso politico
conquistato dalla borghesia.
Si
è
già
visto,
a
proposito
delle
origini
del
capitalismo
nell'Inghilterra del secolo XVI, come il percorso di arricchimento
dei primi capitalisti sia passato anche attraverso la recinzione di
campi già organizzati e utilizzati secondo un precedente modello
(pure caratterizzato dall'uso comune). In questo orizzonte, di fronte
ad una situazione nella quale, tra l’altro, ogni proprietario aveva i
propri campi divisi in tante strisce separate l’una dall’altra da
altri terreni in proprietà altrui, la privazione dei contadini poveri
dei loro diritti e delle loro concessioni si accompagnava ad un
orientamento di conversione delle strisce di ogni proprietario in un
solo appezzamento di terreno (mediante acquisto o permuta di strisce
contigue).
La politica delle
"enclosures" (recinzioni) ha trovato una notevole
espansione nell'Inghilterra del secolo XVIII.
In
questo
secolo
XVIII
tale
politica
si
è
accompagnata
ad
una
razionalizzazione delle attività agricole finalizzata ad una maggiore
produttività
delle
terre.
Ciò
anche
in
conseguenza
dell'aumento
demografico dell'epoca. Così si può richiamare, nel XVIII secolo, il
crescente uso di un sistema di rotazione periodica delle coltivazioni
sui
terreni
finalizzato
a
consentire
tanto
la
coltivazione
dei
cereali quanto l'allevamento del bestiame. Un sistema che, attraverso
l'utilizzazione di determinati tipi di piante, aumentava la fertilità
della terra. Si è, inoltre, avuta la diffusione di più perfezionati
attrezzi agricoli (seminatrice per il grano, nuovi tipi di aratro).
Lo
sviluppo
delle
recinzioni
accompagnato
dall'innovazione
deí
sistemi di coltivazione ha accentuato, nel XVIII secolo, un percorso
storico, iniziato nel XVI secolo, caratterizzato da due aspetti,
collegati fra loro: da una parte, la crescente potenza (economica e
politica) della borghesia; da un'altra parte, l'aumento della povertà
e del numero delle persone povere, causato dallo sconvolgimento e
dalla
dissoluzione
economico-sociale
sempre
quale
si
più
era
veloci
della
mantenuta
sino
vecchia
al
secolo
struttura
XVI.
In
particolare, si possono rammentare i contadini privati di quanto
tradizionalmente concesso e i piccoli proprietari costretti a cedere
i loro campi ai proprietari più ricchi.
l'altro,
create
le
condizioni
sociali
In tal modo si sono, tra
della
subordinazione
alla
borghesia produttiva emergente di masse di lavoratori povere e senza
possibilità autonome di lavoro.
Il discorso fatto finora va a toccare anche il mondo della produzione
non agricola. Sempre più, nel corso del periodo storico in esame,
sono state contestate e messe in crisi le vecchie Corporazioni, ossia
la vecchia organizzazione produttiva cittadina. Il superamento di
questa organizzazione corporativa e delle sue regole doveva portare
anche al peggioramento delle condizioni economiche e sociali dei
lavoratori. Si ricordano, a tal proposito, le manifatture (edifici
destinati
alla
produzione
ospitanti
numerosi
lavoratori
impiegati
alle dipendenze del capitalista).
Va sottolineato come le varie forme della riflessione e del progresso
filosofico-scientifico-tecnologico abbiano coinvolto su scala sempre
più
vasta
il
mondo
della
produzione,
dando
il
via
al
fenomeno
complesso di rinnovamento produttivo e sociale definito Rivoluzione
industriale.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
41-
RICERCA
FILOSOFICO-SCIENTIFICA,
RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
E
CAPITALISMO IN INGHILTERRA.
La considerazione della situazione economico-politica dell'Europa del
secolo
XVII
ha
consentito
di
vedere
un
panorama
differenziato.
All'interno di questo panorama si è anche visto il diverso (maggiore
o minore) ruolo acquistato dalla borghesia nei vari Stati europei.
Si è, inoltre, in particolare, osservato, nei secoli XVII e XVIII, il
rilevante
peso
Inghilterra
e
politico
l'avanzato
acquistato
sviluppo
dalla
classe
capitalistico
borghese
inglese.
A
in
tale
ultimo proposito si può mettere in rilievo, oltre alla crescente
importanza economica borghese, la formazione di un numero sempre più
grande
di
lavoratori
disoccupati
(già
impiegati
nei
campi,
o
artigiani). Questi lavoratori, per sopravvivere, non potevano fare
diversamente
dal
porsi
alle
dipendenze
della
ricca
borghesia
e
vendere la forza lavoro di cui disponevano ai capitalisti, che la
impiegavano nella produzione. Nello svolgimento di questa vicenda
storica ebbe rilievo sostanziale il fenomeno noto come Rivoluzione
industriale, ossia l'introduzione delle macchine e, più in generale,
delle scoperte scientifiche nel processo di produzione dei beni.
