Cristiano Degano, Furio Baldassi, Luigi Castrigno, Valerio Fiandra, Beniamino Pagliaro, Radio
Libere: le prime antenne libere triestine, Casa della musica, 10 ottobre 2007
Giovanni Esposito. Trenta anni fa una famosa sentenza liberalizzò le radio. Fu l'inizio di grande
libertà. Abolito il monopolio della Rai ognuno poteva dire quello che voleva. Attraverso queste
emittenti casalinghe qualcuno, per esempio, mandava i saluti alla signora del secondo piano:
avrebbe fatto prima a chiamarla. Ma c'erano anche emittenti che man mano ebbero un loro ruolo
importante diventando riferimento per migliaia di giovani. Dal 1975 al 1978 le radio libere vissero
il loro periodo d'oro: nasceva un nuovo modo di comunicare.
Procurarsi un diritto d’antenna non era così difficile. Le radio private, espressione e voce delle
realtà territoriali, esternavano un senso di libertà entusiasmante ed inedito.
La musica di qualità, scelta e proposta da giovani appassionati e competenti, era il motore e la
forza che caratterizzava le lunghe ore di trasmissione.
Si affermavano dj e conduttori, amatissimi dagli ascoltatori, e nascevano veri programmi cult .
Assolsero anche un ruolo di rilevanza sociale, com’è stata Radio Sound a Trieste, specialmente nel
periodo del terremoto del Friuli nel 1976.
I protagonisti e i testimoni di quel periodo ci ricorderanno cosa è accaduto a Trieste trent'anni fa.
Radio Sound era un punto di aggregazione per molti ragazzi triestini. L’esperienza della radio è
stato un momento significativo della loro vita e per alcuni l’inizio di un percorso professionale che
sarebbe poi maturato negli anni successivi.
Non mancherà un confronto ed un parallelo con la realtà della nuova comunicazione.
Beniamino Pagliaro, il più giovane tra i protagonisti di quest'incontro, ci guiderà nelle “rete” e
suoi linguaggi: blog, community, forum, myspace.
Tra trent'anni si parlerà probabilmente dei “blog” e di internet con la stessa nostalgia con cui
parliamo oggi delle Radio Libere.
Furio Baldassi.. Comincerò parlando delle sensazioni che mi sono venute in mente quando mi è
stato anticipato di questo incontro sulle Radio Libere e su quello che hanno rappresentato per un
determinato periodo e che rappresentano tuttora per certi versi. Bisogna per forza partire dal
contesto storico in cui le Radio Libere sono cresciute, sono nate e si sono sviluppate e ripensandoci
mi rendo conto di come sono passati gli anni e di come siamo diventati tutti più vecchi. Se
ripensiamo a quel 1976 e lo mettiamo in un contesto di diffusione dell’informazione, di radiofonia,
ecc. pensiamo che praticamente i telefonini non c’erano, la televisione era in bianco e nero ed
esistevano solo un paio di canali della RAI che gestivano tutto il fenomeno musicale con molta
parsimonia. Di radio e di musica che quella volta si usava etichettare come musica “giovane” con
un terribile analogismo ce n’era pochissima, si trovava nei negozi ed era una cosa da nicchia per
pochi addetti. Le radio libere sono state dirompenti proprio perchè fino a quel momento la gestione
della musica era una cosa molto personalistica cioè si sviluppava all’interno del proprio io, della
propria personalità: la gente comprava i dischi, sapeva dove rifornirsi, cominciavano a diffondersi i
nomi dei primi negozi in Italia e in Europa che vendevano musica di un certo tipo ma non c’era la
distribuzione globale che c’è adesso dove per internet si ordina una cosa che arriva a casa in
ventiquattro ore, erano cose assolutamente fantascientifiche. Era difficile ascoltare la musica. La
RAI faceva una politica un po’ “cerchiobottista” teneva banco prevalentemente la canzonetta
italiana. Se uno voleva ascoltare qualcosa di più specialistico, non parliamo del jazz che era una
parola proibita già all’epoca, ma per esempio del rock americano e cose di questo genere doveva
passare la notte attaccato alla radio perché l’unica radio che esisteva quella volta che trasmetteva a
livello europeo questo tipo di musica era Radio Lussemburgo. Lì si scoprivano il Flower Power
americano, la scena di San Francisco e tutte le cose più specializzate e particolari. Nella RAI
c’erano tutte cose di seconda e terza mano e qualche pezzo che passava di straforo nella
programmazione normale. L’idea quindi di poter diffondere questo tipo di musica poco nota o nota
ad un ristretto numero di addetti ai lavori era all’inizio il collante delle radio, poi le cose sono un
po’ cambiate e si sono evolute e c’è stata la necessità di abbinare un’informazione di una certa
qualità ad una programmazione musicale di qualità. Fondamentalmente, comunque, il collante che
ha unito quei quattro ragazzi che nel 1976 misero un milione di lire a testa per comprare il primo
trasmettitore e mettere in onda la portante era questo: dicevano “non si può mai ascoltare la nostra
musica”, esisteva già l’esperimento, di cui si avevano notizie vaghe, di radio Biella la prima in Italia
sequestrata e poi dissequestrata e così dicevano: ” perché non fare anche a Trieste una cosa di
questo genere?”. Detto fatto la cosa fu messa assieme, nacque un reclutamento tramite passaparola
tra persone che generalmente facevano riferimento ad un determinato negozio di dischi e si
conoscevano tra loro ( cito Il Flauto Magico in via Udine che era un discreto covo di appassionati)
attraverso il quale si arrivò ( anche grazie a Corrado Savio che era un po’ il deus ex macchina) a un
primo casting. Le persone sono state messe davanti ad un microfono e si è cercato di capire se erano
in grado di parlare un buon italiano e di intrattenere un pubblico. Dopo di che le cose sono partite e
hanno avuto un’evoluzione veloce. All’inizio non si sentiva proprio benissimo perché Trieste ha dei
problemi orografici rilevanti e non si poteva mettere un segnale troppo forte perché si rischiava di
entrare in altri canali. Comunque nel centro città e in una buona parte della periferia originariamente
si sentiva. Il grande fenomeno cominciò e la gente ebbe una reazione incredibile che diventò
massiccia, esagerata e totale dopo il famoso terremoto del 1976 quando la radio trasmise molti
giorni di seguito senza pause coordinando soccorsi facendo intervenire in collegamento con cb il
nucleo primigenio della protezione civile. Questo fu il lancio che portò il nome della radio su tutte
le bocche, da lì in avanti è stato un continuo crescendo di successo. È cominciato ad intervenire un
discorso economico: all’inizio era un discorso su base volontaristica ma nell’arco di un anno un
anno e mezzo si è cominciato a fare qualche guadagno. All'inizio eravamo una casta, gente
abbastanza intollerante soprattutto sulla musica: volevamo mettere la nostra musica preferita a tutte
le ore senza limitazioni e senza farsi condizionare da nessun approccio di tipo commerciale.
