SALUTI DI RITO Come in gran parte dei campi del diritto italiano, purtroppo anche il panorama fiscale presenta quello che ritengo essere il maggiore difetto che un'ordinamento giuridico possa avere: vale a dire la promulgazione, in maniera spasmodica, ossessiva, di normative che si sostituiscono, sovrappongono e a volte convivono in maniera tra loro contraddittoria, rendendo estremamente difficile per gli operatori dei vari settori adottare interpretazioni e prassi corrette. A ciò si aggiunge una politica dell'apparato amministrativo che certo non favorisce la soluzione dei problemi e l'armonizzazione dei comportamenti dell'apparato statale: 1) la tendenza ad accorpare uffici preposti a settori completamente diversi di competenza (si veda a cosa è successo negli ultimi anni tra ufficio del territorio e agenzia delle entrate, con dirigenti (ad essere buoni forse competenti in alcuni settori ma assolutamente impreparati su altri); 2) l'assunzione di personale da immettere negli uffici finanziari con criteri che tutto possono essere tranne quello della competenza. Esemplare sotto questo aspetto la risposta che ho ricevuto pochi mesi fa da un impiegato dell'ufficio del registro novarese al quale contestavo una valutazione da lui effettuata di una fattispecie sulla base di richiami normativi e forte di un interpello a me favorevole presentato all'ufficio regionale di Torino; l'unica risposta che ha saputo darmi è stata "sono un avvocato vuole che non sappia quello che faccio!". E' chiaro che difronte ad un atteggiamento simile andare a discutere di diritto, come si faceva fino a qualche hanno fa con il rimpianto, dal punto di vista lavorativo, Rag. Carli, è del tutto inutile. Ma tralasciando note polemiche, dobbiamo tenere presente come il tema del trattamento fiscale degli atti aventi ad oggetto il trasferimento di immobili (e più in generale degli atti a contenuto negoziale) comporti, alla luce di quanto sopra detto, l'applicazione e il coordinamento di diverse normative. Il T.U sull'imposta di registro (dpr 131/86), la normativa in tema di IVA (DPR 633/1972), T.U sull'imposta di successione e donazione (D.LGS. 346/90) sia pure tra alterne vicende di soppressione e reintroduzione, il T.U sull'imposta ipotecaria e catastale, l'imposta di bollo (DPR 642/72) anche questa con notevoli modifiche successive e il TU sulle imposte sui redditi (DPR 917/86) in tema di plusvalenze. In questa sede ci occuperemo fondamentalmente delle prime tre normative. L'imposta di registro e disciplinata dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, “Testo unico sull’imposta di registro” (in prosieguo TUR), ed è un'imposta indiretta sui trasferimenti di ricchezza. L'istituto della registrazione si prefigge come finalità l'attestazione dell'esistenza degli atti, attribuendo agli stessi data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c., la conservazione dell'originale per le scritture private o della copia dell'atto per atti pubblici ed i file cifrati per la registrazione telematica, la riscossione del tributo e l'acquisizione da parte dell'A.F., mediante l'Anagrafe Tributaria, di notizie riguardanti la situazione patrimoniale e, quindi, la capacità contributiva dei soggetti partecipanti all'atto, rilevante anche ai fini di altre imposte. Una precisazione: sebbene ovviamente nella stragrande maggioranza dei casi il negozio da registrare risulti da un documento scritto, ciò non significa che i contratti meramente verbali non lo debbano essere. Anzi all'art. 3 del T.U. è espressamente previsto l'obbligo di registrazione di alcuni di essi in alcuni casi che possono risultare di sicuro interesse: le locazioni e gli affitti di beni immobili, e le conseguenti vicende negoziali (cessioni, proroghe, risoluzioni) e gli affitti e trasferimenti di aziende e relative vicende. I soli atti non soggetti in alcun caso a registrazione sono invece elencati nella tabella finale allegata al DPR 131/86: elencazione che appare sovrabbondante, nel senso che in realtà alcune categorie di atti ivi indicati non sarebbero stati soggetti a registrazione neanche in caso di mancata esplicita previsione in quanto documenti privi di carattere negoziale. L'ambito di applicazione dell'imposta, di vaste dimensioni, ha reso necessario allegare al TUR una Tariffa, una Tabella come abbiamo appena visto ed una Tavola con i coefficienti per la determinazione dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni vitalizie. L'altra imposta fondamentale, che si pone in concorrenza possiamo dire con l'imposta di registro, è, come tutti ben sapete, l'IVA, imposta sul valore aggiunto, vale a dire l'imposta che si applica sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello stato nell'esercizio di imprese, arti o professioni. Incominciamo prendendo in considerazione i negozi a titolo oneroso, vale a dire i negozi nei quali, i sacrifici sono reciproci, cioè a fronte della prestazione di una delle parti si pone, in necessario rapporto sinallagmatico (per cui se la prestazione di una delle parti viene meno crolla l'intera struttura negoziale) con quella della controparte. Ebbene i negozi a titolo oneroso trovano il loro trattamento tributario appunto nell'imposta di registro e nell'imposta IVA. Se nel caso di soggetto cedente privato dobbiamo prendere in considerazione la sola imposta di registro, nel caso di cedente soggetto IVA (quindi operatore che agisce nell'esercizio di imprese, arti o professioni, l'applicazione dell'uno o dell'altro regime tributario si sviluppa a seconda di tutta una serie di qualificazioni, relative al soggetto che pone in essere la prestazione principale (vale a dire il trasferimento immobiliare), di quello che la riceve e alla natura del bene trasferito, secondo un panorama di fattispecie che si è andato progressivamente complicando nel tempo. Dato appunto la possibile sovrapposizione tra le due imposte che vengono, in alcuni casi a colpire uno stesso tipo di negozio, si è reso necessario provvedere al regolamento dei rapporti tra i due regimi tributari, onde evitare la doppia imposizione di un'unica manifestazione di ricchezza. Il principio di alternatività IVA/Registro I rapporti tra le due imposte, che con l'andare degli anni si sono, come abbiamo appena detto, sempre più complicati, con la quasi normative tendenti ad isterica alternanza tra aumentare o quanto meno anticipare il prelievo fiscale finale, sottraendo fattispecie al regime Iva e viceversa ad agevolare/sgravare i settori produttivi dell'economia (allargando il relativo campo) sono regolati dall'art. 40 del TUR che, al primo periodo del primo comma, dispone che per gli atti aventi ad oggetto cessioni di beni e/o prestazioni di servizi rientranti nel campo di applicazione dell’IVA, l’imposta di registro si applica in misura fissa. Nel secondo periodo viene precisato che si considerano soggette all'IVA anche le cessioni e le prestazioni per le quali l'imposta non è dovuta a norma dell'art. 7 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (ma tale riferimento normativo, dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, al regime di territorialità IVA, e da intendersi agli artt. da 7 a 7-septies) e quelle di cui al sesto comma del successivo art. 21, ad eccezione delle operazioni esenti ai sensi dell'art. 10, numeri 8) e 8-bis) e 27-quinquies), dello stesso decreto nonchè delle locazioni di immobili esenti ai sensi dell'art. 6 della legge 13/05/1999, n. 133, e dell'art. 10, comma 2, del medesimo D.P.R. n. 633/1972. Una disposizione analoga e contenuta anche nell'art. 5 del TUR che aggiunge però il riferimento anche all'art. 10, numero 8-ter sempre del TU IVA. Come si può desumere dalla normativa appena esposta il principio dell'alternatività trova applicazione non soltanto con riguardo alle operazioni imponibili ai fini IVA, ma anche con riferimento alle operazioni IVA non imponibili, a quelle territorialmente irrilevanti e a quasi tutte le operazioni esenti. La scelta del legislatore di escludere l'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale anche per le operazioni non imponibili o esenti deriva dalla necessità di non vanificare le ragioni sottese al particolare regime agevolativo a cui sono sottoposte tali operazioni dalla normativa IVA. Come abbiamo detto però questo principio, sia pure tra alterne vicende, ha invece subito forti temperamenti alla luce dell'opposta esigenza di fare cassa. In definitiva, le operazioni imponibili ai fini IVA, le operazioni non imponibili, quelle escluse per effetto delle norme sulla territorialità e quasi tutte quelle esenti scontano l'imposta di registro in misura fissa: - in termine fisso, se risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata; - in caso d'uso, se derivanti da scritture private non autenticate. Il comma 1-bis dell'art. 40 dispone che alle locazioni di immobili strumentali si applica l'imposta proporzionale di registro, ancorchè soggette all'IVA, di cui all'art. 10, comma 1, numero 8), del D.P.R. n. 633/1972. L'art. 43, comma 1 contratti relativi lettera i), stabilisce che per i ad operazioni soggette e ad operazioni non soggette ad IVA, la base imponibile e costituita dal valore delle cessioni e delle prestazioni non soggette a detta imposta. Per le operazioni permutative e per le dazioni di pagamento di cui all'art. 11 del D.P.R. n. 633/1972 l'imposta di registro si applica sulla cessione o prestazione non soggetta all'IVA. Il principio di alternatività IVA/Registro ha subito un'attenuazione a seguito dell'emanazione del D.L. 04/07/2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani), convertito con legge 04/08/2006, n. 248. Con l'entrata in vigore di questo decreto, infatti, non tutte le operazioni attratte nel campo applicativo dell'IVA sconteranno l'imposta di registro in misura fissa. Successivamente, una volta intaccato il principio, anche i successivi governi sono più volte intervenuti sul tema per cui allo stato attuale, la distinzione tra campo applicativo dell'imposta di registro e campo Iva un tempo netta (gli immobili ceduti da soggetti iva erano soggetti all'applicazione comunque di tale imposta; negli altri casi si applicava l'imposta di registro) allo scopo fondamentale di incrementare il gettito tributario, prevede invece un confine assai frastagliato, essendo state introdotte invece tutta una serie di eccezioni e distinzioni, fondate sulla natura del bene, sulla qualifica del acquirente e soggetto perfino venditore, sulla data del di soggetto ultimazione dell'immobile. Dal primo punto di vista prima fondamentale distinzione è tra trasferimenti di fabbricati e trasferimenti di terreni. Compravendita di fabbricati Preliminarmente parlare di dobbiamo chiederci compravendita di quando fabbricato. si può Oltre ovviamente al caso del manufatto già completamente finito e accatastato possiamo infatti trovarci in situazioni in cui invece il manufatto non risulta ancora completato. A tale proposito , l’art. 2645-bis c.c. in tema di “trascrizione di contratti preliminari”, al suo sesto comma fornisce una definizione di edificio esistente, prevedendo che per tale debba intendersi l’edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e sia stata completata la copertura. Quando quindi non si sia arrivati a questo stadio della costruzione la fattispecie sarà qualificabile ancora come cessione di terreno. Per questi poi occorre distinguere tra terreni edificabili, terreni a destinazione agricola e terreni non agricoli ma neanche suscettibili di sfruttamento ai fini costruttivi. Per determinare in quale categoria rientri il terreno occorre ovviamente fare riferimento al certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal comune e che a partire dalla legge 47/85 è obbligatorio allegare agli atti di trasferimento di terreni che non siano pertinenze di fabbricati urbani. Ma come è ovvio può accadere che la destinazione effettiva del terreno muti nel tempo. Ebbene come comportarsi quando l'adozione del nuovo PRCG, che comporti appunto un cambio di qualificazione, è in itinere, vale a dire già adottato dal comune ma non ancora approvato a livello regionale? Sull’argomento la giurisprudenza di legittimità nel tempo è venuta ad assumere posizioni diverse. Negli ultimi anni, tuttavia, la Suprema Corte ha prevalentemente sostenuto l’interpretazione secondo cui, ai fini tributari, debbano essere considerate edificabili solamente quelle aree la cui destinazione edificatoria sia prevista da strumenti perfezionati ed efficaci. In particolare, è da segnalare che in una sentenza di inizio 2006, la Corte di Cassazione, tornando ad occuparsi della questione, ha nuovamente ed in maniera incisiva affermato il principio, pienamente condivisibile, in base al quale possono essere considerati edificabili solo quei terreni che siano qualificati tali da “perfetto”, pervenuto, uno strumento cioè, con urbanistico l’approvazione regionale, alla conclusione dell’iter amministrativo (31). Rimangono quindi esclusi da tale nozione quelle aree che per le quali la destinazione edificatoria sia stata prevista da un piano regolatore adottato dal Comune, ma non ancor approvato dalla Regione. Tuttavia quello stesso anno con il Decreto Bersani, all’art. 36, comma 2° viene sancito che un’area è da considerare fabbricabile, se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e di adozione di strumenti attuativi del medesimo. che Questa sembrerebbe elimina completamente il spallata definitiva problema poichè fa addirittura anticipare l’acquisto della qualificazione di area edificabile al momento della semplice adozione dello strumento urbanistico. Lo stesso concetto viene quindi ribadito poco dopo dalle SSUU della Corte di Cassazione. Tutto bene quindi? No perchè come al solito i vari uffici del registro vanno per conto loro e se qualcuno, come pare mi dicono avvenga a Vercelli, si è conformato al nuovo principio, altri (volete provare ad indovinare in particolare quale?) continua a rimanere fermo sull'unico principio che effettivamente pare conoscere: adottare sempre e comunque la soluzione, anche dichiaratamente errata, più favorevole per il fisco (ed infatti a Novara pretendevano di tassare un terreno ex agricolo nel nuovo PRG, non ancora approvato dalla regione, divenuto edificabile, con l'imposta del 18 per cento quando chiaramente il valore del medesimo, alla luce della nuova qualificazione, era ben più alto di quello di un terreno agricolo. Nell'ambito dei fabbricati invece occorre distinguere tra fabbricati ad uso residenziale, abitativi e fabbricati invece strumentali. Questi ultimi sono gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore. Tra di essi bisogna distinguere due categorie: gli immobili strumentali per natura, vale a dire quelli che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (opifici, alberghi); gli immobili strumentali per destinazione, vale a dire immobili che per le loro caratteristiche potrebbero essere utilizzati anche ad altri scopi. Si pensi al deposito o all'autorimessa che possono costituire anche pertinenze di unità abitative o all'appartamento destinato ad alloggio del custode di un industria. Opportuno sottolineare come l'Agenzia delle entrate, con le circolari n. 27/E del 4.8.2006 16.11.2006 abbia chiarito che per e n. 33/E del definire un fabbricato come strumentale o abitativo occorre avere riguardo esclusivamente alla classificazione catastale, e non invece al concreto utilizzo. Dunque si ribadisce che: · sono fabbricati abitativi quelli classificati o classificabili nella categoria catastale A, cat. A/10 esclusa; · sono fabbricati strumentali quelli classificati o classificabili nelle categorie catastali A/10, C, D, ed E. In realtà tale affermazione va corretta in quanto C/2, C/6 e C/7 possono costituire anche pertinenze di immobili ad uso abitativo e in tal caso non sono soggetti alla normativa degli immobili strumentali. La distinzione assume invece fondamentale rilievo nel caso di trasferimenti effettuati da soggetto Iva, vale a dire da soggetto che opera il trasferimento nell'esercizio di imprese ovvero di arti o professioni. Alla luce di quanto sopra specificato possiamo quindi ritornare ai rapporti tra Registro ed Iva. Abbiamo detto che la vendita effettuata da soggetto privato soggiace sempre all'imposta di registro. Quando invece ci troviamo di fronte ad un venditore soggetto IVA occorre distinguere. A tale proposito la disciplina di riferimento è attualmente contenuta nell'art. 10, n. 8 bis e 8 ter. CESSIONE DI FABBRICATI ABITATIVI Sono soggetti all'IVA: 1) – le cessioni dei fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese che vi hanno eseguito – anche tramite imprese appaltatrici – gli interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento; 2) – le cessioni dei fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese che vi hanno eseguito – anche tramite imprese appaltatrici – gli interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dopo cinque anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento, nel caso in cui nel relativo atto di cessione il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione Iva (indipendentemente dalla natura del soggetto acquirente). In questa ipotesi, in presenza della suddetta opzione, si applica il regime del reverse charge se l'acquirente è soggetto passivo IVA. Ne consegue che sono comunque esenti da Iva: 3) – le cessioni effettuate dalle imprese non costruttrici di fabbricati abitativi (a - prescindere dal momento in cui la costruzione o l’intervento è stato ultimato, dalla natura del soggetto acquirente, dalla percentuale di detraibilità dell’Iva da parte di quest’ultimo, o dal fatto che si tratti di alloggi sociali, e senza che vi sia possibilità di esercizio dell’opzione per l’imposizione Iva); 4) – le cessioni effettuate dalle imprese non costruttrici di fabbricati pertinenziali a quelli abitativi, anche in questo caso a prescindere da qualsiasi ulteriore circostanza. CESSIONE DI FABBRICATI STRUMENTALI PER NATURA. Sono ora soggette ad IVA: 5) – le cessioni dei fabbricati strumentali per natura effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese che vi hanno eseguito – anche tramite imprese appaltatrici – gli interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento; 6) – le cessioni dei fabbricati strumentali per natura effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese che vi hanno eseguito – anche tramite imprese appaltatrici – gli interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dopo cinque anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento, nel caso in cui nel relativo atto di cessione il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione Iva (indipendentemente dalla natura del soggetto acquirente). In questa ipotesi, in presenza della suddetta opzione, si applica il regime del reverse charge se l'acquirente è soggetto passivo Iva. Ne consegue che sono comunque esenti da Iva: 7 – le cessioni effettuate dalle imprese non costruttrici di fabbricati strumentali per natura (a prescindere dal momento in cui la costruzione o l’intervento è stato ultimato, dalla natura del detraibilità soggetto dell’Iva da acquirente, parte di dalla percentuale quest’ultimo, salva di la possibilità di esercizio dell’opzione per l’imposizione Iva); si noti che in questo caso non trova applicazione l'iva e viene applicata la sola imposta fissa di registro; 8) – le cessioni effettuate dalle imprese non costruttrici di fabbricati pertinenziali a quelli abitativi, a prescindere da qualsiasi ulteriore circostanza. Si noti che in tutti i casi di cessione di fabbricati strumentali per natura trova comunque applicazione l'imposta ipotecaria nella misura del 3% e catastale del 1%. Per quanto riguarda invece la cessione di terreni, troverà applicazione l'IVA nel caso di cessione di terreno edificabile. In tutti gli altri casi invece si applicherà l'imposta di registro. Sempre in tema di rapporti IVA/registro, si deve accennare all'art. 21 del TUR L'art. 21 del TUR, rubricato “Atti che contengono più disposizioni”, distingue due categorie di atti: - atti che contengono più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre: in tal caso ciascuna di esse e soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto (comma 1); - atti che contengono più disposizioni che, per la loro intrinseca natura, derivano necessariamente le une dalle altre: in questo caso l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che da luogo all'imposizione più onerosa (comma 2). Per "disposizione” si intende una convenzione negoziale suscettibile di produrre effetti giuridici valutabili autonomamente, in quanto in se compiuta nei suoi riferimenti soggettivi, oggettivi e causali. Il 3 comma dell'art. 21 contempla un ulteriore eccezione prevedendo che non sono soggetti ad imposizione: - gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni; - le quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono. Ci rendiamo conto quindi come all'interno di un medesimo atto possano coesistere diverse disposizioni, soggette a tassazione autonoma, Ebbene in tal caso, ciascuna di esse sarà assoggettata alla tassazione relativa, quindi eventualmente alcune ad imposta di registro ed altre ad IVA. Esempio tipico è la permuta. Qualora una delle due prestazioni sia effettuata da un soggetto Iva a favore di un privato si applicherà appunto Iva al trasferimento posto in essere dall'impresa e viceversa l'ordinaria imposta di registro al trasferimento operato dal privato a favore di quest'ultima. Mi sembra a questo punto di dover affrontare, vista la sua rilevanza anche proprio in funzione della distinzione tra Imposta di Registro e IVA il tema della base imponibile, cioè del valore dei beni trasferiti ai fini del calcolo delle dette imposte. L'argomento viene affrontato dagli articoli 43 e 51 del TU registro e dall'art.13 del DPR 633/72. Il primo prevede che per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali il valore imponibile sia costituito dal valore del bene o del diritto alla data dell'atto mentre il secondo precisa che per valore deve intendersi il valore venale in comune commercio. Si noti quindi quella che per me è sempre stata una stortura del sistema impositivo italiano: non si tiene conto dell'effettiva ricchezza trasferita ma, come se il legislatore assumesse di principio lo spirito truffaldino del contribuente italiano, della ricchezza che secondo lo stesso legislatore ritiene connaturata alla fattispecie. In concreto poi l'ufficio del registro si basa e sui precedenti storici (atti posti in essere negli ultimi tre anni e aventi ad oggetto immobili di analoghe caratteristiche in zone limitrofe) nonchè sulle tabelle con le valutazioni del mercato immobiliare. Il rischio è evidente: in periodi di forte svalutazione immobiliare le tabelle ovviamente si adeguano alla realtà effettiva solo a posteriori e, per quanto riguarda gli atti pregressi, non è infrequente di prezzi superiori al valore di mercato determinati da interessi particolari delle parti). In tema di Iva invece il dettato legislativo farebbe riferimento al corrispettivo effetivamente pagato. In proposito deve però tenersi presente che, in attuazione del comma 307 dell'articolo unico della Finanziaria 2007, è stato emanato, il provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate con il quale vengono individuati i criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati, che dovranno trovare uniforme applicazione nei settori impositivi interessati: Iva, imposte dirette e imposta di registro. In via preliminare, giova precisare che, nonostante le importanti novità introdotte, il "Visco-Bersani" non ha modificato il concetto di "valore normale", già presente negli articoli 14 del Dpr 633/1972, che disciplina l'imposta sul valore aggiunto, e 9 del Tuir, che regola le imposte sul reddito. Nelle suddette disposizioni, il valore normale risulta uniformemente definito (con alcune eccezioni, in materia di imposte dirette, per particolari beni, come le azioni, le quote sociali e le obbligazioni) come "il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi". Parimenti, ai fini dell'imposta di registro, il valore normale dei beni immobili continua a identificarsi, ai sensi del comma 2 dell'articolo 51 del Dpr 131/1986, con il "valore venale in comune commercio". Per quanto riguarda le novità in materia di accertamento, il Dl 223/2006 ha ampliato i poteri di rettifica esercitabili dagli uffici finanziari in relazione alle dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette. Prima del 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto, il criterio del valore normale costituiva un elemento presuntivo semplice, a cui occorreva associare ulteriori elementi di prova per giustificare la rettifica dei corrispettivi dichiarati nelle cessioni di fabbricati. Con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, invece, il criterio del valore normale ha acquistato il carattere di presunzione legale relativa, che di per sé autorizza gli uffici finanziari a risalire da un fatto noto (il valore normale, appunto) a un fatto ignoto (il corrispettivo reale). In coerenza con il mutato quadro normativo, è stata abrogata la disposizione in base alla quale, in ambito Iva, non si procedeva alla rettifica del corrispettivo delle cessioni di fabbricati rientranti nei gruppi catastali A, B, C, qualora lo stesso veniva indicato in atto in misura non inferiore al valore catastale determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del Dpr 131/1986, salvo che da atto o documento non emergeva un corrispettivo superiore. Sempre con riferimento all'imposta sul valore aggiunto, occorre ricordare che il comma 23--bis dell'articolo 35, Dl 223/2006, ha stabilito che, nella specifica ipotesi di trasferimenti immobiliari finanziati tramite mutui fondiari o finanziamenti bancari, il valore normale "non può essere inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato". In un primo momento questa disposizione aveva portato ad un accertamento sistematico di tutti le operazioni IVA collegate a mutui negli anni in cui le banche, a cuor leggero, andavo alla ricerca della prima persona che passava per strada pur di erogare qualche somma. A seguito di ulteriori interventi normativi e dottrinali si è però oramai consolidata la prassi per cui, nei trasferimenti a titolo oneroso, la base imponibile, sia ai fini Iva che delle imposte dirette, continua a identificarsi con il corrispettivo pattuito tra le parti, del quale il valore normale costituisce un indizio, non sufficiente da solo però a giustificare l'accertamento di valore. Di segno diverso sono state invece le innovazioni riguardanti l'accertamento di valore ai fini dell'imposta di registro (con le connesse imposte ipotecaria e catastale). Qui, infatti, già esisteva una previsione che permetteva agli uffici di provare l'infedele dichiarazione del prezzo di vendita facendo riferimento al valore venale in comune commercio, da controllare "avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell'atto o a quella in cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni" (articolo 51, Dpr 136/1986). L’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la Circolare n. 6/E/2007, che, in attesa dell’emanazione del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (di cui all’art. 1, comma 307, della Legge n. 296/2006) che individuerà con certezza i criteri di determinazione del “valore normale”, gli uffici potranno far riferimento: per i fabbricati, ai valori indicati nella banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del territorio, privilegiando, ai fini del controllo, gli atti in cui risultino indicati valori inferiori rispetto a tali quotazioni; per le aree fabbricabili, alle determinazioni di valore eventualmente adottate dai comuni con proprio decreto (ai sensi dell’art. 52 del D. Lgs. 446/1997). Nello stesso ambito, di cui sopra, è stato poi ulteriormente chiarito che tali indicazioni non determineranno, comunque, la rettifica “automatica” del valore dichiarato in atto, ma potranno essere utili solo per l’avvio di più approfondite analisi sulla base di altri elementi disponibili o acquisibili mediante un corretto utilizzo dei poteri di controllo. In particolare si è assistito alla prassi da parte degli uffici finanziari di convocare le parti dell'atto richiedendo l'esibizione degli estratti conto dei tre mesi precedenti e successivi all'atto, allo scopo di individuare eventuali movimenti ulteriori intervenuti tra le stesse parti del negozio. In materia di imposta di registro, pertanto, la novità è consistita sostanzialmente nell'ampliamento della platea degli atti di trasferimento immobiliari in relazione ai quali può essere esercitato il potere di rettifica. Sono, infatti, venuti meno i limiti al potere di accertamento valevoli precedentemente per tutti gli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita, se il valore risultava dichiarato in misura non inferiore a quello catastale. Per effetto della suddetta riforma, tutte le cessioni di immobili soggette a imposta di registro possono essere sottoposte ad accertamento sulla base del valore normale, con l'eccezione di quelle aventi a oggetto unità abitative e relative pertinenze, effettuate tra persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di attività artistiche, commerciali o professionali (successivamente la Finanziaria per il 2007 ha limitato quest'ultimo requisito solo alla parte acquirente), per le quali la base imponibile - su richiesta della parte acquirente resa al notaio - è data dal valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo dichiarato in atto. Infatti l'art. 