Una Questione ecologico-agraria nel cammino della famiglia umana verso uno sviluppo equo,
sostenibile e integrale? Qualche riflessione su un caso ‘Italia’
Leopoldo Cassibba1
Introduzione
Si propone oggi una “Nuova questione agraria” a livello globale e, anzi, si propongono oggi tante “Nuove
questioni agrarie” nei paesi extra-europei, specie sottosviluppati, ed europei, Italia inclusa, nel contesto della
crisi socio-ambientale, crisi di sistema e di senso, trattata da Francesco in Laudato si’ (LS)? La risposta
offerta dal paper, in prima approssimazione e con linguaggio non tecnico, è affermativa. D’altronde, è LS a
evocare l’esistenza di una/più nuove questioni agrarie, tracciandone alcuni elementi, indicati: a) nel suolo, la
prima risorsa citata perché non rinnovabile, la più vulnerabile, la meno protetta, la più consumata e la più
accaparrata a scapito della collettività, quella fornitrice del 95% delle materie prime per il cibo2; b) negli
iniqui meccanismi alla base del sistema di produzione dei beni e di distribuzione delle risorse, specie
nell’ambito agricolo e alimentare; c) nei cambiamenti climatici, che inaspriscono l’insicurezza alimentare3 a
partire dalle aree in cui più frequenti sono fame e malnutrizione; d) nell’assoggettamento delle agricolture di
tutti i paesi poveri e ricchi a un «paradigma omogeneo e unidimensionale» (LS n. 106). Davvero, gli
elementi descrittivi indicati in LS rinviano alle “Nuove questioni agrarie” come “Questioni ecologicoagrarie”. Per “Questione ecologico-agraria” può intendersi l’insieme dei problemi ambientali, sociali ed
economici dell'agricoltura e delle relative politiche di trasformazione e sviluppo a livello internazionale,
nazionale e locale. Al riguardo, la Carta di Milano, esito di Expo 2015, definisce l’attività agricola
“fondamentale non solo per la produzione di beni alimentari ma anche per il suo contributo a disegnare il
paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità”. Ora, perché Expo 2015 lasci
un’eredità tangibile occorre che la carica di ingiustizia e disumanizzazione recata dall’analisi dei paradossi
del cibo si estenda alle agricolture e aree rurali del mondo, da cui si alza, all’unisono, con il grido della terra,
oggetto di scempio dissennato, il grido dei contadini/agricoltori poveri, sfruttati, scartati. In effetti, le
contraddizioni che emergono in termini di accesso, eccesso e spreco di cibo paiono ‘alfabeto’ per un
discernimento, in ottica di ecologia integrale, delle varie “Questioni ecologico-agrarie” dei paesi ricchi e
poveri, affinché - questo è il punto - la vita, la salute e i redditi di agricoltori e famiglie, la disponibilità in
quantità e qualità di terra e acqua, il diritto/dovere di proteggere le colture, lo sviluppo rurale integrato
acquisiscano, a beneficio di tutti, primarietà nel dialogo culturale e politico a ogni livello. Per il paper, che
fa suo l’invito di LS a cercare modi alternativi di intendere economia e progresso, conferire nuova centralità
alla questione dell’agricoltura, letta nella sua complessità e nella sua funzione basica nel sistema socioeconomico e ambientale, è un’occasione storica per la famiglia umana per aderire a modelli produttivi, stili
di vita e di consumo altri nel cammino verso lo sviluppo equo, sostenibile e integrale, evocato nell’Enciclica.
