Sociologia economica 1. Cosa si può intendere per economia? Sociologia ed economia L’economia è l’insieme delle attività volte a consentire la riproduzione materiale di un dato gruppo sociale. La sociologia studia come fa l’uomo per sopravvivere. Nei nostri giorni, all'ambito economico non si riconosce uno statuto specifico né gli si attribuisce alcuna centralità nella spiegazione della società. L'economia è semplicemente una sfera sociale dove ha luogo interazione; l'economico non serve a spiegare la società e non è possibile per il sociologo trascurare l'analisi dei fatti economici e sono le categorie dell'analisi sociale che possono contribuire a spiegare l'economico. Approdo di questo percorso di ricerca è l'idea secondo cui l'azione economica può essere analizzata come un'azione sociale. Di conseguenza, le forme concrete all'interno di cui le relazioni di mercato hanno luogo sono rilevanti per la spiegazione dell'economia. L'illustrazione più chiara di questa posizione è espressa dal concetto di embeddedness. Il concetto di embeddedness indica il radicamento delle attività economiche nella società. La produzione, la distribuzione ed il consumo dei beni dipendono infatti da fattori sociali come la cultura, le abitudini, il senso di responsabilità e la reciprocità verso gli altri. Scrive Karl Polanyi: “L'economia è quindi inserita e coinvolta [embedded] in istituzioni di natura economica e non economica. La religione e il governo possono essere non meno importanti delle istituzioni monetarie o della stessa disponibilità di strumenti e macchine, che allevino la fatica del lavoro, per la struttura e il funzionamento dell’economia”. Per lo studioso, quindi, l’economia umana è coinvolta (embedded) tanto in istituzioni economiche (banche, ecc) quanto non economiche (religione, ecc). Le istituzioni non economiche possono dunque essere non meno importanti delle istituzioni monetarie per la struttura e il funzionamento dell’economia. La sociologia economica non è molto diversa dall'economia per quanto riguarda la nomenclatura; vi sono differenze nell'habitus, ma non sul metodo. Il metodo della sociologia economica è il metodo scientifico, inventato da Galileo. L'economia è una scienza che usa motivazioni deduttive: posto un enunciato, si cerca di applicarlo a vari casi particolari. Nella sociologia economica, invece, l'interesse è posto non più su sistemi euristici ma su come l'individuo interagisce coi sistemi, che infine non è più capace di controllare. Si cerca di trovare spiegazioni di medio raggio di fatti economici, in modo induttivo. Non si cerca quindi di elaborare teorie generali sulla società ma solamente su alcuni componenti locali. Questo consente di spiegare alcuni comportamenti altrimenti inspiegabili. Visioni sostanzialista e formalista Le principali visioni dell’economia sono due: quella sostanzialista e quella formalista. Visione sostanzialista Per la visione sostanzialista, l’economia è costituita da quell’insieme di attività volte a consentire la riproduzione materiale di un dato gruppo sociale. La riproduzione può essere sociale oltre che materiale. Per riproduzione sociale si intendono le relazioni che permettono alla specie umana di realizzare la propria sopravvivenza e la conservazione della specie nelle condizioni ritenute le migliori possibili in differenti ambienti sociali; consiste nell’abitare, unirsi, creare tradizioni, riprodurre gli elementi della propria cultura, i modelli di rapporto e di relazione sociale. In base a questa definizione di riproduzione sociale, i modi per soddisfare i bisogni ad essa connessa hanno a che fare con l’organizzazione complessiva della vita collettiva e della società. Non esiste quindi un minimo vitale in materia di bisogni riproduttivi. Esso è determinato, caso per caso, in base al particolare modo che una cerca comunità adotta per garantire la propria riproduzione sociale e materiale. La soglia di povertà è una linea convenzionale sotto alla quale è possibile per coloro che vogliono richiedere alcuni diritti particolari (welfare state). Essa non è universalmente stabilita, ma varia da paese a paese: per esempio, negli USA il 25% della popolazione è sotto la soglia, e considerato quindi povero. Il concetto di povertà è relativo: si può distinguere tra povertà anagrafica e povertà percepita. La visione sostanzialista ha il pregio di problematizzare il rapporto tra i mezzi, i fini e le modalità attraverso cui l’agire economico li mette in relazione in maniera non automatica. In una moderna economia di mercato, continuano a convivere e a prosperare forme di scambio molteplici quali quelle individuate da Polanyi. Visione formalista La visione formalistica vede l’economia legata strettamente al problema della scarsità dei mezzi disponibili rispetto all’insieme delle scelte possibili in termini di allocazioni; l’economia è dunque la disciplina che si occupa dell’allocazione efficiente di risorse scarse. L’agire economico procura la possibilità di sfruttare al meglio (massimizzazione) le risorse di cui si dispone per raggiungere determinati fini. Si suppone un comportamento stabile ed uniforme degli attori orientato alla massimizzazione dell'utilità individuale, in un contesto di mercato di concorrenza perfetta. Questo consente un ragionamento deduttivo sulle conseguenze economiche che ne discendono. Questa