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005 n. 266, c.d. "legge finanziaria 2006" (in Suppl. ord. n. 211/L alla G.U. n. 302 del 29.12.2005) modifica la disciplina dell'imposizione indiretta relativamente ai trasferimenti immobiliari, ed in particolare della base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali per determinate categorie di atti, per i quali la tassazione è effettuata sul valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo pattuito o dal reale valore indicato in atto. La nuova disciplina si applica agli atti formati o autenticati a partire dal 1° gennaio 2006. Presupposto negoziale. Il comma 497 limita la nuova disciplina alle "cessioni" tra persone fisiche. La nozione di cessione comprende sia le fattispecie traslative vere e proprie, sia quelle derivativo-costitutive (quindi la costituzione di diritti reali di godimento). Ricomprende, sotto il profilo causale, in assenza di distinzioni nella lettera della disposizione (a differenza del comma 497), sia le cessioni a titolo oneroso che quelle a titolo gratuito, e nell'ambito delle prime sia quelle nelle quali vi sia (compravendite), un sia corrispettivo quelle pecuniario caratterizzate da corrispettivo non pecuniario. In definitiva, qualunque fattispecie traslativa o costitutiva sia astrattamente idonea ad occultare il reale corrispettivo o valore dell'immobile, fondamento la cui tributario emersione della costituisce nuova disciplina, il e rispetto alla quale la tassazione, ai sensi dell'art. 43 del d.p.r. n. 131/1986, sia ancorata al "valore". Vi rientrano, quindi, le permute e le transazioni, ma anche le fattispecie fiscalmente assimilate alle cessioni (mandato irrevocabile a vendere con dispensa da rendiconto; divisione con conguagli). Non vi rientrano invece l'espropriazione forzata (la cui tassazione è commisurata al prezzo, e non al valore, dall'art. 44 t.u.). Non vi rientrano i provvedimenti giudiziari, in cui un'occultazione del corrispettivo o valore è in radice impossibile. Presupposto oggettivo. Le cessioni in oggetto devono avere ad oggetto "immobili ad uso abitativo e relative pertinenze". Rientrano tra le abitazioni sia la "prima casa" che quella ulteriore, e non è richiesto che si tratti dell'abitazione principale dell'acquirente. Deve però trattarsi di fabbricato iscritto o almeno denunciato al catasto dei fabbricati altrimenti in "categoria" difetterebbe la catastale base abitativa; catastale su cui calcolare l'imposta. Sono quindi esclusi dalla norma i fabbricati rurali, ancorché abitativi, e quelli in corso di costruzione. Quanto alle pertinenze, può trattarsi di immobili di qualsiasi natura (anche terreni agricoli o comunque non edificabili), purché suscettibili di valutazione automatica (esclusi quindi i terreni edificabili, e anche qui i fabbricati non censiti). Non vi sono limitazioni circa il numero delle pertinenze. Nel caso di trasferimento di pertinenza con atto separato, purché risulti il vincolo pertinenziale ad un'abitazione è possibile usufruire della tassazione tabellare. Presupposto soggettivo. La disciplina del comma 497 in un primo momento venne limitata alle cessioni tra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali o professionali. Entrambe le parti dovevano possedere tali requisiti. In seguito è stato invece corretto il tiro per cui detto requisito deve sussistere solo in capo al soggetto acquirente per cui il criterio del prezzo valore si applica anche alle vendite in cui il soggetto cedente è imprenditore nei casi in cui, ovviamente, non trova applicazione l'imposta IVA. Valore catastale. La base imponibile, in presenza dei presupposti normativi, è fissata ex lege in corrispondenza del valore catastale. Ciò significa che, trattandosi di elemento in possesso della pubblica amministrazione, non è assolutamente indispensabile (anche se opportuno) l'indicazione del valore catastale in atto, né la discriminazione dei valori tra più unità abitative oggetto del medesimo negozio. Normalmente si avrà comunque l'indicazione in atto sia del corrispettivo, sia del valore catastale (eventuali errori di calcolo riferiti a quest'ultimo non possono però legittimare rettifiche o tassazioni sul valore reale. Nel caso di fabbricato con rendita catastale proposta, occorrerà inserire in atto anche l'apposita istanza ex art. 12 del d.l. n. 70/1988; secondo parte della dottrina il criterio potrebbe trovare applicazione anche nel caso di immobile privo di rendita (in difetto di rendita, l'indicazione del valore catastale in atto è invece necessaria). In realtà, a parte il dubbio già avanzato da altra parte della dottrina e l'estrema pericolosità del comportamento alla luce della prassi degli uffici finanziari, oramai, a seguito dell'entrata in vigore del DL 78/2010 convertito in Legge 122/2010 sulla corrispondenza situazione reale - registri catastali - registri immobiliari il caso è diventato estremamente raro e può in pratica verificarsi solo nell'ipotesi di trasferimento di immobile in corso di costruzione da parte di un soggetto privato. Nel caso di unico negozio con il quale vengono trasferiti sia immobili abitativi, sia immobili non abitativi né pertinenziali, è indispensabile la distinzione dei relativi corrispettivi (solo la parte di corrispettivo relative corrispondente pertinenze è all'abitazione irrilevante ai e fini dell'imposizione indiretta). Lo stesso vale nel caso in cui solo alcuno degli acquirenti abbia i requisiti soggettivi richiesti, o effettui la necessaria opzione. Nel caso di corrispettivo effettivo inferiore al valore catastale, l'acquirente può non effettuare l'opzione per la tassazione tabellare e, pur con il rischio di possibili accertamenti, ottenere la tassazione sul corrispettivo secondo la disciplina ordinaria. Lo stesso nei casi in cui il corrispettivo sia vincolato per legge, o non possa superare determinati parametri in forza di specifiche convenzioni urbanistiche. A parte queste dichiarare in ultime atto ipotesi un però valore sia chiaro inferiore a che quello determinato in base ai parametri catastali, spiccando oramai come un faro nella notte in mezzo alla marea di vendite a prezzo-valore, costituisce garanzia pressochè assoluta di accertamento e sia quindi da consigliare solo nel caso di palese e macroscopica disparità tra valore catastale e valore di mercato, in pratica solo nel caso di immobili se non proprio fatiscenti per lo meno in forte stato di degrado e previa predisposizione di apposita relazione peritale debitamente supportata da immagini ed asseverata con giuramento. Prendiamo ancora in considerazione, anche se non costituisce una fattispecie negoziale a se stante, l'ipotesi della vendita o costituzione del diritti di usufrutto o di abitazione in quanto presenta aspetti particolari per quanto riguarda la base imponibile L'usufrutto e il diritto reale di godimento che si concreta nel diritto riconosciuto all'usufruttuario di godere ed usare della cosa altrui, traendo da essa tutte le utilità che può dare (compresi i frutti che essa produce), con l'obbligo di non mutarne la destinazione economica. Il diritto di uso, invece, e quello che attribuisce al suo titolare il potere di servirsi di un bene e, se esso e fruttifero, di raccoglierne i frutti, ma solo limitatamente a quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia (art. 1021c.c.). Il diritto di abitazione, infine, e quello che conferisce al titolare soltanto il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia (art. 1022 c.c.). Sotto il profilo tributario, l'art. 48 del TUR prevede che per il trasferimento della proprietà gravata da diritto di usufrutto, uso o abitazione, la base imponibile e costituita dalla differenza tra il valore della piena proprietà e quello dell’usufrutto, uso o abitazione. Il valore dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione è determinato a norma dell'art. 46 (che detta i criteri per la determinazione della base imponibile per le rendite e le pensioni), assumendo come annualità l'ammontare ottenuto moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale di interesse. Di conseguenza, il valore dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione deve essere cosi calcolato: - in via preliminare, bisogna determinare il valore dell'annualità, che si ottiene moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale di interesse; - successivamente applicare i criteri di cui all'art. 46 del TUR che variano a seconda della durata del diritto o dei destinatari del diritto, secondo la tabella che segue: DIRITTO DI USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE VALORE DEL DIRITTO Diritto di usufrutto, uso o abitazione a tempo determinato Valore attuale dell'annualità è calcolato al saggio legale di interesse, che in nessun caso deve essere superiore a 66,66 volte l'annualità. Il calcolo del valore attuale dell'annualità è dato da apposita formula matematica che avrete sicuramente incontrato durante i vostri studi alle scuole medie superiori. Diritto di usufrutto, uso o abitazione a vita Ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per il coefficiente indicato nel prospetto allegato al TUR, applicabile in relazione all'età della persona alla cui morte deve cessare Diritto di usufrutto, uso o abitazione costituito congiuntamente a favore di più persone, che deve cessare con la morte di una qualsiasi di esse Ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per il coefficiente indicato nel prospetto allegato al TUR, applicabile in relazione all'età del meno giovane dei beneficiari Diritto di usufrutto, uso o abitazione costituito congiuntamente a favore di più persone con diritto di accrescimento tra loro Ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per il coefficiente indicato nel prospetto allegato al TUR, applicabile in relazione all'età del più giovane dei beneficiari Diritto di usufrutto, uso o abitazione a tempo determinato, con clausola di cessazione per effetto della morte del beneficiario prima della scadenza Valore attuale dell'annualità, calcolato al saggio legale di interesse, ma in nessun caso superiore all'ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per il coefficiente indicato nel prospetto allegato al TUR, applicabile in relazione all'età della persona alla cui morte deve cessare. Il valore della nuda proprietà e rappresentato dalla differenza tra dell'immobile il e valore quello della piena dell'usufrutto, proprietà uso o abitazione. TRAFERIMENTO DI TERRENI RIVALUTATI Com'è noto il legislatore, nell'intento di fare cassa, è più volte intervenuto negli ultimi anni consentendo la rivalutazione del valore dei terreni edificabili: in cambio del pagamento dell'imposta sostitutiva si poteva quindi "aggiornare" il valore dell'immobile riducendo drasticamente l'emersione di plusvalenza nel momento della sua vendita. In particolare, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lettere a) e b), del T.U.I.R., per i terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° luglio 2011, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, con l'aliquota del 4% sul valore di perizia. Il costo per la relazione giurata di stima è portato in aumento del valore di acquisto del terreno edificabile e con destinazione agricola nella misura in cui è stato effettivamente sostenuto ed è rimasto a carico. Il valore di acquisto dei terreni in oggetto, come sopra rideterminato, maggiorato delle spese di perizia, costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta di registro e dell'imposta ipotecaria e catastale. Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2012. Tutto bene? Non tanto in quanto molti negli anni passati, visto il costante incremento di valore degli immobili, sono stati indotti ad effettuare rivalutazioni poco prudenti, senza tener conto né delle normali dinamiche contrattuali nè delle inevitabili oscillazioni del mercato. Come comportarsi in questo caso? Purtroppo non ci sono molte vie di uscita in quanto una volta fornito noi stessi all'amministrazione finanziaria un valore difficilmente questa mollerà l'osso prima di averlo spolpato. Due strade: o si gioca sul fatto che spesso e volentieri nel marasma burocratico degli apparati statali la nostra rivalutazione vada perduta (giocando sul fatto che non si trattava di un documento acquisito digitalmente e quindi di non facilissima reperibilità), soluzione peraltro poco scientifica e null'affatto professionale; oppure come previsto normativa in materia, possono procedere nell'ultima ad una nuova rideterminazione detraendo dalla nuova imposta quella già versata. Siccome però si prevede che qualora non si sia detratta l'imposta già pagata se ne possa chiedere il rimborso, ma solo fino a concorrenza dell’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata, se ne deve concludere la la parte eccedente già corrisposta sia da considerarsi definitivamente perduta. Passiamo quindi ad esaminare le diverse tipologie di atti che assumono rilievo appunto in tema di trasferimenti immobiliari. Innanzitutto ricordiamo sinteticamente cosa è stato detto nella precedente occasione in tema di contratto preliminare. CONTRATTO PRELIMINARE Scopo fondamentale dello stesso è vincolare le parti alla stipula di un successivo contratto di compravendita determinando fin da subito gli elementi fondamentali di individuazione quest’ultimo, dell’immobile, tra cui ovviamente determinazione del prezzo, tempi e modalità di esecuzione e consentire quindi ad entrambe le parti di pianificare tutte quelle decisioni e operazioni che inevitabilmente si ricollegano alla vendita o all’acquisto di un immobile Innanzitutto ricordiamo l'obbligo di registrare tale contratto, con la sola preliminare concluso da eccezione del contratto venditore soggetto ad Iva e avente ad oggetto esclusivamente terreno edificabile o un fabbricato non ultimato (attenzione che in questo caso non deve essere prevista nemmeno la caparra la cui presenza comporterebbe, non trattandosi appunto di prestazione rientrante nel campo IVA, obbligo di registrazione) e comunque in generale delle scritture private non autenticate aventi ad oggetto esclusivamente prestszioni soggette ad iva: in tal caso si ha obbligo di registrazione sono in caso d'uso (precisare cosa si intende se non lo hai già detto prima) Registrazione del preliminare che comporta il pagamento dell'imposta fissa di registro oltre allo 0,5% sull'eventuale somma di caparra e al 3% nel caso invece di acconti (somma quest'ultima non dovuta in caso di trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA). Obbligo di registrazione del contratto preliminare che grava ovviamente sulle parti del contratto stesso e, a seguito della legge 296 del 2006, all’agente immobiliare (con relativa responsabilità solidale) per gli affari conclusi appunto con l’intervento di quest’ultimo (oltre che ovviamente sul notaio nel caso di atto pubblico o scrittura privata autenticata). Direi di non dilungarci ulteriormente sul contratto preliminare, vista la precedente trattazione, ma di limitarci ad accennare al preliminare destinato ad essere trascritto. In tal caso si tratta inevitabilmente di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, non consentendo la normativa codicistica in tema di trascrizione tale adempimento per atti che non rivestano tale qualità (solo per inciso la cd. cancellazione semplificata delle ipoteche introdotta nel 2007 con il cd Decreto Bersani, che sembrerebbe avere incrinato questo sistema) in realtà non è una vera cancellazione ma una semplice comunicazione fatta a fini di mera pubblicità notizia: non ha cioè gli effetti tipici della trascrizione/iscrizione/annotazione ma si limita a portare a conoscenza generale che l'obbligazione sottostante l'ipoteca è stata estinta e che quindi l'ipoteca deve ritenersi cancellata ai sensi dell'art. 2878 c.c.: mentre quindi la cancellazione vera e propria con atto di pubblico ufficiale comporta inevitabilmente la morte dell'ipoteca che non potrà mai in nessun caso rivivere, ma, al massimo, essere nuovamente iscritta e quindi non potrà più essere opposta ai terzi che nel frattempo abbiano tracritto o iscritto atti a loro favore, nel caso della cd cancellazione semplificata ove l'istituto di credito abbia commesso un errore nel ritenere l'obbligazione estinta (come già accaduto nella realtà) o la comunicazione pervenuta alla conservatoria RRII non sia veritiera, l'ipoteca potrà ancora essere opposta ai terzi, salvo ovviamente i profili di responsabilità di chi abbia commesso l'errore o trasmesso la falsa comunicazione. Ma ritorniamo al contratto preliminare destinato a essere trascritto. Abbiamo detto che inevitabilmente dovrà rivestire la forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata; ma si tratta in realtà di una relazione biunivoca: cioè il preliminare, se stipulato o autenticato predisposto) dal dovrà notaio (e non semplicemente obbligatoriamente, ai sensi dell'art. 2645 bis, 1 comma, essere trascritto. Dal punto di vista della registrazione nulla cambia, se non ovviamente il fatto che a provvedervi sarà direttamente il pubblico ufficiale con il sistema dell'adempimento unico e quindi con l'addebito diretto sul suo conto delle imposte ivi compresa l'imposta di bollo che, in tal caso, si svincola dal vecchio criterio di una marca da bollo per ogni 4 pagine (o 100 righe più precisamente) per essere assolta in modo forfettario nella misura di euro 155, e ovviamente con l'aggiunta dell'imposta ipotecaria nella misura fissa di euro 168 oltre alla tassa ipotecaria di euro 35. Altra conseguenza preliminare scrittura sia del fatto stipulato privata che per autenticata) il atto sarà contratto pubblico (o l'ancorarsi necessario della competenza nell'ufficio del registro nella cui circoscrizione ha sede il pubblico ufficiale, laddove nel caso di preliminare con semplice scrittura privata volendo potremmo andare materialmente a registrare anche dall'altra parte d'italia senza una competenza specifica. Il preliminare, il più delle volte, è prodromico a quella che si può considerare, sia per la maggiore ricorrenza statistica, sia perchè schema contrattuale che in un certo senso viene preso poi a modello per la tassazione della altre ipotesi, fattispecie principe dei trasferimenti immobiliari: Compravendita è la compravendita. il contratto con cui a fronte del trasferimento di un diritto reale su un'immobile, il soggetto che acquista paga un prezzo, vale a dire corrisponde una somma di denaro. Se non ricorrono queste caratteristiche evidentemente ci troveremo di fronte ad una diversa fattispecie contrattuale. Per la compravendita valgono ovviamente tutte le considerazioni già fatte in tema di alternatività tra IVA e registro e sulla determinazione della base imponibile. Prendiamo però ora in considerazione la concreta tassazione dell'atto e alcune ipotesi particolari. La compravendita trova la propria previsione fiscale tipica all'art. 1 della tariffa parte prima allegata al TU Registro. Al primo comma contempla gli "Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi, salvo quanto previsto dal successivo periodo". Ebbene questa era una volta la normativa generica per tutti i trasferimenti immobiliari, da cui rimaneva escluso solo il trasferimento dei terreni agricoli a favore di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli di cui al vecchio secondo comma. A partire dalla legge finanziaria del 2000 (488/1999) è stato introdotto un nuovo secondo comma a cui il primo fa riferimento con quel "salvo quanto previsto ...". A partire dal 2000 pertanto occorre distinguere tra trasferimento di fabbricati e relative pertinenze che vengono tassati con l'aliquota del 7%; terreni agricoli aliquota 15% e terreni di diversa natura (comunque non agricoli) 8%. Fanno seguito fattispecie poi nel particolari, medesimo legate articolo alla alcune peculiarità dell'immobile trasferito ovvero alla qualifica del soggetto acquirente. Così se il trasferimento ha per oggetto immobili di interesse storico, artistico e archeologico soggetti alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, semprechè l'acquirente non venga meno agli obblighi della loro conservazione e protezione la vendita viene tassata al 3%. Ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 3% la parte acquirente: a ) ove già sussista il vincolo previsto dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089, per i beni culturali dichiarati, deve dichiarare nell'atto di acquisto gli estremi del vincolo stesso in base alle risultanze dei registri immobiliari; b ) qualora il vincolo non sia stato ancora imposto deve presentare, contestualmente all'atto da registrare, una attestazione, da rilasciarsi dall'amministrazione per i beni culturali e ambientali, da cui risulti che è in corso la procedura di sottoposizione dei beni al vincolo. L'agevolazione è revocata nel caso in cui, entro il termine di due anni decorrente dalla data di registrazione dell'atto, non venga documentata l'avvenuta sottoposizione del bene al vincolo. Le attestazioni relative ai beni situati nel territorio della regione siciliana e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono rilasciate dal competente organo della regione siciliana e delle province autonome di Trento e Bolzano. L'acquirente decade altresì dal beneficio della riduzione d'imposta qualora i beni vengano in tutto o in parte alienati prima che siano stati adempiuti gli obblighi della loro conservazione e protezione, ovvero nel caso di mutamento di destinazione senza la preventiva autorizzazione dell'amministrazione per i beni culturali e ambientali, o di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello stessi. L'amministrazione Stato per i sugli beni immobili culturali e ambientali dà immediata comunicazione all'ufficio del registro delle violazioni che comportano la decadenza. In tal caso, oltre alla normale imposta, è dovuta una soprattassa pari al 30% dell'imposta stessa, oltre agli interessi di mora di cui al comma 4 dell'art. 55 del testo unico. Dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine di cui all'art. 76, comma 2, del testo unico. Si noti che in tale ultimo caso la compravendita dovrà necessariamente passare attraverso una duplice fase: un contratto condizionato sospensivamente al mancato esercizio della prelazione da parte dello stato, che sconterà le sole imposte fisse; e un successivo atto di constatazione dell'avveramento della condizione al quale si applicheranno invece le consuete imposte proporzionali. Altra fattispecie interessante è quella contemplata al sesto comma e si ricollega al complesso mondo dei rapporti IVA/Registro. Se il trasferimento avente per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricato è esente dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell' art. 10, primo comma, numero 8-bis,, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , ed è effettuato nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la rivendita di beni immobili, a condizione che nell'atto l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro tre anni, la vendita viene tassata con l'aliquota del 1%. Questo periodo venne aggiunto dall’articolo 3, comma 14, lettera c), del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 1997 n. 30 per bilanciare la contemporanea sottrazione al regime iva delle compravendite di fabbricati effettuate da soggetti Iva non qualificabili però come costruttori. Occorre sottolineare appunto come comunque presupposto fondamentale di questa aliquota agevolata sia il fatto di ricadere in ipotesi sottratta all'applicazione dell'IVA per effetto del più volte citato articolo 10: non opera, come invece spesso mi sono sentito chiedere, nel caso di impresa che acquisti un fabbricato da un soggetto privato, quindi un soggetto che comunque non rientra nel campo di operatività del DPR 633/72. Ove non si realizzi la condizione, alla quale è subordinata l'applicazione dell'aliquota dell'1 per cento, del ritrasferimento entro il triennio, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria e si rende applicabile una soprattassa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui al comma 4 dell'art. 55 del presente testo unico. Dalla scadenza del triennio decorre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria. Se il trasferimento avviene a favore dello Stato, ovvero a favore di enti pubblici territoriali o consorzi costituiti esclusivamente fra gli stessi ovvero a favore di comunità montane euro 168,00. Se il trasferimento ha per oggetto immobili situati all'estero o diritti reali di godimento sugli stessi euro 168,00 (6) Se il trasferimento avviene a favore di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) a condizione che la ONLUS dichiari nell'atto che intende utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento della propria attività e che realizzi l'effettivo utilizzo diretto entro 2 anni dall'acquisto euro 168. In caso di dichiarazione mendace o di mancata effettiva utilizzazione per lo svolgimento della propria attività è dovuta l'imposta nella misura ordinaria nonchè una sanzione amministrativa pari al 30 per cento della stessa imposta. Se il trasferimento avviene a favore delle istituzioni riordinate in aziende di servizi o in organizzazioni non lucrative di utilità sociale ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-quinquies euro 168,00 (anche qui alle stesse condizioni e con le stesse eventuali sanzioni previste al punto precedente). Un attenzione fattispecie: particolare l'acquisto meritano cd prima però casa due e il trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati, in quanto come facilmente immaginabile, costituiscono quantitativamente le due ipotesi agevolative di maggiore importanza. In realtà non si tratta più di agevolazioni in senso proprio, cioè di previsioni che derogano al trattamento tributario ordinario, ma, a seguito del loro inserimento direttamente all'interno del TUR, di vere e propri regimi di tassazione. Incominciamo dalle agevolazioni prima casa Innanzitutto il dettato normativo Se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis) Quest'ultima prevede poi che ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 3 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni: a ) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, l'acquirente sia cittadino nel caso in cui italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto (13); b ) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare; c ) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui all'art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168, all'art. 2 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118, all'art. 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415, all'art. 5, commi 2 e 3, dei decreti-legge 21 gennaio 1992, n. 14, 20 marzo 1992, n. 237, e 20 maggio 1992, n. 293, all'art. 2, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 luglio 1992, n. 348, all'art. 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 settembre 1992, n. 388, all'art. 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 novembre 1992, n. 455, all'art. 1, comma 2, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, e all'art. 16 del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243. 