Edit(ERR)oria Risorse umane allo sbaraglio Libello elettronico di Beck Brown Note biografiche Nasce agli albori dei cool Seventies a Firenze, fra le cui auguste mura svolge tutto il suo corso di studi che termina con la laurea in Lettere indirizzo letterario Medievale Umanistico. Inizia a girovagare nell’Universo Lavoro, Pianeta Editoria, al sorgere di questo secolo, quando entra in un grande gruppo editoriale come addetto stampa (ma lo scoprirà solo in seguito). Sarà poi la volta dell’esplorazione del Satellite Stampa Periodica, dapprima come pubblicista e poi ‘niente di meno che’ come editore. Col cambio del decennio decide che è giunto il momento di fare rotta verso la Galassia World Wide Web, popolata da figure dai nomi mitologici blogger, SEO content editor, social marketing, web content assessor, crowdsourcing - la cui conoscenza prova ad intraprendere. Nel mezzo a tutto ciò un po’ di tutto, come per molti. Con tale libercolo (iniziato non a caso il 1° maggio, Festa dei Lavoratori e affidato all’immaterialità del formato digitale) compie una piccola, ma importante tappa nel proprio personale percorso fra le infinite declinazioni e usi della parola scritta o - per meglio dire digitata. INTRODUZIONE Si prenda una neo-laureata in Lettere, massimo dei voti ovviamente, specializzata in Codicologia1 e si provi ad amalgamarla con il mercato del lavoro della fine del secolo scorso. Risultato: una risorsa umana che farà della flessibilità il suo unico credo e del dono dell’ubiquità il superpotere più agognato. In breve volgere di tempo prenderà confidenza con ogni tipo di mansione, più o meno creativa e il più delle volte contemporaneamente: dal volantinaggio porta a porta agli inventari nelle farmacie, dallo ‘strillonaggio’ dei quotidiani alla collaborazione qualificata con l’Università degli Studi. Oppure la troveremo ‘somministrata’ da qualche agenzia di lavoro temporaneo in una multinazionale o come promoter nel più grande centro commerciale dell’anonima periferia cittadina. Imparerà velocemente che la parola ‘contratto’ si presta alle più disparate interpretazioni, quasi sempre lecite. Fin qui, tutto già letto, visto e sentito. Roba diventata 1 La codicologia è la disciplina che studia i manoscritti, nel loro aspetto materiale. La denominazione nasce a Parigi negli anni Trenta-Quaranta con Charles Samaran e Alphonse Dain. così comune da sfiorare la banalità, quisquilie così piccole che un cervello medio non abbisogna nemmeno di sforzarsi per attivare la soglia minima di attenzione. Fanno eccezione i casi eclatanti, quelli da un tot di lavoratori in su. Materiale sufficiente per fare notizia per qualche giorno, prima che l’audience torni a saziarsi di delitti d’onore, di gossip e di nuove clamori su ondate di sconosciute pandemie. Il mini reality da TG dei precari, cassaintegrati, licenziati ha un canovaccio sempre identico, dove la fame è più vera di quella a base di cocco e riso di qualsiasi isola abitata da volti telegenici e la rabbia è superiore a quella di tutte le aggressive cavie rinchiuse nella Grande Casa Mediatica. Se il gruppo in rivolta si compone anche di donne e bambini, allora il format sarà un successo assicurato. Il fenomeno, nella sua complessità, non sfugge all’analisi dell’illuminata Intellighènzia da massmedia. Sociologi, cineasti, scrittori, street fashioners, tutti strizzano l’occhio a questo gruppo di soggetti sociali in crescita e in mutazione continua, individui casual-chic che sotto i colletti bianchi indossano le tute blu, che dentro lo zaino mettono la pignatta con il rancio e il laptop con gli appunti di lavoro. Difficili definirli per età, condizione sociale, reddito, sesso: nessuna categoria li accoglie, nessuna definizione li inquadra in modo univoco. Vi appartengono il pervicace dottore di ricerca in Latino Medievale come l’eterno precario della Pubblica Istruzione, il freelance sottopagato o l’azzeccagarbugli libero professionista e così via per infinite declinazioni del tema iniziale. Riprendiamo quindi il caso nella fattispecie, consapevoli di avere a che fare con un esemplare di tale gruppo. Vediamo ora cosa accade se aggiungiamo all'impasto iniziale un primo ingrediente caratterizzante. Diciamo che nel turbinio di impegni manuali e intellettuali, la nostra risorsa umana riesca a strappare uno stage (naturalmente non retribuito) in una casa editrice. E non in una casa editrice qualsiasi, bensì in uno dei più grandi gruppi editoriali nazionali. A questo punto, l'amalgama iniziale subisce una deviazione - seppur minima - nella composizione chimica del prodotto umano che sarà il nostro risultato finale. Caso, volontà, ‘Luna e Urano nel Leone’ possiamo compiere il nostro ingresso, dalla porta più secondaria possibile, nella Fabbrica dei libri. La risorsa che ci guiderà nell’Universo Editoria (terra promessa dei dottori in Lettere, gran bazar delle meraviglie per gli amanti dei fogli di cellulosa) si chiama Stella, ha 28 anni e nessuna esperienza nel settore. La candidata ideale, quindi, per l'inquadramento nella più bassa manovalanza pseudo-intellettuale. CAPITOLO 1: SALA MACCHINE L’Ufficio stampa e Comunicazione è in via di ricostituzione e necessita di forze giovani per mettere in ordine una gran massa di materiale fermo da anni e togliere la polvere ai faldoni della rassegna stampa. Il curriculum vitae di Stella è il primo su una pila alta così, trovandosi in quella posizione per mera casualità. Considerato poi l’alto conto che l’Azienda ha intenzione di riporre in lei, il colloquio conoscitivo è quasi una formalità. C’è urgenza di ripartire in fretta e non vale la pena dedicare tempo prezioso per la selezione del personale, di ‘quel’ tipo di