Assessement cognitivo-comportamentale

Fondazione “Peppino Scoppa” di Angri
“MASTER I LIVELLO PER LA FORMAZIONE DI
COORDINATORE PER SERVIZI
PSICOSOCIOEDUCATIVI”
Dispense a cura della Dott.ssa Beatrice Coletti – Psicologa, psicoterapeuta
Assessement cognitivo-comportamentale
Lavorare con un bambino in difficoltà richiede capacità umane profonde e radicate, come
disponibilità sensiblità, pazienza, tolleranza alla frustrazione, grande motivazione, creatività e molte
altre.Tutte queste caratteristiche sono indispensabili ma non sufficienti: occorre anche una buona
conoscenza delle teorie dell’apprendimento, degli speciali bisogni della persona con ritardo mentale,
ed anche dei principi fondamentali della programmazione psico educativa.
Trovarsi a strutturare un intervento riabilitativo con un bambino disabile mentale grave o con
pluriminorazioni psico - sensoriali può costituire un momento di grande perplessità anche per
l’operatore più esperto.
La richiesta principale che arriva allo psicologo o educatore che opera nel settore riabilitativo è
soprattutto rispetto a determinati comportamenti inadeguati o disfunzionali che il bambino o
l’adolescente disabile presenta.
Le caratteristiche presentate da un soggetto sono spesso notevolmente complesse, e non è raro che
subentri l’interrogativo: “Da che parte devo incominciare?” La risposta non è mai immediata;
tuttavia, si possono delineare alcuni importanti momenti che caratterizzano la scansione della
programmazione dell’intervento.
Primo tra tutti è l’assessment.
Il termine assessment indica l’insieme delle modalità utilizzate per analizzare e valutare il
comportamento di un soggetto e dei fattori che lo influenzano. Esso descrive le abilità di ogni
singolo individuo.
Esso, è focalizzato sul singolo allo scopo di individuare, non solo i problemi da questi presentati, ma
anche le strategie di intervento e le modalità di misurazione dei risultati raggiunti: in un primo
momento, si scelgono gli eventi da osservare, che saranno analizzati nella seconda fase,poi si
ipotizza una spiegazione causale sulla natura delle relazioni funzionali osservate.
Il primo momento corrisponde all’assessment inteso come misurazione: rapporto mezzi al fine
attuato con la misurazione del comportamento bersaglio (o meta), per rilevare eventuali discrepanze
tra il livello operante ed il livello desiderato;
il secondo, invece, corrisponde all’assessment inteso come valutazione sperimentale: rapporto
dinamico in cui vengono considerate le valutazioni prodotte su ciascuna variabile dipendente dalla
manipolazione di variabili indipendenti, introdotte secondo opportune modalità sperimentali. Nel
decidere quali variabili vanno manipolate, si può scegliere tra una o più delle seguenti:
1)variabili costituite da stimoli antecedenti,
2)variabili di natura sia psicologica che fisiologica
3)comportamento manifesto
4) cambiamenti della situazione ambientale, comprese le reazioni degli altri.
Quando si lavora con un bambino disabile, si deve essere in grado di analizzare le sue abilità
all’inizio dell’intervento.
metodologia di assessment
formale
informale
diretta
test prestazionali
osservazione diretta
indiretta
automonitoraggio
agenti
mediazionali
ceck list,ecc
colloquio
autoresoconto
colloquio
test di person.
Successivamente, una volta formulato l’obiettivo, qualunque esso sia, bisogna verificare se ciò che
stiamo insegnando venga realmente appreso e se la modalità dell’insegnamento sia realmente
efficace con quel particolare soggetto.
Questa esigenza è molto più pressante con un soggetto disabile che con uno abile, in quanto il primo
necessita di un intervento specifico, di tempi di apprendimento più lunghi, di un maggior numero di
ripetizioni, ecc. Non è possibile fidarsi né di impressioni soggettive, né di modalità valutative utilizzate con i bambini normali. Da qui la necessità di considerare la valutazione come un processo a
focalizzazione crescente, finalizzato ad individuare il maggior numero di elementi potenzialmente
rilevanti per la buona riuscita dell’intervento riabilitativo, educativo e didattico, e come un processo
continuo che si svuluppa attraverso quattro momenti : pre-intervento, per-intervento, pro-intervento
e post-intervento.
In cui ciascun momento assolve a precise funzioni e ha ben precisi settori d’indagine .
Pre-intervento è la valutazione diagnostica si raccolgono tutte le informazioni necessarie ad
ottenere un quadro generale e completo della situazione del bambino ed è indispensabile per la
programmazione dell’intervento;
Per-intervento la valutazione programmatoria partendo dai dati raccolti, si dovrà sottopone a
valutazione tutti i settori rilevanti per un corretto e completo intervento.
a) Scelta obiettivi prioritari. Dai dati della valutazione diagnostica possiamo aver notato che una
data abilità è presente ad un livello soddisfacente, o non è presente, o è presente parzialmente,
oppure è presente solo in alcune situazioni o si manifesta solo con alcune persone. A questo punto
dovremo decidere quali abilità vogliamo insegnare. I criteri che guideranno la scelta sono di seguito
elencati:
1. scegliere dapprima le abilità già presenti parzialmente;
2. scegliere le abilità che possono influire maggiormente su altre aree;
3. scegliere le abilità che maggiormente possono venir incontro alle aspettative realistiche delle
famiglie;
4. scegliere le abilità che hanno l’occasione di essere manifestate più frequentemente;
5. scegliere le abilità ,per le quali abbiamo maggiormente a disposizione strutture,materiali e
persone collaborative;
6. scegliere abilità che permettono un maggior scambio gratificante con l’ambiente sociale.
b) Compiti.. Le abilità prese in considerazione vengono scomposte in passi concatenati. Questa
operazione và sotto il nome di Task-Analisis e si realizza attraverso diverse modalità qualora il
compito sia cognitivo o sequenziale. Se infatti l’abilità da far apprendere appartiene all’area cognitiva, si dovrà tener presente la sequenza evolutiva degli obiettivi. Dovremmo valutare, quindi, se i
vari obiettivi sono stati sequenzializzati in modo tale che i precedenti siano un prerequisito dei
successivi: contatto oculare spontaneo, contatto oculare su richiesta, attenzione congiunta,azione
congiunta, ecc. Se, al contrario, l’abilità è una sequenza di passi concatenati, come ad esempio
un’attività lavorativa, la descriveremo nei suoi passi successivi partendo dalla situazione stimolo
iniziale.
c) Prerequisiti. Qualsiasi intervento che miri a fornire delle abilità mancanti deve partire da
un’analisi dei comportamenti più semplici, senza i quali sarebbe impensabile l’apprendimento della
prestazione complessa. Questi prerequisiti dovranno essere dapprima ricercati e successivamente si
dovrà valutarne il grado di padronanza da parte del bambino.
d) Risorse ambientali. Nella seconda fase di valutazione per la programmazione, una rilevanza
particolare riveste l’analisi delle risorse ambientali a disposizione.
e) Ciclo istruzionale. L’intervento educativo che si propone l’insegnamento di una qualsiasi abilità
deve valutare e programmare adeguatamente tutte le componenti del ciclo istruzionale.