tradizione di pensiero di afferma alla fine del XIX secolo e va sotto il nome di teoria neoclassica. In questa visione, viene esaltata la posizione dell’attore individuale. Esso ha tutte le informazioni di cui ha bisogno, ed è dotato di uno specifico sistema di preferenze, espresse attraverso una funzione di utilità: sono atomistiche, egoistiche, complete, coerenti, archimedee. Sulla base di questa mole di informazioni di cui dispone, l’homo oeconomicus definisce gli obiettivi che intende perseguire e, in una situazione di razionalità “olimpica”, sceglie le opzioni più economicamente vantaggiose. La libera scelta si riduce all’interno di opzioni di risorse scarse. Per Simon, le persone funzionano seconda una razionalità limitata: non c’è un set di opzioni chiare (investire non borsa non è mai infatti totalmente sicuro). Questa posizione, in ultima analisi, è stata fatta propria anche da Weber quando sostiene che “L'agire economico è orientato a ottenere prestazioni di utilità desiderate o possibilità di disporre di esse; è condizionato costantemente dalla scarsità dei mezzi ed è a tale scarsità orientato. Per poter soddisfare il desiderio con prestazioni di utilità, I mezzi presenti in quantità limitata debbono essere economizzati. Di qui la tendenza alla razionalizzazione dell'agire economico.”. La visione formalista dell'economia prevede alcuni punti fissi per cui l'uomo, ceteris paribus, si comporterà in un certo modo: l'homo oeconomicus, dotato di capacità decisionali ed in possesso di tutte le informazioni di cui ha bisogno, seguirà razionalmente la strada per massimizzare razionalmente i suoi utili. La visione formalista consente di muoversi agevolmente nello studio e nella spiegazione della trasformazioni dell’economia di mercato. Karl Polanyi e le forme di scambio Karl Polanyi, nel suo La grande trasformazione del 1974, ricostruendo, attraverso l’analisi dei sistemi economici del passato, l’evoluzione sociale dell'economia, identifica tre diverse forme di scambio che consentono di separare nettamente la nozione di economia da quella di mercato, di concorrenza, di razionalità e di immaginare che il mercato stesso non sia da considerarsi come una condizione naturale nel suo complesso. Per lo studioso, lo scambio economico è figlio delle relazioni, e l'economia è il modo attraverso cui i gruppi sociali sostanziano le relazioni. Per Karl Polanyi, alcune forme forme di scambio sono persistenti, stabili nel tempo, e indipendenti dal tempo e dal luogo. Lo studioso utilizza dunque idealtipi (forme di relazioni ricorsive nel tempo) sul modello weberiano. Le forme di scambio per Polanyi più significative sono: • il mercato, caratterizzato da scambi impersonali regolati da un’equivalenza numerica determinata dalla moneta. Esso nell’economia fa la parte del leone. E’ la forma economica più invasiva, tanto da colonizzare persino il linguaggio; può quasi sembrare l’unica forma di scambio economico. Il mercato è il luogo virtuale di incontro di domanda ed offerta di beni ed il luogo della libertà delle transazioni. • la redistribuzione, generata quando un centro politico è in grado di raccogliere risorse e distribuirle secondo criteri definiti tra tutti i membri della società. I sistemi fiscali sono figli della forma economica della redistribuzione. Per Polanyi, dal momento in cui emerge una autorità capace di redistribuire, la redistribuzione diventa la forma fondamentale della vita economica. Essa è il meccanismo che fa sì che le risorse prodotte da un settore possano venire spostate in un altro. La redistribuzione non è uguale dappertutto; dipende anche da come è fatto il mercato del lavoro. • la reciprocità, che da luogo a uno scambio non mediato dalla moneta tra partners che non sono necessariamente legati da vincoli economici. A muovere le persone non sono solo gli interessi economici (fattori d’utilità) ma anche fattori di altra natura: gli individui compiono a volte operazioni svincolate dalla reciprocità e remunerative solo sul piano personale. Forme di reciprocità si sono susseguite attraverso molti secoli. Esempio di forme di reciprocità sono le varie associazioni di volontariato, in cui coloro che fruiscono delle attività di volontariato non hanno obbligo di restituire ciò che hanno ricevuto; i volontari donano per il piacere di donare (o per altre motivazioni comunque non economiche). Altri esempi possono essere la donazione di soldi a vittime di catastrofi naturali oppure i famosi “televoti". La reciprocità è dunque una relazione antieconomica. Il baratto è una forma di scambio all’interno della forma economica della reciprocità (banca del tempo). Esso esiste quando c’è uno scambio che non prevede denaro. Alcune forme di scambio sopravvivono, altre no, perchè messe in discussione; il baratto, ad esempio, fu messo in discussione perchè con l'apertura dei con sumi diventò impossibile produrre abbastanza merce per avere ciò che si vuole. Adam Smith e la mano invisibile Adam Smith concorda con la versione individualista dell'economia, per cui ognuno agisce secondo l'utile individuale, non necessariamente cooperativo. Ma, si chiede Smith, com'è possibile che le lotte per la conquista delle scarse risorse da cui trarre profitto non porti a conflitti e guerre? La risposta, per Adam Smith, è la mano invisibile, quella che oggi chiameremmo