COMUNICATO STAMPA La Rete Lilliput Sardegna esprime netto dissenso e fortissima preoccupazione rispetto alla decisione della Regione Sarda di vendere alcune aree minerarie (Ingurtosu, Masua, Monte Agruxau, Naracauli, Pitzinurri) per realizzarvi "strutture alberghiere ricettive con annessi centri benessere, strutture sportive e per il golf". Si tratta di zone di grandissimo valore culturale e naturalistico, all'interno del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, inserite in Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e dichiarati "Patrimonio dell'Umanità" dall'Assemblea Generale dell'UNESCO. "Sono le architetture di un'epoca passata, elegantissime, sui fianchi delle alte colline affacciate verso il mare, a volte a ridosso delle spiagge, sovrastate dalle creste di una catena montuosa frastagliata, fra boschi di leccio, macchia mediterranea, foreste protette. Sorgono in una zona costiera, in gran parte intatta e “scampata” alla edificazione che ha interessato molti altri tratti della costa Sarda, e carica di suggestione, di bellezza e fascino. Un vero spettacolo della natura". (fonte: Bando di vendita della Regione) "La costa sulla quale si affacciano questi villaggi, è scampata alla edificazione che ha interessato molti altri tratti della Sardegna. Il Piano Paesaggistico consentirà solo il recupero dell'edilizia e dell'architettura industriali, con volumetrie aggiuntive determinate dalle esigenze di moderni iniziative turistico-alberghiere di alta qualità" ... La Sardegna offre l'opportunità di un investimento turistico in riva al mare: l'ultima occasione di realizzare anche nuove volumetrie... (fonte: www.regione.sardegna.it) Inserite in un ecosistema fragilissimo già messo a dura prova da un disordinato e crescente impatto turistico, dall'elevata domanda imprenditoriale di trasformazione delle zone costiere e dai fenomeni di inquinamento derivante dalle miniere dismesse, con estese superfici coperte da detriti e fanghi, e i principali corsi d’acqua (Rio Piscinas, Rio Irvi e Rio Naracauli) contaminati da Zn, Cd, Pb e altri metalli pesanti. A pochi passi da Piscinas più vasto complesso dunale d'Europa e dell'intero bacino del Mediterraneo, estremamente fragile e ad alto rischio di degradazione. "Il tratto di costa e' caratterizzato da dune di sabbia con presenza di fitta macchia mediterranea. La gran parte del biotopo e' caratterizzato da ambiente collinare. Il paesaggio vegetazionale delle coste sabbiose associato alle elevate altezze delle dune costituiscono elemento caratterizzante della parte del biotopo di Piscinas. Biotopo costiero con presenze litologiche di enorme valore nella ricostruzione della storia geologica della Sardegna. Esistenza di diverse serie vegetazionali climaciche e pedoclimaciche. E' l'unico biotopo a comprendere bioclimi termomediterraneo secco, mesomediterraneo inferiore e mesomediterraneo medio. Da segnalare la presenza di uno degli ultimi tre nuclei originari di Cervo sardo. La piccola area umida retrostante la costa e' frequentata da interessanti specie ornitiche svernanti. L'alto valore di biodiversità delle specie vegetali e delle Formazioni vegetali conferisce al sito rilevanti qualità ambientali, di tutto interesse europeo. Sistema molto fragile. (fonte : Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio) Nella zona è stato avviato il progetto LIFE-Natura “Dune di Piscinas – Monte Arcuentu” per la tutela e conservazione delle specie locali quali il cervo, l’aquila reale, il ginepro. Le aree e i fabbricati messi in vendita, furono acquistati, nel '98, dalla IGEA SpA (di proprietà regionale), con un contratto in cui la Regione rinunciava ad esigere "il ripristino, il risanamento e il riassetto, anche ambientale" dalla società venditrice (la SNAM, del gruppo ENI) quindi se ne assumeva l'onere, per poi, "terminati i lavori di riabilitazione e recupero", trasferirli "gratuitamente agli Enti Locali interessati", ovvero ai Comuni. Risanamento che non c'è stato, passaggio agli Enti Locali che non c'è stato. Nonostante siano state spese cifre ingenti. La Regione potrebbe e dovrebbe impegnarsi, anziché alienare quei beni, ad ottenere un risarcimento per le cifre stanziate a fronte di prestazioni e servizi mai ottenuti, per quanto (non) forniti da enti e società di sua stessa proprietà, o esigere la bonifica dei siti, ovvero individuare, nelle sedi opportune, malfunzionamenti, responsabilità, inadempienze. Disconoscendo ogni precedente accordo o "protocollo d'intesa", come quelli inerenti i cosiddetti "Progetto Montevecchio" e "Progetto Ingurtosu" - la cui stesura costò non poco alle pubbliche casse: riguardavano "interventi in