1. Modi alternativi di intendere l’economia e il progresso
L’invito di LS a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso va accolto e subito! Troppi, diffusi,
eticamente inaccettabili sono gli impatti ambientali, esistenziali e sociali dei modelli economico-finanziari
imperanti nel mondo, che compromettono la resilienza degli ecosistemi naturali e sociali. Si esca
dall’impianto del pensiero unico mercatista che, in varie forme, esclude dal possibile/fattibile ogni proposta
di sviluppo alternativo. La via di uscita non può essere costituita: a) dalla nozione di crescita sostenibile4 che
è un ossimoro qualora si sostanzi nella sola sostituzione delle fonti energetiche, senza discutere il principio di
fondo del sistema socio-economico di impronta capitalistica, quello della crescita infinita della produzione e
del consumo di merci e che, scrive LS, è solo un diversivo, poiché trattasi di ridefinire il progresso; b) dalla
sola green economy, in cui un ruolo importante è riconosciuto all’agricoltura e ‘dintorni’5. Per andare oltre ci
vuole altro, né bastano soluzioni tecnologiche sostenibili! Una domanda ‘impertinente’ può essere, allora,
questa: qual è il lascito reale per le persone di tanta crescita insostenibile o di tante politiche di sviluppo
sedicenti sostenibili? Detto meglio: perché alla luce dei risultati raggiunti negli ultimi 50 anni - non
dappertutto e non per sempre, crisi doceta - dai paesi occidentali in fatto di libertà politica, diritti civili,
prosperità economica, progresso tecnologico, abbondanza e varietà dei consumi, compresi quelli culturali,
standard educativi, igienici e sanitari, speranza di vita, le popolazioni non si sentono meglio? Nonostante
l’enorme aumento dell’accesso ai beni di consumo registrato gli occidentali sembrano più tristi. Questa
solida evidenza, definita paradosso della felicità, dice che si è prodotto uno squilibrio tra soddisfazione dei
L’autore, economista agrario, collaboratore del coordinamento della PSL di Piemonte e Valle d‘Aosta e della PSL della Diocesi di
Torino, è stato dirigente della Regione Piemonte e Prof. incaricato presso l’Università di Torino.
2 Il mancato rispetto del suolo genera disuguaglianze e povertà, ruba presente e futuro ai popoli: lo sviluppo vuole la tutela del suolo.
3 La sicurezza alimentare considera in prevalenza l’accesso al cibo tramite il mercato. La sovranità alimentare è il diritto dei popoli a
un cibo sano, culturalmente appropriato, prodotto con metodi sostenibili, e a definire i propri sistemi alimentari e agricoli.
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Obiettivo delle politiche Ue del periodo di programmazione comunitario, unitamente a quelli della crescita intelligente e inclusiva.
5 Si veda il Manifesto per la green economy per l’agricoltura e l’agroalimentare presentato a EXPO 2015.
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bisogni materiali e insoddisfazione di quelli relazionali. Insomma, la felicità è godibile solo in reciprocità.
Anche l’economia di mercato senza reciprocità non funziona. Peraltro, non ha fondamento la teoria della
crescita senza fine dei bisogni materiali, perché il ‘bisogno’ non è riconducibile solo alla dimensione del
sostentamento ma investe una questione legata al senso dell’esistenza (Pettini, Ventura, 2014). E’ assodata la
scissione del ben-essere effettivo delle persone da un alto tasso di crescita dell’economia (del PIL) ed è
attestato come a un elevato tasso di crescita si associ, così in LS, la distruzione dei beni relazionali, senza di
cui neanche l’economia pratica funziona (si pensi alla fiducia), per non parlare dei beni comuni e di gratuità.
