Sul Ritalin Nei giorni scorsi, si è riacceso il dibattito sull’uso o meglio abuso di psicofarmaci nei minori. “Giù le mani dai bambini” (http://www.giulemanidaibambini.org) è una delle associazioni più conosciute in Italia che si occupa di questo problema. E’ dei giorni scorsi la notizia del possibile reinserimento nel mercato italiano del Ritalin, farmaco eccitante a base di anfetamine che, per effetto paradosso, calma bambini affetti da ADHD altrimenti detta sindrome da deficit d’attenzione o iperattività. I bambini in questione sono un po’ “troppo” vivaci e le difficoltà di insegnanti, educatori e genitori sono davvero tante. Per fare una breve storia del perché tanto accanimento verso questo farmaco, dobbiamo volgere lo sguardo oltremare e capire cosa sia successo in America a seguito dell’uso di questo farmaco. Dopo dieci anni di somministrazione a minori, si è visto che il Ritalin produce dipendenza e che, di fatto, non cura una patologia (?) ma toglie solo i sintomi. In sostanza, eliminato il farmaco il problema resta. Non solo: la dipendenza da quello che è uno stupefacente che sta per essere passato alla categoria “psicofarmaco” è solo uno dei sintomi: depressione, suicidi, aggressività e non ultimi infarto cardiaco sono gli altri effetti causati dal farmaco. Gli Stati Uniti ora avvertono...l’Italia pare fare orecchie da mercante! Il problema “vero” credo sia legato alla difficoltà di diagnosi: il DSM IV segnala come sintomi alcuni comportamenti, come l’irrequitezza, l’agitarsi troppo spesso ecc. Capite bene quanto sia relativo e soggettivo valutare un comportamento in base alla frequenza non oggettiva ma data dalla percezione della persona. Cercherò di fare un esempio chiarificatore: se io sono una persona molto paziente, valuterò normale il bambino che si alza 10 volte dalla sedia in un’ora...se son poco paziente, la mia soglia di normalità, scenderà a tre volte in un’ora. Giudicare la frequenza tramite l’uso di avverbi rende la diagnosi soggettiva, precaria, labile, ma la somministrazione del farmaco resta. Questo direi che è un primo punto. Qualche eminente esperto del settore, ha anche detto che la ADHD altro non sia che una patologia inventata. Certo i bambini di oggi sono più svegli, più autonomi, hanno un linguaggio più ricercato e l’adulto spesso continua a dare gli stessi vecchi stimoli di un tempo. Scuola compresa. Se da un lato c’è la dubbia possibilità di diagnosticare una patologia quale l’iperattività, dall’altro lato ci sono gli interessi delle case farmaceutiche ma anche famiglie che davvero hanno bambino per i quali l’iperattività diventa invalidante. La “guerra” al farmaco non è fatta a prescindere poiché si sa che nei casi in cui la diagnosi è di ADHD grave (il disturbo può essere lieve, medio o grave e solitamente, solo in quest’ultimo caso si dovrebbe ricorrere ai farmaci), la terapia farmacologia diventa spesso, purtroppo indispensabile soprattutto quando si accompagna ad altre patologie. Il problema è che delegare alla pastiglia si è sempre fatto. Allora pedagogisti, insegnanti, educatori si muovono anche contro quello che il farmaco rappresenta, la delega ad altri, la non responsabilità verso i più piccoli, che è facile sedare o “drogare” piuttosto che rimettere in discussione i propri schemi mentali, educativi e di comportamento. La terapia SOLO farmacologia non dà risultati: una terapia comportamentale è indispensabile, poiché il bambino deve essere educato a vivere questo aspetto di sé senza il farmaco. Altrimenti per ogni cosa si ricorrerà alla pastiglietta. Tratto dalla rassegna stampa di www.giulemanidaibambini.org Campagna sociale nazionale contro gli abusi nella prescrizione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti Ci sarebbe davvero tanto da dire su questa faccenda ma se da un lato comprendo le famiglie che hanno figli con adhd grave, mi sento di tutelare coloro che si trovano un figlio “etichettato” come malato e diventa difficile intervenire in situazioni simili in cui al figlio tutto è giustificato perché malato. La somministrazione del farmaco, spesso viene fatta senza reale necessità o grave patologia. Vi assicuro che lavorare con ragazzi di diciotto anni che da anni prendono ansiolici perché non sono in grado, non sanno gestire l’ansia e non stati educati a farlo, è davvero “triste”. Ognuno poi è libero di credere, leggere, sentire ciò che meglio crede e decidere se e come curare i propri figli. Mi rendo conto di aver messo parecchi spunti sul piatto...se volete discuterne, potete farlo nella sezione del forum di pedagogia sul Ritalin. Questo testo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons by Silvia Ancordi Tratto da: www.genitorisoli.it/staff.asp Tratto dalla rassegna stampa di www.giulemanidaibambini.org Campagna sociale nazionale contro gli abusi nella prescrizione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti