Omelia Baroni 3-11-1978 - WebDiocesi

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DISCORSO DEL VESCOVO A VILLA CELLA PER IL
VENTICINQUESIMO DELLA CASA DELLA CARITA'.
3 novembre 1978
Questa Casa della Carità di Villa Cella, intitolata al Mistero
dell'Annunciazione della Madonna Santissima, compie dunque 25 anni.
Esattamente il 3 novembre 1953, per volontà di Monsignor
Beniamino Socche, allora Vescovo, e per volontà dell'allora parroco Don
Luigi Salami, qui con noi, questa Casa della Carità fu una scelta di
evangelizzazione, la pratica delle Vangelo che è la migliore predica
delle Vangelo.
La sede di allora si dimostrò una sede provvisoria, sostituita in
seguito dalla sede attuale, aperta il 4 gennaio 1962 e costruita sul
terreno acquistato per la nuova chiesa e il nuovo complesso
parrocchiale di Villa Cella.
Costruita quindi accanto, per essere accanto alla chiesa
parrocchiale, per figurarne anche all'esterno una espressione di
completamento dell'edificio della chiesa, perché la Chiesa completa è la
Casa della Carità, la casa dell'amore, la casa dell'accoglienza dei fratelli
maggiormente bisognosi di amore e la casa dell'accoglienza di tutti i
fratelli maggiormente bisognosi dell'esercizio dell'amore, dell'esercizio
dell'Eucarestia.
Se vogliamo dire qualche cifra, possiamo riferire che 79 sono stati gli
ospiti che da allora, dall'inizio ad oggi, sono passati in questa Casa della
Carità, in questa casa dell'amore.
Di questi 79 ospiti, 37 sono già ritornati a casa del Padre, e sono i
migliori più sicuri protettori di questa casa dell'amore; altri 20 sono
hanno potuto ritornare nelle loro famiglie, 22 sono gli ospiti attuali e, di
questi un ospite a cui i suoi genitori presenti che celebrano, questa sera,
i 25 anni del loro matrimonio, Sacramento di amore e di grazia, per il
quale essi rendono grazie a Dio, per tutti i doni di cui il Signore ha voluto
arricchire questo loro Sacramento, benedire la loro famiglia, aiutarle
crescere nell'amore, nella grazia, nel dono della misericordia.
Ci uniamo a questi genitori, a loro esempio di vita matrimoniale e di
amore, ci uniamo a loro nel rendere lode a Dio, e nell'augurare loro un
progresso continuo in questa sincerità di amore, in questo esempio di
Grazia.
In questa Casa della Carità sono passate 26 suore Carmelitane
Minori della Carità, e in questa Casa della Carità sono nate quattro
vocazioni di religiose.
Ecco qui, in sintesi, la ricchezza di questa Casa della Carità, ma una
sintesi molto esterna, agli occhi umani, perché solo Dio può computare il
bene che si è compiuto in questa Casa della Carità e attraverso questa
Casa della Carità; quanto bene nascosto nelle anime, nei cuori; quanti,
soprattutto giovani, ausiliari, quanti parrocchiani sono passati in questa
Casa della Carità, che hanno sentito e sentono tuttora, i parrocchiani di
Villa Cella, sentono tuttora la Casa della Carità come casa propria, così
come deve essere.
Ho detto che la Casa della Carità è la Chiesa totale, la Chiesa intera,
la Chiesa dell'Eucarestia e la Chiesa dei fratelli, la Chiesa di Gesù,
presente nell'Eucaristia è presente nei fratelli che Gesù ha scelto come
presenza privilegiata accanto a noi per l'esercizio del nostro amore.
Ecco allora che la Casa della Carità è la Chiesa intera perché in essa
l' Eucarestia ha la sua convalida, c'e l'esercizio dell'amore, c'è la riprova
della sincerità dell'Eucarestia: se l'Eucarestia si blocca ad un certo
punto o se invece l'Eucarestia ha la sua invasione, la sua realtà, la
sincerità piena nella vita del cristiano che, accostandosi al Eucarestia, si
compromette ad un amore pieno, ad un amore totale.
È della domenica scorsa il Vangelo nel quale Gesù ha ribadito,
rispondendo agli Scribi e Farisei, il precetto fondamentale: "Ama il
Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze".
Una religione che ci consentisse di andare direttamente a Dio senza
passare attraverso i fratelli sarebbe molto comoda; non si può invece
andare a Dio senza i fratelli, non si può amare Dio senza amare i fratelli,
perché non si possono amare i fratelli senza amare Dio.