2 . In caso di cessioni soggette ad imposta sul valore aggiunto le dichiarazioni di cui alle lettere a ), b ) e c ) del comma 1, comunque riferite al momento in cui si realizza l'effetto traslativo, possono essere effettuate, oltre che nell'atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare. 3 . Le agevolazioni di cui al comma 1, sussistendo le condizioni di cui alle lettere a ), b ) e c ) del medesimo comma 1, spettano per l'acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze dell'immobile di cui alla lettera a ). Sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, che siano destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell'acquisto agevolato. Diversi sono i punti sui quali si è aperta discussione in dottrina e nella prassi alcuni dei quali, per fortuna, hanno ricevuto risposta in svariati documenti emanati dall'agenzia delle entrate. Cerchiamo di riassumere almeno le principali. Innanzitutto pacifico oramai, stante la diversa formulazione della norma rispetto a versioni precedenti dell'agevolazione, che ai fini della stessa non occorre assumere la residenza proprio nell'immobile acquistato ma è sufficiente averla (o trasferirla) nel comune in cui il medesimo immobile è situato. Attenzione che questo vale solo ai fini dell'applicazione del regime agevolativo sull'acquisto: diversa conclusione vale invece per altre agevolazioni connesse all'acquisto prima casa quali la detrazione degli interessi passivi del mutuo o quale un'eventuale credito d'imposta o ancora ai fini IMU. Rarissimo, e comunque a me mai capitato, il caso dell'acquisto in comune in cui l'acquirente svolge la sua attività. Più frequente è il caso dell'acquisto di italiano trasferito all'estero: in questo per usufruire dell'agevolazione sarà necessario essere iscritti all'AIRE del comune di ultima residenza in Italia e ovviamente l'acquisto potrà avvenire in qualsiasi luogo del territorio nazionale. Un requisito che in passato ha creato qualche problema è quello di non possedere in comunione con il coniuge altra casa di abitazione. L'amministrazione finanziaria in passato aveva interpretato in maniera estensiva il requisito: riteneva causa di esclusione dell'agevolazione il fatto di essere sposati in regime di comunione legale dei beni con persona che possedeva un immobile nel medesimo comune; per cui si era reso necessario in tutti questi casi procedere alla stipula preventiva di convenzione avente ad oggetto la scelta del regime della separazione dei beni. Oggi finalmente, a seguito di costante dottrina e giurisprudenza in senso contrario, anche gli uffici finanziari si sono convinti che occorre comunque fare riferimento al solo soggetto acquirente per cui è sufficiente che il bene, posseduto dall'altro coniuge, sia escluso dalla comunione legale dei beni. Attenzione che invece questo principio continua ad essere seguito nel caso di acquisto da parte di uno solo dei coniugi (in regime di comunione legale e senza l'intervento dell'altro per escludere dalla stessa il nuovo bene): e ciò per la mancata dichiarazione da parte appunto del coniuge non presente della possidenza anche da parte sua dei requisiti per usufruire dell'agevolazione, anche se di fatto ne sia in possesso. Anche qui la giurisprudenza si è già più volte pronunciata in senso contrario per la considerazione che l'acquisto dell'altro coniuge è un effetto ex lege successivo all'atto per cui a rilevare è solo il possesso dei requisiti da parte del soggetto che interviene all'atto. Per quanto riguarda il profilo oggettivo, legato alla prepossidenza di altra abitazione, sottolineamo alcuni punti: 1) Innanzitutto è necessario non possedere, per intero, altra casa di abitazione, nel medesimo comune in cui si acquista, o più precisamente, non essere titolare di altro diritto dell'immobile reale che (piena attribuisca proprietà, il godimento usufrutto e abitazione; la legge parla anche di uso ma in realtà almeno nella nozione codicistica del diritto l'uso non può riferirsi ad un'abitazione); Il fatto di essere comproprietari di un immobile con altri soggetti (ad es. con i fratelli a seguito di successione ai genitori) non impedisce il nuovo acquisto; unica eccezione come abbiamo appena detto il caso che il comproprietario sia l'altro coniuge. Questo crea qualche ingiustizia nel caso di coniugi separati (non divorziati ovviamente perchè non sarebbero più coniugi): se la casa tra gli accordi della separazione viene assegnata in godimento, e non trasferita in piena proprietà, ad uno solo di essi, l'altro non potrà acquistare altra abitazione con le agevolazioni prima casa pur non avendo la disponibilità materiale effettiva di un'abitazione; per consolidato orientamento giurisprudenziale poi, la disponibilità di altra abitazione deve essere non solo oggettiva, ma anche soggettiva; vale a dire che ricorre il requisito nel senso dell’applicazione del beneficio, anche all’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia. Attenzione però ad applicare poi in concreto questo beneficio perchè come sempre ci si deve scontrare con le teste degli uffici finanziari. Tuttavia un effetto sicuro negli anni Attualmente questa giurisprudenza infatti si ammette lo la ha prodotto. possibilità di acquistare un nuovo immobile contiguo, adiacente a quello già l'abitazione posseduto, già destinato esistente. A tal ad fine ampliare occorre dichiarare in atto espressamente tale intento e in concreto poi effettuare tutti i lavori e gli adempimenti catastali necessari alla fusione dei due immobili in un'unica unità catastale; e si noti che l'agevolazione compete anche se il primo immobile non era stato acquisito fruendo delle agevolazioni prima casa; 2) è necessario poi non possedere, in questo caso nemmeno per quote, in tutta italia, un qualsiasi diritto reale su un'immobile abitativo, acquistato con le agevolazioni prima casa. In questo caso quindi ad escludere è l'agevolazione sufficiente anche la semplice nuda proprietà. Attenzione che in questo caso il termine acquisto va utilizzato in senso tecnico: vale a dire di contratto a titolo oneroso traslativo di un immobile. Non è infatti causa di esclusione del beneficio il fatto di possedere altro immobile ricevuto per successione o per donazione sfruttando i requisiti prima casa e ciò fondamentalmente per effetto di un errore di coordinamento tra le due normative. Abbiamo visto come la legge preveda che, in caso di rivendita dell'immobile prima che siano passati 5 anni, o si procede al riacquisto di altra abitazione entro un anno dall'alienazione o si va incontro al recupero da parte dell'agenzia delle entrate delle imposte come se il trasferimento fosse stato fin dal principio di seconda casa. Entro detto termine deve procedersi alla stipula di un vero e proprio atto di acquisto; non è sufficiente il semplice preliminare. e deve trattarsi di acquisto di fabbricato abitativo: non basta ad escludere la decadenza l'acquisto di terreno su cui edificare la nuova abitazione. E' stato invece escluso che vi sia alienazione, e quindi decadenza dall'agevolazione in un caso particolare ma tutto sommato non così infrequente. Si pensi all'ipotesi della successione in cui uno degli eredi abbia chiesto la prima casa. Gli stessi procedono poi ad una divisione e l'immobile viene assegnato a soggetto diverso da quello che aveva chiesto le agevolazioni. L'amministrazione argomentando dalla finanziaria natura in tal dichiarativa caso, della divisione, ha ritenuto che nella fattispecie non ci sia atto di alienazione e quindi decadenza; il tutto anche nell'ipotesi di divisione con conguaglio purchè i beni utilizzati per il conguag facciano anch'essi parte della massa ereditaria (anche se in realtà dobbiamo sottolineare che in quest'ultimo caso non si può parlare propriamente di conguaglio; se vengono assegnati, a compensare il diverso valore degli immobili attribuiti, altri beni facenti parte della massa ereditaria è evidente che si tratta sempre di divisione e non appunto di conguaglio che presuppone invece chiaramente il pagamento con denaro proprio del condividente diciamo, anche se il termine è improprio, "leso" nella divisione. Al contrario non si ha decadenza delle agevolazioni in un'ipotesi particolare. Un soggetto ha acquistato un’abitazione beneficiando delle agevolazioni previste per l’acquisto della “prima casa”, vende prima che sia quinquennale dall’acquisto successivamente al primo decorso il termine agevolato.Tuttavia acquisto agevolato, ha acquistato un secondo immobile nello stesso comune ove è sita la nuova abitazione che intende acquistare per non decadere dall’agevolazione. In sede di riacquisto quindi come abbiamo appena visto non avrà diritto ad usufruire delle agevolazioni prima casa. Ma in base a quanto previsto dalla citata nota II-bis), comma 4, dell’articolo 1, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, al fine di impedire il verificarsi dell’ipotesi di decadenza dal regime agevolato prevista in caso di cessione infraquinquennale dell’immobile, occorre procedere all’acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale. E’, quindi, indispensabile che il nuovo immobile acquistato sia utilizzato come dimora abituale del contribuente. riacquisto Attenzione nel medesimo quindi che comune nel occorre caso di comunque trasferire la residenza al nuovo indirizzo, salvo riuscire a dimostrare altrimenti (principalmente con contratti relativi alle utenze domestiche) che la casa, nonostante una diversa residenza, viene effettivamente utilizzata come dimora abituale. Ma, stante la formulazione della norma, deve ritenersi che il mantenimento subordinato alla delle agevolazioni sussistenza delle non sia condizioni richieste dalla lettera a), b) e c) del comma 1 della citata nota II–bis) e quindi alla circostanza che il nuovo acquisto venga effettuato con la richiesta delle agevolazioni prima casa. E non è nemmeno necessario che l'immobile riacquistato sia situato in Italia. Proprio al fine di assicurare il rispetto di tale condizione, deve ritenersi che anche nell’ipotesi in cui l’immobile acquistato sia situato in uno Stato estero non si decade dall’agevolazione, semprechè sussistano amministrativa che strumenti consentono di di cooperazione verificare che effettivamente l’immobile ivi acquistato sia stato adibito a dimora abituale. I medesimi requisiti devono ricorrere invece, ai fini dell’applicazione della disciplina di cui all’articolo 7 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che prevede la concessione di un credito d’imposta a favore dei contribuenti che acquistano, entro un anno dall’alienazione dell’immobile per il quale si è fruito dell’aliquota agevolata, un’altra casa di abitazione “non di lusso”. Invero, in tale ultima ipotesi il legislatore ha subordinato espressamente la concessione del credito al ricorrere “…delle condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131…”. L’agevolazione consiste in un credito di imposta, fino a concorrenza del minore importo tra l’imposta di registro o l’Iva pagata in relazione al precedente acquisto agevolato, e l’imposta di registro o l’Iva dovuta per l’acquisto della nuova abitazione. Condizioni per ottenere la nuova agevolazione sono quindi le seguenti: 1) - aver usufruito in passato delle agevolazioni per la prima casa (ai fini dell’imposta di registro o dell’Iva), in base ad uno dei provvedimenti legislativi succedutisi dal 1982 ad oggi, e quindi aver acquistato un immobile abitativo a decorrere da tale data (in realtà poi in via di prassi si è poi giunti ad ammettere che si possa usufruire del CI anche nel caso di acquisto in regime di IVA di immobile per il quale si sarebbe stati in possesso dei requisiti per l'acquisto prima casa in data anteriore al 22 maggio 1993 a condizione che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari appunto il ricorrere di questa circostanza: prima di tale data infatti l'aliquota ridotta era applicabile alle realizzazioni ed alle cessioni di tutti i fabbricati abitativi di nuova costruzione di cui all'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, effettuate da imprese costruttrici, indipendentemente dalla condizione che detti immobili costituissero la c.d. "prima casa" per l'acquirente. 2) - aver alienato (a qualsiasi titolo, anche gratuito) l’immobile agevolato; 3) - che non sia trascorso più di un anno dall’alienazione dell’immobile agevolato; 4) - l’acquisto, a qualsiasi titolo (ovviamente pero’ sempre a titolo oneroso, ex art. 1, nota II-bis della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, richiamata dalla nuova norma), di abitazione non di lusso, da soggetto privato o da imprenditore, e quindi soggetto indifferentemente ad imposta di registro o ad Iva; 5) - la sussistenza, rispetto al nuovo acquisto, delle condizioni per usufruire delle agevolazioni per la prima casa. (Con riferimento al requisito sub 4), la legge parla di acquisto a qualsiasi titolo in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis dell’art. 1 della tariffa, il che potrebbe far pensare alla possibilità, ad esempio, ricorrendo le suddette condizioni di cui alla nota II-bis, di acquistare per donazione usufruendo delle agevolazioni per il riacquisto, senza usufruire delle agevolazioni per la prima casa. Senonchè, il comma 2 dell’art. 7 parla di “imposta di registro” relativa all’“atto di acquisto agevolato” che determina il credito d’imposta, con ciò facendo apparire che il credito d’imposta medesimo nasce solo a seguito di un atto soggetto ad imposta di registro agevolata). Ricorrendo questi presupposti, sorge il credito d’imposta, che può essere utilizzato in uno dei seguenti modi: a) - diminuendo l’imposta di registro dovuta sul nuovo atto di acquisto agevolato (sembra, dal tenore letterale della norma, che non possano diminuirsi le imposte ipotecarie e catastali, probabilmente perchè già dovute in misura fissa; ciò comporta che sono comunque dovute le imposte fisse ipotecaria e catastale per il nuovo acquisto). b) - diminuendo le imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute su altri atti e denuncie presentati successivamente al sorgere del credito. c) - diminuendo le imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base a dichiarazioni da presentarsi successivamente al sorgere del credito. d) - utilizzando il credito d’imposta in compensazione ai sensi del D. Lgs. 9 luglio 1997 n. 241. Tra le modalità di utilizzo non vi e’ la diminuzione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in relazione al nuovo acquisto (l’ipotesi principale e’ quella dell’acquisto da impresa costruttrice): in questo caso l’unico modo per usufruire delle agevolazioni e’ quello sub lettere b), c) e d). Non e’ neanche utilizzabile, quale modalità di utilizzo del credito d’imposta, la richiesta di rimborso delle imposte già pagate in occasione del primo acquisto. Rispetto alle modalità di fruizione sub lettere b), c) e d), occorre d’altronde precisare che la legge non prevede alcun termine d’imposta, che può per usufruire del credito quindi essere utilizzato anche dopo anni dall’acquisto agevolato. Nulla impedisce, inoltre, che il credito d’imposta venga utilizzato in parte diminuendo una determinata imposta (ad esempio, imposta di registro), ed in parte un’altra (ad esempio, Irpef). La legge non impone poi particolari oneri di documentazione al contribuente che intenda usufruire della nuova agevolazione: sembra doversi ritenere che, salva l’opportunità di indicare in atto gli estremi del primo atto di acquisto agevolato e del relativo atto di alienazione, non vi sia comunque un obbligo in questo senso, non potendo comunque l’Amministrazione finanziaria, in ottemperanza alle norme regolatrici del procedimento amministrativo, richiedere al contribuente documentazione di cui si trovi già in possesso. La legge non prevede una richiesta di agevolazioni in atto a pena di decadenza, ne’ alcuna dichiarazione della parte acquirente: si ritiene peraltro necessario, vista la facoltà di scelta del contribuente tra più modalità di utilizzo del credito di imposta, che il contribuente, in atto o con separata istanza da produrre al momento della registrazione, chieda all’ufficio di avvalersi del credito d’imposta in diminuzione dell’imposta di registro dovuta per il nuovo acquisto: diversamente l’ufficio non potrebbe autonomamente prendere tale decisione. La nuova norma agevolativa si riferisce sempre all’acquisto di “casa di abitazione”, non contemplando, a differenza dell’art. 1, nota II-bis della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, le pertinenze. Sembra peraltro, per evidenti ragioni di omogeneità di trattamento fiscale, che anche queste ultime debbano essere ricomprese nella nuova disposizione, sia pure agevolando il riacquisto di una pertinenza solo a fronte dell’alienazione di altra pertinenza, o di una nuova abitazione a fronte dell’alienazione di una precedente abitazione. Occorre infine rammentare che, ove l’atto di alienazione del primo immobile agevolato venga posto in essere quando non siano ancora decorsi cinque anni dall’acquisto, al fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni e le relative sanzioni e’ necessario: 1) - che entro un anno dall’alienazione si acquisti un altro immobile; 2) - che il nuovo immobile venga adibito dall’acquirente a propria abitazione principale (quest’ultima condizione e’ prescritta dalla nota II-bis dell’art. 1 della tariffa all’esclusivo fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni e le sanzioni relative, e non, quindi, agevolativa. ai In fini ogni della caso, nuova nessuna disciplina menzione obbligatoria e’ richiesta in atto). Cosa succede nel caso di ripetuti acquisti, vendite e riacquisti? Ebbene il dettato normativo non contempla espressamente questa ipotesi. L'AGENZIA DELLE ENTRATE nella risposta ai classici quesiti che le vengono periodicamente sottoposti ha contemplato espressamente solo il caso di operazioni effettuate nell'ambito IVA. Per tale ipotesi dunque è stata espressamente prevista la possibilità di utilizzare più volte il credito d'imposta. Ovviamente tutte le volte sarà dato dall'importo minore tra l'Iva pagata nel precedente acquisto agevolato e l'imposta da versare per il nuovo atto di acquisto. E nel caso di imposta di registro? La risposta unanime in dottrina è stata che anche in questo caso il redito d'imposta è reiterabile. E ciò in quanto ogni volta che si acquista si paga una nuova imposta. Il beneficio concesso infatti è un credito, quindi un valore che la legge prevede espressamente possa essere portato in pagamento della nuova imposta, e non un'esenzione da imposta. Quindi ogni volta anche qui avremo un credito pari alla minor somma tra l'imposta pagata (anche se pagata tramite utilizzo di precedente credito) per il precedente acquisto e quella dovuta sull'ultimo riacquisto. A quello che ne sò in base ai commenti dei colleghi gli uffici finanziari di quasi tutta Italia si sono conformati a questa interpretazione. Unica eccezione Novara che adotta un criterio tutto suo e in palese contrasto con la vigente normativa. Secondo questi il credito effettivamente nell'ultimo è versato acquisto dato solo dell'imposta ho dall'importo per corrisposto cui se l'imposta interamente con il credito maturato, al passaggio successivo non avrò più diritto a nuovo credito. Per assurdo però ammette anche nei passaggi successvi la detrazione dell'importo pagato nel primo acquisto anche rispetto ai passaggi successivi, laddove invece il credito non è dato da tutta la vecchia imposta ma solo dal minore importo la tra vecchia già pagata e la nuova da pagare per cui l'eventuale importo eccedente del primo pagamento va perduto. E tutto questo pur in presenza di un parere dell'ufficio regionale confermato di Torino appieno che, la da mia me interpellato, ricostruzione ha (seguita appunto in tutta Italia: "cambieremo idea solo a fronte di una pronuncia giurisprudenziale a noi contraria" è stato testualmente detto). A parte l'ovvia considerazione dell'incostituzionalità di una siffatta normativa, ove quest'ultima interpretazione fosse corretta (differente trattamento di due ipotesi uguali tra loro, non essendoci alcuna differenza sostanziale tra acquisto IVA e acquisto a registro) cosa ci resta da fare? La risposta è il consiglio che dò a chi si trova in questa situazione: non portare mai il credito in detrazione dell'imposta dell'acquisto ma utilizzarla in sede di pagamento irpef. Purtroppo però il più delle volte la risposta è "meglio pochi subito che ..." Agevolazione simile alla cd. prima casa discende dal combinato disposto del comma 131 dell'art.3 della Legge 28 dicembre 1995 n.549 (appunto la prima casa) e dell'art. 66 della Legge 342 del 21 novembre 2000, e riguarda il personale in servizio permanente appartenente alle Forze Armate e alle Forze di Polizia ad ordinamento militare o civile. Questi ultimi infatti hanno diritto ad usufruire del medesimo trattamento fiscale ma non hanno l'obbligo di trasferire la residenza nel comune in cui è situato l'immobile acquistato (ciò evidentemente in considerazione del fatto che potrebbero essere soggetti a successivi e repentini trasferimenti per ragioni di ufficio). Rimangono fermi invece gli altri requisiti. Si noti che stesso discorso vale per tale categoria anche per poter successivamente usufruire del credito d'imposta. Inoltre la detrazione prevista dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 13-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, e successive modificazioni, concernente detrazioni per oneri, è sempre concessa al personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare, nonchè a quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile in riferimento ai mutui ipotecari per l'acquisto o la costruzione di un immobile costituente unica abitazione di proprietà prescindendo dal requisito della dimora abituale. IL REGIME TRIBUTARIO DEI TRASFERIMENTI DI IMMOBILI COMPRESI IN PIANI URBANISTICI PARTICOLAREGGIATI RIFERIMENTI NORMATIVI Art. 1, commi 25-28 L. 244/2007 (omissis) 25. Nel testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,n. 131, all’articolo 1 della Tariffa, parte I, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se il trasferimento ha per oggetto immobili compresi diretti in piani urbanistici all’attuazione dei particolareggiati programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto: 1 per cento». 26. All’articolo 1-bis della Tariffa annessa al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero che importano il trasferimento di proprietà, la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari attinenti ad immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati». 1. Disciplina innovativa introdotta dalla finanziaria 2008 I commi 25 e 26 dell’art. 1 della legge n. 244/2007 (finanziaria 2008) riscrivono nuovamente la tassazione dei trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione di programmi denominati, di edilizia prevedendo residenziale per la prima comunque volta l’introduzione della fattispecie all’interno dei testi normativi di riferimento per quanto riguarda l’imposta di registro (decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131) e l’imposta ipotecaria (decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347). Tecnicamente non si tratta più di un’agevolazione, ma di una diversa tassazione nell'ambito della disciplina base ordinaria di un determinato tributo, per una determinata fattispecie traslativa, particolare rispetto a quella generale dei “trasferimenti immobiliari”, più favorevole al contribuente per quanto riguarda l'imposta di registro, meno favorevole per quanto riguarda l'imposta ipotecaria (1), irrilevante rispetto a quella catastale. Più precisamente nella disciplina dell’imposta di registro di cui all’articolo 1 della Tariffa, parte I, è aggiunto, in l’applicazione specificando condizione un periodo dell’aliquota che che fine, tale dell’uno disposizione l’intervento che cui è per si dispone cento, applica “a finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto”. Nella disciplina dell’imposta ipotecaria di cui all’articolo 1-bis della Tariffa annessa al testo unico (introdotto in termini decisamente innovativi dal d.l. n. 223/2006 cd. decreto Bersani con riferimento ai trasferimenti di immobili strumentali di cui all’art. 10, n. 8ter del decreto Iva) è aggiunta la fattispecie relativa ai piani urbanistici particolareggiati alla quale risulta dunque oggi applicabile l’aliquota del tre per cento. Sul versante dalla imposizione, quindi, la novella si occupa sia dell’imposta di registro, nulla innovando per quanto riguarda la aliquota rispetto alla precedente normativa, che della imposta ipotecaria, stabilendone l’aliquota del tre per cento. Ignora invece la imposta catastale. La finalità della novella pare essere quella di indurre, usando la leva fiscale, al completamento degli interventi di edilizia residenziale, programmati dal Comune, tramite denominati), piani entro particolareggiati 5 anni, (comunque “agevolando” complessivamente (1% di registro + 3% di ipotecaria) chi lo fa, penalizzando (8% di registro + 3% di ipotecaria) chi non lo fa. Come si è osservato, tanto la aliquota di registro, quanto quella della ipotecaria sono aliquote a regime. Pertanto, allo stesso modo in cui le aliquota del 7% e dell'8 % si applicano ordinariamente rispettivamente ai fabbricati e ai terreni (non agricoli), così agli immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati per la attuazione di programmi di edilizia residenziale, si applica l’aliquota dell'1% salvo decadenza (senza sanzioni) in mancanza di completamento dell'intervento nel quinquennio, a prescindere da una espressa sacramentale richiesta contenuta nell’atto. 2. Evoluzione storica della disciplina Il successivo comma 27 dispone l’abrogazione del comma 15 dell’articolo 36 della legge n. 248 del 4 agosto 2006, che recava, a sua volta, l’abrogazione parziale dell’articolo 33 comma 3 della legge 388 del 23 dicembre 2000, modificando la precedente disciplina tributaria relativa ai piani urbanistici particolareggiati. Si ricorda infatti che ad opera di recenti interventi normativi (di cui all’art. 36 comma 15 del citato decreto ‘Bersani’ e al comma 306 articolo unico della Legge n. 296/2006 – cd. Finanziaria 2007), il regime fiscale agevolato in caso di trasferimento di immobili siti in aree soggette ai piani urbanistici particolareggiati, era stato ridotto in un ambito, per così dire, residuale. I trasferimenti, per poter essere assoggettati al regime premiale, dovevano essere “diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione”, e ciò in quanto al di fuori di questa ipotesi (divenuta eccezionale) il previgente regime agevolativo risultava abrogato. L’articolo 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ("legge finanziaria 2001"), a sua volta, prevedeva infatti un particolare trattamento fiscale per "i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale", ed "a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento". Ricorrendo tali presupposti, la norma assoggettava i medesimi atti all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa. Va inoltre sottolineato che il legislatore, con l’articolo 76 della l. 28 dicembre 2001 n. 448, sotto la generica rubrica "regime fiscale dei trasferimenti di beni immobili", aveva ritenuto opportuno emanare una disposizione interpretativa dell’agevolazione, di cui al predetto art. l’agevolazione 33, spetta comma "anche 3, chiarendo nel caso in che cui l’acquirente non disponesse in precedenza di altro immobile compreso nello stesso piano urbanistico". 