Lupus in fabula - Roma Daily News

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Lupus in fabula
Avvistati lupi nella campagna romana: in due convegni a Fiumicino e Ostia
agricoltori, istituzioni ed esperti discutono di opportunità da cogliere, timori da
sciogliere, allarmismi da evitare e miti da sfatare.
di Giuliano Giulianini
foto credit: Oasi LIPU Castel di Guido
Il lupo è tornato nel territorio del Comune di Roma, dunque è tornato a casa, se è vero che in
passato faceva talmente parte dell’ecosistema della piana del Tevere da entrare con un ruolo da
protagonista nel mito di fondazione di questa città. Da alcuni anni si parla di possibili avvistamenti,
impronte e tracce di presenza nelle campagne e nei boschi della provincia di Roma, ma ora si hanno
video e prove fotografiche della presenza dell’animale addirittura all’interno del territorio
comunale, nella zona intorno e dentro la Riserva Statale del Litorale Romano poco a nord della
capitale, a cavallo della via Aurelia, tra Malagrotta, Castel di Guido, Tragliata e Fiumicino.
La foto che pubblichiamo qui è stata finora vista solo da studiosi e partecipanti a convegni:
ritrae un giovane lupo italico, la variante nostrana della specie, che percorre un sentiero al limite
del bosco, aperto su un campo coltivato. Siamo nella campagna romana a poche centinaia di
metri dall'Aurelia e a circa 10 km da piazza Irnerio e circonvallazione Cornelia. L'immagine,
ripresa nel giugno del 2013 da una fototrappola, ha dato il via ad un'intensa attività di ricerca da
parte dei naturalisti che operano all'interno della Riserva del Litorale. I risultati di circa due anni di
foto e video trappole, ricerca di impronte e raccolta di segni di presenza, (principalmente escrementi
inviati poi ai laboratori di analisi) sono i dati scientifici presentati dalla dott.ssa Alessia De
Lorenzis, responsabile dell'Oasi LIPU di Castel di Guido, in due convegni pubblici: uno a Ostia
qualche tempo fa, in un contesto di studiosi e amanti della natura; e uno, più recente, a Maccarese,
con un pubblico meno “amichevole” nei confronti del predatore. Una riunione organizzata
saggiamente dal Comune di Fiumicino per rispondere agli allarmismi che si stanno diffondendo
tra allevatori e agricoltori della zona, in seguito a voci di attacchi a fattorie e bestiame. Lo studio
seguito all'avvistamento del 2013 ha raccolto un totale di 17 fotografie, diversi video e circa 40
tracce biologiche nell'arco di quasi due anni. Le analisi genetiche hanno evidenziato la presenza
non contemporanea di due individui solitari della specie lupo italico, e prove dell'esistenza di
ibridi, ovvero incroci tra cane e lupo.
Attenti al lupo?
Se l’annuncio del ritorno del lupo a Roma fosse stata riferita a un’acquisizione del bioparco, come
accadde una decina d’anni fa, probabilmente sarebbero stati tutti più contenti, e magari ci sarebbe
stato anche spazio per qualche campagna mediatica con marketing incorporato, come successe per
l’orsetto dello zoo di Berlino. Invece la notizia arriva sull’onda di articoli sensazionalistici di
certa stampa poco informata circa aggressioni, predazioni, addirittura agguati che lupi sempre
più numerosi e famelici starebbero perpetrando in Veneto, Toscana e, da qualche mese, appunto,
nella provincia di Roma.
In teoria la presenza del lupo in natura è invece una buona notizia: l'animale è quel che si dice
un indicatore biologico di territorio sano, dal punto di vista naturalistico. Se c’è il lupo, che sta al
vertice della catena alimentare di questo ecosistema, vuol dire che ci sono anche le sue prede
selvatiche: i cinghiali in primis, e gli altri ungulati (cervi, daini); e ciò vuol dire che questi animali,
a loro volta, trovano in natura la varietà piante di cui si cibano, e queste gli insetti che le
impollinano e così via, di legame in legame. La questione però è più complessa e delicata di così.