personale a costo e impatto zero. ‘La prima della lista andrà benissimo’: queste le linee guida dell’Ufficio Risorse Umane per la sua selezione. Durante il colloquio, Stella non ha capito esattamente cosa deve fare, non conosce nessuno dei prodotti della Casa Editrice, ma confida nel suo nume tutelare: da anni infatti è devota adepta della Dea Flexibilia, sa adattarsi con entusiasmo alle situazioni ed è pronta ad imparare qualunque cosa, specie nell’Eldorado delle lettere impresse a stampa. Quel posto rappresenta il fine ultimo di quasi tutti i suoi colleghi di corso. La mansione proposta non richiede né grandi capacità di elaborazione intellettuale, né una postazione particolarmente agevole, tanto che le viene riservato un banchino vintage - modello scuola elementare anni ’80 - posizionato accanto alla scrivania mega accessoriata della capa. L’esercizio mattutino consiste nella ripiegatura manuale di decine e decine di ritagli cartacei della rassegna stampa, forniti da un’agenzia nazionale e accatastati alla rinfusa da un paio di anni. Successiva fase, archiviazione dei medesimi nei faldoni classificati o per collana, o per azienda del gruppo, o per autore. In questo modo, attraverso cosa il mondo esterno scrive di esso, Stella entra in contatto a poco a poco con il gruppo editoriale nel quale si trova. Conosce gli autori di punta, i loro libri, le nuove collane, conta le onorificenze ricevute dall’Editore, il Capo Supremo, e inizia a sviluppare nel suo cervello una mappa nella quale sono segnati come capoluoghi il ‘chi sta a capo di cosa’ e come strade secondarie i legami che da un capo portano all’altro (figliolanza, nipotanza, comune militanza), in una specie di social network ante litteram. Sul cosa stia facendo e dove stia andando, invece, nessun punto fermo: non ha alcuna idea di come il suo compito così elementare si leghi al resto dell’azienda, né quali sbocchi potrà eventualmente avere. Ha una sola certezza: è lavorativamente l’ultima ruota del carro e socialmente l’elemento Omega nei branchi già associati del territorio. Le prime ore lavorative della giornata trascorrono cullate dalla voce familiare della fotocopiatrice intenta a moltiplicare le decine di ritagli stampa da consegnare agli uffici strategici dell’azienda per la rassegna mattutina e da riporre poi ordinatamente al loro posto a imperitura memoria per le future generazioni. Nel frattempo, per portare a casa due lire (cara, vecchia, amatissima Lira n.d.r) nel pomeriggio passa dal rutilante mondo della rassegna stampa al paludato ambiente accademico, tirando avanti l’annosa collaborazione con l’Università, per il progetto che vede Stella - e altre decine di precari della ricerca - coinvolta nella catalogazione dei manoscritti datati: codici manoscritti medievali (ante 1499) che rechino un segno di datazione temporale, oppure la firma di uno scriba. Fra le stanze di biblioteche poste in monasteri medievali, contraddistinte come letteratura vuole, da volte acute, con luce filtrante da alte finestre bifore e freddo pungente nei corti e bui pomeriggi invernali, Stella sfoglia e maneggia con cura libri antichi odorosi di passato, monumenti di parole nascoste, testimonianza tangibile e insieme celata di artigiana fatica intellettuale. È riconoscente al suo prof che le ha dato comunque la possibilità, con le miserrime risorse stanziate per quel tipo di ricerca (per ogni tipo n.d.r.), di partecipare ad un progetto che si concluderà con un catalogo di manoscritti datati di uno dei fondi storici della Biblioteca Nazionale: la sua prima pubblicazione! Fra un codice e un ritaglio, con il trascorrere dei giorni e poi delle settimane, Stella si è automatizzata nello stage in casa editrice e si cimenta con sempre maggiore disinvoltura nella sua personale gara di orienteering. Primo campo di prova: Il Mansardato (livello 1). È lì che l’Ufficio Stampa e Comunicazione si trova. Vi si programmano le campagne per le novità editoriali, con i comunicati stampa per i mass media e ogni genere di prodotto promozionale da piazzare nelle librerie. Allo stesso piano si trova l’ufficio del responsabile della rete vendita e quello di statistica. Secondo livello: il Nobile Salone. Motore della produzione, vi hanno sede gli uffici tecnici, con i grafici e le redazioni, nonché l’ufficio del Direttore Editoriale. Terzo livello: Il Ballatoio. La zona tres chic della Casa Editrice, ha una vista a giusta altezza sulle meravigliose colline circostanti e si affaccia, dominandolo, sul Nobile Salone. Vi si trovano le redazioni delle riviste tecnico-artistiche, con i direttori creativi e i giornalisti. Da un lato del ballatoio si spalanca un corridoio che a Stella pare il Salone degli specchi di Versailles. È la via di accesso per la stanza del Direttore Generale con mobili d’epoca e camino rinascimentale (così le hanno raccontato) - e per la Torre dell’Editore, l’ultimo livello del gioco. Luogo senza spazio e senza tempo, deputato dagli Dei al raggiungimento del Nirvana: lassù si è immuni dai rumori e totalmente distaccati dai fastidi prodotti dal brulicare degli esseri sottostanti. Ha una vista a 360° - grazie alla vetrata che la circonda sui quattro lati - sul panorama unico formato dalla skyline dei monumenti più significativi della città. Vi si accede tramite una stretta scala a chiocciola, protetta dal cane dell’Editore, Marlene, e dalla sua segretaria personale: il Cerbero dantesco e la Perpetua manzoniana. Dopo poco più di un mese, Stella si orienta già alla perfezione. Desidera soltanto di avere la possibilità di dimostrare che merita in pieno la fiducia riposta nelle sue capacità e che le permette di stare in un ambiente di lavoro con tutti