Questa introduzione diede una notevole accelerazione e una notevole
intensificazione
all'attività
all'utilizzazione
di
nuove
economica.
forme
di
Spinse,
energia,
tra
oltre
l'altro,
a
quelle,
tradizionalmente note, derivanti dall'attività fisica degli uomini e
degli animali. Generalmente è riconosciuto l'importante significato
di svolta dell'uso della macchina a vapore, brevettata da James Watt
(1736-1819),
per
successivamente,
il
come
pompaggio
macchina
dell'acqua
motrice
in
un
nelle
miniere
cotonificio.
e,
Vanno,
inoltre, ricordate altre invenzioni: il filatoio meccanico di Richard
Arkwright
(1732-1792),
del
1769;
il
telaio
meccanico
di
Edmund
Cartwright (1743-1823), del 1785. Queste ed altre invenzioni finirono
con il rinnovare completamente la produzione tessile. E' ancora da
aggiungere come, in generale, la crescente richiesta e la crescente
diffusione
di
nuovi
macchinari
si
siano
anche
combinate
con
miglioramenti della metallurgia.
L'innovazione scientifico-tecnologica ha pure apportato necessarie
modifiche
nel
luogo
di
lavoro.
Così,
dalla
manifattura,
dove
i
singoli lavoratori potevano attendere alla propria opera affiancati
ma conservando una certa misura di autonomia, si è passati ad un
sistema
di
fabbrica
nel
quale,
tendenzialmente,
il
macchinario
diviene centro e fattore portante dell'intera produzione. Nel secolo
XIX, anche rievocando le origini del Capitalismo, Karl Marx poteva
parlare del lavoratore come di appendice e di organo delle macchine.
Con questa Rivoluzione industriale il modo di produzione capitalista
conferma e approfondisce i suoi caratteri principali, quali si erano
venuti
delineando
già
alle
origini
nel
XVI
secolo.
Si
possono
evidenziare: l'aumento di importanza (economica, sociale, politica)
della
borghesia
imprenditrice;
la
subordinazione
del
lavoratore
(sottopagato e sottoposto a orari pesantissimi) al sistema produttivo
e all'imprenditore capitalista; la finalizzazione della produzione
alla vendita sul mercato (quanto più vasto possibile) allo scopo
fondamentale del guadagno dell'imprenditore.
Sotto
altro
profilo,
la
considerazione
dell'utilizzazione
della
scienza nell'industria inglese del XVIII secolo fa anche richiamare,
per vari aspetti, la filosofia dell'Empirismo.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
42- SVILUPPI DELL'ILLUMINISMO.
Si
è
potuto
vedere
come
nell'Europa
dei
secoli
XVII
e
XVIII
l'economia più sviluppata sia stata quella inglese. Si è pure visto
come questo sviluppo economico inglese si sia accompagnato a notevoli
conseguenze sia politiche sia scientifico-filosofiche. In generale
può dirsi come, pertanto, l'Inghilterra sia diventata modello di
riferimento per le esigenze e le richieste politico-sociali delle
borghesie europee; soprattutto, va detto, per la borghesia francese.
Si deve infatti sottolineare come nella Francia dei secoli XVII e
XVIII si sia avuto un doppio fenomeno: crescita del ruolo economico
della borghesia produttiva e, dall'epoca di Luigi XIV, ruolo non più
positivo
ma
negativo
della
Monarchia
assoluta
per
lo
sviluppo
dell'economia (tra l'altro, a causa, per esempio, della persecuzione
religiosa contro gli ugonotti).
Quale
espressione
progresso
intellettuale
culturale
e
politico
della
della
ricerca
di
società
e
libertà
della
e
di
borghesia
francesi si trova, nel XVIII secolo, l’Illuminismo. Il nome stesso di
questo
movimento
di
pensiero
e
di
trasformazione
sociale
indica
l’elemento essenziale del suo programma: dare lume, portare la luce
della Ragione, ossia della razionalità umana, fino a disperdere le
tenebre
dell'ignoranza,
della
superstizione,
dell'oppressione
politica e a realizzare una società più giusta e più ricca. Nel
discorso più vasto portato avanti da questo movimento prendono forza,
pertanto,
contro
uguaglianza,
l'Assolutismo,
fratellanza.
Di
le
fronte
idee
generali
alla
di
libertà,
Controriforma,
con
l'intolleranza della sua politica, e al collegamento tra Chiesa e
Stato
assoluto
l'Illuminismo
critica
radicalmente
le
deviazioni
superstiziose della fede.