Se ai cittadini romani “urbanizzati” la notizia può interessare relativamente, per quelli residenti
nelle campagne intorno al GRA, sul litorale nelle frazioni rurali e ai piedi dell’Appennino, è
necessaria una corretta informazione, proprio per non lasciar spazio a facili allarmismi.
Oltre agli amministratori del comune litoraneo, al convegno di Maccarese erano presenti esperti
universitari di scienze naturali, rappresentanti di enti ambientali che da anni studiano la fauna
appenninica, veterinari delle ASL di zona, ma anche allevatori e agricoltori dell'agro romano,
comprensibilmente allarmati per le possibili conseguenze del ritorno di un predatore sulle loro
fragili economie aziendali.
Il fatto scatenante infatti è stata la predazione di alcuni bovini al pascolo nella zona di Tragliata
in due occasioni all'inizio di dicembre. Ancora non è certo che un lupo ne sia responsabile:
predazioni del genere sono infatti possibili anche da parte di cani abbandonati e rinselvatichiti, e
dagli ibridi cane-lupo che sono visti dai naturalisti come problema maggiore. L'ibrido inquina il
patrimonio genetico della specie “naturale”, ma come animale che unisce le potenzialità selvatiche
del lupo a quelle sociali e riproduttive del cane (più prolifico e confidente verso l'uomo) potrebbe
rappresentare il vero problema dei prossimi anni, così come i cani vaganti per le campagne. La
dott.ssa Eugenia Natoli, etologa della ASL RMD che si occupa di randagismo canino, rispondendo
a una domanda che aleggia da quando si sono diffuse le voci degli avvistamenti, ha semplificato la
questione riassumendo che: i lupi non attaccano l'uomo, gli ibridi forse, i cani si.
Il lupo in Italia
Il nostro paese ospita una specie autoctona di lupo, il Canis lupus italicus, una varietà che non si
trova in altre parti del mondo, più piccola di taglia e con caratteristiche fisiche leggermente diverse
dai lupi europei o nordamericani che siamo abituati a vedere in film e documentari. Vive appunto su
appennini e alpi, sconfinando ovviamente anche oltre i confini nazionali, e sta crescendo di
numero, tanto che progressivamente, dalle dorsali montane, sta insediandosi sempre più a valle
verso i litorali italiani. La specie è stata cacciata soprattutto nei secoli XIX e XX fino a ridurla
sull’orlo dell’estinzione: negli anni ’60 si stimavano 100 lupi rimasti in tutta la penisola. Una
campagna ambientalista, supportata dagli ambienti scientifici, ha portato alla protezione per legge
del lupo come specie selvatica a rischio, con conseguente divieto a sparare all'animale, in qualunque
circostanza. Un divieto ovviamente ancora in vigore e che qualcuno vorrebbe togliere per
difendere gli allevamenti. L'animale, che per istinto si adatta agli ambienti e si sposta anche di
migliaia di km per sopravvivere, si è così salvato dall'oblio, ha prolificato e ora se ne stima un
numero di 1000-1300 su tutto il territorio nazionale. Essendo un animale sociale si organizza in
branchi che al massimo possono raggiungere gli 8-10 esemplari. Di questi solo la coppia dominante
si unisce per dar vita a nuove generazioni e dunque la crescita numerica è limitata nel medio
termine. Questa è una delle paure più infondate: i lupi non crescono di numero in maniera
esponenziale, come i cinghiali o i conigli; neanche se hanno a disposizione molto cibo. Inoltre
occupano territori stabili, cinque o sei lupi al massimo ogni 100 km quadrati; quelli che non hanno
un territorio proprio, emigrano lontano fino a trovare una zona libera. Perciò, altro mito da sfatare,
non ci saranno mai aree geografiche in cui pullulano i branchi perché ci sono più allevamenti o
selvaggina.
