LA TEORIA DELLA RELATIVITA’ RISTRETTA e GENERALE di Marialisa Scatà L’Unesco ha deciso di consacrare il 2005, l’ Anno Mondiale della Fisica in onore del centenario di quello che è stato definito annus mirabilis della fisica, per celebrare questa fondamentale branca della scienza. Era il giugno 1905 quando un giovane e sconosciuto fisico tedesco di nome Albert Einstein, che lavorava come impiegato di seconda classe all’ufficio brevetti di Berna, pubblicò sulla rivista Annalen der Physik un articolo intitolato “ Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento”, nel quale era contenuto il primo nucleo di una teoria detta della relatività ristretta, perché si riferisce solo al moto di corpi a velocità costante, escludendo le interazioni gravitazionali e quindi le accelerazioni, destinata a rivoluzionare non solo la fisica e la scienza in generale, ma anche il pensiero umano in tutti i suoi aspetti. A quello storico articolo ne seguirono altri due, pubblicati nel giugno e nel settembre dello stesso anno: il primo enunciava il famoso effetto fotoelettrico, la cui teoria gli valse il premio Nobel nel 1921, e nel secondo dimostrava l’equivalenza tra massa ed energia, contenuta nella sua formula più celebre diventata ormai un culto, E=mc2. L’obiettivo di questa tesina è quello di evidenziare e analizzare come questa teoria ha cambiato il mondo in tutte le sue forme d’arte e di scienza, dalla letteratura alla filosofia, la Relatività non è solo una teoria scientifica ma è un concetto che ha cambiato il modo di pensare di tutta l’umanità. “Voglio conoscere come Dio ha creato questo mondo. Non sono interessato a questo o a quel fenomeno, nello spettro di questo o quell’ elemento. Voglio conoscere i Suoi pensieri; il resto è tutto un dettaglio” Albert Einstein Prima di affrontare la teoria della relatività di Einstein è giusto fare qualche breve richiamo della relatività galileiana che l’ha preceduta. I principi della dinamica hanno la stessa validità in sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme fra loro. Ciò vuol dire che: individuato un sistema inerziale S in cui sono verificati i principi della dinamica, sono inerziali tutti i sistemi di riferimento S’ in moto rettilineo uniforme rispetto ad S; quindi due osservatori che si trovano in due distinti sistemi inerziali S ed S’ misureranno gli stessi valori di accelerazione di un punto materiale e della forza che agisce su di esso. Da queste teoria nacque il seguente principio di relatività: “I fenomeni meccanici si svolgono con leggi dello stesso tipo in due distinti sistemi di riferimento S ed S’ in moto rettilineo uniforme fra loro”. A tal proposito si enunciano le seguenti leggi di trasformazione dette: Equazioni di una trasformazione galileiana o trasformazioni galileiane: x’= x- vt y’=y z’=z t’=t Passando poi da un sistema da un altro alcune grandezze cambiano e altre restano immutate, e per questo motivo vengono dette invarianti, come la massa, l’accelerazione, e la forza agente su una particella. Una grandezza che muta invece, è la velocità. Tutta questa teoria mostra come i fenomeni meccanici siano invarianti rispetto alle trasformazioni galileiane: e i fenomeni elettromagnetici? Questi ultimi sono regolati dalle equazioni di Maxwell: i q i ( E ) 0 ( E ) 0 ( B) C ( E ) t ( E ) C ( B) 0 (i 0 ) t Verso la fine del secolo scorso i fisici erano assillati dal problema di quale fosse il comportamento di queste equazioni per effetto delle trasformazioni galileiane e se questi fenomeni fossero invarianti come le leggi della dinamica. In quegli anni furono proposte tantissime teorie, finché nel 1905 Einstein propose la sua nuova teoria nota come relatività ristretta, ancora oggi universalmente accettata dal mondo della fisica. Tutte le contraddizioni alle quali conduceva il modo di ragionare della fisica classica furono spazzate via quando Einstein pubblicò la teoria della relatività speciale o ristretta, valida nel caso di sistemi di moto rettilineo uniforme uno rispetto all’altro. Albert Einstein propose due postulati, noti come postulati della relatività ristretta: 1 postulato: le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi inerziali 2 postulato: la velocità della luce nel vuoto è c=300 000 km/s indipendentemente dal moto della sorgente e dell’ osservatore. Il primo postulato rappresenta l’estensione del principio di relatività anche ai fenomeni elettromagnetici, includendo in questo modo tutte le leggi della fisica andando oltre le teorie di Galileo e Newton, che riguardavano la meccanica. I secondo