Esse sono :
le condizioni: queste sono rappresentate dalla situazione stimolo in cui avviene l’azione, dai mezzi
e/o materiali che vengono adoperati e dalle limitazioni che vengono eventualmente poste;
le istruzioni: queste possono essere verbali o gestuali e hanno lo scopo di far iniziare una data
risposta al bambino;
gli aiuti: questi possono essere introdotti qualora le sole istruzioni verbali non siano sufficienti a far
emettere l’abilità e hanno lo scopo di indiziare la percezione del bambino ,di facilitare l’esecuzione o
di insegnare attraverso la guida fisica i movimenti corretti necessari alla esecuzione di una data
abilità;
la risposta: essa è data da un comportamento che richiede la manifestazione di una data abilità o
capacità o conoscenza diretta verso un determinato oggetto;
i criteri: questi costituiscono gli strumenti di misura della risposta e possono essere qualitativi (o
tutto o nulla) o quantitativi (in questo caso deve essere sempre esplicito ed indicato il numero
minimo di risposte corrette richieste, il tempo eventuale richiesto ecc.) o possono essere determinati
in base all’aderenza di un modello.
Questa valutazione deve tener presente tutti i deficit nel processo di apprendimento che si sono
individuati con la valutazione diagnostica.
Pro-intervento è la valutazione correttiva ha lo scopo di ottenere delle informazioni costanti
sull’andamento dell’apprendimento con la funzione specifica di correzione, qualora i risultati non
fossero soddisfacenti.
La Verifica della curva di apprendimento permette di valutare se l’apprendimento procede, se è
fermo o se regredisce. Ci potrebbero essere dei fattori che influenzano negativamente
l’apprendimento sia in senso generale (per es. comportamenti incompatibili, distrattori-ambientali,
incoerenza educativa, assenza di una programmazione giomaliera ecc.); sia più specificatamente
legati alle singole fasi della sequenza di apprendimento.
Post-intervento la valutazione di controllo ha lo scopo di sottoporre ad analisi l’efficacia del lavoro
alla luce dei risultati ed in modo particolare in riferimento al mantenimento nel tempo delle
acquisizioni e alla generalizzazione a più contesti delle abilità.
Abbiamo visto che l’osservazione e la valutazione del comportamento sono necessarie non solo per
specificare il comportamento esatto che si desidera modificare ma anche per stabilire un livello
operante prima di applicare le procedure del trattamento. Inoltre, è importante che nel corso del
trattamento si analizzino con la massima cura i suoi effetti.
Dunque, il ricorso a procedure di osservazione è inevitabile, ma potrebbe risultare sterile, da un
punto di vista psicopedagogico, se non inserite in un preciso programma d’intervento e di
modificazione.
Ogni comportamento si presta a valutazioni qualitative e quantitative.
Per quanto riguarda la valutazione qualitativa, un comportamento può essere definito mediante le sue
caratteristiche funzionali e topografiche. Col termine funzionale si intende far riferimento agli effetti
prodotti da un’azione;
Col termine topografico, invece, si intende far riferimento al tipo di azione compiuta dal soggetto
(ad esempio, calciare, lanciare un oggetto, ecc.).
Rimanendo all’interno della classificazione funzionale, potremo notare che sono molto frequenti le
situazioni in cui più comportamenti, dissimili topograficamente, sono analoghi per quanto riguarda
gli effetti da essi prodotti. Considerazioni analoghe valgono anche nel caso della valutazione
topografica, in cui comportamenti simili producono effetti diversi.
Per quanto riguarda la valutazione quantitativa il comportamento, indipendentemente dalla sua
topografia e funzione, può essere misurato mediante il ricorso a parametri di misurazione (contare
quante volte si presenta un comportamento, cronometrare per quanto tempo dura un comportamento,
ecc.)
Tutti questi parametri possono essere utilizzati in situazioni educative, anche se, come abbiamo
visto, alcuni di essi sono preferibili ad altri.
Allo stato attuale, lo psicologo o l’educatore che deve osservare e misurare il comportamento di un
bambino può utilizzare tre diverse metodologie di assessment che si integrano a vicenda:
1) interviste ai genitori e alle altre persone che interagiscono con il bambino,
2) somministrazione di check-list e test intellettivi o delle abilità
3) osservazione diretta.
modalità di valutazione
Valutazione
Funzione
Settori
Pre-intervento
Diagnostica
Repertori comportamentali
Deficit di apprendimento
Storia evolutiva
Danni organici
Ambiente socioeducativo
Comunità
Relazioni
Pre-intervento
Programmatoria
Scelta obiettivi prioritari
Compiti
Prerequisiti
Risorse ambientali
Ciclo istruzionale
Pro-intervento
Correttiva
Verifica della curva di apprendimento
Post-intervento
Di controllo
Mantenimento
Generalizzazione
a)I reperti comportamentali del bambino: Utilizzando degli oppositi questionari si sottopongono ad
indagine i comportamenti del bambino,al fine di individuare quali siano le abilità e le disabilità
presenti ed eventuali problemi.
b)Deficit nel processo di apprendimento. I deficit nel processo di apprendimento del bambino
possono dipendere da cause diverse. Il processo di apprendimento, infatti, può essere rappresentato
come una sequenza temporale con vari passaggi successivi, in ognuno dei quali un’informazione
subisce una serie di trasformazioni ed in ciascuno di essi possono essere presenti dei deficit.
L’analisi dei deficit di apprendimento viene compiuta nelle seguenti fasi del processo di
apprendimento:
sensazione: si vanno ad indagare i deficit a livello di ricezione sensoriale e di registro sensoriale;
attenzione/percezione: oggetto di analisi sono i deficit di attivazione verso una fonte di
informazione, di esplorazione e selezione di indizi percettivi;
memoria: si indagano le modalità deficitane di codifica e di mantenimento nella memoria a breve
termine e di recupero e di confronto con precedente esperienze nella memoria a lungo termine;
esecuzione: si ricercano i deficit nelle modalità e nei parametri di missione di una risposta;
conseguenza: si sottopongono ad esame i deficit a livello di eventi gratificanti presenti.
c) La storia evolutiva del bambino. Questa indagine ha lo scopo di ottenere un quadro preciso della
storia passata (nascita, prima infanzia scolarità, eventuali istituzionalizzazioni, interventi riabilitativi
specifici,logopedia, fisioterapia, ecc.) del bambino.
d) Danni organici. La conoscenza dei danni organici è importante soprattutto perché ci permette di
approntare nel modo migliore un ambiente «protesico», stimolando l’utilizzazione di canali
sensoriali non-deficitari ed evitando inutili tentativi cercando di far passare informazioni attraverso
canali sensoriali danneggiati.
e) Ambiente socioeducativo. Dall’analisi dell’ambiente socioeducativo si raccolgono delle
informazioni molto importanti sull’ambiente di vita del bambino. A volte fattori socioambientali
sono responsabili di ritardi sociali, affettivi ed intellettivi che non sempre sono addebitabili a deficit
biologici. A questo livello si indaga, anche, sulle modalità educative dei familiari e si accerta la loro
disponibilità alla cooperazione.
f) Comunità. Con l’analisi comunitaria si sottopongono ad indagine le condizioni che favoriscono o
ostacolano l’adattamento e la socializzazione del bambino per quel che riguarda la Comunità ed i
servizi da essa offerti.
g)Le relazioni. Le abilità e le disabilità presentate dal bambino non avvengono sicuramente in un
vuoto sociale. Si deve valutare attentamente l’influenza, negativa o positiva, che l’ambiente sociale
ha sui repertori comportamentali del bambino.
