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Comunicato stampa
Scoperto come le proteine tossiche dell’Alzheimer
danneggiano i neuroni agendo al loro interno
Il risultato scientifico reso noto nel corso della Prolusione su
“Active Aging” tenuta dal Fisiologo Grassi in occasione
dell’Inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università
Cattolica presso la sede di Roma.
Roma, 19 novembre 2013 – Scoperto da ricercatori italiani dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore – Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” di
Roma il meccanismo con cui le proteine tossiche, che si accumulano nel
cervello dei malati di Alzheimer fanno danni dall'interno delle cellule nervose,
alterando le sinapsi e la trasmissione del segnale nervoso. Se a queste proteine
viene impedito di entrare nel neurone, diventano innocue, ovvero dall’esterno
della cellula sono incapaci di danneggiarla.
Sono i risultati importanti di una delle linee di ricerca condotte del team di
Claudio Grassi, professore Ordinario di Fisiologia all’Università Cattolica di
Roma, che ha tratteggiato i progetti in corso nel suo Istituto in partnership
con altri centri di ricerca di fama mondiale. Le varie linee di ricerca attive
sono state illustrate nel corso della sua prolusione “Active Aging: il contributo
del nostro Ateneo alla ricerca dei meccanismi fisiologici che aggiungono
salute alla longevità”, tenuta in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno
Accademico 2013-2014 dell’Università Cattolica a Roma, dopo gli interventi
del Rettore Franco Anelli e del Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia
“A. Gemelli” Rocco Bellantone.
Le linee di ricerca portate avanti sono molteplici e riguardano lo studio dei
meccanismi dell'invecchiamento cerebrale e dei fattori che lo condizionano come
un'alimentazione scorretta.
Nella ricerca sulla malattia di Alzheimer, presentata in anteprima a San Diego al
Congresso della Società di Neuroscienze (SfN-Society for Neuroscience), il gruppo di
Grassi ha descritto in dettaglio come il peptide β-amiloide, quando si accumula
all'interno delle cellule nervose, le danneggia inesorabilmente. “Abbiamo
caratterizzato, da un punto di vista funzionale, quale sia il danno provocato da questo
accumulo ‘intracellulare’ di Aβ (in-Aβ), in termini di alterazioni della trasmissione
sinaptica di base (ovvero, il meccanismo di ‘trasmissione’ del segnale da una cellula
all'altra) e della plasticità sinaptica (ovvero, il meccanismo alla base della
‘memorizzazione’ delle informazioni)”.
“In particolare - spiega Grassi - ci siamo avvalsi di metodologie che ci consentissero
di discriminare (‘isolare’) il danno causato da in-Aβ rispetto a quello prodotto da exAβ. Abbiamo così dimostrato che se si blocca l'ingresso di ex-Aβ dal
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compartimento extracellulare al compartimento intracellulare o si contrastano
i suoi effetti all'interno della cellula, ex-Aβ risulta fondamentalmente
inefficace".
“Queste nostre osservazioni - spiega il professor Grassi - cambiano il ‘modo di
vedere’ il meccanismo d'azione di questa proteina tanto dannosa per la funzione
cerebrale, richiamando l'attenzione della comunità scientifica sulla necessità di
individuare i partners ‘intracellulari’ di Aβ piuttosto che concentrarsi, come taluni
studiosi stanno facendo, sui recettori posizionati sulla membrana della cellula nervosa
che interagiscono con le proteine tossiche.
Noi stiamo, tra l'altro, proseguendo i nostri studi alla ricerca di questi ‘partners’
intracellulari di Aβ, anche grazie a una collaborazione scientifica, recentemente
attivata, con il RIKEN, che è il più importante e prestigioso Istituto di Neuroscienze
in Giappone”.
“Nel corso degli ultimi decenni l’avanzamento delle conoscenze in ambito medico,
l’affinamento delle metodologie diagnostiche, la maggiore consapevolezza dei fattori
di rischio per varie patologie e dell’importanza della prevenzione, unitamente alla
disponibilità di più efficaci strumenti terapeutici, hanno prodotto un significativo
incremento dell’aspettativa di vita nella gran parte del mondo occidentale e, in
particolare, nel nostro Paese - sottolinea il professor Grassi - . Questa constatazione
pone, comunque, una domanda fondamentale: l’allungamento della vita reso
possibile dal progressi della medicina si associa, al presente, a un parallelo guadagno
in termini di salute? La risposta a questo quesito ha importanti implicazioni di
carattere sanitario, sociale, economico e, non da ultimo, etico”.
Una delle grandi sfide della medicina del XXI secolo è rappresentata, quindi,
dall’eliminare o, quantomeno, ridurre il “gap” tra longevità e salute.
Il nostro Ateneo ha mostrato una particolare sensibilità a questa sfida. Già da due
anni, infatti, la Commissione Strategie di Ricerca dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore ha scelto di investire risorse per supportare ricerche che ponessero a tema
problematiche relative all’invecchiamento. Ed è in questo ambito che si inquadrano
studi come questo sull’Alzheimer come pure tanti altri per capire l’impatto di fattori
esterni come l’alimentazione sull’invecchiamento.
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