Quadro
complessivo
del
pensiero
illuminista
si
ha
in
una
grande
realizzazione editoriale, uscita, tra molti contrasti con la censura,
dal 1751 al 1772: l'Enciclopedia, o Dizionario ragionato di scienze,
arti e mestieri, diretto dal filosofo Denis Diderot (1713-1784) e
dallo scienziato Jean Baptiste Le Rond d'Alembert (1717-1783). In
quest'opera,
alla
quale
collaborarono
i
migliori
rappresentanti
dell'Illuminismo, viene compiutamente sviluppata una concezione del
mondo
e
della
cultura
che
trova
la
propria
base
nelle
esigenze
produttive, scientifiche e organizzative della società. Gli studiosi
della storia e della storia della filosofia hanno sottolineato la
fondamentale importanza, nella Francia del XVIII secolo, di questo
raccordo tra sapere, produzione e vita politica.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
43- ALTRE TEMATICHE E ALTRI SVILUPPI DELL'ILLUMINISMO. DISPOTISMO
ILLUMINATO.
Si è già considerato il collegamento che unisce progresso economico,
organizzazione politica e sviluppo culturale. Così, tra l'altro, si è
visto il rapporto esistente fra vicende economico-politiche inglesi,
da
un
lato,
ed
evoluzione
filosofica
e
scientifica.
Ancora,
analogamente, si può considerare come, nel quadro delle condizioni
dell'Assolutismo
in
Francia,
il
pensiero
illuminista
francese
trovasse nella situazione politica e nel pensiero dell'Inghilterra
propri
importanti
aggiunta
la
precedenti
considerazione
e
punti
di
riferimento.
dell'approfondimento
e
Va,
dello
anzi,
sviluppo
autonomo, da parte dell'Illuminismo, di riflessioni e di esigenze
della storia inglese.
A proposito di quanto appena detto appare significativo richiamare
l'evoluzione della riflessione sulla divisione dei poteri (che sono,
come visto: legislativo, esecutivo, giudiziario). La concezione che
sta
all'origine
di
ogni
teoria
di
divisione
dei
poteri
statali
rappresenta il superamento dello Stato assoluto e caratterizza il
tipo di Stato definito Stato costituzionale. E' significativo che la
teorizzazione della divisione dei poteri statali si ritrovi, come già
visto, nell'opera del pensatore inglese John Locke. E' importante
sottolineare come quest'opera di riflessione sia stata proseguita con
il
pensiero
del
francese
Charles
Louis
de
Secondat
barone
di
Montesquieu (1689-1755), con un famoso scritto, pubblicato nel 1748:
Lo spirito delle leggi; è da sottolineare ancora come, anzi, nello
scritto
del
filosofo
francese,
venga
messo
in
luce,
rispetto
al
pensiero di Locke, il potere giudiziario.
Nell'ambito
importanza
dei
e
pensatori
notevolissima
dell'Illuminismo
influenza
ha
avuto
notevolissima
Francois
Marie
Arouet
detto
Voltaire (1694-1778). In Voltaire, con la sua ricchissima produzione
letteraria,
si
sviluppano
e
si
evidenziano
molte
tematiche
significative del movimento illuminista. Così si può trovare, tra
l'altro, il tema dell'attenzione e dell'ammirazione per la libertà
politica e per la civiltà inglese, con la sua scienza e la sua
filosofia (Newton e Locke). Un'ammirazione che rinforza il Voltaire
nella sua condanna decisa dell'Assolutismo francese. E' da ricordare,
per tale proposito, come le Lettere filosofiche, con le quali questo
autore
cominciò
il
suo
lavoro
di
diffusione
e
di
elogio
della
politica e della scienza inglesi, in Francia vennero condannate e
bruciate su un rogo. Nonostante questo Voltaire fu pensatore per
molti aspetti moderato, in sostanza pronto ad appoggiarsi pure alla
Monarchia per vedere realizzate le proprie idee filosofiche e civili
di
libertà
e
progresso.
Fu,
invece,
pensatore
più
radicale
Jean
Jacques Rousseau (1712-1778). Nell'opera di Rousseau si intrecciano,
tra
gli
altri,
due
problemi:
il
rapporto
del
singolo
uomo,
dell'individuo, con la società e la presenza, all'interno stesso del
percorso della civilizzazione umana, di cause di disuguaglianza e di
sopraffazione
dell'uomo
sull'uomo.
In
uno
scritto
del
1762,
il
Contratto sociale, il filosofo traccia i caratteri di uno Stato che
ha come essenza la protezione e lo sviluppo di ogni cittadino e in
cui,
pertanto,
generale
ognuno
(ossia
alla
obbedisca
legge)
e
contemporaneamente
alla
propria
alla
volontà
singola
volontà
indirizzata al proprio vantaggio. Si può sottolineare, in questa
concezione
del
Rousseau,
una
decisa
affermazione
della
sovranità
popolare.
Nell'ampio sviluppo dell'Illuminismo francese le tesi dell'empirismo
di Locke sono riprese e innovate in Diderot e nel sensismo di Etienne
Bonnot de Condillac (1715-1780). Condillac, in particolare, riporta
ai cinque sensi esterni tutte le capacità della psiche umana.