2.1. Attuale individuazione e contenuto del beneficio tributario Nelle prime note alla finanziaria 2008 pubblicate in CNN Notizie del 3 gennaio 2008 si è rilevato come la novella organizzi il trattamento di favore per il trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati in modo dissimile da quello portato dalla normativa precedente. In particolare, il legislatore pone come “condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto”, lasciando con ciò intendere che l’obbligo sia stabilito nei confronti del soggetto che attua il trasferimento. Dal raffronto delle diverse espressioni utilizzate dal legislatore si ricava del resto l’attuale natura soggettiva del regime cd. agevolativo, dunque sostanzialmente differente dalla natura oggettiva che caratterizzava la disciplina previgente (art. 33, comma 3 citato). La novella impone infatti espressamente l’obbligo del completamento dell’intervento a carico del soggetto che ha goduto del trattamento di favore, per cui la alienazione dell’immobile prima di tale completamento è causa di decadenza dalla agevolazione. In tal senso non trovano applicazione alla nuova disposizione le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziale prodotte sulla precedente normativa, che – seppur non uniformemente – avevano concluso per il reiterarsi del beneficio in capo ai vari acquirenti dell’immobile nel quinquennio, a prescindere dallo status dell’intervento. In merito si ricorda peraltro il parere difforme dell’Agenzia delle entrate espresso nella Ris. n. 40/E/2005. E' però possibile usufruire del beneficio in ogni fase di realizzazione dell'intervento antecedente il suo “completamento”, per l'acquirente che entro cinque anni dalla data dell'atto di acquisto proceda al completamento. La precedente normativa richiedeva inoltre che gli immobili fossero compresi in “piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai regionale", sensi per cui della la normativa condizione statale della o previa "approvazione" conduceva alla esclusione dall'ambito della agevolazione degli immobili compresi in piano particolareggiato semplicemente "adottato" dall’organo comunale competente. L’interpretazione del termine "piano particolareggiato", in realtà, non si presenta agevole: - in una prima particolareggiato accezione, solo per si parla quello ad di piano iniziativa pubblica, disciplinato dagli articoli 13 e seguenti della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica); - in una seconda particolareggiati, accezione, si comprendendovi parla anche di piani quelli ad iniziativa privata, avendo riguardo a tutti i piani urbanistici attuativi ed esecutivi del piano regolatore generale (tale più ampia accezione è presente nella legislazione statale e regionale, e diffusa anche in dottrina e giurisprudenza). Vi sono compresi, quindi, il piano particolareggiato in senso stretto, ad iniziativa pubblica, il piano di lottizzazione, il piano per l’edilizia economica e popolare, ... il piano di recupero. Sono tutti strumenti la cui esistenza – almeno nel caso, configurato come normale dal legislatore del 1942, in cui il piano regolatore generale contenga soltanto previsioni di massima o direttive di carattere generale – appare indispensabile per il rilascio della concessione ad edificare. L’espressione utilizzata ..... ("piani urbanistici particolareggiati, comunque propendere seconda, per L’argomento la letterale, denominati") più ampia, peraltro, farebbe accezione. deve essere verificato anche alla luce della ratio della norma tributaria, in rapporto alle finalità ed agli effetti dei singoli piani urbanistici, ed alla presenza, con riferimento ad alcuni di essi, di specifiche disposizioni agevolative. Alla luce di quest’ultimo aspetto, devono ritenersi innanzitutto escluse dall’ambito di applicazione della norma in commento le aree comprese nei piani di zona (c.d. piani produttivi peep) (c.d. e nei piani piani pip), in per insediamenti quanto entrambe assoggettate al più favorevole regime fiscale previsto dall’art. 32, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (imposta di registro in misura fissa, ed esenzione da imposte ipotecaria e catastale). Anche i trasferimenti delle aree inserite nei "piani di recupero" (ad iniziativa sia pubblica che privata), di cui agli articoli 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978, n. 457, sono soggetti ad un trattamento fiscale più favorevole (imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa, assorbente rispetto a quello in esame.” Con una probabile simmetria rispetto al nuovo concetto tributario di terreno edificabile, che attribuisce rilevanza alla destinazione in base ad uno strumento urbanistico generale anche solo adottato, la novella non richiede più la preventiva approvazione del piano particolareggiato, comunque denominato, e, pertanto, deve ritenersi che sia idoneo ai fini del trattamento tributario di cui trattasi anche un piano particolareggiato solo adottato. L'art. 1, comma 27, ha abrogato in particolare l'art. 36 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, che era stato modificato dall'art. 1, comma 306, della legge n. 296/2006, e che limitava in l'agevolazione ai trasferimenti di immobili piani urbanistici all'attuazione edilizia dei particolareggiati, programmi residenziale denominati, prevalentemente convenzionata, realizzati in diretti accordo di comunque con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione". Ciò significa che l'agevolazione non è più limitata alla sola edilizia convenzionata, e non richiede in particolare una convenzione per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione. Elemento di novità è costituito poi da ciò che il “piano particolareggiato” deve essere diretto “all'attuazione dei programmi esclusi dal destinati di edilizia regime alla della residenziale”. nuova realizzazione Restano normativa di quelli insediamenti produttivi, industriali, commerciali, artigianali. Parimenti restano valide, con la precisazione di cui infra, le precedenti osservazioni, in appresso riportate, sull'oggetto del trasferimento, consistenti in “immobili”. “La nozione giuridica di bene immobile è assolutamente pacifica (art. 812 del codice civile), e comprende, per quanto qui interessa, sia le aree nude edificabili, sia gli edifici relativamente ai quali venga programmato (ed attuato) un intervento edificatorio.” Si precisa che non si pone più come condizione “la utilizzazione edificatoria dell'area”, per cui anche l'acquisto di un fabbricato “esistente”, ma non ultimato, può usufruire del beneficio previsto dalla novella ed anche l'acquisto di un fabbricato non residenziale già completato, rispetto al quale tuttavia un piano particolareggiato preveda una diversa destinazione di zona e consenta, quindi, l'acquisto per la "trasformazione" in edificio residenziale, purchè venga dall'acquirente completato nei cinque anni dall'acquisto il previsto intervento edificatorio. Sembrano altresì ancora valide alcune altre considerazioni svolte precedentemente con riguardo alla disciplina del citato art. 33, comma 3. In particolare si ribadisce che nessuna riduzione o esenzione è prevista per l’imposta di bollo, né per l’imposta sulle donazioni, che si applicano quindi secondo le regole ordinarie. In verità l’inserimento della fattispecie nel testo unico dell’imposta di registro potrebbe apparire di per sé risolutiva anche con riferimento all’ipotesi dei trasferimenti “definitivi”a titolo gratuito (oggi rientranti espressamente nel presupposto delle imposte sulle successioni e donazioni di cui all’art. 2, comma 47 del decreto legge n. 262/2006 e dunque estranei alla disciplina dell’imposta di registro). Questa soluzione appare del resto conforme a quanto già osservato a commento della nuova introduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni, nonchè ai recenti chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate. Resta inoltre fermo che per l’applicazione del regime cd. agevolativo occorre che l’atto non sia soggetto ad Iva. Se, infatti, l’alienante è un soggetto Iva, si applica l’imposta sul valore aggiunto secondo le regole ordinarie, nessuna riduzione essendo prevista per tale imposta. Per il principio di alternatività, sancito dall’art. 40 del D.P.R. 131/1986, l’atto sarà assoggettato, in tal caso, alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. 3. Ratio della novella e coerente individuazione dell’imposta catastale in misura proporzionale Nell’intento di assimilare la misura ordinaria delle imposte ipotecaria e catastale a quella prevista per i trasferimenti di immobili strumentali, il legislatore ha dovuto prevedere espressamente la relativa aliquota del 3 per cento per la prima (che diversamente sarebbe stata applicabile nella misura del 2 per cento) mentre non ha dovuto operare su quella catastale, la cui aliquota ordinaria è dell’uno per cento. La scelta del legislatore sembra coerente anche con misure fiscali più recenti che evidenziano la tendenza di portare il carico fiscale delle due imposte ad un complessivo quattro per cento. Le modifiche introdotte in merito ai piani urbanistici particolareggiati in seno alla legge finanziaria 2008 si propongono di strutturare ex novo la materia, prescindendo totalmente dalla precedente legislazione, come si desume non solo dalle diverse condizioni alle quali sottopone la spettanza del trattamento di favore, ma anche per l’assenza di un qualsiasi richiamo alle norme precedenti (salvo che per finalità abrogative). Travolgendo così anche la misura fissa dell’imposta catastale. Il legislatore, infatti, non solo non richiama il comma 15 dell’art. 36 citato ma, come si è visto, lo abroga espressamente ed in toto; anche, perciò, per la parte di esso che richiamava la abrogazione parziale dell’art. 33 suddetto. L’unica ratio che sembra emergere dalla modifica normativa è, infatti, quella della risistemazione “a regime” della disciplina particolareggiati, con la dei piani conseguenza urbanistici di dover escludere interpretazioni che invece di sistematizzare la materia andrebbero ad ulteriormente frantumare la disciplina della fattispecie, rendendo vano anche l’intento di avere come unico riferimento normativo i testi unici delle imposte senza far riscorso a discipline “extraordinarie”. 4. Critica. Individuazione dell’imposta catastale in misura fissa A questa ricostruzione si contrappone chi ritiene che il ricorso alla dell’abrogazione» tecnica abbia come «dell’abrogazione effetto quello ripristinatorio della disciplina previgente e che l’utilizzo di tale tecnica nel caso in esame abbia determinato la reviviscenza della norma di cui al citato art. 33, comma 3 (che regolava la fattispecie vigente ancor prima di quella disciplinata dall’abrogato comma 15 dell’articolo 36). 4.1. (segue) Conseguenze applicative Se anche si accedesse a questa ultima tesi occorrerebbe, peraltro, limitare tale soluzione interpretativa alle fattispecie conformi a quella disciplinata dal predetto comma 3 dell’articolo 33 della legge del 2000 (ancor precedente alla legge del 2006, abrogata espressamente dalla novella) di per sé non coincidente, con quella di cui alle disposizioni della finanziaria 2008. Le due fattispecie si diversificano anche per il riferimento al “completamento” dell’intervento nel quinquennio dall’acquisto per ciò che concerne l’applicazione dell’imposta di registro nella misura dell’uno per cento, con la conseguente applicazione di regimi fiscali fra loro differenziati, ancorché la novella abbia espressamente predisposto un regime di favore solo per l’imposta di registro. La fattispecie oggetto della nuova disciplina è, infatti, quella dei trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale “comunque denominati”, ben diversa da quella si volesse precedentemente disciplinata. A stretto rigore interpretativo, se sostenere la sopravvivenza dell'art. 33 comma 3 (per effetto della reviviscenza), data la non coincidenza delle fattispecie e la portata più ampia dell'art. 33 comma 3, l'abrogazione parziale per incompatibilità dovrebbe essere limitata solo alla "sottofattispecie" di cui alle nuove norme del testo unico del registro e del d.lgs. 347. In altri termini l'art. 33 comma 3 dovrebbe potersi applicare ancora non solo per quanto riguarda l'imposta fissa catastale agli immobili inseriti in piani urbanistici particolareggiati a condizione dell'utilizzazione nei cinque anni, ma anche per quanto riguarda l'imposta di registro dell'1% e quella ipotecaria fissa al trasferimento di immobili inseriti in piani urbanistici particolareggiati non diretti a realizzare i programmi di edilizia residenziale. Conclusione questa probabilmente abnorme rispetto alla ratio riformatrice sopra segnalata. 5. Critica alla tesi della abrogazione della abrogazione. Conclusioni Recentemente la Suprema Corte a Sezioni Unite, pur accogliendo in linea generale la tesi della reviviscenza della norma abrogata per effetto della abrogazione della norma abrogante se la norma abrogante si limita ad abrogare la precedente, (perché nell’abrogare l’abrogazione può essere rinvenuta la volontà di far rivivere la disciplina precedente), ha affermato che diversamente deve concludersi nel caso in cui la norma abrogante ha proceduto a modificare la disciplina della fattispecie. In questo caso infatti la sua successiva abrogazione non renderebbe chiaro ed in equivoco l’intento del legislatore di ripristinare la disciplina originaria essendo medio termine intervenuta una disciplina intermedia ispirata ad una ratio diversa. Pur non prendendo posizione in ordine alla tesi della reviviscenza della norma abrogata per effetto della abrogazione della norma abrogante, si osserva che, anche accogliendo tale tesi, la stessa non risulta applicabile alla fattispecie di cui trattasi. Pertanto, anche alla luce di tale ultima considerazione, si ritiene di dovere confermare la interpretazione per cui non si ha alcuna pur limitata reviviscenza della precedente normativa nella materia di cui trattasi e, in particolare, che l'imposta catastale sarà dovuta nella misura ordinaria dell'1%. Ritorniamo all'argomento affrontare la questione convenzione: se per la dobbiamo spettanza dell’agevolazione tributaria menzionata sia necessaria la stipula della convenzione di lottizzazione precedentemente all’atto di trasferimento. Questione che trae specifica origine da un’interpretazione dell’A.F. per la quale “il regime agevolato per i trasferimenti di beni immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati………… contempla sia i piani di iniziativa pubblica che privata purchè la relativa convenzione, deliberata dal comune, sia formata da quest’ultimo e dall’attuatore” e venga stipulata “prima che sia posto in essere il trasferimento, a conferma che il procedimento amministrativo sia stato eseguito e completato secondo la normativa statale o regionale”. La funzione e gli effetti della lottizzazione convenzionata nel diritto amministrativo. Preliminare è un breve inquadramento sistematico della fattispecie ed in genere delle convenzioni di lottizzazione E’ noto che ai sensi dell’art. 28, comma 5 della Legge Urbanistica l’autorizzazione comunale a lottizzare è subordinata alla trascriversi a stipula cura e di una spese convenzione del da proprietario lottizzatore. Con la convenzione il proprietario si assume taluni obblighi (cessione gratuita delle aree per le opere di urbanizzazione primaria, assunzione oneri per le opere relative ecc.) rendendo l’area interessata concretamente edificabile portatore di un interesse legittimo e divenendo a vedere conservata nei successivi strumenti urbanistici la disciplina di lottizzazione così come approvata e convenzionata. Se dunque la lottizzazione, attraverso la convenzione, costituisce sempre lo strumento esecutivo per l’attività edificatoria, diversi – in ragione della volontarietà del procedimento – sono i tipi di lottizzazione. Infatti accanto alla più tipica ipotesi della lottizzazione facoltativa prevista per i piani di iniziativa privata esistono la lottizzazione obbligatoria e la lottizzazione d’ufficio che interessano i c.d. piani di iniziativa pubblica. Nei piani di iniziativa privata al piano di lottizzazione si accompagna una convenzione che “segue alla definizione dei contenuti del piano e ne condiziona l’operatività, nel senso che il piano di lottizzazione, ancorchè approvato dalle Amministrazioni competenti, non produce alcuno dei suoi effetti tipici (concernenti la legittimazione a dar corso all’utilizzo del suolo a scopo edificatorio) finchè la convenzione non sia stata sottoscritta”. In particolare la disciplina dell’art. 28 comma 5 della legge n. 1150 del 17 agosto 1942 (c.d. legge urbanistica), prevede la predisposizione del piano direttamente ad opera dei privati interessati i quali sono tenuti a presentarlo al Comune unitamente allo schema di convenzione redatto alle condizioni poste dall’art. 28 comma 5 nn. 1 – 4 della legge urbanistica. Al Comune, pertanto, spetterà l’emanazione dell’autorizzazione che, peraltro, sarà rilasciata dopo consiliare del convenzione. approvazione piano di con deliberazione lottizzazione Successivamente e della all’emanazione dell’autorizzazione, la convenzione approvata dovrà essere stipulata e trascritta a cura del proprietario. La stipulazione e la trascrizione della convenzione sono dunque condizioni di efficacia del provvedimento autorizzativo della lottizzazione. La lottizzazione obbligatoria è invece prevista dalla legge (art. 28, commi 11 e 12) per i Comuni dotati di strumento urbanistico generale, anche in mancanza di un piano particolareggiato, e si realizza quando il Comune obbliga con espresso provvedimento i proprietari di una zona a procedere alla lottizzazione. L’iter procedurale che ne discende è praticamente il seguente: il sindaco invita i proprietari di un certo ambito a presentare un progetto di lottizzazione; se essi non provvedono, il Comune procede d’ufficio alla compilazione del progetto. Una volta approvato, tale progetto viene notificato ai proprietari, con invito ad accettarlo; in difetto di accettazione il Comune ha facoltà di variare il progetto interessati in conformità o, a all’espropriazione proprietari sua delle delle scelta, aree. interessati, richieste a procedere Pertanto ricevuto degli quando l’invito i a lottizzare non presentino il relativo piano, è lo stesso Comune che procede alla determinazione d’ufficio del contenuto del piano di lottizzazione (art. 28, comma 11 L.U.) e la lottizzazione è detta d’ufficio. Pur nella sinteticità della sopra esposta descrizione dell’istituto appare evidente che le vicende dei piani di lottizzazione sono caratterizzate da un intreccio di momenti consensuali e di momenti unilaterali. Per queste ragioni la dottrina amministrativistica è divisa fra quanti enfatizzano il momento provvedimentale e quanti quello consensuale. Per i primi al privato va solo riconosciuto procedimento per la un potere d’iniziativa lottizzazione che si del risolve comunque in un provvedimento amministrativo unilaterale da cui discendono tutti gli effetti; per i secondi le lottizzazioni avrebbero come i contratti un fondamento consensuale cosicchè la procedura amministrativa di formazione del piano di lottizzazione non avrebbe una sua piena autonomia funzionale, ma atterrebbe piuttosto alla formazione del consenso dell’Amministrazione alla convenzione urbanistica. Peraltro al di là dell’adesione ad una tesi piuttosto che ad un’altra sembra evidente il ruolo decisivo sul piano degli effetti, giocato dalla convenzione. Ed infatti, anche nel caso di lottizzazione obbligatoria o d’ufficio dove la redazione del piano di lottizzazione è curata direttamente dal Comune venendo a configurarsi come un piano esecutivo di iniziativa comunale, può affermarsi che “nonostante l’evidenza dell’iniziativa comunale, ancora, in la logica questa contrattuale disciplina: appare infatti, riflessa una volta approvato, il piano non produce di per sé i suoi effetti, perchè il Comune deve proporlo ai proprietari, i quali sono invitati a dichiarare se l’accettino”. La dottrina amministrativistica che si è occupata della questione - pur rilevando che la legge non menziona la convenzione nel caso di lottizzazione d’ufficio l’unilateralità dell’iniziativa non e che sembrerebbe conciliabile con il modello della convenzione – ritiene pertanto che “ciò che cambia, nella lottizzazione d’ufficio, è la competenza a proporre il progetto (che spetta al Comune, e non ai proprietari) e l’attuazione dello stesso (nel solo caso che i proprietari rifiutino di accettarlo). Per ogni altro profilo vale la disciplina generale, con la conseguenza che anche le disposizioni sulla necessità della convenzione sono applicabili. Si deve ritenere, di conseguenza, che il progetto di lottizzazione proposto dal Comune ai proprietari debba contemplare anche uno schema di convenzione, e che eventuali osservazioni dei proprietari (che giustificano, ai sensi di legge, una modifica della proposta comunale) possano attenere sia alle previsioni urbanistiche del piano, sia alla convenzione”. Affermazioni che vanno lette nel senso che se sembra chiara l’esistenza di un inestricabile nodo che lega autorizzazione del Comune e convenzione, quest’ultima comunque non regola - come normalmente si riscontra nei contratti che accedono ad un provvedimento amministrativo - le modalità di esercizio o di godimento dell’attività autorizzata o del bene concesso in uso, direttamente ma inerenti dell’autorizzazione. contiene il Pertanto determinazioni contenuto la volitivo convenzione di lottizzazione mantiene una sua autonomia privatistica che può incidere sul contenuto della successiva autorizzazione, ma tale autonomia si comprime qualora vi fosse una ridefinizione del potere ad opera del Comune per esigenze sopravvenute. Sulla base del quadro interpretativo riferito è opportuno precisare che risulta totalmente conservata l’autonomia dei privati manifestata nella stipula della convenzione di lottizzazione e, dunque, in via interpretativa, si può considerare che la sfera di autonomia privata permanga anche nel caso in cui l’atto di trasferimento sia anteriore alla stipula. Quest’ultima, infatti, viene a rappresentare il momento finale del procedimento accordato ai privati dal potere amministrativo, dotato della capacità di riconoscere pieno effetto giuridico agli atti prodromici alla convenzione stessa (quali l’atto di trasferimento appunto). Il ruolo della convenzione nell’applicazione della norma tributaria agevolativa. Tali conclusioni della dottrina amministrativistica che, prima facie, interpretazione sembrano avvalorare dell’Amministrazione la citata finanziaria circa la necessità di una preventiva sottoscrizione della convenzione devono essere vagliate attentamente alla luce della disciplina tributaria in tema di agevolazioni per i trasferimenti di terreni e della relativa ratio. In primo luogo va osservato il differente ruolo che la convenzione sembra giocare nei procedimenti facoltativi ed in quelli obbligatori e d’ufficio. E’ infatti indubbio che nella lottizzazione facoltativa la convenzione costituisce un passaggio diversamente rilevante rispetto a quanto avviene negli altri casi. In realtà per i piani di lottizzazione obbligatoria e/o d’ufficio la convenzione appartiene ad un momento successivo alla formazione del piano stesso che è già di per sé perfetto con la sua approvazione da parte del Comune. La successiva accettazione convenzione attengono, dunque, e l’eventuale all’attuazione del piano di lottizzazione; prova ne è che in assenza della convenzione il piano – così come approvato – viene attuato attraverso il meccanismo dell’esproprio. Ciò sembra rispondere anche alla ratio della norma agevolativa dove l’accesso al regime fiscale premiale discende dalla concreta realizzabilità dell’intervento urbanistico. Pertanto se la realizzazione dell’intervento è il fulcro della normativa speciale tributaria essa spetterà in tutte le ipotesi in cui sussista uno strumento di pianificazione che consenta concretamente il perseguimento dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’opera. Inoltre non va dimenticata l’evoluzione che ha caratterizzato la disciplina in questione ed ulteriori argomenti testuali. In particolare va ricordato che l’art. 2 della L. 24 dicembre 2003, n. 350 per i piani di iniziativa privata (c.d. facoltativi) ha interpretato la disciplina in questione prevedendo che: “nell’ipotesi di piani attuativi di iniziativa privata, comunque denominati, le agevolazioni fiscali di cui all’art. 33, comma 3 della L. 23 dicembre 2000, n. 388, si applicano, in ogni caso, a seguito della sottoscrizione della convenzione con il soggetto attuatore”. Sopravvenuta tale legge è dunque evidente che l’applicazione delle agevolazioni condizionatamente alla “sottoscrizione della convenzione” valgano ora solo per i piani di iniziativa privata. Argomentando a contrario tale condizione non dovrebbe valere per i piani di inziativa pubblica (siano essi obbligatori o d’ufficio) per i quali è condizione sufficiente – per la lettera e lo spirito della norma – che il piano sia approvato. Conclusioni. E’ a questo punto possibile formulare le seguenti conclusioni In primo luogo appare indubitabile che se si procede nell’ambito di una lottizzazione d’ufficio – per la quale è bene sottolineare il carattere spiccatamente espropriativo - è proprio la mancata accettazione dell’invito a lottizzare a determinare l’inesistenza di qualsivoglia convenzione e dunque l’applicabilità delle agevolazioni per tutti i trasferimenti successivi all’attuazione della lottizzazione d’ufficio. Per quanto riguarda invece la lottizzazione obbligatoria nella quale vi sia stata accettazione dell’invito a lottizzare e dunque – sulla scorta della migliore dottrina amministrativistica - necessiti di una convenzione, propendere per la la soluzione non del necessità quesito della sembra preventiva stipula della convenzione in quanto quest’ultima è meramente eventuale, attenendo al profilo attuativo del piano, e non al suo perfezionamento. Inoltre la sua necessità appare esclusa argomentando, a contrario dall’inesistenza dei medesimi requisiti che invece la norma di interpretazione autentica richiede per i piani di iniziativa privata. Più complessa appare invece la questione per i piani di lottizzazione di iniziativa privata (c.d. facoltativa) poichè il problema si sposta dal piano originario (necessità o meno della convenzione) a quello del momento e convenzione. del soggetto tenuto a stipulare la Nel presupposto dell’indubbia necessità della convenzione sembra che l’esistenza nell’art. 2 della L. n. 350/2003 dell’inciso “in ogni caso” consenta di applicare l’agevolazione anche nell’ipotesi di convenzioni sottoscritte dall’acquirente e, pertanto, non necessariamente preesistenti alla stipula dell’atto notarile (12). Appare dunque infondata la posizione dell’Amministrazione Finanziaria – ripresa nella vicenda alla base del presente Studio – che la convenzione venga stipulata prima dell’atto di trasferimento. E d’altra parte proprio l’inciso sopra menzionato sembra venire incontro a quella casistica che vede nella pratica convenzioni sottoscritte dall’acquirente (l’alienante è infatti spesso privo di interesse alla convenzione allorchè si sia determinato a vendere) o per le quali non si sia ancora concluso l’iter procedurale per la sottoscrizione. E così facendo rappresenta l’applicazione di un criterio di ragionevolezza ed equità rispetto ad una fattispecie che ha il suo naturale svolgimento con la sottoscrizione della convenzione successivamente alla stipula da parte dell’acquirente-attuatore. A questo punto resta dunque solo da definire entro quale termine la convenzione stessa dovrà essere stipulata ed approvata. Il tenore del testo “a seguito della sottoscrizione della convenzione con il soggetto attuatore” non sembra decisivo nel senso di imporre una scansione temporale che anticipi la stipula della convenzione alla registrazione dell’atto, valendo solo ad enfatizzare la condizione della sottoscrizione della convenzione anche con il soggetto attuatore quale condizione per fruire semplice dell’agevolazione. è all’ufficio certamente L’interpretazione quella che, dell’Amministrazione per più consentire finanziaria un adeguato controllo, ritiene che la convenzione debba essere stipulata ed approvata entro il termine di registrazione dell’atto notarile, ma ad onor del vero di un termine siffatto non vi è traccia nella norma e pertanto non può neppure escludersi che l’agevolazione spetti comunque a condizione che entro la data dell’atto il Comune abbia notificato alla parte la proposta di convenzione e dunque si sia dato inizio all’iter per la convenzione ed il cui termine per la conclusione resterà comunque assorbito, anche ai fini del controllo, in quello triennale piuttosto che in quello quinquennale dell’utilizzazione edificatoria dell’area. Tale interpretazione incontrerà la – che contrarietà è inutile nasconderlo dell’Amministrazione finanziaria - appare infatti maggiormente in linea con lo spirito della norma che ha inteso allargare l’agevolazione anche ad ipotesi caratterizzate da procedure dai tempi incerti ed ha il pregio di evitare che la concessione dell’agevolazione avvenga attraverso la più lunga procedura del rimborso. Né si tratta di un’interpretazione che renderebbe impossibile il controllo da parte degli uffici giacchè quest’ultimo sarebbe sempre possibile attraverso la registrazione “a campione”. Si tratta, infine, di una conclusione in linea con la migliore ricostruzione dell’istituto dal punto di vista del diritto urbanistico, che ritiene la convenzione una condizione di efficacia e dunque in linea con un’interpretazione della norma agevolativa tributaria che considera possibile il verificarsi della condizione medesima anche successivamente alla stipula dell’atto, come prova il riferimento normativo all’ “attuatore”. Sussistono, pertanto, i presupposti per considerare ammissibile l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 33 della legge n. 388/2000 anche al caso in cui vi sia atto di trasferimento antecedente la stipula della convenzione, con conseguente applicazione al caso dell’agevolazione tributaria prevista dalla norma. Conclusione questa che non appare molto condivisa dall'amministrazione tributaria per cui appare saggia regola di comportamento quella di far stipulare la convenzione dal precedente proprietario dell'immobile e solo in un secondo momento stipulare la compravendita. Per quanto attiene all'imposta ipotecaria è stato modificato proprio l'art. 1-bis della tariffa annessa al d. lgs. n. 347/1990 (testo unico delle imposte ipotecaria e catastale): con riferimento all'imposta ipotecaria, viene prevista l'applicazione dell'aliquota del 3 per cento agli atti "che importano il trasferimento di proprietà, la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari attinenti ad immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all'attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati". Relativamente all'imposta ipotecaria, quindi, non può parlarsi di agevolazione, ma anzi di trattamento deteriore rispetto a quello ordinario (che consiste nell'applicazione dell'aliquota del 2 per cento). Può inoltre evidenziarsi quanto segue: - l'applicazione dell'aliquota del 3 per cento non appare necessariamente collegata all'applicazione del trattamento agevolato ai fini dell'imposta di registro e/o dell'imposta catastale; - la disposizione in oggetto non richiede, a differenza delle disposizioni riguardanti l'imposta di registro e l'imposta catastale, che l'intervento edilizio sia ultimato entro cinque anni (ciò che si comprende agevolmente non essendo qui in presenza di un trattamento agevolato); - la disposizione in oggetto menziona espressamente, accanto al trasferimento della proprietà, la costituzione e il trasferimento di diritti immobiliari; sembra peraltro coordinamento, trattarsi non di un mero sussistendo difetto di dubbi sull'applicabilità del trattamento agevolato anche per tali fattispecie riguardo alle imposte di registro e catastale. - ALTRE AGEVOLAZIONI: Rimangono, infine, ferme le agevolazioni riguardanti i piani attuativi di edilizia residenziale pubblica, per cui l'art. 32 del d.p.r. n. 601/1973 prevede l'imposta di registro in misura fissa e l'esenzione da imposte ipotecarie e catastali; o i piani di recupero, nell'ambito dei quali, in presenza di convenzione, l'art. 5 della legge 22 aprile 1982 n. 168 prevede l'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa ai trasferimenti di immobili nei confronti dei soggetti che attuano il recupero, e delle permute. Prendiamo ancora in considerazione alcune fattispecie agevolative non contemplate direttamente nel TU sull'imposta di registro e precisamente quelle relative all'acquisto di terreni agricoli da parte di soggetti diciamo genericamente "coltivatori". E’ scaduto il 31 dicembre 2009 il termine per usufruire delle agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, quali originariamente previste dalla legge 6 agosto 1954, n. 604 (applicabili anche agli acquisti dell’imprenditore agricolo professionale, iscritto nell’apposita gestione previdenziale). Termine che era stato da ultimo prorogato dall’art. 2, comma 8, della legge 22 dicembre 2008, n. 203. L'agevolazione è stata reintrodotta, con nuova disciplina, dall'art. 2, comma 4-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), in vigore dal 28 febbraio 2010. L’art. 1, comma 41, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (in G.U. 21 dicembre 2010, n. 297), in vigore dal 1° gennaio 2011, ha infine modificato la previsione – contenuta nell’art. 2, comma 4-bis, primo periodo, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 – che limitava fino al 31 dicembre 2010 l’applicazione delle agevolazioni contadina. fiscali Queste per la agevolazioni piccola sono proprietà quindi ora applicabili “a regime”. Ai sensi della nuova disposizione, sopra citata, "Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2010, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori professionali, diretti ed iscritti imprenditori nella relativa agricoli gestione previdenziale ed assistenziale, nonchè le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonchè all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni". L'amministrazione finanziaria (Ris. Agenzia Entrate 17 maggio 2010, n. 36/E) ha chiarito trattarsi di una nuova agevolazione, rispetto a quella già disciplinata dalla legge n. 604/1954 (che non è infatti richiamata dalla norma in commento), con autonomi presupposti soggettivi, oggettivi e di decadenza. Infatti: a) - sotto il profilo soggettivo, assume ora "primaria rilevanza l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale tenuta presso l’INPS del beneficiario dell’agevolazione" (sia coltivatore diretto che imprenditore agricolo professionale); a differenza del regime previgente, in cui l’individuazione dei soggetti che potevano fruire delle disposizioni in materia di piccola proprietà contadina veniva, invece, effettuata dalla precedente disciplina (articolo 2 della legge n. 604 del 1954) in considerazione dell’attività manuale di lavorazione della terra resa dal beneficiario, prescindendo, quindi, dalla iscrizione nella relativa gestione previdenziale; b) - sotto il profilo oggettivo, "risultano interessati solo gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti", mentre la legge n. 604 del 1954 consentiva la fruizione delle agevolazioni per una serie di atti posti in essere per la formazione o per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina (articolo 1 della legge n. 604 del 1954) senza porre attenzione alla onerosità dell’atto né alla circostanza che il terreno oggetto del trasferimento fosse qualificato agricolo in base agli strumenti urbanistici vigenti; c) – ai fini della decadenza dalle agevolazioni, esse consistono ora esclusivamente: - nell’alienazione volontaria dei terreni entro i cinque anni dall’acquisto; - nella cessazione della conduzione e/o della coltivazione diretta del terreno entro i cinque anni dall’acquisto. Per effetto del richiamo all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, operato dall'art. 2, comma 4-bis, del d.l. n. 194/2009, non incorre nella decadenza dei benefici il contribuente che durante il quinquennio dall’acquisto, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o lo conceda in godimento a favore del coniuge, di parenti entro il 3° grado e di affini entro il 2° grado, che esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile, nonchè in ogni caso di alienazione conseguente all’attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l’insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore. Giusta il richiamo dell'art. 2 del d. lgs. n. 99/2004, sono fatte salve le disposizioni in materia di società agricole, alle quali competono quindi le agevolazioni in esame, alle condizioni ivi previste. d) – chiarisce ancora la Ris. Agenzia Entrate n. 36/E del 2010 che "ai fini della fruizione delle agevolazioni di cui trattasi, non è più richiesta la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 2, nn. 1), 2) e 3), previste dalla citata legge n. 604 del 1954 (quali la qualità dell’acquirente che deve dedicare abitualmente la propria attività alla lavorazione della terra, l’idoneità del fondo alla formazione e all’arrotondamento della piccola proprietà contadina, la mancata alienazione nel biennio precedente di fondi rustici di oltre un ettaro). Conseguentemente viene meno anche la funzione della certificazione prevista dai successivi articoli 3 e 4 della richiamata legge n. 604 del 1954, da parte dell’ispettorato provinciale agrario competente, che attesti la sussistenza dei richiamati requisiti e, pertanto, ai fini del riconoscimento del regime agevolato in esame, non si rende più necessaria tale certificazione". La norma fa riferimento alla natura agricola del terreno, in base agli strumenti urbanistici vigenti. Ipotizzando però che dallo strumento adottato emerga l'edificabilità del terreno, sussistendo il presupposto soggettivo l'atto sarà soggetto ad imposta sul valore aggiunto, secondo le regole ordinarie. Sono in vigore l’agricoltura; agevolazioni anche tra le previste le altre altre, per in agevolazioni particolare, l’imprenditore per le agricolo professionale (cfr. l’art. 1 della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986), quelle per il compendio unico (art. 7 del d. lgs. n. 99/2004), e quelle per i territori montani, riguardanti “i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di diretto-coltivatrici, accorpamento singole o di proprietà associate, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali” (art. 9, comma 2, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601). Da evidenziare che le agevolazioni per l'imposta di bollo (art. 21 della tabella, allegato "B", al d.p.r. n. 642/1972) e per i territori montani (art. 9 del d.p.r. n. 601/1973) sono riferite agli atti stipulati da "imprese agricole diretto-coltivatrici", ovvero "a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate": ai fini di queste ultime agevolazioni, non è quindi richiesta l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale tenuta presso l’INPS. PERMUTA Altra fattispecie che ricorre frequentemente nella contrattazione immobiliare è quella della permuta, cioè del negozio con cui entrambe la prestazione di entrambe le parti consiste in un trasferimento immobiliare. Ai fini della individuazione del corretto trattamento fiscale da accordare a questa tipologia negoziale bisogna operare una distinzione tra: - permute in cui entrambi i trasferimenti sono soggetti ad IVA; - permute in cui un trasferimento e soggetto ad IVA e l'altro e soggetto ad imposta di registro; - permute in cui entrambi i trasferimenti sono sottoposti all'imposta di registro. Permuta in cui entrambi i trasferimenti sono soggetti ad IVA Questa ipotesi e disciplinata dall'art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972. Secondo questa norma le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi sono da reputarsi due distinte operazioni, indipendenti l'una dall'altra, da assoggettare entrambe ad IVA, che sara determinata sul valore normale dei beni oggetto dei trasferimenti. In detta ipotesi, l'atto di permuta sconterà l'imposta di registro in misura fissa. Si noti come essendo il negozio unico dal punto di vista giuridico dovrebbe ritenersi applicabile una sola imposta fissa di registro (oltre alle ipotecarie e catastali); nella realtà l'imposizione viene duplicata. Le imposte ipotecaria e la doppia catastale generalmente sono dovute in misura fissa; vi sono, tuttavia, dei casi (come ad esempio per gli immobili strumentali imponibili ai fini IVA) in cui sono dovute in misura proporzionale. Permuta in cui un trasferimento è soggetto ad IVA e l’altro è soggetto ad imposta di registro Per questa tipologia di permuta, l'art. 43, primo comma, lett. b), rimanda all'art. 40, comma 2, il quale prevede che per le operazioni permutative l'imposta si applica sulla cessione o prestazione non soggetta ad IVA. L'atto di permuta, pertanto, sconterà, sulla cessione o prestazione non soggetta ad IVA, le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale e, sulla cessione o prestazione soggetta ad IVA, l'imposta catastale normalmente in misura fissa, tranne i casi (come ad esempio per gli immobili strumentali imponibili ai fini IVA) in cui e dovuta in misura proporzionale. Anche in tale caso tuttavia nella prassi viene presa un'intera serie di imposte fisse per la prestazione soggetta ad IVA. Permuta in cui entrambi i trasferimenti sono soggetti all’imposta di registro Per questa fattispecie l'art. 43, comma 1, lettera b), prevede che la base imponibile e costituita dal valore del bene che da luogo all'applicazione della maggiore imposta di registro. Ripeto: maggiore imposta, non maggiore aliquota, per cui occorre ogni volta verificare in concreto quale dei due trasferimenti va preso in considerazione. Con riferimento a questa fattispecie, l'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 320/E del 09/11/2007, ha precisato che ai negozi permutativi, in presenza dei requisiti di legge, si può applicare, per la determinazione della base imponibile, il criterio del prezzo-valore di cui all'art. 1, comma 497, della Legge n. 266/2005 e successive modifiche e integrazioni. A tal fine, le parti devono necessariamente indicare nell'atto l'eventuale conguaglio pattuito nonchè il valore attribuito a ciascuno dei beni permutati. Per questa tipologia di permuta, pertanto, la tassazione si può così schematizzare: Registro Ipo-Catastali 3% se prima casa 7% se non prima casa 8% se terreno edificabile o non agricolo 15% se terreno agricolo SU BENE CHE DA LUOGO A MAGGIORE IMPOSTA Ipotecaria 2% (168 se prima casa) SU BENE CHE DA LUOGO A MAGGIORE IMPOSTA Catastale 1% (168 se prima casa) SU TUTTI I BENI PERMUTATI Altro negozio che occorre prendere in considerazione affrontando l'argomento dei trasferimenti immobiliari è sicuramente la divisione. IN realtà non si tratta di un vero e proprio trasferimento, ma del negozio con cui si procede allo scioglimento di una comunione in cui due o più persone si trovano relativamente ad un diritto reale (nel nostro caso immobiliare) mediante l'attribuzione a ciascuno di essi della titolarità esclusiva di un bene (anche se esiste pure la figura dello stralcio divisionale con cui ci si limita ad estromettere solo una parte dei soggetti dal regime di comunione. Secondo la Corte di Cassazione, sez. Civile, (sentenza 25/10/2005, n. 20645) il negozio con cu le parti dividono tra esse i beni in comproprietà, sciogliendosi dalla comunione, ha natura dichiarativa, dal momento che con esso i condividenti si limitano a trasformare l'oggetto del diritto di ciascuno, da diritto sulla quota ideale a diritto su un bene determinato, senza che intervenga, tra loro, alcun atto di cessione o di alienazione. Anche il legislatore tributario considera la divisione come atto avente natura dichiarativa sottoponendo questo negozio giuridico all'aliquota del 1% (art. 3 della Tariffa, parte Prima, acclusa al TUR). Tuttavia, come si vedrà nel prosieguo, se la divisione da luogo a conguagli, sull'importo di questi ultimi si applica l'imposta proporzionale prevista per i trasferimenti. Occorre tuttavia fare attenzione perchè non sempre quello che è divisione dal punto di vista civilistico e del comune sentire, è divisione anche agli effetti fiscali. L'art. 34 del TUR, comma 1, secondo periodo, detta i criteri per determinare la c.d. massa comune distinguendo tra comunione derivante da successione mortis causa e comunione derivante da titolo diverso dalla successione per causa di morte. Nello specifico, nel caso di: - Comunione ereditaria, la massa comune e costituita dal valore, riferito alla data della divisione, dell'asse ereditario determinato a norma dell'imposta di successione. Secondo l'art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 31/10/1990, n. 346 Il valore globale netto dell'asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell'apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l'attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli artt. da 14 a 19, e l'ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3; - Comunione ordinaria, la massa comune è rappresentata dai beni risultanti da precedente atto che abbia scontato l'imposta propria dei trasferimenti. Nel caso poi di stralcio divisionale la base imponibile sarà rappresentata dai soli beni attribuiti al soggetto che fuoriesce dalla comunione. Fissati i parametri in virtù dei quali si determina la massa comune, si può ora passare all'analisi della tassazione prevista per le divisioni, distinguendo tra divisioni che non danno luogo a conguagli e divisioni con conguagli. Divisione senza conguaglio Si ha divisione senza conguaglio quando nell'atto vengono assegnati ai condividenti beni per un valore complessivo non eccedente quello agli stessi spettante sulla massa comune. In questo caso l'atto rientra tra gli “Atti di natura dichiarativa …” previsti dall'art. 3 della Tariffa parte Prima e la tassazione e la seguente: TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA Imposta di registro 1% Imposta ipotecaria Percetta dall'Agenzia del Territorio Imposta catastale Euro 168,00 Imposta di bollo Euro 230,00 Divisione con conguaglio Si ha divisione con conguaglio quando ad un condividente vengono assegnati beni per un valore complessivo superiore a quello a lui spettante sulla massa comune. In questo caso il condividente e tenuto a versare agli altri condividenti, che hanno subito una diminuzione della propria quota di diritto, un conguaglio che e assoggettato all'imposta proporzionale prevista per i trasferimenti. Stabilisce, infatti, l'art. 34, comma 1, primo periodo del TUR, che la divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita per la parte eccedente. Vi e da rilevare all'imposta che il proporzionale conguaglio dovuta traslativi indipendentemente versamento. La presunzione, dal e per suo infatti, soggetto gli atti concreto posta dal legislatore tributario e da considerarsi assoluta: la divergenza quantitativa tra quota di fatto e quota di diritto induce a ritenere che il conguaglio sia stato corrisposto e deve essere tassato con l'imposta proporzionale statuita per i trasferimenti. Ai sensi dell'art. 34, comma 2, del TUR i conguagli superiori al cinque per cento del valore o della quota di diritto, ancorchè attuati mediante accollo di debiti della comunione, sono tassati con l'aliquota propria dei trasferimenti mobiliari fino a concorrenza del valore complessivo dei beni mobili e dei crediti compresi nella quota e con l'aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari per l'eccedenza. In dottrina sembra prevalere l'orientamento per cui non tutto il conguaglio, ma solo la parte eccedente appunto il 5% si da assoggettare alla tassazione propria dei trasferimenti immobiliari. Nella prassi tuttavia, almeno locale, avviene il contrario per cui, una volta sforato il tetto del 5%, l'intera differenza soggiace alla maggiore imposta. L'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 136/E del 14/06/2007, ha precisato che se, nell'atto di divisione con conguaglio, ad uno dei condividenti sono assegnati beni immobili ad uso abitativo, per la determinazione della base imponibile si può applicare il criterio del prezzo-valore (introdotto dall'art. 1, comma 497, della legge 23/12/2005, n. 266). La peculiarità della fattispecie sta nella necessita di riferire il predetto criterio di determinazione della base imponibile esclusivamente alla quota parte del complessivo valore dell'immobile la cui assegnazione da causa al pagamento del conguaglio. A tal fine si rende preliminarmente necessario: - determinare la parte del conguaglio monetario pagato in corrispettivo del valore dell'immobile abitativo (occorre, quindi, riferire il conguaglio al valore complessivo netto della massa comune, comprensivo del valore attribuito ai beni diversi da immobili abitativi); - calcolare il rapporto tra la quota parte del conguaglio come sopra determinato e il valore complessivo dell'immobile abitativo; - applicare il rapporto di cui al precedente punto al valore catastale dell'immobile ai fini della determinazione del prezzo-valore da trattare ai sensi dell'art. 1, comma 497, della legge n. 266/2005. Il 3 comma dell'art. 34 TUR sancisce che quando risulta che il valore dei beni assegnati ad uno dei condividenti determinato a norma dell'art. 52 è superiore a quello dichiarato, la differenza si considera conguaglio. Le c.d. masse plurime Il 4 comma dell'art. 34 TUR, infine, disciplina il fenomeno delle c.d. masse plurime, che ricorre quando gli stessi soggetti risultano comproprietari di più beni derivanti da titoli originari diversi (ad esempio, Tizio, Caio e Sempronio sono comproprietari di tre fabbricati acquistati, in comunione pro indiviso e per quote uguali, con tre negozi giuridici diversi). In questo caso, ogni titolo di acquisto genera una comunione e, perciò, ogni bene e oggetto di autonoma comunione. Qualora si proceda alla divisione di questi beni, non si avrà un unico negozio giuridico ma tanti quanti sono i titoli originari. Nella divisione simultanea della comunione plurima, le assegnazioni ai condividenti non possono essere considerate dichiarative qualora non corrispondano esattamente alle quote spettanti a ciascun condividente sulla singola massa comune. Non costituiscono autonomo titolo gli acquisti di quote ideali degli stessi beni della massa divisionale. Ne consegue che, qualora i condividenti si assegnino beni appartenenti a masse diverse, l'atto sarà assoggettato all'imposta proporzionale prevista per i trasferimenti perchè una tale operazione configura un trasferimento di quote. Se, pero, l'ultimo acquisto è avvenuto per successione mortis causa (nell'esempio fatto, Tizio, Caio e Sempronio ereditano, in comunione pro indiviso e per quote uguali, l'ultimo fabbricato), le comunioni tra i medesimi comproprietari, derivanti da titoli diversi, saranno considerate come una sola comunione. Stabilisce, infatti, il citato comma 4 dell'art. 34 che Agli effetti del presente articolo, le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l’ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte. LEASING Fattispecie negoziale connessa o se vogliamo nella normalità dei casi prodromica ad un trasferimento immobiliare è anche quella della locazione finanziaria o leasing di immobili. SI tratta del contratto con cui un soggetto, normalmente un imprenditore, si procura la disponibilità di un bene strumentale alla sua attività (bene che viene acquistato su sua specifica indicazione da società specializzate in queste costituite/collegate bancari) verso il operazioni da/a istituti pagamento di un e per lo finanziari canone e più e con possibilità, al termine della locazione di acquistare la proprietà del bene dietro pagamento di un prezzo finale previamente concordato. Si tratta quindi di uno strumento di finanziamento in quanto consente di fatto di acquistare un bene senza dover disporre interamente del capitale occorrente per l'acquisto. Oltretutto, mentre l'acquisto costituirebbe un investimento in beni strumentali e quindi cadrebbe nel regime degli ammortamenti, il canone costituisce un costo con conseguente immediata deducibilità. In realtà l'operazione, sicuramente conveniente per i beni mobili strumentali soggetti a rapida obsolescenza, non presenta analoghi vantaggi in tema immobiliare in cui al contrario l'immobile costituisce un investimento di lunga durata e destinato anche a rivalutarsi nel tempo, ma comunque viene utilizzata come equivalente/sostituto di un finanziamento tramite mutuo. Ma non è questa la sede per discutere sui vantaggi fiscali del leasing, nè ho io la qualifica per dissertare sull'argomento. A noi interessa il leasing immobiliare in quanto atto che normalmente porta all'acquisto di un immobile. L'operazione di compone di fatto di tre negozi distinti: A) Il vero e proprio contratto di leasing, con cui l'istituto finanziario e l'utilizzatore si accordano sulle modalità del finanziamento (importo, rata, durata, oggetto del finanziamento; B) il contratto di acquisto dell'immobile da parte dell'istituto finanziario e di presa in consegna all'utilizzatore; C1) il contratto l'utilizzatore eventuale riscatta la finale con cui piena proprietà dell'immobile; C2) il contratto con il quale l'istituto finanziario, terminato per qualsiasi ragione il rapporto di leasing senza il riscatto, cede l'immobile acquistato ad un terzo soggetto. Dal punto di vista teorico nulla vieta che la fattispecie abbia ad oggetto un immobile abitativo: è chiaro però difficilmente ricorrerà nella prassi operativa in quanto l'operazione non presenterebbe alcun vantaggio fiscale per l'utilizzatore e di fatto sarebbe quindi più onerosa rispetto ad un semplice mutuo. Occupiamoci quindi del solo leasing avente ad oggetto un fabbricato strumentale e segnatamente dei due atti della complessa fattispecie rilevanti sul piano dei trasferimenti immobiliari, fattispecie che ha subito negli ultimi anni diverse modifiche. La legge 13 dicembre 2010, n. 220, recante “disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilità 2011), all’articolo 1, commi 15 e 16, ha introdotto alcune modifiche alla disciplina applicabile, ai fini delle imposte indirette, ai contratti di locazione finanziaria di immobili ed ai connessi atti di acquisto e cessione degli immobili abitativi e strumentali oggetto del contratto. Le modifiche normative introdotte sono volte a garantire una sostanziale equivalenza tributaria tra l’acquisto diretto del bene immobile e quello realizzato tramite la conclusione di contratti di leasing finanziario. Il comma 15 dell’articolo 1 in commento chiarisce, infatti, che le nuove disposizioni sono introdotte al fine “di disciplinare il trattamento tributario del contratto di locazione finanziaria applicato al settore immobiliare e di garantirne la coerenza con le disposizioni relative alle imposte di registro, ipotecaria e catastale applicate per i trasferimenti operati con strumenti contrattuali diversi dallo stesso”. In particolare, per effetto delle modifiche apportate all’articolo 1 della Tariffa, Parte II, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l’Imposta di Registro, approvato con DPR 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR), viene meno l’obbligo di registrazione in termine fisso dei contratti di locazione finanziaria immobiliare (non formati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata). Per tali contratti, l’obbligo di registrazione sorge solo al verificarsi del caso d’uso. Tramite le modifiche apportate all’articolo 35, comma 10-ter del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 risulta, inoltre, modificato il regime applicabile ai trasferimenti di immobili strumentali oggetto del contratto di locazione finanziaria. Le modifiche introdotte sono volte a concentrare il prelievo fiscale dovuto per i trasferimenti di immobili nella fase relativa all’acquisto del bene da parte della società di leasing. A tal proposito, è opportuno ricordare che, anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 220 del 2010, le imposte ipotecaria e catastale da corrispondere per l’acquisto ed il riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria dovevano essere versate, con aliquote ridotte alla metà, in ciascuna delle due distinte fasi giuridiche che caratterizzano l’operazione di leasing immobiliare (il primo acquisto effettuato dalla società di leasing che si procurava il bene strumentale presso terzi, ed il secondo acquisto effettuato dall’utilizzatore in sede di riscatto del bene in leasing ). L’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, nel testo vigente fino al 31 dicembre 2010, stabiliva, infatti che per le volture catastali e le trascrizioni relative a cessioni di beni immobili strumentali di cui siano parte fondi immobiliari chiusi ovvero imprese di locazione finanziaria, limitatamente all’acquisto ed al riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria, le aliquote delle imposte ipotecaria e catastale fossero ridotte alla metà. A seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni dettate dall’articolo 1, comma 15, della legge di stabilità, il descritto regime di riduzione alla metà delle aliquote delle imposte ipocatastali trova ancora applicazione solo con riferimento alle cessioni di immobili strumentali immobiliari chiusi. di cui siano parte fondi A decorrere dal 1° gennaio 2011, infatti, l’acquisto dell’immobile strumentale da parte della società di leasing è soggetto alle imposte ipotecaria e catastale nella misura ordinaria rispettivamente del 3 per cento e dell’1 per cento se la cessione rientra nel campo di applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Proprio in considerazione della natura unitaria della operazione di leasing, viene, inoltre, previsto, in maniera correlata, dall’esercizio che per le cessioni derivanti dell’opzione di acquisto da parte dell’utilizzatore le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa. Le imposte sono applicate in misura fissa sia con riferimento ai trasferimenti di immobili strumentali e abitativi intervenuti a seguito dell’esercizio del riscatto da parte dell’utilizzatore sia con riferimento alle cessioni di immobili rivenienti da contratti di locazione finanziaria risolti in seguito all’inadempimento dell’utilizzatore. Inoltre, posto che il regime applicabile ai nuovi contratti di locazione finanziaria immobiliare non prevede più né la registrazione in termine fisso del contratto di locazione finanziaria (non formato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata) né, nella fase del riscatto dell’immobile, la corresponsione delle imposte ipocatastali in misura proporzionale, viene, coerentemente, disposta l’abrogazione del comma 10-sexies dell’articolo 35 del DL n. 223 del 2006. Tale disposizione, in vigore fino al 31 dicembre 2010, stabiliva che le somme corrisposte a titolo di imposta proporzionale di registro sui canoni di locazione finanziaria su immobili strumentali potessero essere scomputate dall’importo dovuto, in sede di riscatto del bene, a titolo di imposte ipotecaria e catastale. Al fine di contemperare il vantaggio fiscale derivante dalla tassazione in misura fissa del trasferimento dell’immobile in sede di riscatto, viene istituita un’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale, che, a mente del comma 16 dell’articolo 1 della legge n. 220 del 2010, le parti di tutti i contratti di locazione finanziaria immobiliare in corso di esecuzione alla data del 1° gennaio 2011 devono versare in unica soluzione entro il 31 marzo 2011. Le modalità da seguire per il versamento dell’imposta sostitutiva sono state definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 gennaio 2011. Vediamo più nel dettaglio le novità della più recente disciplina normativa. 