NELLA VERITÀ LA PACE Introduzione del Vescovo alla Marcia per la pace Il mio intervento vuole essere una introduzione al messaggio del Santo Padre, Benedetto XVI, che sarà ripreso durante la nostra marcia della pace. Dice il Papa: “Il tema di riflessione di quest’anno – NELLA VERITÀ LA PACE – esprime la convinzione che, dove e quando l’uomo si lascia illuminare dallo splendore della verità, intraprende quasi naturalmente il cammino della pace”. Ho pensato di dare un nome a questo splendore della verità che, come la stella dei Magi, è in grado di far intraprendere il cammino della pace. Giustizia “Quando viene la guerra, la prima vittima è la verità”, così si esprimeva il vescovo Luciano Monari qualche tempo fa, citando il senatore Hiram Johnson. Ed è proprio così. Gli opinionisti possono ben metterci davanti dichiarazioni, valutazioni, motivi per cui una guerra è da considerare inevitabile. Ma abbiamo spesso l’impressione che i veri motivi dei conflitti ci sfuggano, o, per lo meno, sappiamo che ne possiamo conoscere solo la verità in piccola parte. C’è una verità da scoprire prima di ogni conflitto, che ha un nome: si chiama GIUSTIZIA. Dice il Papa: “La pace non può essere ridotta a semplice assenza di conflitti armati, ma va compresa come il frutto… di un ordine che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia sempre più perfetta”. Sì, le guerre non scoppiano a caso. Hanno un periodo più o meno lungo di incubazione per situazioni di grave ingiustizia che colpiscono i deboli, gli emarginati, alcune minoranze. Per questo, già Giovanni Paolo II insisteva nel suo messaggio del 2003: “Non c’è pace senza giustizia”. Ma, forse, non basta neanche la giustizia. Dicevo nella omelia della festa di S. Prospero che, di fronte ai problemi della città – il problema dell’ordine, della sicurezza, della giustizia –, “la giustizia da sola non salva la città. La rende forse sicura, ma tende anche a renderla rigida e dura. Con la giustizia ci vuole anche l’amicizia, l’accoglienza dell’altro, la cura sollecita e intelligente soprattutto dei più deboli”. Diritto umanitario C’è un altro nome da dare alla verità, capace di far intraprendere il cammino della pace e si chiama DIRITTO UMANITARIO. Dice ancora il Papa nel suo messaggio: “la verità della pace deve far valere il suo benefico riverbero di luce anche quando ci si trovi nella tragica situazione della guerra”. In altre parole, anche in tempi di guerra, non tutto è lecito tra le parti in conflitto. La comunità internazionale si è dotata di un diritto internazionale umanitario per limitare al massimo, soprattutto per le popolazioni civili, le conseguenze devastanti della guerra. Una verità della guerra che rischia ancora oggi di diventare la prima vittima è la consapevole soppressione di ogni diritto umanitario, per cui anche il “peggiore nemico”, almeno in ragione della sua dignità di persona, oltre che di rispetto di una vita di cui non si è padroni, non può essere calpestato. Il diritto internazionale umanitario è da annoverare tra le espressioni più felici ed efficaci delle esigenze che promanano dalla pace nella verità. E, proprio per questo, il rispetto di tale diritto si impone come un dovere per ogni popolo. Abbiamo visto, purtroppo, come, non solo nel documentario su Oscar Romero (che dopo il mio intervento verrà trasmesso), ma anche nella cronaca degli ultimi conflitti in diversi Paesi, questo diritto umanitario venga calpestato e misconosciuto. Il Papa riconduce questo disprezzo del diritto umanitario al nichilismo e al fondamentalismo terrorista: ambedue accomunati dal “disprezzo per l’uomo e la sua vita e, in ultima analisi, dal disprezzo per Dio stesso”. Anche questo richiamo del Papa non riguarda solo altri Paesi, ma chiede una consapevole e cordiale applicazione anche in “casa nostra”. Non dimenticherò mai quello che ho visto con i miei occhi tempo fa ad una stazione del metro di Milano, mentre aspettavo l’arrivo del treno. Una donna di colore, colta dalle doglie, si lamentava in mezzo ad una folla di gente indifferente, anzi divertita per quella scena, fino a quando un giovane, con cui ebbi uno sguardo d’intesa, ha saputo indignarsi di quello spettacolo e ci siamo mossi in soccorso. Ancora una volta, all’origine della mancanza di pietà – non dico di amore –, è la cancellazione del volto dell’altro. I volti con il loro carico di sofferenza e di paura non si impongono più all’attenzione. Senza accorgerci, rischiamo di ritornare alla domanda rivolta nelle prime pagine della storia: “Caino, dov’è tuo fratello?”. E lui: “Sono forse io il guardiano di mio fratello?”. Perdono “Non c’è pace senza giustizia, ma non c’è giustizia senza perdono”, esortava ancora Giovanni Paolo II nel 2003. E Benedetto XVI: “La verità della pace chiama tutti a coltivare relazioni feconde e sincere, stimola a ricercare e a percorrere le strade del perdono e della riconciliazione, ad essere trasparenti nelle trattazioni e fedeli alla parola data”. Ecco il terzo nome che vogliamo dare alla pace nella verità: PERDONO. La pace non è solo questione di procedure e di strutture, quanto di persone. Giovanni Paolo II ha parlato più volte della necessità che il perdono entri nei fattori di costruzione di una nuova civiltà. Si può certo ritenere che questo tema del perdono sia estraneo alla concretezza della politica, e vada iscritto nella lista delle idee utopiche. In fondo, il perdono non è facilissimo da fondare con motivazioni puramente razionali. Ma, se non siamo tutti concordi nel pensare e praticare il perdono, possiamo scordarci ogni speranza di pace sincera e duratura! Chi può oggi immaginare una convivenza tra Ebrei e Palestinesi sul medesimo territorio, senza che il perdono entri nell’intimo dei cuori? E così, come immaginare una effettiva convivenza in Rwanda tra Tutsi e Hutu senza gesti di riconciliazione, come ho visto testimoniare nel primo viaggio missionario in Rwanda nel Capodanno del 2000? Il perdono è via difficile, certo, ma è passaggio obbligato per il cammino della pace. Cari amici che siete venuti qui, nonostante il tempo poco favorevole, dalle varie parti della città; cari giovani delle nostre comunità, associazioni, gruppi, in particolare voi giovani che in questi giorni qui all’Oratorio cittadino avete condiviso il campo di lavoro in compagnia di figure significative di questa nostra benedetta Chiesa, sentiamo rivolta anche a noi la beatitudine di Gesù: “Beati i costruttori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (cf. Mt 5,9)! + Adriano VESCOVO Reggio Emilia – Teatro ReGio (Oratorio cittadino), 31 dicembre 2005 Marcia per le vie della città e Veglia di preghiera nel passaggio dal 2005 al 2006