L’intervista comportamentale
Le modalità ed i contenuti dell’intervista comportamentale non differiscono da quelli comunemente
usati in psicologia. Gli obiettivi sono quelli di ricostruire la storia della famiglia e del bambino che
possono essere utili alla stesura di futuri programmi educativi; e quelli che si riferiscono al modo di
comportarsi degli educatori (insegnanti, genitori, ecc.) nei confronti del bambino disabile, in quanto
tali comportamenti possono favorire o rallentare il recupero.
Le esperienze del bambino che avranno effetti decisivi sullo sviluppo della sua personalità hanno
luogo inizialmente nell’ambiente familiare e più tardi anche in quello scolastico. E’con i genitori,
infatti, che i bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo. Questo non significa, però, che
tutti i genitori comprendano appieno l’impatto che esercitano sui figli i metodi di educazione, i
rapporti che intrattengono con essi e le aspettative che in essi ripongono.
Gli errori più comuni con cui gli educatori possono, inconsapevolmente, produrre e mantenere dei
problemi sono i seguenti:
1.Rintorzamento dei comportamenti inadeguati. Un comportamento può essere rinforzato anche
contro la propria volontà, ad esempio quando il genitore presta attenzione al bambino solo quando
questi manifesta un comportamento problematico. Questa modalità di attenzione, per quanto
negativa possa essere (punizione), costituisce spesso un rinforzatore generalizzato che consolida il
comportamento da cui esso dipende
2. Incoerenza educativa. Il bambino deve essere capace di cogliere gli aspetti discriminanti delle
diverse possibilità di azione che gli si presentano momento per momento. In questo modo impara a
discriminare il comportamento sbagliato da quello buono. Non può imparare invece quando
comportamenti identici conducono a reazioni opposte (Il bambino fa i capricci per avere un gelato, i
genitori in qualche circostanza lo accontentano, mentre in altre lo puniscono), oppure quando
comportamenti opposti ricevono lo stesso trattamento (il bambino, qualsiasi cosa faccia, viene
sempre punito) . Se c’è l’incoerenza educativa, dunque, il bambino tenderà di dare ordine al suo
mondo autonomamente, scegliendo la strada dell’opportunismo (“faccio ciò che voglio”) o della
contrapposizione deviante alla discutibile autorità rappresentata dai genitori e dagli insegnanti.
3. Ignorare i comportamenti adeguati. Un errore educativo molto diffuso consiste nel non dare
premi o attenzione al bambino quando emette comportamenti appropriati. Spesso, dietro tale
atteggiamento, vi è il convincimento che quando il bambino si comporta in modo adeguato fa
semplicemente il suo dovere e quindi dovrebbe capire da solo l’inadeguatezza di certi altri
comportamenti .
4. Aspettative e atteggiamenti. Molti genitori fanno molto affidamento sulle capacità dei propri figli
per soddisfare propri bisogni inappagati; e alle aspettative dell’insegnante corrisponde, molto spesso,
un suo modificato atteggiamento verso gli allievi percepiti come brillanti o come lenti
nell’apprendimento .E’ inevitabile che i bambini reagiscano alle pressioni e alle pretese eccessive
con ansietà, con forme comportamentali di evitamento o fuga oppure con reazioni fobiche.
Stili educativi disturbati. Molti disturbi emotivi e comportamentali dei bambini sono dovuti agli stili
educativi disturbati dei genitori che possono essere classificati nel seguente modo:
Stile iperprotettivo. I genitori che adottano questo stile tendono ad evitare qualsiasi frustrazione al
bambino e a riversare su di lui dimostrazioni di affetto in modo eccessivo ed indiscriminato. Inoltre,
sottovalutano le potenzialità del bambino e lo considerano completamente incapace e bisognoso di
maggiori cure ed attenzioni le quali impediscono al piccolo di sviluppare molte abilità che sarebbe in
grado di acquisire: autodeterminazione, adeguata tolleranza alla frustrazione, controllo dell’ansia
preparazione ad affrontare situazioni diverse da quelle a cui si è abituati nel proprio ambiente
familiare.
Stile iperansioso. I genitori “iperansiosi” hanno paura di tutto: “Gianni non salire sulla scala, potresti
cadere e romperti la testa’; “Maria indossa il cappotto, fa freddo e potresti ammalarsi di
broncopolmonite”; ecc.I figli di genitori che adottano questo stile educativo sono timidi, paurosi :ed
insicuri.
Stile ipercritico. Questo stile è caratterizzato da rimproveri eccessivi. messe in ridicolo, commenti
sarcastici, svalutazioni del bambino: critiche alla persona e non al comportamento. Il genitore,
inoltre, ignora del tutto i comportamenti adeguati del bambino; dietro tale atteggiamento vi è la
convinzione che quando il bambino si comporta in modo adeguato fa semplicemente il suo dovere e
quindi dovrebbe capire da solo l’inadeguatezza di certi altri comportamenti. Il genitore ipercritico
determina nel bambino paura di sbagliare, comportamenti di evitamento, scarsa autostima.
Stile perfezionistico. Molti genitori fanno molto affidamento sulle capacità dei propri figli per
soddisfare propri bisogni inappagati. Chi adotta questo stile tende ad esigere degli standard
prestazionali molto elevati e comunica al bambino che merita di essere amato solo se riesce in tutto
quello che fa. Il bambino fa proprio questo atteggiamento ed impara a temere la disapprovazione ed
il rifiuto qualora non ottenga un risultato ottimale ad una prestazione. Tutto ciò lo porta ad essere in
ansia di fronte ad una prova (gare, esame, interrogazione, ecc.), in quanto la possibilità di
commettere un errore è considerata una sconfitta.
I genitori e gli educatori di bambini handicappati devono innanzitutto superare il profondo senso di
sfiducia nelle possibilità di apprendimento e di recupero dei bambini, poi devono modificare gli
atteggiamenti di iperprotezione o di rifiuto che possono bloccare o ritardare i processi di apprendimento adattivi.
5. Ambiente educativo. Molti educatori non creano un ambiente che promuova l’apprendimento e
non utilizzano strategie per incoraggiarlo. Ciò si verifica o perché viene troppo spesso applicato il
solo rinforzo negativo o perché non viene rinforzato in modo adeguato il comportamento adattivo.
L’esigenza che deriva da queste considerazioni è che gli educatori devono sapere cosa fare di fronte
ai comportamenti, spesso molto gravi, che presentano i bambini.Un altro obiettivo è quello di vedere
se c’è discrepanza tra ciò che i genitori credono e dicono che il loro figlio sa fare e ciò che realmente
sa fare.