regolazione economica. E' un insieme di relazioni tra individui che impediscono che homo diventi realmente homini lupus. Non vi è nessun motivo per farsi la guerra, perchè la cooperazione è più conveniente. La mano invisibile dunque implica un comportamento economico fondato sulla cooperazione. Max Weber e l'evoluzione dell'economia Max Weber viene comunemente annoverato tra i padri della sociologia economica. Nella sua Storia economica ci aiuta, ad esempio, a ragionare sull’evoluzione dell’economia, cercando di mettere insieme la storia dell'economia, la storia dello stato e la filosofia dell'individualizzazione. Il sociologo distingue tra: • economia naturale nella quale il fabbisogno viene soddisfatto senza ricorrere allo scambio. Questo accadeva per esempio nell'organizzazione sociale feudale, caratterizzata da un'economia chiusa, dove era il feudatario a distribuire la ricchezza. I servi della gleba, ultime ruote del carro, lavoravano all'interno di terre non proprie. La sua produzione, che veniva consegnata in gran parte al feudatario, avevo come scambio ciò che serviva al servo e alla sua famiglia per sopravvivere. La sua remunerazione era quindi ciò che gli serviva per vivere, un qualcosa di fissato in modo non oggettivo. • economia naturale di scambio che conosce lo scambio ma non il denaro (es. il baratto); • economia monetaria che si radica quando diventa possibile separare produzione e allocazione allargando le opportunità di acquisizione dei beni; la moneta si caratterizza come medium, controvalore, senza altre funzioni. Corollari di grande importanza appaiono essere: • la separazione tra produzione e consumo; • l’estensione dell’orizzonte temporale. Mentre l'economia naturale di scambio era invece orientata verso l'hic et nunc, l'economia monetaria è caratterizzata da una logica dell’accumulazione che lega il presente e il futuro, facendo sì che ricchezze vengono conservate postponendo la loro messa in campo (risparmio) • l’individualizzazione dell’agire economico. 2. Il mercato Definizione e condizioni Il mercato è dunque nell'economia moderno diffuso come forma prioritaria dell'agire economico. Questo non comporta però necessariamente la condivisione dell'idea di homo oeconomicus. La particolarità dell'agire economico risiede infatti nelle forme che assume lo scambio e non per forza nell'intenzionalità dell'attore (agire razionale rispetto a uno scopo). L'esistenza del mercato non spiega sociologicamente il fatto che l'uomo agisca secondo scopi determinati e razionali. Inoltre, l'esistenza e/o la prevalenza della forma di scambio chiamata mercato non implica l'abolizione di altre forme di scambio che possono invece spiegare comportamenti apparentemente irrazionali. In sintesi, caratteristica dell'economia moderna non è l'esistenza del mercato, ma la compresenza di varie forme di scambio in cui quella del mercato appare per vari motivi la più pervasiva. Il mercato può essere considerato come un luogo virtuale di incontro di domande e offerta di beni e servizi. Esso è la forma economica più innestata nella vita, più percepibile e pervasiva: nell'economia moderna, esso è diffuso come forma prioritaria dell'agire economico. Tuttavia, caratteristica dell'economia moderna non è l'esistenza del mercato, ma la compresenza di varie forme di scambio in cui quella del mercato appare per vari motivi la più pervasiva. Accettare l'idea della prevalenza della forma di scambio del mercato all'interno dell'economia moderna non comporta però necessariamente la condivisione dell'idea di homo oeconomicus: • La particolarità dell'agire economico risiede infatti nelle forme che assume lo scambio e non per forza nell'intenzionalità dell'attore (agire razionale rispetto a uno scopo). • L'esistenza del mercato non spiega sociologicamente il fatto che l'uomo agisca secondo scopi determinati e razionali. • Inoltre, l'esistenza e/o la prevalenza della forma di scambio chiamata mercato non implica l'abolizione di altre forme di scambio che possono invece spiegare comportamenti apparentemente irrazionali. Una delle questioni cruciali, dal nostro punto di vista resta, pertanto, quella di trovare modalità e livelli di armonizzazione tra differenti forme di transazione economica che contribuiscano a risolvere problemi e a rispondere a esigenze complementari. Le implicazioni più rilevanti di questo modo di vedere le cose sono: • la questione dell’efficienza non è l’unica questione che riguarda la sfera economica di mercato, • il rapporto tra mercato redistribuzione e reciprocità è una questione aperta e non risolvibile una volta per tutte. Possiamo indicare alcune condizioni affinchè nasca il mercato: • l’appropriazione di tutti i mezzi materiali a partire dalla terra e dai mezzi di produzione da parte di imprese private e autonome. Perchè ci sia mercato deve esserci quindi innanzitutto proprietà dei beni da parte di qualcuno che li possiede. • la libertà di mercato e quindi l’abbattimento delle barriere imposte al traffico commerciale (protezionismo); • • • • • • • • la diffusione della tecnica/tecnologia; la nascita di un diritto che regola le stesse relazioni di mercato (transazioni). La mano invisibile piano piano diventa visibile. Le regole del mercato, che in parte confluiscono nel Diritto Commerciale, fanno si che homo non sia homini lupus. la presenza di uno