relazione collegio geometri ottobre 2012

SALUTI DI RITO
Come in gran parte dei campi del diritto italiano,
purtroppo anche il panorama fiscale presenta quello che
ritengo essere il maggiore difetto che un'ordinamento
giuridico possa avere: vale a dire la promulgazione, in
maniera spasmodica, ossessiva, di normative che si
sostituiscono, sovrappongono e a volte convivono in
maniera
tra
loro
contraddittoria,
rendendo
estremamente difficile per gli operatori dei vari
settori adottare interpretazioni e prassi corrette. A
ciò
si
aggiunge
una
politica
dell'apparato
amministrativo che certo non favorisce la soluzione dei
problemi
e
l'armonizzazione
dei
comportamenti
dell'apparato statale: 1) la tendenza ad accorpare
uffici preposti a settori completamente diversi di
competenza (si veda a cosa è successo negli ultimi anni
tra ufficio del territorio e agenzia delle entrate, con
dirigenti (ad essere buoni forse competenti in alcuni
settori ma assolutamente impreparati su altri); 2)
l'assunzione di personale da immettere negli uffici
finanziari con criteri che tutto possono essere tranne
quello della competenza. Esemplare sotto questo aspetto
la risposta che ho ricevuto pochi mesi fa da un impiegato
dell'ufficio del registro novarese al quale contestavo
una valutazione da lui effettuata di una fattispecie
sulla
base
di
richiami
normativi
e
forte
di
un
interpello a me favorevole presentato all'ufficio
regionale di Torino; l'unica risposta che ha saputo
darmi è stata "sono un avvocato vuole che non sappia
quello che faccio!". E' chiaro che difronte ad un
atteggiamento simile andare a discutere di diritto,
come si faceva fino a qualche hanno fa con il rimpianto,
dal punto di vista lavorativo, Rag. Carli, è del tutto
inutile.
Ma
tralasciando
note
polemiche,
dobbiamo
tenere
presente come il tema del trattamento fiscale degli atti
aventi ad oggetto il trasferimento di immobili (e più
in generale degli atti a contenuto negoziale) comporti,
alla luce di quanto sopra detto, l'applicazione e il
coordinamento di diverse normative.
Il T.U sull'imposta di registro (dpr 131/86), la
normativa
in
tema
di
IVA
(DPR
633/1972),
T.U
sull'imposta di successione e donazione (D.LGS. 346/90)
sia
pure
tra
alterne
vicende
di
soppressione
e
reintroduzione,
il
T.U
sull'imposta
ipotecaria
e
catastale, l'imposta di bollo (DPR 642/72) anche questa
con notevoli modifiche successive e il TU
sulle
imposte sui redditi (DPR 917/86) in tema di plusvalenze.
In questa sede ci occuperemo fondamentalmente delle
prime tre normative.
L'imposta di registro e disciplinata dal D.P.R. 26
aprile 1986, n. 131, “Testo unico sull’imposta di
registro” (in prosieguo TUR), ed è un'imposta indiretta
sui trasferimenti di ricchezza.
L'istituto
della
registrazione
si
prefigge
come
finalità l'attestazione dell'esistenza degli atti,
attribuendo agli stessi data certa ai sensi dell'art.
2704 c.c., la conservazione dell'originale per le
scritture private o della copia dell'atto per atti
pubblici
ed
i
file
cifrati
per
la
registrazione
telematica, la riscossione del tributo e l'acquisizione
da parte dell'A.F., mediante l'Anagrafe Tributaria, di
notizie riguardanti la situazione patrimoniale e,
quindi,
la
capacità
contributiva
dei
soggetti
partecipanti all'atto, rilevante anche ai fini di altre
imposte.
Una precisazione: sebbene ovviamente nella stragrande
maggioranza dei casi il negozio da registrare risulti
da un documento scritto, ciò non significa che i
contratti meramente verbali non lo debbano essere. Anzi
all'art. 3 del T.U. è espressamente previsto l'obbligo
di registrazione di alcuni di essi in alcuni casi che
possono risultare di sicuro interesse: le locazioni e
gli affitti di beni immobili, e le conseguenti vicende
negoziali (cessioni, proroghe, risoluzioni) e gli
affitti e trasferimenti di aziende e relative vicende.
I soli atti non soggetti in alcun caso a registrazione
sono invece elencati nella tabella finale allegata al
DPR 131/86: elencazione che appare sovrabbondante, nel
senso che in realtà alcune categorie di atti ivi
indicati non sarebbero stati soggetti a registrazione
neanche in caso di mancata esplicita previsione in
quanto documenti privi di carattere negoziale.
L'ambito
di
applicazione
dell'imposta,
di
vaste
dimensioni, ha reso necessario allegare al TUR una
Tariffa, una Tabella come abbiamo appena visto ed una
Tavola con i coefficienti per la determinazione dei
diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni
vitalizie.
L'altra
imposta
fondamentale,
che
si
pone
in
concorrenza possiamo dire con l'imposta di registro, è,
come tutti ben sapete, l'IVA, imposta sul valore
aggiunto, vale a dire l'imposta che si applica sulle
cessioni
di
beni
e
sulle
prestazioni
di
servizi
effettuate nel territorio dello stato nell'esercizio di
imprese, arti o professioni.
Incominciamo prendendo in considerazione i negozi a
titolo oneroso, vale a dire i negozi nei quali, i
sacrifici
sono
reciproci,
cioè
a
fronte
della
prestazione di una delle parti si pone, in necessario
rapporto sinallagmatico (per cui se la prestazione di
una delle parti
viene meno crolla l'intera struttura
negoziale) con quella della controparte.
Ebbene i negozi a titolo oneroso trovano il loro
trattamento
tributario
appunto
nell'imposta
di
registro e nell'imposta IVA. Se nel caso di soggetto
cedente privato dobbiamo prendere in considerazione la
sola imposta di registro, nel caso di cedente soggetto
IVA (quindi operatore che agisce nell'esercizio di
imprese, arti o professioni, l'applicazione dell'uno o
dell'altro regime tributario si sviluppa a seconda di
tutta una serie di qualificazioni, relative al soggetto
che pone in essere la prestazione principale (vale a
dire il trasferimento immobiliare), di quello che la
riceve e alla natura del bene trasferito, secondo un
panorama
di
fattispecie
che
si
è
andato
progressivamente complicando nel tempo.
Dato appunto la possibile sovrapposizione tra le due
imposte che vengono, in alcuni casi a colpire uno stesso
tipo di negozio, si è reso necessario provvedere al
regolamento dei rapporti tra i due regimi tributari,
onde
evitare
la
doppia
imposizione
di
un'unica
manifestazione di ricchezza.
Il principio di alternatività IVA/Registro
I rapporti tra le due imposte, che con l'andare degli
anni si sono, come abbiamo appena detto, sempre più
complicati, con la quasi
normative
tendenti
ad
isterica alternanza tra
aumentare
o
quanto
meno
anticipare il prelievo fiscale finale, sottraendo
fattispecie
al
regime
Iva
e
viceversa
ad
agevolare/sgravare i settori produttivi dell'economia
(allargando il relativo campo) sono regolati dall'art.
40 del TUR che, al primo periodo del primo comma, dispone
che per gli atti aventi ad oggetto cessioni di beni e/o
prestazioni
di
servizi
rientranti
nel
campo
di
applicazione dell’IVA, l’imposta di registro si applica
in misura fissa.
Nel secondo periodo viene precisato che si considerano
soggette all'IVA anche le cessioni e le prestazioni per
le quali l'imposta non è dovuta a norma dell'art. 7 del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (ma tale riferimento
normativo, dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. 11
febbraio 2010, n. 18, al regime di territorialità IVA,
e da intendersi agli artt. da 7 a 7-septies) e quelle
di cui al sesto comma del successivo art. 21, ad
eccezione delle operazioni esenti ai sensi dell'art.
10, numeri 8) e 8-bis) e 27-quinquies), dello stesso
decreto nonchè delle locazioni di immobili esenti ai
sensi dell'art. 6 della legge 13/05/1999, n. 133, e
dell'art. 10, comma 2, del medesimo D.P.R. n. 633/1972.
Una disposizione analoga e contenuta anche nell'art. 5
del
TUR
che
aggiunge
però
il
riferimento
anche
all'art. 10, numero 8-ter sempre del TU IVA.
Come si può desumere dalla normativa appena esposta il
principio dell'alternatività trova applicazione non
soltanto con riguardo alle operazioni imponibili ai
fini IVA, ma anche con riferimento alle operazioni IVA
non imponibili, a quelle territorialmente irrilevanti
e a quasi tutte le operazioni esenti.
La scelta del legislatore di escludere l'applicazione
dell'imposta di registro in misura proporzionale anche
per le operazioni non imponibili o esenti deriva dalla
necessità di non vanificare le ragioni sottese al
particolare regime agevolativo a cui sono sottoposte
tali operazioni dalla normativa IVA. Come abbiamo detto
però questo principio, sia pure tra alterne vicende, ha
invece subito forti temperamenti alla luce dell'opposta
esigenza di fare cassa.
In definitiva, le operazioni imponibili ai fini IVA, le
operazioni non imponibili, quelle escluse per effetto
delle norme sulla territorialità e quasi tutte quelle
esenti scontano l'imposta di registro in misura fissa:
- in termine fisso, se risultanti da atto pubblico o da
scrittura privata autenticata;
- in caso d'uso, se derivanti da scritture private non
autenticate.
Il comma 1-bis dell'art. 40 dispone che alle locazioni
di
immobili
strumentali
si
applica
l'imposta
proporzionale di registro, ancorchè soggette all'IVA,
di cui all'art. 10, comma 1, numero 8), del D.P.R. n.
633/1972.
L'art. 43, comma 1
contratti
relativi
lettera i), stabilisce che per i
ad
operazioni
soggette
e
ad
operazioni non soggette ad IVA, la base imponibile e
costituita
dal
valore
delle
cessioni
e
delle
prestazioni non soggette a detta imposta.
Per le operazioni permutative e per le dazioni di
pagamento di cui all'art. 11 del D.P.R. n. 633/1972
l'imposta di registro si applica sulla cessione o
prestazione non soggetta all'IVA.
Il principio di alternatività IVA/Registro ha subito
un'attenuazione a seguito dell'emanazione del D.L.
04/07/2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani), convertito
con legge 04/08/2006, n. 248. Con l'entrata in vigore
di questo decreto, infatti, non tutte le operazioni
attratte nel campo applicativo dell'IVA sconteranno
l'imposta di registro in misura fissa. Successivamente,
una volta intaccato il principio, anche i successivi
governi sono più volte intervenuti sul tema per cui allo
stato attuale, la distinzione tra campo applicativo
dell'imposta di registro e campo Iva un tempo netta (gli
immobili
ceduti
da
soggetti
iva
erano
soggetti
all'applicazione comunque di tale imposta; negli altri
casi si applicava l'imposta di registro) allo scopo
fondamentale di incrementare il gettito tributario,
prevede invece un confine assai frastagliato, essendo
state introdotte invece tutta una serie di eccezioni e
distinzioni, fondate sulla natura del bene, sulla
qualifica
del
acquirente
e
soggetto
perfino
venditore,
sulla
data
del
di
soggetto
ultimazione
dell'immobile.
Dal primo punto di vista prima fondamentale distinzione
è tra trasferimenti di fabbricati e trasferimenti di
terreni.
Compravendita di fabbricati
Preliminarmente
parlare
di
dobbiamo
chiederci
compravendita
di
quando
fabbricato.
si
può
Oltre
ovviamente al caso del manufatto già completamente
finito e accatastato possiamo infatti trovarci in
situazioni in cui invece il manufatto non risulta ancora
completato. A tale proposito , l’art. 2645-bis c.c. in
tema di “trascrizione di contratti preliminari”, al suo
sesto
comma
fornisce
una
definizione
di
edificio
esistente, prevedendo che per tale debba intendersi
l’edificio nel quale sia stato eseguito il rustico,
comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità,
e sia stata completata la copertura.
Quando quindi non si sia arrivati a questo stadio della
costruzione la fattispecie sarà qualificabile ancora
come cessione di terreno.
Per
questi
poi
occorre
distinguere
tra
terreni
edificabili, terreni a destinazione agricola e terreni
non agricoli ma neanche suscettibili di sfruttamento ai
fini costruttivi.
Per determinare in quale categoria rientri il terreno
occorre ovviamente fare riferimento al certificato di
destinazione urbanistica rilasciato dal comune e che a
partire dalla legge 47/85 è obbligatorio allegare agli
atti
di
trasferimento
di
terreni
che
non
siano
pertinenze di fabbricati urbani. Ma come è ovvio può
accadere che la destinazione effettiva del terreno muti
nel tempo. Ebbene come comportarsi quando l'adozione
del nuovo PRCG, che comporti appunto un cambio di
qualificazione, è in itinere, vale a dire già adottato
dal comune ma non ancora approvato a livello regionale?
Sull’argomento la giurisprudenza di legittimità nel
tempo è venuta ad assumere posizioni diverse. Negli
ultimi
anni,
tuttavia,
la
Suprema
Corte
ha
prevalentemente sostenuto l’interpretazione secondo
cui, ai fini tributari, debbano essere considerate
edificabili solamente quelle aree la cui destinazione
edificatoria sia prevista da strumenti perfezionati ed
efficaci. In particolare, è da segnalare che in una
sentenza di inizio 2006, la Corte di Cassazione,
tornando ad occuparsi della questione, ha nuovamente ed
in maniera incisiva affermato il principio, pienamente
condivisibile,
in
base
al
quale
possono
essere
considerati edificabili solo quei terreni che siano
qualificati
tali
da
“perfetto”,
pervenuto,
uno
strumento
cioè,
con
urbanistico
l’approvazione
regionale, alla conclusione dell’iter amministrativo
(31). Rimangono quindi esclusi da tale nozione quelle
aree che per le quali la destinazione edificatoria sia
stata prevista da un piano regolatore adottato dal
Comune, ma non ancor approvato dalla Regione. Tuttavia
quello stesso anno con il Decreto Bersani,
all’art.
36, comma 2° viene sancito che un’area è da considerare
fabbricabile, se è utilizzabile a scopo edificatorio in
base allo strumento urbanistico generale adottato dal
Comune,
indipendentemente
dall’approvazione
della
regione e di adozione di strumenti attuativi del
medesimo.
che
Questa sembrerebbe
elimina
completamente
il
spallata definitiva
problema
poichè
fa
addirittura anticipare l’acquisto della qualificazione
di area edificabile al momento della semplice adozione
dello strumento urbanistico.
Lo stesso concetto viene quindi ribadito poco dopo dalle
SSUU della Corte di Cassazione.
Tutto bene quindi?
No perchè come al solito i vari uffici del registro vanno
per conto loro e se qualcuno, come pare mi dicono avvenga
a Vercelli, si è conformato al nuovo principio, altri
(volete provare ad indovinare in particolare quale?)
continua a rimanere fermo sull'unico principio che
effettivamente
pare
conoscere:
adottare
sempre
e
comunque la soluzione, anche dichiaratamente errata,
più favorevole per il fisco (ed infatti a Novara
pretendevano di tassare un terreno ex agricolo nel nuovo
PRG, non ancora approvato dalla regione, divenuto
edificabile, con l'imposta del 18 per cento quando
chiaramente il valore del medesimo, alla luce della
nuova qualificazione, era ben più alto di quello di un
terreno agricolo.
Nell'ambito dei fabbricati invece occorre distinguere
tra
fabbricati
ad
uso
residenziale,
abitativi
e
fabbricati invece strumentali.
Questi
ultimi
sono
gli
immobili
utilizzati
esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione
o dell’impresa commerciale da parte del possessore. Tra
di essi bisogna distinguere due categorie:
gli immobili strumentali per natura, vale a dire quelli
che per le loro caratteristiche non sono suscettibili
di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni
(opifici, alberghi);
gli immobili strumentali per destinazione, vale a dire
immobili che per le loro caratteristiche potrebbero
essere utilizzati anche ad altri scopi. Si pensi al
deposito o all'autorimessa che possono costituire anche
pertinenze
di
unità
abitative
o
all'appartamento
destinato ad alloggio del custode di un industria.
Opportuno sottolineare come l'Agenzia delle entrate,
con
le circolari n. 27/E del 4.8.2006
16.11.2006
abbia
chiarito
che
per
e n. 33/E del
definire
un
fabbricato come strumentale o abitativo occorre avere
riguardo
esclusivamente
alla
classificazione
catastale, e non invece al concreto utilizzo.
Dunque si ribadisce che:
·
sono fabbricati abitativi quelli classificati o
classificabili nella categoria catastale A, cat. A/10
esclusa;
·
sono fabbricati strumentali quelli classificati o
classificabili nelle categorie catastali A/10, C, D, ed
E.
In realtà tale affermazione va corretta in quanto C/2,
C/6 e C/7 possono costituire anche pertinenze di
immobili ad uso abitativo e in tal caso non sono soggetti
alla normativa degli immobili strumentali.
La distinzione assume invece fondamentale rilievo nel
caso di trasferimenti effettuati da soggetto Iva, vale
a
dire
da
soggetto
che
opera
il
trasferimento
nell'esercizio di imprese ovvero di arti o professioni.
Alla luce di quanto sopra specificato possiamo quindi
ritornare ai rapporti tra Registro ed Iva.
Abbiamo detto che la vendita effettuata da soggetto
privato soggiace sempre all'imposta di registro. Quando
invece ci troviamo di fronte ad un venditore soggetto
IVA occorre distinguere.
A
tale
proposito
la
disciplina
di
riferimento
è
attualmente contenuta nell'art. 10, n. 8 bis e 8 ter.
CESSIONE DI FABBRICATI ABITATIVI
Sono soggetti all'IVA:
1) – le cessioni dei fabbricati abitativi effettuate
dalle imprese costruttrici, o dalle imprese che vi hanno
eseguito – anche tramite imprese appaltatrici – gli
interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett.
c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, entro
cinque
anni
dall’ultimazione
della
costruzione
o
dell’intervento;
2) – le cessioni dei fabbricati abitativi effettuate
dalle imprese costruttrici, o dalle imprese che vi hanno
eseguito – anche tramite imprese appaltatrici – gli
interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett.
c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dopo cinque
anni
dall’ultimazione
della
costruzione
o
dell’intervento, nel caso in cui nel relativo atto di
cessione il cedente abbia espressamente manifestato
l’opzione per l’imposizione Iva (indipendentemente
dalla
natura
del
soggetto
acquirente).
In
questa
ipotesi, in presenza della suddetta opzione, si applica
il regime del reverse charge se l'acquirente è soggetto
passivo IVA.
Ne consegue che sono comunque esenti da Iva:
3)
–
le
cessioni
effettuate
dalle
imprese
non
costruttrici di fabbricati abitativi (a - prescindere
dal momento in cui la costruzione o l’intervento è stato
ultimato, dalla natura del soggetto acquirente, dalla
percentuale
di
detraibilità
dell’Iva
da
parte
di
quest’ultimo, o dal fatto che si tratti di alloggi
sociali, e senza che vi sia possibilità di esercizio
dell’opzione per l’imposizione Iva);
4)
–
le
cessioni
effettuate
dalle
imprese
non
costruttrici di fabbricati pertinenziali a quelli
abitativi, anche in questo caso a prescindere da
qualsiasi ulteriore circostanza.
CESSIONE DI FABBRICATI STRUMENTALI PER NATURA.
Sono ora soggette ad IVA:
5) – le cessioni dei fabbricati strumentali per natura
effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese
che
vi
hanno
eseguito
–
anche
tramite
imprese
appaltatrici – gli interventi di recupero di cui
all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dall’ultimazione
della costruzione o dell’intervento;
6) – le cessioni dei fabbricati strumentali per natura
effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese
che
vi
hanno
eseguito
–
anche
tramite
imprese
appaltatrici – gli interventi di recupero di cui
all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380, dopo cinque anni dall’ultimazione
della costruzione o dell’intervento, nel caso in cui nel
relativo
atto
di
cessione
il
cedente
abbia
espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione
Iva
(indipendentemente
dalla
natura
del
soggetto
acquirente). In questa ipotesi, in presenza della
suddetta opzione, si applica il regime del reverse
charge se l'acquirente è soggetto passivo Iva.
Ne consegue che sono comunque esenti da Iva:
7 – le cessioni effettuate dalle imprese non costruttrici di
fabbricati strumentali per natura (a prescindere dal momento
in cui la costruzione o l’intervento è stato ultimato, dalla
natura
del
detraibilità
soggetto
dell’Iva
da
acquirente,
parte
di
dalla
percentuale
quest’ultimo,
salva
di
la
possibilità di esercizio dell’opzione per l’imposizione Iva); si
noti che in questo caso non trova applicazione l'iva e viene
applicata la sola imposta fissa di registro;
8) – le cessioni effettuate dalle imprese non costruttrici di
fabbricati pertinenziali a quelli abitativi, a prescindere da
qualsiasi ulteriore circostanza.
Si noti che in tutti i casi di cessione di fabbricati strumentali
per natura trova comunque applicazione l'imposta ipotecaria
nella misura del 3% e catastale del 1%.
Per quanto riguarda invece la cessione di terreni, troverà
applicazione l'IVA nel caso di cessione di terreno edificabile.
In tutti gli altri casi invece si applicherà l'imposta di registro.
Sempre in tema di rapporti IVA/registro, si deve accennare
all'art. 21 del TUR
L'art. 21 del TUR, rubricato “Atti che contengono più
disposizioni”,
distingue due categorie di atti:
- atti che contengono più disposizioni che non derivano
necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle
altre: in tal caso ciascuna di esse e soggetta ad imposta come
se fosse un atto distinto (comma 1);
- atti che contengono più disposizioni che, per la loro
intrinseca natura, derivano necessariamente le une dalle
altre: in questo caso l'imposta si applica come se l'atto
contenesse la sola disposizione che da luogo all'imposizione
più onerosa (comma 2).
Per "disposizione” si intende una convenzione negoziale
suscettibile
di
produrre
effetti
giuridici
valutabili
autonomamente, in quanto in se compiuta nei suoi riferimenti
soggettivi, oggettivi e causali.
Il 3 comma dell'art. 21 contempla un ulteriore eccezione
prevedendo che non sono soggetti ad imposizione:
- gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre
disposizioni;
- le quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le
disposizioni cui si riferiscono.
Ci rendiamo conto quindi come all'interno di un medesimo
atto possano coesistere diverse disposizioni, soggette a
tassazione autonoma, Ebbene in tal caso, ciascuna di esse
sarà
assoggettata
alla
tassazione
relativa,
quindi
eventualmente alcune ad imposta di registro ed altre ad IVA.
Esempio
tipico
è
la
permuta.
Qualora
una
delle
due
prestazioni sia effettuata da un soggetto Iva a favore di un
privato si applicherà appunto Iva al trasferimento posto in
essere dall'impresa e viceversa l'ordinaria imposta di registro
al trasferimento operato dal privato a favore di quest'ultima.
Mi sembra a questo punto di dover affrontare, vista la sua
rilevanza anche proprio in funzione della distinzione tra
Imposta di Registro e IVA il tema della base imponibile, cioè
del valore dei beni trasferiti ai fini del calcolo delle dette
imposte.
L'argomento viene affrontato dagli articoli 43 e 51 del TU
registro e dall'art.13
del DPR 633/72.
Il primo prevede che per i contratti a titolo oneroso traslativi
o costitutivi di diritti reali il valore imponibile sia costituito dal
valore del bene o del diritto alla data dell'atto mentre il
secondo precisa che per valore deve intendersi il valore
venale in comune commercio.
Si noti quindi quella che per me è sempre stata una stortura
del
sistema
impositivo
italiano:
non
si
tiene
conto
dell'effettiva ricchezza trasferita ma, come se il legislatore
assumesse di principio lo spirito truffaldino del contribuente
italiano, della ricchezza che secondo lo stesso legislatore
ritiene connaturata alla fattispecie. In concreto poi l'ufficio del
registro si basa e sui precedenti storici (atti posti in essere
negli ultimi tre anni e aventi ad oggetto immobili di analoghe
caratteristiche in zone limitrofe) nonchè sulle tabelle con le
valutazioni del mercato immobiliare. Il rischio è evidente: in
periodi
di
forte
svalutazione
immobiliare
le
tabelle
ovviamente si adeguano alla realtà effettiva solo a posteriori
e, per quanto riguarda gli atti pregressi, non è infrequente di
prezzi superiori al valore di mercato determinati da interessi
particolari delle parti).
In tema di Iva invece il dettato legislativo farebbe riferimento
al corrispettivo effetivamente pagato. In proposito deve però
tenersi
presente
che,
in
attuazione
del
comma
307
dell'articolo unico della Finanziaria 2007, è stato emanato,
il
provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate con il
quale vengono individuati i criteri utili per la determinazione
del valore normale dei fabbricati, che dovranno trovare
uniforme applicazione nei settori impositivi interessati: Iva,
imposte dirette e imposta di registro.
In via preliminare, giova precisare che, nonostante le
importanti
novità
introdotte,
il
"Visco-Bersani"
non
ha
modificato il concetto di "valore normale", già presente negli
articoli 14 del Dpr 633/1972, che disciplina l'imposta sul
valore aggiunto, e 9 del Tuir, che regola le imposte sul
reddito. Nelle suddette disposizioni, il valore normale risulta
uniformemente definito (con alcune eccezioni, in materia di
imposte dirette, per particolari beni, come le azioni, le quote
sociali e le obbligazioni) come "il prezzo o il corrispettivo
mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie
o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo
stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i
beni o servizi sono stati acquisiti o prestati e, in mancanza,
nel tempo e nel luogo più prossimi".
Parimenti, ai fini dell'imposta di registro, il valore normale dei
beni immobili continua a identificarsi, ai sensi del comma 2
dell'articolo 51 del Dpr 131/1986, con il "valore venale in
comune commercio".
Per quanto riguarda le novità in materia di accertamento, il Dl
223/2006 ha ampliato i poteri di rettifica esercitabili dagli
uffici finanziari in relazione alle dichiarazioni presentate ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette. Prima
del 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto, il
criterio del valore normale costituiva un elemento presuntivo
semplice, a cui occorreva associare ulteriori elementi di prova
per giustificare la rettifica dei corrispettivi dichiarati nelle
cessioni di fabbricati. Con l'entrata in vigore delle nuove
disposizioni,
invece,
il
criterio
del
valore
normale
ha
acquistato il carattere di presunzione legale relativa, che di
per sé autorizza gli uffici finanziari a risalire da un fatto noto
(il valore normale, appunto) a un fatto ignoto (il corrispettivo
reale).
In coerenza con il mutato quadro normativo, è stata abrogata
la disposizione in base alla quale, in ambito Iva, non si
procedeva alla rettifica del corrispettivo delle cessioni di
fabbricati rientranti nei gruppi catastali A, B, C, qualora lo
stesso veniva indicato in atto in misura non inferiore al valore
catastale determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5,
del Dpr 131/1986, salvo che da atto o documento non
emergeva un corrispettivo superiore.
Sempre con riferimento all'imposta sul valore aggiunto,
occorre ricordare che il comma 23--bis dell'articolo 35, Dl
223/2006,
ha
stabilito
che,
nella
specifica
ipotesi
di
trasferimenti immobiliari finanziati tramite mutui fondiari o
finanziamenti bancari, il valore normale "non può essere
inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato".
In un primo momento questa disposizione aveva portato ad
un accertamento sistematico di tutti le operazioni IVA
collegate a mutui negli anni in cui le banche, a cuor leggero,
andavo alla ricerca della prima persona che passava per
strada pur di erogare qualche somma. A seguito di ulteriori
interventi normativi e dottrinali si è però oramai consolidata
la prassi per cui, nei trasferimenti a titolo oneroso, la base
imponibile, sia ai fini Iva che delle imposte dirette, continua a
identificarsi con il corrispettivo pattuito tra le parti, del quale
il valore normale costituisce un indizio, non sufficiente da solo
però a giustificare l'accertamento di valore.
Di segno diverso sono state invece le innovazioni riguardanti
l'accertamento di valore ai fini dell'imposta di registro (con le
connesse imposte ipotecaria e catastale). Qui, infatti, già
esisteva una previsione che permetteva agli uffici di provare
l'infedele
dichiarazione
del
prezzo
di
vendita
facendo
riferimento al valore venale in comune commercio, da
controllare "avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo
e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre
anni alla data dell'atto o a quella in cui se ne produce l'effetto
traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli
stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni"
(articolo 51, Dpr 136/1986).
L’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la Circolare n.
6/E/2007, che, in attesa dell’emanazione del Provvedimento
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (di cui all’art. 1,
comma 307, della Legge n. 296/2006) che individuerà con
certezza i criteri di determinazione del “valore normale”, gli
uffici potranno far riferimento:
per i fabbricati, ai valori indicati nella banca dati delle
quotazioni
immobiliari
dell’Osservatorio
del
mercato
immobiliare dell’Agenzia del territorio, privilegiando, ai fini del
controllo, gli atti in cui risultino indicati valori inferiori rispetto
a tali quotazioni;
per
le
aree
fabbricabili,
alle
determinazioni
di
valore
eventualmente adottate dai comuni con proprio decreto (ai
sensi dell’art. 52 del D. Lgs. 446/1997).
Nello stesso ambito, di cui sopra, è stato poi ulteriormente
chiarito che tali
indicazioni
non
determineranno,
comunque,
la
rettifica
“automatica” del valore dichiarato in atto, ma potranno
essere utili solo per l’avvio di più approfondite analisi sulla
base
di
altri
elementi
disponibili
o
acquisibili
mediante un corretto utilizzo dei poteri di controllo.
In particolare si è assistito alla prassi da parte degli
uffici finanziari di convocare le parti dell'atto
richiedendo l'esibizione degli estratti conto dei tre
mesi precedenti e successivi all'atto, allo scopo di
individuare eventuali movimenti ulteriori intervenuti
tra le stesse parti del negozio.
In materia di imposta di registro, pertanto, la novità
è consistita sostanzialmente nell'ampliamento della
platea degli atti di trasferimento immobiliari in
relazione ai quali può essere esercitato il potere di
rettifica. Sono, infatti, venuti meno i limiti al potere
di accertamento valevoli precedentemente per tutti gli
immobili
iscritti
in
catasto
con
attribuzione
di
rendita, se il valore risultava dichiarato in misura non
inferiore a quello catastale.
Per effetto della suddetta riforma, tutte le cessioni
di immobili soggette a imposta di registro possono
essere sottoposte ad accertamento sulla base del valore
normale, con l'eccezione di quelle aventi a oggetto
unità abitative e relative pertinenze, effettuate tra
persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di
attività
artistiche,
commerciali
o
professionali
(successivamente la Finanziaria per il 2007 ha limitato
quest'ultimo requisito solo alla parte acquirente), per
le quali la base imponibile - su richiesta della parte
acquirente resa al notaio - è data dal valore catastale,
indipendentemente
dal
corrispettivo
dichiarato
in
atto.