i crismi: capi uffici e colleghi, una macchinetta del caffè per piano, il parcheggio riservato ai dipendenti, i buoni pasto, la sala riunioni, i portieri in divisa. Vuole essere la prova vivente del motto di Senechiana memoria “La fortuna non esiste. Esiste solo il talento che incontra l’occasione”. Nonostante la sua esistenza in casa editrice resti ancora un fatto molto marginale per la gran parte delle persone che vi bazzicano, Stella sente che il vento sta per cambiare e soffiando dalla parte giusta la sospingerà dolcemente verso porti di fama, stabilità e benessere economico. Come in ogni favola che si rispetti, la grande occasione arriva a ridosso del Natale. Il periodo dell’anno in cui tutto è possibile. L’Amore Universale ammanta ogni spirito e tutti torniamo ad essere uguali nella nostra sostanza di essere umani. Abbattiamo ogni muro sociale e con le macerie di quei muri costruiamo città di fratellanza. 22 dicembre ore 10.15 (57° giorno di stage). Il telefono della capa squilla. Frasi ammezzate. Pochi secondi di conversazione. Riaggancia. Si volta in slow motion verso la nostra stagista. “La segretaria dell’Editore richiede la tua presenza.” Pausa di sospensione. “Adesso”. Nel dirigersi verso il Ballatoio, Stella sta già scalando tutte le vette del successo. Ogni gradino, un passo verso la gloria: capo comunicazione (con le sue colleghe, perché ci si è già affezionata e ritiene che per quanto capi sia sbagliato cambiare per forza lo status quo), direttore editoriale (ha anche un paio di idee su alcuni nuovi, promettenti autori), socia della Fabbrica dei Libri (dall’Editore, infondo, ha ancora qualcosa da imparare), ed infine proprietaria di una propria casa editrice. Mentre sta valutando le eventuali localizzazioni e la metratura necessaria per l’edificio della sua nuova Fabbrica di Libri, eccola arrivata davanti alla segretaria dell’Editore. Ad un passo dalla soglia dove si decidono le sorti della cultura nazionale! Un po’ di emozione c’è, inutile negarlo. La stessa tremarella che hanno i tennisti quando servono per il match. La voce non è ferma: “Mi cercava?” La segretaria alza la testa. Ha uno sguardo franco e modi marziali. “Ah sì! Sei la nuova stagista del piano di sopra. Ho un lavoretto per te.” Prima, leggera incrinatura nelle certezze di Stella. Ha come la sensazione che il compito che le sarà affidato non sia quello di pianificare una nuova collana, né di lanciare una campagna stampa. “Siediti qui, accanto me.” La solita seggiolina con banco delle elementari. Un secondo indizio poco promettente. Si accomoda. Lunghi attimi di attesa e poi la segretaria estrae dal primo cassetto un mazzo consistente di buste bianche e cartoncini con l’immagine de L’Annunciazione di Leonardo da Vinci. La segretaria non le dà il tempo di interrogarsi e spiega: “Sono i biglietti per gli auguri di Natale. Devi compilare le buste con gli indirizzi. Quando avrai finito li porterò all’Editore, che li firmerà.” A Stella mancano le parole, specie quando la segretaria, accortasi della sua espressione di delusione, rincara la dose dicendo: “Lo sai che questo è un compito importante? Molti qua dentro hanno iniziato così.” La fulgida carriera di Stella cominciava da una tappa che non aveva preventivato mentre, pochi minuti prima, percorreva entusiasta ed elettrizzata le scale e i corridoi verso la stanza del Sommo Capo. D’improvviso, con un grande balzo nella scala sociale, si ritrovava da ragazza della rassegna stampa a scrivana scelta. Un elemento fidatissimo al quale depositare la ‘Christmas List’ dell’Editore. Un misto di sentimenti la pervase. C’era di che stupirsi nel pensare come velocemente avesse bruciato le tappe dal giorno della sua laurea, poco più di un anno e mezzo prima. Stella superò brillantemente l’ardua prova, perché nel giro di circa un mese - terminato lo stage gratuito riuscì a strappare il suo primo contratto vero, quello con i fantomatici contributi: un tempo determinato di sei mesi e con livello di inquadramento contrattuale sotto quello del cane dell’Editore. Un fatto questo comunque accettabile dato che la simpatica bestiola aveva maturato un’anzianità di servizio senz’altro maggiore. Nel viaggio attraverso i diversi livelli che compongono il Sistema Editoria, possiamo affermare senza tema di smentita di trovarci ancora in sala macchine, anche se ormai la nostra risorsa umana percorre con totale dimestichezza i corridoi del Ballatoio e del Nobile Salone, si sta guadagnando sul campo un contratto a tempo indeterminato e ha rimpolpato l’agenda di lavoro con i suoi contatti di addetto stampa. Ma il lavoro vero, quello con l’agognato badge, l’ha costretta con sommo rammarico, ad una pausa dalla sua ricerca universitaria, che ormai continua a tempo perso solo il sabato mattina. Le congiunture astrali nella costellazione del Libero Mercato sono però tante e imprevedibili. Panta Rei. La risorsa è pur sempre un ingranaggio di una macchina e la macchina alcune volte si ferma e si rottama, mentre altre volte corre veloce e va potenziata. Nel caso della Fabbrica di Libri fu deciso che alla macchina andavano cambiate le tappezzerie interne. Era giunto il momento della cosiddetta ‘ristrutturazione aziendale’. Dicesi ristrutturazione aziendale quando - a cicli che sfuggono a previsioni e a rilevamenti statistici - arriva un nuovo manager che conoscendo per sommi capi i processi produttivi, le pedine impiegate, i prodotti finali indice riunioni plenarie nelle quali spiega al consesso dei colletti bianchi, dirigenti, direttori e via dicendo che un Nuovo Mondo è possibile. Il fresco di nomina General Manager della Fabbrica di Libri raccontò di unità di intenti e di grandi mete da