Dicevamo: “abbiamo aspettato venticinque anni per mettere questa musica in onda, prima non si
sentiva, la gente ha la possibilità di sentire finalmente una cosa che va fuori dal seminato, non
roviniamo tutto”. Questo è un discorso che spesso va a collidere con i gusti della gente ed è stato
quello che a mio avviso ha propiziato negli anni ’80 poi ’90 per arrivare ai giorni nostri la
trasformazione delle Radio Libere nelle Radio Commerciali. Il gusto medio non è quello del gruppo
storico di Radio Sound anzi se ne distacca abbastanza chiaramente: sentire un assolo di chitarra di
dieci minuti alle due del pomeriggio non è il massimo per tutti, per noi lo era. A quel punto sono
iniziati i primi screzi.
Racconterò un episodio emblematico: per tutto il primo anno e mezzo di Radio Sound non
c’erano problemi; era stata fatta una determinata programmazione, c’era un palinsesto, si
trasmettevano programmi tematici che trasmettevano ognuno un determinato tipo di musica e poi
c’era il delirio pomeridiano, che tra l’altro mi coinvolse direttamente, della musica su richiesta.
Eravamo molto schematici. Quando cominciò a subentrare il discorso commerciale e la necessità di
far interessare all’emissione radiofonica molte più persone, la musica di nicchia che non poteva
essere trasmessa a tutte le ore tornò ad essere di nicchia come attualmente succede praticamente
ovunque. Un certo tipo di proposta tornò a essere trasmessa nelle ore notturne e ci fu un’apertura
abbastanza marcata sulla musica commerciale. Il tutto si può etichettare come “caso del bollino
nero”. Il bollino nero, in una delle trasformazioni in cui la radio andò incontro nei primi due anni, fu
messo dal direttore di sede che era uno dei soci fondatori su un certo numero di dischi che non
potevano assolutamente essere messi prima di una certa ora. Questo è stato il primo passo che ha
portato ad un cambiamento dell’emittente. All’inizio c’era una certa antinomia una certa diversità di
vedute tra dj e giornalisti; c’era chi da subito aveva collaborato al nucleo giornalistico della radio e
poi si era fatto da parte e voleva ogni tanto giocare con la musica ma rientrava nella media
musicale: avevano cioè dei gusti musicali completamente diversi dai nostri. C’è poi chi come me ha
fatto il salto della quaglia come me e da dj è passato alla carriera da giornalista. Effettivamente
l’entusiasmo originario, quello che era stato il collante, la spinta propulsiva che aveva portato alla
creazione di questa radio è andato esaurendosi. Io adesso non ricordo esattamente la data in cui
Radio Sound cessò le trasmissioni ma credo fosse l’ottantuno perché ormai esaurita la spinta
propulsiva e finito un periodo le cose sono tornate un po’ all’origine: sono partiti i grandi network,
sono nate Radio dj e tutta una serie di radio a carattere esclusivamente commerciale ed è finita la
nostra età dell’oro. Radio Sound nei miei ricordi ha un posto importante proprio perché fotografa un
periodo assolutamente particolare di entusiasmo continuo, di armonia e di pionierismo. Noi
abbiamo scoperto di essere stati dei pionieri dieci anni dopo: all’epoca dicevamo c’è la radio,
trasmettiamo, facciamo e facevamo delle cose folli tipo aprire la portante alle tre di notte e
incredibilmente alle tre e un minuto arrivavano le telefonate perché evidentemente c’era qualcuno
che andava a dormire con la radio accesa. C’era stata una tale diffusione che la cosa era entrata non
dico nell’immaginario collettivo ma era una cosa assolutamente sentita. Poi con questo passaggio,
che però io mi sono parzialmente perso perché sono approdato prima a Tele 4 e poi ad altre
avventure, ci furono delle accuse. Gli originari ascoltatori, il nucleo dei “duri e puri”, non hanno
visto di buon occhio questo cambiamento verso il commerciale; quelli che volevano ascoltare Lou
Reed a tutte le ore, anche alle due, anche se aveva il bollino nero, assolutamente non hanno gradito
questa trasformazione, questa metamorfosi. Ci telefonavano dandoci dei traditori, era una cosa
molto più sentita di quanto si possa pensare anche perché, non so quanti lo sanno, noi ce ne siamo
resi conto all’epoca ma ce ne rendiamo conto anche adesso a Trieste in percentuale, pur essendo
una città medio piccola, c’è una quantità di appassionati di musica e di collezionisti che è
incredibile nel contesto nazionale ma direi anche europeo. A Trieste vive uno dei primi venti
collezionisti al mondo di Elvis Presley, ha una casa museo in periferia verso via Flavia che è una
cosa assolutamente unica e non so quanto possa valere. Ecco, ci sono questo tipo di storie e questo
tipo di personaggi, ce ne sono tanti e credo che in quel periodo essi si fossero radunati attorno alla
radio per poi sparire definitivamente.
Il discorso della musica su richiesta, che ho accennato prima e che era il nostro tormentone in
cui Castrigno era mio buon compagno, è stata una cosa che ci ha aperto la strada della popolarità.