Infatti l'art. 1, comma 497, della legge 23 dicembre
2005 n. 266, c.d. "legge finanziaria 2006" (in Suppl.
ord. n. 211/L alla G.U. n. 302 del 29.12.2005) modifica
la disciplina dell'imposizione indiretta relativamente
ai trasferimenti immobiliari, ed in particolare della
base imponibile ai fini delle imposte di registro,
ipotecarie e catastali per determinate categorie di
atti, per i quali la tassazione è effettuata sul valore
catastale,
indipendentemente
dal
corrispettivo
pattuito o dal reale valore indicato in atto. La nuova
disciplina si applica agli atti formati o autenticati
a partire dal 1° gennaio 2006.
Presupposto negoziale.
Il comma 497 limita la nuova disciplina alle "cessioni"
tra persone fisiche. La nozione di cessione comprende
sia le fattispecie traslative vere e proprie, sia quelle
derivativo-costitutive
(quindi
la
costituzione
di
diritti reali di godimento). Ricomprende, sotto il
profilo
causale,
in
assenza
di
distinzioni
nella
lettera della disposizione (a differenza del comma
497), sia le cessioni a titolo oneroso che quelle a
titolo gratuito, e nell'ambito delle prime sia quelle
nelle
quali
vi
sia
(compravendite),
un
sia
corrispettivo
quelle
pecuniario
caratterizzate
da
corrispettivo non pecuniario. In definitiva, qualunque
fattispecie traslativa o costitutiva sia astrattamente
idonea ad occultare il reale corrispettivo o valore
dell'immobile,
fondamento
la
cui
tributario
emersione
della
costituisce
nuova
disciplina,
il
e
rispetto alla quale la tassazione, ai sensi dell'art.
43 del d.p.r. n. 131/1986, sia ancorata al "valore". Vi
rientrano, quindi, le permute e le transazioni, ma anche
le fattispecie fiscalmente assimilate alle cessioni
(mandato
irrevocabile
a
vendere
con
dispensa
da
rendiconto; divisione con conguagli). Non vi rientrano
invece l'espropriazione forzata (la cui tassazione è
commisurata al prezzo, e non al valore, dall'art. 44
t.u.). Non vi rientrano i provvedimenti giudiziari, in
cui un'occultazione del corrispettivo o valore è in
radice impossibile.
Presupposto oggettivo.
Le cessioni in oggetto devono avere ad oggetto "immobili
ad uso abitativo e relative pertinenze". Rientrano tra
le abitazioni sia la "prima casa" che quella ulteriore,
e
non
è
richiesto
che
si
tratti
dell'abitazione
principale dell'acquirente. Deve però trattarsi di
fabbricato iscritto o almeno denunciato al catasto dei
fabbricati
altrimenti
in
"categoria"
difetterebbe
la
catastale
base
abitativa;
catastale
su
cui
calcolare l'imposta. Sono quindi esclusi dalla norma i
fabbricati rurali, ancorché abitativi, e quelli in
corso di costruzione.
Quanto alle pertinenze, può trattarsi di immobili di
qualsiasi natura (anche terreni agricoli o comunque non
edificabili),
purché
suscettibili
di
valutazione
automatica (esclusi quindi i terreni edificabili, e
anche qui i fabbricati non censiti). Non vi sono
limitazioni circa il numero delle pertinenze. Nel caso
di trasferimento di pertinenza con atto separato,
purché
risulti
il
vincolo
pertinenziale
ad
un'abitazione è possibile usufruire della tassazione
tabellare.
Presupposto soggettivo.
La disciplina del comma 497 in un primo momento venne
limitata alle cessioni tra persone fisiche che non
agiscano nell'esercizio di attività commerciali o
professionali. Entrambe le parti dovevano possedere
tali requisiti.
In seguito è stato invece corretto il tiro per cui detto
requisito deve sussistere solo in capo al soggetto
acquirente per cui il criterio del prezzo valore si
applica anche alle vendite in cui il soggetto cedente
è imprenditore nei casi in cui, ovviamente, non trova
applicazione l'imposta IVA.
Valore catastale.
La
base
imponibile,
in
presenza
dei
presupposti
normativi, è fissata ex lege in corrispondenza del
valore catastale. Ciò significa che, trattandosi di
elemento in possesso
della pubblica amministrazione,
non è assolutamente indispensabile (anche se opportuno)
l'indicazione del valore catastale in atto, né la
discriminazione dei valori tra più unità abitative
oggetto del medesimo negozio. Normalmente si avrà
comunque l'indicazione in atto sia del corrispettivo,
sia del valore catastale (eventuali errori di calcolo
riferiti a quest'ultimo non possono però legittimare
rettifiche o tassazioni sul valore reale.
Nel caso di fabbricato
con rendita catastale proposta,
occorrerà inserire in atto anche l'apposita istanza ex
art. 12 del d.l. n. 70/1988; secondo parte della
dottrina il criterio potrebbe trovare applicazione
anche nel caso di immobile privo di rendita (in difetto
di rendita, l'indicazione del valore catastale in atto
è invece necessaria). In realtà, a parte il dubbio già
avanzato da altra parte della dottrina e l'estrema
pericolosità del comportamento alla luce della prassi
degli uffici finanziari, oramai, a seguito dell'entrata
in vigore del DL 78/2010 convertito in Legge 122/2010
sulla
corrispondenza
situazione
reale
-
registri
catastali - registri immobiliari il caso è diventato
estremamente raro e può in pratica verificarsi solo
nell'ipotesi di trasferimento di immobile in corso di
costruzione da parte di un soggetto privato.
Nel
caso
di
unico
negozio
con
il
quale
vengono
trasferiti sia immobili abitativi, sia immobili non
abitativi
né
pertinenziali,
è
indispensabile
la
distinzione dei relativi corrispettivi (solo la parte
di
corrispettivo
relative
corrispondente
pertinenze
è
all'abitazione
irrilevante
ai
e
fini
dell'imposizione indiretta). Lo stesso vale nel caso in
cui solo alcuno degli acquirenti abbia i requisiti
soggettivi richiesti, o effettui la necessaria opzione.
Nel caso di corrispettivo effettivo inferiore al valore
catastale, l'acquirente può non effettuare l'opzione
per la tassazione tabellare e, pur con il rischio di
possibili accertamenti, ottenere la tassazione sul
corrispettivo secondo la disciplina ordinaria. Lo
stesso nei casi in cui il corrispettivo sia vincolato
per legge, o non possa superare determinati parametri
in forza di specifiche convenzioni urbanistiche. A
parte
queste
dichiarare
in
ultime
atto
ipotesi
un
però
valore
sia
chiaro
inferiore
a
che
quello
determinato in base ai parametri catastali, spiccando
oramai come un faro nella notte in mezzo alla marea di
vendite
a
prezzo-valore,
costituisce
garanzia
pressochè assoluta di accertamento e sia quindi da
consigliare solo nel caso di palese e macroscopica
disparità tra valore catastale e valore di mercato, in
pratica solo nel caso di immobili se non proprio
fatiscenti per lo meno in forte stato di degrado e previa
predisposizione
di
apposita
relazione
peritale
debitamente supportata da immagini ed asseverata con
giuramento.
Prendiamo
ancora
in
considerazione,
anche
se
non
costituisce una fattispecie negoziale a se stante,
l'ipotesi della vendita o costituzione del diritti di
usufrutto o di abitazione in quanto presenta aspetti
particolari per quanto riguarda la base imponibile
L'usufrutto e il diritto reale di godimento che si
concreta nel diritto riconosciuto all'usufruttuario di
godere ed usare della cosa altrui, traendo da essa tutte
le utilità che può dare (compresi i frutti che essa
produce), con l'obbligo di non mutarne la destinazione
economica.
Il diritto di uso, invece, e quello che attribuisce al
suo titolare il potere di servirsi di un bene e, se esso
e
fruttifero,
di
raccoglierne
i
frutti,
ma
solo
limitatamente a quanto occorre ai bisogni suoi e della
sua famiglia (art. 1021c.c.).
Il
diritto
di
abitazione,
infine,
e
quello
che
conferisce al titolare soltanto il diritto di abitare
una casa limitatamente ai bisogni suoi e della sua
famiglia (art. 1022 c.c.).
Sotto il profilo tributario, l'art. 48 del TUR prevede
che per il trasferimento della proprietà gravata da
diritto
di
usufrutto,
uso
o
abitazione,
la
base
imponibile e costituita dalla differenza tra il valore
della piena proprietà e quello dell’usufrutto, uso o
abitazione.
Il valore dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione è
determinato a norma dell'art. 46 (che detta i criteri
per la determinazione della base imponibile per le
rendite
e
le
pensioni),
assumendo
come
annualità
l'ammontare ottenuto moltiplicando il valore della
piena proprietà per il saggio legale di interesse.
Di conseguenza, il valore dell’usufrutto, dell’uso e
dell’abitazione deve essere cosi calcolato:
- in via preliminare, bisogna determinare il valore
dell'annualità, che si ottiene moltiplicando il valore
della piena proprietà per il saggio legale di interesse;
- successivamente applicare i criteri di cui all'art. 46 del TUR che variano a
seconda della durata del diritto o dei destinatari del diritto, secondo la tabella
che segue:
DIRITTO DI USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE
VALORE DEL
DIRITTO
Diritto
di
usufrutto,
uso
o
abitazione
a
tempo
determinato
Valore attuale dell'annualità è calcolato al saggio
legale di interesse, che in nessun caso deve essere
superiore a 66,66 volte l'annualità. Il calcolo del
valore
attuale
dell'annualità
è
dato
da
apposita
formula matematica che avrete sicuramente incontrato
durante i vostri studi alle scuole medie superiori.
Diritto di usufrutto, uso o abitazione a vita
Ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per
il coefficiente indicato nel prospetto allegato al TUR,
applicabile in relazione all'età della persona alla cui
morte deve cessare
Diritto di usufrutto, uso o abitazione costituito
congiuntamente a favore di più persone, che deve cessare
con la morte di una qualsiasi di esse
Ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per
il coefficiente indicato nel prospetto allegato al TUR,
applicabile in relazione all'età del meno giovane dei
beneficiari
Diritto di usufrutto, uso o abitazione costituito
congiuntamente a favore di più persone con diritto di
accrescimento tra loro
Ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per
il coefficiente indicato nel prospetto allegato al TUR,
applicabile in relazione all'età del più giovane dei
beneficiari
Diritto
di
usufrutto,
uso
o
abitazione
a
tempo
determinato, con clausola di cessazione per effetto
della morte del beneficiario prima della scadenza
Valore attuale dell'annualità, calcolato al saggio
legale di interesse, ma in nessun caso superiore
all'ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità
per il coefficiente indicato nel prospetto allegato al
TUR, applicabile in relazione all'età della persona
alla cui morte deve cessare.
Il valore della nuda proprietà e rappresentato dalla
differenza
tra
dell'immobile
il
e
valore
quello
della
piena
dell'usufrutto,
proprietà
uso
o
abitazione.
TRAFERIMENTO DI TERRENI RIVALUTATI
Com'è noto il legislatore, nell'intento di fare cassa,
è più volte intervenuto negli ultimi anni consentendo
la rivalutazione del valore dei
terreni edificabili:
in cambio del pagamento dell'imposta sostitutiva si
poteva quindi "aggiornare" il valore dell'immobile
riducendo drasticamente l'emersione di plusvalenza nel
momento della sua vendita.
In particolare, agli effetti della determinazione delle
plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 67,
comma 1, lettere a) e b), del T.U.I.R., per i terreni
edificabili e con destinazione agricola posseduti alla
data del 1° luglio 2011, può essere assunto, in luogo
del costo o valore di acquisto, il valore a tale data
determinato sulla base di una perizia giurata di stima,
redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri,
degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi,
degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti
industriali edili, a condizione che il predetto valore
sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle
imposte sui redditi, con l'aliquota del 4% sul valore
di perizia.
Il costo per la relazione giurata di stima è portato in
aumento del valore di acquisto del terreno edificabile
e con destinazione agricola nella misura in cui è stato
effettivamente sostenuto ed è rimasto a carico. Il
valore di acquisto dei terreni in oggetto, come sopra
rideterminato, maggiorato delle spese di perizia,
costituisce valore normale minimo di riferimento ai
fini
delle
imposte
sui
redditi,
dell'imposta
di
registro e dell'imposta ipotecaria e catastale.
Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino
ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a
decorrere dalla data del 30 giugno 2012.
Tutto bene? Non tanto in quanto molti negli anni
passati, visto il costante incremento di valore degli
immobili,
sono
stati
indotti
ad
effettuare
rivalutazioni poco prudenti, senza tener conto né delle
normali dinamiche contrattuali nè delle inevitabili
oscillazioni del mercato.
Come comportarsi in questo caso? Purtroppo non ci sono
molte vie di uscita in quanto una volta fornito noi
stessi
all'amministrazione
finanziaria
un
valore
difficilmente questa mollerà l'osso prima di averlo
spolpato. Due strade: o si gioca sul fatto che spesso
e volentieri nel marasma burocratico degli apparati
statali la nostra rivalutazione vada perduta (giocando
sul fatto che non si trattava di un documento acquisito
digitalmente e quindi di non facilissima reperibilità),
soluzione peraltro poco scientifica e null'affatto
professionale;
oppure
come
previsto
normativa in materia, possono procedere
nell'ultima
ad una nuova
rideterminazione detraendo dalla nuova imposta quella
già versata. Siccome però si prevede che qualora non si
sia detratta l'imposta già pagata se ne possa chiedere
il rimborso, ma solo fino a concorrenza
dell’importo
dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore
effettuata, se ne deve concludere la la parte eccedente
già corrisposta sia da considerarsi definitivamente
perduta.
Passiamo quindi ad esaminare le diverse tipologie di
atti
che
assumono
rilievo
appunto
in
tema
di
trasferimenti immobiliari.
Innanzitutto ricordiamo sinteticamente cosa è stato
detto nella precedente occasione in tema di contratto
preliminare.
CONTRATTO PRELIMINARE
Scopo fondamentale dello stesso è vincolare le parti
alla
stipula
di
un
successivo
contratto
di
compravendita determinando fin da subito gli elementi
fondamentali
di
individuazione
quest’ultimo,
dell’immobile,
tra
cui
ovviamente
determinazione
del
prezzo, tempi e modalità di esecuzione e consentire
quindi ad entrambe le parti di pianificare tutte quelle
decisioni
e
operazioni
che
inevitabilmente
si
ricollegano alla vendita o all’acquisto di un immobile
Innanzitutto ricordiamo l'obbligo di registrare tale
contratto,
con
la
sola
preliminare concluso da
eccezione
del
contratto
venditore soggetto ad Iva e
avente ad oggetto esclusivamente terreno edificabile o
un fabbricato non ultimato (attenzione che in questo
caso non deve essere prevista nemmeno la caparra la cui
presenza comporterebbe, non trattandosi appunto di
prestazione
rientrante
nel
campo
IVA,
obbligo
di
registrazione) e comunque in generale delle scritture
private
non
autenticate
aventi
ad
oggetto
esclusivamente prestszioni soggette ad iva: in tal caso
si ha obbligo di registrazione sono in caso d'uso
(precisare cosa si intende se non lo hai già detto prima)
Registrazione del preliminare che comporta il pagamento
dell'imposta
fissa
di
registro
oltre
allo
0,5%
sull'eventuale somma di caparra e al 3% nel caso invece
di acconti (somma quest'ultima non dovuta in caso di
trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA).
Obbligo di registrazione del contratto preliminare che
grava ovviamente sulle parti del contratto stesso e, a
seguito
della
legge
296
del
2006,
all’agente
immobiliare (con relativa responsabilità solidale) per
gli
affari
conclusi
appunto
con
l’intervento
di
quest’ultimo (oltre che ovviamente sul notaio nel caso
di atto pubblico o scrittura privata autenticata).
Direi di non dilungarci ulteriormente sul contratto
preliminare, vista la precedente trattazione, ma di
limitarci ad accennare al preliminare destinato ad
essere
trascritto.
In
tal
caso
si
tratta
inevitabilmente di atto pubblico o di scrittura privata
autenticata, non consentendo la normativa codicistica
in tema di trascrizione tale adempimento per atti che
non rivestano tale qualità (solo per inciso la cd.
cancellazione semplificata delle ipoteche introdotta
nel 2007 con il cd Decreto Bersani, che sembrerebbe
avere incrinato questo sistema) in realtà non è una vera
cancellazione ma una semplice comunicazione fatta a
fini di mera pubblicità notizia: non ha cioè gli effetti
tipici della trascrizione/iscrizione/annotazione ma si
limita
a
portare
a
conoscenza
generale
che
l'obbligazione sottostante l'ipoteca è stata estinta e
che quindi l'ipoteca deve ritenersi cancellata ai sensi
dell'art. 2878 c.c.: mentre quindi la cancellazione
vera e propria con atto di pubblico ufficiale comporta
inevitabilmente la morte dell'ipoteca che non potrà mai
in
nessun
caso
rivivere,
ma,
al
massimo,
essere
nuovamente iscritta e quindi non potrà più essere
opposta ai terzi che nel frattempo abbiano tracritto o
iscritto
atti
a
loro
favore,
nel
caso
della
cd
cancellazione semplificata ove l'istituto di credito
abbia commesso un errore nel ritenere l'obbligazione
estinta
(come
già
accaduto
nella
realtà)
o
la
comunicazione pervenuta alla conservatoria
RRII non
sia veritiera, l'ipoteca potrà ancora essere opposta ai
terzi, salvo ovviamente i profili di responsabilità di
chi abbia commesso l'errore o trasmesso la falsa
comunicazione.
Ma ritorniamo al contratto preliminare destinato a
essere trascritto. Abbiamo detto che inevitabilmente
dovrà rivestire la forma di atto pubblico o di scrittura
privata autenticata; ma si tratta in realtà di una
relazione biunivoca: cioè il preliminare, se stipulato
o
autenticato
predisposto)
dal
dovrà
notaio
(e
non
semplicemente
obbligatoriamente,
ai
sensi
dell'art. 2645 bis, 1 comma, essere trascritto.
Dal punto di vista della registrazione nulla cambia, se
non
ovviamente
il
fatto
che
a
provvedervi
sarà
direttamente il pubblico ufficiale con il sistema
dell'adempimento unico e quindi con l'addebito diretto
sul suo conto delle imposte ivi compresa l'imposta di
bollo che, in tal caso, si svincola dal vecchio criterio
di una marca da bollo per ogni 4 pagine (o 100 righe più
precisamente) per essere assolta in modo forfettario
nella misura di euro 155, e ovviamente con l'aggiunta
dell'imposta ipotecaria nella misura fissa di euro 168
oltre alla tassa ipotecaria di euro 35.
Altra
conseguenza
preliminare
scrittura
sia
del
fatto
stipulato
privata
che
per
autenticata)
il
atto
sarà
contratto
pubblico
(o
l'ancorarsi
necessario della competenza nell'ufficio del registro
nella cui circoscrizione ha sede il pubblico ufficiale,
laddove nel caso di preliminare con semplice scrittura
privata
volendo
potremmo
andare
materialmente
a
registrare anche dall'altra parte d'italia senza una
competenza specifica.
Il preliminare, il più delle volte, è prodromico a
quella che si può considerare, sia per la maggiore
ricorrenza statistica, sia perchè schema contrattuale
che in un certo senso viene preso poi a modello per la
tassazione della altre ipotesi, fattispecie principe
dei trasferimenti immobiliari:
Compravendita è
la compravendita.
il contratto con cui a fronte del
trasferimento di un diritto reale su un'immobile, il
soggetto che acquista paga un prezzo, vale a dire
corrisponde una somma di denaro. Se non ricorrono queste
caratteristiche evidentemente ci troveremo di fronte ad
una diversa fattispecie contrattuale.
Per
la
compravendita
valgono
ovviamente
tutte
le
considerazioni già fatte in tema di alternatività tra
IVA e registro e sulla determinazione della base
imponibile. Prendiamo però ora in considerazione la
concreta
tassazione
dell'atto
e
alcune
ipotesi
particolari.
La compravendita trova la propria previsione fiscale
tipica all'art. 1 della tariffa parte prima allegata al
TU Registro.
Al primo comma contempla gli "Atti traslativi a titolo
oneroso della proprietà di beni immobili in genere e
atti
traslativi
o
costitutivi
di
diritti
reali
immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e
semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione
per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi, salvo
quanto previsto dal successivo periodo". Ebbene questa
era una volta la normativa generica per tutti i
trasferimenti immobiliari, da cui rimaneva escluso solo
il trasferimento dei terreni agricoli a favore di
soggetti diversi dagli imprenditori agricoli di cui al
vecchio
secondo
comma.
A
partire
dalla
legge
finanziaria del 2000 (488/1999) è stato introdotto un
nuovo secondo comma a cui il primo fa riferimento con
quel "salvo quanto previsto ...".
A partire dal 2000
pertanto occorre distinguere tra trasferimento di
fabbricati e relative pertinenze che vengono tassati
con l'aliquota del 7%; terreni agricoli aliquota 15% e
terreni di diversa natura (comunque non agricoli) 8%.
Fanno
seguito
fattispecie
poi
nel
particolari,
medesimo
legate
articolo
alla
alcune
peculiarità
dell'immobile trasferito ovvero alla qualifica del
soggetto acquirente.
Così se il trasferimento ha per oggetto immobili di
interesse storico, artistico e archeologico soggetti
alla
legge
1°
giugno
1939,
n.
1089,
semprechè
l'acquirente non venga meno agli obblighi della loro
conservazione e protezione la vendita viene tassata al
3%.
Ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 3% la parte
acquirente:
a ) ove già sussista il vincolo previsto dalla legge 1°
giugno 1939, n. 1089, per i beni culturali dichiarati,
deve dichiarare nell'atto di acquisto gli estremi del
vincolo stesso in base alle risultanze dei registri
immobiliari;
b ) qualora il vincolo non sia stato ancora imposto deve
presentare, contestualmente all'atto da registrare,
una attestazione, da rilasciarsi dall'amministrazione
per i beni culturali e ambientali, da cui risulti che
è in corso la procedura di sottoposizione dei beni al
vincolo. L'agevolazione è revocata nel caso in cui,
entro il termine di due anni decorrente dalla data di
registrazione
dell'atto,
non
venga
documentata
l'avvenuta sottoposizione del bene al vincolo.
Le attestazioni relative ai beni situati nel territorio
della regione siciliana e delle province autonome di
Trento e di Bolzano sono rilasciate dal competente
organo
della
regione
siciliana
e
delle
province
autonome di Trento e Bolzano.
L'acquirente
decade
altresì
dal
beneficio
della
riduzione d'imposta qualora i beni vengano in tutto o
in parte alienati prima che siano stati adempiuti gli
obblighi della loro conservazione e protezione, ovvero
nel
caso
di
mutamento
di
destinazione
senza
la
preventiva autorizzazione dell'amministrazione per i
beni culturali e ambientali, o di mancato assolvimento
degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del
diritto
di
prelazione
dello
stessi.
L'amministrazione
Stato
per
i
sugli
beni
immobili
culturali
e
ambientali dà immediata comunicazione all'ufficio del
registro delle violazioni che comportano la decadenza.
In tal caso, oltre alla normale imposta, è dovuta una
soprattassa pari al 30% dell'imposta stessa, oltre agli
interessi di mora di cui al comma 4 dell'art. 55 del
testo
unico.
Dalla
data
di
ricevimento
della
comunicazione inizia a decorrere il termine di cui
all'art. 76, comma 2, del testo unico.
Si noti che in tale ultimo caso la compravendita dovrà
necessariamente passare attraverso una duplice fase: un
contratto
condizionato
sospensivamente
al
mancato
esercizio della prelazione da parte dello stato, che
sconterà le sole imposte fisse; e un successivo atto di
constatazione dell'avveramento della condizione al
quale si applicheranno invece le consuete imposte
proporzionali.
Altra
fattispecie interessante è quella contemplata
al sesto comma e si ricollega al complesso mondo dei
rapporti IVA/Registro.
Se il trasferimento avente per oggetto fabbricati o
porzioni di fabbricato è esente dall'imposta sul valore
aggiunto ai sensi dell' art. 10, primo comma, numero
8-bis,, del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633 , ed è effettuato nei confronti di
imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale
dell'attività esercitata la rivendita di beni immobili,
a condizione che nell'atto l'acquirente dichiari che
intende trasferirli entro tre anni, la vendita viene
tassata con l'aliquota del 1%.
Questo periodo venne aggiunto dall’articolo 3, comma
14, lettera c), del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669,
convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 1997
n. 30 per bilanciare la contemporanea sottrazione al
regime iva delle compravendite di fabbricati effettuate
da
soggetti
Iva
non
qualificabili
però
come
costruttori.
Occorre sottolineare appunto come comunque presupposto
fondamentale di questa aliquota agevolata sia il fatto
di ricadere in ipotesi sottratta all'applicazione
dell'IVA per effetto del più volte citato articolo 10:
non opera, come invece spesso mi sono sentito chiedere,
nel caso di impresa che acquisti un fabbricato da un
soggetto privato, quindi un soggetto che comunque non
rientra nel campo di operatività del DPR 633/72.
Ove non si realizzi la condizione, alla quale è
subordinata l'applicazione dell'aliquota dell'1 per
cento,
del
ritrasferimento
entro
il
triennio,
le
imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute
nella misura ordinaria e si rende applicabile una
soprattassa del 30 per cento oltre agli interessi di
mora di cui al comma 4 dell'art. 55 del presente testo
unico. Dalla scadenza del triennio decorre il termine
per il recupero delle imposte ordinarie da parte
dell'amministrazione finanziaria.
Se il trasferimento avviene a favore dello Stato, ovvero
a favore di enti pubblici territoriali o consorzi
costituiti esclusivamente fra gli stessi ovvero a
favore di comunità montane euro 168,00.
Se il trasferimento ha per oggetto immobili situati
all'estero o diritti reali di godimento sugli stessi
euro 168,00 (6)
Se il trasferimento avviene a favore di organizzazione
non lucrativa di utilità sociale (ONLUS)
a condizione
che la ONLUS dichiari nell'atto che intende utilizzare
direttamente i beni per lo svolgimento della propria
attività e che realizzi l'effettivo utilizzo diretto
entro 2 anni dall'acquisto euro 168. In caso di
dichiarazione
mendace
o
di
mancata
effettiva
utilizzazione per lo svolgimento della propria attività
è dovuta l'imposta nella misura ordinaria nonchè una
sanzione amministrativa pari al 30 per cento della
stessa imposta.
Se il trasferimento avviene a favore delle istituzioni
riordinate in aziende di servizi o in organizzazioni non
lucrative
di
utilità
sociale
ove
ricorrano
le
condizioni di cui alla nota II-quinquies euro 168,00
(anche qui alle stesse condizioni e con le stesse
eventuali sanzioni previste al punto precedente).
Un
attenzione
fattispecie:
particolare
l'acquisto
meritano
cd
prima
però
casa
due
e
il
trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici
particolareggiati,
in
quanto
come
facilmente
immaginabile, costituiscono quantitativamente le due
ipotesi agevolative di maggiore importanza. In realtà
non si tratta più di agevolazioni in senso proprio, cioè
di previsioni che derogano al trattamento tributario
ordinario,
ma,
a
seguito
del
loro
inserimento
direttamente all'interno del TUR, di vere e propri
regimi di tassazione.
Incominciamo dalle agevolazioni prima casa
Innanzitutto il dettato normativo
Se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione
non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del
Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, ove
ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis)
Quest'ultima
prevede
poi
che
ai
fini
dell'applicazione dell'aliquota del 3 per cento agli
atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case
di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o
costitutivi
della
nuda
proprietà,
dell'usufrutto,
dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, devono
ricorrere le seguenti condizioni:
a ) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune
in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi
dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in
quello in cui l'acquirente svolge la propria attività
ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro,
in quello in cui ha sede o esercita l'attività il
soggetto da cui dipende ovvero,
l'acquirente
sia
cittadino
nel caso in cui
italiano
emigrato
all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima
casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler
stabilire
la
residenza
nel
comune
ove
è
ubicato
l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di
decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto (13);
b ) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di
non essere titolare esclusivo o in comunione con il
coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e
abitazione di altra casa di abitazione nel territorio
del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;
c ) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di
non essere titolare, neppure per quote, anche in regime
di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei
diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda
proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo
stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui
al presente articolo ovvero di cui all'art. 1 della
legge
22
aprile
1982,
n.
168,
all'art.
2
del
decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con
modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118,
all'art. 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n.
415, all'art. 5, commi 2 e 3, dei decreti-legge 21
gennaio 1992, n. 14, 20 marzo 1992, n. 237, e 20 maggio
1992, n. 293, all'art. 2, commi 2 e 3, del decreto-legge
24 luglio 1992, n. 348, all'art. 1, commi 2 e 3, del
decreto-legge 24 settembre 1992, n. 388, all'art. 1,
commi 2 e 3, del decreto-legge 24 novembre 1992, n. 455,
all'art. 1, comma 2, del decreto-legge 23 gennaio 1993,
n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 1993, n. 75, e all'art. 16 del decreto-legge 22
maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 243.
2 . In caso di cessioni soggette ad imposta sul valore
aggiunto le dichiarazioni di cui alle lettere a ), b )
e c ) del comma 1, comunque riferite al momento in cui
si
realizza
l'effetto
traslativo,
possono
essere
effettuate, oltre che nell'atto di acquisto, anche in
sede di contratto preliminare.
3 . Le agevolazioni di cui al comma 1, sussistendo le
condizioni di cui alle lettere a ), b ) e c ) del medesimo
comma 1, spettano per l'acquisto, anche se con atto
separato, delle pertinenze dell'immobile di cui alla
lettera
a
).
Sono
ricomprese
tra
le
pertinenze,
limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità
immobiliari
classificate
o
classificabili
nelle
categorie catastali C/2, C/6 e C/7, che siano destinate
a
servizio
della
casa
di
abitazione
oggetto
dell'acquisto agevolato.
Diversi sono i punti sui quali si è aperta discussione
in dottrina e nella prassi alcuni dei quali, per
fortuna, hanno ricevuto risposta in svariati documenti
emanati
dall'agenzia
delle
entrate.
Cerchiamo
di
riassumere almeno le principali.
Innanzitutto
pacifico
oramai,
stante
la
diversa
formulazione della norma rispetto a versioni precedenti
dell'agevolazione, che ai fini della stessa non occorre
assumere la residenza proprio nell'immobile acquistato
ma è sufficiente averla (o trasferirla) nel comune in
cui il medesimo immobile è situato. Attenzione che
questo vale solo ai fini dell'applicazione del regime
agevolativo sull'acquisto: diversa conclusione vale
invece per altre agevolazioni connesse all'acquisto
prima casa quali la detrazione degli interessi passivi
del mutuo o quale un'eventuale credito d'imposta o
ancora ai fini IMU.