Ecco, il grande comandamento rimane tale, fondamentale, è amare
con tutto il cuore, con tutta l'anima, non cioè un sentimento, ma un
impegno, un servizio, un amore che diventa donazione, che diventa
quindi sacrificio, martirio, testimonianza quotidiana, un'amore che è
adorazione e obbedienza, adorazione di Dio e obbedienza a Dio, a tutto
quello che è il suo volere.
Il Vecchio Catechismo aveva una domanda di questo genere:
"Quand'è che noi amiamo Dio, possiamo dire di amare Dio sopra ogni
cosa?". Quando siamo pronti a rinunziare a tutto pur di non rinunziare a
Dio, a perdere tutto pur di non perdere Dio, e quindi a perdere tutto
piuttosto che peccare; e un'altra domanda diceva:" Perché dobbiamo
amare Dio sopra ogni cosa? ". Perché Dio ci ha amati per primo e
perché Dio è degno di tutto il nostro amore, è Il Sommo Bene, la vita
senza tramonto, la Somma Felicità; e un'altra domanda ancora diceva:
"Ma perché Dio ci tiene tanto al nostro amore?". Non è che Dio abbia
bisogno del nostro amore, siamo noi che abbiamo bisogno dell'amore di
Dio e questo, Dio che ha creato l'uomo, lo sa bene come l'uomo non
può raggiungere, non può appagare le sue aspirazioni senza Dio, se
non in Dio.
Gesù Cristo ha aggiunto: "Amerai il prossimo tuo come te stesso", e
questo Comandamento è inscindibile dal primo, non se ne può fare a
meno, non si può amare Dio senza i fratelli, così come non si possono
amare i fratelli senza amare Dio.
Questa è la proprietà del Cristianesimo: non si può amare Dio senza
amare i fratelli. Che cosa vuol dire? Vuol dire che il rapporto con i fratelli
ha una parola sola: amore; e questo è condanna di ogni lotta, di ogni
violenza, di ogni contraddizione, di ogni avversione, antipatia, divisione,
e questo è superamento di una semplice filantropia o simpatia, e questo
amore per i fratelli nasce dal fatto che Dio ama tutti gli uomini. Allora
non possiamo amare Dio se non come Dio ha amato tutti gli uomini,
quindi questo amore è imitazione dell'amore di Dio, dell'amore che Dio
ha per tutti gli uomini, per ciascun uomo, nessuno escluso, e questo
amore ci viene dal fatto che Dio ci genera figli e, generandoci figli,
infonde in noi il suo Spirito d'Amore, lo Spirito Santo, il primo dono di
Gesù Cristo ai credenti, per cui noi siamo resi capaci di amare Dio come
figli e quindi di amare tutti gli uomini come fratelli dal momento e dal
giorno del Battesimo: il Battesimo è la prima fonte che crea in noi, che
trasferisce in noi il cuore stesso di Dio, la capacità che Dio ha di amare,
e la Santissima Eucarestia è la fonte continua, il tramite, il segno e lo
strumento attraverso il quale viene alimentata in noi questa capacità di
amore, di amare come ama Dio.
Ecco allora come l'amore che Dio, che Gesù Cristo ci comanda, è
conseguenza ed espressione dell'amore di Dio, conseguenza ed
espressione perché siamo comandati di amare i fratelli per Iddio e di
amare Dio nei fratelli.
Questo è l'apice del Vangelo, il vertice della religione cristiana, e
Gesù Cristo quante volte è tornato su questo tema. Quando stava per
appressarsi la Sua Passione, fu allora che Egli diede il Comandamento
nuovo: "Amatevi come io vi ho amato"; è uno di quei tremendi "come"
che sono ritornanti nell'Evangelo: "Siate perfetti come è perfetto il mio
Padre che è nei Cieli", "Amatevi come io vi ho amato", "perdonatevi
come io vi ho perdonato ", e sono altrettanti "come " che dimostrano
l'impossibilità a forze umane di realizzare il comando di Dio: egli che ce
lo comanda, ce ne dà Lui, e solo Lui può darcene, la possibilità di
attuazione.
Ecco il trapianto del Cuore di Dio in noi, trapianto che avviene, vi
dicevo, quando noi siamo resi partecipi della Natura Divina, e
diventiamo realmente, per quanto solo per adozione, ma diventiamo
realmente, siamo realmente figli di Dio, con tutte le conseguenze,
quindi, con tutte le capacità che ci vengono dalle virtù infuse di Fede,
Speranza e Carità, e dall'Eucarestia, per la quale continuamente siamo
alimentati nel Corpo e nel Sangue di Cristo, dallo Spirito di Cristo e nello
Spirito di Amore che ci porta, aprendo le nostre labbra, a dire "Padre,
papà", e pertanto, fratelli, a tutti quelli che sono accanto a noi, è il vertice
del Cristianesimo ed è anche però l'aspetto più difficile dell'essere
cristiani, perché occorre vincere, occorre superare questo egoismo,
questa lotta continua contro noi stessi. Che rinnegamento continuo
occorre fare per realizzare questo amore di figli verso il Padre e di
fratelli verso quanti ci circondano!