“I Lupi sono arrivati nella provincia di Roma e si sono stabilizzati. Sono venuti dal caposaldo di
Tolfa, dove erano rimasti gli ultimi esemplari al limite dell'estinzione. Ora sono presenti sui monti
Lucretili, sui Simbruini, sui Lepini, sui Colli Albani; e nei territori tra Bracciano e il mare” ha
chiarito Paolo Ciucci, docente de La Sapienza che ha anche spiegato le possibili soluzioni:
recinzioni adatte a difendere gli animali domestici dal lupo ed uso di cani da guardia adatti, in
particolare i pastori maremmani abruzzesi che da millenni sono impiegati proprio per per difendere
greggi e mandrie. Deterrenza, insomma, e non sterminio. Una volontà che dev'essere politica,
attuata dagli enti che più sono investiti di tale responsabilità: Regione e Provincia, ma anche
condivisa con allevatori e agricoltori. Regole imposte e calate dall'alto, che magari impongano
sforzi economici a carico dei privati, non farebbero che inasprire gli animi, a scapito degli animali
che diverrebbero dei capri espiatori. “La soluzione al problema dev'essere funzionale - ha auspicato
Ciucci - sostenibile e socialmente accettata.”
La questione dei cinghiali
Un vero punto cruciale, come emerso dal convegno di Fiumicino, è la presenza abbondante dei
cinghiali. Come è noto, negli ultimi anni, branchi di cinghiali sempre più numerosi scorrazzano
nelle campagne e nei boschi laziali tra il mare e le consolari Aurelia, Cassia e Flaminia, anche a
ridosso di zone ormai urbanizzate come il Parco di Veio, Formello, Maccarese, dove le aziende
agricole lamentano ingenti danni alle coltivazioni. I cinghiali infatti scavano nel terreno per
procurarsi il cibo, e non badano certo ai confini dei campi coltivati. Sono inoltre animali prolifici e
tenaci, abituati ad aprirsi la strada tra rovi, siepi, recinzioni e palizzate. Intorno al cinghiale, e alla
sua carne prelibata, si muove una vasta economia fatta di ristoratori e negozianti, aziende
agricole e alimentari che per procurarsi la “materia prima” si rivolgono, nella maggioranza dei casi,
a cacciatori e allevatori regolari. Ma esiste anche una vasta zona d'ombra fatta di bracconaggio,
caccia in riserve protette, battute fuori stagione e commercio in nero i cui profittatori hanno
tutto da guadagnare dal proliferare di questi branchi. Da più parti si sostiene che i cinghiali, così
diffusi in Italia, non siano in realtà quelli di razza nostrana, ma una varietà più grande, e dunque più
invasiva e vorace, introdotta decenni fa dall'est europeo per alimentare la caccia e il commercio di
carne. Tutto fa pensare che le persone che prosperano con il cinghiale sarebbero favorite anche dalle
soluzioni più drastiche auspicate dagli agricoltori, anche in buona fede: “Ho perso 20.000 piante di
radicchio in una sola notte – ha detto un agricoltore di Tragliata nell'assemblea di Maccarese –
Dovremmo creare una sinergia con i cacciatori per delle battute di caccia al cinghiale. Che
succederà quando branchi di 20 o 30 cinghiali attraverseranno le autostrade?”. Se la seconda
preoccupazione è certamente seria, la prima soluzione è messa in dubbio da alcuni studiosi per i
quali la cosiddetta “caccia selettiva” stimola in realtà la fertilità delle scrofe, ottenendo l'effetto
contrario. Qualcuno ha fatto anche notare che ridurre drasticamente la disponibilità di cinghiali in
natura spingerebbe il lupo ancor più verso gli allevamenti. Il problema è chiaramente complesso e
non di facile soluzione.