campo turistico" ma parevano quantomeno più "sostenibili"da un punto di vista ambientale: previsti, tra l'altro, un "trenino verde", il ripristino di vecchi sentieri, la valorizzazione di laghetti collinari, la promozione di piccole realtà produttive, come l'apicoltura (sono presenti specie arboree rarissime) o la "coltivazione" delle erbe officinali -, ora la Regione decide di vendere "i gioielli di famiglia" per farne alberghi di lusso. La costruzione ex novo (di questo, di fatto, si tratterebbe, visto lo stato delle rovine, e non di "ristrutturazione") di enormi fabbricati (previsti 160.000 mc di cemento nel compendio di Masua, Monte Agruxau e 100.000 mc in quello di Ingurtosu, Naracauli, Pitzinurri) introdurrebbe, sia nella fase di costruzione (disboscamento, traffico di operai e mezzi pesanti, ruspe, betoniere, camion, estrazione, movimentazione, utilizzo "pietrisco", sabbie, terra, lavorazione cementi, calcestruzzi, costruzione vie di accesso, sistemi idrici e fognari, palificazioni energia elettrica e telecomunicazioni, inquinamento del suolo, acustico, atmosferico), sia in quella successiva di "fruizione turistica" (carico antropico, scarichi fognari, inquinamento atmosferico e acustico, traffico veicoli), scompensi dannosissimi e irreparabili all'ambiente circostante. Come non bastasse, il bando prevede la costruzione di campi da golf. In Italia abbiamo la più bassa media di giocatori d'Europa (234 giocatori per ogni campo da golf, la media europea è di 1031, la mondiale di 1848), ma continuiamo a fare campi. Migliaia di ettari di terreno sottratti alle comunità per destinarli ad uno sport elitario che nulla ha a che fare col nostro ambiente e la nostra cultura. Proprio perché costosissima, la pratica del golf vanta pochi appassionati, e i campi "lavorano" normalmente "in passivo" (vedere i casi di Is Molas Golf Club, a Pula, e Villaggio Bagaglino, a Stintino, entrambi "falliti"), ovvero, per compensarne le perdite, sono spesso associati ad operazioni immobiliari a carattere speculativo. Poi, in una regione come la nostra, a rischio desertificazione, c'è il problema acqua: un campo di dimensioni medie ne consuma ogni giorno quanto un paese di 8-9000 abitanti. Se il campo sorge vicino alla costa, i pozzi scavati per l'irrigazione possono provocare la salinizzazione della falda, mentre l'impiego di pesticidi e diserbanti sfiora ogni anno le due tonnellate; in entrambi i casi, le conseguenze sono disastrose in termini di salinizzazione, inquinamento e conseguente avvelenamento di specie animali e vegetali. (Fonte: antigolf.org) La Rete Lilliput Sardegna ritiene che le risorse storiche, culturali ed ambientali della zona, come di tutta l'Isola, possano essere, se rispettate e valorizzate, fonte di reddito e benessere per i Sardi. La vendita, o la cessione a qualsiasi titolo anche temporanea, di quelle risorse di proprietà dei Sardi, a multinazionali, che trasferirebbero altrove i profitti(i requisiti economico finanziari richiesti dal Bando ne precludono la partecipazione a piccole imprese locali), fermi restando i danni ambientali e storico-identitari, arrecherebbe grave pregiudizio all'economia isolana. La ricaduta in termini occupazionali sarebbe minima e limitata al lavoro temporaneo, precario e subordinato (lavoratori edili, camerieri stagionali), mentre la devastazione ambientale quindi la conseguente perdita economica anche in termini di "richiamo turistico" sarebbero enormi. Una delle ragioni che giustificherebbero, secondo la Regione, la vendita, sarebbe la possibilità di finanziare con essa la "bonifica" da fanghi, detriti, metalli pesanti, eredità dello sfruttamento minerario. Ma, a fronte di un prezzo di vendita molto basso, come già avvenne nei confronti della SNAM la Regione si prende anche l'onere della bonifica. "Gli interventi di messa in sicurezza, riqualificazione ambientale e bonifica delle aree interessate dalla gara saranno a carico dell’Amministrazione Regionale Sarda, che si avvarrà, per la realizzazione degli interventi, dei soggetti istituzionalmente preposti, quali l’Igea, proprietaria delle aree. Verranno stipulati accordi di programma con le amministrazioni locali interessate e con gli organismi aventi competenza istituzionale in materia". (fonte: Bando di vendita della Regione) Spese di bonifica che potrebbero essere, dicono gli esperti di Legambiente, ben superiori agli introiti ricavabili dalla vendita. Tanto che, secondo il Gruppo di Intervento Giuridico di Cagliari, potrebbe configurarsi un'ipotesi di danno erariale. La Rete Lilliput Sardegna, ritiene che • con una serie di misure che prevedano la bonifica, la messa in sicurezza degli