Non va inoltre dimenticata, nel pensiero illuminista, la presenza di
linee
di
ricerca
ispirate
al
materialismo.
Linee
di
ricerca
che
traggono le proprie origini anche dal meccanicismo cartesiano. Sono
significativi esempi del materialismo francese le opere di Julien
Offroy de La Mettrie (1709-1751) e di Paul Henry Dietrich d'Holbach
(1723-1789), autore di un famoso Sistema della natura. L'Illuminismo
si diffuse anche in altri Paesi. A questo proposito va fatto almeno
un cenno all'Italia. Dal punto di vista delle tematiche sociali e
dell'azione dello Stato non può non ricordarsi l'opera intellettuale
di riforma della legislazione penale (contro la tortura e contro la
pena di morte) portata avanti da Pietro Verri (1728-1797) e da Cesare
Beccarla (1738-1794), autore, quest'ultimo, di un libro rapidamente
diffusosi in Europa: Dei delitti e delle pene.
Le esigenze di rinnovamento e di riorganizzazione sociale teorizzate
e
difese
dagli
dall'Assolutismo
illuministi
francese
se
furono
ebbero,
ostacolate
peraltro,
un
e
combattute
certo
grado
di
accoglienza presso altre Monarchie assolute. Questo fenomeno è pure
noto con il nome di Dispotismo, o di Assolutismo, illuminato. Questo
parziale
accoglimento
rinnovamento
proprie
riorganizzazione
nacque
dall'incontro
dell'Illuminismo
politica
ed
e
economica
tra
le
che
le
esigenze
necessità
il
Monarca
di
di
una
assoluto
avvertiva indispensabile per il mantenimento e l'accrescimento del
suo potere. Tra i casi si può ricordare l'Austria dell'imperatrice
Maria Teresa (1717-1780) e dell'imperatore Giuseppe II (1741-1790),
dove, fra l'altro, venne rimodernata la Pubblica Amministrazione e,
con Giuseppe Il, venne portata avanti una politica più tollerante per
i non cattolici e di maggior controllo sulla Chiesa cattolica.
Figura
estremamente
significativa
nel
quadro
del
Dispotismo
illuminato è considerata quella del re di Prussia Federico II il
Grande
(1712-1786).
Frequentatore
di
vari
illuministi
(tra
cui
Voltaire, che pensò di trovare in lui il realizzatore delle sue
idee),
Federico
II
si
considerò
come
“il
primo
servitore
dello
Stato". Tra l'altro incentivò l'istruzione e, nel campo giuridico,
abolì la tortura.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
44- SITUAZIONE EUROPEA TRA XVII E XVIII SECOLO. SITUAZIONE RUSSA.
CRESCITA ECONOMICA, SVILUPPO DELLE COMPAGNIE COMMERCIALI E POLITICA
COLONIALE. GUERRA DEI SETTE ANNI. RIVOLUZIONE AMERICANA. Uno sguardo
complessivo
sulla
situazione
europea
tra
XVII
e
XVIII
secolo
ha
consentito di vedere zone di arretratezza e zone di maggior sviluppo
economico e sociale. Fissando l'attenzione sull'Europa orientale può
ora rilevarsi anche l'inizio di un percorso storico di affermazione
politica della Russia, con il sovrano (zar) Pietro I il Grande (16721725).
In
effetti
questo
sovrano
avviò
una
forte
politica
di
modernizzazione dello Stato russo, già arretrato e senza importanza,
basandola
sull'imitazione
dell'Europa
occidentale
e
delle
sue
competenze tecnico-scientifiche.
Nel XVII secolo, con la crescita economica di vari Stati europei
(Olanda,
Inghilterra,
Francia)
si
sono
avuti
vari
fenomeni
importanti. A questo proposito si possono ancora ricordare le teorie
del Mercantilismo e, quindi, il protezionismo. Si è pure messo in
rilievo
il
coloniale.
peso
acquistato,
Un'espansione
in
questo
coloniale
contesto,
che,
come
dall'espansione
già
individuato,
favorisce lo sbocco commerciale dei beni e che, inoltre, favorisce la
fornitura delle materie prime necessarie alla produzione.
A questo punto va sottolineata subito la crescita dell'importanza
dell'espansione
coloniale
in
collegamento
con
l'avanzante
meccanizzazione dell'industria (e, quindi, tra l'altro, con l'aumento
delle materie da lavorare e dei prodotti finiti da vendere).
L'espansione
coloniale
si
lega
strettamente
all'esplorazione
geografica. Si possono così citare le esplorazioni in Oceania del
navigatore olandese Abel Tasman (1603-1659) e del navigatore inglese
James Cook (1728-1779).