Rarissimo, e comunque a me mai capitato, il caso
dell'acquisto in comune in cui l'acquirente svolge la
sua attività. Più frequente è il caso dell'acquisto di
italiano
trasferito
all'estero:
in
questo
per
usufruire dell'agevolazione sarà necessario essere
iscritti all'AIRE del comune di ultima residenza in
Italia
e
ovviamente
l'acquisto
potrà
avvenire
in
qualsiasi luogo del territorio nazionale.
Un requisito che in passato ha creato qualche problema
è quello di non possedere in comunione con il coniuge
altra
casa
di
abitazione.
L'amministrazione
finanziaria in passato aveva interpretato in maniera
estensiva il requisito: riteneva causa di esclusione
dell'agevolazione il fatto di essere sposati in regime
di comunione legale dei beni con persona che possedeva
un immobile nel medesimo comune; per cui si era reso
necessario in tutti questi casi procedere alla stipula
preventiva di convenzione avente ad oggetto la scelta
del regime della separazione dei beni. Oggi finalmente,
a seguito di costante dottrina e giurisprudenza in senso
contrario, anche gli uffici finanziari si sono convinti
che occorre comunque fare riferimento al solo soggetto
acquirente per cui è sufficiente che il bene, posseduto
dall'altro coniuge, sia escluso dalla comunione legale
dei
beni.
Attenzione
che
invece
questo
principio
continua ad essere seguito nel caso di acquisto da parte
di uno solo dei coniugi (in regime di comunione legale
e senza l'intervento dell'altro per escludere dalla
stessa
il
nuovo
bene):
e
ciò
per
la
mancata
dichiarazione da parte appunto del coniuge non presente
della possidenza anche da parte sua dei requisiti per
usufruire dell'agevolazione, anche se di fatto ne sia
in possesso. Anche qui la giurisprudenza si è già più
volte
pronunciata
in
senso
contrario
per
la
considerazione che l'acquisto dell'altro coniuge è un
effetto ex lege successivo all'atto per cui a rilevare
è solo il possesso dei requisiti da parte del soggetto
che interviene all'atto.
Per quanto riguarda il profilo oggettivo, legato alla
prepossidenza di altra abitazione, sottolineamo alcuni
punti:
1) Innanzitutto è necessario non possedere, per intero,
altra casa di abitazione, nel medesimo comune in cui si
acquista, o più precisamente, non essere titolare di
altro
diritto
dell'immobile
reale
che
(piena
attribuisca
proprietà,
il
godimento
usufrutto
e
abitazione; la legge parla anche di uso ma in realtà
almeno nella nozione codicistica del diritto l'uso non
può riferirsi ad un'abitazione); Il fatto di essere
comproprietari di un immobile con altri soggetti (ad es.
con i fratelli a seguito di successione ai genitori) non
impedisce il nuovo acquisto; unica eccezione come
abbiamo appena detto il caso che il comproprietario sia
l'altro coniuge. Questo crea qualche ingiustizia nel
caso di coniugi separati (non divorziati ovviamente
perchè non sarebbero più coniugi): se la casa tra gli
accordi della separazione viene assegnata in godimento,
e non trasferita in piena proprietà, ad uno solo di essi,
l'altro non potrà acquistare altra abitazione con le
agevolazioni prima casa pur non avendo la disponibilità
materiale effettiva di un'abitazione;
per consolidato orientamento giurisprudenziale poi, la
disponibilità di altra abitazione deve essere non solo
oggettiva, ma anche soggettiva; vale a dire
che
ricorre
il
requisito
nel senso
dell’applicazione
del
beneficio, anche all’ipotesi di disponibilità di un
alloggio
che
non
sia
concretamente
idoneo,
per
dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire
ai bisogni abitativi suoi e della famiglia. Attenzione
però ad applicare poi in concreto questo beneficio
perchè come sempre ci si deve scontrare con le teste
degli uffici finanziari. Tuttavia un effetto sicuro
negli
anni
Attualmente
questa
giurisprudenza
infatti
si
ammette
lo
la
ha
prodotto.
possibilità
di
acquistare un nuovo immobile contiguo, adiacente a
quello
già
l'abitazione
posseduto,
già
destinato
esistente.
A
tal
ad
fine
ampliare
occorre
dichiarare in atto espressamente tale intento e in
concreto poi effettuare tutti i lavori e gli adempimenti
catastali necessari alla fusione dei due immobili in
un'unica unità catastale; e si noti che l'agevolazione
compete anche se il primo immobile non era stato
acquisito fruendo delle agevolazioni prima casa;
2) è necessario poi non possedere, in questo caso
nemmeno per quote, in tutta italia, un qualsiasi diritto
reale su un'immobile abitativo, acquistato con le
agevolazioni prima casa.
In questo caso quindi ad
escludere
è
l'agevolazione
sufficiente
anche
la
semplice nuda proprietà. Attenzione che in questo caso
il termine acquisto va utilizzato in senso tecnico: vale
a dire di contratto a titolo oneroso traslativo di un
immobile.
Non
è
infatti
causa
di
esclusione
del
beneficio il fatto di possedere altro immobile ricevuto
per successione o per donazione sfruttando i requisiti
prima casa e ciò fondamentalmente per effetto di
un
errore di coordinamento tra le due normative.
Abbiamo visto come la legge preveda che, in caso di
rivendita dell'immobile prima che siano passati 5 anni,
o si procede al riacquisto di altra abitazione entro un
anno dall'alienazione o si va incontro al recupero da
parte dell'agenzia delle entrate delle imposte come se
il trasferimento fosse stato fin dal principio di
seconda casa. Entro detto
termine deve procedersi alla
stipula di un vero e proprio atto di acquisto; non è
sufficiente il semplice preliminare. e deve trattarsi
di acquisto di fabbricato abitativo: non basta ad
escludere la decadenza l'acquisto di terreno su cui
edificare la nuova abitazione.
E' stato invece escluso che vi sia alienazione, e quindi
decadenza dall'agevolazione in un caso particolare ma
tutto
sommato
non
così
infrequente.
Si
pensi
all'ipotesi della successione in cui uno degli eredi
abbia chiesto la prima casa. Gli stessi procedono poi
ad una divisione e l'immobile viene assegnato a soggetto
diverso da quello che aveva chiesto le agevolazioni.
L'amministrazione
argomentando
dalla
finanziaria
natura
in
tal
dichiarativa
caso,
della
divisione, ha ritenuto che nella fattispecie non ci sia
atto di alienazione e quindi decadenza; il tutto anche
nell'ipotesi di divisione con conguaglio purchè i beni
utilizzati per il conguag facciano anch'essi parte
della massa ereditaria (anche se in realtà dobbiamo
sottolineare che in quest'ultimo caso non si può parlare
propriamente di conguaglio; se vengono assegnati, a
compensare il diverso valore degli immobili attribuiti,
altri beni facenti parte della massa ereditaria è
evidente che si tratta sempre di divisione e non appunto
di conguaglio che presuppone invece chiaramente il
pagamento con denaro proprio del condividente diciamo,
anche se il termine è improprio, "leso" nella divisione.
Al contrario
non si ha decadenza delle agevolazioni in
un'ipotesi particolare.
Un soggetto ha acquistato un’abitazione beneficiando
delle agevolazioni previste per l’acquisto della “prima
casa”,
vende
prima
che
sia
quinquennale
dall’acquisto
successivamente
al
primo
decorso
il
termine
agevolato.Tuttavia
acquisto
agevolato,
ha
acquistato un secondo immobile nello stesso comune ove
è sita la nuova abitazione che intende acquistare per
non decadere dall’agevolazione. In sede di riacquisto
quindi come abbiamo appena visto non avrà diritto ad
usufruire delle agevolazioni prima casa.
Ma in base a quanto previsto dalla citata nota II-bis),
comma 4, dell’articolo 1, della Tariffa, parte prima,
allegata al TUR, al fine di impedire il verificarsi
dell’ipotesi di decadenza dal regime agevolato prevista
in caso di cessione infraquinquennale dell’immobile,
occorre procedere all’acquisto di altro immobile da
adibire ad abitazione principale.
E’,
quindi,
indispensabile
che
il
nuovo
immobile
acquistato sia utilizzato come dimora abituale del
contribuente.
riacquisto
Attenzione
nel
medesimo
quindi
che
comune
nel
occorre
caso
di
comunque
trasferire la residenza al nuovo indirizzo, salvo
riuscire a dimostrare altrimenti (principalmente con
contratti relativi alle utenze domestiche) che la casa,
nonostante una diversa residenza, viene effettivamente
utilizzata come dimora abituale.
Ma, stante la formulazione della norma, deve ritenersi
che
il
mantenimento
subordinato
alla
delle
agevolazioni
sussistenza
delle
non
sia
condizioni
richieste dalla lettera a), b) e c) del comma 1 della
citata nota II–bis) e quindi alla circostanza che il
nuovo acquisto venga effettuato con la richiesta delle
agevolazioni prima casa.
E non è nemmeno necessario che l'immobile riacquistato
sia situato in Italia. Proprio al fine di assicurare il
rispetto di tale condizione, deve ritenersi che anche
nell’ipotesi in cui l’immobile acquistato sia situato
in uno Stato estero non si decade dall’agevolazione,
semprechè
sussistano
amministrativa
che
strumenti
consentono
di
di
cooperazione
verificare
che
effettivamente l’immobile ivi acquistato sia stato
adibito a dimora abituale.
I medesimi requisiti devono ricorrere invece, ai fini
dell’applicazione della disciplina di cui all’articolo
7 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che prevede la
concessione di un credito d’imposta a favore dei
contribuenti
che
acquistano,
entro
un
anno
dall’alienazione dell’immobile per il quale si è fruito
dell’aliquota agevolata, un’altra casa di abitazione
“non di lusso”. Invero, in tale ultima ipotesi il
legislatore
ha
subordinato
espressamente
la
concessione del credito al ricorrere “…delle condizioni
di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della Tariffa,
parte I, allegata al testo unico delle disposizioni
concernenti
l'imposta
di
registro,
approvato
con
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,
n. 131…”.
L’agevolazione consiste in un credito di imposta, fino
a concorrenza del minore importo tra l’imposta di
registro o l’Iva pagata in relazione al precedente
acquisto agevolato, e l’imposta di registro o l’Iva
dovuta per l’acquisto della nuova abitazione.
Condizioni per ottenere la nuova agevolazione sono
quindi le seguenti:
1) - aver usufruito in passato delle agevolazioni per
la prima casa (ai fini dell’imposta di registro o
dell’Iva), in base ad uno dei provvedimenti legislativi
succedutisi dal 1982 ad oggi, e quindi aver acquistato
un immobile abitativo a decorrere da tale data (in
realtà poi in via di prassi si è poi giunti ad ammettere
che si possa usufruire del CI anche nel caso di acquisto
in regime di IVA di immobile per il quale si sarebbe
stati in possesso dei requisiti per l'acquisto prima
casa in data anteriore al 22 maggio 1993 a condizione
che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari appunto
il ricorrere di questa circostanza: prima di tale data
infatti
l'aliquota
ridotta
era
applicabile
alle
realizzazioni ed alle cessioni di tutti i fabbricati
abitativi di nuova costruzione di cui all'art. 13 della
legge 2 luglio 1949, n. 408, effettuate da imprese
costruttrici, indipendentemente dalla condizione che
detti immobili costituissero la c.d. "prima casa" per
l'acquirente.
2) - aver alienato (a qualsiasi titolo, anche gratuito)
l’immobile agevolato;
3)
-
che
non
sia
trascorso
più
di
un
anno
dall’alienazione dell’immobile agevolato;
4) - l’acquisto, a qualsiasi titolo (ovviamente pero’
sempre a titolo oneroso, ex art. 1, nota II-bis della
tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, richiamata dalla
nuova norma), di abitazione non di lusso, da soggetto
privato
o
da
imprenditore,
e
quindi
soggetto
indifferentemente ad imposta di registro o ad Iva;
5) - la sussistenza, rispetto al nuovo acquisto, delle
condizioni per usufruire delle agevolazioni per la
prima casa.
(Con riferimento al requisito sub 4), la legge parla di
acquisto
a
qualsiasi
titolo
in
presenza
delle
condizioni di cui alla nota II-bis dell’art. 1 della
tariffa, il che potrebbe far pensare alla possibilità,
ad esempio, ricorrendo le suddette condizioni di cui
alla
nota
II-bis,
di
acquistare
per
donazione
usufruendo delle agevolazioni per il riacquisto, senza
usufruire
delle
agevolazioni
per
la
prima
casa.
Senonchè, il comma 2 dell’art. 7 parla di “imposta di
registro” relativa all’“atto di acquisto agevolato” che
determina
il
credito
d’imposta,
con
ciò
facendo
apparire che il credito d’imposta medesimo nasce solo
a seguito di un atto soggetto ad imposta di registro
agevolata).
Ricorrendo
questi
presupposti,
sorge
il
credito
d’imposta, che può essere utilizzato in uno dei seguenti
modi:
a) - diminuendo l’imposta di registro dovuta sul nuovo
atto
di
acquisto
agevolato
(sembra,
dal
tenore
letterale della norma, che non possano diminuirsi le
imposte ipotecarie e catastali, probabilmente perchè
già dovute in misura fissa; ciò comporta che sono
comunque dovute le imposte fisse ipotecaria e catastale
per il nuovo acquisto).
b) - diminuendo le imposte di registro, ipotecaria,
catastale, sulle successioni e donazioni dovute su
altri atti e denuncie presentati successivamente al
sorgere del credito.
c) - diminuendo le imposte sui redditi delle persone
fisiche dovute in base a dichiarazioni da presentarsi
successivamente al sorgere del credito.
d) - utilizzando il credito d’imposta in compensazione
ai sensi del D. Lgs. 9 luglio 1997 n. 241.
Tra le modalità di utilizzo non vi e’ la diminuzione
dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in relazione al
nuovo
acquisto
(l’ipotesi
principale
e’
quella
dell’acquisto da impresa costruttrice): in questo caso
l’unico modo per usufruire delle agevolazioni e’ quello
sub lettere b), c) e d).
Non e’ neanche utilizzabile, quale modalità di utilizzo
del credito d’imposta, la richiesta di rimborso delle
imposte già pagate in occasione del primo acquisto.
Rispetto alle modalità di fruizione sub lettere b), c)
e d), occorre d’altronde precisare che la legge non
prevede
alcun
termine
d’imposta, che può
per
usufruire
del
credito
quindi essere utilizzato anche dopo
anni dall’acquisto agevolato.
Nulla impedisce, inoltre, che il credito d’imposta
venga utilizzato in parte diminuendo una determinata
imposta (ad esempio, imposta di registro), ed in parte
un’altra (ad esempio, Irpef).
La
legge
non
impone
poi
particolari
oneri
di
documentazione al contribuente che intenda usufruire
della nuova agevolazione: sembra doversi ritenere che,
salva l’opportunità di indicare in atto gli estremi del
primo atto di acquisto agevolato e del relativo atto di
alienazione, non vi sia comunque un obbligo in questo
senso,
non
potendo
comunque
l’Amministrazione
finanziaria, in ottemperanza alle norme regolatrici del
procedimento
amministrativo,
richiedere
al
contribuente documentazione di cui si trovi già in
possesso.
La legge non prevede una richiesta di agevolazioni in
atto a pena di decadenza, ne’ alcuna dichiarazione della
parte acquirente: si ritiene peraltro necessario, vista
la facoltà di scelta del contribuente tra più modalità
di utilizzo del credito di imposta, che il contribuente,
in atto o con separata istanza da produrre al momento
della registrazione, chieda all’ufficio di avvalersi
del credito d’imposta in diminuzione dell’imposta di
registro dovuta per il nuovo acquisto: diversamente
l’ufficio non potrebbe autonomamente prendere tale
decisione.
La
nuova
norma
agevolativa
si
riferisce
sempre
all’acquisto di “casa di abitazione”, non contemplando,
a differenza dell’art. 1, nota II-bis della tariffa
allegata al D.P.R. 131/1986, le pertinenze. Sembra
peraltro,
per
evidenti
ragioni
di
omogeneità
di
trattamento fiscale, che anche queste ultime debbano
essere ricomprese nella nuova disposizione, sia pure
agevolando il riacquisto di una pertinenza solo a fronte
dell’alienazione di altra pertinenza, o di una nuova
abitazione a fronte dell’alienazione di una precedente
abitazione.
Occorre
infine
rammentare
che,
ove
l’atto
di
alienazione del primo immobile agevolato venga posto in
essere quando non siano ancora decorsi cinque anni
dall’acquisto, al fine di evitare la decadenza dalle
agevolazioni e le relative sanzioni e’ necessario:
1) - che entro un anno dall’alienazione si acquisti un
altro
immobile;
2) - che il nuovo immobile venga adibito dall’acquirente
a
propria
abitazione
principale
(quest’ultima
condizione e’ prescritta dalla nota II-bis dell’art. 1
della
tariffa
all’esclusivo
fine
di
evitare
la
decadenza dalle agevolazioni e le sanzioni relative, e
non,
quindi,
agevolativa.
ai
In
fini
ogni
della
caso,
nuova
nessuna
disciplina
menzione
obbligatoria e’ richiesta in atto).
Cosa succede nel caso di ripetuti acquisti, vendite e
riacquisti?
Ebbene
il
dettato
normativo
non
contempla
espressamente questa ipotesi. L'AGENZIA DELLE ENTRATE
nella risposta ai classici quesiti che le vengono
periodicamente sottoposti ha contemplato espressamente
solo il caso di operazioni effettuate nell'ambito IVA.
Per tale ipotesi dunque è stata espressamente prevista
la possibilità di utilizzare più volte il credito
d'imposta.
Ovviamente
tutte
le
volte
sarà
dato
dall'importo minore tra l'Iva pagata nel precedente
acquisto agevolato e l'imposta
da versare per il nuovo
atto di acquisto.
E nel caso di imposta di registro? La risposta unanime
in dottrina è stata che anche in questo caso il redito
d'imposta è reiterabile. E ciò in quanto ogni volta che
si acquista si paga una nuova imposta. Il beneficio
concesso infatti è un credito, quindi un valore che la
legge prevede espressamente possa essere portato in
pagamento della nuova imposta, e non un'esenzione da
imposta. Quindi ogni volta anche qui avremo un credito
pari alla minor somma tra l'imposta pagata (anche se
pagata tramite utilizzo di precedente credito) per il
precedente
acquisto
e
quella
dovuta
sull'ultimo
riacquisto.
A quello che ne sò in base ai commenti dei colleghi gli
uffici
finanziari
di
quasi
tutta
Italia
si
sono
conformati a questa interpretazione.
Unica eccezione Novara che adotta un criterio tutto suo
e in palese contrasto con la vigente normativa. Secondo
questi
il
credito
effettivamente
nell'ultimo
è
versato
acquisto
dato
solo
dell'imposta
ho
dall'importo
per
corrisposto
cui
se
l'imposta
interamente con il credito maturato, al passaggio
successivo non avrò più diritto a nuovo credito. Per
assurdo però ammette anche nei passaggi successvi la
detrazione dell'importo pagato nel primo acquisto anche
rispetto ai passaggi successivi, laddove invece il
credito non è dato da tutta la vecchia imposta ma solo
dal minore importo la tra vecchia già pagata e la nuova
da pagare per cui l'eventuale importo eccedente del
primo pagamento va perduto.
E tutto questo pur in presenza di un parere dell'ufficio
regionale
confermato
di
Torino
appieno
che,
la
da
mia
me
interpellato,
ricostruzione
ha
(seguita
appunto in tutta Italia: "cambieremo idea solo a fronte
di una pronuncia giurisprudenziale a noi contraria" è
stato testualmente detto).
A parte l'ovvia considerazione dell'incostituzionalità
di
una
siffatta
normativa,
ove
quest'ultima
interpretazione fosse corretta (differente trattamento
di due ipotesi uguali tra loro, non essendoci alcuna
differenza sostanziale tra acquisto IVA e acquisto a
registro) cosa ci resta da fare? La risposta è il
consiglio che dò a chi si trova in questa situazione:
non portare mai il credito in detrazione dell'imposta
dell'acquisto ma utilizzarla in sede di pagamento
irpef. Purtroppo però il più delle volte la risposta è
"meglio pochi subito che ..."
Agevolazione simile alla cd. prima casa discende dal
combinato disposto del comma
131 dell'art.3 della
Legge 28 dicembre 1995 n.549 (appunto la prima casa) e
dell'art. 66 della Legge 342 del 21 novembre 2000, e
riguarda
il
personale
in
servizio
permanente
appartenente alle Forze Armate e alle Forze di Polizia
ad ordinamento militare o civile. Questi ultimi infatti
hanno diritto ad usufruire del medesimo trattamento
fiscale
ma
non
hanno
l'obbligo
di
trasferire
la
residenza nel comune in cui è situato l'immobile
acquistato (ciò evidentemente in considerazione del
fatto che potrebbero essere soggetti a successivi e
repentini
trasferimenti
per
ragioni
di
ufficio).
Rimangono fermi invece gli altri requisiti. Si noti che
stesso discorso vale per tale categoria anche per poter
successivamente
usufruire
del
credito
d'imposta.
Inoltre la detrazione prevista dalla lettera b) del
comma 1 dell'articolo 13-bis del testo unico delle
imposte
sui
redditi,
approvato
con
decreto
del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, e
successive modificazioni, concernente detrazioni per
oneri, è sempre concessa al personale in servizio
permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze
di polizia ad ordinamento militare, nonchè a quello
dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile
in riferimento ai mutui ipotecari per l'acquisto o la
costruzione di un immobile costituente unica abitazione
di proprietà prescindendo dal requisito della dimora
abituale.
IL REGIME TRIBUTARIO DEI TRASFERIMENTI DI IMMOBILI
COMPRESI IN PIANI URBANISTICI PARTICOLAREGGIATI
RIFERIMENTI NORMATIVI
Art. 1, commi 25-28 L. 244/2007
(omissis)
25. Nel testo unico delle disposizioni concernenti
l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 26 aprile 1986,n. 131, all’articolo 1
della Tariffa, parte I, è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: «Se il trasferimento ha per oggetto immobili
compresi
diretti
in
piani
urbanistici
all’attuazione
dei
particolareggiati
programmi
di
edilizia
residenziale comunque denominati, a condizione che
l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga
completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto:
1 per cento».
26. All’articolo 1-bis della Tariffa annessa al testo
unico
delle
disposizioni
concernenti
le
imposte
ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo
31 ottobre 1990, n. 347, sono aggiunte, in fine, le
seguenti
parole:
«,
ovvero
che
importano
il
trasferimento
di
proprietà,
la
costituzione
o
il
trasferimento di diritti immobiliari attinenti ad
immobili
compresi
in
piani
urbanistici
particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi
di edilizia residenziale comunque denominati».
1. Disciplina innovativa introdotta dalla finanziaria
2008
I commi 25 e 26 dell’art. 1 della legge n. 244/2007
(finanziaria 2008) riscrivono nuovamente la tassazione
dei
trasferimenti
di
immobili
compresi
in
piani
urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione
di
programmi
denominati,
di
edilizia
prevedendo
residenziale
per
la
prima
comunque
volta
l’introduzione della fattispecie all’interno dei testi
normativi di riferimento per quanto riguarda l’imposta
di registro (decreto del Presidente della Repubblica 26
aprile 1986, n. 131) e l’imposta ipotecaria (decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 347).
Tecnicamente non si tratta più di un’agevolazione, ma
di una diversa tassazione nell'ambito della disciplina
base ordinaria di un determinato tributo, per una
determinata
fattispecie
traslativa,
particolare
rispetto
a
quella
generale
dei
“trasferimenti
immobiliari”, più favorevole al contribuente per quanto
riguarda l'imposta di registro, meno favorevole per
quanto riguarda l'imposta ipotecaria (1), irrilevante
rispetto a quella catastale.
Più precisamente nella disciplina dell’imposta di
registro di cui all’articolo 1 della Tariffa, parte I,
è
aggiunto,
in
l’applicazione
specificando
condizione
un
periodo
dell’aliquota
che
che
fine,
tale
dell’uno
disposizione
l’intervento
che
cui
è
per
si
dispone
cento,
applica
“a
finalizzato
il
trasferimento venga completato entro cinque anni dalla
stipula
dell’atto”.
Nella
disciplina
dell’imposta
ipotecaria di cui all’articolo 1-bis della Tariffa
annessa
al
testo
unico
(introdotto
in
termini
decisamente innovativi dal d.l. n. 223/2006 cd. decreto
Bersani con riferimento ai trasferimenti di immobili
strumentali di cui all’art. 10, n. 8ter del decreto Iva)
è aggiunta la fattispecie relativa ai piani urbanistici
particolareggiati
alla
quale
risulta
dunque
oggi
applicabile l’aliquota del tre per cento.
Sul versante dalla imposizione, quindi, la novella si
occupa sia dell’imposta di registro, nulla innovando
per
quanto
riguarda
la
aliquota
rispetto
alla
precedente normativa, che della imposta ipotecaria,
stabilendone l’aliquota del tre per cento. Ignora
invece la imposta catastale.
La finalità della novella pare essere quella di indurre,
usando
la
leva
fiscale,
al
completamento
degli
interventi di edilizia residenziale, programmati dal
Comune,
tramite
denominati),
piani
entro
particolareggiati
5
anni,
(comunque
“agevolando”
complessivamente (1% di registro + 3% di ipotecaria) chi
lo fa, penalizzando (8% di registro + 3% di ipotecaria)
chi non lo fa.
Come si è osservato, tanto la aliquota di registro,
quanto quella della ipotecaria sono aliquote a regime.
Pertanto, allo stesso modo in cui le aliquota del 7% e
dell'8 % si applicano ordinariamente rispettivamente ai
fabbricati e ai terreni (non agricoli), così agli
immobili
compresi
in
piani
urbanistici
particolareggiati per la attuazione di programmi di
edilizia residenziale, si applica l’aliquota dell'1%
salvo
decadenza
(senza
sanzioni)
in
mancanza
di
completamento
dell'intervento
nel
quinquennio,
a
prescindere da una espressa sacramentale richiesta
contenuta nell’atto.
2. Evoluzione storica della disciplina
Il successivo comma 27 dispone l’abrogazione del comma
15 dell’articolo 36 della legge n. 248 del 4 agosto 2006,
che
recava,
a
sua
volta,
l’abrogazione
parziale
dell’articolo 33 comma 3 della legge 388 del 23 dicembre
2000, modificando la precedente disciplina tributaria
relativa ai piani urbanistici particolareggiati.
Si ricorda infatti che ad opera di recenti interventi
normativi
(di cui all’art. 36 comma 15 del citato
decreto ‘Bersani’ e al comma 306 articolo unico della
Legge n. 296/2006 – cd. Finanziaria 2007), il regime
fiscale agevolato in caso di trasferimento di immobili
siti
in
aree
soggette
ai
piani
urbanistici
particolareggiati, era stato ridotto in un ambito, per
così dire, residuale. I trasferimenti, per poter essere
assoggettati
al
regime
premiale,
dovevano
essere
“diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente
di
edilizia
residenziale
convenzionata,
comunque
denominati,
realizzati
in
accordo
con
le
amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi
di cessione e dei canoni di locazione”, e ciò in quanto
al di fuori di questa ipotesi (divenuta eccezionale) il
previgente regime agevolativo risultava abrogato.
L’articolo 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000,
n.
388
("legge
finanziaria
2001"),
a
sua
volta,
prevedeva infatti un particolare trattamento fiscale
per "i trasferimenti di beni immobili in aree soggette
a
piani
urbanistici
particolareggiati,
comunque
denominati, regolarmente approvati ai sensi della
normativa statale o regionale", ed "a condizione che
l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro
cinque
anni
dal
trasferimento".
Ricorrendo
tali
presupposti, la norma assoggettava i medesimi atti
all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte
ipotecarie e catastali in misura fissa.
Va
inoltre
sottolineato
che
il
legislatore,
con
l’articolo 76 della l. 28 dicembre 2001 n. 448, sotto
la generica rubrica "regime fiscale dei trasferimenti
di beni immobili", aveva ritenuto opportuno emanare una
disposizione interpretativa dell’agevolazione, di cui
al
predetto
art.
l’agevolazione
33,
spetta
comma
"anche
3,
chiarendo
nel
caso
in
che
cui
l’acquirente non disponesse in precedenza di altro
immobile compreso nello stesso piano urbanistico".
2.1. Attuale individuazione e contenuto del beneficio
tributario
Nelle prime note alla finanziaria 2008 pubblicate in CNN
Notizie del 3 gennaio 2008 si è rilevato come la novella
organizzi il trattamento di favore per il trasferimento
di
immobili
compresi
in
piani
urbanistici
particolareggiati in modo dissimile da quello portato
dalla normativa precedente.
In particolare, il legislatore pone come “condizione
che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento
venga
completato
entro
cinque
anni
dalla
stipula
dell’atto”, lasciando con ciò intendere che l’obbligo
sia stabilito nei confronti del soggetto che attua il
trasferimento. Dal raffronto delle diverse espressioni
utilizzate
dal
legislatore
si
ricava
del
resto
l’attuale natura soggettiva del regime cd. agevolativo,
dunque
sostanzialmente
differente
dalla
natura
oggettiva che caratterizzava la disciplina previgente
(art. 33, comma 3 citato).
La novella impone infatti espressamente l’obbligo del
completamento dell’intervento a carico del soggetto che
ha goduto del trattamento di favore, per cui la
alienazione dell’immobile prima di tale completamento
è causa di decadenza dalla agevolazione.
In tal senso non trovano applicazione alla nuova
disposizione
le
elaborazioni
dottrinali
e
giurisprudenziale prodotte sulla precedente normativa,
che – seppur non uniformemente – avevano concluso per
il reiterarsi del beneficio in capo ai vari acquirenti
dell’immobile nel quinquennio, a prescindere dallo
status dell’intervento. In merito si ricorda peraltro
il parere difforme dell’Agenzia delle entrate espresso
nella Ris. n. 40/E/2005.
E' però possibile usufruire del beneficio in ogni fase
di realizzazione dell'intervento antecedente il suo
“completamento”, per l'acquirente che entro cinque anni
dalla
data
dell'atto
di
acquisto
proceda
al
completamento.
La precedente normativa richiedeva inoltre che gli
immobili
fossero
compresi
in
“piani
urbanistici
particolareggiati, comunque denominati, regolarmente
approvati
ai
regionale",
sensi
per
cui
della
la
normativa
condizione
statale
della
o
previa
"approvazione" conduceva alla esclusione dall'ambito
della agevolazione degli immobili compresi in piano
particolareggiato
semplicemente
"adottato"
dall’organo comunale competente.