Gli indennizzi
Per quanto riguarda i danni agli allevamenti Giuliano Rinaldi, veterinario della ASL, ha ricordato
che le predazioni avvenivano anche prima del ritorno del lupo, ad opera appunto dei cani vaganti. Il
primo lupo avvistato nei dintorni di Roma in tempi recenti è stata una femmina, investita da
un'auto nel 2006, quando da un paio di anni si era diffusa la voce della presenza. Nel 2008 è stata
la volta di un maschio, rinvenuto a Castel Campanile vicino Fiumicino. Nel 2010 a Maccarese un
laccio da bracconieri ha strangolato un altro maschio. Questi precedenti sono stati riferiti all'uditorio
dal dott. Rinaldi, che ha anche mostrato un video ripreso da un allevatore di Castel Romano, in
cui si sentono chiaramente degli ululati.
Il vero problema è quello economico. Che sia colpa di cinghiali, cani o lupi, il contadino e
l'allevatore lamentano danni insopportabili per le proprie economie sofferenti, in un quadro critico
per l'agricoltura laziale. A Maccarese è stato citato il caso emblematico di un'azienda di allevamento
a conduzione familiare che ha perso in un solo incidente 60 pecore finite in un dirupo: oltre al
danno materiale, alla perdita della produzione di latte e delle generazioni successive di pecore, ha
dovuto pagare circa 1000 euro per lo smaltimento delle carcasse. Eventi che possono mettere in
ginocchio i piccoli imprenditori agricoli.
I fondi per gli indennizzi sono scarsi, ridotti dalla Regione del 70% per quest'anno. Lo ha dichiarato
Vladimiro Benvenuti, agronomo della Provincia, che ha quantificato i danni in circa 150.000 euro
annui, per richieste di indennizzo che mediamente ammontano a 1000-1500 euro. Di questi,
secondo il funzionario provinciale, la maggior parte è causato da cinghiali e forse un 10% è
attribuibile ai lupi.
Che gli indennizzi non bastino è stato sostenuto con forza anche dai rappresentanti degli agricoltori.
Claudio Destro, vice presidente di ConfAgricoltura Roma si è espresso con parole condivise da
quasi tutti gli imprenditori presenti al convegno: “Si parla di protezione del lupo, ma chi protegge i
vitelli? Quelli danneggiati siamo noi, ma non sta a noi trovare soluzioni: è un compito della
Pubblica Amministrazione. Vogliamo risposte e soluzioni al problema. C'è un'azienda che ha perso
17 vitelli in un anno. La perdita va oltre il valore di 100 euro a vitello: è un'azienda distrutta. Non
è una questione di indennizzi ma di risoluzione del problema. Sentire gli ululati fa paura; fa paura
mandare i figli all'aperto. Non sta a noi contenere il lupo, noi facciamo impresa”. Ancora più
esplicite le dichiarazioni di un allevatore intervenuto al dibattito: “Sono intollerabili gli attacchi alle
stalle senza che noi abbiamo diritto a difenderci. La protezione del lupo è il presupposto per l'odio
nei suoi confronti. Non chiediamo denaro ma poter lavorare in armonia, senza essere costretti a
diventare bracconieri”. Parole che rendono chiara la diversa prospettiva di chi vive di agricoltura e
non ha nessun interesse per la fauna selvatica, o per lo meno la mette in secondo piano rispetto ai
propri problemi di sostentamento.
“L'attuale sistema di indennizzi è stato pensato negli anni '70 - ha ricordato Paolo Ciucci de La
Sapienza – quando il lupo era al limite dell'estinzione. Oggi è un modello insostenibile. Servono
incentivi ad attuare misure di prevenzione, piuttosto che fondi per i risarcimenti, e si possono
prevedere dei premi per chi attua queste misure preventive. Inoltre serve un tavolo aperto per la
'gestione del conflitto'.”
Il conflitto alle porte
“Conflitto” è la parola che sembra dover connotare questa storia, soprattutto nel prossimo futuro.
Conflitto di interessi, di responsabilità ma anche di opinioni. C'è il contrasto più scontato: tra
animalisti e non. Per i primi il lupo è da proteggere senza se e senza ma. Per i secondi il lupo
sta bene sui picchi dei monti, ma se si avvicina... Lo pensano molti allevatori e agricoltori, ma
anche chi vive in campagna e si preoccupa di un “pericolo” che prima non percepiva ed ora si.