postulato sostituisce il concetto di tempo assoluto della fisica classica. Ritornando alle equazioni di Maxwell, tutte le onde elettromagnetiche, compresa la 8 luce si propagano in assenza di materia con una velocità c = 3·10 . Nasce il seguente problema: a quale sistema di riferimento dovrà essere riferita la velocità della luce? Supponiamo per un istante di ammettere l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato in cui la luce viaggia ad una velocità c, si ritengono inoltre valide le trasformazioni di Galileo, quindi la velocità di propagazione della luce per un sistema S’ in moto rispetto ad un sistema S deve avere un valore diverso da c. Se S’ è in moto rispetto ad S con velocità v, la luce nel sistema S’ ha una velocità compresa tra c-v e c+v, secondo la legge formulata da Galileo detta legge di composizione della velocità che afferma che la velocità assoluta v è uguale alla somma vettoriale della velocità relativa v’, relativamente al secondo sistema di riferimento, e della velocità di trascinamento v 0 , ovvero la velocità del secondo sistema di riferimento S’ rispetto ad S. Prima di Einstein, si era convinti che ogni fenomeno ondulatorio , di qualsiasi natura potesse propagarsi solo in presenza di un mezzo più o meno tangibile, che potesse entrare in vibrazione e fu proprio per questo motivo che in quegli anni si cominciò a parlare di etere. Maxwell aveva scoperto da poco la natura elettromagnetica della luce, quindi pensò che l’etere fosse il mezzo attraverso il quale si trasmette nello spazio il campo elettromagnetico. Si ritenne , quindi che esistesse un sistema di riferimento privilegiato S, coincidente con l’etere, in cui la luce e le onde elettromagnetiche in genere viaggiano con una velocità c. Ma, mentre le leggi della meccanica di Newton sono invarianti rispetto alle trasformazioni galileiane quelle dell’elettromagnetismo di Maxwell non lo sono. Come unica soluzione, si doveva mettere sperimentalmente in evidenza il moto di un ipotetico sistema di riferimento S’, rispetto al sistema di riferimento privilegiato S, ovvero l’etere. Per ottenere ciò, attraverso esperienze di ottica, eseguite sulla terra, si cercò di vedere se la velocità della luce rispetto alla Terra fosse la stessa in tutte le direzioni, sotto l’ipotesi che sia le equazioni di Maxwell che le trasformazioni galileiane erano valide. Michelson e Morley, in via del tutto sperimentale, cercarono di misurare la velocità v della Terra rispetto all’etere dall’esame di una figura d’interferenza luminosa, attraverso uno strumento inventato dallo stesso Michelson chiamato interferometro, che gli valse il Nobel nel 1907. Il risultato dell’esperimento implicava v=0, cioè che la Terra viaggiasse alla stessa velocità dell’etere, e ciò non era possibile. L’impossibilità dunque di rivelare il moto della Terra rispetto all’etere, poteva portare a pensare che non fossero valide le equazioni di Maxwell, invece l’esperienze future confermarono la loro validità a pieno. Proprio in quel periodo il fisico olandese Hendrik Antoon Lorentz scoprì che le equazioni di Maxwell erano invarianti non per le trasformazioni galileiane ma per le seguenti trasformazioni: x vt x' v2 1 2 c y ' y z' z vx t 2 t ' c v2 1 2 c Le trasformazioni inverse sono le seguenti : x'vt' x v2 1 2 c y y ' z z' vx' t ' 2 t c v2 1 2 c In cui v è la velocità del sistema S’in moto rettilineo uniforme rispetto ad S. Queste relazioni sono generalmente chiamate trasformazioni di Lorentz delle coordinate. Và sottolineato che le trasformazioni di Lorentz sono riconducibili a quelle di v Galileo nel momento in cui la velocità v è trascurabile rispetto a c. Il rapporto c è spesso indicato con β. Attraverso queste trasformazioni e le equazioni di Maxwell, si ebbe una vera e propria crisi della fisica classica. Le equazioni di Maxwell in ultima analisi affermarono infatti che non si prevedeva un mezzo per la propagazione del campo elettromagnetico, dato che un onda elettromagnetica è la propagazione non di una vibrazione elastica ma di una vibrazione del campo elettrico e del campo magnetico che può avvenire sia nel vuoto che in un mezzo materiale. Einstein dimostrò successivamente che le trasformazioni di Lorentz erano una conseguenza dei due postulati sopra citati della teoria della relatività ristretta. Dai postulati si dedusse che le trasformazioni galileiane non erano valide per i fenomeni elettromagnetici, ed essendo una immediata conseguenza dei concetti classici di spazio e tempo, ciò voleva dire che proprio questi concetti dovevano essere oggetto