stato legale e una classe di funzionari dedicati al funzionamento e al riconoscimento; questa classe esiste per garantire a tutti la possibilità di attivare transazioni economiche. la creazione di un mercato del lavoro; la nascita e il consolidamento di un soggetto collettivo (l’impresa) istituzionalmente demandato a raggiungere in modo razionale obiettivi economici mediante specifiche modalità di organizzazione del lavoro. L'organizzazione sociale si cristallizza in un insieme di relazioni economiche che mettono su beni e servizi e organizzano il lavoro delle persone; tutto questo trova forma nell'impresa. la commercializzazione dell’economia (atti e diritti di proprietà commercializzabili – es Borsa). Una volta creata l'impresa, attraverso il diritto commerciale si garantisce l'esistenza della forza lavoro e dell'impresa stessa e la commercializzazione dei prodotti o dei servizi. la separazione tra economia interna ed esterna; l’esistenza di un media (mediatore) e cioè il denaro . Corollario strategico di queste pre-condizioni è la nascita di un sistema dei prezzi che rende l’agire economico meno soggettivo e più impersonale. Il mercato diviene un meccanismo naturale impersonale, nn segnato da una dimensione individuale potente, in cui dobbiamo intervenire. Tutto questo è facilitato dalla nascita di sistema di prezzi che consente di calcolare le conseguenze economiche delle azioni, e anzi da valore alle nostre azioni. Conseguenza estrema di questo ragionamente è rappresentata dall'affermazione che l'economia moderna nasce solo dopo l'affermazione de lavoro salariato. Con il salario, dunque, tutto, anche il lavoro delle persone, può esere monetizzabile e calcolabile. Il mercato, all’interno di questa concettualizzazione, può essere definito come quel particolare ambito dove, grazie ad un sistema di prezzi, è possibile calcolare prezzi e conseguenze economiche delle proprie azioni. Nulla di simile esiste in altri contesti della vita sociale. L'evoluzione che il mercato consente alle persone è da una dimensione di dipendenza e necessità a una di libertà, libertà di comprare e vendere ciò che vogliamo. Il mercato si configura così come il luogo della libertà delle transazioni, a ribadire quanto l'azione economica sia sociale. Il passaggio dall'economia naturale chiusa caratterizzata da una dimensione di dipendenza a un'economia di mercato avviene con l'avvento dei comuni. Si sviluppano delle forme economiche fuori dall'organizzazione sociale feudale, ed ambiti urbani fuori dal feudo dove si creano relazioni sociali e ricchezze. Le condizioni per la nascita di tali ricchezze è la nascita della borghesia. Simmel Per Simmel il processo di individualizzazione della vita economica presuppone che [Moscovici, 1991, 438]: • lo scambio sia una forma sui generis di società nella quale i valori assumono una esistenza autonoma e oggettiva: non ci ragioniamo sopra, non si riflette se lo scambio è umanizzato o no. • lo scambio diventi economico (più che sociale) per il fatto che gli individui lo accettino; • il danaro rappresenti i valori e li reifichi (li trasformi cioè in oggetti) permettendo così una loro comparazione; • il passaggio dall'economia chiusa all'economia aperta si compia attraverso un percorso di intellettualizzazione del denaro; intellettualizzandosi il denaro si distanzi dalle persone. • assicuri la superiorità dei mezzi di scambio e comunicazione dei valori sui fini ed esso stesso si trasformi da mezzo in fine; • il denaro realizzi la tendenza della vita sociale a unificare la diversità riducendo la qualità in quantità; • il denaro renda possibile lo scambio prendendo la forma di un codice; • la diffusione dell’economia basata sulla moneta (monetaria) porti all’autonomia del mondo degli scambi e gli conferisca una forma astratta e universale; • il denaro orienti la cultura verso la preminenza dell'intelletto sugli affetti. Specificità del mercato e sue virtù e difetti Solo attraverso un luogo e non banale percorso di costruzione e decostruzione di valori si arriva all'idea che l'economia di mercato possa essere percepita e studiata come un ambito sociale specifico e relativamente distinto dal resto della società, nel quale le condizioni dell'azione sono assolutamente peculiari. Questa specificità viene annullata in tutti quei tentativi nei quali l'intera vita sociale viene pensata come un grande mercato. Alcuni studiosi molto autorevoli (Coleman, Becker) hanno tentato di utilizzare le categorie tipiche dell'economia neoclassica allo scopo di interpretare l'intero agire sociale. La sociologia economica, a partire dalle prmesse di Polanyi, Weber e Simmel si pone il compoito di tematizzare tali specificità per chiedersi se e quanto i processi e i meccanismi sociali rintracciabili in altri ambiti della vita collettivita siano operanti in quel particolare contesto istituzionali che abbiamo chiamato mercato. Dunque il mercato si configura come un ambito in cui le azioni e le relazioni si svolgono in modo specifico. Questo non vuol dire però che l'azione economica, all'interno o all'esterno del mercato, sia destinata a perdere qualsiasi connotazione sociale. L'azione e l'agire economico rimangono azione e agire sociale anche se è il contesto istituzionale e di significato che incide in maniera decisiva sul modo in cui essi si producono e uslla forma