I consumi alimentari nei paesi a economia avanzata incontrano la fase della sazietà alimentare, con la
tendenza conseguente alla saturazione dei mercati6. L’argomentazione svolta può essere così riproposta:
accanto alle citate condizioni prodigiose di prosperità godute non da tutti, sempre più evidenti sono le
situazioni minacciose per tutti, pagate maggiormente e subito dagli ‘incolpevoli’, come la devastazione
dell’ambiente (insostenibilità) e la dissipazione delle ricchezze reali (finanziarizzazione). Insomma, i rischi
che corre l’umanità sono, da un lato, quello di una “casa comune” che ha i secoli contati (Ruffolo, 2008), e,
dall’altro, quello della prosecuzione nel lungo periodo della tendenza al peggioramento della qualità
dell’esperienza relazionale. Non c’è compensazione materiale alla povertà relazionale, che incide sulla
felicità delle persone e, quindi, sulla qualità della vita. Perché emerga una nuova idea di economia e
progresso urge bisogno di:
a) re-intendersi sul concetto di sviluppo, erroneamente assimilato (non così in LS) a quello di crescita,
sviluppo che è parola ‘valore’, ha al centro la persona, considera insieme le nozioni di sostenibilità ecologica,
sociale, economica e istituzionale, di equità intra-inter generazionale, ha natura globale ma si attua sul
territorio, per cui suoi elementi impliciti sono l’ambiente, la partecipazione, la cooperazione sociale ecc.;
b) riesaminare il concetto di sviluppo sostenibile a partire dalla nozione di sostenibilità (Morandini, 2012);
c) riflettere sul senso e sui fini dell’economia per correggerne disfunzioni e distorsioni (cfr. LS, n. 194);
d) essere edotti che solo chi si avvantaggiai dallo status quo resiste al cambiamento;
e) tener conto del pensiero e dell’approccio di studio dell’economia civile (Bruni, Zamagni, 2015);
f) assumere, come paradigma analitico e di intervento, la bioeconomia, il cui padre riconosciuto è N.
Georgescu-Roegen (1906-1994), economista e studioso sui rapporti tra termodinamica e processi economici.
Con la bioeconomia (Bonaiuti, 2003), nella prospettiva dell’economia circolare, un'economia altra è
possibile, per un futuro di sostenibilità ambientale, sociale e economica e per fronteggiare le diverse sfide:
garanzia della sicurezza alimentare, gestione sostenibile delle risorse naturali, affrancamento dalle risorse
non rinnovabili, contrasto dei cambiamenti climatici, creazione di lavoro buono7. E’ cruciale, tuttavia,
condividere un'altra idea di competizione8. L'economia agraria più di altre discipline è in grado di affrontare i
temi della bioeconomia, che chiedono pure all’agricoltura nuovi modelli concettuali e analisi, per una più
profonda comprensione dei nessi tra sistemi economici ed ecologici9, tra priorità politiche e progresso
tecnologico. Pare, dunque, plausibile considerare la “Questione ecologico-agraria” come una tra le piste di
riflessione per costruire alternative al sistema economico. E’, d’uopo, ora, un cenno sulla Questiona agraria.
2. Questione agraria: un breve excursus storico
La “Questione agraria” emerge in epoca moderna, in Italia e altrove, in tempi diversi, quando l’avvio e il
successivo consolidamento dell’industrializzazione determinano la diminuzione dell’apporto dei capitali in
agricoltura e contribuiscono ad acutizzare la crisi sociale e economica del settore. Si realizzano, allora, in
specie tra metà e fine ‘800, in molti paesi indagini e inchieste sull’agricoltura; per l’Italia si ricorda
l’Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, pubblicata dal 1881 al 1890. L’inchiesta,
riassunta nella relazione finale del senatore Stefano Jacini (1826-1891), è la più completa documentazione
sullo stato dell’economia agricola dell’Italia postunitaria, per certi versi ancora attuale, quando rileva
l’esistenza di un dualismo strutturale/territoriale nel settore e constata che il Paese dispone di una scarsa
superficie coltivabile, soggetta a siccità. Le indagini contribuirono a far crescere, da un lato, negli studiosi di
economia agraria la consapevolezza del rilevante ruolo del mondo agricolo nelle economie di recente
industrializzazione e, in generale, nello sviluppo del sistema socio-economico e, dall’altro, nelle istituzioni
pubbliche la necessità di individuare politiche di intervento innovative a favore del settore, che è possibile
sintetizzare con la locuzione “Riforme agrarie”. Tra il 1873 ed il 1890 la Questione agraria è al centro degli
interessi e delle preoccupazioni di tutti, ben prima che Karl Kautsky (1854-1938), teorico e politico marxista
tedesco, pubblicasse nel 1899 il libro "La questione agraria". Kautsky proponeva una lettura più articolata di
In parte compensata dall’arrivo di migranti con modelli alimentari diversi e da scelte di consumo verso prodotti di più alta qualità.