di una nuova analisi critica, a fronte delle nuove scoperte. Fu Einstein a rivoluzionare infatti il concetto di spazio e di tempo. Fino ai primi del Novecento l’universalità della scala temporale era assunta come verità assiomatica, infatti secondo Newton il concetto di tempo era un concetto assoluto, ma non secondo Einstein. Il tutto ruota intorno al famoso concetto di simultaneità degli eventi. Quando due eventi accadono in luoghi diversi alla presenza di due osservatori, ovvero sistemi di riferimento diversi, come vanno mappati nelle coordinate spazio-temporali?. Einstein dimostrò la simultaneità dipende dal sistema di riferimento utilizzato per descrivere gli eventi. Se la velocità della luce infatti fosse infinita, utilizzando come segnale un impulso luminoso, la simultaneità sarebbe un concetto assoluto:gli eventi che per un osservatore sembrano simultanei lo sarebbero anche per qualsiasi altro osservatore che si trovasse in un altro luogo. Ma la velocità della luce presenta un valore finito e quindi ciò non accade ma si avrà sempre un ritardo temporale tra i due osservatori. La meccanica relativistica rispetto a quella classica, considera l’intervallo di tempo tra due eventi osservati da due sistemi di riferimento diversi, dipendente dal moto del sistema di riferimento e quindi la simultaneità è un concetto relativo: se un processo dura un certo intervallo di tempo per un dato osservatore, per un altro può anche durare un tempo diverso. Ciò vuol dire che il tempo non è assoluto. A tal proposito cito due concetti relativi a questo argomento: La dilatazione dei tempi: confrontando le misure di due intervalli di tempo eseguite dagli osservatori O e O’ in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro si vede come in un sistema in movimento la durata t di un fenomeno è maggiore di quella t dello stesso fenomeno quando il sistema è fermo. Se v è la velocità del sistema in moto, la durata del fenomeno appare per O’ dilatata del rapporto: ' 1 1 2 con v c L’intervallo di tempo t misurato dall’osservatore O’, nel proprio sistema di riferimento, si chiama tempo proprio. ' L’interavallo di tempo t , misurato dall’osservatore O rispetto al quale O’ è in moto con velocità v, si chiama tempo non proprio. t ' t = 1 t ' v2 c2 1 2 t = ovvero La contrazione delle lunghezze: consideriamo due aste A e B di uguale lunghezza, la prima fissata ad un osservatore O e la seconda ad un osservatore O’ in moto rettilineo uniforme con velocità v rispetto ad O. Il risultato della misura della lunghezza sarà: l = x 2 - x1 e Dalle trasformazioni di Lorentz: x1 ' x1 vt 2 v 1 2 c x2 ' x2 vt x1 ' x 2 ' 2 v 1 2 c l’= x’ 2 - x’ 1 e x 2 x1 v2 1 2 c La lunghezza l dell’asta misurata da O è inferiore a l’ misurata da O’: l = l’ 1 2 l’asta appare contratta di un fattore 1 2 . Un altro aspetto importante è che , dopo queste scoperte le leggi della dinamica non possono più valere per velocità paragonabili a quelle delle luce perciò dovranno essere modificate. Ad esempio la seconda legge della dinamica: F ma va modificata considerando la massa non più costante ma variabile con la velocità, secondo Einstein: m0 m 1 v2 c2 m 0 la massa a riposo, cioè di un corpo in quiete, v la velocità del corpo e c la velocità con della luce. Da queste osservazioni nacque la famosa relazione: E m c2 In quanto Einstein ritenne che esistesse una ben definita relazione di equivalenza fra la massa e l’energia. La relatività generale, concretizzata da Einstein nel 1916, generalizza praticamente tutte le teorie einsteiniane, nel senso che riesce a estendere le leggi relativistiche, inizialmente valide solo per i sistemi in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro, anche ai sistemi non inerziali, e quindi qualunque sia il moto degli osservatori collegati al sistema. Il tutto è fondato sul cosiddetto principio di equivalenza:”ogni sistema di riferimento, inerziale, immerso in un campo gravitazionale uniforme, è del tutto equivalente a un sistema di riferimento uniformemente accelerato (rispetto al primo) nel quale non vi sia alcun campo gravitazionale. “Con l’aiuto delle teorie fisiche cerchiamo di aprirci un varco attraverso il groviglio dei fatti osservati, di ordinare e di intendere il mondo delle nostre impressioni sensibili. Aneliamo che i fatti osservati discendano logicamente dalla nostra concezione della realtà. Senza la convinzione che con le nostre costruzioni teoriche è possibile raggiungere la realtà, senza convinzione nell’intima armonia del nostro mondo, non potrebbe esserci scienza”. Albert Einstein