C’erano queste due ore dalle due alle quattro di pomeriggio in cui ricevevamo non so quante
telefonate, i telefoni poi erano quelli dell’epoca e non so quante chiamate riuscissero a incanalare e
quante poi andassero perse, ma noi passavamo due ore sollevando e riagganciando il telefono
continuamente parlando il minimo e mettendo molta musica. La cosa aveva creato una sorta di
intimità con gli ascoltatori, c’erano certi che ormai conoscevamo per nome e cognome, sapevamo
cosa facevano ed erano poi persone serissime. C’era uno che si faceva chiamare “l’astronauta
pazzo” ed era uno che, molto prima che la serie fosse conosciuta in Italia, sapeva vita morte e
miracoli di Star Trek. Faceva delle dediche tipo “dal comandante Kirk ai Venusiani” che mi
lasciavano assolutamente perplesso perché io non sapevo cosa fosse Star Trek all’epoca, non c’era
in televisione e questa serie per noi era ufo. Questo ci mandava queste dediche, finalmente poi
abbiamo capito il personaggio, l’abbiamo conosciuto ma come lui se ne possono citare a centinaia
tutte persone che avevano una propria individualità ma che sublimavano in questo momento della
musica a richiesta il loro modo di stare assieme agli altri, di avere i primi interscambi, di dividere
esperienze che possono essere esperienze visive, esperienze evocative con tutta una serie di persone
che la pensavano come loro. Questo era il momento più divertente che ha avuto anche una fine
tragica: abbiamo fatto l’ultima puntata perché anche la musica a richiesta, ad un certo punto, non
rientrava più nei canoni della trasmissione ed era considerata una cosa un po’ demodè, un po’
passata. Allora abbiamo fatto l’ultima puntata della trasmissione io e Gino, esiste anche una
registrazione da qualche parte, in cui abbiamo stravolto le posizioni tradizionali del dj che riceve la
richiesta e dell’ascoltatore che la formula facendo esattamente il contrario: ci siamo fatti dare alcuni
numeri di telefono dei nostri ascoltatori più affezionati e li abbiamo chiamati a casa rivolgendo loro
le stesse domande che loro facevano a noi. Per esempio non tutti avevano dimestichezza con
l’inglese e quando ci chiedevano di trasmettere Joy San Martino io e lui ci guardavamo e ci
chiedevamo cosa fosse, era Joy inside my tears di Stewe Wonder tradotto alla meglio da qualcuno e
noi dovevamo sapere anche queste cose. Così cosa abbiamo fatto, abbiamo cominciato a telefonare,
mandando tutto in diretta, nelle case dei triestini dicendo: “vorremmo che ci metti Joy San Martino
e che ci mandi un adesivo della tua famiglia”. Perché quello degli adesivi era il tormentone
dell’epoca, tutti volevano gli adesivi di Radio Sound non so perché era su tutte le macchine ed
erano ricercatissimi e viste le emicranie economiche erano stati fatti in una tiratura molto limitata di
conseguenza erano diventati esclusivi. Allora abbiamo cominciato a chiedere “dacci l’adesivo della
tua famiglia, una foto del tuo cane” e queste cose qua e sono state due ore di delirio totale che
hanno chiuso quest’esperienza credo nel modo più divertente che si potesse fare.
Luigi Castrigno. Ringrazio Furio perché praticamente ha già detto tutto e c’è poco da
aggiungere. C’era anche Fabrizio con noi all’epoca, che non abbiamo citato ed era la voce più calda
dell’etere ed anche questa è una cosa che bisogna ribadire.
Per quanto riguarda la storia del bollino nero vorrei aggiungere ancora un piccolo particolare che
visto oggi mi sembra inquietante per spiegare qual era la lungimiranza delle persone che poi
decidevano tutto questo e non è cambiato niente mi sembra. Comunque uno dei famosi bollini neri
era sul primo o il secondo disco…penso il secondo comunque perché era il ’76, di un ragazzo del
New Jersey che secondo il nostro direttore artistico avrebbe fatto poca carriera. Noi protestammo a
lungo, mi ricordo e con veemenza e poi trovammo anche il modo di metterlo e il signore in
questione è tuttora vivo e vegeto e si chiama Bruce Springsteen. Con questo voglio dire che non
tutte le ciambelle riuscivano con il buco e anche noi potevamo sbagliare, non noi in particolare ma
il nostro capo aveva deciso così e quindi, Furio l’ha già specificato, noi trovavamo comunque il
modo di metterlo in programmazione magari sotto falso nome e questo succedeva spesso (era uno
dei trucchi). Per quanto riguarda i tormentoni mi ricorderò sempre come se lo vedessi in questo
momento che all’ultima puntata o giù di la del Free Sound rompemmo in diretta il disco di Umberto
Tozzi. Era l’epoca in cui il pezzo forte era “Ti amo”, una bella canzone solo che ci toccava metterla
cinquanta volte al giorno, l’unica maniera per non metterla più, e mi dispiace per chi fosse all’epoca
un supporter di Tozzi, fu di rompere il disco in diretta. Eravamo molto crudeli ma eravamo anche
molto giovani. Furio ha ricordato le diatribe tra le redazioni quella sportiva, quella giornalistica e
quella musicale io voglio ricordare una figura del personale che non spesso viene citata ed è quella
dei tecnici. I tecnici all’epoca erano l’ossatura, lo sono tuttora, penso, di qualsiasi network.
Ovviamente la difficoltà della radio era di far vedere il viso delle persone quindi ci conoscevano
attraverso la voce, i tecnici erano quelli che stavano ancora al di dietro però erano sicuramente il
midollo, l’anima della radio. Anche loro erano personaggi niente male, tipini poco raccomandabili
però avevano questa grandissima passione, erano anche loro grandissimi conoscitori musicali (a
parte qualche eccezione ma quelle ci sono sempre), facevano turni massacranti e tra l’altro siccome
noi eravamo giovani e arroganti e anche un pò superbi loro erano le nostre balie. Hanno avuto
un’importanza fondamentale e non so se hanno mai parlato nella storia della radio. Io li cito tutti
insieme senza nominarli però sappiamo di chi parliamo e sappiamo l’importanza che hanno avuto.