Le check-list
La check-list è una scala di valutazione per mezzo della quale ci si accerta della presenza di abilità,
comportamenti, conoscenze. Essa è articolata in vari item, per ogni area di indagine (cognitiva,
grosso-motoria, linguistica, ecc.) Naturalmente schede di questo tipo vengono compilate
rapidamente, costituendo di solito il primo momento di analisi del problema. Un’altra loro caratteristica è quella di poter essere utilizzate da chiunque grazie alla loro semplicità.
E’ ovvio che il lavoro dell’educatore è reso molto più agevole: non deve più muoversi a tentoni ed
ha dei precisi punti di riferimento, osservabili e misurabili, su cui costruire i programmi educativi
per incrementare le abilità e le conoscenze del bambino .
Nonostante la precisione e la validità dimostrate dalle check-list, alcuni aspetti del comportamento
umano, come quelli relativi alle interazioni sociali, non possono essere indagati. Il limite, infatti, di
questi strumenti risiede nel fatto che la situazione, il compito e il criterio sono decisi a priori rispetto
all’osservazione e questo non consente di conoscere alcuni comportamenti ecologici del bambino,
adottati, cioè, in situazioni non preventivamente strutturate.
Test Intellettivi
I Tests intellettivi sono scale standardizzate e definiscono il Quoziente Intellettivo del soggetto,
ricordiamo la Stanford-Binet, la Brunet-Lezine,la
WIPPSI
e la WISC-R
utilizzate
fondamentalmente in riabilitazine. Si utilizzano a secondo dell’età cronologica presentata dal
bambino
Brunet Lézine
Questa scala si utilizza per valutare il Q.S. (Quoziente di Sviluppo) del bambino dal 1° mese di vita
fino ai 30 mesi si basa su osservazioni dirette da parte dell’esaminatore e su osservazioni indirette
con i genitori.Essa è suddivisa in quattro rubriche così suddivise:
P: controllo posturale;
C: coordinazione oculo-motrice;
L: linguaggio;
S: relazioni sociali e personali
Ogni rurbrica è suddivisa in 10 item per età di sviluppo.
Stanford-Binet
Questa scala si utilizza per tutti i bambini in età prescolare, quindi dai 2 anni in poi, fino a 16 anni
nel caso di sospetto di Ritardo Mentale.Essa valuta l’età mentale e il conseguente QI.
Per la somministrazione bisogna ricordarsi che il test va iniziato nel punto in cui il bambino
presumibilmente dovrebbe riuscire.
Per la valutazione dell’età mentale vanno presi in considerazione
WIPPSI
I subtest verbali sono
Cultura Generale (quantità d'informazione estratta dall'ambiente circostante, non specifica
dell'educazione scolare)
Vocabolario (capacità generali del bambino date dalla padronanza linguistica e dai processi di
pensiero)
Ragionamento Aritmetico (capacità di giudizio percettivo sui concetti di grandezza, lunghezza,
quantità e identità capacità di conteggio prontezza e concentrazione nell'uso di concetti astratti come
numeri ed operazioni aritmetiche (addizione, sottrazione) e la capacità di tradurre in parole le
operazioni numeriche
Somiglianze (identificazione e associazione di oggetti, fatti o concetti diversi e la capacità di fare
astrazioni tra classi)
Comprensione Generale (l'acquisizione di modalità comportamentali socialmente accettabili tipiche
della nostra società e la capacità di giudizio basata su informazioni acquisite di "buon senso"
comune, mediate da abilità linguistica e ragionamento logico)
Frasi (attenzione e concentrazione e la capacità di richiamare stimoli uditivi verbali)
I subtest di performance sono
Casa degli Animali (memoria, attenzione, concentrazione, coordinazione visuo-motoria e destrezza
manuale)
Completamento di Figure (discriminazione visiva, abilità concettuali e percettive)
Labirinti (capacità di pianificazione, coordinazione visuo-motoria)
Disegno Geometrico (organizzazione visuo-motoria e percettiva, abilità motoria, movimenti fini)
Disegno con Cubi (discriminazione figura-sfondo, analisi e sintesi percettiva, relazioni spaziali
attraverso la copia e la coordinazione visuo-motoria, ragionamento logico)
WISC-R
Informazioni (ampiezza delle conoscenze, curiosità, capacità di osservazione e di ritenzione delle
informazioni )
Somiglianze (identificazione e associazione di oggetti, fatti o concetti diversi, e la capacità di fare
astrazioni tra classi)
Aritmetica (prontezza e concentrazione nell'uso di concetti astratti come numeri ed operazioni
aritmetiche, e la capacità di tradurre in parole le operazioni numeriche)
Vocabolario (capacità generali del bambino date dalla padronanza linguistica e dai processi di
pensiero)
Comprensione (l'acquisizione e lo sviluppo di comportamenti sociali e morali tipici della nostra
società, e la capacità di giudizio basata sul senso comune)
Memoria di Cifre (attenzione e concentrazione, e la capacità di richiamare stimoli uditivi)
Le scale di Performance sono
Completamento di figure
(attenzione visiva e la concentrazione del bambino)
Storie Figurate (percezione visiva, comprensione visiva, capacità di pianificare in base a sequenze
Disegno con Cubi (analisi, sintesi e percezione, relazioni spaziali attraverso la copia e la
coordinazione visuomotoria)
Ricostruzione di Oggetti (capacità di sintesi, anticipazione mentale, visualizzazione mentale a partire
dal nome dell'oggetto, relazioni spaziali, e la coordinazione visuomotoria)
Cifrario(area visuomotoria, abilità nell'uso della penna, e la capacità di cogliere nuove associazioni)
Labirinti (capacità di pianificazione, coordinazione visuomotoria, e l'accuratezza nello svolgimento
di un lavoro)
Entrambe le scale danno un QI Totale che si ottiene calcolando il QIV e il QIP.
Ricordiamo anche le Matrici Progressive di Raven anch’esse standardizzate e divise per fasce d’età
Ricordiamo inoltre Test di valutazione del comportamento e degli stati emotivi come il BFQ e il
TAD ed altri.
L’osservazione diretta del comportamento
L’approccio cognitivo-comportamentale, nell’analisi del comportamento, evidenzia le relazioni
esistenti tra un particolare comportamento ed i fattori ambientali che lo controllano. Considera due
livelli di osservazione: un livello latente, in cui chi osserva interpreta il comportamento come la
risultante di fenomeni sottostanti, e un livello manifesto che consiste nel registrare ciò che accade
senza valutazioni ed interpretazioni.Il primo livello è tipico dell’approccio psicodinamico secondo
cui è essenziale ricercare le cause dinamiche e profonde del comportamento. I comportamenti del
soggetto non vengono rifiutati, ma vengono guardati come un fatto superficiale: essi sono indicatori
di superficie di disturbi e conflitti più profondi. Così, ad esempio, l’enuresi è interpretata come
forma di aggressività verso i genitori. Il secondo livello invece, più facilmente utilizzabile
dall’educatore che intende avvalersi di metodi e tecniche di osservazione.
