Le quattro giornate di Napoli Guido D’Agostino* Mi è toccato più volte occuparmi delle Quattro Giornate di Napoli o ricostruendo la sequenza dei fatti (che però è ormai sufficientemente nota nei suoi dati essenziali) oppure, e con più difficoltà, ripercorrendo la questione storiografica che le riguarda e coinvolge. Per conto mio, ribadisco il giudizio per cui le Quattro Giornate di Napoli rappresentano un momento 'critico' della storia contemporanea della città, ed entrano, anche per questo, nel novero di quei processi, fenomeni, eventi che ne segnano profondamente la vicenda sociale, psicologica e antropologica, e dunque incidono, come hanno inciso, sul costituirsi dell'identità, non solo storica, della comunità che in quella città vive ed abita. Segnatamente, mi sono soffermato su alcuni pregiudizi che hanno caratterizzato gli studi di quanti si sono cimentati nella ricostruzione e analisi delle Giornate di settembre/ottobre 1943, come quelli che ancora di recente le hanno tacciate alla stregua di scosse telluriche, violente e occasionali, imprevedute e non controllabili. E invece, le cose stanno ben diversamente: Napoli che costringe i tedeschi ad abbandonare la città nella quale stavano per entrare le truppe alleate diventa ed è città-simbolo della Resistenza italiana ed europea, avendo pagato un tributo di morti e feriti che le hanno valso il conferimento della medaglia d'oro. Di fronte a tale evidenza, sono risibili i tentativi di riscrittura pateticamente “revisionistici”, ma perdono di consistenza altresì le opinioni che insistono sull'insorgenza sismica, a cui si è accennato, o sulla furiosa rivolta urbana, quasi fine a se stessa, o, ancora, che si attardano nel discettare circa la mancanza di un piano organizzativo, preordinato alla lotta, e perciò denunciano il prevalere della spontaneità, generosa ma inconcludente espressione di una società che si ribella senza preoccuparsi di costruire. Nelle Quattro Giornate vedo invece, e piuttosto, riannodarsi i fili dell'antifascismo napoletano e meridionale, presente e attivo tra le pieghe di una società molteplice e diversa, tra i ranghi di una intellettualità prestigiosa, come pure tra quelli di una classe operaia non distratta né assente; e non meno, tra la gente comune di una città dolente e risentita, avvelenata e impaurita da un conflitto inumano e immane. In questo senso le Quattro Giornate raccolgono un’eredità importante, quale quella dell'antifascismo sociale e politico, e rappresentano, a giusto e riconosciuto titolo, l'indicazione forte e decisiva di quella che avrebbe dovuto essere, e di fatto fu, la via di tutta l'Italia alla liberazione e alla libertà. Napoli e la Campania, in definitiva, come un “laboratorio” di straordinario senso e valore, per tutto il fondamentale quinquennio 1943-48. Perché ha in effetti ragione tutta quell’ampia parte di storiografia politica e di cultura democratica militante che ha individuato con precisione e senza esitazioni, l'apporto meridionale alla Resistenza nazionale a partire da Napoli, dalla scelta istintivamente giusta compiuta dalla città e dunque dall'esperienza locale sostanziatesi nella “prima Resistenza” e confluita nel comune processo verso la democrazia, la Repubblica, la Costituzione. Insomma, un punto di arrivo le nostre Quattro Giornate, ma anche un punto di partenza per un 'poi' certo difficile e per più versi a più riprese, deludente, nell'immediato e non solo, ma anche suscettibile di riproporsi nelle sue forme ‘alte’ quando il caso lo richieda, o la misura sia di nuovo colma. Ed è questo in definitiva ad averci spinti a parlare di segni e modalità dell'essere e del manifestarsi di una civiltà antica che nei secoli ha sperimentato rivolte di popolo senza capi e di capi senza popolo, e più di rado azioni di rivendicazione collettiva, mossa, volta a volta, dal bisogno di protezione o da un insopprimibile “istinto di libertà”. * Università di Napoli. 1 In conclusione sembra opportuno ricordare la motivazione della medaglia d’oro al valore militare conferita alla Città e alla memoria dei suoi giovanissimi partigiani caduti negli scontri: “Con un superbo slancio patriottico sapeva ritrovare in mezzo al lutto e alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata in un impari lotta col secolare nemico, offriva alla Patria nelle Quattro Giornate di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli italiani la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria”. Al tempo stesso non parrà fuori luogo riprendere spunti interpretativi di grande spessore tra quelli che più si soffermano sul nesso tra 1’8 settembre, la Resistenza nazionale, e le Quattro Giornate di Napoli, ribadendo che se è vero che “l’8 settembre ha posto il problema della sopravvivenza della società italiana, e con ciò ha imposto drammaticamente al singolo, già gravato dal problema quotidiano della sopravvivenza fisica, il problema cruciale, per ogni persona coerente, della sua personale sopravvivenza morale”, è altrettanto vero che “non tutti sono riusciti a prendere una decisione da manifestare nella vita sociale. Molti si sono rinchiusi, magari vilmente, su loro stessi..., altri hanno atteso l'occasione meno sfavorevole per rialzare la schiena... Altri ancora hanno avuto la forza morale di prendere su loro stessi tutta la responsabilità della loro vita e così decidere una nuova società e un nuovo futuro; tra questi ultimi, c'è chi l'ha fatto subito, chi più lentamente, chi sotto lo shock di un evento straordinario. Ma è importante che comunque quelli che hanno scelto, sono stati relativamente molti e tutti concordi”. E’ a questo contesto di idee e di riflessioni che va dunque riportata la Resistenza “nata da una novità sconvolgente per la storia degli italiani: una decisione presa in coscienza da una parte considerevole della popolazione, su problemi essenzialmente collettivi, vissuti in un momento storico di grandi sbandamenti”; ed è per questo che è giusto ancora affermare che “la Resistenza italiana, come grande fenomeno storico è essenzialmente cominciata a Napoli con un episodio estremamente chiaro, ancorché stupefacente, così tanto da restare incompreso dalla passata storiografia della Resistenza”. Insomma, le Quattro Giornate di Napoli, unica sconfitta popolare subita dall'esercito tedesco nel mondo, come lotta e scelta di pace, senza strategie politiche di vertici e con relativamente poche armi, lotta di liberazione dal nazismo, popolare e creativa, “esperienza tipica della società civile”, della gente che realizza al suo interno e dal basso una scelta morale drastica, irreversibile. 2