Come spesso succede in queste belle avventure quelli che sono sulla front line vengono visti e
sentiti gli altri lavorano e basta. Io volevo approfittare di ricordarmi di loro. Vi ho ricordato degli
aneddoti divertenti ed è stata un’esperienza molto divertente, molto formativa, era una specie di
accademia. All’epoca, non so oggi, non c’erano molti divertimenti e come ha detto giustamente
Furio c’erano pochi soldi in tasca quindi bisognava inventarsi. C’è stato chi ha inventato questa
radio, noi abbiamo sfruttato la grande onda di questa radio e abbiamo incontrato nuovi amici con
vecchi interessi. Per quanto riguarda me che seguivo la musica ho imparato tantissimo da dei
maestri come Ida Cox, come Pierluigi Sabatti che sono tuttora vivi. Durante gli anni penso che la
radio fosse diventata proprio la nostra famiglia o il nostro ricreatorio o il nostro posto di ritrovo
preferito perché a qualsiasi ora del giorno e della notte tu sapevi che andavi in Corso Italia numero
7, salivi al settimo piano e trovavi sicuramente qualcuno. Qualcuno che faceva la trasmissione,
qualcuno che doveva prepararla, qualcuno che era là con gli stessi tuoi motivi, cioè non aveva
niente di meglio da fare. Tutto questo serviva a confrontarsi, a crescere, a essere stimolati su nuove
e più brillanti avventure perché c’era sempre qualcosa di nuovo; qualcosa che arrivava, qualcosa di
originale, qualche disco che solo qualcuno aveva, qualche disco che qualcuno diceva “xe troppo bel
non te lo posso far sentir” perché se no si rovinava (c’era ancora il vinile) e tutto questo in
un’atmosfera da zingarata permanente è durato due, tre anni. Il ricordo che ho più vivo di tutti è
stato la prima volta che mi sono presentato di notte nella vecchia sede di Radio Sound. La vecchia
sede di Radio Sound era in un palazzotto di via Felice Venezian con annessi e connessi cioè
pantigane e tutto il resto. La sede originaria era all’ultimo piano io all’epoca lavoravo in una radio
minore ed ero stato contattato tramite il nostro comune amico Fabrizio. Come nelle vere spy story
di notte ero stato accompagnato alla sede di via Felice Venezian. La radio minore in cui lavoravo si
chiamava Radio Stereo. Arrivo in questo palazzotto, entro, la luce naturalmente era pochissima,
l’atmosfera sembrava proprio carbonara, ho salito tre o quattro piani senza ascensore sono entrato e
se fuori c’era poca luce dentro ce n’era ancora di meno. Due persone erano sparse tra la nebbia,
bisogna sempre mettere la nebbia perché fa più scena, e queste due persone erano: il tecnico Terry
detto “Pastran man” e un altro pazzo innamorato di rock ‘n’ roll che poi ha suonato anche che
faceva un programma di rock ‘n’ roll, Riccardo. Entrambi con lane, come si diceva una volta, cioè
capelli molto lunghi; Terry che era Pastran man non per niente aveva un pastrano rosso porpora fino
a terra, lui aveva fatto il rodi di Frank Zappa quindi per simbiosi probabilmente era diventato uguale
a Frank Zappa inquietante allo stesso modo. E queste due persone sono passate davanti a me che
timidamente aspettavo di parlare con il grande capo e mi hanno guardato come un insetto. Non che
gli insetti mancassero là ma probabilmente ero molto meno ripulito, potevo sembrare un ragioniere
mentre loro potevano sembrare dei rapinatori. L’approccio è stato questo, non del tutto positivo.
Però quello che mi ricordo era l’atmosfera che c’era in quel posto: si sentiva che qualcosa sarebbe
successo. Non era ancora diventata la radio che sarebbe diventata negli anni successivi ma c’era
proprio l’energia che fluiva. Poi da via Felice Venezian quando le cose si sono messe bene e sono
arrivati i primi soldi c’è stato lo spostamento nella sede storica e il resto lo sapete.
Valerio Fiandra. Io posso confermare che Radio Sound era La Radio a Trieste nel senso non
soltanto che è stata tra le prime, non ho mai saputo se ce n’erano delle altre prima… a ecco è stata la
seconda la prima era una radio condominiale che si chiamava Radio Regione… comunque la radio
a Trieste era Radio Sound e non ci sono discussioni. Mi ricordo anch’io che quando chiuse Radio
Sound fu un segnale abbastanza chiaro che quel tipo di occasione era finita. Io lo so perché io nel
frattempo stavo dentro a un’altra radio che era nata già con fini completamente diversi. Radio 99
nacque perché un signore che faceva politica aveva intuito che le radio potevano essere un ottimo
mezzo di comunicazione e spese dei soldi, anche parecchi, per fondare questa radio 99 che nacque
già con l’intenzione dichiarata di fare politica. Furono assunti giornalisti veri e propri e cambiò
completamente l’aria, cambiò perché era fatale che cambiasse, non c’erano molte discussioni. Nel
frattempo nel ’77 nasceva Tele 4 e con Tele 4 cambia veramente tutto perché dopo un inizio
stentato ma comunque presente, con capitali economici abbastanza rilevanti, con grossi nomi (
Ierneri, Alessi) c’erano dei personaggi che mettevano dei soldi cambiò tutto perché divenne
probabilmente il mezzo di comunicazione di massa che attraeva di più gli investimenti pubblicitari.