Durante una qualsiasi attività ognuno di noi raccoglie, in modo non intenzionale tramite i propri
organi di senso, delle informazioni su ciò che accade nell’ambiente che ci circonda.
Le informazioni così registrate sono frutto di registrazioni occasionali o naturali, in quanto non
derivano da specifiche e predisposte strategie di analisi della realtà. E’ ovvio che l’osservazione
occasionale essendo soggettiva e asistematica, risulta scarsamente attendibile e difficilmente
utilizzabile in un contesto che affida al metodo osservativo il compito di individuare obiettivi di
interventi o precisare l’efficacia di un intervento di modificazione comportamentale. L’uso di questo
tipo di osservazione è andato via via diminuendo in Psicologia, pur continuando ad influenzare la
nostra vita quotidiana, man mano che questa disciplina si consolidava da un punto di vista scientifico; i dati, nella metodologia scientifica, debbono avere i requisiti di oggettività e riproducibilità .
Nonostante ciò, non può essere dimenticato che il progresso scientifico e tecnologico deve molto
all’osservazione occasionale: alcuni successi si sono avuti proprio grazie ad osservazioni non
controllate ed asistematiche; ad esempio, il riflesso condizionato è stato scoperto grazie ad
osservazioni occasionali di Pavlov (1966).
Nell’ambito della ricerca psicopedagocica si è fatto ricorso a diverse forme di osservazioni
sistematiche differenziate sia in base alle strategie utilizzate per la raccolta dei dati (osservazione
naturalistica e diretta), sia in relazione al coinvolgimento dell’osservatore (osservazione
documentarioa scientifica e partecipante) Per brevità di esposizione in questa sede si farà riferimento
solo all’osservazione sistematica diretta.
L’osservazione sistematica diretta
Nell’osservazione chi osserva dovrebbe limitarsi a descrivere ciò che succede senza lasciarsi
influenzare dalla tentazione di giudicare e valutate i comportamenti osservati. Il ricorso a questa
procedura sembra offrire sia maggiori garanzie di attendibilità, in quanto esclude la descrizione retrospettiva dei fenomeni indagati, e sia maggiori spunti operativi, in quanto è evitato l’uso degli
strumenti normativi ormai considerati inadeguati per una attenta programmazione didattica ed
educativa. L’osservazione diretta impone, quindi, un esame più attento ed analitico che per essere
effettuato è consigliabile soddisfare alcune particolari caratteristiche che sono:
1. descrivere, in termini operativi, il comportamento da osservare:
definire accuratamente i comportamenti oggetto di osservazione. Solo limitando il campo
dell’osservazione e definendo in modo chiaro e preciso il suo oggetto, è possibile effettuare
un’osservazione sistematica e consentire ad osservatori diversi delle considerazioni tra loro
confrontabili.
Per attuare una corretta definizione comportamentale vanno rispettate le seguenti regole:
1) la definizione deve essere obiettiva, cioè riferirsi a caratteristiche osservabili del
comportamento:devono essere esclusi i riferimenti a stati interni, metafisici, ecc.;
2) la definizione non deve essere ambigua, ma deve stabilire con chiarezza che cosa va
considerato del comportamento;
3) la definizione deve essere analitica in modo che esamini in dettaglio il comportamento;
4) la definizione deve comprendere tutti i possibili comportamenti o parti di esso, altrimenti chi
osserva non può sapere se il comportamento si è verificato o meno;
5) la definizione deve possedere un significato univoco, cioè la definizione deve essere
significativa per tutte le persone che si prendono cura del bambino.
2. raggruppare i comportamenti in classi: elaborare delle classificazioni, mediante le quali sia possibile
raggruppare i comportamenti se. base di elementi in comune;
3. scegliere un codice simbolico: costruire un sistema simbolico modo che ognuno dei simboli faccia
riferimento ad una particolare classe di comportamenti;
4. predisporre la scheda di osservazione: mettere a punto una tabella generalmente costituita da una serie di
colonne numerate, ognuna delle quali rappresenta il risultato di un’osservazione, e da una serie di righe
ognuna delle quali fa riferimento ad una delle classi comportamentali sottoposte ad osservazione.
5. stabilire la durata dell’osservazione: non esistono regole precise prestabilite. L’osservazione può durare
alcune ore, alcuni giorni o alcune settimane, a seconda della modalità di osservazione adottata, della complessità dei comportamenti osservati e di altri fattori che possono variare di situazione in situazione.
Generalmente si continua l’osservazione e la registrazione di una determinata classe di comportamenti
fintanto che il o i comportamenti osservati non mostrano di aver raggiunto una certa stabilità, per quanto
riguarda la frequenza o la durata oppure l’intensità con le quale essi si manifestano.
6. precisare la modalità mediante la quale registrare la frequenza di comparsa dei comportamenti
da osservare: osservare continuamente i comportamenti che interessano richiederebbe un dispendio
di energie ed un “costo” tale da scoraggiare qualsiasi osservatore. Ci si accontenta. pertanto, di
effettuare delle osservazioni di tanto in tanto, rispettando sia certi intervalli di tempo tra una
osservazione e quella successiva e sia la validità,la rappresentatività e l’attendibilità della
registrazione.
Osservazione a campionamento di tempo
Questa modalità necessita la scelta di “momenti” significativi di osservazione all’interno
dei quali vengono misurati i seguenti parametri :
a.frequenza: numero di volte che i comportamenti oggetto di analisi tendono a manifestarsi; ad esempio,
quante volte il soggetto interagisce con il compagno di banco.
E’ il parametro più usato, in quanto
1) in grado di evidenziare con immediatezza i cambiamenti avvenuti sia nel breve che nel lungo tempo,
2) si può utilizzare con la maggior parte dei comportamenti,
3) è in grado di dare una precisa stima quantitativa del comportamento attivato, senza presentare nel
contempo difficoltà insormontabili per quanto riguarda registrazione e misurazione .
b.durata: il tempo durante il quale il comportamento si manifesta; ad esempio, per quanto tempo un
soggetto riesce a prestare attenzione ad un compito.
c. intensità: grado con il quale il comportamento fa la sua comparsa.Molti comportamenti, che sono
accettabili quando si manifestano a certe intensità, diventano inaccettabili quando raggiungono
livelli più elevati:ad esempio, quando un allievo pronuncia parole con un tono di voce troppo alto o
troppo basso. Comunque, per quanto questo parametro abbia una sua indubbia rilevanza, come
abbiamo visto, nella valutazione del comportamento, esso è raramente impiegato in quanto si presta
poco ad un’accurata misurazione.
d. latenza: il tempo che intercorre tra la somministrazione di uno stimolo e la comparsa di una
risposta; ad esempio, dopo quanto tempo, dalla presentazione della lettera B, il bambino risponde
discriminando la lettera.
e.numero di tentativi: numero di volte che un compito deve essere ripetuto prima che un soggetto li
abbia appresi e padroneggiati; ad esempio, quante volte bisogna presentare uno stimolo prima che un
bambino lo discrimini correttamente. Questo parametro è di fondamentale importanza soprattutto per
programmare e valutare training di recupero cognitivo.
