LA PRIMA CASA DI DIO NEL MONDO E’ la mattina di un giorno ordinario ma per Maria si apre il sipario su un grande evento cha ha dato a lei gloria e senso ad un tempo a tutta la storia. Si trova in casa a filare o a cucire quando improvvisa constata venire dall’uscio aperto della propria stanza dolce una brezza e un’intensa fragranza. Ulteriormente cresce lo stupore quando un Arcangelo, senza clamore, per un disegno da sempre voluto mite le porge il divino saluto. “Ave Maria, con te sta il tuo Signore che nel suo immenso inscrutabile amore ti ha posto in questo mondo e benedetta e a far da madre al suo Figlio ti ha eletta”. Cade in ginocchio, è turbata Maria: “Esser io madre all’atteso Messia? Io che soltanto son promessa sposa a un uomo che ama Dio sopra ogni cosa?” E’ di una casa tra le quattro mura che l’Angelo la Vergin rassicura: “La mente ormai da ogni timore sgombra chè Iddio ti coprirà con la sua ombra; per riscattare da una colpa insana verrà per te nel mondo in carne umana e, liberato l’uomo dall’inferno, tenero e giusto regnerà in eterno”. Chinato il capo docile umilmente, madre è Maria e il Verbo è già presente quando all’Angelo in umile risposta la Vergine si dice ben disposta a dar nella sua carne compimento all’eterno genial divino intento: “Se a questo scopo scelta sono io si compia in me la volontà di Dio”. In un luogo e in un tempo definito ha accolto in sé Maria il divino invito, lei, che ciò che le disse il suo Signore a lungo ha custodito nel suo cuore. Un Angelo frattanto anche a Giuseppe apparve, sì che anch’egli tosto seppe che poteva Maria prendere accanto poiché era madre per Spirito Santo. E’ presente l’Altissimo qui e ora perché in Maria ha avuto una dimora. Maria, per te sola il tempo è fecondo, la prima casa di Dio sei nel mondo. NELL’IMPERO DI CESARE C'è tanta attesa ed un certo trambusto nel grande impero di Cesare Augusto; è il serpeggiare di un vero fermento perché il sovrano fa un bel censimento: ritorni ognuno alla propria città, quella d'origine, e accada che là sian registrati col capofamiglia la sua consorte ogni figlio e ogni figlia. Ed ecco in viaggio Giuseppe e Maria; si stancheranno chè lunga è la via da fare a piedi od in groppa a un somaro al sole cocente, senza un riparo. Dopo tre giorni son quasi a Betlemme; è l'imbrunire e già brillan le stelle, perciò Giuseppe vuol darsi da fare nel ricercare ove può pernottare. Poco distante si nota un'insegna: "Potrebbe, credo, non essere indegna della mia sposa che aspetta un bambino una locanda con dentro un camino". Così pensa Giuseppe e poco dopo già persegue paziente il proprio scopo battendo con tenacia sulla porta che poc'anzi nei pressi aveva scorta. Alla finestra appar, sporgendo il busto, un uomo ben vestito assai robusto: "Chi viene e bussa ancora a questo ostello? E' un viaggiatore con il suo fardello? Siete venuti in troppi in un sol giorno; non ho più posto, cerca un po' qui attorno! C'è un altro albergo sulla via maestra, un altro ancora andando avanti a destra e un terzo sulla piazza del mercato" dice l'albergator tutto d'un fiato. Se avesse chiaro chi ha cercato posto forse un rifiuto non gli avrebbe opposto, invece con il suo "tutto esaurito" lascia in strada un viandante infreddolito che per la sposa stanca da morire cerca solo ove farla partorire. Soltanto a tarda notte in una stalla trova riposo tra la paglia gialla Maria, che è esausta per il lungo viaggio, con il suo sposo mite casto e saggio … e sull'umile paglia poco dopo di un'esile lanterna al lume fioco si sente un bimbo emettere un vagito: si è fatto carne il Mistero Infinito! LO STUPORE... NELLA NOTTE DI NATALE "Che cielo stellato, che notte stupenda! Non voglio rinchiudermi nella mia tenda; mi copro ben bene e sai cosa faccio? Mi fermo all'aperto, mi metto all'addiaccio. Avanzo un pochino, di sol qualche passo, e appoggio la testa a quel rigido masso; poi levo lo sguardo e fisso le stelle: son tante che a me s'accappona la pelle e dico tra me, nel più grande stupore: chi ha fatto la notte e gli astri e il mio cuore? Perchè sono al mondo, qual è il mio cammino, da dove provengo e qual è il mio destino?" "Contardo - risponde Paolino, l' 'esperto' sei sciocco a passare la notte all'aperto. E poi, che domande insensate ti fai? Mi par che in tal modo ti cacci nei guai! Ascolta piuttosto la mia di lezione: se a cuore ti sta non smarrir la ragione ti basti il dormire il bere e il mangiare... che strane risposte vorresti trovare? Io qui non mi fermo, non voglio osservare né stelle né terra né monti né mare; ti lascio al tuo cielo e alla tua meraviglia e vado a dormir, come il senno consiglia". Rimane da solo l'attento Contardo vicino al suo fuoco e a un cespuglio di cardo; coperto ben bene, disteso sul prato, immenso contempla il cielo stellato. Poi vede, inatteso, improvviso un bagliore più intenso del sole, più bello di un fiore e un angel che dice, scendendo dal cielo: "L'evento