Ecco, figliuoli, che cos'è la Casa della Carità, la ginnastica dell'amore
di Dio e dei fratelli, l'esercizio dell'amore di Dio e dei fratelli, il banco di
prova di quello che consentiamo alle Eucarestia di realizzare e di
progredire in ciascuno di noi.
La Messa deve continuare nella casa dell'amore, la Messa ha la sua
verifica nella casa dell'amore, non si può chiudere la Messa,
comodamente intorno all'altare, e poi ritornare ciascuno a casa propria.
Bisogna passare nella casa dell'amore per verificare se, a
quattr'occhi con ciascuno dei nostri fratelli, noi siamo disponibili al
martirio, alla donazione quotidiana, ad un amore che sia donazione,
quindi sia rinunzia e quindi sia superamento e quindi sia sofferenza.
Benedette le case dell'amore, che dono grande sono le case
dell'amore parrocchiali, interparrocchiali, a portata di mano, vicino a
ciascuno di noi; non abbiamo bisogno di andare lontano, ma abbiamo la
possibilità di verificare da vicino, poiché di lontano e facile amare; è
quando abbiamo il nostro prossimo accanto a noi, vicino a noi, gomito a
gomito, è lì che è difficile amare, è difficile amare continuamente, è lì
che non è possibile girare l'angolo, sfuggire alle occasioni, ci troviamo
cioè in flagrante nella necessità di amare, di donare, di donarci.
Benedette le Case della Carità, le quali consentono questa crescita e
questo progresso continuo. Ringraziamo il Signore per questa Casa
della Carità di Villa Cella come di tutte le Case della Carità, ringraziamo
quelli i quali sono stati all'origine di questa Casa della Carità, quanti ci
hanno preceduto nel segno della Fede e dormono il sonno della pace,
quanti sono qui ancora accanto a noi, quanti amano le Case, questa
Casa della Carità. Voi giovani in modo particolare, voi giovani che avete
la possibilità di verificare la vostra generosità. Non rimanga a parole,
che non rimangano le contestazioni molto facili, le verifiche molto facili
dei difetti degli altri; sia la Casa della Carità lo specchio nel quale voi
potete vedere la grettezza che connaturalmente è in ciascuno di noi.
Possiate in questa Casa della Carità fare l'esame e la verifica della
vostra vocazione, possiate trovare il coraggio di buttarvi, di buttarvi
generosamente, nell'amore di Dio e nell'amore dei fratelli, nei fratelli
amati in Dio e per Iddio, perché i nostri fratelli, anche loro egualmente
come noi e più di noi figli prediletti di Dio Padre, fratelli prediletti di Gesù
Cristo.
Dio voglia che questa Casa della Carità continui con la sua
presenza il suo progresso di amore, continui tutta la sua missione,
raggiunga tutte le finalità per le quali il Signore ci ha dato questo dono;
ciascuno di noi che ha contatto con questa Casa della Carità dovrà un
giorno rendere conto a Cristo Giudice del dono che ha avuto a
disposizione, della sollecitazione che ha ricevuto ad un cristianesimo
radicale ed integrale, e se non l'avremmo fatto, o se avremo creduto di
avere tacitato i rimorsi o i richiami della coscienza o le ispirazioni dello
spirito con qualche servizio limitato, a ore, mentre siamo chiamati ad un
servizio pieno, totale, oh!, il giudizio di Dio sarà terribile, perché tanto più
è terribile il giudizio di Dio quanto più è infinito l'amore di Dio, la
disponibilità di Dio ci ha dato, l'essere così a portata di mano.
Questa Santa Messa, oltre che ringraziamento dell'ordine Dio, sia
propiziazione, impetrazione di queste Grazie, di luce e di misericordia.
Riuniti intorno all'altare, per cantare le meraviglie della Misericordia
di Dio, e rendiamo a Lui la nostra umile preghiera.
Preghiamo insieme e diciamo: "Ascoltaci o Signore".
Per tutti coloro che sono vicini alla Casa della Carità, perché il
Signore li ricompensi del loro amore, preghiamo: "Ascoltaci o Signore ".
Per la Chiesa Cattolica, qui presente e qui riunita, perché è in mezzo
al mondo assolva sempre al compito, alla missione che Gesù le ha
affidato, di essere il faro luminoso, incendio di amore, adempiendo
l'augurio, l'auspicio di Gesù "Son venuto in terra, e che cosa voglio per
portare il fuoco e che cosa voglio se non che si accenda", preghiamo:
"Ascoltaci o Signore".
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