L’osservazione a campionamento di tempo (time sainpling), inoltre risponde a determinati criteri
temporali: la scelta può cadere ad intervalli fissi, ad es. una ogni 5 minuti, oppure ad intervalli
variabili, ad es. la seconda osservazione 7 minuti dopo la prima, la terza 4 minuti dopo la seconda, la
quarta 11 minuti dopo la terza e così via. Le osservazioni hanno luogo ad intervalli che variano da
un’osservazione all’altra, con intervalli. in rapporto alla complessità del comportamento oggetto di
indagine o alla sua frequenza di comparsa, di 4 o 8 o 16 minuti: infatti, se si sommano tutti gli
intervalli e si divide per il numero di questi, si ottiene 4 o 8 oppure 16. Questa seconda modalità di
campionamento sembra offrire maggiori garanzie di obiettività, in quanto si potrebbe verificare che,
in presenza di un’osservazione ad intervalli fissi, i soggetti potrebbero rendersi conto di essere sotto
osservazione a ritmi costanti e comportarsi innaturalmente. Inoltre, il metodo ad intervalli variabili
sembra fornire, a parità del numero di osservazioni con quello ad intervalli fissi, un numero significativamente superiore di informazioni. Una sintesi delle modalità di osservazione fin qui
considerate si trova nella fig.successiva.
Tipo di registrazione
1.Registrazione
di
Definizione
prodotti Registra
stabili e duraturi
i
Vantaggi
risultati
Svantaggi
dei 1)Consente un conteggio della Nessuno
comportamenti
prestazione
più
semplice
e
meno affrettato.
2)Permette un analisi degli
eventuali errori commessi dal
soggetto.
2. Registrazione della frequenza Registra
l’emissione
di
determinato comportamento
un 1)Presenta
generalmente
buon livello di concordanza.
un 1)E’ richiesta una continua
osservazione.
2)Non richiede una particolare 2)E’inadatta
preparazione.
comportamenti
per
quei
che
si
3)Si limita, in genere, all’uso di manifestano poche volte ma che
carta e matita.
durano a lungo.
3)può indurre una percezione
scorretta del problema
3.registrazione della durata
Registra
la
durata
comportamento
del 1)Fornisce dati attendibili
1)Richiede
un’attenzione
2)Misura fenomeni per i quali costante.
la latenza è una variabile 2)Esige l’uso di un cronografo.
importante.
3)Non è utilizzabile per i
comportamenti emessi con una
frequenza molto alta.
4.Registrazione dell’intensità
Registra
l’intensità
di
comportamento
un Misura fenomeni che accettabili Richiede
a certe intensità lo sono meno a meccanismi
certe altre.
5.registrazione della latenza
spesso
apparati
per
e
la
registrazione.
Registra il tempo che intercorre Misura la velocità di risposta in 1)Esige l’uso di un cronografo.
tra uno stimolo e la risposta
compiti di discriminazione
2)Può indurre a rispondere
velocemente.
6.Registrazione del numero di Registra il numero di ripetizioni 1)favorisce la valutazione di 1)E’ richiesta una continua
tentativi
necessaria all’apprendimento
training di recupero cognitivo.
osservazione
2)Si limita all’uso di carta e 2)Può
matita.
7.Registrazione continua
indurre
fenomeni
di
pseudo apprendimento
Registra ogni comportamento 1)Individua i problemi presenti 1)Richiede molto tempo.
manifesto
nel soggetto.
2)Esige una certa capacità di
2)Costituisce la base su cui poi lettura dei dati.
effettuare l’analisi funzionale
3)favorisce
l’emissione
di
comportamenti atipici.
8.Registrazione ad intervalli
Registra la presenza o l’assenza 1)non permette l’individuazione 1)Registra comportamenti che
di comportamenti fissati in della modalità di osservazione.
precedenza
2)rende
meno
non sono chiaramente discreti.
probabile 2)Richiede
una
particolare
l’emissione di comportamenti preparazione
artefatti.
8.1 ad atto completo
Registra la risposta che dura per Stabilisce se il comportamento Sottovaluta la frequenza di
tutto l’atto osservatorio
8.2Ad atto incompleto
fluisce ininterrottamente
emissione dalla risposta.
Registra la risposta che si Registra comportamenti emessi Sopravvaluta la frequenza
manifesta
durante
l’atto rapidamente
osservatorio
8.3 istantanea
Registra
emessi
i
alla
comportamenti Registra
fine
comportamenti
che E’necessario trovare un sistema
dell’atto persistono per un po’ di tempo
osservatorio
che
indica
quando
iniziare
l’osservazione.
Fig.6 Sintesi delle principali modalità di osservazione (Smith,Snell,1978;Sulzer-Alzaroff,Mayer,1977;Meazzini,Fagetti,1990b;Guazzo,1996).
L’analisi funzionale del comportamento
Il comportamento molto spesso è provocato da situazioni che lo precedono, chiamate situazioni
antecedenti o situazioni-stimolo, ed è consolidato dalle conseguenze che tale comportamento ha
prodotto. Quindi, individuando gli elementi che precedono e quelli che seguono il comportamento,
sarà facilitata l’elaborazione delle strategie di intervento, in grado di cambiarli e, di conseguenza, di
modificare il comportamento della persona analizzata. Questo particolare tipo di osservazione è
conosciuta con il nome di analisi funzionale del comportamento.
L’analisi funzionale del comportamento, oltre a descrivere obiettivamente i comportamenti emessi
dal soggetto, collega ognuno di questi comportamenti ad un contesto ben preciso, consentendo di
evidenziare le relazioni esistenti tra ambiente e comportamento: cioè, le modalità con le quali
l’ambiente produce, mantiene e sostiene certi comportamenti individuali.
1.
Antecedenti. Gli antecedenti di un comportamento consistono in tutte quelle situazioni-stimolo
che in qualche modo controllano, facilitandone l’emissione, un comportamento. Essi, per comodità,
possono essere suddivisi in due livelli:
a. un livello motivazionale: una situazione antecedente può creare la motivazione di emettere un
determinato comportamento e questo accade quando una situazione-stimolo produce privazione (di
attenzione, di stimolazioni, di rinforzi, di attività, ecc.) induce stati avversivi (frustrazione, senso di
incapacità, disistima, demotivazione, ecc.) o provocano disagi relazionali (sopraffazione, incapacità
di stabilire adeguati contatti sociali, ansia sociale, ecc.) per il soggetto.
b.un livello di segnalazione: una situazione antecedente segnala al bambino il cosa fare in quel
contesto specifico per risolvere i suoi problemi; ad esempio, la mamma troppo ansiosa per la salute
del proprio figlio, diventa un segnale discriminativo che quest’ultimo può utilizzare per lamentare
dolori ed evitare di andare a scuola.
2. Comportamento. Il Comportamento indica tutte le risposte che vengono emesse dal bambino. E’
necessario che esso non solo sia descritto in modo obiettivo e verificabile ma che faccia anche
riferimento a dati visibili. Ciò significa escludere pensieri, fantasie, sogni, ecc. che a possono essere
direttamente colti da un osservatore esterno.