1 MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELL’IMPOSTA DI REGISTRO, IPOTECARIA E CATASTALE 1.1. Acquisto dell’immobile concesso in locazione finanziaria: soggetti obbligati al pagamento della imposte di registro, ipotecaria e catastale L’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge di stabilità prevede una modifica dell’articolo 57 del TUR, consistente nell’ inserimento, dopo il comma 1-bis, del comma 1-ter. Tale nuovo comma stabilisce che “L'utilizzatore dell'immobile concesso in locazione finanziaria è solidalmente obbligato al pagamento del tributo per l'immobile, anche da costruire o in corso di costruzione, acquisito dal locatore per la conclusione del contratto”. In maniera coordinata, è stato inoltre modificato l'articolo 11 del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, che individua i soggetti tenuti al pagamento delle imposte ipotecaria e catastale, inserendo al termine del comma 2, le seguenti parole: “, nonchè l'utilizzatore dell'immobile concesso in locazione finanziaria”. Per effetto delle riportate modifiche, risultano, quindi, obbligati al pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute per l’acquisto da parte della società di leasing dell’immobile concesso in locazione finanziaria, oltre ai pubblici ufficiali che hanno redatto l’atto, le parti contraenti e l’utilizzatore dell’immobile. Sarà cura del pubblico ufficiale individuare nell’atto di compravendita dell’immobile concesso in locazione il soggetto utilizzatore dell’immobile. Tenuto conto del fatto che la norma in esame elenca anche gli immobili da costruire o in costruzione, deve ritenersi che l’estensione della solidarietà di imposta all’utilizzatore trovi applicazione oltre che per gli acquisti di immobili concessi in locazione finanziaria anche con riferimento ai trasferimenti immobiliari posti in essere nell’ambito di operazioni di leasing in costruzione (ad esempio l’acquisto del terreno sul quale costruire l’immobile da concedere in leasing ). 1.2. Modifiche alla disciplina dei contratti di locazione finanziaria La nota all’articolo 1 della Tariffa, parte II, allegata al TUR, come modificata dall’articolo 1, comma 15, della legge di stabilità, prevede che : “I contratti relativi alle operazioni e ai servizi bancari e finanziari e al credito al consumo, ivi compresi quelli di locazione finanziaria immobiliare, per i quali il titolo VI del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, prescrive a pena di nullità la forma scritta, sono assoggettati a registrazione solo in caso d'uso”. Con la modifica apportata alla nota all’art. 1 della Tariffa, parte riqualificare i II, il contratti legislatore ha di immobiliare leasing inteso riconducendoli nuovamente, ai fini dell’imposta di registro, nella disciplina applicabile per i contratti aventi natura finanziaria di cui al titolo VI del D.LGS. n. 385 del 1993. Si ricorda, infatti, che il regime di tassazione previsto, ai fini delle imposte indirette, per i contratti di locazione era stato esteso ai contratti di locazione finanziaria con il decreto-legge n. 223 del 2006. Per effetto delle modifiche introdotte con la legge di stabilità, i contratti di locazione finanziaria sono nuovamente ricondotti nell’ambito della disciplina prevista per i contratti di natura finanziaria e, pertanto, se il contratto è formato per scrittura privata non autenticata deve essere assoggettato a registrazione solo in caso d’uso. Diversamente, i contratti formati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata devono essere assoggettati a tassazione in termine fisso secondo le regole ordinarie. Per quanto concerne la misura dell’imposta applicabile, si precisa che, per effetto delle modifiche introdotte, in relazione ai contratti di locazione finanziaria torna ad operare il regime di alternatività IVA-Registro di cui agli articoli 5, comma 2 e 40, primo periodo, del TUR. Pertanto, se il contratto di locazione finanziaria è formato per scrittura privata non autenticata, trova applicazione il disposto di cui all’articolo 5, comma 2, secondo cui “Le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”. Al verificarsi del caso d’uso, l’imposta deve essere, quindi, corrisposta in misura fissa ai sensi del disposto di cui all’articolo 1, lettera b) della Tariffa, parte seconda. Nel caso di contratto formato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero in caso di registrazione volontaria del contratto di locazione finanziaria, torna invece applicabile il primo periodo del comma 1 dell’art. 40 del TUR che dispone: “Per gli atti relativi a cessione di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa”. In sostanza, a seguito delle modifiche apportate alla citata nota all’articolo 1 della Tariffa, parte II, le locazioni finanziarie immobiliari hanno trovato nell’ambito del TUR autonoma considerazione. Pertanto, le deroghe al principio di alternatività Iva-Registro ovvero le regole di tassazione previste dall’articolo 5 della Tariffa, parte I, allegata al TUR, trovano applicazione solo con riferimento ai contratti di locazione ordinaria. Contratti di locazione in corso al 1° gennaio 2011 Come chiarito dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 gennaio 2011, per i contratti di locazione finanziaria in corso al 1° gennaio 2011 non risulta più dovuta l’imposta di registro in misura proporzionale. Si precisa, al riguardo, che l’imposta di registro non deve essere versata con riferimento a quelle annualità in relazione alle quali i termini per il pagamento siano ancora in corso al 1° gennaio 2011. Qualora, nelle more della emanazione della presente circolare, i contribuenti abbiano già provveduto al pagamento dell’imposta, l’ammontare versato potrà essere dedotto in sede di determinazione dell’imposta sostitutiva. Diversamente, se il termine per il pagamento è già decorso al 1° gennaio 2011, i contribuenti che non vi abbiano provveduto sono comunque tenuti ad effettuare il pagamento dell’imposta, oltre alle sanzioni e agli interessi. In ogni caso, l’importo relativo all’imposta di registro versata potrà essere scomputato in sede di determinazione dell’imposta sostitutiva, come si avrà modo di chiarire nei paragrafi che seguono. Modifiche alle imposte catastale dovute per di registro, l’acquisto ed ipotecaria il e riscatto dell’immobile L’articolo 1, comma 15, della legge di stabilità dispone alla lettera c) alcune modifiche all’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223. In particolare, viene modificata la formulazione del comma 10-ter dell’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, il quale, nel testo vigente fino al 31 dicembre 2010, stabiliva che, per le volture catastali e le trascrizioni relative a cessioni di beni immobili strumentali immobiliari chiusi di ovvero cui siano imprese parte di fondi locazione finanziaria, limitatamente all’acquisto ed al riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria, le aliquote delle imposte ipotecaria e catastale fossero ridotte alla metà. Il richiamato articolo 1, comma 15, lettera c), della legge di stabilità ha modificato tale previsione al fine di escluderne l’operatività per i trasferimenti di cui siano parte imprese di locazione finanziaria. Il comma 10-ter dell’articolo 35, come riformulato a seguito della entrata in vigore della legge di stabilità stabilisce, infatti, che “Per le volture catastali e le trascrizioni relative alle cessioni di beni immobili strumentali di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all'imposta sul valore aggiunto, di cui siano parte fondi immobiliari chiusi disciplinati dall'articolo 37 del testo unico delle intermediazione disposizioni finanziaria, di in cui materia al di decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dall'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, e successive modificazioni, le aliquote delle imposte ipotecaria e catastale, come modificate dal comma 10-bis del presente articolo, sono ridotte della metà”. Sulla base della vigente formulazione, la riduzione alla metà delle aliquote delle imposte ipocatastali (imposta catastale 0,50% e imposta ipotecaria 1,50%), trova applicazione solo con riferimento alle cessioni di beni immobili strumentali individuati dall’art. 10, primo comma, numero 8-ter) del DPR n. 633 del 1972, di cui siano parte fondi immobiliari chiusi. Tale disposizione non trova, invece, più applicazione per i trasferimenti di immobili strumentali di cui siano parte società di leasing. Pertanto, l’acquisto da parte della società di leasing dell’immobile, sia strumentale che abitativo, concesso in locazione finanziaria resta soggetto alle aliquote ordinarie disposte dal testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta ipotecaria e catastale di cui al D LGS 347/90 che prevedono che: - per le cessioni di beni immobili strumentali, le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura rispettivamente del 3 per cento e dell’1 per cento se la cessione rientra nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ovvero del 2 per cento e dell’1 per cento se la cessione non rientra nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto; - per le cessioni di fabbricati abitativi, le imposte ipotecaria e catastale sono, invece, dovute nella misura del 2 per cento e dell’1 per cento, se la cessione non rientra nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto o venga effettuata in regime di esenzione ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 8-bis), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Le modifiche hanno interessato anche la fase del trasferimento dall’esercizio dei del beni immobili, diritto di derivante riscatto da parte dell’utilizzatore e inoltre le cessioni di immobili rivenienti da contratti di locazione finanziaria risolti per inadempienza dell’utilizzatore. L’articolo 1, comma 15, della legge di stabilità ha, infatti aggiunto all’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, dopo il comma 10-ter, il comma 10-ter.1, che stabilisce: “Alle cessioni, effettuate dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, nel caso di esercizio, da parte dell'utilizzatore, dell'immobile concesso dell'opzione in locazione di acquisto finanziaria, ovvero nel caso di immobile riveniente da contratti di locazione finanziaria risolti per inadempienza dell'utilizzatore, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa”. Le modifiche introdotte sono entrate in vigore il 1° gennaio 2011 e, pertanto, trovano applicazione con riferimento a tutti gli atti di compravendita conclusi a partire dal 1° gennaio 2011 aventi ad oggetto: • l’acquisto da parte della società di leasing dell’immobile da concedere in locazione finanziaria; • l’acquisto da parte dell’utilizzatore dell’immobile in leasing ovvero la cessione da parte della società di leasing dell’immobile riveniente dal contratto di locazione finanziaria (stipulato anche prima del 1° gennaio 2011) dell’utilizzatore. risolto per inadempienza IMPOSTA SOSTITUTIVA DELLE IMPOSTE IPOTECARIA E CATASTALE Soggetti obbligati al versamento dell’imposta L’articolo 1, comma 16, della legge n. 220 del 2010 ha istituito un’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale dovuta per i contratti di locazione finanziaria di immobili in corso di esecuzione alla data del 1° gennaio 2011. Tale disposizione stabilisce, infatti, che, in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. statuto del contribuente) “ …per tutti i contratti di locazione finanziaria di immobili in corso di esecuzione alla data del 1° gennaio 2011 le parti sono tenute a versare una imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale da corrispondere in unica soluzione entro il 31 marzo 2011, le cui modalità di versamento sono determinate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanare entro il 15 gennaio 2011”. I soggetti obbligati al versamento dell’imposta sono, quindi, le parti contraenti del contratto di leasing (società di leasing ed utilizzatore). L’assolvimento dell’imposta da parte di una delle due parti contraenti comporta l’estinzione dell’obbligo tributario verso l’erario, nel rispetto del vincolo di solidarietà obbligatoria. Resta, quindi, riservata all’autonomia delle parti la individuazione delle modalità di eventuale esercizio del diritto di regresso per il pagamento del tributo. In proposito, si pone il problema di determinare, per l’ipotesi in cui al pagamento provveda la società di leasing, il trattamento da riservare, ai fini dell’IVA, all’eventuale riaddebito che la stessa disponga nei confronti dell’utilizzatore. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 15, comma 1, n. 3, del DPR n. 633 del 1972, stabilisce che “non concorrono a formare la base imponibile (…) le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purchè regolarmente documentate”. Pertanto, si ritiene che, ove l’imposta sostitutiva venga assolta dalla società di leasing, sulla base di uno specifico mandato conferito dall’utilizzatore, l’importo allo stesso riaddebitato non deve essere assoggettato ad IVA in quanto costituisce il rimborso di una anticipazione effettuata dalla società di leasing in nome e per conto dell’utilizzatore. Diversamente, qualora il pagamento dell’imposta non venga effettuato dalla società sulla base di un rapporto di mandato, la somma riaddebitata deve concorrere a formare la base imponibile rilevante ai fini dell’IVA ai sensi dell’articolo 13 del DPR n. 633 del 1972, in quanto si realizza un’ipotesi di mera traslazione economica di un onere sopportato dalla società di leasing. A maggior ragione il riaddebito operato dalla società di leasing assumerà rilevanza ai fini dell’IVA laddove l’onere collegato sostitutiva all’assolvimento divenga anch’esso dell’imposta oggetto di finanziamento, quale onere accessorio rispetto al contratto di leasing. E’ evidente, infatti, che in tale ipotesi, le somme richieste all’utilizzatore concorrono a formare il canone dovuto in base al contratto di locazione finanziaria e sono soggette allo stesso regime IVA. Ambito oggettivo di applicazione dell’imposta sostitutiva L’imposta sostitutiva deve riferimento a “tutti i finanziaria di immobili” essere versata contratti e, di pertanto, con locazione sia per i contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto immobili strumentali che per quelli aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo. Si precisa che rientrano nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva anche i contratti di leasing aventi ad oggetto immobili ancora da costruire o in costruzione e i contratti di leasing aventi ad oggetto immobili adibiti a cava. L’imposta deve essere, inoltre, versata anche con riferimento ai contratti di leasing di impianti fotovoltaici censiti/da censire al catasto fabbricati come opifici industriali (cat. D1). Nel caso di locazione finanziaria in pool, è tenuta al versamento dell’imposta sostitutiva, oltre all’utilizzatore, ciascuna delle società concedenti, a prescindere dal soggetto (sia esso il cd. capofila o altra società appartenente al pool) che ha effettuato la registrazione del contratto di locazione finanziaria. L’obbligo del pagamento riguarda l’intera imposta, posto che il contratto di locazione finanziaria è unico e ciascun soggetto che assume la posizione contrattuale di concedente risulta obbligato solidalmente anche al pagamento dell’imposta sostitutiva, unitamente all’utilizzatore. Alle medesime conclusioni del resto questa Agenzia era già pervenuta con riferimento alla registrazione dei contratti di locazione finanziaria in pool (risoluzione 17 novembre 2008, n. 443) Resta salvo, nei rapporti interni al pool, il diritto di regresso che ciascuna società, sulla base di appositi accordi contrattuali, può esercitare nei confronti degli altri soggetti coobbligati. Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 gennaio 2011, è stato, inoltre, chiarito che l’imposta sostitutiva non è dovuta per i contratti di locazione finanziaria che hanno ad oggetto immobili rispetto ai quali, entro il 31 dicembre 2010, la società di leasing non abbia ancora acquisito la proprietà. La stipula del contratto di compravendita dell’immobile da parte della società di leasing, infatti, comporterà l’assoggettamento ad imposizione secondo le aliquote ordinarie previste dal testo unico delle imposte ipotecaria e catastale, e pertanto viene meno la ratio sottesa alla previsione dell’imposta sostitutiva. L’imposta sostitutiva, deve essere, invece, corrisposta in relazione ai contratti di locazione finanziaria per i quali, entro il 31 dicembre 2010, sia stato esercitato il diritto di riscatto da parte dell’utilizzatore, ma non sia stato ancora stipulato il relativo contratto di compravendita. La stipula del contratto di compravendita, che interviene dopo il 31 dicembre 2010, viene, infatti, assoggettata a tassazione in misura fissa, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. La cessione di cubatura è l'atto a titolo oneroso, al quale il Comune presta assenso, col quale il proprietario del fondo cui inerisce una determinata cubatura distacca, in tutto o in parte, la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura concessagli dal piano regolatore e, formando un diritto a se stante, lo trasferisce definitivamente all'acquirente a beneficio del fondo di costui¨ (cosi Cass., sez. Trib., 14 dicembre 1988, n. 6807). Secondo la costante giurisprudenza di legittimità in virtù di tale complessa fattispecie negoziale si attua un trasferimento assimilabile, negli effetti e ai fini previsti dalla legge tributaria, al trasferimento di un diritto reale immobiliare in quanto il proprietario dell'area cui ineriva la cubatura ceduta perde il diritto di costruire sulla medesima e tale diritto viene acquistato dal proprietario del fondo cui la cubatura e trasferita. In tal modo, infatti, risulterà trasferita dall'uno all'altro proprietario la utilitas relativa, per cui il diritto dell'uno sara ampliato di quanto l'altro sarà ridotto, anche se non si può dire che in tal modo sia stata costituita una servitus non aedificandi” (in questo senso Cass. 6 luglio 1972, n. 2235; Cass. 9 marzo 1973, n. 641; Cass. 30 aprile 1974, n. 1231; Cass. 22 gennaio 1975, n. 250; Cass. 14 dicembre 1988, n. 6807). Di conseguenza alla cessione di cubatura e applicabile l'imposta ordinaria di registro secondo quanto previsto dall'art. 1 della Tariffa, parte Prima, allegata al TUR con l'aliquota prevista per la tipologia di bene e del soggetto acquirente. L'art. 5, comma 3, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (c.d. Decreto sviluppo) nel tipizzare lo schema contrattuale della cessione di cubatura e al fine di garantire la certezza nella circolazione dei diritti edificatori, all'art. 2643 (rubricato Atti soggetti a trascrizione¨), comma 1, del codice civile, dopo il n. 2), ha inserito il seguente n. 2-bis) i contratti che trasferiscono i diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale, nonchè nelle convenzioni urbanistiche ad essi relative”. Allo stato attuale, pertanto, i contratti di cessione di cubatura trascrizione sono e soggetti all'obbligo sconteranno, quindi, della l'imposta ipotecaria ai sensi dell'art. 1 della Tariffa allegata al TUIC (D.Lgs. n. 347/1990). In nessun caso sarà invece applicabile l'imposta catastale. Concludiamo il discorso in tema di imposta di registro/IVA, salvo eventualmente riprendere alcune fattispecie particolari per riepilogare la specifica tassazione, affrontando il tema dei contratti aventi ad oggetto l'azienda, vale a dire, come recita l'art. 2555 c.c., il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. I tre elementi che l'art. 2555 del cod. civ. considera essenziali per la costituzione di un'azienda sono: - il complesso di beni; - l'organizzazione; - il fine di esercitare l'attivita di impresa. L'elemento che dell'azienda impressa e costituito dall'imprenditore consistente coordinata garantisce nella al loro fine la coesione interna dall'organizzazione, ai beni utilizzazione dell'esercizio aziendali, unitaria e dell'attività economica imprenditoriale. Vengono in considerazione prevalentemente due ipotesi: affitto e cessione L’affitto d’azienda L'affitto di azienda e il contratto con il quale un soggetto (c.d. affittante) concede in godimento ad altro soggetto (c.d. affittuario) un'azienda. Oggetto del contratto di affitto può essere sia l'azienda sia un ramo della stessa. Quando viene concesso in godimento solo una parte dell'azienda, affinchè possa configurarsi un contratto d'affitto di ramo d’azienda è necessario che essa costituisca un organizzazione complesso autonoma, di tale beni da dotato poter di essere considerata a sua volta come azienda, anche dopo che sia stata staccata dalla più vasta organizzazione preesistente. L'art. 2556 c.c. prevede espressamente il soddisfacimento del requisito della forma scritta ad probationem (atto pubblico o scrittura privata autenticata) per i contratti di godimento dell'azienda relativi ad imprese soggette ad iscrizione nel Registro delle imprese: Per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto. I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante¨. Parte affittante del contratto d'affitto d'azienda può essere: - un imprenditore individuale: si tenga presente, pero, che in caso di affitto dell'unica azienda di cui e titolare perde lo status di ¡§imprenditore; - una società; - un privato che non riveste la qualifica di imprenditore (ad esempio, il soggetto che eredita un'azienda e, non volendo esercitare attività di impresa, la concede in godimento a terzi). Il regime di tassazione applicabile all'affitto di azienda dipende dalla natura giuridica dell'affittante. In linea di principio, l'affitto d'azienda, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972, configura una prestazione di servizi se effettuato verso corrispettivo. Tuttavia, ai fini dell'imponibilità IVA è necessaria la sussistenza anche del presupposto soggettivo. In ogni caso l'imponibilità IVA dell'operazione è circoscritta alla sola ipotesi di affitto di azienda commerciale, atteso che l'art. 10, comma 1, n. 8), del D.P.R. n. 633/1972, considera esente da IVA l'affitto di terreni e di aziende agricole. In breve, l'affitto d'azienda è soggetto ad IVA e ad imposta di registro in misura fissa se posto in essere da imprenditori nell'esercizio dell'impresa. In caso contrario, fuoriesce dall'ambito applicativo dell'IVA e rientra nel campo di operatività dell'imposta di registro in misura proporzionale. N.B. Con la Risoluzione n. 35/E del 6/02/2008 l'Agenzia delle Entrate ha precisato che a seconda dello status del locatore, l'affitto d'azienda è assoggettato all'imposta di registro in misura diversa. In particolare, nel caso in cui il locatore sia un imprenditore con più aziende (o che affitta solo un ramo della sua azienda) o una società, i canoni relativi all'affitto d'azienda devono essere assoggettati ad IVA, applicando l'aliquota ordinaria del 20%, ed all'imposta di registro in misura fissa di euro 168,00. Se, invece, il locatore è un imprenditore individuale che affitta l'unica azienda, egli perde la qualifica di soggetto passivo d'imposta IVA e il contratto deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura proporzionale. Da privato o imprenditore individuale che affitta la sua unica azienda Quando l'affittante sia un privato o un imprenditore individuale che concede in affitto l'unica azienda di cui e titolare, l'operazione è fuori campo IVA e perciò sconta l'imposta di registro in misura proporzionale. Nel caso di specie, la base imponibile e rappresentata dall'ammontare dei corrispettivi in denaro pattuiti per l'intera durata del contratto, e ciò ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera h) del D.P.R. 131/1986. TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA Imposta di registro 3% Imposta di bollo Euro 45,00 Da società o imprenditore individuale che affitta un ramo d’azienda oppure una delle aziende che possiede e l’azienda non comprende immobili Tale operazione e soggetta ad IVA, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 1, del D.P.R. n. 633/1972. TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA Imposta di registro Euro 168,00 Imposta di bollo Euro 45,00 Da società o imprenditore individuale che affitta un ramo d’azienda oppure una tra le tante che possiede e l’azienda comprende degli immobili Tale operazione e soggetta ad Iva, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 1 del D.P.R. n. 633/1972. Tuttavia, con riferimento a tale fattispecie si deve richiamare l'art. 35, comma 10-quater, del D.L. n. 223/2006, il quale prevede che "Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l’affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50%, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 633/1972”. Tale norma, evitare che di chiaro attraverso intento antielusivo, l'utilizzo dello vuole schema contrattuale dell'affitto di azienda vengano disapplicate le disposizioni introdotte in materia di locazioni immobiliari. La predetta norma comporta che sia posta a confronto la tassazione delle due operazioni: l'affitto di azienda e la locazione dei fabbricati strumentali. L'affitto d'azienda è ordinariamente assoggettato ad IVA nella misura del 21% e all'imposta di registro in misura fissa. La locazione di immobili strumentali, attualmente le quali nel relativo atto il locatore per abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione Iva, effettuate sia dalle imprese costruttrici che dalle altre imprese sono soggette ad IVA con l'aliquota del 21%. In ogni caso le locazioni di fabbricati strumentali, esenti o imponibili ad IVA, sono assoggettati all'imposta di registro nella misura dell'1%. L'Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 12/E del 1 marzo 2007 (e con la Risoluzione n. 35/E del 06/02/2008) ha chiarito che per valutare il sistema di tassazione più sfavorevole, non si deve tener conto degli effetti che il trattamento fiscale di esenzione o di imponibilità ad IVA, applicabile alle locazioni di fabbricati, produce in termini di detrazione dell' IVA assolta sugli acquisti. In particolare, non deve tenersi conto di tale aspetto né in relazione alla circostanza che l'effettuazione di locazioni esenti limita il diritto alla detrazione spettante al locatore ne della circostanza che qualora il conduttore abbia un limitato diritto alla detrazione, risulterebbe per lui di maggior sfavore una prestazione di locazione in regime di imponibilità IVA. Tenuto conto che il legislatore, per quanto concerne la tassazione della locazione di immobili strumentali ha lasciato nella disponibilità del locatore l'applicazione o meno del regime di esenzione (che può essere disapplicato esercitando l'opzione per l'imponibilità ad IVA), si deve ritenere che la norma introdotta dal citato art. 35, comma 10-quater, non è tesa a rendere applicabile tale regime alla locazione d'azienda, qualora la componente immobiliare risulti prevalente. Si ritiene, invece, che la ratio antielusiva della norma richieda di individuare il regime di maggior sfavore nell’applicazione dell’imposta proporzionale di registro, prevista per tutte le locazioni di fabbricati strumentali, sia imponibili che esenti, posta in essere ai sensi dell'art. 10, comma 1, n. 8) del D.P.R. n. 633/1972. In relazione a tale aspetto, in sostanza, l'applicazione del regime di tassazione previsto per i fabbricati strumentali risulterà sempre più sfavorevole rispetto a quello previsto per le locazioni di azienda. La norma antielusiva si applica nelle ipotesi in cui il valore dei fabbricati compresi nell'azienda costituisca la maggior parte del valore dell'azienda stessa. Poichè la norma per la valutazione dei fabbricati richiama i criteri del valore normale come determinati dall'art. 14 del D.P.R. n. 633/1972, si ritiene che tale criterio di valutazione, per ragioni di omogeneità, debba essere riferito ad entrambi gli elementi del rapporto comparativo, il complesso aziendale e i fabbricati. In definitiva, ai fini del regime di tassazione si avrà che: - quando il valore dell’immobile non supera del 50% il valore dell’azienda TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA Imposta di registro Euro 168,00 Imposta di bollo Euro 45,00 - quando il valore dell’immobile supera del 50% il valore dell’azienda TIPOLOGIA DI IMPOSTA IMPOSTA DOVUTA Imposta di registro 1% Imposta di bollo Euro 45,00 Qualora l'affitto di azienda abbia durata pluriennale, al fine del confronto con la disciplina dettata in materia di locazione di immobili strumentali, si dovrà tenere conto anche della disposizione dettata dalla nota I all'art. 5 della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. 