E qui, visto che la parte più importante di questo pomeriggio è quella conclusiva con Beniamino
Pagliaro che parlerà di quello che c’è oggi, qui forse si può dire qualcosa che renda la differenza. È
la tecnologia, sono le disponibilità tecniche che fanno la differenza. Se non ci fosse stata la
possibilità di sentire Radio Lussemburgo di notte o le altre radio che trasmettevano da mitiche e poi
magari neanche esistenti navi che navigavano sulla manica (per esempio Radio Caroline) che noi
ascoltavamo, non sarebbe venuto in mente di fare la radio in quel modo. Ci fu sì questa legge che
poi non fu neanche una legge, questo dispositivo che liberalizzò le possibilità di fare radio private
ma la cosa essenziale era che una portante e un baracchino per trasmettere costavano molti soldi per
dei ragazzi squattrinati ma in realtà non moltissimi e quindi c’era la possibilità di farne un uso. La
pubblicità seguì con i danni cui hanno accennato sia Furio che Gino però, in un momento in cui la
pubblicità era molto costosa perché la pubblicità sui giornali era molto costosa e fare pubblicità in
RAI era impensabile,ancora più costoso, per i commercianti e per tutti quelli che avevano qualcosa
da comunicare, la nuova possibilità di far sapere il proprio messaggio a un costo realmente molto
basso fu presa d’assalto. Io sono stato testimone nell’altra radio, Radio 99, dove conducevo dei
programmi di nessun ascolto però ce n’erano alcuni di grandissimo ascolto quelli tipo la musica a
richiesta, la musica così detta commerciale non c’era abbastanza spazio per ospitare la pubblicità e
tanto è vero che i dj famosi erano anche in qualche modo i produttori di pubblicità perché andavano
con la loro faccia e la propria voce nei vari negozi a vendere la pubblicità. Alcuni negozi di cui non
farò il nome devono la loro fortuna, pagata cara per altro, proprio alle radio private perché è vero
che l’ascolto non era tantissimo ma faceva tendenza. Chi ascoltava Radio Sound si sentiva partecipe
anche senza esserci era una novità era una grossa cosa. All’epoca gli sms non c’erano e la
socializzazione avveniva attraverso la radio. La differenza la fece secondo me la tecnologia e il fatto
che i dischi non erano comprati dalle radio ma dai dj, questo va detto se no casca tutto, era con le
nostre discoteche personali che noi facevamo i programmi. Visto che siamo in tema di aneddoti,
quando io ero responsabile di Radio 99, fece scandalo che io andai a comprare qualche milione di
dischi con i soldi del politico che metteva i soldi e tentai addirittura di fare una cosa veramente
becera: cercai di comprare un dj di Radio Sound che a me piaceva molto, mi piaceva molto il suo
tipo di programma, che si chiamava Mauro, e fu spionaggio puro. Lo invitammo nella nostra
fantastica sede, gli offrimmo dei soldi per fare la trasmissione e lui rifiutò devo dire con nostra
grande ammirazione. Questo per dire che le cose erano serie ma serie già taroccate perchè loro
facevano una radio libera mentre noi facevamo probabilmente già una radio diversa. Ha molta
ragione Gino a ricordare i tecnici io i nomi li dimentico con gran facilità ma Rudy Rainguth non
me lo dimenticherò mai. Secondo me è stato Il tecnico numero uno, anche lui era un personaggio
aveva anche lui i capelli lunghi, andava in giro con le lamette ed era una specie di protopunk. È
diventato un regista televisivo, ora non lavora più in Mediaset e ha aperto uno studio privato, ora
grazie a internet sono riuscito a rintracciarlo. Era un tecnico fantastico; ciascuno di noi ha i suoi
vizi, il mio vizio era che non mi fregava niente di mettere i dischi io ero concentrato su altre cose
che interessavano a me e con questo confermo quello che dicono loro che ciascuno di noi faceva la
radio perché gli piaceva di farla, almeno io facevo così, forse altri avevano fini più diretti, io lo
prendevo molto sul serio. Comunque non mi piaceva mettere i dischi ma pretendevo che i dischi
fossero messi nel momento giusto, esattamente quando lo volevo io, con le sfumature giuste e mi
ricordo che facevo anche dei corsi a questi signori siccome li pagavo anche facevano finta di essere
molto rispettosi in realtà erano abbastanza dei cani. Rudy invece no, era veramente fantastico,
anticipava i miei desideri e mi correggeva quando non facevo io a mia volta il tempo giusto,
naturalmente, questo va detto, non so da voi ma noi si andava sempre in diretta non c’erano
registrazioni quindi gli errori facevano parte dei programmi anche se cercavamo di non farne.
Chiudo dicendo questo: l’ultimo intervento di Benni toccherà il mondo di adesso e io mi sono
sempre domandato: se io avessi vent’anni adesso probabilmente sarei stato uno che si occupa di
web perché è questa la cosa calda di adesso e qui si apriranno similitudini ma anche grandissime
differenze legate alla tecnologia.
Furio Baldassi. Ho dimenticato una cosa a riguardo. Sostanzialmente noi siamo vissuti in
un’epoca in cui le tecnologie erano veramente ridotte all’osso se oggi vedete i ripetitori con cui si
creava la portante della radio era una cosa ridicola; oggi in qualsiasi casa si trovano penne ottiche e
cose di ogni tipo. Io credo che noi con la nostra passione e con il nostro grado di dedizione se
avessimo avuto tutta la tecnologia di oggi ci avrebbero ricoverato perché una volta siamo riusciti a
contenerci, c’erano pochi dischi, poca musica oggi c’è una quantità pazzesca di tutto, troppo. Io
posso collegarmi in internet e scaricarmi quattordici concerti in tre minuti, quella volta aspettavo
dieci anni di trovarne uno del settantadue. Credo che per la nostra salute mentale è stato un bene
aver vissuto in quel periodo.
Valerio Fiandra. Chiuderei toccando questo aspetto: anch’io continuo ad ascoltare musica la
possibilità di frequentare la rete, pur con dei collegamenti ancora fetenti come abbiamo in Italia, ti
consente di sentire una canzone, un suono o un nome e io incontro per strada un signore con i
capelli bianchi che mi dice “hai sentito Richard tal dei tali” e io vado a casa digito Richard e mi
scarico Richard e lo ascolto e decido se mi piace o no. Pagare o non pagare è relativo io ho anche
pagato qualche volta giusto per sentirmi più buono ma in realtà è ridicolo semplicemente perché
esiste la possibilità e non c’è ancora una legge sufficiente per condizionare questo genere di cose.