3. Conseguenze. Le Conseguenze sono le situazioni che si verificano dopo l’emissione di una
risposta, indipendentemente dal fatto che sia voluto e programmato. Infatti, l’efficacia di uno stimolo
nel produrre determinate conseguenze non è necessariamente legata alla volontarietà, alla
consapevolezza del suo impiego ed alla desiderabilità del comportamento emesso. In altre parole,
alcune conseguenze possono rafforzare comportamenti inadeguati, senza volerlo o senza esserne
consapevoli. Comunque, sono proprio le conseguenze del comportamento che creano
l’apprendimento (se le conseguenze prodotte sono di valenza positiva) o disapprendimento (se le
conseguenze prodotte sono di valenza negativa delle strategie che le hanno prodotte.
L’analisi funzionale deve, dunque, indagare sia i fattori che si manifestano frequentemente attorno al
comportamento negativo, sia quelli che si manifestano a sostegno di quelli adattivi. Questo aspetto
dell’analisi funzionale è essenziale, in quanto l’intervento educativo non dovrebbe mai essere solo
finalizzato all’estinzione dei comportamenti inadeguati, ma dovrebbe invece anche stimolare
l’insorgenza di comportamenti adattivi.
I comportamenti inadeguati, il più delle volte, sono l’unico (o uno dei pochi) strumenti che il
bambino disabile ha a disposizione per gestire l’ambiente ed ottenere gratificazioni .
E’ evidente che non è utile privare il bambino di queste strategie senza contemporaneamente
prospettargli alternative socialmente adeguate e che gli permettono di controllare i rinforzi. Anche
perché il bambino potrebbe sostituire il sintomo, cioè cercare delle nuove situazioni inadeguate (ad
esempio, se un bambino disturba la classe muovendosi continuamente tra i banchi per attirare
attenzione e se quest’ultima dopo un po’ gli viene negata, allora il bambino può iniziare a spintonare
e sgambettare i compagni di classe).
Dunque, la procedura per compiere l’analisi funzionale consiste in tre momenti:
1) osservare ciò che avviene nella situazione presa in esame,
2) descriverla utilizzando il linguaggio comportamentale
3) includere gli eventi osservati nelle classi Antecedenti, Comportamento, Conseguenze.
Il tutto si esegue muniti di schede simili a questa in cui la prima colonna indica il tempo in cui si
svolge l’azione, la seconda descrive la situazione antecedente al comportamento, la terza descrive il
comportamento oggetto di osservazione e la quarta descrive le conseguenze del comportamento;
molte volte le conseguenze prodotte da un determinato comportamento costituiscono l’evento
antecedente del comportamento successivo .
Tempo
Antecedenti
Comportamento
Conseguenze
La valutazione funzionale del comportamento si esegue in due momenti:nel primo descrittivo, si
esegue un monitoraggio degli antecedenti e delle conseguenze al comportamento;nel secondo,
interpretativo, si cerca invece di dare un significato psicologico ai dati raccolti in precedenza.
Analisi funzionale di un problema comportamentale.
R, una ragazza di venti anni, con ritardo mentale medio-grave, ha spesso comportamenti aggressivi
verso gli oggetti (lanciandoli, buttandoli a terra, rompendoli, ecc.) o verso le persone (sputando,
dando schiaffi, ecc.) senza un motivo apparente.
Fase descrittiva: per prima cosa si è descritta l’interazione che si è attivata tra l’educatrice e R. Nella
scheda presentiamo i dati raccolti in un’unica seduta di osservazione della durata di circa 20 minuti.
L’insieme dei comportamenti della ragazza possono essere classificati nelle seguenti classi:
1) assenza di comportamenti orientati al compito;
2) richieste prestazionali;
3) comportamenti di aggressività fisica: lancia oggetti, picchia il compagno.
A loro volta, i comportamenti dell’educatrice possono essere classificati nelle seguenti classi:
1) comportamenti di rimprovero: “è mai possibile che debba succedere ogni giorno la stessa
storia?”, “non è ora di ascoltare la musica ...“, “... alzati e inizia a lavorare”;
2) assenza di interventi educativi.
I comportamenti della ragazza sono tutti inaccettabili ed inadeguati;anche quelli dell’educatrice sono
tutti inadeguati (rimproveri).
Fase interpretativa: dai dati emergono, immediatamente, due fatti:
1)l’assenza di comportamenti positivi
2) i comportamenti negativi sono sistematicamente rinforzati da attenzione.
Quindi tutto il comportamento di Rosy è finalizzato ad ottenere sia l’attenzione dell’educatrice, che
con i suoi comportamenti rinforza tali comportamenti, sia ad evitare un’attività spiacevole “il
lavoro”. L’osservazione informale precedente l’intervento aveva già mostrato come le interazioni
educatrice-ragazza aumentavano vistosamente non appena iniziavano le attività di lavoro
giornaliero.
Tempo
Antecedenti
Comportamento
Conseguenze
7.Rosy entra nel centro di
9.00
riabilitazione.
8.Rosy si va a sedere
come al solito sul divano.
3.L’educatrice
saluta
3.l’educatrice
Rosy
saluta
Rosy.
4.rosy risponde al saluto e
5.l’educatrice dice: “E’ dice “voglio ascoltare la
mai possibile che debba musica”.
succedere ogni giorno la
5. L’educatrice dice:”E’
stessa storia?
mai possibile che debba
Non è ora di ascoltare la
succedere ogni giorno la
musica… alzati e inizia a
lavorare.”
6.Rosy si alza, sbuffa
lancia a terra degli oggetti
e molla un ceffone ad un
7.l’educatrice non ne può
compagno che gli capita a
stessa cosa?,Non è ora di
ascoltare
la
musica…alzati e inizia a
lavorare”.
tiro.
più, sgrida Rosy e le dice
che a pranzo non mangerà
7.L’educatrice non ne può
il secondo piatto.
più, sgrida Rosy e le dice
che a pranzo non mangerà
9.20
8. Rosy sorride e si siede
sul divano
il secondo piatto.
ECCO UN ESEMPIO CHE CONTIENE TUTTI QUESTI ELEMENTI
Gianni è un bambino che collabora poco. In particolare,
è praticaente impossibile farlo sedere e lavorare ad un compito. E’ sempre stato abituato a rimanere ore ed ore a
trullarsi. per lo più disteso a pancia in giù sul pavimento. Se un adulto tenta di convincerlo o di guidarlo fisicamente
verso il banco, si getta per terra ed inizia un capriccio che può durare anche varie decine di minuti. Prima di iniziare un
qualunque tipo di intervento, gli operatori stabiliscono l’obiettivo, cioè l’abilità che si desidera raggiunger con il
bambino:
Obiettivo: durante le attività individualizzate che prevedono un rapporto uno ad uno, Gianni sarà seduto e lavorerà ad
un semplice compito per cinque minuti consecutivi. L’obiettivo si riterrà raggiunto quando ciò avverrà per almeno
cinque volte di seguito nell’arco della terapia , per cinque volte consecutive.