L’interpretazione
del
termine
"piano
particolareggiato", in realtà, non si presenta agevole:
-
in
una
prima
particolareggiato
accezione,
solo
per
si
parla
quello
ad
di
piano
iniziativa
pubblica, disciplinato dagli articoli 13 e seguenti
della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge
urbanistica);
-
in
una
seconda
particolareggiati,
accezione,
si
comprendendovi
parla
anche
di
piani
quelli
ad
iniziativa privata, avendo riguardo a tutti i piani
urbanistici attuativi ed esecutivi del piano regolatore
generale (tale più ampia accezione è presente nella
legislazione statale e regionale, e diffusa anche in
dottrina e giurisprudenza). Vi sono compresi, quindi,
il
piano
particolareggiato
in
senso
stretto,
ad
iniziativa pubblica, il piano di lottizzazione, il
piano per l’edilizia economica e popolare, ... il piano
di recupero. Sono tutti strumenti la cui esistenza –
almeno
nel
caso,
configurato
come
normale
dal
legislatore del 1942, in cui il piano regolatore
generale contenga soltanto previsioni di massima o
direttive di carattere generale – appare indispensabile
per il rilascio della concessione ad edificare.
L’espressione utilizzata ..... ("piani urbanistici
particolareggiati,
comunque
propendere
seconda,
per
L’argomento
la
letterale,
denominati")
più
ampia,
peraltro,
farebbe
accezione.
deve
essere
verificato anche alla luce della ratio della norma
tributaria, in rapporto alle finalità ed agli effetti
dei singoli piani urbanistici, ed alla presenza, con
riferimento
ad
alcuni
di
essi,
di
specifiche
disposizioni agevolative.
Alla luce di quest’ultimo aspetto, devono ritenersi
innanzitutto escluse dall’ambito di applicazione della
norma in commento le aree comprese nei piani di zona
(c.d.
piani
produttivi
peep)
(c.d.
e
nei
piani
piani
pip),
in
per
insediamenti
quanto
entrambe
assoggettate al più favorevole regime fiscale previsto
dall’art. 32, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
601 (imposta di registro in misura fissa, ed esenzione
da imposte ipotecaria e catastale).
Anche i trasferimenti delle aree inserite nei "piani di
recupero" (ad iniziativa sia pubblica che privata), di
cui agli articoli 27 e seguenti della legge 5 agosto
1978, n. 457, sono soggetti ad un trattamento fiscale
più favorevole (imposte di registro, ipotecarie e
catastali in misura fissa, assorbente rispetto a quello
in esame.”
Con una probabile simmetria rispetto al nuovo concetto
tributario di terreno edificabile, che attribuisce
rilevanza alla destinazione in base ad uno strumento
urbanistico generale anche solo adottato, la novella
non richiede più la preventiva approvazione del piano
particolareggiato, comunque denominato, e, pertanto,
deve ritenersi che sia idoneo ai fini del trattamento
tributario
di
cui
trattasi
anche
un
piano
particolareggiato solo adottato.
L'art. 1, comma 27, ha abrogato in particolare l'art.
36 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge
4 agosto 2006, n. 248, che era stato modificato
dall'art. 1, comma 306, della legge n. 296/2006, e che
limitava
in
l'agevolazione ai trasferimenti di immobili
piani
urbanistici
all'attuazione
edilizia
dei
particolareggiati,
programmi
residenziale
denominati,
prevalentemente
convenzionata,
realizzati
in
diretti
accordo
di
comunque
con
le
amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi
di cessione e dei canoni di locazione". Ciò significa
che l'agevolazione non è più limitata alla sola edilizia
convenzionata,
e
non
richiede
in
particolare
una
convenzione per la definizione dei prezzi di cessione
e dei canoni di locazione.
Elemento di novità è costituito poi da ciò che il “piano
particolareggiato” deve essere diretto “all'attuazione
dei
programmi
esclusi
dal
destinati
di
edilizia
regime
alla
della
residenziale”.
nuova
realizzazione
Restano
normativa
di
quelli
insediamenti
produttivi, industriali, commerciali, artigianali.
Parimenti restano valide, con la precisazione di cui
infra,
le
precedenti
osservazioni,
in
appresso
riportate, sull'oggetto del trasferimento, consistenti
in “immobili”.
“La nozione giuridica di bene immobile è assolutamente
pacifica (art. 812 del codice civile), e comprende, per
quanto qui interessa, sia le aree nude edificabili, sia
gli edifici relativamente ai quali venga programmato
(ed attuato) un intervento edificatorio.”
Si precisa che non si pone più come condizione “la
utilizzazione edificatoria dell'area”, per cui anche
l'acquisto
di
un
fabbricato
“esistente”,
ma
non
ultimato, può usufruire del beneficio previsto dalla
novella ed anche l'acquisto di un fabbricato non
residenziale già completato, rispetto al quale tuttavia
un
piano
particolareggiato
preveda
una
diversa
destinazione di zona e consenta, quindi, l'acquisto per
la "trasformazione" in edificio residenziale, purchè
venga
dall'acquirente
completato
nei
cinque
anni
dall'acquisto il previsto intervento edificatorio.
Sembrano
altresì
ancora
valide
alcune
altre
considerazioni svolte precedentemente con riguardo
alla disciplina del citato art. 33, comma 3.
In particolare si ribadisce che nessuna riduzione o
esenzione è prevista per l’imposta di bollo, né per
l’imposta sulle donazioni, che si applicano quindi
secondo le regole ordinarie.
In verità l’inserimento della fattispecie nel testo
unico dell’imposta di registro potrebbe apparire di per
sé risolutiva anche con riferimento all’ipotesi dei
trasferimenti
“definitivi”a
titolo
gratuito
(oggi
rientranti espressamente nel presupposto delle imposte
sulle successioni e donazioni di cui all’art. 2, comma
47 del decreto legge n. 262/2006 e dunque estranei alla
disciplina dell’imposta di registro). Questa soluzione
appare del resto conforme a quanto già osservato a
commento della nuova introduzione dell’imposta sulle
successioni e donazioni, nonchè ai recenti chiarimenti
forniti dall’Agenzia delle entrate.
Resta inoltre fermo che per l’applicazione del regime
cd. agevolativo occorre che l’atto non sia soggetto ad
Iva. Se, infatti, l’alienante è un soggetto Iva, si
applica l’imposta sul valore aggiunto secondo le regole
ordinarie, nessuna riduzione essendo prevista per tale
imposta. Per il principio di alternatività, sancito
dall’art.
40
del
D.P.R.
131/1986,
l’atto
sarà
assoggettato, in tal caso, alle imposte di registro,
ipotecaria e catastale in misura fissa.
3.
Ratio
della
novella
e
coerente
individuazione
dell’imposta catastale in misura proporzionale
Nell’intento di assimilare la misura ordinaria delle
imposte ipotecaria e catastale a quella prevista per i
trasferimenti di immobili strumentali, il legislatore
ha dovuto prevedere espressamente la relativa aliquota
del 3 per cento per la prima (che diversamente sarebbe
stata applicabile nella misura del 2 per cento) mentre
non ha dovuto operare su quella catastale, la cui
aliquota ordinaria è dell’uno per cento. La scelta del
legislatore sembra coerente anche con misure fiscali
più recenti che evidenziano la tendenza di portare il
carico fiscale delle due imposte ad un complessivo
quattro per cento.
Le modifiche introdotte in merito ai piani urbanistici
particolareggiati in seno alla legge finanziaria 2008
si propongono di strutturare ex novo la materia,
prescindendo totalmente dalla precedente legislazione,
come si desume non solo dalle diverse condizioni alle
quali sottopone la spettanza del trattamento di favore,
ma anche per l’assenza di un qualsiasi richiamo alle
norme precedenti (salvo che per finalità abrogative).
Travolgendo così anche la misura fissa dell’imposta
catastale.
Il legislatore, infatti, non solo non richiama il comma
15 dell’art. 36 citato ma, come si è visto, lo abroga
espressamente ed in toto; anche, perciò, per la parte
di
esso
che
richiamava
la
abrogazione
parziale
dell’art. 33 suddetto.
L’unica
ratio
che
sembra
emergere
dalla
modifica
normativa è, infatti, quella della risistemazione “a
regime”
della
disciplina
particolareggiati,
con
la
dei
piani
conseguenza
urbanistici
di
dover
escludere interpretazioni che invece di sistematizzare
la materia andrebbero ad ulteriormente frantumare la
disciplina della fattispecie, rendendo vano anche
l’intento di avere come unico riferimento normativo i
testi
unici
delle
imposte
senza
far
riscorso
a
discipline “extraordinarie”.
4. Critica. Individuazione dell’imposta catastale in
misura fissa
A questa ricostruzione si contrappone chi ritiene che
il
ricorso
alla
dell’abrogazione»
tecnica
abbia
come
«dell’abrogazione
effetto
quello
ripristinatorio della disciplina previgente e che
l’utilizzo di tale tecnica nel caso in esame abbia
determinato la reviviscenza della norma di cui al citato
art. 33, comma 3 (che regolava la fattispecie vigente
ancor prima di quella disciplinata dall’abrogato comma
15 dell’articolo 36).
4.1. (segue) Conseguenze applicative
Se anche si accedesse a questa ultima tesi occorrerebbe,
peraltro, limitare tale soluzione interpretativa alle
fattispecie conformi a quella disciplinata dal predetto
comma 3 dell’articolo 33 della legge del 2000 (ancor
precedente alla legge del 2006, abrogata espressamente
dalla novella) di per sé non coincidente, con quella di
cui alle disposizioni della finanziaria 2008.
Le due fattispecie si diversificano anche per il
riferimento al “completamento” dell’intervento nel
quinquennio
dall’acquisto
per
ciò
che
concerne
l’applicazione dell’imposta di registro nella misura
dell’uno per cento, con la conseguente applicazione di
regimi fiscali fra loro differenziati, ancorché la
novella abbia espressamente predisposto un regime di
favore solo per l’imposta di registro.
La
fattispecie
oggetto
della
nuova
disciplina
è,
infatti, quella dei trasferimenti di immobili compresi
in
piani
urbanistici
particolareggiati
diretti
all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale
“comunque
denominati”,
ben
diversa
da
quella
si
volesse
precedentemente disciplinata.
A
stretto
rigore
interpretativo,
se
sostenere la sopravvivenza dell'art. 33 comma 3 (per
effetto della reviviscenza), data la non coincidenza
delle fattispecie e la portata più ampia dell'art. 33
comma 3, l'abrogazione parziale per incompatibilità
dovrebbe essere limitata solo alla "sottofattispecie"
di cui alle nuove norme del testo unico del registro e
del d.lgs. 347. In altri termini l'art. 33 comma 3
dovrebbe potersi applicare ancora non solo per quanto
riguarda
l'imposta
fissa
catastale
agli
immobili
inseriti in piani urbanistici particolareggiati a
condizione dell'utilizzazione nei cinque anni, ma anche
per quanto riguarda l'imposta di registro dell'1% e
quella ipotecaria fissa al trasferimento di immobili
inseriti in piani urbanistici particolareggiati non
diretti
a
realizzare
i
programmi
di
edilizia
residenziale. Conclusione questa probabilmente abnorme
rispetto alla ratio riformatrice sopra segnalata.
5.
Critica
alla
tesi
della
abrogazione
della
abrogazione. Conclusioni
Recentemente la Suprema Corte a Sezioni Unite, pur
accogliendo
in
linea
generale
la
tesi
della
reviviscenza della norma abrogata per effetto della
abrogazione della norma abrogante se la norma abrogante
si
limita
ad
abrogare
la
precedente,
(perché
nell’abrogare l’abrogazione può essere rinvenuta la
volontà di far rivivere la disciplina precedente), ha
affermato che diversamente deve concludersi nel caso in
cui la norma abrogante ha proceduto a modificare la
disciplina della fattispecie. In questo caso infatti la
sua successiva abrogazione non renderebbe chiaro ed in
equivoco l’intento del legislatore di ripristinare la
disciplina
originaria
essendo
medio
termine
intervenuta una disciplina intermedia ispirata ad una
ratio diversa.
Pur non prendendo posizione in ordine alla tesi della
reviviscenza della norma abrogata per effetto della
abrogazione della norma abrogante, si osserva che,
anche accogliendo tale tesi, la stessa non risulta
applicabile alla fattispecie di cui trattasi.
Pertanto,
anche
alla
luce
di
tale
ultima
considerazione, si ritiene di dovere confermare la
interpretazione per cui non si ha alcuna pur limitata
reviviscenza della precedente normativa nella materia
di cui trattasi e, in particolare, che l'imposta
catastale sarà dovuta nella misura ordinaria dell'1%.
Ritorniamo
all'argomento
affrontare
la
questione
convenzione:
se
per
la
dobbiamo
spettanza
dell’agevolazione tributaria menzionata sia necessaria
la
stipula
della
convenzione
di
lottizzazione
precedentemente all’atto di trasferimento. Questione
che
trae
specifica
origine
da
un’interpretazione
dell’A.F. per la quale “il regime agevolato per i
trasferimenti
di
beni
immobili
compresi
in
piani
urbanistici particolareggiati, comunque denominati,
regolarmente approvati………… contempla sia i piani di
iniziativa pubblica che privata purchè la relativa
convenzione, deliberata dal comune, sia formata da
quest’ultimo e dall’attuatore” e venga stipulata “prima
che sia posto in essere il trasferimento, a conferma che
il procedimento amministrativo sia stato eseguito e
completato secondo la normativa statale o regionale”.
La
funzione
e
gli
effetti
della
lottizzazione
convenzionata nel diritto amministrativo.
Preliminare è un breve inquadramento sistematico della
fattispecie
ed
in
genere
delle
convenzioni
di
lottizzazione
E’ noto che ai sensi dell’art. 28, comma 5 della Legge
Urbanistica l’autorizzazione comunale a lottizzare è
subordinata
alla
trascriversi
a
stipula
cura
e
di
una
spese
convenzione
del
da
proprietario
lottizzatore. Con la convenzione il proprietario si
assume taluni obblighi (cessione gratuita delle aree
per le opere di urbanizzazione primaria, assunzione
oneri per le opere relative ecc.) rendendo l’area
interessata concretamente edificabile
portatore
di
un
interesse
legittimo
e divenendo
a
vedere
conservata nei successivi strumenti urbanistici la
disciplina di lottizzazione così come approvata e
convenzionata. Se dunque la lottizzazione, attraverso
la
convenzione,
costituisce
sempre
lo
strumento
esecutivo per l’attività edificatoria, diversi – in
ragione della volontarietà del procedimento – sono i
tipi di lottizzazione. Infatti accanto alla più tipica
ipotesi della lottizzazione facoltativa prevista per i
piani di iniziativa privata esistono la lottizzazione
obbligatoria
e
la
lottizzazione
d’ufficio
che
interessano i c.d. piani di iniziativa pubblica.
Nei
piani
di
iniziativa
privata
al
piano
di
lottizzazione si accompagna una convenzione che “segue
alla definizione dei contenuti del piano e ne condiziona
l’operatività, nel senso che il piano di lottizzazione,
ancorchè approvato dalle Amministrazioni competenti,
non produce alcuno dei suoi effetti tipici (concernenti
la legittimazione a dar corso all’utilizzo del suolo a
scopo edificatorio) finchè la convenzione non sia stata
sottoscritta”. In particolare la disciplina dell’art.
28 comma 5 della legge n. 1150 del 17 agosto 1942 (c.d.
legge urbanistica), prevede la predisposizione del
piano direttamente ad opera dei privati interessati i
quali sono tenuti a presentarlo al Comune unitamente
allo schema di convenzione redatto alle condizioni
poste dall’art. 28 comma 5 nn. 1 – 4 della legge
urbanistica.
Al
Comune,
pertanto,
spetterà
l’emanazione dell’autorizzazione che, peraltro, sarà
rilasciata
dopo
consiliare
del
convenzione.
approvazione
piano
di
con
deliberazione
lottizzazione
Successivamente
e
della
all’emanazione
dell’autorizzazione, la convenzione approvata dovrà
essere stipulata e trascritta a cura del proprietario.
La stipulazione e la trascrizione della convenzione
sono dunque condizioni di efficacia del provvedimento
autorizzativo della lottizzazione.
La lottizzazione obbligatoria è invece prevista dalla
legge (art. 28, commi 11 e 12) per i Comuni dotati di
strumento urbanistico generale, anche in mancanza di un
piano particolareggiato, e si realizza quando il Comune
obbliga con espresso provvedimento i proprietari di una
zona a procedere alla lottizzazione. L’iter procedurale
che ne discende è praticamente il seguente: il sindaco
invita i proprietari di un certo ambito a presentare un
progetto di lottizzazione; se essi non provvedono, il
Comune
procede
d’ufficio
alla
compilazione
del
progetto. Una volta approvato, tale progetto viene
notificato ai proprietari, con invito ad accettarlo; in
difetto di accettazione il Comune ha facoltà di variare
il
progetto
interessati
in
conformità
o,
a
all’espropriazione
proprietari
sua
delle
delle
scelta,
aree.
interessati,
richieste
a
procedere
Pertanto
ricevuto
degli
quando
l’invito
i
a
lottizzare non presentino il relativo piano, è lo stesso
Comune che procede alla determinazione d’ufficio del
contenuto del piano di lottizzazione (art. 28, comma 11
L.U.) e la lottizzazione è detta d’ufficio.
Pur nella sinteticità della sopra esposta descrizione
dell’istituto appare evidente che le vicende dei piani
di lottizzazione sono caratterizzate da un intreccio di
momenti consensuali e di momenti unilaterali. Per
queste ragioni la dottrina amministrativistica è divisa
fra quanti enfatizzano il momento provvedimentale e
quanti quello consensuale. Per i primi al privato va
solo
riconosciuto
procedimento
per
la
un
potere
d’iniziativa
lottizzazione
che
si
del
risolve
comunque
in
un
provvedimento
amministrativo
unilaterale da cui discendono tutti gli effetti; per i
secondi le lottizzazioni avrebbero come i contratti un
fondamento
consensuale
cosicchè
la
procedura
amministrativa di formazione del piano di lottizzazione
non avrebbe una sua piena autonomia funzionale, ma
atterrebbe piuttosto alla formazione del consenso
dell’Amministrazione alla convenzione urbanistica.
Peraltro al di là dell’adesione ad una tesi piuttosto
che ad un’altra sembra evidente il ruolo decisivo sul
piano degli effetti, giocato dalla convenzione. Ed
infatti, anche nel caso di lottizzazione obbligatoria
o d’ufficio dove la redazione del piano di lottizzazione
è curata direttamente dal Comune venendo a configurarsi
come un piano esecutivo di iniziativa comunale, può
affermarsi che “nonostante l’evidenza dell’iniziativa
comunale,
ancora,
in
la
logica
questa
contrattuale
disciplina:
appare
infatti,
riflessa
una
volta
approvato, il piano non produce di per sé i suoi effetti,
perchè il Comune deve proporlo ai proprietari, i quali
sono invitati a dichiarare se l’accettino”.
La dottrina amministrativistica che si è occupata della
questione - pur rilevando che la legge non menziona la
convenzione nel caso di lottizzazione d’ufficio
l’unilateralità
dell’iniziativa
non
e che
sembrerebbe
conciliabile con il modello della convenzione – ritiene
pertanto che “ciò che cambia, nella lottizzazione
d’ufficio, è la competenza a proporre il progetto (che
spetta al Comune, e non ai proprietari) e l’attuazione
dello stesso (nel solo caso che i proprietari rifiutino
di
accettarlo).
Per
ogni
altro
profilo
vale
la
disciplina generale, con la conseguenza che anche le
disposizioni sulla necessità della convenzione sono
applicabili. Si deve ritenere, di conseguenza, che il
progetto
di
lottizzazione
proposto
dal
Comune
ai
proprietari debba contemplare anche uno schema di
convenzione,
e
che
eventuali
osservazioni
dei
proprietari (che giustificano, ai sensi di legge, una
modifica della proposta comunale) possano attenere sia
alle
previsioni
urbanistiche
del
piano,
sia
alla
convenzione”. Affermazioni che vanno lette nel senso
che se sembra chiara l’esistenza di un inestricabile
nodo che lega autorizzazione del Comune e convenzione,
quest’ultima comunque non regola - come normalmente si
riscontra
nei
contratti
che
accedono
ad
un
provvedimento amministrativo - le modalità di esercizio
o di godimento dell’attività autorizzata o del bene
concesso
in
uso,
direttamente
ma
inerenti
dell’autorizzazione.
contiene
il
Pertanto
determinazioni
contenuto
la
volitivo
convenzione
di
lottizzazione mantiene una sua autonomia privatistica
che
può
incidere
sul
contenuto
della
successiva
autorizzazione, ma tale autonomia si comprime qualora
vi fosse una ridefinizione del potere ad opera del
Comune per esigenze sopravvenute.
Sulla
base
del
quadro
interpretativo
riferito
è
opportuno precisare che risulta totalmente conservata
l’autonomia dei privati manifestata nella stipula della
convenzione
di
lottizzazione
e,
dunque,
in
via
interpretativa, si può considerare che la sfera di
autonomia privata permanga anche nel caso in cui l’atto
di
trasferimento
sia
anteriore
alla
stipula.
Quest’ultima, infatti, viene a rappresentare il momento
finale del procedimento accordato ai privati dal potere
amministrativo, dotato della capacità di riconoscere
pieno effetto giuridico agli atti prodromici alla
convenzione stessa (quali l’atto di trasferimento
appunto).
Il ruolo della convenzione nell’applicazione della
norma tributaria agevolativa.
Tali conclusioni della dottrina amministrativistica
che,
prima
facie,
interpretazione
sembrano
avvalorare
dell’Amministrazione
la
citata
finanziaria
circa la necessità di una preventiva sottoscrizione
della convenzione devono essere vagliate attentamente
alla luce della disciplina tributaria in tema di
agevolazioni per i trasferimenti di terreni e della
relativa ratio.
In primo luogo va osservato il differente ruolo che la
convenzione
sembra
giocare
nei
procedimenti
facoltativi ed in quelli obbligatori e d’ufficio. E’
infatti indubbio che nella lottizzazione facoltativa la
convenzione
costituisce
un
passaggio
diversamente
rilevante rispetto a quanto avviene negli altri casi.
In realtà per i piani di lottizzazione obbligatoria e/o
d’ufficio la convenzione appartiene ad un momento
successivo alla formazione del piano stesso che è già
di per sé perfetto con la sua approvazione da parte del
Comune.
La
successiva
accettazione
convenzione
attengono,
dunque,
e
l’eventuale
all’attuazione
del
piano di lottizzazione; prova ne è che in assenza della
convenzione il piano – così come approvato – viene
attuato attraverso il meccanismo dell’esproprio. Ciò
sembra
rispondere
anche
alla
ratio
della
norma
agevolativa dove l’accesso al regime fiscale premiale
discende dalla concreta realizzabilità dell’intervento
urbanistico.
Pertanto
se
la
realizzazione
dell’intervento è il fulcro della normativa speciale
tributaria essa spetterà in tutte le ipotesi in cui
sussista uno strumento di pianificazione che consenta
concretamente il perseguimento dell’interesse pubblico
sotteso alla realizzazione dell’opera.
Inoltre
non
va
dimenticata
l’evoluzione
che
ha
caratterizzato la disciplina in questione ed ulteriori
argomenti testuali.
In particolare va ricordato che l’art. 2 della L. 24
dicembre 2003, n. 350 per i piani di iniziativa privata
(c.d. facoltativi) ha interpretato la disciplina in
questione
prevedendo
che:
“nell’ipotesi
di
piani
attuativi di iniziativa privata, comunque denominati,
le agevolazioni fiscali di cui all’art. 33, comma 3
della L. 23 dicembre 2000, n. 388, si applicano, in ogni
caso, a seguito della sottoscrizione della convenzione
con il soggetto attuatore”. Sopravvenuta tale legge è
dunque evidente che l’applicazione delle agevolazioni
condizionatamente
alla
“sottoscrizione
della
convenzione” valgano ora solo per i piani di iniziativa
privata. Argomentando a contrario tale condizione non
dovrebbe valere per i piani di inziativa pubblica (siano
essi obbligatori o d’ufficio) per i quali è condizione
sufficiente – per la lettera e lo spirito della norma
– che il piano sia approvato.
Conclusioni.
E’ a questo punto possibile formulare le seguenti
conclusioni
In primo luogo appare indubitabile che se si procede
nell’ambito di una lottizzazione d’ufficio – per la
quale è bene sottolineare il carattere spiccatamente
espropriativo
- è proprio la mancata accettazione
dell’invito a lottizzare a determinare l’inesistenza di
qualsivoglia
convenzione
e
dunque
l’applicabilità
delle agevolazioni per tutti i trasferimenti successivi
all’attuazione della lottizzazione d’ufficio.
Per
quanto
riguarda
invece
la
lottizzazione
obbligatoria nella quale vi sia stata accettazione
dell’invito a lottizzare e dunque – sulla scorta della
migliore dottrina amministrativistica - necessiti di
una
convenzione,
propendere
per
la
la
soluzione
non
del
necessità
quesito
della
sembra
preventiva
stipula della convenzione in quanto quest’ultima è
meramente eventuale, attenendo al profilo attuativo del
piano, e non al suo perfezionamento. Inoltre la sua
necessità appare esclusa argomentando, a contrario
dall’inesistenza dei medesimi requisiti che invece la
norma di interpretazione autentica richiede per i piani
di iniziativa privata.
Più complessa appare invece la questione per i piani di
lottizzazione di iniziativa privata (c.d. facoltativa)
poichè il problema si sposta dal piano originario
(necessità o meno della convenzione) a quello del
momento
e
convenzione.
del
soggetto
tenuto
a
stipulare
la
Nel
presupposto
dell’indubbia
necessità
della
convenzione sembra che l’esistenza nell’art. 2 della L.
n. 350/2003 dell’inciso “in ogni caso” consenta di
applicare
l’agevolazione
anche
nell’ipotesi
di
convenzioni sottoscritte dall’acquirente e, pertanto,
non
necessariamente
preesistenti
alla
stipula
dell’atto notarile (12). Appare dunque infondata la
posizione dell’Amministrazione Finanziaria – ripresa
nella vicenda alla base del presente Studio – che la
convenzione
venga
stipulata
prima
dell’atto
di
trasferimento. E d’altra parte proprio l’inciso sopra
menzionato sembra venire incontro a quella casistica
che
vede
nella
pratica
convenzioni
sottoscritte
dall’acquirente (l’alienante è infatti spesso privo di
interesse alla convenzione allorchè si sia determinato
a vendere) o per le quali non si sia ancora concluso
l’iter
procedurale
per
la
sottoscrizione.
E
così
facendo rappresenta l’applicazione di un criterio di
ragionevolezza ed equità rispetto ad una fattispecie
che ha il suo naturale svolgimento con la sottoscrizione
della convenzione successivamente alla stipula da parte
dell’acquirente-attuatore.
A questo punto resta dunque solo da definire entro quale
termine la convenzione stessa dovrà essere stipulata ed
approvata.
Il tenore del testo “a seguito della sottoscrizione
della convenzione con il soggetto attuatore” non sembra
decisivo nel senso di imporre una scansione temporale
che
anticipi
la
stipula
della
convenzione
alla
registrazione dell’atto, valendo solo ad enfatizzare la
condizione
della
sottoscrizione
della
convenzione
anche con il soggetto attuatore quale condizione per
fruire
semplice
dell’agevolazione.
è
all’ufficio
certamente
L’interpretazione
quella
che,
dell’Amministrazione
per
più
consentire
finanziaria
un
adeguato controllo, ritiene che la convenzione debba
essere stipulata ed approvata entro il termine di
registrazione dell’atto notarile, ma ad onor del vero
di un termine siffatto non vi è traccia nella norma e
pertanto non può neppure escludersi che l’agevolazione
spetti comunque a condizione che entro la data dell’atto
il Comune abbia notificato alla parte la proposta di
convenzione e dunque si sia dato inizio all’iter per la
convenzione ed il cui termine per la conclusione resterà
comunque assorbito, anche ai fini del controllo, in
quello triennale piuttosto che in quello quinquennale
dell’utilizzazione edificatoria dell’area.
Tale
interpretazione
incontrerà
la
–
che
contrarietà
è
inutile
nasconderlo
dell’Amministrazione
finanziaria - appare infatti maggiormente in linea con
lo
spirito
della
norma
che
ha
inteso
allargare
l’agevolazione anche ad ipotesi caratterizzate da
procedure dai tempi incerti ed ha il pregio di evitare
che
la
concessione
dell’agevolazione
avvenga
attraverso la più lunga procedura del rimborso. Né si
tratta
di
un’interpretazione
che
renderebbe
impossibile il controllo da parte degli uffici giacchè
quest’ultimo sarebbe sempre possibile attraverso la
registrazione “a campione”.
Si tratta, infine, di una conclusione in linea con la
migliore ricostruzione dell’istituto dal punto di vista
del diritto urbanistico, che ritiene la convenzione una
condizione
di
efficacia
e
dunque
in
linea
con
un’interpretazione della norma agevolativa tributaria
che considera possibile il verificarsi della condizione
medesima anche successivamente alla stipula dell’atto,
come prova il riferimento normativo all’ “attuatore”.
Sussistono, pertanto, i presupposti per considerare
ammissibile l’applicazione della disciplina prevista
dall’art. 33 della legge n. 388/2000 anche al caso in
cui vi sia atto di trasferimento antecedente la stipula
della convenzione, con conseguente applicazione al caso
dell’agevolazione tributaria prevista dalla norma.
Conclusione questa che non appare molto condivisa
dall'amministrazione tributaria per cui appare saggia
regola di comportamento quella di far stipulare la
convenzione dal precedente proprietario dell'immobile
e solo in un secondo momento stipulare la compravendita.
Per quanto attiene all'imposta ipotecaria è stato
modificato proprio l'art. 1-bis della tariffa annessa
al d. lgs. n. 347/1990 (testo unico delle imposte
ipotecaria e catastale): con riferimento all'imposta
ipotecaria,
viene
prevista
l'applicazione
dell'aliquota del 3 per cento agli atti "che importano
il trasferimento di proprietà, la costituzione o il
trasferimento di diritti immobiliari attinenti ad
immobili
compresi
in
piani
urbanistici
particolareggiati diretti all'attuazione dei programmi
di edilizia residenziale comunque denominati".
Relativamente all'imposta ipotecaria, quindi, non può
parlarsi
di
agevolazione,
ma
anzi
di
trattamento
deteriore rispetto a quello ordinario (che consiste
nell'applicazione dell'aliquota del 2 per cento).
Può inoltre evidenziarsi quanto segue:
- l'applicazione dell'aliquota del 3 per cento non
appare necessariamente collegata
all'applicazione del trattamento agevolato ai fini
dell'imposta di registro e/o dell'imposta catastale;
- la disposizione in oggetto non richiede, a differenza
delle disposizioni riguardanti l'imposta di registro e
l'imposta catastale, che l'intervento edilizio sia
ultimato entro cinque anni (ciò che si comprende
agevolmente
non
essendo
qui
in
presenza
di
un
trattamento agevolato);
- la disposizione in oggetto menziona espressamente,
accanto
al
trasferimento
della
proprietà,
la
costituzione e il trasferimento di diritti immobiliari;
sembra
peraltro
coordinamento,
trattarsi
non
di
un
mero
sussistendo
difetto
di
dubbi
sull'applicabilità del trattamento agevolato anche per
tali fattispecie riguardo alle imposte di registro e
catastale.