Quindi la grande differenza e che io oggi mi posso permettere il lusso di ascoltare via internet tutta
la musica di allora che mi piace. Per esempio a me piace una cantante di nome Jany sapevo che
aveva fatto un’apparizione live con un altro cantante che mi piace, non aveva inciso questo disco ci
ho messo dieci minuti e quando l’ho trovato ero quasi deluso perché era troppo facile. Per chiudere
la situazione di oggi è diventata estremamente diversa dal punto di vista musicale: la musica da non
esserci adesso ce n’è troppa. Io ascolto molte radio via internet, non ascolto più la radio normale,
via internet ci sono radio per ogni gusto, per ogni tendenza, per ogni genere io stesso sono in grado
se voglio domani di fare Radio Valerio: collego un hi-pod o un computer al sito con una spesa bassa
rispetto a quella della radio e faccio il programmatore di radio e mando in onda tutto quello che
voglio: i video e tutto il resto Il paradosso è che se allora questo mezzo della radio aiutava la
socializzazione, oggi, quello che viene chiamato il social network che è un certo uso del web, è
sempre da soli a soli; anche il comico Grillo mette insieme tante persone ma sono sempre dei
singoli che poi devono trovarsi ad una manifestazione per condividere qualche esperienza e questo è
abbastanza un paradosso.
Sono passati trenta anni. Noi siamo partiti da un determinato tipo di entusiasmo, da un
determinato tipo di proposta e io credo che ci troviamo pari pari oggi;cioè noi siamo partiti dalla
nicchia e dopo trenta anni di evoluzione siamo di nuovo nella nicchia. Le radio via internet, che ce
ne sono migliaia per tutti i gusti, sono in realtà radio tematiche: se uno vuole sentire tutto il New
Country dell’America del nord se lo sente per ventiquattro ore. Oppure solo violino? Vai, hai la
stazione che trasmette solo la musica per violino. Però siamo tornati alla nicchia, diciamo che noi,
che eravamo dei grandi idealisti fondamentalmente, pensavamo di riuscire a portar fuori un
messaggio e pensavamo di avvicinare più persone possibile a un certo tipo di musica e questo non è
avvenuto.
Cristiano Degano. Mi scuso per il ritardo. Purtroppo non ho potuto ascoltare i miei colleghi
quindi spero di non ripetere cose già dette. Ricorderò velocemente come sono arrivato io alla radio.
Radio Sound, come avranno già detto, è nata nel Marzo ’76, allora l’unico di noi, a parte il dj Furio
Baldassi che imperversava già con i suoi dischi, l’unico di noi gruppo poi che è andato avanti a Tele
4 poi in RAI insomma tutto questo gruppo di giornalisti, l’unico di noi che voleva fino dal liceo fare
il giornalista era il mio amico e collega Giovanni Marzini che era il primo che entrò per fare le
cronache sportive a Radio Sound appunto già nel Marzo del ’76 insieme a Enzo Angiolini che
curava la parte musicale.
Luigi Castrigno: io ho le prove fotografiche che Giovanni Marzini nel ‘72 già faceva le
telecronache, le faceva su un k7, era il torneo interno dell’Oberdan, ma già le faceva convintissimo.
Ho una fotografia dove si vede Giovanni con tutte le copie delle testate davanti in questa palestra
dell’Oberdan che fa la radiocronaca per lui. Perché lui la registrava su una cassetta, me lo ricordo
come se fosse ieri, Maggio / Giugno del’72.
Cristiano Degano. Giovanni Marzini ha avuto il merito della grande intuizione il 6 Maggio del
’76 di capire quale grande strumento era una radio privata. Vi ricordate la notte del terremoto, ecco
sottolineiamo e l’avranno già fatto i colleghi, sul piano dell’informazione oggi siamo
completamente immersi nell’informazione, allora arrivava con il contagocce; bisognava aspettare la
mattina successiva Giorgio Cesare sul Gazzettino Giuliano del Friuli Venezia Giulia per sapere
quello che era successo anche la notte del 6 Maggio ’76. Io ricordo che quella notte non c’erano
ancora le dirette, non c’erano le trasmissioni speciali, ci fu un tg, ricordo che c’era il primo e il
secondo canale e la terza rete è arrivata nel 1980, e quella sera ci fu un telegiornale che disse che
l’epicentro del sisma era stato vicino a Genova perchè scambiarono Gemona per Genova questo per
dare l’idea di come arrivava l’informazione all’epoca. Giovanni Marzini si rese conto del
potentissimo, esplosivo strumento che si aveva in mano con una radio (allora non erano ancora
private ma “pirate” ) che poteva trasmettere come e quando voleva, e si precipitò nella sede della
radio, prese il microfono, telefonò all’istituto geofisico per avere le prime informazioni e attraverso
Radio Sound i triestini seppero prima che da altri mezzi d’informazione, ripeto allora molto limitati,
cosa stava succedendo. La mattina dopo chiamò tutti gli amici, ognuno faceva altre cose io studiavo
medicina, chi faceva legge, chi ingegneria, e disse :”ragazzi, è successo quello che è successo,
abbiamo questo strumento in mano, vediamo di utilizzarlo”. Molti di noi sono accorsi
probabilmente perché c’era l’entusiasmo, c’era qualcosa dentro di noi che evidentemente covava, e
abbiamo cominciato una lunghissima diretta durata quaranta giorni e quaranta notti. Si chiamava
dopo ogni scossa il geofisico, si davano informazioni e non era solo informazione, sapete quella
volta non esisteva la protezione civile che è nata proprio nel ’76, quindi nelle prime quarantotto ore
i soccorsi arrivavano dalle zone più vicine in particolare da Trieste e quindi Radio Sound
coordinava, perché non esistevano altri mezzi di coordinamento, i primi soccorsi con l’ente porto