In questo esempio, si è esaminato in dettaglio un obiettivo. In molti casi, tuttavia, risulta opportuno delineare, oltre a
questo, anche diversi obiettivi intermedi. Si tratta, in pratica, di identificare vari obiettivi che, a partire dalla situazione
attuale, permettano un graduale raggiungimento della meta finale. Riprendendo l’esempio di Gianni, si può identificare
una serie di sotto-obiettivi su cui è opportuno lavorare.
Ecco i comportamenti-meta intermedi che possono costituire la base su cui articolare gli obiettivi intermedi del
programma, avendo cura di specificare ulteriormente le situazioni ed i criteri adeguati:
I. Giocherellare stando seduto per terra, ma non disteso.
2. Giocherellare stando in piedi, indipendentemente dall’attività svolta.
3. Giocherellare rimanendo ad un metro o meno di distanza dalla sedia e dal banco.
4. Giocherellare rimanendo a meno di mezzo metro dalla sedia e dal banco.
5. Guardare in direzione della sedia e del banco, stando in piedi a meno di mezzo metro.
6. Giocherellare toccando la sedia.
7. Giocare coinvolgendo la sedia, cioè non solo toccandola con le mani.
8. Sedere sulla sedia, per tempi progressivamente più lunghi.
9. Svolgere una semplicissima attività manuale stando seduto sulla sedia, e appoggiando il materiale sul
banco, per tempi progressivamente più lunghi.
Un’importante puntualizzazione sui termini riguarda la distinzione tra obiettivi comportamentaili o funzionali; ed
obiettivi didattici. Tale distinzione è, tutto sommato, piuttosto artificiosa; tuttavia, essendo di uso frequente nel
linguaggio degli operatori psico-educativi, vale la pena di soffermarcisi un po’.
Un obiettivo si definisce di solito didattico” quando si riferisce al raggiungimento di abilità o di competenze tipicamente
oggetto dell’insegnamento scolastico, ed in particolare della programmazione didattica..
Gli obiettivi di un programma psico-educativo vengono spesso chiamati ‘comportamentali” o “funzionali”, invece,
quando si riferiscono al raggiungimento di abilità, l’insegnamento delle quali è tradizionalmente demandato
all’ambiente extra-scolastico. Tra queste si possono citare l’autonomia personale (nutrirsi, vestirsi, spostarsi da soli) e la
comunicazione interpersonale.
Si tratta, evidentemente, di una distinzione alquanto arbitraria. Ciò che conta, comunque, è che gli obiettivi
dell’intervento, oltre che tarati sulle capacità attuali del bambino, siano espressi nel modo più chiaro e completo
possibile. In ogni momento della programmazione, infatti, si costruisce di solito su molte mete contemporaneamente. Il
sapere con esattezza su che cosa si sta lavorando costituisce un insostituibile passo verso il coronamento dei propri
sforzi,
L’uso degli aiuti esterni e la loro progressiva eliminazione
(prompting e fading)
Quando un bambino sta imparando qualcosa di nuovo e di complesso, può succedere che, per
quanto la situazione sia bene organizzata, e benché le richieste e le spiegazioni siano impostate in
modo corretto, il comportamento desiderato non si verifichi.
Se lo schema d’azione desiderato non si produce, non è ovviamente possibile rinforzarlo. Di conseguenza, l’intero processo di apprendimento risulta compromesso. Occorre perciò utilizzare
strategie che facilitino ancora di più la produzione dell’azione voluta. In genere si ricorre alla
tecnica dell’aiuto si parla di “Prompt” o “Prompting”; il verbo ‘to prompt” significa: suggerire.
Si definisce “aiuto esterno” qualunque stimolo venga aggiunto alla situazione di parenza, in modo
più o meno arbitrario, per facilitare la produzione di un comportamento, altrimeriti improbabile.
I più comuni momenti educativi contengono spesso suggerimenti ed aiuti.
Gli aiuti esterni utilizzabili sono praticamente infiniti. Per comodità, conviene suddividerli in alcune
categorie distinte:
i suggerimenti di tipo imitativo;
i suggerimenti verbali e linguistici in genere;
la guida fisica;
i suggerimenti specifici, inseriti nel materiale di insegnamento
I suggerimenti imitativi
Si può senz’altro affermare che, tra tutti i modi attraverso i quali si impara, quello per imitazione riveste un’importanza speciale. L’esempio forse più evidente è dato dall’apprendimento del
linguaggio. Ogni bambino impara ad esprimersi nella lingua o nel dialetto usato dalle persone che lo
circondano.
Probabilmente l’imitazione è all’origine di moltissimi comportamenti nuovi; questi poi si
mantengono nel tempo e diventano abilità o abitudini stabilmente apprese se trovano adeguati
rinforzatori nell’ambiente.
Alla presenza di un modello da imitare si riconosce una grande capacità di facilitare la produzione
di nuove azioni. Si tratta quindi, in termini generali, di un aiuto esterno.
Gli aiuti esterni verbali e linguistici in genere.
Se il bambino ha una buona comprensione del linguaggio ed esegue con sufficienza le istruzioni
ricevute, lo spiegare passo per passo che cosa deve fare, utilizzando la comunicazione verbale può
costituire il modo più semplice per fornire un aiuto esterno.
Si supponga di volere insegnare ad un bambino la sequenza corretta per togliersi le calze, Se comprende ed esegue semplici istruzioni verbali, la procedura più economica consisterà nel metterlo a
sedere comodamente dandogli con calma ed in sequenza la breve serie di indicazioni: “Prendi il
calzino”, “Tira il calzino”, “Sfila il calzino”. Dopo l’esecuzione della prima istruzione verbale, o
suggeòmeiìto, si passa a fornire la seconda, e quindi la terza.
La tecnica del suggerimento verbale consiste quindi nel fornire istruzioni verbali chiare e semplici
che guidino il bambino a svolgere l’azione richiesta. Si tratta di un aiuto piuttosto naturale, molto
utilizzato in diverse siluazioni educative.
Le regole da seguire nel fornire un prompt verbale sono le stesse di cui si è già parlato in
riferimento al modo di fare una richiesta.
L’eliminazione graduale dell’aiuto verbale procede lungo due direzioni parallele. In primo luogo il
prompt viene ridotto fornendo sempre meno parole. Prendi il calzino” può diventare Prendi”, fino
ad una totale ritrazione d’aiuto. Parallelamente, il volume della voce diminuisce, finché, nelle fasi
finali del fading, l’adulto si limita ad atteggiare le labbra come se stesse per pronunciare la parola aiuto, ma in realtà non la dice ad alta voce.
Oltre che in forma verbale, i suggerimenti linguistici possono essere forniti in altro modo. Vari linguaggi non verbali si prestano ad essere utilizzati per facilitare l’esecuzione di nuove azioni, e
quindi anche i nuovi apprendimenti. Alcune attività di autonomia possono essere agevolate proprio
in questo mod o.
La guida fisica
Si adotta principalmente nei casi in cui il bambino sia completamente incapace di iniziare l’attività.
La giuda avviene in modo dolce, senza forzature o imposizioni, l’azione conclusa porta
all’ottenimento del rinforzo. L’aiuto viene diminuito molto gradualmente.
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