131/1986, nella parte in cui prevede una riduzione dell'imposta di registro se il pagamento della stessa avvenga in un'unica soluzione per l'intera durata del contratto. Ai fini della comparazione da effettuarsi in base all'articolo 35, comma 10-quater, del decreto-legge n. 223 del 2006, tra il valore dell'azienda e quello dei fabbricati strumentali che la compongono, rilevano tutti gli immobili classificati nelle categorie catastali B, C, D, E ed A10. CESSIONE D’AZIENDA Trasferimento d’azienda inter vivos L'art. 2556 c.c. prevede una forma scritta specifica (atto pubblico o scrittura privata autenticata) per i contratti di cessione della proprietà dell'azienda; tale forma non e richiesta ad substantiam, vale a dire a pena di nullità, bensì ai soli fini dell'iscrizione dell'atto nel Registro delle imprese. Per tale fattispecie contrattuale, è previsto l'obbligo della registrazione, ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 131/1986, anche se in forma verbale. Va evidenziato che la cessione di azienda, non essendo considerata "cessione di beni¨ ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettera b) del D.P.R. 633/1972, non è mai soggetta ad Iva. Tale operazione, pertanto, rimane soggetta all'imposta di registro secondo quanto previsto dall'art. 2 della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. 131/1986, e, ai sensi dell'art. 23, comma 4, del D.P.R. 131/1986, le passività vanno imputate, ai soli fini dell'imposta di registro e non per le imposte ipotecarie e catastali, ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore. TIPOLOGIA DI IMPOSTA AZIENDA SENZA IMMOBILI Imposta di registro 3% Ovviamente niente imposte ipotecaria e catastale Bollo 45 AZIENDA CON IMMOBILI 7% per fabbricato; 8% per terreno edificabile, terreno non agricolo e non edificabile; 15% per terreno agricolo; 3% per i diritti diversi dai precedenti Imposta ipotecaria Imposta catastale Imposta di bollo 2% 1% Euro 300,00 IMPOSTE IPOTECARIA E CATASTALE D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 (T.U. Imposte Ipotecaria e Catastale) Abbiamo già esaminato nel corso dell'esposizione precedente e in relazione alle singole fattispecie impositive il tema delle imposte ipotecarie e catastali. In generale queste sono dovute per tutti i negozi che comportano la trascrizione nei RRII e la voltura in Catasto. Anche in questo caso ci sono poi ipotesi di agevolazioni ed esenzioni, spesso collegate ad analogo regime agevolativo in tema di imposta di registro ed IVA. L'imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni e donazioni. Se l'atto o la successione è esente dall'imposta di registro o dall'imposta sulle successioni e donazioni o vi è soggetto in misura fissa, la base imponibile è determinata secondo le disposizioni relative a tali imposte. In deroga alle disposizioni del comma 2, per la trascrizione dei contratti preliminari ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile l'imposta è dovuta nella misura fissa. Le volture catastali sono soggette all'imposta del 10 per mille sul valore dei beni immobili o dei diritti reali immobiliari determinato a norma dell'art. 2, anche se relative a immobili strumentali, ancorchè assoggettati all'imposta sul valore aggiunto, di cui all' articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 . L'imposta è dovuta nella misura fissa di euro 168 per le volture eseguite in dipendenza di atti che non importano trasferimento costituzione o di trasferimento beni di immobili diritti nè reali immobiliari, di atti soggetti all'imposta sul valore aggiunto, di fusioni e di scissioni di società di qualunque tipo e di conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa, per quelle eseguite in dipendenza di atti di regolarizzazione di società di fatto, derivanti da comunione ereditaria di azienda registrati entro un anno dall'apertura della successione, nonchè per quelle eseguite in dipendenza degli atti di cui all'art. 1, comma 1, quarto, quinto e nono periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. Attenzione: l'imposta è dovuta in misura fissa per gli atti che appunto non comportano il trasferimento dell'immobile, ma ciò non significa che sia dovuta (come qualche solerte impiegato dell'Ufficio del registro locale ha qualche volta cercato di sostenere) per qualsiasi atto avente ad oggetto un immobile. Ad es. la modifica della denominazione o della sede di una società non attua alcun trasferimento, ma comporta la voltura e quindi sconta la fissa; un vincolo urbanistico o la rettifica di un atto di compravendita che però è stato regolarmente ed esattamente volturato non comportano nè trasferimento nè voltura e quindi non sono soggetti ad imposta. L'imposta ipotecaria è determinata nella misura costante del 2% (salvo appunto i casi di applicazione dell'imposta fissa). Solo negli ultimi anni è stata introdotta l'aliquota "punitiva" del 3% per la cessione dei fabbricati strumentali e, come abbiamo visto, per la trascrizione dei trasferimenti di terreni diretti all'attuazione di piani urbanistici particolareggiati. Interessante dell’impresa l’ipotesi di costruttrice, cessione, di un da parte fabbricato strumentale per natura in corso di costruzione. Il trattamento fiscale applicabile alla cessione del fabbricato in corso di costruzione a seguito delle modifiche apportate dall’art. 35 d.l. n. 223/2006, convertito con modificazioni dalla l. n. 248/2006, al regime tributario delle cessioni di fabbricati da parte di soggetti passivi IVA, ha dato luogo a contrastanti interpretazioni ed al riguardo sono stati riscontrati comportamenti diversi presso gli uffici locali dell’Agenzia delle entrate. Sulla questione è intervenuta l’Agenzia delle Entrate, dapprima con la circolare n. 12/E del 1° marzo 2007, la quale conclude ritenendo che, poichè l’art. 10 nn. 8-bis) e 8-ter) d.p.r. n. 633 del 1972, nell’individuare il regime IVA applicabile alla cessione di fabbricati, non tratta specificamente anche dei fabbricati “non ultimati”, «la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo (…) sia esclusa dall’ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del d.p.r. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA». Pur non essendo affrontata espressamente, nella circ. n. 12 del 2007, la questione della misura delle imposte ipotecaria e catastale, è parso evidente che, poichè secondo l’Agenzia delle entrate l’operazione è esclusa dall’ambito applicativo dell’art. 10 nn. 8-bis e 8-ter cit., si deve ritenere pienamente operante il principio di alternatività tra IVA e le imposte di registro, ipotecaria e catastale, e che pertanto queste ultime sono dovute in misura fissa. Questa conclusione è stata di recente confermata dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare del 12 marzo 2010 n. 12 (Profili interpretativi emersi nel corso degli incontri con la stampa specializzata). Più precisamente, l’Agenzia delle Entrate, con riferimento alla cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’ imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo, afferma che «nel caso in esame, …, trattandosi di cessione di costruzione immobili - strumentali operazione in esclusa corso di dall’ambito applicativo dell’articolo 10 nn. 8-bis e 8-ter citati - non si applicano, rispettivamente, l’articolo 1-bis della Tariffa allegata al d.lgs. n. 347 del 31 ottobre 1990 (imposta ipotecaria proporzionale del 3%) e l’articolo 10, comma 1, del medesimo decreto (imposta catastale proporzionale disposizioni citate si dell’1%), in quanto le applicano agli atti che comportano trasferimento di proprietà di beni immobili strumentali ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8-ter), del decreto IVA, da cui, come sopra ribadito, sono esclusi i fabbricati non ultimati. Conseguentemente, risulta pienamente operante, nella fattispecie rappresentata, il principio di alternatività tra IVA e imposte di registro, ipotecaria e catastale, per cui queste ultime sono dovute in misura fissa. Veniamo infine all'ipotesi di trasferimento immobiliare a titolo gratuito Decreto legislativo 31/10/1990 n. 346 Penso sia ben nota a tutti la vicenda dell'imposta legata all'alternanza della colorazione politica dei governi che sono succeduti in Italia negli ultimi venti anni. Si tratta sicuramente di una delle imposte, che già di per sè non sono ovviamente ben viste, meno compresa dal punto di vista sociale: perchè devo pagare lo stato se trasferisco un bene, senza alcun corrispettivo ad un altro soggetto? I governi di centrodestra ne avevano fatto un cavallo di battaglia, arrivando in pratica alla sua abolizione; quelli di centrosinistra pure, sia pure in senso opposto, per cui ne avevano aggravato gli effetti. Alla fine si è giunti ad una specie di compromesso così da rendere pressochè esenti i trasferimenti di ricchezza a titolo gratuito all'interno dell'ambito familiare e viceversa (ma di questo sinceramente non si capisce il motivo) da aggravare rispetto ai trasferimenti a titolo oneroso il trattamento fiscale del trasferimento gratuito di un immobile. L'art. 2, commi 47 e seguenti, della legge 24 novembre 2006, n. 286 (in Suppl. ord. n. 223 alla G.U. n. 277 del 28 novembre 2006), di conversione del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, ha reintrodotto l'imposta di donazione, per gli atti stipulati a partire dal 29 novembre 2006 (data di entrata in vigore del d.l. n. 262/2006, di conversione del d.l. n. 262/2006). Modifiche alla reintrodotta imposta sulle donazioni sono state apportate - con decorrenza dal 1° gennaio 2007 dall'art. 1, commi da 77 a 79, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (in G.U. n. 299 del 27 dicembre 2006). - L'imposta sulle donazioni si applica: 1) - alle donazioni; 2) - agli atti costituenti liberalità indiretta; 3) - agli atti gratuiti non liberali. - L'imposta sulle donazioni trova la propria disciplina nel d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001; ciò significa che tutte le successive aggiunte e modifiche, inserite nel corpo del medesimo testo unico, sono irrilevanti e devono essere considerate come non scritte. - La struttura dell'imposta sulle donazioni è, salve le diverse aliquote ora previste, sostanzialmente quella risultante dalle modifiche apportate al t.u. dalla legge n. 342/2000 (su cui cfr. la Circ. Min. Fin. 16 novembre 2000 n. 207/E); in particolare, l'imposta di donazione non colpisce - a differenza di quanto avveniva prima del 2000 - il valore globale dell'atto di donazione, ma unicamente le attribuzioni in capo ai singoli donatari. La nuova imposta sulle donazioni riguarda tutti immobiliari, eccezioni Comprende i beni oggetto e di espressamente quindi, ad diritti, mobiliari trasferimento, previste esempio, salve dalla oltre al ed le legge. denaro, qualsiasi tipo di rapporto bancario, saldi di conti correnti, titoli (anche di Stato), quote di fondi comuni di investimento ed altri valori mobiliari. - Per l'imposta sulle donazioni è prevista una franchigia in tre casi (art. 2, commi 49 e 49-bis, del d.l. n. 262/2006): 1) - nei trasferimenti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta, fino all'importo, per ciascun beneficiario, di 1.000.000 di euro; 2) - nei trasferimenti a favore dei fratelli e delle sorelle fino all'importo, per ciascun beneficiario, di 100.000 euro; 3) - nei trasferimenti a favore di persona portatrice di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 104, fino all'importo di 1.500.000 euro. L'art. 2, comma 51, del d.l. n. 262/2006 prevede il successivo cadenza aggiornamento quadriennale, di con tali franchigie, decreto con ministeriale, tenendo conto dell'indice del costo della vita. Si precisa altresì che: - le franchigie non sono tra loro cumulabili. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il beneficiario sia portatore di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104 del 1992 ed anche coniuge del de cuius: in tal caso troverà applicazione solo la franchigia più favorevole di 1.500.000 euro. In relazione alla previsione dell'art. 2, comma 49-bis, del d.l. riconosciuto n. 262/2006 grave), la (soggetti franchigia con si handicap applica a prescindere da qualsiasi rapporto di parentela con il de cuius. Il rinvio alla legge n. 104/1992 comporta l'applicazione dell'art. 3 di quest'ultimo provvedimento: per cui "è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di integrazione apprendimento, lavorativa e di tale relazione da o di determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione" (art. 3, comma 1); "qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella relazione, la sfera individuale situazione assume o in quella di connotazione di gravità" (art. 3, comma 3). Ai sensi del successivo art. 4 della legge n. 104/1992, "gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento capacità assistenziale complessiva permanente individuale residua, e di alla cui all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali", con le ulteriori modalità prescritte nel medesimo articolo. Tuttavia, ai fini delle agevolazioni fiscali, deve riconoscersi, in conformità ai principi generali dettati dal d.p.r. n. 445/2000, la possibilità di autocertificare la situazione di grave handicap mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio (da inserirsi nella donazione). - L'art. 1, comma 78, della legge n. 296/2006 ha poi introdotto un'ipotesi di totale esenzione da imposta sulle donazioni, aggiungendo il comma 4-ter all'art. 3 del d. lgs. n. 346/1990. In particolare, ai sensi di quest'ultima disposizione, i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile, a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. Ove nell'azienda siano compresi beni immobili, il richiamo dell'art. 3 del d. lgs. n. 346/1990 (a sua volta richiamato dall'art. 55, comma 2, del medesimo decreto) da parte degli artt. 1, comma 2, e 10, comma 3, del d. lgs. n. 347/1990 comporta, altresì, l'esenzione da imposte ipotecarie e catastali. Trattandosi di quote sociali o azioni di società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, il beneficio partecipazioni spetta mediante le limitatamente quali è alle acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall'art. 13 del d. lgs. n. 471/1997 e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. Coordinando contenuta la nel nell'ipotesi in disposizione in comma deve cui 48, i esame con ritenersi discendenti non quella che, rendano, contestualmente alla donazione, la dichiarazione di impegno a proseguire l'attività di impresa, si applica il trattamento ordinario (e quindi la franchigia di 1.000.000 di euro); con la conseguenza che, allorchè il valore dell'azienda o delle partecipazioni sociali, unitamente a quello degli altri cespiti oggetto di donazione sia di sicuro inferiore alla suddetta franchigia, non vi sarà alcuna convenienza ad usufruire dell'esenzione in oggetto. - Le agevolazioni per la prima casa sono applicabili, nei termini previsti dall'art. 69, commi 3 e 4, della legge 21 novembre 2000, n. 342, e quindi in base alle regole ed alla relativa interpretazione precedentemente applicate (risultando così superata la diversa disciplina contenuta nel d.l. n. 262/2005, nel testo anteriore alla conversione in legge). Cfr., sul punto, la Circ. Agenzia Entrate 7 maggio 2001 n. 44/E. Si noti la non che, secondo quanto affermato espressamente nella circolare 7 maggio 2001, n. 44/E, par. 1., il precedente acquisto agevolato per successione o donazione non è di ostacolo al successivo acquisto agevolato per atto tra vivi, sempre che sussistano le condizioni di cui alle lettera a), b) e c) della nota II-bis. La motivazione, secondo la circolare, risiederebbe nella diversità dei presupposti che legittimano l’acquisto del bene in regime agevolato. Come è stato osservato in dottrina, pur essendo pienamente condivisibile la conclusione cui giunge l’amministrazione finanziaria, la giustificazione della reiterazione dell’agevolazione è da ricercarsi più correttamente nella lettera c) della nota II-bis che non menziona la legge n. 342/2000. Probabilmente l’espressione adoperata nella circolare intende riferirsi alla diversità della successione dell’imposta agevolata. Infatti, nel l’agevolazione caso “prima casa” consente e donazione, di ridurre normalmente le imposte ipotecaria e catastale alla misura fissa, mentre l’agevolazione non concerne l’imposta di registro. L’art. 13 della legge 18 ottobre 2001, n. 383 prevedeva solamente per la donazione a favore di soggetto diverso dal coniuge o da un parente in linea retta o da altro parente fino al quarto grado, di valore superiore alla franchigia di euro 180.759,91 ovvero di euro 516.456,90 se il beneficiario è un portatore di handicap riconosciuto grave, l’imposta di registro sul valore eccedente la franchigia. Com’è noto, per effetto della modifica normativa apportata dall’art. 2, comma 47 del decreto legge n. 262/2006 convertito con modificazioni, dalla legge n. 286/2006, a seguito del ripristino dell’imposta sulle successioni e donazioni, ai trasferimenti a titolo gratuito non si applica più l’imposta di registro bensì l’imposta sulle successioni e donazioni. Ora, in un passo della circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 6.2, si affermava che in caso di precedente donazione, qualora l’acquirente dell’immobile a titolo gratuito abbia versato l’imposta di registro in misura agevolata, l’agevolazione non può essere ulteriormente accordata. Sembra pertanto confermato dell’Amministrazione precedente preclusivo che, Finanziaria, della nuova ad avviso l’acquisto richiesta di agevolazioni prima casa è quello che ha scontato l’imposta di registro agevolata, indipendentemente dal titolo di acquisto, e quindi anche se applicata ad una donazione (ad estraneo per il valore eccedente la franchigia). - Le nuove aliquote (previste dall'art. 2, commi 49 e 49-bis, del d.l. n. 262/2006, come modificata dalla legge n. 296/2006) sono le seguenti: 1) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, a favore del coniuge o di parenti in linea retta: - Imposta di donazione: 4 % (sul valore complessivo, al netto di eventuali oneri, eccedente, per ciascun donatario, euro 1.000.000); - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari; - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari 2) - Donazione (o patto di famiglia) o altro atto gratuito avente ad oggetto aziende o partecipazioni sociali a favore dei discendenti, che si impegnano a proseguire l'attività d'impresa o a detenere il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data della donazione: - Imposta di donazione: esente - Imposta ipotecaria: esente - Imposta catastale: esente 3) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, a favore di fratelli e sorelle: - Imposta di donazione: 6 % (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun donatario, euro 100.000); - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari 4) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta, nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado (con esclusione del coniuge, dei parenti in linea retta, dei fratelli e sorelle): - Imposta di donazione: 6 % - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) - oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari 5) - Donazione o altro atto gratuito avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, a favore di parenti oltre il quarto grado, e di affini in linea collaterale oltre il terzo grado, nonchè a favore di estranei: - Imposta di donazione: 8 % - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari 6) - Donazione avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, a favore di persone fisiche con handicap riconosciuto grave: - Imposta di donazione: l'aliquota applicabile in base al rapporto di parentela, affinità o coniugio (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun donatario, euro 1.500.000) - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) oppure Euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) oppure euro 168 se prima casa per almeno uno dei donatari 7) – Donazione di terreni e fabbricati di qualsiasi tipo a favore di enti pubblici o altri enti previsti dall'art. 3 del D. Lgs. n. 346/1990: - Imposta di donazione: esente - Imposta ipotecaria: esente - Imposta catastale: esente 8) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo, a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a favore del coniuge o di parenti in linea retta: - Imposta di donazione: 4 % (sul valore complessivo, al netto di eventuali oneri, eccedente, per ciascun beneficiario, euro 1.000.000); - Imposta ipotecaria: Euro 168 - Imposta catastale: Euro 168 9) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo, a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a favore di fratelli e sorelle: - Imposta di donazione: 6 % (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun donatario, euro 100.000); - Imposta ipotecaria: Euro 168 - Imposta catastale: Euro 168 10) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo, a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a favore di parenti fino al quarto grado (diversi dal coniuge, dai parenti in linea retta, dai fratelli e sorelle), di affini in linea retta, di affini in linea collaterale fino al terzo grado: - Imposta di donazione: 6 % - Imposta ipotecaria: Euro 168 - Imposta catastale: Euro 168 11) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo, a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a favore di parenti oltre il quarto grado, di affini in linea collaterale oltre il terzo grado o di estranei: - Imposta di donazione: 8 % - Imposta ipotecaria: Euro 168 - Imposta catastale: Euro 168 12) - Rinuncie a diritti reali su beni di qualsiasi tipo, a titolo di donazione o comunque a titolo gratuito, a favore di persone fisiche con handicap riconosciuto grave: - Imposta di donazione: l'aliquota applicabile in base al rapporto di parentela, affinità o coniugio (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun donatario, euro 1.500.000) - Imposta ipotecaria: Euro 168 - Imposta catastale: Euro 168 13) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art. 2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi tipo, a favore del coniuge o di parenti in linea retta: - Imposta di donazione: 4 % (sul valore complessivo eccedente, per ciascun beneficiario, euro 1.000.000); - Imposta ipotecaria: Euro 168 14) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art. 2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi tipo, a favore di fratelli e sorelle: - Imposta di donazione: 6 % (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun donatario, euro 100.000); - Imposta ipotecaria: Euro 168 15) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art. 2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi tipo, a favore di parenti fino al quarto grado (diversi dal coniuge, dai parenti in linea retta, dai fratelli e sorelle), di affini in linea retta, di affini in linea collaterale fino al terzo grado: - Imposta di donazione: 6 % - Imposta ipotecaria: Euro 168 16) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art. 2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi tipo, a favore di parenti oltre il quarto grado, di affini in linea collaterale oltre il terzo grado o di estranei: - Imposta di donazione: 8 % - Imposta ipotecaria: Euro 168 17) - Atti costitutivi di vincoli di destinazione (art. 2645-ter c.c.), compresi i trusts, su beni di qualsiasi tipo, a favore di persone fisiche con handicap riconosciuto grave: - Imposta di donazione: l'aliquota applicabile in base al rapporto di parentela, affinità o coniugio (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun donatario, euro 1.500.000) - Imposta ipotecaria: Euro 168 - L'art. 2, comma 49, del d.l. n. 262/2006, precisa che l'imposta è determinata dall'applicazione delle aliquote sopra indicate al valore dei beni e dei diritti oggetto dell'atto gratuito, "al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dall'articolo 58, comma 1", del d. lgs. n. 346/1990. Nel caso di donazione modale, pertanto, l'imposta di donazione è applicata sul valore netto dall'onere previsto a carico del beneficiario; se si tratta di onere a favore di terzi, questo si considera, ai sensi dell'art. 58, comma 1, t.u., come liberalità a favore dei terzi medesimi (come tale assoggettata a distinta tassazione). - Ai sensi dell'art. 69, comma 7, della legge n. 342/2000, le disposizioni antielusive di cui all'articolo 37-bis del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 si applicano, ad esclusione delle condizioni contenute nel comma 3 del medesimo articolo, anche con riferimento all'imposta sulle donazioni. Pertanto, ai sensi del comma 1 del suddetto art. 37-bis, "sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti". A norma del successivo comma 2, "l'amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione". Peraltro, a norma dell'art. 37-bis, comma 8, "le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni dall'ordinamento soggettive tributario, altrimenti ammesse possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi". Sono assoggettati ad imposta sulle donazioni anche gli atti gratuiti tra vivi costitutivi di vincoli di destinazione (art. 2, comma 49, del d.l. n. 262/2006); il precedente comma 48 non prevede, peraltro, la tassazione dei vincoli di destinazione costituiti per causa di morte, e quindi con testamento. Relativamente a tali vincoli, sarà necessario indicare negli atti di donazione il valore del vincolo (da non confondersi con il valore dell'immobile). Deve trattarsi di vincoli di destinazione con beneficiario determinato, diversamente l'imposta di donazione non è applicabile. Ai sensi dell'art. 56, comma 4, del d. lgs. n. 346/1990, "il valore dei beni e dei diritti donati è determinato a norma degli articoli da 14 a 19 e dell'articolo 34, commi 3, 4 e 5", del t.u. Ciò comporta, in particolare: - relativamente agli immobili, l'applicazione della c.d. valutazione automatica (su base catastale); - relativamente ad aziende e partecipazioni in società, l'irrilevanza del valore di avviamento (cfr. gli artt. 15 e 16 del d. lgs. n. 346/1990, come modificati dall'art. 69, comma 1, della legge n. 342/2000, e l'art. 1, comma 78, della legge n. 296/2006, che ha inserito il comma 1bis all'art. 8 del d. lgs. n. 346/1990). A norma dell'art. 56, comma 5, ultimo periodo, del d. lgs. n. 346/1990, riferito all'ipotesi in cui l'atto gratuito sia soggetto ad IVA, è detratta, se alla richiesta di registrazione dell'atto di donazione è allegata afferente la fattura, l'imposta sul valore aggiunto la cessione. Trattandosi di donazione registrata con il c.d. adempimento unico, la fattura dovrà essere conservata dal notaio rogante. - Ai sensi dell'art. 57 del d. lgs. n. 346/1990, come modificato dall'art. 69 della legge n. 342/2000, il valore netto dei beni e dei diritti oggetto della donazione (da intendersi, ora, come valore dei beni attribuiti a ciascun beneficiario) è maggiorato, ai soli fini dell'erosione della franchigia, importo pari donazioni, al valore anteriormente complessivo fatte dal di di un tutte donante le al donatario, comprese quelle presunte di cui all'art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate nell'art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell'imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59. Per valore delle donazioni anteriori si intende il valore attuale dei beni e dei diritti donati; si considerano anteriori alla donazione, se dai relativi atti non risulta diversamente, anche le altre donazioni di pari data. Negli atti di donazione e negli atti di compravendita cui all'art.26 del d.p.r. n. 131/1986 (quelli, cioè, a favore del coniuge o di parenti in linea retta), devono essere indicati gli estremi delle donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario o ad alcuno dei donatari e i relativi valori alla data degli atti stessi. Ai soli fini dell’applicazione della franchigia sulla quota devoluta all’erede o al legatario, si deve quindi tener conto del valore delle donazioni in vita fatte dal de cuius a favore dello stesso erede o legatario. Si evidenzia al riguardo che, ai fini della determinazione delle aliquote applicabili l’art 8 del TUS prevedeva la maggiorazione ereditario di del valore globale un importo pari al netto dell’asse valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all’art 1 comma 3 (vale a dire gli atti di vendita a coniuge o parenti in linea retta per i quali la tassazione di un trasferimento a titolo gratuito sarebbe stata più onerosa rispetto a quella scaturente dall'applicazione dell'imposta di registro) ed escluse quelle indicate all’art 1 comma 4 (donazioni