Urge in Italia una strategia nazionale per la bioeconomia per attivare politiche di sviluppo sostenibile in sinergia con i territori.
8 L’economia civile intende l’idea di competizione nella versione latina del cum-petere ovvero collaborare. In tale contesto di
economia per progetto, la capacità di creare valori pubblici sociali e ambientali è frutto di un’azione della cooperazione fra attori
privati, istituzioni pubbliche e società civile, fermo restando il vincolo della sostenibilità economica (De Jacovo, 2014).
9 Il dilemma del rapporto ‘ecologia-economia’ riguarda pure l’agricoltura intensiva, che presenta noti impatti negativi sull’ambiente.
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quella marxiana dei processi di trasformazione capitalistica nelle campagne, evidenziando le forti capacità di
resistenza ed adattamento delle imprese familiari, basate anche sul dualismo funzionale tra imprese
contadine e capitalistiche, nei riguardi dei mercati del lavoro e fondiario. In Italia la Questione agraria ha
ricevuto, per così dire, una risposta complessiva nella Riforma agraria degli anni ’50, di cui si danno per noti
atti, interventi, aspetti positivi e criticità. Qui si condivide l’ipotesi interpretativa della Riforma agraria di
Pascale (Pascale, 2015) come un elemento fondante della modernizzazione dell’Italia, secondo una visione
dello sviluppo auto propulsivo e autoctono, non limitato alla dimensione economica. La visione fu infranta,
allora, dal prevalere di una visione opposta, tradottasi nella decisione politica di puntare a
un’industrializzazione forzata dall’alto. La scelta determinò la marginalizzazione dell’agricoltura
nell’opinione pubblica e il venir meno di un impegno pubblico nella trasmissione del progresso tecnico e in
politiche territoriali finalizzate a uno sviluppo centrato sulle società locali, frutto della combinazione di più
fattori, e definite dal sostegno agli investimenti ma anche di attività educative e culturali. Si determinò la
rottura della tradizionale osmosi tra competenze tecnico-scientifiche e saperi esperienziali degli agricoltori e
cioè la rottura dell’equilibrio tra approccio produttivistico dell’attività agricola e approccio conservativo
delle risorse ambientali. L’esperienza della Riforma, che dimostra come la coesione sociale sia premessa e
non esito dello sviluppo, merita nuova riconsiderazione in chiave prospettica.
3. Le specificità dell’agricoltura dei Paesi ad economia avanzata: cenni
La conoscenza delle modalità di organizzazione dell’agricoltura e delle sue relazioni con gli altri settori
economici e il consumo consente di cogliere le peculiarità distintive del primario, sintetizzabili:
a) nello squilibrio di forza contrattuale, a causa della struttura concorrenziale del settore e la numerosità degli
operatori, tra le imprese agricole e le imprese a monte e a valle (trasformazione e distribuzione);
b) nella rigidità della domanda dei beni alimentari rispetto al reddito (legge di Engel)10;
c) nella minore capacità di accumulazione e investimenti del settore agricolo rispetto a secondario e terziario;
d) nel naturale maggiore grado di attività dei processi agricoli rispetto a quelli degli altri settori;
e) nell’esposizione delle coltivazioni a fattori di rischio abiotici e biotici solo parzialmente controllabili e che
devono essere ‘contrastati con la difesa passiva e/o con attiva, senza di cui la produzione agricola non risulta
più redditizia e la stessa qualità e sanità delle materie prime e degli alimenti possono essere compromesse;
f) nella difficoltà del settore a programmare l’offerta, nonché di trattenere i vantaggi economici determinati
dal progresso tecnico, a causa della sua struttura concorrenziale;
g) nella produzione congiunta all’attività di produzione di esternalità ambientali positive ( paesaggio) e
negative (inquinamenti), nonché di esternalità culturali (riti e tradizioni) che tutte non passano ‘via mercato’;
h) nei nessi scientificamente dimostrati fra modelli produttivi e qualità dell’ambiente e tra cibo e salute;
i) nella sua multifunzionalità (l'attività agricola oltre a produrre alimenti e fibre svolge altre funzioni:
gestione delle risorse naturali, conservazione del paesaggio, contributo allo sviluppo delle aree rurali ecc.);
l) nella diversificazione delle attività (le imprese agricole realizzano servizi per la popolazione urbana e
rurale: agriturismo, fattorie didattiche, vendita diretta dei prodotti, agricoltura sociale, ecc);
l) da ultimo, ma non minore, nel ruolo strategico della produzione agricola nazionale per la sicurezza
alimentare e per le condizioni generali di vita della popolazione.