Nel considerato contesto dell'evoluzione economica dei secoli XVII e
XVIII
l'espansione
coloniale
è
anche
realizzata
attraverso
lo
strumento,
sempre
più
significativo,
delle
Compagnie
commerciali
privilegiate, associazioni di mercanti, favorite dallo Stato con il
riconoscimento
di
commercianti
di
particolarmente
vari
vantaggi,
affrontare
rischiose
e
nate
insieme
troppo
dalla
necessità
imprese
costose
per
di
i
dei
commercio
capitali
di
un
singolo imprenditore.
Tra
le
varie
Compagnie
commerciali
che
nascono
così
si
possono
ricordare le olandesi Compagnia delle Indie Orientali e Compagnia
delle Indie Occidentali e l'inglese Compagnia delle Indie Orientali.
La prima, fondata nel 1602, si spinse a colonizzare territori in Asia
e Oceania (estendendosi da Ceylon e dalle coste della Regione Indiana
sino alle coste dell'Australia); la seconda, attiva dal 1617, arrivò
a toccare il Brasile e l'America del Nord, dove, nel 1624, gli
Olandesi fondarono Nuova Amsterdam (poi New York, dopo la conquista
inglese del 1674).
E' almeno da ricordare ancora la Compagnia delle Indie Orientali
inglese, risalente al 1600, che, con il XVIII secolo, procedette alla
conquista dell'India.
E'
anche
da
sottolineare
come
all'origine
del
processo
di
colonizzazione vi siano pure state fughe di massa per sfuggire a
persecuzioni religiose. E' il caso dei cosiddetti Padri pellegrini,
un gruppo di Puritani che dovette fuggire dall'Inghilterra e fondò,
in
America
del
Nord,
nel
1620,
la
colonia
di
Plymouth,
successivamente assorbita in quella del Massachusetts.
Va
ricordato,
inoltre,
come
America
del
Nord
e
Regione
Indiana
costituissero zone di espansione coloniale sia dell'Inghilterra sia
della Francia. La rivalità tra queste due Potenze sfociò nella Guerra
dei
Sette
alleate,
anni
(1756-1763),
combatterono
contro
nella
quale
Francia,
Inghilterra
Austria,
e
Prussia,
Svezia,
Spagna
(intervenuta nel 1761) e, fino al 1762, Russia. Nel 1762 la Russia
cambiò fronte e si alleò con la Prussia. La guerra si concluse con il
Trattato
di
Parigi.
L'Inghilterra,
vittoriosa,
francesi nell'America settentrionale (Canada).
ebbe
territori
Sul
finire
del
XVIII secolo
l'Inghilterra
possedeva
inoltre, nell'America del Nord, sulle coste dell'Oceano Atlantico, 13
colonie: Massachusetts, Connecticut, Rhode Island, New Hampshire, New
York,
New
Jersey,
Delaware,
Pennsylvania,
Virginia,
Maryland,
Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia. In queste colonie la
ricchezza
era
molto
sviluppata.
In
particolare
nelle
colonie
settentrionali (Nuova Inghilterra) si andava affermando l'artigianato
e l'industria (cantieri navali).
La
politica
coloniale
inglese,
basata
sullo
sfruttamento
delle
materie prime e sull'utilizzazione delle colonie come sbocchi di
mercato forzati per i beni prodotti in
netto contrasto con le
esigenze,
Inghilterra,
economiche
ed
si
poneva
ideali,
in
deicoloni
americani.
In seguito alle
proteste americane e a
scontri con gli Inglesi
ebbe inizio la guerra di Indipendenza (1775-1783).
Il 4 luglio 1776 venne
approvata, dai rappresentanti delle colonie,
una Dichiarazione di Indipendenza, ricca di principi illuministi,
redatta da Thomas Jefferson (1743-1826).
Con l'appoggio della
1779,
Francia, dal 1778, e
l'esercito americano,
condotto
della
dal
Spagna,
generale
dal
George
Washington (1732-1799), poté sconfiggere l'Inghilterra.
L'indipendenza delle
13
colonie
venne
riconosciuta
dagli
Inglesi con il trattato di Parigi, nel 1783. Nacquero così gli Stati
Uniti d'America.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
45- ORIGINE E SVILUPPI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE.
La situazione della Francia nella seconda metà del XVIII secolo era
caratterizzata da vari, e gravi, motivi di crisi.
In generale si può subito richiamare il sempre crescente scollamento
tra
la
Monarchia
francese
e
le
esigenze
economico-sociali
di
innovazione e di libertà portate avanti dalla borghesia, e, sul piano
culturale, dall'Illuminismo.