indirette collegate a trasferimenti immobiliari soggetti ad imposta di registro proporzionale) e quelle registrate gratuitamente (trasferimenti a favore di sto, enti pubblici, enti con fini diciamo filantropici) o con pagamento dell’imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59 (quali le donazioni di beni culturali). Anteriormente alle modifiche apportate al TU n. 346 del 1990 dalla legge 21 novembre 2000 n. 342, il predetto art 8 rispondeva all’esigenza di determinare le aliquote progressive per scaglioni, applicabili sul valore eccedente le franchigie stabilite dalla Tariffa allegata al predetto Testo Unico. A seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 342 del 2000, il disposto dell’art 8 rimasto immutato nella sua formulazione deve logicamente riferirsi non più alla determinazione delle aliquote, stabilite in misura proporzionale, bensì all’applicazione delle franchigie, posto che sotto tale profilo le modalità applicative previste nel precedente regime sono analoghe alle attuali. Nel silenzio dell’art 8 comma 4 del TUS, in merito determinazione della franchigia fruibile occorre chiarire se rilevano tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius, comprese quelle eventualmente poste in essere nel periodo compreso tra il 25 ottobre 2001 (data di entrata in vigore della legge n. 383 del 2001 che aveva abrogato l’imposta di successione) e il 29 novembre 2006 (data di entrata in vigore dell’attuale regime in materia di successioni) e in particolare se nel predetto computo debbono essere comprese anche le donazioni per le quali l’imposta sia stata assolta in base alle disposizioni vigenti ratione temporis. Al riguardo, si ritiene che rilevino tutte le donazioni poste in essere dal de cuius, comprese quelle compiute nel periodo in cui l’imposta sulle successioni e donazioni era stata abrogata, in quanto anche durante tale periodo sussisteva pur sempre un regime impositivo, alternativo a quello abrogato, in virtù del quale per le donazioni e gli altri atti di liberalità erano dovute “le imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso”, con le medesime aliquote previste per i corrispondenti atti a titolo oneroso, applicabili sul valore eccedente una franchigia di 350 milioni di lire, specificamente prevista per i predetti atti (art 13 legge 18 ottobre 2001 n. 383). Come prevede infatti l’art 14 comma 1 della legge n. 383 del 2001 “Le disposizioni concernenti esenzioni, agevolazioni, franchigie e determinazione della base imponibile, già vigenti in materia di imposta sulle successioni e donazioni, s’intendono riferite all’imposta dovuta per gli atti di trasferimento di cui all’art 13 comma 2”. Deve ritenersi altresì che nel computo della franchigia rilevano soltanto le donazioni pregresse per le quali, in base al regime vigente ratione temporis, sia stata riconosciuta una franchigia d’imposta che abbia assorbito in tutto o in parte l’imposta dovuta. Più precisamente, le donazioni pregresse rilevano nei limiti di valore relativamente al quale il beneficiario abbia fruito della franchigia. Detto valore deve essere poi attualizzato, avendo riguardo al valore normale dei beni e dei diritti alla data di apertura della successione del donante. Per una migliore comprensione di quanto sopra esposto, valga il seguente esempio: - nel 2000 Tizio ha donato al figlio Caio un immobile del valore di 400.000.000 di lire; - vigente la franchigia di 350.000.000 di lire, la predetta donazione è stata assoggettata ad imposta limitatamente al valore di 50.000.000 di lire; - nel 2007 si apre la successione di Tizio e a Caio spetta una quota ereditaria del valore di 1.500.000 euro; - ai fini della determinazione della franchigia fruibile da Caio, il valore della quota ereditaria allo stesso spettante (1.500.000 euro) deve essere aumentato di un importo corrispondente al valore attuale della quota parte di donazione effettuata in vita da Tizio, a suo tempo non assoggettata a tassazione per effetto dell’applicazione della franchigia. Ipotizzando che la donazione pregressa esprima un valore attuale pari a 500.000 euro, l’importo da sommare a quello della quota ereditaria è pari al valore attuale della donazione coperta dalla franchigia, ossia pari all’87,5 per cento di 500.000 euro. Detta percentuale è desumibile dal rapporto intercorrente tra il valore originario della donazione e la franchigia applicabile ratione temporis (400:350 = 100:X). Attesa la finalità delle franchigie, volte a modulare la base imponibile in funzione del valore complessivo di tutte le donazioni anteriori e del rapporto di parentela con il medesimo donatario, si ritiene che a tali fini rilevino tutte le donazioni pregresse per le quali, in considerazione del rapporto intercorrente tra donante e donatario, non sia stata applicata l’imposta, ivi comprese le donazioni a favore del coniuge e dei familiari in linea retta o collaterale non assoggettate all’imposta sulle successioni e donazioni. Nel computo non vanno ricomprese invece le donazioni anteriori di cui agli articoli 1 comma 4, 55 e 59 del TUS, in quanto espressamente escluse dal disposto dell’art 8 comma 4 del TUS. Resta inteso che l’art 8 comma 4 del TUS non ha lo scopo di attrarre a tassazione i beni donati in vita dal defunto, i quali devono essere comunque esclusi dalla determinazione della base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione. Ad esempio, nell’ipotesi in cui il de cuius: - abbia disposto in vita, a favore del figlio, donazioni per le quali non sia stata corrisposta la relativa imposta per un valore attualizzato alla data di apertura della successione di 1.200.000 euro; - abbia disposto un lascito in favore del figlio per un valore di 800.000 euro; - il valore attualizzato dei beni donati dal de cuius, poichè rileva ai soli fini della determinazione della franchigia applicabile, non concorre a formare la base imponibile su cui calcolare l’imposta di successione, benchè sia superiore alla franchigia di 1.000.000 euro; - in questo caso la base imponibile sulla quale applicare l’aliquota del 4 per cento è di 800.000 euro. Invece, nel caso in cui: - il valore attuale dei beni donati dal de cuius (e non assoggettati a tassazione) sia di 800.000 euro; - il valore dei beni caduti in successione sia di 1.200.000 euro; - la base imponibile sulla quale applicare l’imposta di successione si determina sommando al valore dei beni caduti in successione quello attuale dei beni donati (1.200.000 +800.000) e da tale importo si detrae la franchigia di 1.000.000 euro; - pertanto, la base imponibile alla quale commisurare l’imposta è pari a 1.000.000 di euro. A seguito dell’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni operato dal DL 262 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 286 del 2006, l’art 8 comma 4 del TUS deve considerarsi riferito non solo alle donazioni, ma anche agli atti a titolo gratuito e alla costituzione di vincoli di destinazione stipulati a partire dal 29 novembre 2006 (data di entrata in vigore della legge n. 286 del 2006). Infatti, a partire da tale data, per i suddetti atti l’art 2 comma 50 del DL 262 del 2006 stabilisce l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni del TUS. Le franchigie non operano ai fini dell’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale.Tali imposte, infatti, sono dovute per i trasferimenti di immobili o diritti reali immobiliari, nella misura e con le modalità ordinariamente previste dal Testo Unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale 31 ottobre 1990 n. 347 (d’ora in poi TUIC) e dalle altre norme vigenti in materia. Il differente trattamento è motivato dal diverso oggetto delle imposte ipotecaria e catastale, le quali rilevano autonomamente rispetto all’imposta sulle successioni e donazioni (e all’imposta di registro) in quanto correlate ai servizi resi ai fini della circolazione dei beni mediante la formalità della trascrizione e la voltura catastale (Cassazione 9 luglio 2003 n. 10751; Circolare 30 maggio 2005 n. 25). In relazione quindi all'obbligo di indicare negli atti di donazione le eventuali donazioni anteriori tra donante e donatario, considerato lo scopo ed i limiti del "coacervo", deve ritenersi che - poichè la franchigia sussiste solo nelle donazioni a favore del coniuge e di parenti in linea retta - il richiamo delle donazioni precedenti non sia necessario negli atti di donazione a favore di altri soggetti (quelle, cioè, in cui non vi è franchigia soggetta ad "erosione"). Per l'omissione, l'incompletezza o l'inesattezza di tale indicazione si applica, a carico solidalmente dei donanti e dei donatari, la sanzione amministrativa pecuniaria da una a due volte la maggiore imposta dovuta. - A norma dell'art. 2, commi 47 e 49, del d.l. n. 262/2006, e dell'art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 346/1990, le liberalità indirette (ed in genere le attribuzioni gratuite), contenute in atti soggetti a registrazione, donazione. sono assoggettati ad imposta di - Ai sensi dell'art. 56-bis del d. lgs. n. 346/1990, come aggiunto dall'art. 69 della legge n. 342/2000, salva l'esclusione delle donazioni o liberalità di cui agli articoli 742 (spese non soggette a collazione) e 783 (donazioni di modico l'accertamento delle donazioni (non valore) del liberalità contenute in codice civile, diverse atti dalle soggetti a registrazione) e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all'estero a favore di residenti può essere effettuato esclusivamente in presenza di entrambe le seguenti condizioni: a) quando l'esistenza delle stesse risulti da dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi; b) quando le liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle già effettuate nei confronti del medesimo beneficiario, un incremento patrimoniale superiore all'importo di euro 180.759,91. Alle suddette applicabile liberalità l'aliquota del l'art. sette 56-bis per dichiara cento, da calcolare sulla parte dell'incremento patrimoniale che supera l'importo di euro 180.759,91. Le medesime liberalità possono essere registrate volontariamente, ai sensi dell'articolo 8 del d.p.r. n. 131/1986. In tale caso si applica l'imposta con le aliquote ordinarie. Queste ultime disposizioni, pur non espressamente abrogate, non appaiono coordinate con la nuova disciplina, in particolare nella determinazione delle aliquote e delle franchigie (comma 49), ed appare dubbia quindi la sua attuale vigenza nei termini sopra riportati; sistematica probabilmente conduce a ritenere un'interpretazione applicabili, alle suddette liberalità indirette, le nuove aliquote e franchigie previste dalla legge n. 286/2006. - Ai sensi dell'art. 1, comma 4-bis, del d. lgs. n. 346/1990, come introdotto dall'art. 69 della legge n. 342/2000, "Ferma restando l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto". Presupposto indispensabile per l'inapplicabilità dell'imposta di donazione alle "liberalità collegate" è pertanto: 1) - la circostanza che il collegamento sussista con un atto di trasferimento o costituzione di diritti immobiliari, o con un atto di trasferimento di azienda; 2) - l'ulteriore circostanza che il suddetto atto di trasferimento sia assoggettato ad imposta di registro proporzionale o ad imposta sul valore aggiunto. Conseguentemente, nei soli casi in cui - in base all'art. 10, n. 8-ter, del d.p.r. n. 633/1972 - non trova applicazione né l'imposta di registro proporzionale nè l'IVA, la liberalità collegata sarà assoggettata ad imposta di donazione. - Ai sensi dell'art. 55, comma 2, del d. lgs. n. 346/1990, gli atti previsti dall'art. 3 del medesimo t.u. sono registrati gratuitamente. In particolare: a) - non sono soggetti all'imposta di donazione i trasferimenti - a titolo di donazione o altra liberalità - a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonchè quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (O.N.L.U.S.) legislativo e a fondazioni emanato in previste attuazione dal della decreto legge 23 dicembre 1998, n. 461 (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 346/1990); b) - i trasferimenti - a titolo di donazione o altra liberalità - a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggetti all'imposta di donazione se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma, quindi l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità (art. 3, comma 2, del d. lgs. n. 346/1990). In tali casi il beneficiario deve dimostrare, entro cinque anni dall'accettazione della donazione, di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal donante. In mancanza di tale dimostrazione esso è tenuto al pagamento dell'imposta con gli interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata (art. 3, comma 3, del d. lgs. n. 346/1990); c) - non sono soggetti all'imposta di donazione i trasferimenti - a titolo di donazione o altra liberalità - a favore di movimenti e partiti politici (art. 3, comma 4-bis, del d. lgs. n. 346/1990, come aggiunto dall'art. 5 della legge 3 giugno 1999, n. 157). In tutti i suddetti casi, vi è esenzione da imposta sulle donazioni ai sensi del menzionato art. 3; vi è altresì esenzione da imposte ipotecarie e catastali (art. 1, comma 2, e art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 347/1990). - Ai sensi dell'art. 59 del d. lgs. n. 346/1990, l'imposta di donazione si applica nella misura fissa prevista per l'imposta di registro (quindi attualmente euro 168): a) per le donazioni di beni culturali vincolati di cui all'art. 12, lettera g), a condizione che sia presentata al competente ufficio dell'agenzia delle entrate l'attestazione prevista dall'art. 13, comma 2, salvo quanto stabilito nei commi 3, 4 e 5 dello stesso articolo; b) per le donazioni di ogni altro bene o diritto dichiarato esente dall'imposta a norma di legge, ad eccezione dei titoli del debito pubblico e dei titoli di stato (che devono quindi ritenersi soggetti alla normale imposizione proporzionale, salve le franchigie, laddove in passato questi titoli per larghi periodi temporali hanno goduto di un'esenzione totale per cui erano lo strumento preferito per questo tipo di operazioni). Se i beni di cui sopra sono compresi insieme con altri beni o diritti in uno stesso atto di donazione, del loro valore non si tiene conto nella determinazione dell'imposta di donazione. - Ai sensi dell'art. 59-bis del d. lgs. n. 346/1990, come introdotto dall'art. 57 del d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, non sono soggette ad imposta di donazione, che nella ipotesi di cui all'articolo 59, comma 3, le donazioni di veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico. Ciò significa che l'imposta di donazione si applica, invece, quando i suddetti veicoli sono compresi insieme con altri beni o diritti in uno stesso atto di donazione (ma, deve ritenersi, senza tener conto del valore dei veicoli medesimi). - Riguardo alle riduzioni di imposta previste dall'art. 25 del d. lgs. n. 346/1990, l'art. 25, comma 4-ter, come introdotto dall'art. 69 della legge n. 342/2000, fa salva l'applicabilità solo dell'agevolazione di cui all'art. 25, comma 4-bis, alle donazioni. Tale disposizione è successiva a quella contenuta nell'art. 56, comma 5, del d. lgs. n. 346/1990, che era stata da ultimo modificata dall'art. 11 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79. Tuttavia, non sembra che intento del legislatore sia stato quello di eliminare l'applicabilità delle riduzioni di imposta alle donazioni; probabilmente, l'oscura formulazione del suddetto comma 4-ter è solo frutto di un difetto di coordinamento. Le riduzioni di imposta - salvi i dubbi sopra esposti - sono quindi le seguenti: a) - se la donazione è effettuata entro cinque anni da successione o donazione avente per oggetto gli stessi beni e diritti, l'imposta è ridotta di un importo inversamente proporzionale al tempo trascorso, in ragione di un decimo per ogni anno o frazione di anno; se nella donazione non sono diritti oggetto della compresi tutti i beni e precedente successione o donazione o sono compresi anche altri beni o diritti, la riduzione si applica sulla quota di imposta proporzionale al valore dei beni e dei diritti compresi in entrambe (art. 25, comma 1, t.u.); b) - se nella donazione sono compresi beni immobili culturali, non sottoposti anteriormente alla donazione medesima al vincolo, l'imposta dovuta dal donatario al quale i beni sono attribuiti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al cinquanta per cento del loro valore. Il donatario deve presentare l'inventario dei beni per i quali ritiene spettante la riduzione, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l'esistenza delle caratteristiche di culturalità; l'attestazione deve essere allegata alla donazione. L'accertamento positivo delle caratteristiche di cui alla predetta legge comporta la sottoposizione dell'immobile al vincolo ivi previsto (art. 25, comma 2, t.u.); c) - se nella donazione sono compresi fondi rustici, incluse le costruzioni rurali, anche se non insistenti sul fondo, di cui all'art. 39 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, attribuiti al coniuge, a parenti in linea retta o a fratelli o sorelle del donante, l'imposta dovuta dal donatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore ad euro 103.291,38. La riduzione compete a condizione che il donatario sia coltivatore diretto, che la devoluzione avvenga diretto-coltivatrice requisiti regionale risulti competente diretto-coltivatrice nell'ambito e che da una l'esistenza attestazione allegata la di alla famiglia famiglia di questi dell'ufficio donazione. che si È dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi e all'allevamento e governo del bestiame, semprechè la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore al terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e dell'allevamento e del governo del bestiame; ai fini del calcolo della forza lavorativa il lavoro della donna è equiparato a quello dell'uomo (art. 25, comma 3, t.u.); d) - se nella donazione sono compresi immobili o parti di immobili adibiti all'esercizio dell'impresa, attribuiti al coniuge o a parenti in linea retta entro il terzo grado del donante nell'ambito di una impresa artigiana familiare, come definita dalla legge 8 agosto 1985 n. 443, e dall'art. 230-bis del codice civile, l'imposta dovuta dal donatario al quale sono attribuiti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore ad euro 103.291,38, a condizione che l'esistenza dell'impresa familiare artigiana risulti dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di cui all'art. 5, comma 4, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (art. 25, comma 4, t.u.); e) - se nella donazione sono compresi, purchè ubicati in comuni montani con meno di cinquemila abitanti o nelle frazioni con meno di mille abitanti anche se situate in comuni montani di maggiori dimensioni, aziende, quote di società di persone o beni strumentali di cui all'art. 40 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, trasferiti al coniuge o al parente entro il terzo grado del donante, beneficiario l'imposta è ridotta di donazione dell'importo dovuta dal proporzionale corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo, a condizione che gli aventi causa proseguano effettivamente l'attività imprenditoriale per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Il beneficiario deve dimostrare detta condizione entro sessanta giorni dalla scadenza del suindicato termine mediante dichiarazione da presentare presso l'ufficio competente ove sono registrate la denuncia o l'atto; in mancanza di tale dimostrazione il beneficiario stesso è tenuto al pagamento dell'imposta in misura ordinaria con gli interessi di mora, decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata (art. 25, comma 4-bis, t.u.). - Ai sensi dell'art. 26 del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 - nel testo risultante dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza in data 25 febbraio 1999, n. 41, nonchè dalle modifiche apportate dall'art. 69 della legge n. 342/2000 - i trasferimenti immobiliari, escluse le permute aventi per oggetto immobili ma fino a concorrenza del minore dei valori partecipazioni permutati sociali, ed i trasferimenti quando il valore di della partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano superiori all'importo di euro 180.759,91, posti in essere tra coniugi ovvero tra parenti in linea retta o che tali siano considerati ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni si presumono donazioni, se l'ammontare complessivo dell'imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento, anche se richiesta successivamente alla registrazione, risulta inferiore a quello delle imposte applicabili in caso di trasferimento a titolo gratuito, al netto delle detrazioni spettanti. Le parti contraenti devono dichiarare contestualmente se fra loro sussista o meno un rapporto di coniugio o di parentela in linea retta o che sia considerato tale ai sensi del comma 1 suindicato. In mancanza di tale dichiarazione il trasferimento si considera a titolo gratuito ove al momento della registrazione non risulti comprovata l'inesistenza del rapporto; tuttavia l'inesistenza del rapporto di coniugio o di parentela in linea retta può essere provata entro un anno dalla stipulazione dell'atto e in tale caso spetta il rimborso della maggiore imposta pagata. La presunzione non opera per i conguagli pattuiti in sede di divisione e nelle vendite ai pubblici incanti. La presunzione di liberalità, se ricorre la condizione di cui al comma 1, vale anche per i provvedimenti che accertano l'acquisto per usucapione della proprietà di immobili o di diritti reali di godimento sugli stessi da parte del coniuge o di un parente in linea retta dal precedente proprietario o titolare di diritto reale di godimento. Questa normativa deve ritenersi ancora in vigore per cui la relativa dichiarazione compare tuttora in tutti gli atti notarili: tuttavia stante la nuova disciplina delle donazioni in linea retta è evidente che prima di superare il limite della franchigia ne passa di tempo. - Donazioni ricadenti nella "franchigia". Trattandosi di donazioni immobiliari al coniuge o parenti in linea retta, ovvero di donazioni aventi ad oggetto altri beni di valore non superiore a 100.000 euro, deve ritenersi, dall'Amministrazione come finanziaria già riconosciuto (Circ. Agenzia Entrate 18 ottobre 2001 n. 91/E, paragrafo 2.2) che l'atto sia esente da imposta di registro (non si applica, cioè, neanche l'imposta di registro in misura fissa). Tale trattamento di esenzione dall'imposta di registro sembra doversi estendere anche agli atti costitutivi di vincoli di destinazione, che sono ora equiparati in tutto agli atti gratuiti e donativi. - Rinuncia abdicativa a diritti reali immobiliari. Gli atti di rinuncia abdicativa sono espressamente equiparati alle donazioni ed agli altri atti gratuiti ai fini dell'imposta di registro (cfr. l'art. 13, comma 2, della legge n. 383/2001, come modificato dall'art. 6, comma 5, del d.l. n. 262/2006). Permane il dubbio derivante dal coordinamento con l'art. 1 della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986, che equipara le rinunce ai trasferimenti a titolo oneroso: al fine di evitare problemi in sede di tassazione, sembra opportuno esplicitare nell'atto di rinunzia la natura gratuita o liberale della rinunzia. L'equiparazione non è invece effettuata dall'art. 6, comma 1, del d.l. n. 262/2006 riguardo alle imposte ipotecarie e catastali: non essendo l'atto di rinuncia un atto traslativo, trovano quindi applicazione allo stesso le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa. Un accenno possiamo ancora farlo alla disciplina futura. Infatti a norma dell'articolo 10, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a decorrere dal 1° gennaio 2014, il primo comma dell'art. 1 della tariffa sarà modificato nei seguenti termini: Atti traslativi proprietà di beni a titolo immobili oneroso in o immobiliari di godimento, compresi la rinuncia semplice agli stessi, di e traslativi e costitutivi genere della i diritti atti reali provvedimenti pura di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi 9 per cento Se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 , ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis) 2 per cento. Ci sarà quindi un aggravio nella tassazione in generale e un alleggerimento di quella relativa alla prima casa. Si è trattato di uno degli ultimi colpi di coda della gestione Tremonti dell'economia e al momento non resta che aspettare a vedere cosa succederà poi in concreto quando arriveremo in prossimità dell'entrata in vigore della nuova normativa. LOCAZIONE DI FABBRICATI ABITATIVI E STRUMENTALI PER NATURA. Sono ora soggette ad IVA: 9) – le locazioni di terreni edificabili e di aree destinate a parcheggio di veicoli; 10) – le locazioni di fabbricati abitativi, per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione Iva, effettuate dalle imprese costruttrici, o dalle imprese che vi hanno eseguito – anche tramite im prese appaltatrici – gli interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; 11) - le locazioni di fabbricati strumentali per natura, per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione Iva, effettuate sia dalle imprese costruttrici che dalle altre imprese; 12) – le locazioni di fabbricati destinati ad alloggi sociali, per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente l’imposizione Iva, manifestato effettuate sia l’opzione dalle per imprese costruttrici che dalle altre imprese. Gli alloggi sociali, di cui sopra, sono quelli definiti dal D.M. 22 aprile 2008 (in G.U. n. 146 del 24.6.2008). L’art. 1, commi 2 e 3, di quest’ultimo decreto qualifica come «alloggio sociale» l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. L'alloggio sociale si configura come elemento essenziale residenziale del sociale sistema costituito di edilizia dall'insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie. Rientrano nella definizione di cui al comma 2 gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche - quali esenzioni fiscali, assegnazione di aree od immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico - destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà. Il nuovo art. 127-duodevicies della tabella A, parte terza, allegata al D.P.R. n. 633/1972, assoggetta ad IVA con l’aliquota fabbricati del 10%, abitativi oltre alle effettuate locazioni dalle di imprese costruttrici o dalle imprese che vi hanno eseguito gli interventi di recupero di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, le locazioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali come definiti dal D.M. 22 aprile 2008, di cui sopra. Trattandosi di operazioni per le quali sono stati già pagati degli acconti, o comunque per cui è stata emessa fattura per gli stessi entro il 25 giugno 2012, relativamente a tali acconti l’operazione si considera precedentemente effettuata, ed è quindi soggetta al regime previgente, mentre la nuova disciplina si applica unicamente ai pagamenti effettuati, od alle fatture emesse successivamente (cfr. in tal senso la Circ. Agenzia Entrate 1 marzo 2007, n. 12/E). Nella valutazione, da parte del cedente o del locatore di fabbricati, circa la convenienza dell’opzione per l’imposizione Iva, occorre tener conto in particolare dei seguenti elementi: a) – a norma dell’art. 19-bis, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, non si tiene conto – ai fini del c.d. pro-rata – della cessione o locazione esente, ai sensi dell’art. 10, nn. 8, 8-bis e 8-ter del medesimo decreto, nei casi in cui la cessione o locazione non forma oggetto dell’attività propria del medesimo cedente o locatore; b) – a norma dell’art. 19-bis 2, comma 8, del D.P.R. n. 633/1972, il cedente o locatore non deve effettuare la rettifica della detrazione dell’Iva operata al momento dell’acquisto, se sono trascorsi dieci anni dal momento di acquisto o di ultimazione del fabbricato. Per l'imposta assolta sull'acquisto di aree fabbricabili l'obbligo di rettifica decennale decorre dalla data di ultimazione dei fabbricati insistenti sulle aree medesime. Ove non sia trascorso il suddetto periodo decennale, l’imputazione dell'imposta relativa ai fabbricati ovvero alle singole unità immobiliari, soggette a rettifica, che siano compresi in edifici o complessi di edifici acquistati, costruiti o ristrutturati unitariamente, deve essere determinata sulla base di parametri unitari, costituiti dal metro quadrato o dal metro cubo, o da parametri similari, che rispettino la proporzionalità fra l'onere complessivo dell'imposta relativa ai costi di acquisto, costruzione o ristrutturazione, e la parte di costo dei fabbricati o unità immobiliari specificamente attribuibile alle operazioni che dell'imposta. non danno diritto alla detrazione