delle interazioni che ne conseguno. Riconoscere la specificità del mercato come ambito di analisi, non vuol dire dunque arrivare alla conclusione che al suo interno non vi sia traccia di socialità: è vero al massimo che la specifica configuraizone de mercato rende più instabili quel tipo di rapporti sociali che tendono sempre a ricostituirsi. Il mercato si presenta quindi come un'istituzione socialen ella quale sono in opera insieme comportamenti determinati dal sistema delle preferenze individuali, dai contesti istituzionali di riferimento, dai valori condivisi, dalle culture di riferimento degli attori. Virtù del mercato • Il mercato mediante la concorrenza è in grado di spingere le unità produttive verso la ricerca di una maggiore efficienza; • Contribuisce alla civilizzazione del comportamento umano in condizioni di complessità sociale; • Salvaguarda l'esistenza di spazi di libertà individuale; • Crea interdipendenza. Difetti del mercato • Efficienza non equivale a giustizia ed equità; • Rovesciamento dei mezzi con i fini (mercificazione della vita privata e colonizzazione della vita da pate della razionalità economica); • L'azione moralizzatrice del mercato (in senso smithiano) tende a indebolirsi nel tempo in mancanza di regolazioni e correzioni efficaci; • Gli effetti della razionalità appaiono spesso irrazionali. 3. Nascita della sociologia economica, premesse per il futuro Il cuore dell'indagine economica è l'economizzare come scelta di allocazione più efficiente di risorse scarse. Si suppone un comportamento stabile ed uniforme degli attori orientato alla massimizzazione dell'utilità individuale, in un contesto di mercato di concorrenza perfetta. Questo consente un ragionamento deduttivo sulle conseguenze economiche che ne discendono. Per contro, la valutazione dell'influenza di fattori sociali sul comportamento economico dei singoli soggetti richiede un'ottica induttiva che parta dall'esperienza per formulare generalizzazioni empiriche e relazioni causali limitate tra i fenomeni studiati; in questo modo si introduce inevitabilmente una maggiore variabilità nei comportamenti, cosa che gli economisti non gradiscono. Analisi economica e analisi dell'influenza delle istituzioni sull'economia tendono a separarsi prevalentemente su questo versante; è così che prende forma la nuova prospettiva analitica e disciplinare della sociologia economica. Essa si sviluppa prima di tutto in Germania con Sombart e Weber, e al suo centro troviamo l'indagine sulle modalità attraverso cui le istituzioni influenzano le origini del capitalismo. Questa tradizione di studi viene rinverdita e sviluppata da autori come Schumpeter e Polanyi e dalla sociologia economica francese influenza da Durkheim e dall'istituzionalismo americano. Né gli economisti né i sociologi dunque erano spinti a porsi un problema sull'influenza delle istituzioni sull'economia; non a caso gli ultimi grandi contributi di sociologi a economica che si pongono il problema di analisi istituzionali del capitalismo siano quelli degli anni '40 di Schumpeter e Polanyi. L'analisi istituzionale dell'economia tende a concentrarsi sul problema dello sviluppo dei Paesi arretrati assumendo le sembianze di sociologia della modernizzazione; per quanto riguarda i Paesi sviluppati, la sociologia economica si specializza come sociologia dell'organizzazione, del lavoro e delle relazioni industriale. Con l'affermazione della teoria neoclassica (marginalista) dell'economia le cose cambiano radicalmente. Lo studio dell'economia tende a coincidere con quello del mercato e l'analisi economica viene realizzata sulle base di alcuni ipotesi: • gli attori hanno un sistema di preferenze, di solito espresse mediante una funzione di utilità, dotata di caratteristiche restrittive. Esse cioè sono atomistiche, egoistiche, date e costanti, complete, coerenti e archimedee; • le conoscenze sono certe o comunque riferibili a distribuzioni di probabilità oggettive o soggettive circa le conseguenze dei diversi corsi di azione; • la definizione del contesto è tale da rendere possibile la circolazione delle informazioni indispensabili per l’azione individuale. Poiché tali informazioni non dipendono dalle azioni del soggetto, il contesto è definito parametrico; gli attori sono razionali e tendono a massimizzare la loro funzione di utilità. A sancire la divisione dei compiti del lavoro scientifico tra sociologia e economia interviene il cosiddetto approccio analitico. Promosso da Talcott Parsons. Secondo questo autore, lo studio della società avrebbe dovuto essere organizzato mediante lo sviluppo armonico di scienze complementari: la politologia chiamata a occuparsi dei fatti politici, la teoria economica interessata allo studio dell'economia e la sociologia a quello più generale del cosiddetto mondo sociale. Le tre scienze analitiche farebbero riferimento ad altrettanti distinti campi di indagini. In questo modo, Parsons sancisce la non pertinenza dell'analisi sociologia sulla realtà economica. La risposta più incisiva allo struttura-funzionalismo parsonsiano arriva molti anni dopo non dal versante macro ma da quello micro-sociologico. L'aspetto centrale di questa svolta che ha tra i suoi promotori Blumer, Berger, Goffman è l'identificazione e la descrizione di un diverso livello nel quale cercare l'ordine sociale: quello dell'interazione. La