raggiungere, fece qualche fugace accenno a sacrifici necessari per un futuro migliore per tutti, puntualizzò con entusiasmo e commozione che ciascuno è importante nel ruolo che svolge purché lo svolga al meglio, con spirito d’iniziativa e di collaborazione. Stella, desiderosa di fare la sua parte verso le rotte luminose intraprese dalla Fabbrica di Libri, ripensò con emozione al pugno chiuso di Padron ‘Ntoni ‘Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro’. Dopo le riunioni di motivazione collettive ed individuali, prendono il via le grandi manovre e i lavori fisici di ristrutturazione per assecondarle. Si spostano un po’ di persone da qua a là e da là a qua, il tutto ovviamente finalizzato al bene della risorsa e nell’ottica della sua crescita professionale, se non del suo benessere economico. Stella è pronta a promettere al nuovo boss fedeltà eterna, dedizione assoluta e fiducia cieca nel Nuovo Mondo verso il quale egli li guiderà. In cambio non le pare troppo ambizioso, neo trentenne, provare ad aspirare ai tanto sbandierati 1.000 € al mese e passare da un livello di inquadramento infimo ad uno quantomeno basso. Grande peccato di presunzione! L’Azienda sta già facendo il massimo per Stella: le cambia ufficio e mansioni (proprio quando comincia a specializzarsi in una professionalità e dopo avere formato un team affiatato con le colleghe) e la farà crescere con tanta nuova gavetta sul campo (senza il tedioso obbligo dei corsi di aggiornamento). Insomma, è palese che sta già operando per lei un grande sforzo. Chiedere di più sarebbe da ingrati! 50 € di aumento in busta paga, ma solito livello - forse per non urtare la sensibilità del cane dell’Editore - vale la nostra risorsa nell’ottica della ristrutturazione aziendale della Fabbrica di Libri. Conclusione personale di Stella: ‘Il mignolo della mano dei Malavoglia si era guadagnato per certo più rispetto’. CAPITOLO 2: NOCCHIERE Trenta anni, contratto a tempo indeterminato, inizi del nuovo secolo. Queste le condizioni spazio-temporali nelle quali si dibatte la risorsa umana che abbiamo scelto di seguire, fra centinaia, migliaia, decine di migliaia come lei. Solo che lei ancora non lo sa. Agisce nella profonda convinzione che l’essere umano possa avere delle aspirazioni, non per forza uguali fra loro, ma tutte ugualmente rispettabili, indipendentemente dalle congiunture economiche nelle quali maturano. Deve soppesare molti fattori: l’età, le possibilità di sopravvivenza, le prospettive. Ma tutto questo è niente rispetto alla brama di appagarsi e al desiderio di ripagarsi con il proprio lavoro. Così sia. È tempo di prendere in mano le redini della propria vita lavorativa e di fare rotta decisa verso altri lidi. Quali? Saranno i venti e le stelle a deciderlo e la mano ferma di un timoniere che sente di poter scegliere le proprie sorti. La lettera di dimissioni consta di tre righe, nessun fronzolo e porta in calce la firma di accettazione dell’Editore in persona. Alea iacta est. Si riparte. Curricula a tappeto, giornali di annunci, passaparola, agenzie di lavoro interinale. Nel frattempo la sua coperta di Linus: la schedatura dei manoscritti, ripresa a pieno ritmo. Una notula miserrima, che copre a mala pena il costo degli spostamenti fra le varie biblioteche. Un’occupazione di semivolontariato culturale, ripagato dall’oggetto della cura e dello studio. Quei codici antichi così superiori alle bassezze della quotidianità. Il solo loro resistere è già un fatto degno di ammirazione: hanno superato il tempo sotto forma di secoli, il freddo e l’umidità, i parassiti della carta e i cambiamenti della moda. Poi con l’arrivo della stampa a caratteri mobili e l’affermarsi dei libri fatti in serie sono diventati monumenti da conservare e da studiare per i loro materiali e nei loro contenuti. Sfogliandoli, Stella assorbe il calore delle mani che li hanno prodotti, scritti e maneggiati nel corso delle centinaia di stagioni. Brani di passato da schedare e tramandare. Porto sicuro nel quale rifugiarsi e farsi proteggere dalle incertezze del proprio futuro. Nomi di scribi, legatori, miniatori e autori minori da estrarre dalla polvere degli scaffali e da sottrarre al buio eterno della dimenticanza. Ma anche annotazioni e calcoli, motti e stralci di pensieri di molti secoli prima, colti in una sorta di istantanea eterna. Roba senza interesse per la vita delle persone, per i destini del mondo, per il procedere delle stagioni. Ma non per Stella, che misura la sua impresa non sulla base del tempo necessario, né sulla remunerazione economica o sui riconoscimenti di qualche genere, ma semplicemente sul piacere di farsi coccolare da un silenzio denso di pensieri, potendo godere dell’unicità di ciascun esemplare. ‘Niuna impresa per minima che sia, può avere cominciamento e fine senza queste tre cose: cioè senza sapere, senza potere, senza con amore volere’ (Anonimo fiorentino del ‘300). Su quel motto tanto carico di speranza nelle intime possibilità dell’animo umano, annotato sul verso di una carta di un codice, per niente nobile nell’aspetto e appartenuto ad una famiglia qualunque di sette secoli prima, Stella sentì di nuovo che, dopo le secche, sarebbero presto tornate gratificanti rotte. Ad maiora! Anche se, non di solo spirito vive l’uomo. Ci sono da appagare i bisogni, di una trentenne degli anni 2.000. Come quello di essere retribuita con un salario minimo che permetta di pagarsi un affitto, naturalmente in condivisione con qualche altro membro della sua casta di paria sociali, perché il mercato immobiliare (come tutti gli altri ‘liberi’ mercati, da quello del lavoro agli scaffali dei supermercati, dal mattone ai prestiti) non contempla quelli senza