Tali specificità: a) richiamano una complessa questione di fondo, legata all’andamento insoddisfacente e
instabile dei redditi e alla necessità di ricercare una maggiore compatibilità ambientale dei processi
produttivi, nella salvaguardia degli obiettivi di redditività; b) giustificano la propensione del mondo agricolo
verso la cooperazione e il favor legis del pubblico nei confronti del settore, con interventi di controllo dei
mercati, di aiuto al reddito, di sostegno agli investimenti e per l’adozione di tecniche eco-compatibili.
4. Elementi di una Questione ecologico-agraria e prospettive
Gli elementi di una Questione ecologico-agraria, accennati nell’introduzione, sono analizzati in modo
approfondito da molti autori, sotto la dizione “Nuova questione agraria” e simili o altre chiavi di lettura (De
Castro, 2012; Corrado, 2013; Salomone, 2014; Arellano, 2015; Naldi 2016), ed ad Expo 2015. Di seguito si
citano per titoli solo alcuni di tali elementi, in interconnessione tra loro (cfr. LS): povertà, fame, crescita
demografica, mutamenti delle diete alimentari, esodo rurale, desertificazione, conseguenze del cambiamento
climatico sulle produzioni agricoli, migranti climatici, deforestazione, land grabbing, ruolo delle
multinazionali, crisi dell’acqua dolce, consumo di suolo, vincoli ambientali alle produzioni agricole. A fronte
di tale scenario di “nuova scarsità” (De Castro, 2012), quali le prospettive per dare risposta al grido della
terra e dei poveri affamati, molti dei quali contadini? L’interrogativo è troppo ampio per l’autore. E’ di aiuto
Nella seconda metà dell’800 lo statistico tedesco E. Engel (1821-1896) osservò che la crescita del reddito delle famiglie non
determina una crescita corrispondente della spesa per i generi alimentari, cioè dei beni di prima necessità, bensì uno spostamento
delle scelte di consumo verso beni ‘superiori’ e di qualità. La legge è stimata essere tra le più generali in economia.
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LS in cui, come osservato, è chiara la connessione tra Questione ambientale e Questione agricola. Per LS il
problema dello sviluppo del settore agricolo deve coinvolgere ogni componente umana, economica, politica,
scientifica, capace di concorrere a lottare contro insicurezza alimentare e povertà mantenendo vigile
l’attenzione per la qualità dell’ambiente. “Occorrono quadri regolatori globali che impongano obblighi e che
impediscano azioni inaccettabili” (LS, 173). Per LS la Questione ambientale connessa alle politiche di
sviluppo agricolo va considerata, necessariamente, come globale e solo globalmente può essere affrontata.
Contestualmente, tuttavia, sono da promuovere programmi integrati di sviluppo agricolo ambientale e rurale
a livello sovranazionale (es. Ue) e nazionale da articolare sul territorio, secondo modelli di partecipazione e
collaborazione sociale; come a dire, che ogni Questione ecologico-agraria una volta assunta nella sua
complessità a livello sovrazionale/nazionale può essere colta nelle sue specificità solo a livello territoriale.