sociologia tradizionale ha opposto una resistenza a questo nuovo quadro teorico: • la sfera economica è una struttura istituzionale peculiare e in essa le interazioni assumono profili, modalità e significati del tutto specifici e poco consoni con le questioni poste dagli approcci micro; • la sociologia economica si è dovuta misurare con la concorrenza fortissima e organizzata degli economisti rendendo complessa l’accettazione di posizioni non interessate agli aspetti istituzionale e quantitativi della realtà; • in questo ambito disciplinare hanno contato di più approcci macro differenti da quella funzionalistica (in particolare quello marxista e, in generale conflittualista), il cui potere esplicativo è stato meno intaccato dai mutamenti sociali intervenuti negli anni sessanta e settanta. Nei nostri giorni, all'ambito economico non si riconosce uno statuto specifico né gli si attribuisce alcuna centralità nella spiegazione della società. L'economia è semplicemente una sfera sociale dove ha luogo interazione; l'economico non serve a spiegare la società e non è possibile per il sociologo trascurare l'analisi dei fatti economici e sono le categorie dell'analisi sociale che possono contribuire a spiegare l'economico. Approdo di questo percorso di ricerca è l'idea secondo cui l'azione economica può essere analizzata come un'azione sociale. Di conseguenza, le forme concrete all'interno di cui le relazioni di mercato hanno luogo sono rilevanti per la spiegazione dell'economia. L'illustrazione più chiara di questa posizione è espressa dal concetto di embeddedness. Il concetto di embeddedness indica il radicamento delle attività economiche nella società. La produzione, la distribuzione ed il consumo dei beni dipendono infatti da fattori sociali come la cultura, le abitudini, il senso di responsabilità e la reciprocità verso gli altri. Scrive Karl Polanyi: “L'economia è quindi inserita e coinvolta [embedded] in istituzioni di natura economica e non economica. La religione e il governo possono essere non meno importanti delle istituzioni monetarie o della stessa disponibilità di strumenti e macchine, che allevino la fatica del lavoro, per la struttura e il funzionamento dell’economia”. Per lo studioso, quindi, l’economia umana è coinvolta (embedded) tanto in istituzioni economiche (banche, ecc) quanto non economiche (religione, ecc). Le istituzioni non economiche possono dunque essere non meno importanti delle istituzioni monetarie per la struttura e il funzionamento dell’economia. Per esempio, la crisi libica ha provocato un drastico aumento del costo del petrolio. Anche i giorni di “riposo” stabiliti dalle varie religioni (gli ebrei non lavorano il sabato, i cristiani la domenica) o l’alternanza di ora legale e ora solare (con importanti ripercussioni sul consumo energetico) causano grandi ripercussioni sull’economia. Nella teoria dell'embeddedness, viene respinta la teoria della ration choice (scelta logica), che presuppone: 1. Razionalità assoluta ed economica degli attori 2. Atomizzazione sociale, non considerare ciò che sta intorno all'attore economico in termini di relazioni Questo perché ogni essere umane gode della razionalità limitata all'interno di ogni decisione, e che bisogna valutare le variabili che influenzano direttamente e non le scelte del singolo individuo. L'Embeddedness accetta soltanto il principio della coesione tramite la formazione di networks (reti). Le tipologie di embeddedness, vengono solitamente raggruppate in due categorie: 1. Embeddedness relazionale, ovvero che gli attori economici vengono influenzati direttamente, ed influenzano indirettamente, i comportamenti ed i risultati degli attori con cui interagiscono; da questo prende spunto il concetto della Forza dei Legami, che è caratterizzata dalla forte vicinanza degli attori. 2. Embeddedness strutturale: la più ampia struttura di relazioni influenza i comportamenti ed i risultati di interi gruppi di persone (in questo caso aziende e network di esse). 4. La nuova Sociologia Economica Il manifesto di questa nuova corrente di pensiero è l'articolo pubblicato nel 1985 da Mark Gravonetter, in cui l'autore di schiera a favore di una posizione a metà strada tra la concezione ipersocializzata (Parsons) e iposocializzata (neoclassici) dell'attore. Per Gravonetter, per migliorare la comprensione della realtà economica, si quella presente nelle posizioni olistiche sociologiche che in quelle individualistiche economiche, occorre seguire una via intermedia capace di tenere al suo centro l'azione, che per Gravonetter rimane un punto di riferimento irrinunciabile dell'analisi. Un'analisi efficace dell'azione umana richiede di evitare l'atomizzazione implicita negli estremi teorici delle concezioni iper e ipo socializzate. Gli attori non si comportano e non decidono come atomi al di fuori di un contesto sociale né aderiscono passivamente ad un copione scritto per loro da una particolare intersezione di categorie sociali a cui capita loro di appartenere. I loro tentativi di compiere azioni intenzionali sono invece radicati (embedded) in sistemi di relazioni sociali concreti e attivi. Dunque la strada proposta da Gravonetter per la sociologia economica è convergente con la proposta di complicare l'economia lanciata negli anni 60 da alcuni economisti come Herbert Simon, col suo concetto