da una parte che metteva a disposizione l’allora stazione marittima, con la casa dello studente che
metteva a disposizione dei pulmini scalcinati con i quali recuperare materassi, tende, sacchi a pelo e
medicinali. Vennero organizzate le prime spedizioni, fummo tra i primi ad avere il permesso di
arrivare nelle zone terremotate superando i blocchi. Così dal nulla e ricordo con grandissimo
entusiasmo ancora oggi quelle notti, quelle giornate, quei primi collegamenti, è nata così
l’informazione e così Radio Sound si fece sicuramente conoscere e da un certo punto di vista fu la
fortuna di Radio Sound che da radio appunto pirata prima ancora che privata quindi semi
clandestina ebbe una grandissima notorietà e devo dire svolse anche un ruolo non di poco conto sia
dal punto di vista dell’informazione sia da quello dell’impegno civile. Ottenemmo dopo quei
quaranta giorni anche un riconoscimento dalla prefettura e dalla nascente protezione civile che ci
inorgoglì non poco. Finita quella emergenza ci guardammo negli occhi e ci dicemmo: ”Beh a
questo punto andiamo avanti” e così quasi per caso nacquero i primi giornali radio la prima
informazione, c’erano altri giovani allora colleghi del piccolo ( Fulvio Gongo, Carrara, Luigi
Sabati, Fabio Modeo, Gianrodolfo Trivellato che allora era capo dei servizi sportivi del piccolo e
che aveva cominciato a collaborare con Radio Sound). Ricordo per esempio le prime elezioni con i
primi collegamenti, io avevo mio padre che lavorava all’ufficio elettorale del comune che avevano
dei primi computer collegati, ce n’erano pochissimi quella volta, io andai da lui e riuscii a dare in
anteprima prima ancora che la RAI e le altre informazioni i primi risultati di quelle elezioni.
Luigi Castrigno: prima della medaglia della prefettura ci fu immediatamente la censura non mi
ricordo se dalla prefettura, dalla questura o da entrambe perché dicevano che la radio dava notizie
allarmistiche. Mentre la radio di stato dava notizie tranquillizzanti tipo “ un morto e dodici feriti” la
situazione non era proprio quella. Noi davamo le notizie tramite cb in diretta dal posto della
sciagura, in cui purtroppo i numeri erano più alti. Poi dopo si è visto chi aveva ragione.
Cristiano Degano. C’era sicuramente una certa elasticità che la RAI allora come oggi forse
effettivamente non ha. È da sottolineare anche che quella volta tutti ascoltavano la radio su onde
medie, si usava la modulazione di frequenza solo quando si andava in montagna, e allora nei negozi
di elettrodomestici vendevano le radioline con la scritta sotto “ si prende anche Radio Sound”.
Perché non c’era l’abitudine, si ascoltava il giornale radio, il Gazzettino Giuliano nelle ore fisse. E
anche questa emergenza del terremoto spinse i nostri utente a capire che c’era la modulazione di
frequenza e ad utilizzarla. Ricordo poi insieme ai primi giornali radio, le prime trasmissioni, le
prime dirette notturne fu molto importante anche lo sport. Abbiamo avuto la possibilità di fare le
prime radiocronache sportive. Se qualcuno seguiva allora la Triestina il modo per sapere il risultato
senza aspettare il giornale radio delle diciotto e trenta doveva passare davanti al bar Ciccio che
esponeva i risultati perché chiamava il campo.
Luigi Castrigno: c’era una partita di basket a Chieti, non era un viaggio, era un’odissea:
bisognava cambiare tre treni, quattro pulman ed è anche in alto Chieti. Giocava a Trieste Rich
Lawrel che era un bel signore di colore. Arrivammo a quello che chiamavano il palazzotto di Chieti,
era dicembre e i dipendenti comunali erano in sciopero. Questo significava zero riscaldamento,
Rich Lawrel era diventato bianco e io ho fatto il collegamento con il microfono infilato tra il collo
del giubbotto e la sciarpa. La Pallacanestro Trieste perse quella partita che era impossibile da
Vincere se non per i giocatori di Chieti che erano abituati a giocare in quelle condizioni: credo che
nel palazzotto ci fossero qualcosa come meno venti gradi.
Per le trasferte si partiva con il telefono b-grigio della sip di allora e ogni viaggio era
un’avventura. Non si avevano permessi e si sapeva soltanto che si avevano le prese per i telefoni
perché i colleghi della carta stampata facevano già da tempo i collegamenti via telefono.
Baldassi: racconto un aneddoto sulla Triestina che vinse una manifestazione che si chiamava
Torneo anglo italiano. Io sono andato in Inghilterra speranzoso di trovare un modo per telefonare
perché allora i telefonini non esistevano ancora, mi sono portato dietro il solito telefono ma gli
inglesi avevano un’altra spina perché loro dovevano avere tutto diverso e a un certo punto sono
riuscito non so come a trovare un posto in cui c’era un telefono pubblico vicino. E aveva una
prolunga, l’unico posto da cui io riuscivo a vedere la partita era il tettuccio dell’entrata agli
spogliatoi. Quindi io ero con una sediolina sul tettuccio col telefono con la prolunga e con i
giocatori che mi uscivano di sotto.
Cristiano Degano. Concludo con un aneddoto personale io allora abitavo nel rione di san
Giovanni e la finestra della mia cucina era la tribuna centrale del campo dove c’erano allora le
principali squadre dilettantistiche il Circolo Marina Mercantile e il San Giovanni. Ho cominciato la
mia carriera di cronista sportivo tirando il filo del telefono b-grigio fino alla finestra della cucina e
da lì cominciavo a raccontare le vicende sul campo.
Beniamino Pagliaro. Ho preso un po’ di appunti perché avete detto tante cose che poi neanche
conoscevo e quindi ho anche imparato un po’ com’era andata.