In particolare è da sottolineare, nella Francia di questo periodo, la
gravissima situazione di dissesto finanziario (le spese statali erano
superiori alle entrate). Importante causa di questa situazione di
dissesto era il privilegio accordato al clero e alla nobiltà di non
pagare le tasse. Per quanto riguarda le spese sono da rammentare
quelle
per
la
guerra
contro
l'Inghilterra
in
occasione
dell'Indipendenza americana. Pur non essendo di per sé determinanti
ai
fini
del
dissesto
francese
erano,
tuttavia,
molto
alte
e
significative le spese sostenute per il lusso della Corte. Esse,
inoltre,
apparivano
odiose
di
fronte
alla
povertà
del
popolo.
A
quanto detto sul dissesto va ancora aggiunto richiamo al cattivo
raccolto di grano del 1788 e alle conseguenze negative che ne ebbe il
popolo francese.
La Francia di questo periodo era anche caratterizzata dal tentativo
dell’aristocrazia di riprendere un certo peso politico a scapito
della Monarchia assoluta.
Di fronte al tentativo del re Luigi XVI (1754-1793) di estendere
l'obbligo
fiscale
ai
due
gruppi
sociali
privilegiati
di
clero
e
nobiltà, la nobiltà si oppose sostenendo la necessità di convocare
gli Stati Generali, ossia l'assemblea generale del Regno di Francia,
per l'approvazione di tale innovazione. Questa assemblea era composta
da
membri
dei
tre
gruppi,
o
Stati,
nei
quali
era
divisa
tradizionalmente la società: clero (Primo Stato); nobiltà (Secondo
Stato); popolo, nel quale era compresa anche la borghesia (Terzo
Stato). Va detto che ogni gruppo sociale disponeva di un solo voto.
Pertanto
l'accordo
tra
clero
e
nobiltà
consentiva
facilmente
di
superare l'opposizione e di trascurare le esigenze del popolo.
Gli Stati Generali vennero riuniti nel 1789, a Versailles. Però il
tentativo
delle
della
nobiltà
difficoltà
di
recuperare
finanziarie
della
potere
Monarchia
anche
approfittando
assoluta
trovò
un
ostacolo insormontabile nel popolo e nella significativa importanza
economico-sociale della borghesia. Così i rappresentanti del Terzo
Stato, di fronte al sistema di votazione (un voto per ogni gruppo),
si riunirono da soli, dando alla loro riunione il nome di Assemblea
nazionale. Il 20 giugno 1789 essi giurarono di rimanere insieme fino
all'esaurimento del compito di dare una Costituzione alla Francia
(giuramento
della
pallacorda,
dal
nome
della
sala
in
cui
venne
prestato). I rappresentanti degli altri due gruppi successivamente li
raggiunsero nella nuova Assemblea (che, dal 9 luglio 1789, prese il
nome di Assemblea nazionale costituente). Peraltro il re, in questa
situazione,
fece
affluire
truppe
a
Versailles,
con
l'evidente
intenzione di bloccare militarmente il rinnovamento politico della
Francia. Davanti al comportamento complessivo del re, il popolo di
Parigi, il 14 luglio 1789, diede l'assalto alla fortezza-prigione
della Bastiglia, simbolo dell'Assolutismo. Con questa data del 14
luglio
1789
viene
fatta
tradizionalmente
iniziare
la
Rivoluzione
Francese.
Venne
istituito
un
corpo
armato
rivoluzionario
(la
Guardia
nazionale).
Dopo la presa della Bastiglia scoppiarono rivolte anche in altre
città
della
francese,
rivoluzione
Francia.
con
assalti
contro
Scoppiarono
ai
rivolte
castelli
l’Assolutismo
della
finiva
anche
nella
nobiltà
anche
con
campagna
feudale.
La
l’attaccare
direttamente il sistema feudale, strettamente legato al primo per
motivi ideali (comune considerazione dell’importanza dei tradizionali
valori nobiliari) e politici.
Con una legge del 4 agosto 1789 venne abolito il sistema giuridico
feudale. Poco dopo, il 26 agosto, fu approvata dall'Assemblea la
Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, un testo nel
quale venivano fissati i cardini del pensiero politico di questa
prima fase rivoluzionaria: sovranità popolare; difesa della libertà e
dell'uguaglianza;
difesa e
valorizzazione del
diritto
soggettivo
di proprietà.
Va rilevato come sia implicito nel concetto di sovranità popolare
pure quello di autodeterminazione dei popoli, a prescindere dalla
volontà dei governanti.
La necessità
di
dei
che
fattori
risanare
spinse
la grave situazione economica fu uno
l'Assemblea
ad
espropriare
i
beni
ecclesiastici. Le conseguenze di questa politica furono varie.
Così, per un aspetto, la successiva
vendita
di
questi
beni
cementò attorno alla rivoluzione gli acquirenti, borghesi delle città
o ricchi agricoltori. Per un altro aspetto, il potere francese si
dovette far carico dei sacerdoti, che divennero suoi stipendiati.
Anche attraverso questo sistema si avviò un controllo statale sui
religiosi, che dovevano giurare fedeltà allo Stato francese (come
disposto con le norme della Costituzione civile del clero). Il papa,
Pio VI (1717-1799), condannò questo sistema.
Con il 1791 l'Assemblea costituente, conclusi i lavori, presentò una
Costituzione che dava alla Francia il carattere di una Monarchia
costituzionale, con poteri del re limitati. In questo sistema il
potere
legislativo
spettava
ad
un'Assemblea
elettiva,
il
potere
esecutivo al monarca. In campo legislativo il monarca aveva, inoltre,
un diritto di veto contro le leggi che non approvava, tranne quelle
di bilancio. Peraltro Luigi XVI fu sempre contrario a questo disegno
politico moderato, volendo costantemente un puro e semplice ritorno
all'Assolutismo. Sia il re che la famiglia reale tennero sempre i
contatti con le Monarchie assolute degli altri Paesi e cercarono il
loro intervento armato contro la Francia rivoluzionaria. Nel giugno
1791 il re e la sua famiglia tentarono anche, senza successo, di
uscire dallo Stato, evidentemente per rientrare alla testa di truppe
fedeli e riprendere il potere.
Con la conclusione dei lavori dell’Assemblea costituente, nel 1791
venne eletta un’Assemblea legislativa. Le elezioni si svolsero con
suffragio censitario (il voto ai più ricchi).
Tra i principali partiti dello schieramento politico
ricordano:
Foglianti
(favorevoli
alla
Monarchia
francese si
costituzionale),
Girondini (espressione della borghesia), Giacobini (sempre più volti
a sinistra) e Cordiglieri (su posizioni radicali e di sinistra).
Di fronte alla minaccia proveniente dagli Stati assoluti e dagli
elementi
controrivoluzionari
interni
nonché
di
fronte
alla
crisi
economica che rimaneva grave e faceva crescere il malcontento dei
cittadini poveri, i partiti della nuova Assemblea legislativa,
a
cominciare dal partito dei Girondini, diedero inizio, nel 1792, ad
una guerra che contrappose Austria, Prussia, Regno di Sardegna alla
Francia rivoluzionaria.
Successivamente, nel 1793, le ostilità si allargarono, coinvolgendo
anche Olanda, Inghilterra, Spagna e altri Stati italiani (Granducato
di Toscana, Stato della Chiesa, Regno di Napoli).
La linea di condotta aggressiva della Francia aveva, in politica
estera, due motivi fondamentali. Uno era quello di favorire la spinta
rivoluzionaria in Europa (anche allo scopo di trattare con Stati
ideologicamente
vicini).
L’altro
motivo,
intrecciato
al
primo
consisteva nella ricerca della supremazia politico-economica della
Francia in campo internazionale.
Le iniziali sconfitte francesi aggravarono i problemi e avviarono una
fase rivoluzionaria più radicale, nella quale si combinavano insieme
un'estrema violenza contro tutti coloro che venissero considerati
nemici della Francia e lo sviluppo di una più accentuata sensibilità
democratica.
Così, nell'agosto 1792 il re e la sua famiglia vennero arrestati e,
nello stesso 1792, venne eletta, a suffragio universale maschile,
una
Convenzione
Nazionale,
che
dichiarò
decaduta
la
Monarchia
e
proclamò la Repubblica.
Di
fronte
alle
difficoltà
della
guerra,
ad
una
insurrezione
controrivoluzionaria scoppiata in Vandea, alla crisi economica, nel
1793
un
Comitato
di
salute
pubblica,
guidato
da
Maximilien
de
Robespierre (1758-1794), uomo politico del partito dei Giacobini e
principale ispiratore di questa fase della storia francese, portò
avanti
una
politica
di
terrore
contro
aristocratici
e
persone
comunque accusate di cospirare ai danni della Repubblica.
Furono
eseguite numerosissime condanne a morte (per decapitazione, con uno
strumento, la ghigliottina, da poco inventato). Vennero giustiziati
anche Luigi XVI e sua moglie Maria Antonietta d'Austria. Per una
legge del settembre 1793, la Legge sui sospetti, bastavano semplici
indizi per emettere una condanna a morte.
Peraltro con la Convenzione Nazionale si ebbe una Costituzione, la
Costituzione
del
1793
(destinata,
tuttavia,
nelle
intenzioni
del
legislatore, ad entrare in vigore solo dopo la guerra allora in
corso), molto più avanzata e aperta alle esigenze sociali rispetto a
quelle
del
1791.
La
Convenzione,
inoltre,
emanò
provvedimenti
legislativi in tema di istruzione elementare obbligatoria e gratuita
e di abolizione della schiavitù.
Le stesse vicende rivoluzionarie, con il ruolo rilevante che, in
molti momenti, come nel 1793, dovevano assumere le forze popolari più
accese
(i
cosiddetti
sanculotti),
spingevano
naturalmente
a
provvedimenti quale quello di limitazione (calmiere) del prezzo del
grano nel 1793, in una politica volta, in generale, all’intervento
dello Stato nella vita economica. Un intervento, questo, che, di
principio,
non
rientrava
negli
interessi
e
nella
concezione
dell’economia della classe borghese.