di razionalità limitata (bounded rationality). Per Gravonetter, tutti i processi di mercato sono sociologicamente analizzabili, ed è auspicabile una ripresa di un confronto a tutto campo tra le discipline sociologica ed economica. La critica epistemologica al paradigma del mercato (per cui le società industriali sono organizzate dai rapporti di scambio in una competizione individualistica ed atomizzata, rapporti che non sono condizionati da fattori esogeni, culturali e sociali) prende forma con la riformulazione da parte di Gravonetter del concetto di embeddedment di Polanyi. Per il sociologo, il diffondersi di individualismo e comportamenti competitivi di mercato produce tensioni e disorganizzazione sociale, ma non necessariamente capacità organizzative, nemmeno in forme indirette. Queste tensioni disorganizzative spingono per Gravonetter verso orizzonti di omogeneizzazione tipici della modernità, ma la diversità e la discontinuità dei processi di ricostruzione delle attitudini cooperative innesta nella vita economica differenze che si rinnovano in continuazione e spiegano la varietà dei modelli di di sviluppo. La critica al paradigma di mercato permette di ridimensionare l'importanza della tecnologia e della crescita economica come elementi predominanti della costruzione interpretative; permette quindi di superare il determinismo tecnologico o economicistico ma non fornisce parametri alternativi. 5. Istituzioni e istituzionalizzazione processi dell'azione economica come azione sociale centrali Qualunque relazione sociale, per poter superare la pura occasionalità, ha bisogno di consolidarsi in termini normativi e ordinamenti regolativi che la legittimino e ne consentano la riproducibilità. Questo processo va sotto il nome di istituzionalizzazione. L’istituzione è un complesso di valori, norme, consuetudini che con varia efficacia definiscono e regolano durevolmente, in modo indipendente dall’identità delle singole persone e di solito al di là della durata della vita di questa: • i rapporti sociali e i comportamenti reciproci di un determinato gruppo di soggetti la cui attività è volta a conseguire un fine socialmente rilevante o, a cui si attribuisce una funzione strategica per la struttura o importanti settori di essa; • i rapporti che un insieme non determinabile di altri soggetti hanno ed avranno a vario titolo con tale gruppo senza farne parte ed i loro comportamenti nei suoi confronti. In sintesi, un'istituzione è qualsiasi cosa che, sia in termini valoriali che di modelli organizzati, usiamo per interpretare mondo; sono mediatori di conoscenze e mediatori di interpretazioni del mondo. Il processo di formazione delle istituzioni, ossia l'istituzionalizzazione, assume un senso diverso a seconda che ci si riferisca a una istituzione naturale/spontanea oppure a una istituzione positiva/intenzionale. Nel primo caso, l'istituzionalizzazione è un processo normalmente lentissimo di tipizzazione dei comportamenti, elaborazione e codificazione di regole, sedimentazione di rappresentazioni ed atteggiamenti collettivi, sulla base di usi, costumi, tradizioni, consuetudini che subisce a volte ed in ultimo normazione giuridica. Nel secondo caso, la normazione giuridica è sovente il primo passo per la formazione di una nuova istituzione, passo che si innesta a volte sul costume esistente o su avvenute trasformazioni del costume (divorzio in Italia), mentre altre volte è inteso a rompere e sovvertire il costume esistente (come quando un regime rivoluzionario mira a costruire una società radicalmente diversa rispetto al passato). In nessun caso, tuttavia, una istituzione positiva/intenzione può reggere a lungo se la normazione giuridica non è integrata da qualche forma di legittimazione ideologica, di produzione culturale e di motivazione psicologica diffusa. L'istituzionalizzazione fa sì che il numero delle cose che gli individui di una stessa società condividano aumenti; questo consente una significativa e condivisa visione della realtà che provoca una diminuzione dei negoziati sull'interpretazione delle cose. L'idea di matrimonio è ormai istituzionalizzata, taken for granted; tutto ciò che ne deriva non è più però istituzionalizzato (coppie omosessuali, monoreddito, ricostituite, monogenitoriali, ecc). Le istituzioni vengono usate dalla sociologia economia per interpretare i fatti economici. Il concetto weberiano di istituzionalizzazione è stato ripreso da Berger e Luckmann (1967) che lo hanno posto a fondamento dell'intera vita sociale, nel loro libro Realtà come costruzione sociale del 1967. Nel libro i due autori scrivono che il punto di vista di Durkheim, per cui la realtà sociale si presenta come fatto esterno all'individuo e coercitivo nei suoi confronti, e il punto di vista di Weber, per cui l'oggetto della sociologia è costituito dall'azione e dalla relazione sociale, sono complementari e non antitetici. Berger e Luckmann contrappongono la “società come realtà oggettiva” e la “società come realtà soggettiva”. Il carattere oggettivo della società consiste nell'istituzionalizzazione, il processo attraverso cui l'agire umano tende a cristallizzarsi in forme fisse e prestabilite che si impongono dall'esterno ai singoli individui ed esercitano un controllo sulla loro vita psichica e sul loro agire. Il carattere soggettivo è il momento originario dei