- ALTRE AGEVOLAZIONI:
Rimangono, infine, ferme le agevolazioni riguardanti i
piani attuativi di edilizia residenziale pubblica, per
cui l'art. 32 del d.p.r. n. 601/1973 prevede l'imposta
di registro in misura fissa e l'esenzione da imposte
ipotecarie
e
catastali;
o
i
piani
di
recupero,
nell'ambito dei quali, in presenza di convenzione,
l'art. 5 della legge 22 aprile 1982 n. 168 prevede
l'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e
catastale in misura fissa ai trasferimenti di immobili
nei confronti dei soggetti che attuano il recupero, e
delle permute.
Prendiamo ancora in considerazione alcune fattispecie
agevolative
non
contemplate
direttamente
nel
TU
sull'imposta di registro e precisamente quelle relative
all'acquisto di terreni agricoli da parte di soggetti
diciamo genericamente "coltivatori".
E’ scaduto il 31 dicembre 2009 il termine per usufruire
delle agevolazioni tributarie per la formazione e
l’arrotondamento
della
proprietà
contadina,
quali
originariamente previste dalla legge 6 agosto 1954, n.
604 (applicabili anche agli acquisti dell’imprenditore
agricolo
professionale,
iscritto
nell’apposita
gestione previdenziale). Termine che era stato da
ultimo prorogato dall’art. 2, comma 8, della legge 22
dicembre 2008, n. 203.
L'agevolazione
è
stata
reintrodotta,
con
nuova
disciplina, dall'art. 2, comma 4-bis, del D.L. 30
dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009),
inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2010,
n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), in vigore
dal 28 febbraio 2010.
L’art. 1, comma 41, della legge 13 dicembre 2010, n. 220
(in G.U. 21 dicembre 2010, n. 297), in vigore dal 1°
gennaio 2011, ha infine modificato la previsione –
contenuta nell’art. 2, comma 4-bis, primo periodo, del
d.l.
30
dicembre
2009,
n.
194,
convertito
con
modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 – che
limitava fino al 31 dicembre 2010 l’applicazione delle
agevolazioni
contadina.
fiscali
Queste
per
la
agevolazioni
piccola
sono
proprietà
quindi
ora
applicabili “a regime”.
Ai sensi della nuova disposizione, sopra citata, "Al
fine di assicurare le agevolazioni per la piccola
proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente
decreto e fino al 31 dicembre 2010, gli atti di
trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative
pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti
urbanistici vigenti, posti in essere a favore di
coltivatori
professionali,
diretti
ed
iscritti
imprenditori
nella
relativa
agricoli
gestione
previdenziale ed assistenziale, nonchè le operazioni
fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per
il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti
alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura
fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per
cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati
sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono
dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque
anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente
i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli
direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui
all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo
18 maggio 2001, n. 228, nonchè all'articolo 2 del
decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive
modificazioni".
L'amministrazione finanziaria (Ris. Agenzia Entrate 17
maggio 2010, n. 36/E) ha chiarito trattarsi di una nuova
agevolazione, rispetto a quella già disciplinata dalla
legge n. 604/1954 (che non è infatti richiamata dalla
norma
in
commento),
con
autonomi
presupposti
soggettivi, oggettivi e di decadenza. Infatti:
a) - sotto il profilo soggettivo, assume ora "primaria
rilevanza
l’iscrizione
nella
relativa
gestione
previdenziale ed assistenziale tenuta presso l’INPS del
beneficiario
dell’agevolazione"
(sia
coltivatore
diretto che imprenditore agricolo professionale); a
differenza
del
regime
previgente,
in
cui
l’individuazione dei soggetti che potevano fruire delle
disposizioni in materia di piccola proprietà contadina
veniva, invece, effettuata dalla precedente disciplina
(articolo
2
della
legge
n.
604
del
1954)
in
considerazione dell’attività manuale di lavorazione
della
terra
resa
dal
beneficiario,
prescindendo,
quindi,
dalla
iscrizione
nella
relativa
gestione
previdenziale;
b) - sotto il profilo oggettivo, "risultano interessati
solo gli atti di trasferimento a titolo oneroso di
terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in
base agli strumenti urbanistici vigenti", mentre la
legge n. 604 del 1954 consentiva la fruizione delle
agevolazioni per una serie di atti posti in essere per
la formazione o per l’arrotondamento della piccola
proprietà contadina (articolo 1 della legge n. 604 del
1954) senza porre attenzione alla onerosità dell’atto
né
alla
circostanza
che
il
terreno
oggetto
del
trasferimento fosse qualificato agricolo in base agli
strumenti urbanistici vigenti;
c) – ai fini della decadenza dalle agevolazioni, esse
consistono ora esclusivamente:
- nell’alienazione volontaria dei terreni entro i
cinque anni dall’acquisto; - nella cessazione della
conduzione e/o della coltivazione diretta del terreno
entro i cinque anni dall’acquisto.
Per effetto del richiamo all’articolo 11, comma 3, del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, operato
dall'art. 2, comma 4-bis, del d.l. n. 194/2009, non
incorre nella decadenza dei benefici il contribuente
che
durante
il
quinquennio
dall’acquisto,
ferma
restando la destinazione agricola, alieni il fondo o lo
conceda in godimento a favore del coniuge, di parenti
entro il 3° grado e di affini entro il 2° grado, che
esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui
all’articolo 2135 del codice civile, nonchè in ogni caso
di alienazione conseguente all’attuazione di politiche
comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire
l’insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a
promuovere il prepensionamento nel settore. Giusta il
richiamo dell'art. 2 del d. lgs. n. 99/2004, sono fatte
salve le disposizioni in materia di società agricole,
alle quali competono quindi le agevolazioni in esame,
alle condizioni ivi previste.
d) – chiarisce ancora la Ris. Agenzia Entrate n. 36/E
del 2010 che "ai fini della fruizione delle agevolazioni
di cui trattasi, non è più richiesta la sussistenza
delle condizioni di cui all’articolo 2, nn. 1), 2) e 3),
previste dalla citata legge n. 604 del 1954 (quali la
qualità dell’acquirente che deve dedicare abitualmente
la propria attività alla lavorazione della terra,
l’idoneità
del
fondo
alla
formazione
e
all’arrotondamento della piccola proprietà contadina,
la mancata alienazione nel biennio precedente di fondi
rustici di oltre un ettaro).
Conseguentemente viene meno anche la funzione della
certificazione prevista dai successivi articoli 3 e 4
della richiamata legge n. 604 del 1954, da parte
dell’ispettorato provinciale agrario competente, che
attesti la sussistenza dei richiamati requisiti e,
pertanto,
ai
fini
del
riconoscimento
del
regime
agevolato in esame, non si rende più necessaria tale
certificazione".
La norma fa riferimento alla natura agricola del
terreno, in base agli strumenti urbanistici vigenti.
Ipotizzando però che dallo strumento adottato emerga
l'edificabilità
del
terreno,
sussistendo
il
presupposto soggettivo l'atto sarà soggetto ad imposta
sul valore aggiunto, secondo le regole ordinarie.
Sono
in
vigore
l’agricoltura;
agevolazioni
anche
tra
le
previste
le
altre
altre,
per
in
agevolazioni
particolare,
l’imprenditore
per
le
agricolo
professionale (cfr. l’art. 1 della tariffa allegata al
d.p.r. n. 131/1986), quelle per il compendio unico (art.
7 del d. lgs. n. 99/2004), e quelle per i territori
montani, riguardanti “i trasferimenti di proprietà a
qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di
arrotondamento
o
di
diretto-coltivatrici,
accorpamento
singole
o
di
proprietà
associate,
sono
soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella
misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali”
(art. 9, comma 2, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601).
Da evidenziare che le agevolazioni per l'imposta di
bollo (art. 21 della tabella, allegato "B", al d.p.r.
n. 642/1972) e per i territori montani (art. 9 del d.p.r.
n. 601/1973) sono riferite agli atti stipulati da
"imprese agricole diretto-coltivatrici", ovvero "a
scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà
diretto-coltivatrici, singole o associate": ai fini di
queste ultime agevolazioni, non è quindi richiesta
l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale ed
assistenziale tenuta presso l’INPS.
PERMUTA
Altra fattispecie che ricorre frequentemente nella
contrattazione immobiliare è quella della permuta, cioè
del negozio con cui entrambe la prestazione di entrambe
le parti consiste in un trasferimento immobiliare.
Ai fini della individuazione del corretto trattamento
fiscale da accordare a questa tipologia negoziale
bisogna operare una distinzione tra:
- permute in cui entrambi i trasferimenti sono soggetti
ad IVA;
- permute in cui un trasferimento e soggetto ad IVA e
l'altro e soggetto ad imposta di registro;
-
permute
in
cui
entrambi
i
trasferimenti
sono
sottoposti all'imposta di registro.
Permuta in cui entrambi i trasferimenti sono soggetti
ad IVA
Questa ipotesi e disciplinata dall'art. 11, comma 1, del
D.P.R. n. 633/1972.
Secondo
questa
norma
le
cessioni
di
beni
e
le
prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di
altre cessioni di beni o prestazioni di servizi sono da
reputarsi due distinte operazioni, indipendenti l'una
dall'altra, da assoggettare entrambe ad IVA, che sara
determinata sul valore normale dei beni oggetto dei
trasferimenti.
In detta ipotesi, l'atto di permuta sconterà l'imposta
di registro in misura fissa.
Si noti come essendo il negozio unico dal punto di vista
giuridico dovrebbe ritenersi applicabile una sola
imposta fissa di registro (oltre alle ipotecarie e
catastali);
nella
realtà
l'imposizione
viene
duplicata.
Le
imposte
ipotecaria
e
la
doppia
catastale
generalmente sono dovute in misura fissa; vi sono,
tuttavia, dei casi (come ad esempio per gli immobili
strumentali imponibili ai fini IVA) in cui sono dovute
in misura proporzionale.
Permuta in cui un trasferimento è soggetto ad IVA e
l’altro è soggetto ad imposta di registro
Per questa tipologia di permuta, l'art. 43, primo comma,
lett. b), rimanda all'art. 40, comma 2, il quale prevede
che per le operazioni permutative l'imposta si applica
sulla cessione o prestazione non soggetta ad IVA.
L'atto di permuta, pertanto, sconterà, sulla cessione
o prestazione non soggetta ad IVA, le imposte di
registro,
ipotecaria
e
catastale
in
misura
proporzionale e, sulla cessione o prestazione soggetta
ad IVA, l'imposta catastale normalmente in misura
fissa, tranne i casi (come ad esempio per gli immobili
strumentali imponibili ai fini IVA) in cui e dovuta in
misura proporzionale. Anche in tale caso tuttavia nella
prassi viene presa un'intera serie di imposte fisse per
la prestazione soggetta ad IVA.
Permuta in cui entrambi i trasferimenti sono soggetti
all’imposta di registro
Per questa fattispecie l'art. 43, comma 1, lettera b),
prevede che la base imponibile e costituita dal valore
del bene che da luogo all'applicazione della maggiore
imposta di registro. Ripeto: maggiore imposta, non
maggiore
aliquota,
per
cui
occorre
ogni
volta
verificare in concreto quale dei due trasferimenti va
preso in considerazione.
Con riferimento a questa fattispecie, l'Agenzia delle
Entrate, con la Risoluzione n. 320/E del 09/11/2007, ha
precisato che ai negozi permutativi, in presenza dei
requisiti
di
legge,
si
può
applicare,
per
la
determinazione della base imponibile, il criterio del
prezzo-valore di cui all'art. 1, comma 497, della Legge
n. 266/2005 e successive modifiche e integrazioni. A tal
fine,
le
parti
devono
necessariamente
indicare
nell'atto l'eventuale conguaglio pattuito nonchè il
valore attribuito a ciascuno dei beni permutati.
Per
questa
tipologia
di
permuta,
pertanto,
la
tassazione si può così schematizzare:
Registro Ipo-Catastali
3% se prima casa
7% se non prima casa
8% se terreno edificabile o non agricolo
15% se terreno agricolo
SU BENE CHE DA LUOGO A MAGGIORE IMPOSTA
Ipotecaria 2% (168 se prima casa)
SU BENE CHE DA LUOGO A MAGGIORE IMPOSTA
Catastale 1% (168 se prima casa)
SU TUTTI I BENI PERMUTATI
Altro negozio che occorre prendere in considerazione
affrontando l'argomento dei trasferimenti immobiliari
è sicuramente la divisione. IN realtà non si tratta di
un vero e proprio trasferimento, ma del negozio con cui
si procede allo scioglimento di una comunione in cui due
o più persone si trovano relativamente ad un diritto
reale
(nel
nostro
caso
immobiliare)
mediante
l'attribuzione a ciascuno di essi della titolarità
esclusiva di un bene (anche se esiste pure la figura
dello stralcio divisionale con cui ci si limita ad
estromettere solo una parte dei soggetti dal regime di
comunione.
Secondo la Corte di Cassazione, sez. Civile, (sentenza
25/10/2005, n. 20645) il negozio con cu le parti
dividono tra esse i beni in comproprietà, sciogliendosi
dalla comunione, ha natura dichiarativa, dal momento
che con esso i condividenti si limitano a trasformare
l'oggetto del diritto di ciascuno, da diritto sulla
quota ideale a diritto su un bene determinato, senza che
intervenga, tra loro, alcun atto di cessione o di
alienazione.
Anche il legislatore tributario considera la divisione
come atto avente natura dichiarativa sottoponendo
questo negozio giuridico all'aliquota del 1%
(art. 3
della Tariffa, parte Prima, acclusa al TUR). Tuttavia,
come si vedrà nel prosieguo, se la divisione da luogo
a conguagli, sull'importo di questi ultimi si applica
l'imposta proporzionale prevista per i trasferimenti.
Occorre tuttavia fare attenzione perchè non sempre
quello che è divisione dal punto di vista civilistico
e del comune sentire, è divisione anche agli effetti
fiscali.
L'art. 34 del TUR, comma 1, secondo periodo, detta i
criteri
per
determinare
la
c.d.
massa
comune
distinguendo tra comunione derivante da successione
mortis causa e comunione derivante da titolo diverso
dalla successione per causa di morte.
Nello specifico, nel caso di:
- Comunione ereditaria, la massa comune e costituita dal
valore, riferito alla data della divisione, dell'asse
ereditario
determinato
a
norma
dell'imposta
di
successione. Secondo l'art. 8, comma 1, del D.Lgs. n.
31/10/1990, n. 346 Il valore globale netto dell'asse
ereditario è costituito dalla differenza tra il valore
complessivo,
alla
data
dell'apertura
della
successione, dei beni e dei diritti che compongono
l'attivo
ereditario,
determinato
secondo
le
disposizioni degli artt. da 14 a 19, e l'ammontare
complessivo delle passività deducibili e degli oneri
diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3;
- Comunione ordinaria, la massa comune è rappresentata
dai beni risultanti da precedente atto che abbia
scontato l'imposta propria dei trasferimenti.
Nel caso poi di stralcio divisionale la base imponibile
sarà rappresentata dai soli beni attribuiti al soggetto
che fuoriesce dalla comunione.
Fissati i parametri in virtù dei quali si determina la
massa comune, si può ora passare all'analisi della
tassazione prevista per le divisioni, distinguendo tra
divisioni che non danno luogo a conguagli e divisioni
con conguagli.
Divisione senza conguaglio
Si ha divisione senza conguaglio quando nell'atto
vengono assegnati ai condividenti beni per un valore
complessivo non eccedente quello agli stessi spettante
sulla massa comune. In questo caso l'atto rientra tra
gli “Atti di natura dichiarativa …” previsti dall'art.
3 della Tariffa parte Prima e la tassazione e la
seguente:
TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA
Imposta di registro 1%
Imposta
ipotecaria
Percetta
dall'Agenzia
del
Territorio
Imposta catastale Euro 168,00
Imposta di bollo Euro 230,00
Divisione con conguaglio
Si ha divisione con conguaglio quando ad un condividente
vengono
assegnati
beni
per
un
valore
complessivo
superiore a quello a lui spettante sulla massa comune.
In questo caso il condividente e tenuto a versare agli
altri condividenti, che hanno subito una diminuzione
della propria quota di diritto, un conguaglio che e
assoggettato all'imposta proporzionale prevista per i
trasferimenti. Stabilisce, infatti, l'art. 34, comma 1,
primo periodo del TUR, che la divisione, con la quale
ad un condividente sono assegnati beni per un valore
complessivo eccedente quello a lui spettante sulla
massa comune, è considerata vendita per la parte
eccedente.
Vi
e
da
rilevare
all'imposta
che
il
proporzionale
conguaglio
dovuta
traslativi
indipendentemente
versamento.
La
presunzione,
dal
e
per
suo
infatti,
soggetto
gli
atti
concreto
posta
dal
legislatore tributario e da considerarsi assoluta: la
divergenza quantitativa tra quota di fatto e quota di
diritto induce a ritenere che il conguaglio sia stato
corrisposto
e
deve
essere
tassato
con
l'imposta
proporzionale statuita per i trasferimenti.
Ai sensi dell'art. 34, comma 2, del TUR i conguagli
superiori al cinque per cento del valore o della quota
di diritto, ancorchè attuati mediante accollo di debiti
della comunione, sono tassati con l'aliquota propria
dei trasferimenti mobiliari fino a concorrenza del
valore complessivo dei beni mobili e dei crediti
compresi nella quota e con l'aliquota stabilita per i
trasferimenti immobiliari per l'eccedenza.
In dottrina sembra prevalere l'orientamento per cui
non tutto il conguaglio, ma solo la parte eccedente
appunto il 5% si da assoggettare alla tassazione propria
dei trasferimenti immobiliari. Nella prassi tuttavia,
almeno locale, avviene il contrario per cui, una volta
sforato il tetto del 5%, l'intera differenza soggiace
alla maggiore imposta.
L'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 136/E del
14/06/2007, ha precisato che se, nell'atto di divisione
con conguaglio, ad uno dei condividenti sono assegnati
beni immobili ad uso abitativo, per la determinazione
della base imponibile si può applicare il criterio del
prezzo-valore (introdotto dall'art. 1, comma 497, della
legge 23/12/2005, n. 266).
La peculiarità della fattispecie sta nella necessita di
riferire il predetto criterio di determinazione della
base imponibile esclusivamente alla quota parte del
complessivo valore dell'immobile la cui assegnazione da
causa al pagamento del conguaglio. A tal fine si rende
preliminarmente necessario:
- determinare la parte del conguaglio monetario pagato
in corrispettivo del valore dell'immobile abitativo
(occorre, quindi, riferire il conguaglio al valore
complessivo netto della massa comune, comprensivo del
valore
attribuito
ai
beni
diversi
da
immobili
abitativi);
-
calcolare
il
rapporto
tra
la
quota
parte
del
conguaglio come sopra
determinato e il valore complessivo dell'immobile
abitativo;
- applicare il rapporto di cui al precedente punto al
valore catastale
dell'immobile
ai
fini
della
determinazione
del
prezzo-valore da trattare ai sensi dell'art. 1, comma
497, della legge n. 266/2005.
Il 3 comma dell'art. 34 TUR sancisce che quando risulta
che il valore dei beni assegnati ad uno dei condividenti
determinato a norma dell'art. 52 è superiore a quello
dichiarato, la differenza si considera conguaglio.
Le c.d. masse plurime
Il 4 comma dell'art. 34 TUR, infine, disciplina il
fenomeno delle c.d. masse plurime, che ricorre quando
gli stessi soggetti risultano comproprietari di più
beni derivanti da titoli originari diversi (ad esempio,
Tizio, Caio e Sempronio sono comproprietari di tre
fabbricati acquistati, in comunione pro indiviso e per
quote uguali, con tre negozi giuridici diversi). In
questo
caso,
ogni
titolo
di
acquisto
genera
una
comunione e, perciò, ogni bene e oggetto di autonoma
comunione. Qualora si proceda alla divisione di questi
beni, non si avrà un unico negozio giuridico ma tanti
quanti
sono
i
titoli
originari.
Nella
divisione
simultanea della comunione plurima, le assegnazioni ai
condividenti
non
possono
essere
considerate
dichiarative qualora non corrispondano esattamente
alle quote spettanti a ciascun condividente sulla
singola massa comune.
Non costituiscono autonomo titolo gli acquisti di quote
ideali degli stessi beni della massa divisionale.
Ne consegue che, qualora i condividenti si assegnino
beni
appartenenti
a
masse
diverse,
l'atto
sarà
assoggettato all'imposta proporzionale prevista per i
trasferimenti perchè una tale operazione configura un
trasferimento di quote. Se, pero, l'ultimo acquisto è
avvenuto per successione mortis causa (nell'esempio
fatto, Tizio, Caio e Sempronio ereditano, in comunione
pro indiviso e per quote uguali, l'ultimo fabbricato),
le comunioni tra i medesimi comproprietari, derivanti
da titoli diversi, saranno considerate come una sola
comunione. Stabilisce, infatti, il citato comma 4
dell'art. 34 che Agli effetti del presente articolo, le
comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine
in più titoli, sono considerate come una sola comunione
se l’ultimo acquisto di quote deriva da successione a
causa di morte.
LEASING
Fattispecie negoziale connessa o se vogliamo nella
normalità dei casi prodromica ad un trasferimento
immobiliare è anche quella della locazione finanziaria
o leasing di immobili.
SI tratta del contratto con cui un soggetto, normalmente
un imprenditore, si procura la disponibilità di un bene
strumentale
alla
sua
attività
(bene
che
viene
acquistato su sua specifica indicazione da società
specializzate
in
queste
costituite/collegate
bancari)
verso
il
operazioni
da/a
istituti
pagamento
di
un
e
per
lo
finanziari
canone
e
più
e
con
possibilità, al termine della locazione di acquistare
la proprietà del bene dietro pagamento di un prezzo
finale previamente concordato.
Si tratta quindi di uno strumento di finanziamento in
quanto consente di fatto di acquistare un bene senza
dover disporre interamente del capitale occorrente per
l'acquisto.
Oltretutto,
mentre
l'acquisto
costituirebbe un investimento in beni strumentali e
quindi cadrebbe nel regime degli ammortamenti, il
canone costituisce un costo con conseguente immediata
deducibilità.
In
realtà
l'operazione,
sicuramente
conveniente per i beni mobili strumentali soggetti a
rapida obsolescenza, non presenta analoghi vantaggi in
tema
immobiliare
in
cui
al
contrario
l'immobile
costituisce un investimento di lunga durata e destinato
anche a rivalutarsi nel tempo, ma comunque viene
utilizzata
come
equivalente/sostituto
di
un
finanziamento tramite mutuo.
Ma non è questa la sede per discutere sui vantaggi
fiscali
del
leasing,
nè
ho
io
la
qualifica
per
dissertare sull'argomento. A noi interessa il leasing
immobiliare
in
quanto
atto
che
normalmente
porta
all'acquisto di un immobile.
L'operazione di compone di fatto di tre negozi distinti:
A) Il vero e proprio contratto di leasing, con cui
l'istituto finanziario e l'utilizzatore si accordano
sulle
modalità
del
finanziamento
(importo,
rata,
durata, oggetto del finanziamento;
B) il contratto di acquisto dell'immobile da parte
dell'istituto
finanziario
e
di
presa
in
consegna
all'utilizzatore;
C1)
il
contratto
l'utilizzatore
eventuale
riscatta
la
finale
con
cui
piena
proprietà
dell'immobile;
C2) il contratto con il quale l'istituto finanziario,
terminato per qualsiasi ragione il rapporto di leasing
senza il riscatto, cede l'immobile acquistato ad un
terzo soggetto.
Dal
punto
di
vista
teorico
nulla
vieta
che
la
fattispecie abbia ad oggetto un immobile abitativo: è
chiaro
però
difficilmente
ricorrerà
nella
prassi
operativa in quanto l'operazione non presenterebbe
alcun vantaggio fiscale per l'utilizzatore e di fatto
sarebbe quindi più onerosa rispetto ad un semplice
mutuo.
Occupiamoci quindi del solo leasing avente ad oggetto
un fabbricato strumentale e segnatamente dei due atti
della complessa fattispecie rilevanti sul piano dei
trasferimenti immobiliari, fattispecie che ha subito
negli ultimi anni diverse modifiche.
La legge 13 dicembre 2010, n. 220, recante “disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato” (legge di stabilità 2011), all’articolo 1,
commi 15 e 16, ha introdotto alcune modifiche alla
disciplina
applicabile,
ai
fini
delle
imposte
indirette, ai contratti di locazione finanziaria di
immobili ed ai connessi atti di acquisto e cessione
degli immobili abitativi e strumentali oggetto del
contratto.
Le
modifiche
normative
introdotte
sono
volte
a
garantire una sostanziale
equivalenza tributaria tra l’acquisto diretto del bene
immobile e quello realizzato tramite la conclusione di
contratti di leasing finanziario.
Il comma 15 dell’articolo 1 in commento chiarisce,
infatti, che le nuove
disposizioni sono introdotte al fine “di disciplinare
il trattamento tributario del contratto di locazione
finanziaria applicato al settore immobiliare e di
garantirne la coerenza con le disposizioni relative
alle
imposte
di
registro,
ipotecaria
e
catastale
applicate per i trasferimenti operati con strumenti
contrattuali diversi dallo stesso”.
In particolare, per effetto delle modifiche apportate
all’articolo 1 della Tariffa, Parte II, allegata al
Testo unico delle disposizioni concernenti l’Imposta di
Registro, approvato con DPR 26 aprile 1986, n. 131 (di
seguito TUR), viene meno l’obbligo di registrazione in
termine fisso dei contratti di locazione finanziaria
immobiliare (non formati per atto pubblico o per
scrittura privata autenticata).
Per tali contratti, l’obbligo di registrazione sorge
solo al verificarsi del caso d’uso.
Tramite le modifiche apportate all’articolo 35, comma
10-ter del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 risulta,
inoltre,
modificato
il
regime
applicabile
ai
trasferimenti di immobili strumentali oggetto del
contratto di locazione finanziaria.
Le modifiche introdotte sono volte a concentrare il
prelievo fiscale dovuto per i trasferimenti di immobili
nella fase relativa all’acquisto del bene da parte della
società di leasing.
A
tal
proposito,
è
opportuno
ricordare
che,
anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 220
del
2010,
le
imposte
ipotecaria
e
catastale
da
corrispondere per l’acquisto ed il riscatto dei beni da
concedere o concessi in locazione finanziaria dovevano
essere versate, con aliquote ridotte alla metà, in
ciascuna
delle
due
distinte
fasi
giuridiche
che
caratterizzano l’operazione di leasing immobiliare (il
primo acquisto effettuato dalla società di leasing che
si procurava il bene strumentale presso terzi, ed il
secondo acquisto effettuato dall’utilizzatore in sede
di riscatto del bene in leasing ).
L’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge 4 luglio
2006, n. 223, nel testo vigente fino al 31 dicembre 2010,
stabiliva, infatti che per le volture catastali e le
trascrizioni relative a cessioni di beni immobili
strumentali di cui siano parte fondi immobiliari chiusi
ovvero imprese di locazione finanziaria, limitatamente
all’acquisto ed al riscatto dei beni da concedere o
concessi in locazione finanziaria, le aliquote delle
imposte ipotecaria e catastale fossero ridotte alla
metà.
A seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni
dettate dall’articolo 1, comma 15, della legge di
stabilità, il descritto regime di riduzione alla metà
delle aliquote delle imposte ipocatastali trova ancora
applicazione solo con riferimento alle cessioni di
immobili
strumentali
immobiliari chiusi.
di
cui
siano
parte
fondi
A decorrere dal 1° gennaio 2011, infatti, l’acquisto
dell’immobile strumentale da parte della società di
leasing è soggetto alle imposte ipotecaria e catastale
nella misura ordinaria rispettivamente del 3 per cento
e dell’1 per cento se la cessione rientra nel campo di
applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto.
Proprio in considerazione della natura unitaria della
operazione di leasing, viene, inoltre, previsto, in
maniera
correlata,
dall’esercizio
che
per
le
cessioni
derivanti
dell’opzione
di
acquisto
da
parte
dell’utilizzatore le imposte di registro, ipotecaria e
catastale sono dovute in misura fissa.
Le imposte sono applicate in misura fissa sia con
riferimento ai trasferimenti di immobili strumentali e
abitativi intervenuti a seguito dell’esercizio del
riscatto da parte dell’utilizzatore sia con riferimento
alle cessioni di immobili rivenienti da contratti di
locazione finanziaria risolti in
seguito all’inadempimento dell’utilizzatore.
Inoltre, posto che il regime applicabile ai nuovi
contratti di locazione finanziaria immobiliare non
prevede più né la registrazione in termine fisso del
contratto di locazione finanziaria (non formato per
atto pubblico o per scrittura privata autenticata) né,
nella
fase
del
riscatto
dell’immobile,
la
corresponsione delle imposte ipocatastali in misura
proporzionale,
viene,
coerentemente,
disposta
l’abrogazione del comma 10-sexies dell’articolo 35 del
DL n. 223 del 2006.
Tale disposizione, in vigore fino al 31 dicembre 2010,
stabiliva che le somme corrisposte a titolo di imposta
proporzionale di registro sui canoni di locazione
finanziaria su immobili strumentali potessero essere
scomputate dall’importo dovuto, in sede di riscatto del
bene, a titolo di imposte ipotecaria e catastale.
Al fine di contemperare il vantaggio fiscale derivante
dalla tassazione in
misura fissa del trasferimento dell’immobile in sede di
riscatto, viene istituita un’imposta sostitutiva delle
imposte ipotecaria e catastale, che, a mente del comma
16 dell’articolo 1 della legge n. 220 del 2010, le parti
di
tutti
i
contratti
di
locazione
finanziaria
immobiliare in corso di esecuzione alla data del 1°
gennaio 2011 devono versare in unica soluzione entro il
31 marzo 2011. Le modalità da seguire per il versamento
dell’imposta
sostitutiva
sono
state
definite
con
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
del 14 gennaio 2011.
Vediamo più nel dettaglio le novità della più recente
disciplina normativa.
1 MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELL’IMPOSTA DI REGISTRO,
IPOTECARIA E CATASTALE
1.1. Acquisto dell’immobile concesso in locazione
finanziaria: soggetti obbligati al pagamento della
imposte di registro, ipotecaria e catastale
L’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge di
stabilità prevede una modifica dell’articolo 57 del
TUR, consistente nell’ inserimento, dopo il comma
1-bis, del comma 1-ter.