5. Si propone una Questione ecologico-agraria nel nostro Paese?
La risposta che il paper indica è affermativa. La Questione agraria, in senso stretto, in Italia è traducibile in
una questione di redditi in declino e inferiori a quelli degli altri settori economici. Il declino trova
spiegazione nel continuo peggioramento delle ragioni di scambio tra prodotti agricoli e prodotti
industriali/servizi, nonché nelle debolezze strutturali e inefficienze a livello di comparti e/o locale. Tra tali
aspetti si ricordano la piccola dimensione delle aziende agricole, l’età avanzata dei conduttori, la scarsa
propensione all’aggregazione delle imprese e alla concertazione dell’offerta e, non ultimo, la carenza di
politiche nazionali di sostegno mirate capaci di incentivare, in sinergia con la PAC, l’imprenditorialità e la
competitività delle aziende. Per altro, l’agricoltura italiana intensiva alla ricerca di produttività e redditività
manifesta noti impatti ambientali negativi, legati al diritto/dovere di difendere le produzioni. In tale contesto,
è dato leggere l’esistenza nel Paese di “Una questione ecologico-agraria”, per cui soccorre una Nuova
Riforma agraria, nell’ambito di un Modello di sviluppo del Paese che faccia leva su beni relazionali, capitale
sociale e agricoltura per produrre un Pil buono e capace di futuro. Non è questa la sede per dettagliare i
caratteri di una Nuova Riforma agraria nel nostro Paese. Per titoli, si evidenziano, invece, alcuni fenomeni
segno di una diversa considerazione dell’agricoltura (già manifesta nell’apprezzamento del Made in Italy, nel
turismo rurale enogastronomico e culturale ecc. ecc.): a) il c.d. ritorno all’agricoltura; b) l’interesse dei
giovani diplomati verso le ‘Facoltà’ di Agraria; c) il consumatore di prodotti agroalimentari, sulla base
dell’assunto che il mercato siamo noi (Becchetti, 2012), si avverte viepiù ‘consumatore socialmente
responsabile’, selezionando con gli acquisti le imprese più virtuose; d) l’opinione pubblica più consapevole
chiede l’azzeramento del consumo di suolo, perché lo sviluppo comincia dal suolo e perché abbia fine
l’ulteriore declino dell’indice di auto approvvigionamento alimentare e del paesaggio.
Bibliografia
Arellano F. (2015), Lotta alla fame e conversione ecologica. Prospettive e suggerimenti della Laudato si’,
Pontificia Università della Santa Croce, Roma.
Becchetti (2012), Il mercato siamo noi, Mondadori Bruno
Bonaiuti M. (2003), Bioeconomia. Verso un'altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile,
Bollati Boringheri, Torino
Bruni L, Zamagni (2015), L’economia civile, Un’altra idea di mercato, il Mulino, Farsi un’idea.
Corrado A. (2013), La nuova questione agraria: controllo risorse e riproduzione sociale, FrancoAngeli.
De Castro P. (2012), Corsa alla terra, Cibo e agricoltura nell'era della nuova scarsità, Donzelli Editore.
Di Iacovo F., Fonte M, Galasso A. (2014) (a cura di), Agricoltura civica e filiera corta, working paper, n. 22
Morandini S.(2012), Sostenibilità, tra etica ed ecologia. L’Italia Forestale e Montana.
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Pascale A.(2015), Riforma agraria. Un’interpretazione, Venerdì culturali di Roma.
Pettini A., Ventura A.(2014), Quale crescita? La teoria economica alla prova della crisi, L’Asino d’oro.
Ruffolo G.(2008), Il capitalismo ha i secoli contati, Einaudi, Collana Gli struzzi.
Salomone M. (2014), Al verde! La sfida dell’economia ecologica, Carocci.
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