Cominciamo con il discorso sulla tecnologia: il telefonino è arrivato davvero dieci anni fa e per
me (che ho venti anni) è ancora una cosa che da piccolo non avevo, adesso i bambini hanno il
telefonino. Io non sono nato con internet, la mia prima forma di informazione sono stati
sicuramente i giornali mentre i bambini che nascono adesso non hanno alcun motivo per comprare
un giornale: costa e gli articoli sono lunghi, questo non vuol dire che i giornali debbano finire e io
non lo spero. È la tecnologia a fare tutto, la radio era una tecnologia semplice che non dava
problemi all’anziano di turno mentre un computer ancora da problemi alle persone anziane ma
sostanzialmente anche alle persone che non lavorano in un contesto dove devono usare il computer
ogni giorno. Invece le persone che sono obbligate a usare il computer su internet ci stanno e
imparano a utilizzarlo.
Mi ha colpito molto il discorso della sede, il fatto di parlarne come un posto storico, che favoriva
l’aggregazione e in effetti se non si andava là o non si telefonava là la radio non poteva partire.
Adesso non è più così: io posso lavorare da qua con il mio telefonino; è sempre un discorso
tecnologico: proprio perché io posso lavorare da qua e non devo andare in ufficio non serve che io
incontri le persone. Io ho una società che si occupa di internet e di informazione e video su internet
adesso dopo un anno e mezzo di fatica apriremo una sede ed è un momento molto importante quindi
resta l’importanza del luogo fisico ma è anche vero che le persone che verranno a lavorare da noi in
sede non sarà poi necessario che vengano. C’è un mio amico francese che vive in America, sta
mettendo su una grande azienda di video on-line e i suoi tecnici sono tutti rumeni perché costano di
meno. Quindi lui è francese, vive a Los Angeles e i suoi tecnici vivono in Romania.
Un’altra cosa che mi ha colpito è che tra me e i miei colleghi non c’è quell’idea di squadra che è
emersa dai racconti precedenti e c’è anche molto meno idealismo: non si fa una cosa solo perché ci
piace una canzone o un disco e pensiamo di trasmetterlo in modo che gli altri imparino.
On line è difficile distinguere il momento in cui si è utenti da quello in cui si diventa
professionisti e autori. Uno in radio non ha il dubbio di essere un utente perché è lui che ha le cuffie
e il microfono davanti. Davanti al computer è difficile e il fatto che ci sia una quantità enorme e una
qualità media non bassa se uno sa cercare le cose rende le cose difficili perché io sono un utente, un
fruitore di un blog della persona ics ma a mia volta sono anche uno che scrive le cose. Anche nello
scrivere c’è una differenziazione perché io ho un mio blog che scrivo per divertimento per me
grazie al quale conosco altre persone, faccio dei viaggi e mi si aprono opportunità lavorative ma
posso fare la stessa cosa anche in modo professionale. Il che è abbastanza rivoluzionario. Io noto la
difficoltà che nasce dall’essere allo stesso tempo utenti, autori e autori in due modi diversi: quello
professionale e quello privato. La mia società edita da un po’ di tempo un quotidiano on line su
Trieste che poi non è un quotidiano ma chiamarlo orario sarebbe ridicolo anche se viene aggiornato
venti ore al giorno ed è una cosa talmente veloce che è difficile da spiegare. Noi lavoriamo su
questa cosa da agosto ed abbiamo una risposta pazzesca, ci si rende conto di cosa vuole la gente
perché i numeri su internet sono facilmente intuibili. Su dei casi di cronaca come il ragazzo che è
morto in via Rossetti in moto o su altri incidenti che sono stati particolarmente messi in risalto
anche dal giornale che resta come autorità importante, abbiamo centinaia di persone che ogni giorno
cercano il nome della persona che è morta su google, non c’è nessun altro che scrive di loro a livello
locale e quindi arrivano da noi e io li conto. Ancora di più fa impressione notare che la gente esce di
casa, legge la locandina del Piccolo e poi cerca la notizia su google in ufficio e trova noi.
Anche le spese non sono più importanti perché si può scrivere dal telefono o dal computer e
ormai tutti hanno un computer a casa. Il grande dilemma è, secondo me, quanto del contenuto
prodotto on line è realmente interessante e soprattutto con che finalità viene scritto. Quando voi
andavate in radio a fare il programma di jazz avevate la precisa idea di fare quella cosa mentre la
grande differenza e che la passione che poi può diventare un articolo su un blog piuttosto che una
piccola emittente radio privata on line non ha una finalità né idealistica e neanche ha una grande
programmazione. La tecnologia è talmente facile che favorisce la nascita di cose non pianificate nel
tempo; le cose nascono, si sperimentano ma poi possono morire. Questo mette poi in difficoltà
l’utente medio nel distinguere lavori del genere da lavori fatti seriamente.
Furio Baldassi La differenza tra il tipo di trasmissione che c’era all’epoca e quella che è in voga
oggi è fondamentalmente questa: lì c’era bisogno del rapporto umano, del passarsi le dritte, le
informazioni passavano da una persona fisica ad un’altra; oggi posso scaricare un disco che cercavo
da dieci anni con un tipo di Buenos Aires di cui non saprò mai niente. Una volta era una specie di
ricreatorio della musica dove ci scambiavamo esperienze. Quello che manca oggi è la
comunicazione, io posso avere tutto ma non comunicare con nessuno.
Cristiano Degano. Sentendo Gino e Furio avrete capito che effettivamente Radio Sound in
particolare era nata soprattutto dal desiderio di un gruppo di amici di dj appassionati di musica e se
vogliamo di un certo tipo di musica di nicchia di fare la propria musica, ascoltarla e anche
divulgarla. Poi sono arrivati i giornalisti che proponevano di mettere musica anche un po’ più
commerciale e tranquilla. C’era questo dissidio. C’era l’esigenza di collegare i programmi di
informazione con un tipo di musica che fosse fruibile da tutti.
Giovanni Esposito. Lo scopo di questo incontro era ricordare i trent'anni delle radio libere con
un taglio diverso. Speriamo di esserci riusciti. Un po' di reducismo era inevitabile sull'onda del
ricordo. Perdonateci e grazie a tutti.