Tale
nuovo
comma
stabilisce
che
“L'utilizzatore
dell'immobile concesso
in locazione finanziaria è solidalmente obbligato al
pagamento
del
tributo
per
l'immobile,
anche
da
costruire o in corso di costruzione, acquisito dal
locatore per la conclusione del contratto”.
In maniera coordinata, è stato inoltre modificato
l'articolo
11
del
testo
unico
delle
disposizioni
concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui
al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, che
individua i soggetti tenuti al pagamento delle imposte
ipotecaria e catastale, inserendo al termine del comma
2,
le
seguenti
parole:
“,
nonchè
l'utilizzatore
dell'immobile concesso in locazione finanziaria”.
Per effetto delle riportate modifiche, risultano,
quindi,
obbligati
al
pagamento
delle
imposte
di
registro, ipotecaria e catastale dovute per l’acquisto
da
parte
della
società
di
leasing
dell’immobile
concesso in locazione finanziaria, oltre ai pubblici
ufficiali che hanno redatto l’atto, le parti contraenti
e l’utilizzatore dell’immobile.
Sarà cura del pubblico ufficiale individuare nell’atto
di compravendita dell’immobile concesso in locazione il
soggetto utilizzatore dell’immobile.
Tenuto conto del fatto che la norma in esame elenca anche
gli immobili da costruire o in costruzione, deve
ritenersi che l’estensione della solidarietà di imposta
all’utilizzatore trovi applicazione oltre che per gli
acquisti di immobili concessi in locazione finanziaria
anche con riferimento ai trasferimenti immobiliari
posti in essere nell’ambito di operazioni di leasing in
costruzione (ad esempio l’acquisto del terreno sul
quale costruire l’immobile da concedere in leasing ).
1.2.
Modifiche
alla
disciplina
dei
contratti
di
locazione finanziaria
La nota all’articolo 1 della Tariffa, parte II, allegata
al TUR, come modificata dall’articolo 1, comma 15, della
legge di stabilità, prevede che : “I contratti relativi
alle operazioni e ai servizi bancari e finanziari e al
credito al consumo, ivi compresi quelli di locazione
finanziaria immobiliare, per i quali il titolo VI del
decreto
legislativo
1°
settembre
1993,
n.
385,
prescrive a pena di nullità la forma scritta, sono
assoggettati a registrazione solo in caso d'uso”.
Con la modifica apportata alla nota all’art. 1 della
Tariffa,
parte
riqualificare
i
II,
il
contratti
legislatore
ha
di
immobiliare
leasing
inteso
riconducendoli nuovamente, ai fini dell’imposta di
registro, nella disciplina applicabile per i contratti
aventi natura finanziaria di cui al titolo VI del D.LGS.
n. 385 del 1993.
Si ricorda, infatti, che il regime di tassazione
previsto, ai fini delle imposte indirette, per i
contratti di locazione era stato esteso ai contratti di
locazione finanziaria con il decreto-legge n. 223 del
2006.
Per effetto delle modifiche introdotte con la legge di
stabilità, i contratti di locazione finanziaria sono
nuovamente ricondotti nell’ambito della disciplina
prevista per i contratti di natura finanziaria e,
pertanto, se il contratto è formato per scrittura
privata non autenticata deve essere assoggettato a
registrazione solo in caso d’uso.
Diversamente, i contratti formati per atto pubblico o
per scrittura privata
autenticata devono essere assoggettati a tassazione in
termine fisso secondo le regole ordinarie.
Per quanto concerne la misura dell’imposta applicabile,
si precisa che, per effetto delle modifiche introdotte,
in relazione ai contratti di locazione finanziaria
torna
ad
operare
il
regime
di
alternatività
IVA-Registro di cui agli articoli 5, comma 2 e 40, primo
periodo, del TUR.
Pertanto, se il contratto di locazione finanziaria è
formato per scrittura privata non autenticata, trova
applicazione il disposto di cui all’articolo 5, comma
2, secondo cui “Le scritture private non autenticate
sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le
disposizioni in esse contemplate sono relative ad
operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”.
Al verificarsi del caso d’uso, l’imposta deve essere,
quindi, corrisposta in misura fissa ai sensi del
disposto di cui all’articolo 1, lettera b) della
Tariffa, parte seconda.
Nel caso di contratto formato per atto pubblico o per
scrittura
privata
autenticata,
ovvero
in
caso
di
registrazione volontaria del contratto di locazione
finanziaria, torna invece applicabile il primo periodo
del comma 1 dell’art. 40 del TUR che dispone: “Per gli
atti relativi a cessione di beni e prestazioni di
servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto,
l’imposta si applica in misura fissa”.
In sostanza, a seguito delle modifiche apportate alla
citata nota all’articolo 1 della Tariffa, parte II, le
locazioni
finanziarie
immobiliari
hanno
trovato
nell’ambito del TUR autonoma considerazione. Pertanto,
le deroghe al principio di alternatività Iva-Registro
ovvero le regole di tassazione previste dall’articolo
5 della Tariffa, parte I, allegata al TUR, trovano
applicazione solo con riferimento ai contratti di
locazione ordinaria.
Contratti di locazione in corso al 1° gennaio 2011
Come
chiarito
dal
provvedimento
del
Direttore
dell’Agenzia delle Entrate del 14 gennaio 2011, per i
contratti di locazione finanziaria in corso al 1°
gennaio 2011 non risulta più dovuta l’imposta di
registro in misura proporzionale.
Si precisa, al riguardo, che l’imposta di registro non
deve essere versata con riferimento a quelle annualità
in relazione alle quali i termini per il pagamento siano
ancora in corso al 1° gennaio 2011.
Qualora, nelle more della emanazione della presente
circolare, i contribuenti abbiano già provveduto al
pagamento
dell’imposta,
l’ammontare
versato
potrà
essere dedotto in sede di determinazione dell’imposta
sostitutiva.
Diversamente, se il termine per il pagamento è già
decorso al 1° gennaio 2011, i contribuenti che non vi
abbiano provveduto sono comunque tenuti ad effettuare
il pagamento dell’imposta, oltre alle sanzioni e agli
interessi.
In
ogni
caso,
l’importo
relativo
all’imposta
di
registro versata potrà essere scomputato in sede di
determinazione dell’imposta sostitutiva, come si avrà
modo di chiarire nei paragrafi che seguono.
Modifiche
alle
imposte
catastale
dovute
per
di
registro,
l’acquisto
ed
ipotecaria
il
e
riscatto
dell’immobile
L’articolo 1, comma 15, della legge di stabilità dispone
alla lettera c) alcune modifiche all’articolo 35 del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223.
In particolare, viene modificata la formulazione del
comma 10-ter dell’articolo 35 del decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223, il quale, nel testo vigente fino
al 31 dicembre 2010, stabiliva che, per le volture
catastali e le trascrizioni relative a cessioni di beni
immobili
strumentali
immobiliari
chiusi
di
ovvero
cui
siano
imprese
parte
di
fondi
locazione
finanziaria, limitatamente all’acquisto ed al riscatto
dei
beni
da
concedere
o
concessi
in
locazione
finanziaria, le aliquote delle imposte ipotecaria e
catastale fossero ridotte alla metà.
Il richiamato articolo 1, comma 15, lettera c), della
legge di stabilità ha modificato tale previsione al fine
di escluderne l’operatività per i trasferimenti di cui
siano parte imprese di locazione finanziaria.
Il comma 10-ter dell’articolo 35, come riformulato a
seguito della entrata in vigore della legge di stabilità
stabilisce, infatti, che “Per le volture catastali e le
trascrizioni relative alle cessioni di beni immobili
strumentali di cui all'articolo 10, primo comma, numero
8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all'imposta
sul
valore
aggiunto,
di
cui
siano
parte
fondi
immobiliari chiusi disciplinati dall'articolo 37 del
testo
unico
delle
intermediazione
disposizioni
finanziaria,
di
in
cui
materia
al
di
decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive
modificazioni, e dall'articolo 14-bis della legge 25
gennaio 1994, n. 86, e successive modificazioni, le
aliquote delle imposte ipotecaria e catastale, come
modificate dal comma 10-bis del presente articolo, sono
ridotte della metà”.
Sulla base della vigente formulazione, la riduzione
alla metà delle aliquote delle imposte ipocatastali
(imposta catastale 0,50% e imposta ipotecaria 1,50%),
trova applicazione solo con riferimento alle cessioni
di beni immobili strumentali individuati dall’art. 10,
primo comma, numero 8-ter) del DPR n. 633 del 1972, di
cui siano parte fondi immobiliari chiusi.
Tale disposizione non trova, invece, più applicazione
per i trasferimenti
di immobili strumentali di cui
siano parte società di leasing.
Pertanto, l’acquisto da parte della società di leasing
dell’immobile, sia strumentale che abitativo, concesso
in locazione finanziaria resta soggetto alle aliquote
ordinarie disposte dal testo unico delle disposizioni
concernenti l’imposta ipotecaria e catastale di cui al
D LGS 347/90 che prevedono che:
- per le cessioni di beni immobili strumentali, le
imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura
rispettivamente del 3 per cento e dell’1 per cento se
la
cessione
rientra
nel
campo
di
applicazione
dell’imposta sul valore aggiunto, ovvero del 2 per cento
e dell’1 per cento se la cessione non rientra nel campo
di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto;
- per le cessioni di fabbricati abitativi, le imposte
ipotecaria e catastale sono, invece, dovute nella
misura del 2 per cento e dell’1 per cento, se la cessione
non rientra nel campo di applicazione dell’imposta sul
valore
aggiunto
o
venga
effettuata
in
regime
di
esenzione ai sensi dell’articolo 10, primo comma,
numero
8-bis),
del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Le modifiche hanno interessato anche la fase del
trasferimento
dall’esercizio
dei
del
beni
immobili,
diritto
di
derivante
riscatto
da
parte
dell’utilizzatore e inoltre le cessioni di immobili
rivenienti
da
contratti
di
locazione
finanziaria
risolti per inadempienza dell’utilizzatore.
L’articolo 1, comma 15, della legge di stabilità ha,
infatti aggiunto all’articolo 35 del decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223, dopo il comma 10-ter, il comma
10-ter.1, che stabilisce: “Alle cessioni, effettuate
dalle
banche
e
dagli
intermediari
finanziari
autorizzati di cui all'articolo 106 del testo unico
delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al
decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e
successive modificazioni, nel caso di esercizio, da
parte
dell'utilizzatore,
dell'immobile
concesso
dell'opzione
in
locazione
di
acquisto
finanziaria,
ovvero nel caso di immobile riveniente da contratti di
locazione
finanziaria
risolti
per
inadempienza
dell'utilizzatore, le imposte di registro, ipotecaria
e catastale sono dovute in misura fissa”.
Le modifiche introdotte sono entrate in vigore il 1°
gennaio 2011 e, pertanto, trovano applicazione con
riferimento a tutti gli atti di compravendita conclusi
a partire dal 1° gennaio 2011 aventi ad oggetto:
•
l’acquisto
da
parte
della
società
di
leasing
dell’immobile da concedere in locazione finanziaria;
• l’acquisto da parte dell’utilizzatore dell’immobile
in leasing ovvero la cessione da parte della società di
leasing dell’immobile riveniente dal contratto di
locazione finanziaria (stipulato anche prima del 1°
gennaio
2011)
dell’utilizzatore.
risolto
per
inadempienza
IMPOSTA
SOSTITUTIVA
DELLE
IMPOSTE
IPOTECARIA
E
CATASTALE
Soggetti obbligati al versamento dell’imposta
L’articolo 1, comma 16, della legge n. 220 del 2010 ha
istituito
un’imposta
sostitutiva
delle
imposte
ipotecaria e catastale dovuta per i contratti di
locazione
finanziaria
di
immobili
in
corso
di
esecuzione alla data del 1° gennaio 2011.
Tale disposizione stabilisce, infatti, che, in deroga
all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd.
statuto del contribuente) “ …per tutti i contratti di
locazione
finanziaria
di
immobili
in
corso
di
esecuzione alla data del 1° gennaio 2011 le parti sono
tenute a versare una imposta sostitutiva delle imposte
ipotecaria
e
catastale
da
corrispondere
in
unica
soluzione entro il 31 marzo 2011, le cui modalità di
versamento sono determinate con provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanare entro
il 15 gennaio 2011”.
I soggetti obbligati al versamento dell’imposta sono,
quindi, le parti contraenti del contratto di leasing
(società di leasing ed utilizzatore).
L’assolvimento dell’imposta da parte di una delle due
parti contraenti comporta l’estinzione dell’obbligo
tributario verso l’erario, nel rispetto del vincolo di
solidarietà obbligatoria.
Resta, quindi, riservata all’autonomia delle parti la
individuazione delle modalità di eventuale esercizio
del diritto di regresso per il pagamento del tributo.
In proposito, si pone il problema di determinare, per
l’ipotesi in cui al pagamento provveda la società di
leasing, il trattamento da riservare, ai fini dell’IVA,
all’eventuale riaddebito che la stessa disponga nei
confronti dell’utilizzatore.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 15, comma 1, n.
3, del DPR n. 633 del 1972, stabilisce che “non
concorrono a formare la base imponibile (…) le somme
dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte
in
nome
e
per
conto
della
controparte,
purchè
regolarmente documentate”.
Pertanto, si ritiene che, ove l’imposta sostitutiva
venga assolta dalla società di leasing, sulla base di
uno specifico mandato conferito dall’utilizzatore,
l’importo allo stesso riaddebitato non deve essere
assoggettato ad IVA in quanto costituisce il rimborso
di
una
anticipazione
effettuata
dalla
società
di
leasing in nome e per conto dell’utilizzatore.
Diversamente, qualora il pagamento dell’imposta non
venga effettuato dalla società sulla base di un rapporto
di mandato, la somma riaddebitata deve concorrere a
formare la base imponibile rilevante ai fini dell’IVA
ai sensi dell’articolo 13 del DPR n. 633 del 1972, in
quanto si realizza un’ipotesi di mera traslazione
economica di un onere sopportato dalla società di
leasing.
A maggior ragione il riaddebito operato dalla società
di leasing assumerà rilevanza ai fini dell’IVA laddove
l’onere
collegato
sostitutiva
all’assolvimento
divenga
anch’esso
dell’imposta
oggetto
di
finanziamento, quale onere accessorio rispetto al
contratto di leasing. E’ evidente, infatti, che in tale
ipotesi,
le
somme
richieste
all’utilizzatore
concorrono a formare il canone dovuto in base al
contratto di locazione finanziaria e sono soggette allo
stesso regime IVA.
Ambito
oggettivo
di
applicazione
dell’imposta
sostitutiva
L’imposta
sostitutiva
deve
riferimento
a
“tutti
i
finanziaria
di
immobili”
essere
versata
contratti
e,
di
pertanto,
con
locazione
sia
per
i
contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto
immobili strumentali che per quelli aventi ad oggetto
immobili ad uso abitativo.
Si precisa che rientrano nell’ambito di applicazione
dell’imposta sostitutiva anche i contratti di leasing
aventi ad oggetto immobili ancora da costruire o in
costruzione e i contratti di leasing aventi ad oggetto
immobili adibiti a cava.
L’imposta deve essere, inoltre, versata anche con
riferimento
ai
contratti
di
leasing
di
impianti
fotovoltaici censiti/da censire al catasto fabbricati
come opifici industriali (cat. D1).
Nel caso di locazione finanziaria in pool, è tenuta al
versamento
dell’imposta
sostitutiva,
oltre
all’utilizzatore, ciascuna delle società concedenti, a
prescindere dal soggetto (sia esso il cd. capofila o
altra società appartenente al pool) che ha effettuato
la
registrazione
del
contratto
di
locazione
finanziaria.
L’obbligo del pagamento riguarda l’intera imposta,
posto che il contratto di locazione finanziaria è unico
e ciascun soggetto che assume la posizione contrattuale
di concedente risulta obbligato solidalmente anche al
pagamento
dell’imposta
sostitutiva,
unitamente
all’utilizzatore. Alle medesime conclusioni del resto
questa Agenzia era già pervenuta con riferimento alla
registrazione dei contratti di locazione finanziaria in
pool (risoluzione 17 novembre 2008, n. 443)
Resta salvo, nei rapporti interni al pool, il diritto
di regresso che ciascuna società, sulla base di appositi
accordi contrattuali, può esercitare nei confronti
degli altri soggetti coobbligati.
Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
entrate del 14 gennaio 2011, è stato, inoltre, chiarito
che l’imposta sostitutiva non è dovuta per i contratti
di locazione finanziaria che hanno ad oggetto immobili
rispetto ai quali, entro il 31 dicembre 2010, la società
di leasing non abbia ancora acquisito la proprietà.
La stipula del contratto di compravendita dell’immobile
da parte della società di leasing, infatti, comporterà
l’assoggettamento ad imposizione secondo le aliquote
ordinarie
previste
dal
testo
unico
delle
imposte
ipotecaria e catastale, e pertanto viene meno la ratio
sottesa alla previsione dell’imposta sostitutiva.
L’imposta
sostitutiva,
deve
essere,
invece,
corrisposta in relazione ai contratti di locazione
finanziaria per i quali, entro il 31 dicembre 2010, sia
stato esercitato il diritto di riscatto da parte
dell’utilizzatore, ma non sia stato ancora stipulato il
relativo contratto di compravendita. La stipula del
contratto di compravendita, che interviene dopo il 31
dicembre
2010,
viene,
infatti,
assoggettata
a
tassazione in misura fissa, ai fini delle imposte di
registro, ipotecaria e catastale.
La cessione di cubatura è l'atto a titolo oneroso, al
quale
il
Comune
presta
assenso,
col
quale
il
proprietario del fondo cui inerisce una determinata
cubatura distacca, in tutto o in parte, la facoltà
inerente al suo diritto dominicale di costruire nei
limiti della cubatura concessagli dal piano regolatore
e, formando un diritto a se stante, lo trasferisce
definitivamente all'acquirente a beneficio del fondo di
costui¨ (cosi Cass., sez. Trib., 14 dicembre 1988, n.
6807).
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità in
virtù di tale complessa fattispecie negoziale si attua
un trasferimento assimilabile, negli effetti e ai fini
previsti dalla legge tributaria, al trasferimento di un
diritto reale immobiliare in quanto il proprietario
dell'area cui ineriva la cubatura ceduta perde il
diritto di costruire sulla medesima e tale diritto viene
acquistato dal proprietario del fondo cui la cubatura
e trasferita.
In tal modo, infatti, risulterà trasferita dall'uno
all'altro proprietario la utilitas relativa, per cui il
diritto dell'uno sara ampliato di quanto l'altro sarà
ridotto, anche se non si può dire che in tal modo sia
stata costituita una servitus non aedificandi” (in
questo senso Cass. 6 luglio 1972, n. 2235; Cass. 9 marzo
1973, n. 641; Cass. 30 aprile 1974, n. 1231; Cass. 22
gennaio 1975, n. 250; Cass. 14 dicembre 1988, n. 6807).
Di conseguenza alla cessione di cubatura e applicabile
l'imposta ordinaria di registro secondo quanto previsto
dall'art. 1 della Tariffa, parte Prima, allegata al TUR
con l'aliquota prevista per la tipologia di bene e del
soggetto acquirente.
L'art. 5, comma 3, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (c.d.
Decreto
sviluppo)
nel
tipizzare
lo
schema
contrattuale della cessione di cubatura e al fine di
garantire la certezza nella circolazione dei diritti
edificatori, all'art. 2643 (rubricato Atti soggetti a
trascrizione¨), comma 1, del codice civile, dopo il n.
2), ha inserito il seguente n. 2-bis) i contratti che
trasferiscono
i
diritti
edificatori
comunque
denominati nelle normative regionali e nei conseguenti
strumenti di pianificazione territoriale, nonchè nelle
convenzioni urbanistiche ad essi relative”.
Allo stato attuale, pertanto, i contratti di cessione
di
cubatura
trascrizione
sono
e
soggetti
all'obbligo
sconteranno,
quindi,
della
l'imposta
ipotecaria ai sensi dell'art. 1 della Tariffa allegata
al TUIC (D.Lgs. n. 347/1990).
In
nessun
caso
sarà
invece
applicabile
l'imposta
catastale.
Concludiamo
il
discorso
in
tema
di
imposta
di
registro/IVA, salvo eventualmente riprendere alcune
fattispecie particolari per riepilogare la specifica
tassazione, affrontando il tema dei contratti aventi ad
oggetto l'azienda, vale a dire, come recita l'art. 2555
c.c.,
il
complesso
dei
beni
organizzati
dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.
I tre elementi che l'art. 2555 del cod. civ. considera
essenziali per la
costituzione di un'azienda sono:
- il complesso di beni;
- l'organizzazione;
- il fine di esercitare l'attivita di impresa.
L'elemento
che
dell'azienda
impressa
e
costituito
dall'imprenditore
consistente
coordinata
garantisce
nella
al
loro
fine
la
coesione
interna
dall'organizzazione,
ai
beni
utilizzazione
dell'esercizio
aziendali,
unitaria
e
dell'attività
economica imprenditoriale.
Vengono in considerazione prevalentemente due ipotesi:
affitto e cessione
L’affitto d’azienda
L'affitto di azienda e il contratto con il quale un
soggetto (c.d. affittante) concede in godimento ad
altro soggetto (c.d. affittuario) un'azienda.
Oggetto
del
contratto
di
affitto
può
essere
sia
l'azienda sia un ramo della stessa.
Quando viene concesso in godimento solo una parte
dell'azienda, affinchè possa configurarsi un contratto
d'affitto di ramo d’azienda è necessario che essa
costituisca
un
organizzazione
complesso
autonoma,
di
tale
beni
da
dotato
poter
di
essere
considerata a sua volta come azienda, anche dopo che sia
stata
staccata
dalla
più
vasta
organizzazione
preesistente.
L'art.
2556
c.c.
prevede
espressamente
il
soddisfacimento del requisito della forma scritta ad
probationem
(atto
pubblico
o
scrittura
privata
autenticata) per i contratti di godimento dell'azienda
relativi ad imprese soggette ad iscrizione nel Registro
delle imprese: Per le imprese soggette a registrazione,
i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della
proprietà o il godimento dell’azienda devono essere
provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme
stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli
beni che compongono l’azienda o per la particolare
natura del contratto. I contratti di cui al primo comma,
in forma pubblica o per scrittura privata autenticata,
devono essere depositati per l’iscrizione nel registro
delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del
notaio rogante o autenticante¨.
Parte affittante del contratto d'affitto d'azienda può
essere:
- un imprenditore individuale: si tenga presente, pero,
che in caso di
affitto dell'unica azienda di cui e titolare perde lo
status di ¡§imprenditore;
- una società;
-
un
privato
che
non
riveste
la
qualifica
di
imprenditore (ad esempio, il soggetto che eredita
un'azienda
e,
non
volendo
esercitare
attività
di
impresa, la concede in godimento a terzi).
Il regime di tassazione applicabile all'affitto di
azienda dipende dalla
natura giuridica dell'affittante.
In linea di principio, l'affitto d'azienda, ai sensi
dell'art. 3, comma 2, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972,
configura una prestazione di servizi se effettuato
verso
corrispettivo.
Tuttavia,
ai
fini
dell'imponibilità IVA è necessaria la sussistenza anche
del presupposto soggettivo. In ogni caso l'imponibilità
IVA dell'operazione è circoscritta alla sola ipotesi di
affitto di azienda commerciale, atteso che l'art. 10,
comma 1, n. 8), del D.P.R. n. 633/1972, considera esente
da IVA l'affitto di terreni e di aziende agricole.
In breve, l'affitto d'azienda è soggetto ad IVA e ad
imposta di registro in misura fissa se posto in essere
da imprenditori nell'esercizio dell'impresa. In caso
contrario, fuoriesce dall'ambito applicativo dell'IVA
e rientra nel campo di operatività dell'imposta di
registro in misura proporzionale.
N.B.
Con la Risoluzione n. 35/E del 6/02/2008 l'Agenzia delle
Entrate ha precisato che a seconda dello status del
locatore, l'affitto d'azienda è
assoggettato all'imposta di registro in misura diversa.
In particolare, nel caso in cui il locatore sia un
imprenditore con più aziende (o che affitta solo un ramo
della sua azienda) o una società, i canoni relativi
all'affitto d'azienda devono essere assoggettati ad
IVA,
applicando
l'aliquota
ordinaria
del
20%,
ed
all'imposta di registro in misura fissa di euro 168,00.
Se, invece, il locatore è un imprenditore individuale
che affitta l'unica azienda, egli perde la qualifica di
soggetto passivo d'imposta IVA e il contratto deve
essere assoggettato ad imposta di registro in misura
proporzionale.
Da privato o imprenditore individuale che affitta la sua
unica azienda
Quando l'affittante sia un privato o un imprenditore
individuale che concede in affitto l'unica azienda di
cui e titolare, l'operazione è fuori campo IVA e perciò
sconta l'imposta di registro in misura proporzionale.
Nel caso di specie, la base imponibile e rappresentata
dall'ammontare dei corrispettivi in denaro pattuiti per
l'intera durata del contratto, e ciò ai sensi dell'art.
43, comma 1, lettera h) del D.P.R. 131/1986.
TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA
Imposta di registro 3%
Imposta di bollo Euro 45,00
Da società o imprenditore individuale che affitta un
ramo d’azienda oppure una delle aziende che possiede e
l’azienda non comprende immobili
Tale operazione e soggetta ad IVA, ai sensi dell'art.
3, comma 2, n. 1, del D.P.R. n. 633/1972.
TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA
Imposta di registro Euro 168,00
Imposta di bollo Euro 45,00
Da società o imprenditore individuale che affitta un
ramo d’azienda oppure una tra le tante che possiede e
l’azienda comprende degli immobili
Tale operazione e soggetta ad Iva, ai sensi dell'art.
3, comma 2, n. 1 del D.P.R. n. 633/1972.
Tuttavia, con riferimento a tale fattispecie si deve
richiamare l'art. 35, comma 10-quater, del D.L. n.
223/2006, il quale prevede che "Le disposizioni in
materia di imposte indirette previste per la locazione
di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche
per l’affitto di aziende il cui valore complessivo sia
costituito, per più del 50%, dal valore normale di
fabbricati, determinato ai sensi dell’art. 14 del
D.P.R. n. 633/1972”.
Tale
norma,
evitare
che
di
chiaro
attraverso
intento
antielusivo,
l'utilizzo
dello
vuole
schema
contrattuale
dell'affitto
di
azienda
vengano
disapplicate le disposizioni introdotte in materia di
locazioni immobiliari.
La predetta norma comporta che sia posta a confronto la
tassazione delle due operazioni: l'affitto di azienda
e la locazione dei fabbricati strumentali.
L'affitto d'azienda è ordinariamente assoggettato ad
IVA nella misura del 21% e all'imposta di registro in
misura fissa.
La locazione di immobili strumentali, attualmente
le
quali
nel
relativo
atto
il
locatore
per
abbia
espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione
Iva, effettuate sia dalle imprese costruttrici che
dalle altre imprese sono soggette ad IVA con l'aliquota
del 21%.
In ogni caso le locazioni di fabbricati strumentali,
esenti
o
imponibili
ad
IVA,
sono
assoggettati
all'imposta di registro nella misura dell'1%.
L'Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 12/E del
1
marzo
2007
(e
con
la
Risoluzione
n.
35/E
del
06/02/2008) ha chiarito che per valutare il sistema di
tassazione più sfavorevole, non si deve tener conto
degli effetti che il trattamento fiscale di esenzione
o di imponibilità ad IVA, applicabile alle locazioni di
fabbricati, produce in termini di detrazione dell' IVA
assolta
sugli
acquisti.
In
particolare,
non
deve
tenersi conto di tale aspetto né in relazione alla
circostanza che l'effettuazione di locazioni esenti
limita il diritto alla detrazione spettante al locatore
ne della circostanza che qualora il conduttore abbia un
limitato diritto alla detrazione, risulterebbe per lui
di maggior sfavore una prestazione di locazione in
regime di imponibilità IVA.
Tenuto conto che il legislatore, per quanto concerne la
tassazione della locazione di immobili strumentali ha
lasciato
nella
disponibilità
del
locatore
l'applicazione o meno del regime di esenzione (che può
essere
disapplicato
esercitando
l'opzione
per
l'imponibilità ad IVA), si deve ritenere che la norma
introdotta dal citato art. 35, comma 10-quater, non è
tesa a rendere applicabile tale regime alla locazione
d'azienda, qualora la componente immobiliare risulti
prevalente.
Si ritiene, invece, che la ratio antielusiva della norma
richieda di individuare il regime di maggior sfavore
nell’applicazione
dell’imposta
proporzionale
di
registro, prevista per tutte le locazioni di fabbricati
strumentali, sia imponibili che esenti, posta in essere
ai sensi dell'art. 10, comma 1, n. 8) del D.P.R. n.
633/1972. In relazione a tale aspetto, in sostanza,
l'applicazione del regime di tassazione previsto per i
fabbricati
strumentali
risulterà
sempre
più
sfavorevole rispetto a quello previsto per le locazioni
di azienda.
La norma antielusiva si applica nelle ipotesi in cui il
valore
dei
fabbricati
compresi
nell'azienda
costituisca la maggior parte del valore dell'azienda
stessa.
Poichè la norma per la valutazione dei fabbricati
richiama i criteri del valore normale come determinati
dall'art. 14 del D.P.R. n. 633/1972, si ritiene che tale
criterio di valutazione, per ragioni di omogeneità,
debba essere riferito ad entrambi gli elementi del
rapporto
comparativo,
il
complesso
aziendale
e
i
fabbricati.
In definitiva, ai fini del regime di tassazione si avrà
che:
- quando il valore dell’immobile non supera del 50% il
valore
dell’azienda
TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA
Imposta di registro Euro 168,00
Imposta di bollo Euro 45,00
- quando il valore dell’immobile supera del 50% il
valore dell’azienda
TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA
Imposta di registro 1%
Imposta di bollo Euro 45,00
Qualora l'affitto di azienda abbia durata pluriennale,
al fine del confronto con la disciplina dettata in
materia di locazione di immobili strumentali, si dovrà
tenere conto anche della disposizione dettata dalla
nota I all'art. 5 della Tariffa Parte Prima allegata al
D.P.R.
131/1986,
nella
parte
in
cui
prevede
una
riduzione dell'imposta di registro se il pagamento
della stessa avvenga in un'unica soluzione per l'intera
durata del contratto.
Ai fini della comparazione da effettuarsi in base
all'articolo 35, comma 10-quater, del decreto-legge n.
223 del 2006, tra il valore dell'azienda e quello dei
fabbricati strumentali che la compongono, rilevano
tutti
gli
immobili
classificati
nelle
categorie
catastali B, C, D, E ed A10.
CESSIONE D’AZIENDA
Trasferimento d’azienda inter vivos
L'art. 2556 c.c. prevede una forma scritta specifica
(atto pubblico o
scrittura privata autenticata) per i contratti di
cessione della proprietà dell'azienda; tale forma non
e richiesta ad substantiam, vale a dire a pena
di
nullità, bensì ai soli fini dell'iscrizione dell'atto
nel Registro delle imprese.
Per tale fattispecie contrattuale, è previsto l'obbligo
della registrazione, ai sensi dell'art. 3 del D.P.R.
131/1986, anche se in forma verbale.
Va evidenziato che la cessione di azienda, non essendo
considerata "cessione di beni¨ ai sensi dell'art. 2,
comma 3, lettera b) del D.P.R. 633/1972, non è mai
soggetta ad Iva.
Tale operazione, pertanto, rimane soggetta all'imposta
di registro secondo quanto previsto dall'art. 2 della
Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. 131/1986, e, ai
sensi dell'art. 23, comma 4, del D.P.R. 131/1986, le
passività vanno imputate, ai soli fini dell'imposta di
registro e non per le imposte ipotecarie e catastali,
ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione
del loro rispettivo valore.
TIPOLOGIA DI IMPOSTA
AZIENDA SENZA IMMOBILI
Imposta di registro 3%
Ovviamente niente imposte ipotecaria e catastale
Bollo 45
AZIENDA CON IMMOBILI
7% per fabbricato;
8% per terreno edificabile, terreno non agricolo e non
edificabile;
15% per terreno agricolo;
3% per i diritti diversi dai precedenti
Imposta ipotecaria
Imposta catastale
Imposta di bollo
2%
1%
Euro 300,00
IMPOSTE IPOTECARIA E CATASTALE
D.Lgs.
31
ottobre
1990,
n.
347
(T.U.
Imposte
Ipotecaria e Catastale)
Abbiamo
già
esaminato
nel
corso
dell'esposizione
precedente e in relazione alle singole fattispecie
impositive
il
tema
delle
imposte
ipotecarie
e
catastali.
In generale queste sono dovute per tutti i negozi che
comportano la trascrizione nei RRII e la voltura in
Catasto. Anche in questo caso ci sono poi ipotesi di
agevolazioni ed esenzioni, spesso collegate ad analogo
regime agevolativo in tema di imposta di registro ed
IVA.
L'imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è
commisurata alla base imponibile determinata ai fini
dell'imposta
di
registro
o
dell'imposta
sulle
successioni e donazioni.
Se l'atto o la successione è esente dall'imposta di
registro o dall'imposta sulle successioni e donazioni
o vi è soggetto in misura fissa, la base imponibile è
determinata secondo le disposizioni relative a tali
imposte.
In deroga alle disposizioni del comma 2, per la
trascrizione
dei
contratti
preliminari
ai
sensi
dell'articolo 2645-bis del codice civile l'imposta è
dovuta nella misura fissa.
Le volture catastali sono soggette all'imposta del 10
per mille sul valore dei beni immobili o dei diritti
reali immobiliari determinato a norma dell'art. 2,
anche se relative a immobili strumentali, ancorchè
assoggettati all'imposta sul valore aggiunto, di cui
all' articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633 .
L'imposta è dovuta nella misura fissa di euro 168 per
le volture eseguite in dipendenza di atti che non
importano
trasferimento
costituzione
o
di
trasferimento
beni
di
immobili
diritti
nè
reali
immobiliari, di atti soggetti all'imposta sul valore
aggiunto, di fusioni e di scissioni di società di
qualunque tipo e di conferimenti di aziende o di
complessi
aziendali
relativi
a
singoli
rami
dell'impresa, per quelle eseguite in dipendenza di atti
di regolarizzazione di società di fatto, derivanti da
comunione ereditaria di azienda registrati entro un
anno dall'apertura della successione, nonchè per quelle
eseguite in dipendenza degli atti di cui all'art. 1,
comma 1, quarto, quinto e nono periodo, della tariffa,
parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni
concernenti
l'imposta
di
registro,
approvato
con
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,
n. 131.
Attenzione: l'imposta è dovuta in misura fissa per gli
atti
che
appunto
non
comportano
il
trasferimento
dell'immobile, ma ciò non significa che sia dovuta (come
qualche solerte impiegato dell'Ufficio del registro
locale ha qualche volta cercato di sostenere) per
qualsiasi atto avente ad oggetto un immobile. Ad es. la
modifica della denominazione o della sede di una società
non attua alcun trasferimento, ma comporta la voltura
e quindi sconta la fissa; un vincolo urbanistico o la
rettifica di un atto di compravendita che però è stato
regolarmente ed esattamente volturato non comportano nè
trasferimento nè voltura e quindi non sono soggetti ad
imposta.
L'imposta
ipotecaria
è
determinata
nella
misura
costante del 2% (salvo appunto i casi di applicazione
dell'imposta fissa). Solo negli ultimi anni è stata
introdotta l'aliquota "punitiva" del 3% per la cessione
dei fabbricati strumentali e, come abbiamo visto, per
la trascrizione dei trasferimenti di terreni diretti
all'attuazione di piani urbanistici particolareggiati.
Interessante
dell’impresa
l’ipotesi
di
costruttrice,
cessione,
di
un
da
parte
fabbricato
strumentale per natura in corso di costruzione.
Il trattamento fiscale applicabile alla cessione del
fabbricato in corso di costruzione a seguito delle
modifiche apportate dall’art. 35 d.l. n. 223/2006,
convertito con modificazioni dalla l. n. 248/2006, al
regime tributario delle cessioni di fabbricati da parte
di soggetti passivi IVA, ha dato luogo a contrastanti
interpretazioni ed al riguardo sono stati riscontrati
comportamenti
diversi
presso
gli
uffici
locali
dell’Agenzia delle entrate.
Sulla questione è intervenuta l’Agenzia delle Entrate,
dapprima con la circolare n. 12/E del 1° marzo 2007, la
quale conclude ritenendo che, poichè l’art. 10 nn.
8-bis) e 8-ter) d.p.r. n. 633 del 1972, nell’individuare
il regime IVA applicabile alla cessione di fabbricati,
non tratta specificamente anche dei fabbricati “non
ultimati”, «la cessione di un fabbricato effettuata da
un soggetto passivo d’imposta in un momento anteriore
alla data di ultimazione del medesimo (…) sia esclusa
dall’ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e
8-ter) dell’articolo 10 del d.p.r. n. 633 del 1972
trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo,
la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso
assoggettata ad IVA».
Pur non essendo affrontata espressamente, nella circ.
n. 12 del 2007, la questione della misura delle imposte
ipotecaria e catastale, è parso evidente che, poichè
secondo l’Agenzia delle entrate l’operazione è esclusa
dall’ambito applicativo dell’art. 10 nn. 8-bis e 8-ter
cit., si deve ritenere pienamente operante il principio
di alternatività tra IVA e le imposte di registro,
ipotecaria e catastale, e che pertanto queste ultime
sono dovute in misura fissa.
Questa
conclusione
è
stata
di
recente
confermata
dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare del 12
marzo 2010 n. 12 (Profili interpretativi emersi nel
corso degli incontri con la stampa specializzata).
Più
precisamente,
l’Agenzia
delle
Entrate,
con
riferimento alla cessione di un fabbricato effettuata
da un soggetto passivo d’ imposta in un momento
anteriore
alla
data
di
ultimazione
del
medesimo,
afferma che «nel caso in esame, …, trattandosi di
cessione
di
costruzione
immobili
-
strumentali
operazione
in
esclusa
corso
di
dall’ambito
applicativo dell’articolo 10 nn. 8-bis e 8-ter citati
- non si applicano, rispettivamente, l’articolo 1-bis
della Tariffa allegata al d.lgs. n. 347 del 31 ottobre
1990
(imposta
ipotecaria
proporzionale
del
3%)
e
l’articolo 10, comma 1, del medesimo decreto (imposta
catastale
proporzionale
disposizioni
citate
si
dell’1%),
in
quanto
le
applicano
agli
atti
che
comportano trasferimento di proprietà di beni immobili
strumentali ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n.
8-ter), del decreto IVA, da cui, come sopra ribadito,
sono esclusi i fabbricati non ultimati.
Conseguentemente, risulta pienamente operante, nella
fattispecie
rappresentata,
il
principio
di
alternatività tra IVA e imposte di registro, ipotecaria
e catastale, per cui queste ultime sono dovute in misura
fissa.
Veniamo
infine
all'ipotesi
di
trasferimento
immobiliare a titolo gratuito
Decreto legislativo 31/10/1990 n. 346
Penso sia ben nota a tutti la vicenda dell'imposta
legata all'alternanza della colorazione politica dei
governi che sono succeduti in Italia negli ultimi venti
anni.
Si tratta sicuramente di una delle imposte, che già di
per sè non sono ovviamente ben viste, meno compresa dal
punto di vista sociale: perchè devo pagare lo stato se
trasferisco un bene, senza alcun corrispettivo ad un
altro soggetto?
I governi di centrodestra ne avevano fatto un cavallo
di battaglia, arrivando in pratica alla sua abolizione;
quelli di centrosinistra pure, sia pure in senso
opposto, per cui ne avevano aggravato gli effetti. Alla
fine si è giunti ad una specie di compromesso così da
rendere pressochè esenti i trasferimenti di ricchezza
a titolo gratuito all'interno dell'ambito familiare e
viceversa (ma di questo sinceramente non si capisce il
motivo) da aggravare rispetto ai trasferimenti a titolo
oneroso
il
trattamento
fiscale
del
trasferimento
gratuito di un immobile.
L'art. 2, commi 47 e seguenti, della legge 24 novembre
2006, n. 286 (in Suppl. ord. n. 223 alla G.U. n. 277 del
28 novembre 2006), di conversione del d.l. 3 ottobre
2006, n. 262, ha reintrodotto l'imposta di donazione,
per gli atti stipulati a partire dal 29 novembre 2006
(data di entrata in vigore del d.l. n. 262/2006, di
conversione del d.l. n. 262/2006). Modifiche alla
reintrodotta
imposta
sulle
donazioni
sono
state
apportate - con decorrenza dal 1° gennaio 2007 dall'art. 1, commi da 77 a 79, della legge 27 dicembre
2006 n. 296 (in G.U. n. 299 del 27 dicembre 2006).
- L'imposta sulle donazioni si applica:
1) - alle donazioni;
2) - agli atti costituenti liberalità indiretta;
3) - agli atti gratuiti non liberali.
- L'imposta sulle donazioni trova la propria disciplina
nel d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente
alla data del 24 ottobre 2001; ciò significa che tutte
le successive aggiunte e modifiche, inserite nel corpo
del medesimo testo unico, sono irrilevanti e devono
essere considerate come non scritte.
- La struttura dell'imposta sulle donazioni è, salve le
diverse aliquote ora previste, sostanzialmente quella
risultante dalle modifiche apportate al t.u. dalla
legge n. 342/2000 (su cui cfr. la Circ. Min. Fin. 16
novembre 2000 n. 207/E); in particolare, l'imposta di
donazione non colpisce - a differenza di quanto avveniva
prima del 2000 -
il valore globale dell'atto di
donazione, ma unicamente le attribuzioni in capo ai
singoli donatari. La nuova imposta sulle donazioni
riguarda
tutti
immobiliari,
eccezioni
Comprende
i
beni
oggetto
e
di
espressamente
quindi,
ad
diritti,
mobiliari
trasferimento,
previste
esempio,
salve
dalla
oltre
al
ed
le
legge.
denaro,
qualsiasi tipo di rapporto bancario, saldi di conti
correnti, titoli (anche di Stato), quote di fondi comuni
di investimento ed altri valori mobiliari.
-
Per
l'imposta
sulle
donazioni
è
prevista
una
franchigia in tre casi (art. 2, commi 49 e 49-bis, del
d.l. n. 262/2006):
1) - nei trasferimenti a favore del coniuge e dei parenti
in
linea
retta,
fino
all'importo,
per
ciascun
beneficiario, di 1.000.000 di euro;
2) - nei trasferimenti a favore dei fratelli e delle
sorelle fino all'importo, per ciascun beneficiario, di
100.000 euro;
3) - nei trasferimenti a favore di persona portatrice
di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5
febbraio 1992 n. 104, fino all'importo di 1.500.000
euro.
L'art. 2, comma 51, del d.l. n. 262/2006 prevede il
successivo
cadenza
aggiornamento
quadriennale,
di
con
tali
franchigie,
decreto
con
ministeriale,
tenendo conto dell'indice del costo della vita.
Si precisa altresì che:
- le franchigie non sono tra loro cumulabili. Si pensi,
ad esempio, all’ipotesi in cui il beneficiario sia
portatore di handicap, riconosciuto grave ai sensi
della legge n. 104 del 1992 ed anche coniuge del de
cuius:
in
tal
caso
troverà
applicazione
solo
la
franchigia più favorevole di 1.500.000 euro.
In relazione alla previsione dell'art. 2, comma 49-bis,
del
d.l.
riconosciuto
n.
262/2006
grave),
la
(soggetti
franchigia
con
si
handicap
applica
a
prescindere da qualsiasi rapporto di parentela con il
de cuius. Il rinvio alla legge n. 104/1992 comporta
l'applicazione
dell'art.
3
di
quest'ultimo
provvedimento: per cui "è persona handicappata colui
che
presenta
una
minorazione
fisica,
psichica
o
sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di
difficoltà
di
integrazione
apprendimento,
lavorativa
e
di
tale
relazione
da
o
di
determinare
un
processo di svantaggio sociale o di emarginazione"
(art. 3, comma 1); "qualora la minorazione, singola o
plurima,
abbia
ridotto
l'autonomia
personale,
correlata all'età, in modo da rendere necessario un
intervento assistenziale permanente, continuativo e
globale
nella
relazione,
la
sfera
individuale
situazione
assume
o
in
quella
di
connotazione
di
gravità" (art. 3, comma 3). Ai sensi del successivo art.
4 della legge n. 104/1992, "gli accertamenti relativi
alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità
dell'intervento
capacità
assistenziale
complessiva
permanente
individuale
residua,
e
di
alla
cui
all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie
locali", con le ulteriori modalità prescritte nel
medesimo articolo. Tuttavia, ai fini delle agevolazioni
fiscali, deve riconoscersi, in conformità ai principi
generali dettati dal d.p.r. n. 445/2000, la possibilità
di autocertificare la situazione di grave handicap
mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio (da
inserirsi nella donazione).
- L'art. 1, comma 78, della legge n. 296/2006 ha poi
introdotto un'ipotesi di totale esenzione da imposta
sulle donazioni, aggiungendo il comma 4-ter all'art. 3
del d. lgs. n. 346/1990. In particolare, ai sensi di
quest'ultima disposizione, i trasferimenti, effettuati
anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli
768-bis e seguenti del codice civile, a favore dei
discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali
e
di
azioni
non
sono
soggetti
all'imposta.
Ove
nell'azienda siano compresi beni immobili, il richiamo
dell'art. 3 del d. lgs. n. 346/1990 (a sua volta
richiamato dall'art. 55, comma 2, del medesimo decreto)
da parte degli artt. 1, comma 2, e 10, comma 3, del d.
lgs. n. 347/1990 comporta, altresì, l'esenzione da
imposte ipotecarie e catastali.
Trattandosi di quote sociali o azioni di società per
azioni
e
in
accomandita
per
azioni,
società
a
responsabilità limitata, società cooperative e società
di mutua assicurazione residenti nel territorio dello
Stato,
il
beneficio
partecipazioni
spetta
mediante
le
limitatamente
quali
è
alle
acquisito
o
integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359,
primo comma, numero 1), del codice civile.
Il beneficio si applica a condizione che gli aventi
causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o
detengano il controllo per un periodo non inferiore a
cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo,
contestualmente
all'atto
di
donazione,
apposita
dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della
condizione di cui al periodo precedente comporta la
decadenza dal beneficio, il pagamento dell'imposta in
misura
ordinaria,
della
sanzione
amministrativa
prevista dall'art. 13 del d. lgs. n. 471/1997 e degli
interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta
medesima avrebbe dovuto essere pagata.
Coordinando
contenuta
la
nel
nell'ipotesi
in
disposizione
in
comma
deve
cui
48,
i
esame
con
ritenersi
discendenti
non
quella
che,
rendano,
contestualmente alla donazione, la dichiarazione di
impegno a proseguire l'attività di impresa, si applica
il trattamento ordinario (e quindi la franchigia di
1.000.000 di euro); con la conseguenza che, allorchè il
valore dell'azienda o delle partecipazioni sociali,
unitamente a quello degli altri cespiti oggetto di
donazione
sia
di
sicuro
inferiore
alla
suddetta
franchigia, non vi sarà alcuna convenienza ad usufruire
dell'esenzione in oggetto.
- Le agevolazioni per la prima casa sono applicabili,
nei termini previsti dall'art. 69, commi 3 e 4, della
legge 21 novembre 2000, n. 342, e quindi in base alle
regole
ed
alla
relativa
interpretazione
precedentemente applicate (risultando così superata la
diversa disciplina contenuta nel d.l. n. 262/2005, nel
testo anteriore alla conversione in legge). Cfr., sul
punto, la Circ. Agenzia Entrate 7 maggio 2001 n. 44/E.
Si
noti
la
non
che,
secondo
quanto
affermato
espressamente nella circolare 7 maggio 2001, n. 44/E,
par.
1.,
il
precedente
acquisto
agevolato
per
successione o donazione non è di ostacolo al successivo
acquisto agevolato per atto tra vivi, sempre che
sussistano le condizioni di cui alle lettera a), b) e
c) della nota II-bis. La motivazione, secondo la
circolare,
risiederebbe
nella
diversità
dei
presupposti che legittimano l’acquisto del bene in
regime agevolato.
Come
è
stato
osservato
in
dottrina,
pur
essendo
pienamente condivisibile la conclusione cui giunge
l’amministrazione
finanziaria,
la
giustificazione
della reiterazione dell’agevolazione è da ricercarsi
più correttamente nella lettera c) della nota II-bis che
non menziona la legge n. 342/2000.
Probabilmente l’espressione adoperata nella circolare
intende
riferirsi
alla
diversità
della
successione
dell’imposta
agevolata.
Infatti,
nel
l’agevolazione
caso
“prima
casa”
consente
e
donazione,
di
ridurre
normalmente le imposte ipotecaria e catastale alla
misura
fissa,
mentre
l’agevolazione
non
concerne
l’imposta di registro.
L’art. 13 della legge 18 ottobre 2001, n. 383 prevedeva
solamente per la donazione a favore di soggetto diverso
dal coniuge o da un parente in linea retta o da altro
parente fino al quarto grado, di valore superiore alla
franchigia di euro 180.759,91 ovvero di euro 516.456,90
se
il
beneficiario
è
un
portatore
di
handicap
riconosciuto grave, l’imposta di registro sul valore
eccedente la franchigia. Com’è noto, per effetto della
modifica normativa apportata dall’art. 2, comma 47 del
decreto legge n. 262/2006 convertito con modificazioni,
dalla legge n. 286/2006, a seguito del ripristino
dell’imposta
sulle
successioni
e
donazioni,
ai
trasferimenti a titolo gratuito non si applica più
l’imposta di registro bensì l’imposta sulle successioni
e donazioni.
Ora, in un passo della circolare 12 agosto 2005, n. 38/E,
par. 6.2, si affermava che in caso di precedente
donazione, qualora l’acquirente dell’immobile a titolo
gratuito abbia versato l’imposta di registro in misura
agevolata, l’agevolazione non può essere ulteriormente
accordata.
Sembra
pertanto
confermato
dell’Amministrazione
precedente
preclusivo
che,
Finanziaria,
della
nuova
ad
avviso
l’acquisto
richiesta
di
agevolazioni prima casa è quello che ha scontato
l’imposta di registro agevolata, indipendentemente dal
titolo di acquisto, e quindi anche se applicata ad una
donazione (ad estraneo per il valore eccedente la
franchigia).
- Le nuove aliquote (previste dall'art. 2, commi 49 e
49-bis, del d.l. n. 262/2006, come modificata dalla
legge n. 296/2006) sono le seguenti:
1) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto
beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura,
a favore del coniuge o di parenti in linea retta:
- Imposta di donazione: 4 % (sul valore complessivo, al
netto
di
eventuali
oneri,
eccedente,
per
ciascun
donatario, euro 1.000.000);
- Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei
donatari;
- Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
2) - Donazione (o patto di famiglia) o altro atto
gratuito avente ad oggetto aziende o partecipazioni
sociali a favore dei discendenti, che si impegnano a
proseguire
l'attività
d'impresa
o
a
detenere
il
controllo per un periodo non inferiore a cinque anni
dalla data della donazione:
- Imposta di donazione: esente
- Imposta ipotecaria: esente
- Imposta catastale: esente
3) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto
beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura,
a favore di fratelli e sorelle:
- Imposta di donazione: 6 % (sul valore complessivo
netto eccedente, per ciascun donatario, euro 100.000);
- Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
- Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
4) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto
beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura,
a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in
linea retta, nonché di affini in linea collaterale fino
al terzo grado (con esclusione del coniuge, dei parenti
in linea retta, dei fratelli e sorelle):
- Imposta di donazione: 6 %
- Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) -
oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
- Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
5) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto
beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura,
a favore di parenti oltre il quarto grado, e di affini
in linea collaterale oltre il terzo grado, nonchè a
favore di estranei:
- Imposta di donazione: 8 %
- Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
- Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
6) -
Donazione avente ad oggetto beni (mobili o
immobili) e diritti di qualsiasi natura, a favore di
persone fisiche con handicap riconosciuto grave:
- Imposta di donazione: l'aliquota applicabile in base
al rapporto di parentela, affinità o coniugio (sul
valore
complessivo
netto
eccedente,
per
ciascun
donatario, euro 1.500.000)
- Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
- Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari
7) – Donazione di terreni e fabbricati di qualsiasi tipo
a favore di enti pubblici o altri enti previsti
dall'art. 3 del D. Lgs. n. 346/1990:
- Imposta di donazione: esente
- Imposta ipotecaria: esente
- Imposta catastale: esente
8) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo,
a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a
favore del coniuge o di parenti in linea retta:
- Imposta di donazione: 4 % (sul valore complessivo, al
netto
di
eventuali
oneri,
eccedente,
per
ciascun
beneficiario, euro 1.000.000);
- Imposta ipotecaria: Euro 168
- Imposta catastale: Euro 168
9) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo,
a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a
favore di fratelli e sorelle:
- Imposta di donazione: 6 % (sul valore complessivo
netto eccedente, per ciascun donatario, euro 100.000);
- Imposta ipotecaria: Euro 168
- Imposta catastale: Euro 168
10) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo,
a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a
favore di parenti fino al quarto grado (diversi dal
coniuge, dai parenti in linea retta, dai fratelli e
sorelle), di affini in linea retta, di affini in linea
collaterale fino al terzo grado:
- Imposta di donazione: 6 %
- Imposta ipotecaria: Euro 168
- Imposta catastale: Euro 168
11) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo,
a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a
favore di parenti oltre il quarto grado, di affini in
linea collaterale oltre il terzo grado o di estranei:
- Imposta di donazione: 8 %
- Imposta ipotecaria: Euro 168
- Imposta catastale: Euro 168
12) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo,
a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a
favore di persone fisiche con handicap riconosciuto
grave:
- Imposta di donazione: l'aliquota applicabile in base
al rapporto di parentela, affinità o coniugio (sul
valore
complessivo
netto
eccedente,
per
ciascun
donatario, euro 1.500.000)
- Imposta ipotecaria: Euro 168
- Imposta catastale: Euro 168
13) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art.
2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi
tipo, a favore del coniuge o di parenti in linea retta:
- Imposta di donazione: 4 % (sul valore complessivo
eccedente, per ciascun beneficiario, euro 1.000.000);
- Imposta ipotecaria: Euro 168
14) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art.
2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi
tipo, a favore di fratelli e sorelle:
- Imposta di donazione: 6 % (sul valore complessivo
netto eccedente, per ciascun donatario, euro 100.000);
- Imposta ipotecaria: Euro 168
15) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art.
2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi
tipo, a favore di parenti fino al quarto grado (diversi
dal coniuge, dai parenti in linea retta, dai fratelli
e sorelle), di affini in linea retta, di affini in linea
collaterale fino al terzo grado:
- Imposta di donazione: 6 %
- Imposta ipotecaria: Euro 168
16) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art.
2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi
tipo, a favore di parenti oltre il quarto grado, di
affini in linea collaterale oltre il terzo grado o di
estranei:
- Imposta di donazione: 8 %
- Imposta ipotecaria: Euro 168
17) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art.
2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi
tipo,
a
favore
di
persone
fisiche
con
handicap
riconosciuto grave:
- Imposta di donazione: l'aliquota applicabile in base
al rapporto di parentela, affinità o coniugio (sul
valore
complessivo
netto
eccedente,
per
ciascun
donatario, euro 1.500.000)
- Imposta ipotecaria: Euro 168
- L'art. 2, comma 49, del d.l. n. 262/2006, precisa che
l'imposta
è
determinata
dall'applicazione
delle
aliquote sopra indicate al valore dei beni e dei diritti
oggetto dell'atto gratuito, "al netto degli oneri da cui
è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati
dall'articolo 58, comma 1", del d. lgs. n. 346/1990. Nel
caso
di
donazione
modale,
pertanto,
l'imposta
di
donazione è applicata sul valore netto dall'onere
previsto a carico del beneficiario; se si tratta di
onere a favore di terzi, questo si considera, ai sensi
dell'art. 58, comma 1, t.u., come liberalità a favore
dei terzi medesimi (come tale assoggettata a distinta
tassazione).
- Ai sensi dell'art. 69, comma 7, della legge n.
342/2000,
le
disposizioni
antielusive
di
cui
all'articolo 37-bis del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600
si applicano, ad esclusione delle condizioni contenute
nel comma 3 del medesimo articolo, anche con riferimento
all'imposta sulle donazioni. Pertanto, ai sensi del
comma 1 del suddetto art. 37-bis, "sono inopponibili
all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i
negozi, anche collegati tra loro, privi di valide
ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o
divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad
ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti
indebiti".
A
norma
del
successivo
comma
2,
"l'amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi
tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i
negozi di cui al comma 1, applicando le imposte
determinate in base alle disposizioni eluse, al netto
delle imposte dovute per effetto del comportamento
inopponibile all'amministrazione". Peraltro, a norma
dell'art. 37-bis, comma 8, "le norme tributarie che,
allo
scopo
di
contrastare
comportamenti
elusivi,
limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o
altre
posizioni
dall'ordinamento
soggettive
tributario,
altrimenti
ammesse
possono
essere
disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella
particolare
fattispecie
tali
effetti
elusivi
non
potevano verificarsi".
Sono assoggettati ad imposta sulle donazioni anche gli
atti gratuiti tra vivi costitutivi di vincoli di
destinazione (art. 2, comma 49, del d.l. n. 262/2006);
il precedente comma 48 non prevede, peraltro, la
tassazione dei vincoli di destinazione costituiti per
causa di morte, e quindi con testamento. Relativamente
a tali vincoli, sarà necessario indicare negli atti di
donazione il valore del vincolo (da non confondersi con
il valore dell'immobile). Deve trattarsi di vincoli di
destinazione
con
beneficiario
determinato,
diversamente l'imposta di donazione non è applicabile.
Ai sensi dell'art. 56, comma 4, del d. lgs. n. 346/1990,
"il valore dei beni e dei diritti donati è determinato
a norma degli articoli da 14 a 19 e
dell'articolo 34,
commi 3, 4 e 5", del t.u. Ciò comporta, in particolare:
- relativamente agli immobili, l'applicazione della
c.d. valutazione automatica (su base catastale);
- relativamente ad aziende e partecipazioni in società,
l'irrilevanza del valore di avviamento (cfr. gli artt.
15 e 16 del d. lgs. n. 346/1990, come modificati
dall'art. 69, comma 1, della legge n. 342/2000, e l'art.
1, comma 78, della legge n. 296/2006, che ha inserito
il comma 1bis all'art. 8 del d. lgs. n. 346/1990).
A norma dell'art. 56, comma 5, ultimo periodo, del d.
lgs. n. 346/1990, riferito all'ipotesi in cui l'atto
gratuito sia soggetto ad IVA, è detratta, se alla
richiesta di registrazione dell'atto di donazione è
allegata
afferente
la fattura, l'imposta sul valore aggiunto
la
cessione.
Trattandosi
di
donazione
registrata con il c.d. adempimento unico, la fattura
dovrà
essere conservata dal notaio rogante.
- Ai sensi dell'art. 57 del d. lgs. n. 346/1990, come
modificato dall'art. 69 della legge n. 342/2000, il
valore netto dei beni e dei diritti oggetto della
donazione (da intendersi, ora, come valore dei beni
attribuiti a ciascun beneficiario) è maggiorato, ai
soli fini dell'erosione della franchigia,
importo
pari
donazioni,
al
valore
anteriormente
complessivo
fatte
dal
di
di un
tutte
donante
le
al
donatario, comprese quelle presunte di cui all'art. 1,
comma 3, ed escluse quelle indicate nell'art. 1, comma
4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento
dell'imposta in misura fissa a norma degli articoli 55
e 59.
Per valore delle donazioni anteriori si intende il
valore attuale dei beni e dei diritti donati; si
considerano anteriori alla donazione, se dai relativi
atti non risulta diversamente, anche le altre donazioni
di pari data. Negli atti di donazione e negli atti di
compravendita cui all'art.26 del d.p.r. n. 131/1986
(quelli, cioè, a favore del coniuge o di parenti in linea
retta),
devono
essere
indicati
gli
estremi
delle
donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario
o ad alcuno dei donatari e i relativi valori alla data
degli atti stessi.
Ai soli fini dell’applicazione della franchigia sulla
quota devoluta all’erede o al legatario, si deve quindi
tener conto del valore delle donazioni in vita fatte dal
de cuius a favore dello stesso erede o legatario. Si
evidenzia al riguardo che, ai fini della determinazione
delle aliquote applicabili l’art 8 del TUS prevedeva la
maggiorazione
ereditario
di
del
valore
globale
un
importo
pari
al
netto
dell’asse
valore
attuale
complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli
eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui
all’art 1 comma 3 (vale a dire gli atti di vendita a
coniuge o parenti in linea retta per i quali la
tassazione
di
un
trasferimento
a
titolo
gratuito
sarebbe stata più onerosa rispetto a quella scaturente
dall'applicazione dell'imposta di registro) ed escluse
quelle indicate all’art 1 comma 4 (donazioni indirette
collegate a trasferimenti immobiliari soggetti ad
imposta di registro proporzionale) e quelle registrate
gratuitamente (trasferimenti a favore di sto, enti
pubblici, enti con fini diciamo filantropici) o con
pagamento dell’imposta in misura fissa a norma degli
articoli 55 e 59 (quali le donazioni di beni culturali).
Anteriormente alle modifiche apportate al TU n. 346 del
1990 dalla legge 21 novembre 2000 n. 342, il predetto
art
8
rispondeva
all’esigenza
di
determinare
le
aliquote progressive per scaglioni, applicabili sul
valore eccedente le franchigie stabilite dalla Tariffa
allegata al predetto Testo Unico.
A seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 342
del 2000, il disposto dell’art 8 rimasto immutato nella
sua formulazione deve logicamente riferirsi non più
alla determinazione delle aliquote, stabilite in misura
proporzionale,
bensì
all’applicazione
delle
franchigie, posto che sotto tale profilo le modalità
applicative
previste
nel
precedente
regime
sono
analoghe alle attuali. Nel silenzio dell’art 8 comma 4
del TUS, in merito determinazione della franchigia
fruibile
occorre
chiarire
se
rilevano
tutte
le
donazioni effettuate in vita dal de cuius, comprese
quelle
eventualmente
poste
in
essere
nel
periodo
compreso tra il 25 ottobre 2001 (data di entrata in
vigore della legge n. 383 del 2001 che aveva abrogato
l’imposta di successione) e il 29 novembre 2006 (data
di entrata in vigore dell’attuale regime in materia di
successioni) e in particolare se nel predetto computo
debbono essere comprese anche le donazioni per le quali
l’imposta sia stata assolta in base alle disposizioni
vigenti ratione temporis. Al riguardo, si ritiene che
rilevino tutte le donazioni poste in essere dal de
cuius, comprese quelle compiute nel periodo in cui
l’imposta sulle successioni e donazioni era stata
abrogata,
in
quanto
anche
durante
tale
periodo
sussisteva pur sempre un regime impositivo, alternativo
a quello abrogato, in virtù del quale per le donazioni
e gli altri atti di liberalità erano dovute “le imposte
sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le
operazioni a titolo oneroso”, con le medesime aliquote
previste per i corrispondenti atti a titolo oneroso,
applicabili sul valore eccedente una franchigia di 350
milioni di lire, specificamente prevista per i predetti
atti (art 13 legge 18 ottobre 2001 n. 383).
Come prevede infatti l’art 14 comma 1 della legge n. 383
del
2001
“Le
disposizioni
concernenti
esenzioni,
agevolazioni, franchigie e determinazione della base
imponibile, già vigenti in materia di imposta sulle
successioni
e
donazioni,
s’intendono
riferite
all’imposta dovuta per gli atti di trasferimento di cui
all’art 13 comma 2”. Deve ritenersi altresì che nel
computo della franchigia rilevano soltanto le donazioni
pregresse per le quali, in base al regime vigente
ratione temporis, sia stata riconosciuta una franchigia
d’imposta che abbia assorbito in tutto o in parte
l’imposta
dovuta.
Più
precisamente,
le
donazioni
pregresse rilevano nei limiti di valore relativamente
al quale il beneficiario abbia fruito della franchigia.
Detto valore deve essere poi attualizzato, avendo
riguardo al valore normale dei beni e dei diritti alla
data di apertura della successione del donante. Per una
migliore comprensione di quanto sopra esposto, valga il
seguente esempio:
- nel 2000 Tizio ha donato al figlio Caio un immobile
del valore di 400.000.000 di lire;
- vigente la franchigia di 350.000.000 di lire, la
predetta donazione è stata assoggettata ad imposta
limitatamente al valore di 50.000.000 di lire;
- nel 2007 si apre la successione di Tizio e a Caio spetta
una quota ereditaria del valore di 1.500.000 euro;
-
ai
fini
della
determinazione
della
franchigia
fruibile da Caio, il valore della quota ereditaria allo
stesso spettante (1.500.000 euro) deve essere aumentato
di un importo corrispondente al valore attuale della
quota parte di donazione effettuata in vita da Tizio,
a suo tempo non assoggettata a tassazione per effetto
dell’applicazione della franchigia. Ipotizzando che la
donazione pregressa esprima un valore attuale pari a
500.000 euro, l’importo da sommare a quello della quota
ereditaria è pari al valore attuale della donazione
coperta dalla franchigia, ossia pari all’87,5 per cento
di 500.000 euro. Detta percentuale è desumibile dal
rapporto intercorrente tra il valore originario della
donazione e la franchigia applicabile ratione temporis
(400:350 = 100:X). Attesa la finalità delle franchigie,
volte a modulare la base imponibile in funzione del
valore complessivo di tutte le donazioni anteriori e del
rapporto di parentela con il medesimo donatario, si
ritiene che a tali fini rilevino tutte le donazioni
pregresse per le quali, in considerazione del rapporto
intercorrente tra donante e donatario, non sia stata
applicata l’imposta, ivi comprese le donazioni a favore
del coniuge e dei familiari in linea retta o collaterale
non
assoggettate
all’imposta
sulle
successioni
e
donazioni. Nel computo non vanno ricomprese invece le
donazioni anteriori di cui agli articoli 1 comma 4, 55
e 59 del TUS, in quanto espressamente escluse dal
disposto dell’art 8 comma 4 del TUS. Resta inteso che
l’art 8 comma 4 del TUS non ha lo scopo di attrarre a
tassazione i beni donati in vita dal defunto, i quali
devono essere comunque esclusi dalla determinazione
della
base
imponibile
ai
fini
dell’applicazione
dell’imposta di successione. Ad esempio, nell’ipotesi
in cui il de cuius:
- abbia disposto in vita, a favore del figlio, donazioni
per le quali
non sia stata corrisposta la relativa
imposta per un valore attualizzato alla data di apertura
della successione di 1.200.000 euro;
- abbia disposto un lascito in favore del figlio per un
valore di 800.000 euro;
- il valore attualizzato dei beni donati dal de cuius,
poichè rileva ai soli fini della determinazione della
franchigia applicabile, non concorre a formare la base
imponibile su cui calcolare l’imposta di successione,
benchè sia superiore alla franchigia di 1.000.000 euro;
-
in questo caso la base imponibile sulla quale
applicare l’aliquota del 4 per cento è di 800.000 euro.
Invece, nel caso in cui:
- il valore attuale dei beni donati dal de cuius (e non
assoggettati a tassazione) sia di 800.000 euro;
- il valore dei beni caduti in successione sia di
1.200.000 euro;
- la base imponibile sulla quale applicare l’imposta di
successione si determina sommando al valore dei beni
caduti in successione quello attuale dei beni donati
(1.200.000 +800.000) e da tale importo si detrae la
franchigia di 1.000.000 euro;
- pertanto, la base imponibile alla quale commisurare
l’imposta è pari a 1.000.000 di euro.
A seguito dell’ampliamento dell’ambito di applicazione
dell’imposta sulle successioni e donazioni operato dal
DL 262 del 2006, come modificato dalla legge di
conversione n. 286 del 2006, l’art 8 comma 4 del TUS deve
considerarsi riferito non solo alle donazioni, ma anche
agli atti a titolo gratuito e alla costituzione di
vincoli di destinazione stipulati a partire dal 29
novembre 2006 (data di entrata in vigore della legge n.
286 del 2006). Infatti, a partire da tale data, per i
suddetti atti l’art 2 comma 50 del DL 262 del 2006
stabilisce
l’applicazione,
in
quanto
compatibili,
delle disposizioni del TUS.
Le franchigie non operano ai fini dell’applicazione
delle imposte ipotecaria e catastale.Tali imposte,
infatti, sono dovute per i trasferimenti di immobili o
diritti reali immobiliari, nella misura e con le
modalità ordinariamente previste dal Testo Unico delle
disposizioni
concernenti
le
imposte
ipotecaria
e
catastale 31 ottobre 1990 n. 347 (d’ora in poi TUIC) e
dalle altre norme vigenti in materia. Il differente
trattamento
è
motivato
dal
diverso
oggetto
delle
imposte ipotecaria e catastale, le quali rilevano
autonomamente rispetto all’imposta sulle successioni e
donazioni
(e
all’imposta
di
registro)
in
quanto
correlate ai servizi resi ai fini della circolazione dei
beni mediante la formalità della trascrizione e la
voltura catastale (Cassazione 9 luglio 2003 n. 10751;
Circolare 30 maggio 2005 n. 25).
In relazione quindi all'obbligo di indicare negli atti
di donazione le eventuali donazioni anteriori tra
donante e donatario, considerato lo scopo ed i limiti
del
"coacervo",
deve
ritenersi
che
-
poichè
la
franchigia sussiste solo nelle donazioni a favore del
coniuge e di parenti in linea retta - il richiamo delle
donazioni precedenti non sia necessario
negli atti di
donazione a favore di altri soggetti (quelle, cioè, in
cui non vi è
franchigia soggetta ad "erosione").
Per l'omissione, l'incompletezza o l'inesattezza di
tale indicazione si applica, a carico solidalmente dei
donanti e dei donatari, la sanzione amministrativa
pecuniaria da una a due volte la maggiore imposta
dovuta.
- A norma dell'art. 2, commi 47 e 49, del d.l. n.
262/2006, e dell'art. 1, comma 1, del d. lgs. n.
346/1990, le liberalità indirette (ed in genere le
attribuzioni gratuite), contenute in atti soggetti a
registrazione,
donazione.
sono
assoggettati
ad
imposta
di
- Ai sensi dell'art. 56-bis del d. lgs. n. 346/1990, come
aggiunto dall'art. 69 della legge n. 342/2000, salva
l'esclusione delle donazioni o liberalità di cui agli
articoli 742 (spese non soggette a collazione) e 783
(donazioni
di
modico
l'accertamento
delle
donazioni
(non
valore)
del
liberalità
contenute
in
codice
civile,
diverse
atti
dalle
soggetti
a
registrazione) e da quelle risultanti da atti di
donazione effettuati all'estero a favore di residenti
può essere effettuato esclusivamente in presenza di
entrambe le seguenti condizioni:
a)
quando
l'esistenza
delle
stesse
risulti
da
dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di
procedimenti diretti all'accertamento di tributi;
b) quando le liberalità abbiano determinato, da sole o
unitamente a quelle già effettuate nei confronti del
medesimo
beneficiario,
un
incremento
patrimoniale
superiore all'importo di euro 180.759,91.
Alle
suddette
applicabile
liberalità
l'aliquota
del
l'art.
sette
56-bis
per
dichiara
cento,
da
calcolare sulla parte dell'incremento patrimoniale che
supera l'importo di euro 180.759,91.
Le
medesime
liberalità
possono
essere
registrate
volontariamente, ai sensi dell'articolo 8 del d.p.r. n.
131/1986. In tale caso si applica l'imposta con le
aliquote ordinarie. Queste ultime disposizioni, pur non
espressamente abrogate, non appaiono coordinate con la
nuova disciplina, in particolare nella determinazione
delle aliquote e delle franchigie (comma 49), ed appare
dubbia quindi la sua attuale vigenza nei termini sopra
riportati;
sistematica
probabilmente
conduce
a
ritenere
un'interpretazione
applicabili,
alle
suddette liberalità indirette, le nuove aliquote e
franchigie previste dalla legge n. 286/2006.
- Ai sensi dell'art. 1, comma 4-bis, del d. lgs. n.
346/1990, come introdotto dall'art. 69 della legge n.
342/2000, "Ferma restando l'applicazione dell'imposta
anche alle liberalità indirette risultanti da atti
soggetti a registrazione, l'imposta non si applica nei
casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad
atti concernenti il trasferimento o la costituzione di
diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende,
qualora
per
l'atto
sia
prevista
l'applicazione
dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o
dell'imposta sul valore aggiunto".
Presupposto
indispensabile
per
l'inapplicabilità
dell'imposta di donazione alle "liberalità collegate"
è pertanto:
1) - la circostanza che il collegamento sussista con un
atto
di
trasferimento
o
costituzione
di
diritti
immobiliari, o con un atto di trasferimento di azienda;
2) - l'ulteriore circostanza che il suddetto atto di
trasferimento sia assoggettato ad imposta di registro
proporzionale o ad imposta sul valore aggiunto.
Conseguentemente, nei soli casi in cui - in base
all'art. 10, n. 8-ter, del d.p.r. n. 633/1972 - non trova
applicazione né l'imposta di registro proporzionale nè
l'IVA, la liberalità collegata sarà assoggettata ad
imposta di donazione.
- Ai sensi dell'art. 55, comma 2, del d. lgs. n.
346/1990, gli atti previsti dall'art. 3 del medesimo
t.u. sono registrati gratuitamente. In particolare:
a) - non sono soggetti all'imposta di donazione i
trasferimenti - a titolo di donazione o altra liberalità
- a favore dello Stato, delle regioni, delle province
e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di
fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che
hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la
ricerca
scientifica,
l'educazione,
l'istruzione
o
altre
finalità di pubblica utilità, nonchè quelli a favore
delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale
(O.N.L.U.S.)
legislativo
e
a
fondazioni
emanato
in
previste
attuazione
dal
della
decreto
legge
23
dicembre 1998, n. 461 (art. 3, comma 1, del d. lgs. n.
346/1990);
b) - i trasferimenti - a titolo di donazione o altra
liberalità - a favore di enti pubblici e di fondazioni
o associazioni legalmente riconosciute, diversi da
quelli
indicati
nel
comma
1,
non
sono
soggetti
all'imposta di donazione se sono stati disposti per le
finalità di cui allo stesso comma, quindi l'assistenza,
lo
studio,
la
ricerca
scientifica,
l'educazione,
l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità (art.
3, comma 2, del d. lgs. n. 346/1990). In tali casi il
beneficiario
deve
dimostrare,
entro
cinque
anni
dall'accettazione della donazione, di avere impiegato
i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro
alienazione
per
il
conseguimento
delle
finalità
indicate dal donante. In mancanza di tale dimostrazione
esso
è
tenuto
al
pagamento
dell'imposta
con
gli
interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere
pagata (art. 3, comma 3, del d. lgs. n. 346/1990);
c) - non sono soggetti all'imposta di donazione i
trasferimenti - a titolo di donazione o altra liberalità
- a favore di movimenti e partiti politici (art. 3, comma
4-bis, del d. lgs. n. 346/1990, come aggiunto dall'art.
5 della legge 3 giugno 1999, n. 157).
In tutti i suddetti casi, vi è esenzione da imposta sulle
donazioni ai sensi del menzionato art. 3; vi è altresì
esenzione da imposte ipotecarie e catastali (art. 1,
comma 2, e art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 347/1990).
- Ai sensi dell'art. 59 del d. lgs. n. 346/1990,
l'imposta di donazione si applica nella misura fissa
prevista per l'imposta di registro (quindi attualmente
euro 168):
a) per le donazioni di beni culturali vincolati di cui
all'art.
12,
lettera
g),
a
condizione
che
sia
presentata al competente ufficio dell'agenzia delle
entrate l'attestazione prevista dall'art. 13,
comma
2, salvo quanto stabilito nei commi 3, 4 e 5 dello stesso
articolo;
b) per le donazioni di ogni altro bene o diritto
dichiarato esente dall'imposta a norma di legge, ad
eccezione dei titoli del debito pubblico e dei titoli
di stato (che devono quindi ritenersi soggetti alla
normale
imposizione
proporzionale,
salve
le
franchigie, laddove in passato questi titoli per larghi
periodi temporali hanno goduto di un'esenzione totale
per cui erano lo strumento preferito per questo tipo di
operazioni).
Se i beni di cui sopra sono compresi insieme con altri
beni o diritti in uno stesso atto di donazione, del loro
valore
non
si
tiene
conto
nella
determinazione
dell'imposta di donazione.
- Ai sensi dell'art. 59-bis del d. lgs. n. 346/1990, come
introdotto dall'art. 57 del d. lgs. 15 dicembre 1997,
n. 446, non sono soggette ad imposta di donazione, che
nella ipotesi di cui all'articolo 59, comma 3, le
donazioni di veicoli iscritti nel pubblico registro
automobilistico.
Ciò significa che l'imposta di donazione si applica,
invece, quando i suddetti veicoli sono compresi insieme
con altri beni o diritti in uno stesso atto di donazione
(ma, deve ritenersi, senza tener conto del valore dei
veicoli medesimi).
- Riguardo alle riduzioni di imposta previste dall'art.
25 del d. lgs. n. 346/1990, l'art. 25, comma 4-ter, come
introdotto dall'art. 69 della legge n. 342/2000, fa
salva l'applicabilità solo dell'agevolazione di cui
all'art.
25,
comma
4-bis,
alle
donazioni.
Tale
disposizione è successiva a quella contenuta nell'art.
56, comma 5, del d. lgs. n. 346/1990, che era stata da
ultimo modificata dall'art. 11 del d.l. 28 marzo 1997,
n. 79. Tuttavia, non sembra che intento del legislatore
sia stato quello di eliminare l'applicabilità delle
riduzioni di imposta alle donazioni; probabilmente,
l'oscura formulazione del suddetto comma 4-ter è solo
frutto di un difetto di coordinamento.
Le riduzioni di imposta - salvi i dubbi sopra esposti
- sono quindi le seguenti:
a) - se la donazione è effettuata entro cinque anni da
successione o donazione avente per oggetto gli stessi
beni e diritti, l'imposta è ridotta di un importo
inversamente proporzionale al tempo trascorso, in
ragione di un decimo per ogni anno o frazione di anno;
se nella donazione non sono
diritti
oggetto
della
compresi tutti i beni e
precedente
successione
o
donazione o sono compresi anche altri beni o diritti,
la
riduzione
si
applica
sulla
quota
di
imposta
proporzionale al valore dei beni e dei diritti compresi
in entrambe (art. 25, comma 1, t.u.);
b) - se nella donazione sono compresi beni immobili
culturali, non sottoposti anteriormente alla donazione
medesima al vincolo, l'imposta dovuta dal donatario al
quale i beni sono attribuiti è ridotta dell'importo
proporzionalmente
corrispondente
al
cinquanta
per
cento del loro valore. Il donatario deve presentare
l'inventario dei beni per i quali ritiene spettante la
riduzione, con la descrizione particolareggiata degli
stessi
e
con
ogni
notizia
idonea
alla
loro
identificazione, al competente organo periferico del
Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale
attesta
per
ogni
singolo
bene
l'esistenza
delle
caratteristiche di culturalità; l'attestazione deve
essere
allegata
alla
donazione.
L'accertamento
positivo delle caratteristiche di cui alla predetta
legge comporta la sottoposizione dell'immobile al
vincolo ivi previsto (art. 25, comma 2, t.u.); c) - se
nella donazione sono compresi fondi rustici, incluse le
costruzioni rurali, anche se non insistenti sul fondo,
di cui all'art. 39 del testo unico delle imposte sui
redditi approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917,
attribuiti al coniuge, a parenti in linea retta o a
fratelli o sorelle del donante, l'imposta dovuta dal
donatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo
proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento
della parte del loro valore complessivo non superiore
ad euro 103.291,38. La riduzione compete a condizione
che il donatario sia coltivatore diretto, che la
devoluzione
avvenga
diretto-coltivatrice
requisiti
regionale
risulti
competente
diretto-coltivatrice
nell'ambito
e
che
da
una
l'esistenza
attestazione
allegata
la
di
alla
famiglia
famiglia
di
questi
dell'ufficio
donazione.
che
si
È
dedica
direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi
e all'allevamento e governo del bestiame, semprechè la
complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non
sia inferiore al terzo di quella occorrente per le
normali
necessità
della
coltivazione
del
fondo
e
dell'allevamento e del governo del bestiame; ai fini del
calcolo della forza lavorativa il lavoro della donna è
equiparato a quello dell'uomo (art. 25, comma 3, t.u.);
d) - se nella donazione sono compresi immobili o parti
di
immobili
adibiti
all'esercizio
dell'impresa,
attribuiti al coniuge o a parenti in linea retta entro
il terzo grado del donante nell'ambito di una impresa
artigiana familiare, come definita dalla legge 8 agosto
1985 n. 443, e dall'art. 230-bis del codice civile,
l'imposta dovuta dal donatario al quale sono attribuiti
è
ridotta
dell'importo
proporzionalmente
corrispondente al quaranta per cento della parte del
loro
valore
complessivo
non
superiore
ad
euro
103.291,38, a condizione che l'esistenza dell'impresa
familiare artigiana risulti dall'atto pubblico o dalla
scrittura privata autenticata di cui all'art. 5, comma
4, lettera a), del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917
(art. 25, comma 4, t.u.);
e) - se nella donazione sono compresi, purchè ubicati
in comuni montani con meno di cinquemila abitanti o
nelle frazioni con meno di mille abitanti anche se
situate in comuni montani di maggiori dimensioni,
aziende, quote di società di persone o beni strumentali
di cui all'art. 40 del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917,
trasferiti al coniuge o al parente entro il terzo grado
del
donante,
beneficiario
l'imposta
è
ridotta
di
donazione
dell'importo
dovuta
dal
proporzionale
corrispondente al quaranta per cento della parte del
loro valore complessivo, a condizione che gli aventi
causa
proseguano
effettivamente
l'attività
imprenditoriale per un periodo non inferiore a cinque
anni dalla data del trasferimento. Il beneficiario deve
dimostrare detta condizione entro sessanta giorni dalla
scadenza del suindicato termine mediante dichiarazione
da presentare presso l'ufficio competente ove sono
registrate la denuncia o l'atto; in mancanza di tale
dimostrazione
il
beneficiario
stesso
è
tenuto
al
pagamento dell'imposta in misura ordinaria con gli
interessi
di
mora,
decorrenti
dalla
data
in
cui
l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata (art.
25, comma 4-bis, t.u.).
- Ai sensi dell'art. 26 del d.p.r. 26 aprile 1986, n.
131 - nel testo risultante dalla dichiarazione di
illegittimità costituzionale di cui alla sentenza in
data 25 febbraio 1999, n. 41, nonchè dalle modifiche
apportate dall'art. 69 della legge n. 342/2000 - i
trasferimenti immobiliari, escluse le permute aventi
per oggetto immobili ma fino a concorrenza del minore
dei
valori
partecipazioni
permutati
sociali,
ed
i
trasferimenti
quando
il
valore
di
della
partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano
superiori all'importo di euro 180.759,91, posti in
essere tra coniugi ovvero tra parenti in linea retta o
che tali siano considerati ai fini dell'imposta sulle
successioni e donazioni si presumono donazioni, se
l'ammontare complessivo dell'imposta di registro e di
ogni altra imposta dovuta per il trasferimento, anche
se
richiesta
successivamente
alla
registrazione,
risulta inferiore a quello delle imposte applicabili in
caso di trasferimento a titolo gratuito, al netto delle
detrazioni spettanti.
Le parti contraenti devono dichiarare contestualmente
se fra loro sussista o meno un rapporto di coniugio o
di parentela in linea retta o che sia considerato tale
ai sensi del comma 1 suindicato. In mancanza di tale
dichiarazione il trasferimento si considera a titolo
gratuito ove al momento della registrazione non risulti
comprovata
l'inesistenza
del
rapporto;
tuttavia
l'inesistenza del rapporto di coniugio o di parentela
in linea retta può essere provata entro un anno dalla
stipulazione dell'atto e in tale caso spetta il rimborso
della maggiore imposta pagata.
La presunzione non opera per i conguagli pattuiti in
sede di divisione e nelle vendite ai pubblici incanti.
La presunzione di liberalità, se ricorre la condizione
di cui al comma 1, vale anche per i provvedimenti che
accertano l'acquisto per usucapione della proprietà di
immobili o di diritti reali di godimento sugli stessi
da parte del coniuge o di un parente in linea retta dal
precedente proprietario o titolare di diritto reale di
godimento.
Questa normativa deve ritenersi ancora in vigore per cui
la relativa dichiarazione compare tuttora in tutti gli
atti notarili: tuttavia stante la nuova disciplina
delle donazioni in linea retta è evidente che prima di
superare il limite della franchigia ne passa di tempo.
- Donazioni ricadenti nella "franchigia".
Trattandosi di donazioni immobiliari al coniuge o
parenti in linea retta, ovvero di donazioni aventi ad
oggetto altri beni di valore non superiore a 100.000
euro,
deve
ritenersi,
dall'Amministrazione
come
finanziaria
già
riconosciuto
(Circ.
Agenzia
Entrate 18 ottobre 2001 n. 91/E, paragrafo 2.2) che
l'atto sia esente da imposta di registro (non si
applica, cioè, neanche l'imposta di registro in misura
fissa). Tale trattamento di esenzione dall'imposta di
registro sembra doversi estendere anche agli atti
costitutivi di vincoli di destinazione, che sono ora
equiparati in tutto agli atti gratuiti e donativi.
- Rinuncia abdicativa a diritti reali immobiliari.
Gli atti di rinuncia abdicativa sono espressamente
equiparati alle donazioni ed agli altri atti gratuiti
ai fini dell'imposta di registro (cfr. l'art. 13, comma
2, della legge n. 383/2001, come modificato dall'art.
6, comma 5, del d.l. n. 262/2006).
Permane il dubbio derivante dal coordinamento con
l'art. 1 della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986,
che equipara le rinunce ai trasferimenti a titolo
oneroso: al fine di evitare problemi in sede di
tassazione, sembra opportuno esplicitare nell'atto di
rinunzia la natura gratuita o liberale della rinunzia.
L'equiparazione non è invece effettuata dall'art. 6,
comma 1, del d.l. n. 262/2006 riguardo alle imposte
ipotecarie e catastali: non essendo l'atto di rinuncia
un atto traslativo, trovano quindi applicazione allo
stesso le imposte ipotecarie e catastali in misura
fissa.
Un
accenno
possiamo
ancora
farlo
alla
disciplina
futura. Infatti a norma dell'articolo 10, comma 1,
lettera a) del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a decorrere
dal 1° gennaio 2014, il primo comma dell'art. 1 della
tariffa sarà modificato nei seguenti termini:
Atti
traslativi
proprietà
di
beni
a
titolo
immobili
oneroso
in
o
immobiliari
di godimento, compresi la rinuncia
semplice
agli
stessi,
di
e
traslativi
e
costitutivi
genere
della
i
diritti
atti
reali
provvedimenti
pura
di
espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti
coattivi
9 per cento
Se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione,
ad eccezione di quelle di categoria
catastale
A1, A8
e A9 , ove ricorrano le condizioni di cui alla nota
II-bis)
2 per cento.
Ci sarà quindi un aggravio nella tassazione in generale
e un alleggerimento di quella relativa alla prima casa.
Si è trattato di uno degli ultimi colpi di coda della
gestione Tremonti dell'economia e al momento non resta
che aspettare a vedere cosa succederà poi in concreto
quando arriveremo in prossimità dell'entrata in vigore
della nuova normativa.
LOCAZIONE DI FABBRICATI ABITATIVI E STRUMENTALI PER
NATURA.
Sono ora soggette ad IVA:
9) – le locazioni di terreni edificabili e di aree
destinate a parcheggio di veicoli;
10) – le locazioni di fabbricati abitativi, per le quali
nel relativo atto il locatore abbia espressamente
manifestato
l’opzione
per
l’imposizione
Iva,
effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese
che
vi
hanno
eseguito
–
anche
tramite
im
prese
appaltatrici – gli interventi di recupero di cui
all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380;
11) - le locazioni di fabbricati strumentali per natura,
per le quali nel relativo atto il locatore abbia
espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione
Iva, effettuate sia dalle imprese costruttrici che
dalle altre imprese;
12) – le locazioni di fabbricati destinati ad alloggi
sociali, per le quali nel relativo atto il locatore
abbia
espressamente
l’imposizione
Iva,
manifestato
effettuate
sia
l’opzione
dalle
per
imprese
costruttrici che dalle altre imprese.
Gli alloggi sociali, di cui sopra, sono quelli definiti
dal D.M. 22 aprile 2008 (in G.U. n. 146 del 24.6.2008).
L’art. 1, commi 2 e 3, di quest’ultimo decreto qualifica
come «alloggio sociale» l'unità immobiliare adibita ad
uso residenziale in locazione permanente che svolge la
funzione di interesse generale, nella salvaguardia
della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo
di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non
sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel
libero mercato. L'alloggio sociale si configura come
elemento
essenziale
residenziale
del
sociale
sistema
costituito
di
edilizia
dall'insieme
dei
servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle
esigenze primarie. Rientrano nella definizione di cui
al comma 2 gli alloggi realizzati o recuperati da
operatori
pubblici
e
privati,
con
il
ricorso
a
contributi o agevolazioni pubbliche - quali esenzioni
fiscali, assegnazione di aree od immobili, fondi di
garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico - destinati
alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche
alla proprietà.
Il nuovo art. 127-duodevicies della tabella A, parte
terza, allegata al D.P.R. n. 633/1972, assoggetta ad IVA
con
l’aliquota
fabbricati
del
10%,
abitativi
oltre
alle
effettuate
locazioni
dalle
di
imprese
costruttrici o dalle imprese che vi hanno eseguito gli
interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett.
c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, le
locazioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi
sociali come definiti dal D.M. 22 aprile 2008, di cui
sopra.
Trattandosi di operazioni per le quali sono stati già
pagati degli acconti, o comunque per cui è stata emessa
fattura per gli stessi entro il 25 giugno 2012,
relativamente a tali acconti l’operazione si considera
precedentemente effettuata, ed è quindi soggetta al
regime
previgente,
mentre
la
nuova
disciplina
si
applica unicamente ai pagamenti effettuati, od alle
fatture emesse successivamente (cfr. in tal senso la
Circ. Agenzia Entrate 1 marzo 2007, n. 12/E).
Nella valutazione, da parte del cedente o del locatore
di fabbricati, circa la convenienza dell’opzione per
l’imposizione Iva, occorre tener conto in particolare
dei seguenti elementi:
a) – a norma dell’art. 19-bis, comma 2, del D.P.R. n.
633/1972, non si tiene conto – ai fini del c.d. pro-rata
– della cessione o locazione esente, ai sensi dell’art.
10, nn. 8, 8-bis e 8-ter del medesimo decreto, nei casi
in cui la cessione o locazione non forma oggetto
dell’attività propria del medesimo cedente o locatore;
b) – a norma dell’art. 19-bis 2, comma 8, del D.P.R. n.
633/1972, il cedente o locatore non deve effettuare la
rettifica della detrazione dell’Iva operata al momento
dell’acquisto, se sono trascorsi dieci anni dal momento
di acquisto o di ultimazione del fabbricato. Per
l'imposta assolta sull'acquisto di aree fabbricabili
l'obbligo di rettifica decennale decorre dalla data di
ultimazione
dei
fabbricati
insistenti
sulle
aree
medesime. Ove non sia trascorso il suddetto periodo
decennale,
l’imputazione
dell'imposta
relativa
ai
fabbricati ovvero alle singole unità immobiliari,
soggette a rettifica, che siano compresi in edifici o
complessi
di
edifici
acquistati,
costruiti
o
ristrutturati unitariamente, deve essere determinata
sulla base di parametri unitari, costituiti dal metro
quadrato o dal metro cubo, o da parametri similari, che
rispettino la proporzionalità fra l'onere complessivo
dell'imposta relativa ai costi di acquisto, costruzione
o ristrutturazione, e la parte di costo dei fabbricati
o unità immobiliari specificamente attribuibile alle
operazioni
che
dell'imposta.
non
danno
diritto
alla
detrazione