stabili, il coinvolgimento delle comunità locali, la formazione, l'incentivazione di piccole imprese, che trasformino e rendano ecologicamente fruibili quelle località, già incantevoli, per un turismo "rispettoso e silenzioso"; • lavorando alla limitazione del traffico di mezzi inquinanti, e alla contestuale promozione di escursioni e visite guidate, con personale motivato e preparato, a piedi, a cavallo, in bicicletta; • studiando mezzi collettivi, alternativi, ecologici, caratteristici, per la visita alle miniere e l'accesso alle spiagge; • restaurando alcune strutture per adibirle a sale convegni, esposizione mostre, manifestazioni artistiche e culturali (si provi ad immaginare il fascino del teatro, della musica, tra ruderi e dune lunari); • dando in concessione, con opportuni vincoli e verifiche, piccole strutture, ai margini dell'area, in zone già relativamente urbanizzate (Montevecchio, Ingurtosu), che valorizzando il silenzio, ospitino centri ristoro, piccoli "alberghi minerari", agriturismo di qualità, con prodotti biologici e (realmente) locali (sarebbe anche importante incentivo alla agricoltura di qualità, ora soffocata dalla grande distribuzione); • promuovendo l'"albergo diffuso" tra le comunità residenti ai confini del Parco (Arbus, Guspini, Fluminimaggiore, Nebida, Masua, ... ) • contrastando seriamente il bracconaggio e lo sfruttamento venatorio dell'area, con la costruzione di "oasi", dove cervi, e altre specie, possano dissetarsi e sfamarsi, e di "punti di avvistamento" per cervi, cinghiali, rapaci; • provvedendo alla classificazione, alla cura, alla "esposizione" delle rare specie di piante e arbusti; • valorizzando i bellissimi sentieri, alcuni già "segnati" dal CAI, divulgandone i tracciati; • reimpiegando quelle professionalità, come i lavoratori di IGEA, che con l'attuale politica di cessioni rischierebbero la perdita del lavoro, in questo innovativo processo di tutela, valorizzazione, promozione; • dando attuazione ad un processo "partecipativo" e "dal basso" che veda le popolazioni coinvolte, informate, consultate nelle scelte che riguardano il loro territorio, il loro futuro, la loro dignità; • con una efficace campagna che diffonda, a livello internazionale, l'immagine di un tale paradiso (ex minerario) terrestre, fortemente valorizzato proprio dalla assenza di quelle strutture di cui l'attuale "Bando di Cessione" auspica la costruzione, e provvedendo alla intercettazione di quei flussi in crescita di viaggiatori consapevoli, alla ricerca di ambienti e culture integri, lontano dalla devastazione e dalla insostenibile "impronta ecologica" del turismo dei villaggi vacanze o degli alberghi a cinque stelle, alla ricerca di un "percorso equo e solidale" più coerente con l'ambiente e la cultura circostante, che non generi sfruttamento (di ambiente, animali, lavoratori) e stress da vacanza; • organizzando, nelle comunità locali, eventi di formazione su Ambiente e Turismo, che educhino al rispetto del primo quale premessa alla valorizzazione del secondo, e allontanino il miraggio dell'arricchimento facile (a danno di ambiente, persone, e "immagine" della Sardegna), perseguito purtroppo da troppi improvvisati "operatori turistici" attuali; • ricorrendo finanche all'azionariato popolare per il reperimento delle risorse possa cominciare un viaggio che, partendo dai beni preziosi della nostra Isola (identità, cultura, tradizioni, ambiente), tutelandoli e valorizzandoli, porti le popolazioni, e una classe dirigente attenta, a comprendere che dalla cura, non dalla dissipazione, di tali beni provengano opportunità di benessere e speranza di futuro per i Sardi e la loro isola. In una Sardegna non più discarica di rifiuti, tossici o nucleari, non più colonia turistica, industriale, penale, militare. La Rete Lilliput, chiedendo con forza il superamento del "Bando di Cessione" e impegnandosi a contrastarlo, si rende disponibile • ad incontrare il Presidente della Regione, gli assessori competenti, le strutture e le amministrazioni interessate, le associazioni ambientaliste, i sindacati, le popolazioni, per discutere e studiare, coi metodi della democrazia partecipata, quale futuro dare alle aree minerarie e al Parco. • a portare avanti un'opera di sensibilizzazione e "coscientizzazione critica" nelle comunità, con altre associazioni e singole e singoli che si riconoscano in questo appello creare un Comitato, e redigere un Manifesto per la Riconversione Ecologica della Aree Minerarie Dismesse che riesca a coniugare il rispetto dell'ambiente con le opportunità di lavoro per gli abitanti di quelle zone. per ogni comunicazione, e per aderire a questo appello: [email protected]