garanzie. Sa di essere già in ritardo di circa un decennio rispetto ai coetanei degli altri stati europei nell’operazione ‘Qualcuno volò dal nido familiare’, come le ricordano impietosamente le statistiche sparate su ogni mezzo di comunicazione e variamente interpretate dai soliti venerandi esperti, tutti rigorosamente over 50. Dato che ha trovato una collaborazione part-time (senza contratto, ça va sans dire) in un’agenzia di comunicazione, le manca poco per portare a casa il budget necessario per sostenere il 50% di un affitto medio cittadino. E quel poco che manca decide di giocarselo con la carta delle agenzie di lavoro interinale. Sono questi i templi pagani votati alla Dea Flexibilia, dalle cui porte è più facile entrare in grandi realtà aziendali. Ed è proprio quello che succede a Stella, pochi giorni dopo avere sostenuto un colloquio presso una delle filiali del gruppo Usque Ad. Così nel giro di qualche mese si ritrova catapultata dagli augusti corridoi della Fabbrica di Libri all’enorme open space di un colosso della telefonia mobile, settore call center. Prima che tanta letteratura fosse spesa su tali luoghi di lavoro e sui lavoratori atipici in essi impiegati, la nostra risorsa ha modo di cimentarsi nei turni serali di risposta (il cosiddetto inbound), che le permettono a fine mese di raggiungere il quanto manca per sostenere un affitto in totale autosufficienza. Alla luce dell’obiettivo raggiunto, il call center non le pare poi malissimo. La struttura è nuova, i colori aziendali rallegrano il grande atrio di ingresso, le persone hanno un’età media di circa 30 anni, la formazione scolastica è di livello medio-alto, tanto che i laureati non si trovano solo fra i manager della struttura, ma anche fra gli operatori. Il lavoro è organizzato per ottimizzare al massimo il tempo. Ogni turno è di 3 ore e 45 minuti, con 15 minuti di pausa a turno per l’autoformazione. Gli operatori dispongono di una postazione con computer e cuffia e sono divisi in gruppi formati da circa 15-20 addetti, supervisionati da un team leader. Settimanalmente ogni il gruppo viene analizzato sulla base dei tempi di risposta, della propositività e del numero di attivazioni e di offerte effettuate. Efficacia ed efficienza sono misurati su parametri rigorosi. Bisogna essere gentili e pronti per risolvere eventuali problemi dei clienti e per mostrare loro il meraviglioso panorama di offerte per tutte le tasche, che l’azienda propone quasi quotidianamente. Quindi, convincerli ad acquistarne una, o meglio ancora più di una, e tutto questo in un tempo medio di 3 minuti. Se i risultati non sono all’altezza delle aspettative aziendali, le riunioni con il team leader si trasformano in brutti quarti d’ora da passare. Stella se la cava benino: è educata, gentile, proattiva e si diverte molto nell’analisi sociologica dei fruitori medi del call center, specie quando è in risposta notturna e nei giorni di festa nazionale per il resto dei lavoratori. La fauna telefonica dei numeri di servizio gratuiti è molto variegata: amanti traditi bramosi di smascherare il fedigrafo o la fedigrafa, cuori gentili in cerca di un orecchio amico, ragazzini burloni e qualche maniaco ogni tanto. Stella ha orari incastrati al minuto, sempre in spostamento fra l’agenzia e il call center e con il cruccio di avere perennemente in stand by le schede per il catalogo dei manoscritti. Comunque, ha finalmente varcato, insieme alla soglia dei trenta anni, anche quella dell’indipendenza. Adesso vive con un’altra paria sociale in un appartamentino in periferia, trovato ad un prezzo di favore, ovvero senza contratto regolare. La coinquilina è un’insegnante precaria, mentre i lavori di Stella sono ancora qualcosa meno del precariato, si potrebbero definire un ‘sub precariato atipico’: all’agenzia di comunicazione è senza alcun tipo di inquadramento e nel call center ha un contratto interinale di sei mesi. Urge quindi portarli avanti e contemporaneamente cercare una strada che sia possibilmente più affine alle proprie competenze e corso di studi e che apra una prospettiva più ampia di ‘domani’. La rotta è incerta, la navigazione soggetta al mutar dei venti e al volgere delle stelle, ma la volontà ferma e tenace - è quella di fare rotta all’Isola dei Sogni dove “del vero mutansi dalla mente visione / dolce aspettativa in concretezza vera”2. 2 Giuseppe Gianpaolo Casarini, Il nocchiero ingannatore CAPITOLO 3: ARMATORE Non è scritto in nessun saggio di economia, ma è fuor di dubbio che si tratti della molla primaria nello sviluppo di un Paese. Ci piace raccontarla sotto forma di metafora con una semplice favoletta, intitolata ‘La ricerca della Chiave d’Oro’. La Chiave d’Oro, altrimenti nota come l’Idea Giusta, è l’apriporta per la fama, il pass par tout per il successo, il piede di porco per emergere. In ogni settore si narra che ne sia nascosta una. Come erranti cavalieri nei meandri del mercato del lavoro, ogni risorsa umana fra i 25 e i 35 anni è convinta che riuscirà a trovarla. Sia essa il best seller, la linea di moda, il software o il farmaco, che cambieranno la storia della letteratura, della medicina, della moda, dell’informatica o di qualsivoglia disciplina. Versione rivista e corretta in forma moderna della pietra alchemica che trasformava il metallo in oro. Trovarla è impresa ardua, perché la Chiave, come il Santo Graal, si annida laddove solo il cuore dei puri la può vedere. Può essere ad un passo, camuffata e piena di polvere, in attesa di colui che sappia riconoscerla e sia in grado di farla fruttare per l’umanità tutta. Quando, dopo lungo cercare per aspre salite nei sentieri della conoscenza e discese ardite nelle tenebre del dubbio, la