Ci sono anche delle sfumature, come sempre. Ad esempio allevatori e agricoltori condividono
alcuni problemi, ma non tutti: ai coltivatori il lupo non fa danni, ma il cinghiale si; in questo
senso un predatore naturale dell'animale “nocivo” può far comodo. Al contrario l'allevatore ha più
da perdere dalla presenza del lupo, anche se l'abbondanza di cinghiali fatalmente attira in zona il
canide. C'è poi il pantano dell'illegalità: cacciatori dissennati che ambiscono ad avere un lupo
come trofeo di caccia e bracconieri che dal commercio della carne di cinghiale traggono lauti
guadagni, in un'economia legata a ristoranti e rivendite di prodotti tipici che, se in gran parte è
legale, presenta comunque molte zone d'ombra.
Altro esempio di conflittualità si ha tra gli stessi scienziati, che animano un acceso dibattito sulla
questione degli ibridi: sono cani o lupi? Per tutti sono una minaccia seria alla purezza della specie,
visto che, come i cani, si accoppiano più dei lupi; per molti andrebbero catturati e sterilizzati,
opzione comunque di difficile applicazione; per alcuni addirittura soppressi o comunque detenuti e
non più rilasciati in natura, dove continuerebbero a predare e a contendere spazi ai lupi veri e
propri. Ovviamente alcuni naturalisti non approvano a cuor leggero che un animale, comunque
selvatico e frutto di “naturale” accoppiamento, venga catturato o addirittura eliminato.
Il convegno di Maccarese aveva un titolo azzeccato: “Come salvare il lupo, la capra e il cavolo”
ovvero il patrimonio naturale (il lupo) quello agricolo (il cavolo) e gli allevamenti (la capra).
Ci sarebbe anche la possibilità di vedere la ricomparsa del lupo nelle pianure del Lazio come
un'opportunità . Daniela Pascucci, biologa del Comune di Fiumicino, ha sottolineato che
potrebbe rivelarsi una risorsa economica. In molti paesi d'Europa si sviluppa un fiorente turismo
escursionistico e fotografico intorno alle riserve che ospitano lupi ed altri predatori allo stato
selvatico o semi libero. Questa potrebbe risultare un'ottima integrazione all'economia agricola, a
patto però di mettere d'accordo tutte le parti in causa, scienziati, amministratori e agricoltori,
attrezzare allevamenti e aziende, e assicurare indennizzi puntuali in caso di possibili danni
“collaterali”. Danni che un'accurata prevenzione ridurrebbe comunque al minimo. Qualcosa di
simile è già avvenuto negli ultimi anni con l'agriturismo: la commistione tra un'economia agricola
in ribasso e una turistica in rialzo.
La sensazione a convegno concluso è stata però che in molti imprenditori agricoli prevale la
paura, del lupo in se, ma soprattutto dei danni economici che potrebbe portare in un’economia non
certo florida. A microfoni spenti, in più d'una persona è sembrata comunque prevalere una gran
voglia di risolvere a fucilate, come succede purtroppo in Toscana, e come qualche politico
avventato ha cercato di fare in Veneto.
Per chi avesse voglia di approfondire la questione, domani il Centro Habitat Mediterraneo della
Lipu di Ostia, ha organizzato un nuovo convegno sui grandi mammiferi predatori presenti in
Italia (orso, lupo e lince) in cui si discuterà anche delle presenze rilevate recentemente. La
partecipazione è aperta a tutti, dalle 15.30 relazioni al pubblico e dibattiti moderati da studiosi e
ricercatori. L'appuntamento è al Centro Visite Mario Pastore, in via dell'Idroscalo, presso il
parcheggio del porto turistico.
Tags: lupo, Castel di Guido, Aurelia, Fiumicino, Maccarese, cinghiale, Lipu, agricoltura,
allevamento, caccia, bracconaggio
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