L'insostenibilità
nel
lungo
periodo
dell'estrema
tensione
rivoluzionaria del 1793, le prime vittorie delle armate francesi (che
fecero
venir
meno
la
sensazione
della
patria
in
pericolo),
il
riaffacciarsi degli interessi della borghesia aprirono la strada, nel
1794,
all'arresto
e
alla
condanna
a
morte
di
Robespierre.
La
Convenzione venne sciolta.
Dopo la caduta di Robespierre forze della borghesia moderata diedero
vita
e
sostegno
ad
un
nuovo
governo
repubblicano
denominato
Direttorio. Fu un regime caratterizzato dall'instabilità, minacciato
da colpi di mano monarchici e di sinistra. A quest'ultimo proposito
va
ricordata
la
cosiddetta
Congiura
degli
Eguali
organizzata
da
Francois Babeuf detto Gracchus (1760-1797) e da Filippo Buonarroti
(1761-1831),ispirata a ideali comunisti, scoperta nel 1796.
APPUNTI DI STORIA
Prof. Frontini
a.s. 2010-2011.
46- NAPOLEONE BONAPARTE.
Si è già delineato il percorso storico della Rivoluzione Francese. In
particolare si è pure visto il momento del Direttorio, con la sua
instabilità. Con le vicende finali della Rivoluzione si intrecciano
gli inizi della carriera di un giovane generale di origini corse:
Napoleone Bonaparte (1769-1821). Fu, dunque, il generale Bonaparte
che, nel 1795, aiutò il Direttorio a reprimere una congiura realista.
Nel 1796 venne così affidato a Napoleone il comando di un'armata in
uno dei fronti della guerra rivoluzionaria: l'Italia settentrionale.
Con una serie di vittorie (straordinarie per rapidità e capacità
strategiche) Napoleone sconfisse truppe austriache e del Regno di
Sardegna. Organizzò, così, nell'Italia settentrionale, dapprima la
Repubblica Cispadana e, poi, la Repubblica Cisalpina, che comprendeva
anche il territorio della prima. Poté trattare autonomamente con
l'Austria la pace di Campoformio, senza interventi del Direttorio.
Successivamente Bonaparte andò in Egitto, allo scopo di danneggiare
le comunicazioni dell'Inghilterra con il dominio coloniale che questa
aveva in India. Peraltro la flotta francese fu sconfitta e si isolò,
in tal modo, il corpo di spedizione napoleonico.
Nel 1799, Napoleone, tornato in Francia, diresse un colpo di stato
contro il Direttorio. Lo sostituì con la forma istituzionale del
Consolato. Lui stesso divenne Primo Console.
Mosso dall'ambizione personale e dalla spinta che gli veniva dalla
borghesia produttiva francese impegnata nella lotta per il dominio
economico in Europa e contro l'industria inglese, Napoleone divenne
Primo Console a vita, e Presidente della Repubblica Italiana (formata
nell'Italia settentrionale) nel 1802 e, successivamente, Imperatore
dei francesi, nel 1804, e Re d'Italia, nel 1805.
Bonaparte sconfisse varie volte Austria, Prussia, Russia.
Nel
tentativo
di
vincere
la
potenza
politica
ed
economica
dell'Inghilterra
organizzò
un
blocco
continentale
delle
merci
inglesi. La necessità di garantire questo blocco fu tra le cause che
spinsero Napoleone ad una continua serie di guerre e di conquiste.
Così,
nel
1808,
l'Imperatore
si
impadronì
della
Spagna,
dove,
peraltro, doveva trovare una forte resistenza popolare.
Nel 1812, Napoleone invase la Russia. Egli giunse sino a Mosca, senza
aver potuto distruggere completamente le forze russe.
La
ritirata
dalla
Russia
dell'esercito
napoleonico
fu
terribile,
tormentata dal freddo e dalla guerriglia.
Con questa ritirata le forze francesi cominciarono a decadere, a non
poter essere più all'altezza di fronteggiare l'ostilità dell'Europa.
Così,
nel
1813,
Austria,
Prussia
e
Russia,
alleate,
batterono
l'Imperatore nella battaglia di Lipsia.
Napoleone,
sconfitto,
venne
mandato
in
esilio
nell'isola
d'Elba.
Quando già si era aperto un congresso, a Vienna, per ridisegnare i
confini
1815,
dell'Europa
tornò
in
dopo
Francia.
la
tempesta
Venne
però
napoleonica,
Napoleone,
definitivamente
nel
sconfitto
a
Waterloo, il 18 giugno 1815.
Concluse la sua vita in esilio nell'isola di Sant'Elena, il 5 maggio
1821.