Chiave verrà portata alla luce, ‘qui si parrà la nobilitate’ del baldo giovane. La Chiave dovrà essere protetta con coraggio, conservata con cuore candido ed infine aprirà solo una porta, garantendo così la conquista dell’eterna fama. Il fortunato o la fortunata che ne avranno preso possesso dovranno - aggirandosi nelle foreste delle offerte, languendo nelle paludi delle occasioni, schivando le sirene dei ‘subiti guadagni’ arrivare davanti a quell’unica porta che la Chiave apre. Soltanto a quel punto la queste sarà terminata e si compirà il miracolo economico e sociale dei quali è piena la letteratura agiografica del Libero Mercato: la trasformazione del ‘diamante allo stato grezzo’ in modello di successo stile self made (wo)man. Putroppo per i nostri giovani e nobili cercatori della Chiave d’Oro, essi imparano sempre un po’ dopo che per fare i miracoli non è condizione necessaria e sufficiente la purezza delle intenzioni, né l’animo impavido, né la volontà tenace. Come ci ricordano gli insegnamenti basilari di catechesi, infatti, per intercedere presso ogni divinità è stato non a caso predisposto un nutrito esercito di Santi, ognuno dei quali è pronto ad intervenire per la propria area di competenza, senza mai interferire nelle zone degli altri aureolati colleghi. Ebbene, il miracolo lavorativo non fa eccezione: bisogna essersi guadagnati le benemerenze e le favorevoli attenzioni di chi presiede a guardia delle Porte Giuste (da non confondersi con quelle dei Giusti.). Senza questa imprescindibile premessa, la fatica della queste della Chiave è ripagata soltanto con la conquista di un cimelio in più da riporre nell’altrettanto mitologico Cassetto dei Sogni. Le porte del successo e della fama si spalancano infatti solo per coloro i quali, più che l’Idea Giusta, hanno la fortuna del Cognome Giusto, dell’Amicizia Giusta, del Parentame Giusto. Glielo avevano detto anche a Stella. Era stata avvertita! Lo aveva potuto constatare anche con i propri occhi, nella sua breve ‘carriera’ lavorativa: crisalidi vuote di sogni di persone disilluse, insoddisfatti cronici alla ricerca di compensazioni emotive, stressati psico-somatizzanti, agguerriti competivi da batteria lavorativa, una selva di Uomini Grigi come quelli che aveva imparato a temere fra le pagine di ‘Momo’. Dannata convinzione della propria unicità! Affetta dalla sindrome acuta di Tonino Guerra, con il suo motto ‘L’ottimismo è il sale della vita’, Stella ha una fede incrollabile nella volontà e nel saper fare: “Può succedere, bisogna fortissimamente volerlo e farlo accadere”. E lei vuole con tutta se stessa trovare un posto nella scala sociale dell’Universo e riuscire a mettere in pratica la pazienza e lo studio imparato sui suoi codici. Senza dover saggiare ‘come è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale’3, mantenendo il cuore puro da Cercatore della Chiave d’Oro, non rinunciando al piacere della queste. Non vuole smettere di cercare, perché “La fortuna non esiste. Esiste solo il talento che incontra l’occasione”. E quando quella occasione arriva, bisogna avere il fiuto di 3 Dante Alighieri, Paradiso, XVII, vv. 58-66 riconoscerla anche se si presenta fra i corridoi algidi e trafficati di un supermercato. ‘Spesso le grandi imprese nascono da piccole opportunità’ (Demostene). Accanto all’area surgelati, nella zona edicola (libri, ancora loro!), fra i best seller di fantastoria a base di cospirazioni universali, ordinati per classifica di vendita, in mezzo alle riviste di cucina e di informatica, fa capolino un settimanale di tempo libero che attira l’occhio di Stella. Non è quel che si dice un prodotto patinato, anzi… Si tratta di una pubblicazione di una piccola casa editrice che ha sede in città, come si legge nel colophon e che si occupa di eventi locali raccontati in brevissimi articoli da una selva di collaboratori. Magari potrebbe comodare una penna in più e spedire l’ennesimo c.v. non le costa niente. E infatti… C’è bisogno proprio di una figura che si occupi di un’ampia sezione del giornalino, non come freelance ma come redattore interno. Contratto a progetto, rimborso spese più che stipendio, ma con la possibilità di imparare un nuovo mestiere e di certificarlo con il tesserino da pubblicista, dopo appena un paio di anni di gavetta sottopagata. Ricapitolando: agenzia di comunicazione, call center, redazione e imperitura schedatura dei manoscritti. Il tutto da svolgersi adeguatamente nell’arco di 12 ore lavorative. Urge di nuovo operare dei tagli, che tengano conto dei seguenti fattori: il pane quotidiano e il cielo stellato dentro di sé. Stella decide di puntare tutto sul nuovo cavallo, che - nelle sue speranze - potrebbe nel giro di qualche mese appagare entrambi gli aspetti. Analizzando il corso del tutto casuale degli eventi, la nostra riesce anche a scorgere la mappa di un possibile iter professionale: è diventata addetta stampa senza sapere di cosa stava parlando, può diventare giornalista con le medesime basi. La Dea Flexibilia veglierà ancora su di lei. Il taglio dello stipendio del call center e dell’agenzia di comunicazione produce però un pesante contraccolpo: necessita tornare al nido familiare. Lo ‘stipendio’ da redattore consente a mala pena di pagare le bollette e la notula della catalogazione serve poco più che a ripagarsi la benzina e un panino. Una mano alla coinquilina per cercare nella nutrita selva dei paria qualcuno che abbia al momento un entroito congruo per sopravvivere extra familiae moenia ed infine il ritorno da dove era baldanzosamente partita carica di belle speranze alcuni mesi prima. Non è una sconfitta, Stella lo sa, perché alcune volte (Monopoli docet) bisogna ripassare dal