significati, che nascono nell'interazione e costituiscono la base della società come realtà oggettiva. La domanda decisiva è: nel mondo dell’economia di mercato (caratterizzato da calcolabilità, agire razionale, etc.), la tendenza all'istituzionalizzazione tipica della vita sociale agisce? Esiste cioè una costruzione sociale che riguarda specificamente la vita economica? In altre parole, quali sono le istituzioni e i processi di istituzionalizzazione che investono la vita economica? Ammettere l'istituzionalizzazione della vita economica significa riconoscere la possibilità di rintracciare in essa tutti quei meccanismi che presiedono all’istituzionalizzazione della vita sociale più in generale. I filoni di riflessione e di ricerca che si sono sviluppati a partire da essi possono essere così riassunti: • gli scambi di mercato non sono avulsi dai processi sociali, l'agire di mercato non è il luogo dell'asocialità proprio perché al suo interno possono essere rintracciati i caratteri dell’agire sociale. Da una parte il mercato crea legami sociali, dall’altra utilizza le relazioni che si costruiscono in sfere extra- economiche; • oltre al mercato esistono altre forme di scambio che contribuiscono a determinare l’ordine sociale ed economico; • le dimensioni valoriali e cognitive – tipiche dei processi di istituzionalizzazione – sono fondamentali anche nella spiegazione della vita economica; • la realtà economica è profondamente radicata nella dimensione istituzionale e la politica della vita sociale dalla quale non si può prescindere e verso la quale gli attori assumono atteggiamenti proattivi. Le convinzioni comuni che sono scaturite da questi filoni di riflessione e di ricerca possono essere, a loro volta, così sintetizzati: • • • • l’azione economica è una azione sociale che si svolge in un contesto istituzionale del tutto particolare che ne modifica parzialmente le logiche; tali logiche appaiono dotate di vita propria e assumono forme e modalità del tutto particolari e/o autonome; la vita economica, nonché più fluida di altri contesti sociali, mette all’opera la tendenza interna ad ogni tipo di relazione sociale a dar vita ad assetti variabili, relativamente stabili, obbligazioni, legami, appartenenze sociali da cui derivano risorse e vincoli per l’azione stessa. Questi fenomeni sono sociologicamente rilevanti e analizzabili; tali assetti sono modificabili soltanto a costi molto elevati ed è per questo che l’azione economica seppur orientata al profitto è fortemente influenzata dalle condizioni nelle quali essa ha luogo; la dimensione del potere è fondamentale per la spiegazione sociologica dell'agire economico e si ristruttura in forme variabili. Il potere nella vita economica si riproduce sia dall’interno mediante i processi di istituzionalizzazione, sia dall’esterno attraverso i rapporti che si vengono a creare tra i vari ambiti istituzionali. • Fondamentale è lo studio dei rapporti tra il potere interno e li potere esterno al mercato; l’organizzazione della vita economica condiziona ed è condizionata dai contesti sociali nei quali è immersa. Che cosa si intende per istituzionalizzazione: • La lenta erosione dei legami di fiducia avvenuta ad opera del processo di secolarizzazione; • lo sviluppo dei mercati; • il declino delle forme tradizionali di appartenenza; • la crisi del ciclo delle idee dell’individualismo metodologico. L'istituzionalizzazione è il processo attraverso il quale relazioni sociali e modelli di comportamento vengono: • differenziati; • assumono valore intrinseco taken for granted; • si spersonalizzano; Componente strutturale (come funzionano le cose) Gli individui passano e le istituzioni restano. Questo avviene • quanto più si sviluppano interessi alla auto conservazione (forme di organizzazione diventano istituzioni quando riescono a costruire forme di autoconservazione); • quanto più l’istituzione coagula intorno a sé risorse materiali, valoriali e/o simboliche (presenza di forme stabili di finanziamento, di attaccamento all'istituzione da parte di chi ci sta dentro, peso rispetto a cose più' transeunti, storia sociale); • quanto più queste risorse non sono di proprietà; • quanto più sono standardizzate; • quanto più il prodotto di queste interazioni vive di vita propria. Componente cognitiva (sforzo di interpretazione logica interindividuale attraverso cui le cose si cristallizzano e diventano taken for granted) Ci si muove verso il concetto di taken for granted Indicatori: • Sviluppo di espressioni linguistiche che connotano l'istituzione in modo sintetico senza esplicitare le caratteristiche; • sono decifrabili da chi non fa parte dell’istituzione; • presenza di issue che non sono oggetto di disputa; • crescente omogeneità dei significati attribuiti. Componente prescrittiva • Esistenza di obblighi di conformità a determinati requisiti (e.g. costi di transazione); • Diffusione di riti durante i quali viene riconosciuta pubblicamente la conformità di criteri e viene riaffermata la loro validità; • • Grado di formalizzazione; Credenze condivise sulla natura e la legittimità degli obiettivi che si stanno perseguendo. Componente giuridico formale • quanto le relazioni tra gli attori sono regolate; • quanto tale normativa conferisce autonomia (fattori sottratti al dibattito) all’istituzione; • quanto questa normativa è rispettata.