via per proseguire, basta solo saper aspettare il proprio turno. La buona notizia è che dopo anni e anni la schedatura dei manoscritti volge al termine: il lavoro è pressoché pronto per essere consegnato. Fra poche settimane un grande tomo con sovraccoperta nera e l’immagine di una bella miniatura umanistica foliata in copertina, andrà sugli scaffali della Biblioteca Nazionale per essere di supporto agli altri studiosi. Una goccia nel mare del sapere, costata molta fatica e una dose infinita di buona volontà. La stessa necessaria per l’arte di scrivere degli amanuensi e per la preparazione degli antichi manoscritti, specie di quelli più amati da Stella: i libri domestici, redatti non da eruditi o da monaci di qualche importante scrittorio, ma da uomini e (rarissimamente) donne comuni. Mercanti, notai, commercianti e gente del popolo minuto che a fine giornata desiderava scaldare il cuore al conforto della parola scritta, trovando ancora l’energia per vergare candidi fogli di carta o di vello, alla luce delle candele, senza curarsi dei disagi del lavoro manuale. Lontani anni luce dalle accortezze ergonomiche: ‘Tres digiti scribunt, sed totum corpus laborat’4. Quella pazienza e quella passione sono le 4 ‘Tre dita scrivono, ma tutto il corpo fa fatica’ stesse che hanno accompagnato Stella negli spostamenti veloci, nelle corse folli, nelle scadenze ravvicinate, nelle lunghe ore trascorse curva sui leggii di legno, nelle pagine di appunti annotati col fuoco sacro della scoperta. Risultati che sfuggono a qualsiasi rigida formula di misurazione economica: nessun profitto indicato come π e definito come la “differenza fra tra i ricavi (Rt) ottenuti dalla vendita dei prodotti e i costi (Ct) sostenuti per l’acquisto e l’impiego degli inputs (risorse, lavoro etc.)”. La fine di questa attività, che secondo i canoni matematici appena riportati, non può definirsi lavoro, segnerà anche un taglio netto e definitivo con il mondo accademico. È giunto il momento di trovare la propria strada professionale, perché Stella è quasi ‘Nel mezzo del cammin di nostra vita’. Facendo un piccolo consuntivo, può fieramente affermare che i lavori precedenti le sono serviti tutti e che da ognuno ha appreso qualche segreto. Anche da quelli meno nobili, affrontati con la stessa dignità e impegno. Adesso è tempo di fare fruttare la propria esperienza e il fattore π deve essere tenuto in considerazione, perché tempus fugit e prima o poi sarà necessario mettere radici lavorative. Magari proprio in una piccola realtà locale, così lontana dai fasti della grande Fabbrica di Libri e dal marketing selvaggio del call center. La redazione è piccola, composta dai due grafici, dal direttore responsabile e da una decina di collaboratori esterni. Un ambiente sanamente anarchico, che pare essere l’humus giusto per imparare una nuova professione. Ecco ancora il dolente punto, di quale professione stiamo parlando? Nel tempo veloce che fagogita ogni competenza, nell’era della formazione in rete, il giornalismo (se è di questo che si tratta) è dentro un tritatutto dal quale sta uscendo qualcosa di molto diverso rispetto alle romantiche immagini in bianco e nero di Olivetti Lettera 22, nastri da sbobinare e telex. Le figure eroiche dei reporter d’assalto polverosi, unici testimoni oculari della Storia in presa diretta, sono ormai demodé. Le informazioni girano prima sulla grande rete mondiale, milardi di input bombardano centinaia di milioni di terminali ogni minuto e ciascuno di essi dura meno dello sbattere di ali di una farfalla. La carta - che Stella ha imparato ad amare e rispettare per la sua capacità di vincere i secoli - pare ormai come un cavaliere medievale che bardato di tutto punto con elmo, pennacchio, cotta e corazza voglia cimentarsi in uno scatto da velocista contro Usain Bolt. C’è ancora spazio per assimilare le basi nell’uso della sintesi, affinare l’occhio per la correzione di bozze e sviluppare il fiuto della notizia. Ma le informazioni impresse a stampa, cominciano ad essere vecchie nel momento stesso in cui il foglio si picchietta del nero dei caratteri tipografici. La parola stampata, eterna come la roccia del deserto rosso, combatte una battaglia segnata negli esiti contro la tecnologia, che smaterializza i fatti, le notizie, le persone e le diffonde nell’oceanica rete informatica. Per i nativi digitali e i teens con smartphone, pad, laptop, l’edicola con i giornali quotidiani e periodici è utile come un chiosco di ghiaccioli nella tundra siberiana. Un processo ancora in fieri che Stella non può immaginare, neppure con un volo sfrenato della sua fantasia. Per intanto sta per godersi l’agognato tesserino che le dà l’illusoria possibilità di inquadrare in modo meno nebuloso la sua posizione nella mappa del mondo del lavoro e di sancire la sua appartenenza ad un prestigioso Ordine professionale. Un Ordine che sembra uscito da una qualche pagina dei romanzi fantastorici tanto amati da Stella: i severi guardiani che presiedono a difesa del Sacro Graal dell’informazione, così tanto presi nella cura dei loro paramenti arcaici da non accorgersi che il prezioso calice sversa il suo contenuto in rigoli di sapere che quell’Ordine non controlla più. Stella che, col passare degli anni, è sempre più combattuta fra la pura fede nella queste della Chiave d’Oro e il prosaico sbarco del lunario, vorrebbe trovare la quadratura del cerchio: un compromesso fra le ferree regole delle formule economiche e le multiformi velleità dell’umano ingegno. Magari inventandosi un nuovo modello di sviluppo dove mettere al posto del profitto un equo guadagno, definito come “somma delle capacità delle risorse umane e finalizzato al soddisfacimento dei bisogni materiali e immateriali di una persona”. Il prodotto finale nel caso specifico della nostra Stella, un periodico a tiratura regionale - avrà come valore aggiunto la dote di ore spese per idearlo, l’accuratezza nel confezionarlo, le energie psico-fisiche dedicate a metterlo sul mercato. Ah, già! Il mercato. Ecco un particolare che Stella non ha considerato a fondo nell’immaginare il suo business alternativo… Quando sei un ingranaggio infinitesimale all’interno di un meccanismo il cui fine ultimo è fagocitare merci e uomini per produrre infine un essere umano che sia a sua volta prodotto, dicevamo, se sei un ingranaggio e decidi da solo di invertire il senso di marcia del meccanismo, non potrai che fallire come un impavido Don Chisciotte contro i mulini a vento. Ma abbiamo scelto di seguire il peregrinare professionale di Stella, in quanto esponente tipo del “neo umanesimo positivista post industriale e pre crisi del modello liberista”, ovvero in parole povere un esemplare comune di risorsa umana in cerca di se stessa e convinta nonostante tutto che le capacità dell’individuo, se ben finalizzate e coltivate a dovere, possano ancora fare la differenza. La nuova occasione, l’ennesima serratura da provare ad aprire si presenta come un lampo nel cielo d’estate, quando l’editore decide di vendere e Stella i suoi colleghi hanno la concreta possibilità di sperimentare il loro modello economico fai da te: scarse risorse economiche, buona pratica del mestiere, un team eterogeneo ed entusiasta e nessun aggangio ‘aumm aumm’ di alcun genere. Si scontreranno con la burocrazia mangia bolli, con le gabelle più fantasiose, con l’onda d’urto da esplosione della bolla finanziaria, con consorterie medievali, con parole come spread che sanno di beffa quando ti trovi a fare i conti col fare quotidiano; si scontreranno e - alla luce dei parametri con i quali si misurano i successi economici - perderanno. CONCLUSIONE Trentotto anni, primo decennio del nuovo secolo ormai agli sgoccioli. È giunto il momento di abbandonare la risorsa che ci ha portato a spasso fra la Fabbrica di libri, fra i sottoboschi della Comunicazione, nei silenzi odorosi dei codici manoscritti, fra gli anelli di fumo di una piccola redazione. Ogni giorno centinaia, ogni mese migliaia, ogni anno decine di migliaia di nuove risorse sono confezionate per essere esposte in bella vista sugli scaffali del mercato del lavoro. Un’infinità di bocche avide da sfamare e di cervelli agili da appagare. Tutti pronti a dimostrare che un animo puro e un cuore impavido contribuiscono senza alcun dubbio a migliorare il mondo. Un esercito mai domo di cercatori della Chiave d’Oro. La Dea Flexibilia veglierà sui nuovi adepti pronti ad immolare sangue giovane, energie fresche e nottate insonni. Nei ranghi sempre numerosi di esseri capaci di arrabattarsi equamente fra sogni altissimi e necessità contingenti, vogliosi di intraprendere i vergini sentieri del sapere, solerti nel vergare bianche pagine con fulgidi pensieri, si annida per certo qualche Quetzalcoatl5 che porterà nuova luce nei sentieri della conoscenza. La nostra Stella ha ormai abbandonato gli alti sogni di Cercatore e preferisce vestire i panni del filosofo controculturale in incognito. Niente più fatica della queste, ma il senso di pace che porta il lasciarsi cullare dalle onde. Imparando a comportarsi come un salmone travestito da trota di allevamento, ha sperimentato sulla sua pelle che navigare a vista può portare a imbattersi in paesaggi non preventivati e per 5 Nella società atzeca fu conosciuto come inventore dei libri e del calendario, colui che donò il mais al genere umano. questo motivo meravigliosi. L’autentico animo non conforme sa cambiare pelle, muove le proprie radici, pulsa nel cercare divagando, trascura la somma algebrica del profitto, concentrandosi sulla formula alchemica che miscuglia con dosatura variabile l’elemento ‘passione’ e il fattore tempo. Chi l’ha detto che la Chiave d’Oro non si possa inseguire anche indossando la cuffia di un operatore di call center, o passando i codici a barra alla cassa di un supermercato, o fra le mille password di login del telelavoro? Chissà quanti salmoni mascherati da trote da allevamento si annidano nei posti più impensati, resistendo stoici laddove un disumano sistema ogni giorno avvelena migliaia di sogni e trita chilogrammi di cuori. Un maestro di giornalismo ed esploratore di popoli, parlando di sé aveva detto: “Ho sempre avuto questo senso di orgoglio che io al potere gli stavo di faccia, lo guardavo, e lo mandavo a fanculo. Aprivo la porta, ci mettevo il piede, entravo dentro, ma quando ero nella sua stanza, invece di compiacerlo controllavo che cosa non andava, facevo le domande”6. Fare 6 Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio domande, entrare dentro alle cose, conoscerle e - quando necessario - staccarsene era il modo migliore che Stella aveva imparato per mantenere vive le passioni più pure del suo cuore, nella certezza che sempre esisteranno mestieri da inventare e sogni da proteggere, mirabolanti tecnologie da usare e libri consunti da sfogliare, nuove parole da apprendere e Chiavi d’Oro da custodire nello scrigno del proprio animo. EXPLICIT ‘Pergo per albentes directo tramite campos, candentique viae vestigia cerula linquo lucida nigratis fuscans anfractibus arva’.7 Questo libello è della mia mano, fatto ne la Città del Fiore a.D. 2012. Finis. ‘Procedo diritto attraverso bianchi campi, e sulla candida via lascio tracce celesti, campi bianchi macchiando con oscuri solchi’. Indovinello relativo all’arte della scrittura del monaco benedettino Aldelmo (640 ca.-709) contenuto negli Aenigmata Anglica. 7