gioioso a voi tutti rivelo: è nato per voi Gesù, il Salvatore; andate a vederlo, è Cristo Signore; si trova a Betlemme, deposto su paglia, vicino gli stanno un asin che raglia, un docile bue, la madre e il suo sposo, che stanco del viaggio si è messo a riposo". Si scuote Contardo e, restando supino, "Paolino - esclama - fa' presto, Paolino!" Accorre l'amico con altri pastori; le cose hanno assunto stupendi colori ed ecco di angeli è ora una schiera che canta con voce soave e sincera: "Sia gloria all'Altissimo e in terra gran pace". Seguendo Contardo, che è semplice e audace, or tutti i pastori son lesti in cammino, compreso l'incauto sprezzante Paolino. Raggiunta la meta, son presso al Bambino; gli offrono doni e gli fanno un inchino... e pensan, davanti a Gesù Salvatore, "conosce soltanto il vero stupore". L’ANGELO CELESTINO Sta un po’ appartato il mite Celestino angelo docile bello e piccino mentre Michele dai biondi capelli scaccia Lucifero e gli altri ribelli. “Non ho neppure uno scudo e una spada, come potrei spalancarmi la strada tra questi prodi valenti guerrieri dal braccio forte e dagli sguardi fieri?” Celestino non è che spettatore, benché lo animi un vero santo ardore, della grande battaglia in paradiso che, conclusa, lo muove a un bel sorriso. Di lì a poco gli suscita stupore l’opera portentosa del Creatore che plasma cielo e stelle, sole ed astri e le comete, lunghi argentei nastri. Per completare poi la sua creazione affida il Dio del cielo una missione ad angeli che vanno lesti e arditi a eseguire il da far tutti compìti. Colosso va e solleva le montagne, Prato colora in verde le campagne, Scroscio e Bufera, lieti e sorridenti, portano acqua al mare e nei torrenti. C’è poi Colore che non è da meno nel far splendere in ciel l’arcobaleno e Polvere che accumula la creta perché, della creazione ultima meta, Dio plasmi l’uomo, suo capolavoro, ed abbia alfin riposo e un po’ ristoro. L’opera Celestino ammira tutta ma rimane piuttosto a bocca asciutta; pensa infatti sovente: “Perché Iddio non ha voluto un contributo mio nell’aiutarlo in qualche operazione della grande stupenda sua creazione?” E mentre pensa è attento testimone dell’uomo che, caduto in tentazione, per superbia determina il suo male commettendo il peccato originale. Ma avendo Iddio promesso un Redentore che in perdono tramuti il primo errore attende Celestino con pazienza l’attuarsi di tanta provvidenza. Quando poi si moltiplicano in terra uomini intraprendenti in pace e in guerra assegna Dio – a Lui sia sempre lode a ciascun uomo un angelo custode. “Chi sa se pure io potrò vegliare su un uomo che sia bello accompagnare attraverso le prove della vita a vincere con gioia la sua partita; piccolo sono – pensa Celestino ma qualcosa per me l’Amor divino avrà pur riservato perché anch’io possa operando dare gloria a Dio”. Stabilisce però l’Onnipotente, che è padre generoso e assai prudente, che Celestino accresca la sua lode sol facendo a una stella da custode. Passano secoli, volano millenni; molti incarichi Iddio, con pochi cenni, affida agli angeli che in molti modi lo servon da cantori o da custodi. Tutti, ma non il mite Celestino che è sempre lì nel suo bell’angolino con la piccola stella tra le braccia a far sereno ciò che al Padre piaccia. Frattanto il giorno sempre più s’appressa del compimento della gran promessa che giunge infine: sopra una capanna, pronti son gli angeli a cantare osanna; risuonerà la lieta melodia e con garbo la Vergine Maria deporrà il Bimbo in una mangiatoia di tremore ricolma eppur di gioia. Pronto è Giuseppe, pronta è la sua sposa, pure a Michele par manchi qualcosa; riflette alquanto, poi si rende conto: “Ora so ben perché non tutto è pronto! Manca una stella sopra la capanna!” Per questo trafelato ancor s’affanna a chiedere al Creatore quale sia l’astro che ai Magi indicherà la via. E Dio risponde: “Va’ da Celestino!” Al che Michele, fatto un bell’inchino, va a risvegliare dalla lunga attesa l’angelo destinato a grande impresa: “E’ giunta, Celestino, la tua ora! Abbandona l’antica tua dimora e vola con la stella incandescente là dove all’uomo Dio si fa presente!” E così Celestino, di gioia pieno, vola verso la grotta e in un baleno vi giunge con la stella tra le braccia lasciando in cielo luminosa traccia. I magi, d’oro carichi e di gemme, vedon la stella là, verso Betlemme: “E’ apparso un astro che non ha l’eguale; è nato il Re dei Re, questo è il segnale!” - dice il primo - ed un altro: “Mi par saggio affrontare persino un lungo viaggio; abbiamo infatti tutte le ragioni per visitarlo e offrirgli i nostri doni”. LA NASCITA DEL GRAN RE E’ una notte d’inverno e una gran festa già si prepara in tutta la foresta dove è aspettata – un vero caso strano! – la nascita di un Re, Grande Sovrano. Son d’accordo nel rendersi ospitali per onorarlo tutti gli animali; i quali, convenuti da ogni parte voglion sfoggiare ognun la propria arte. Si apre infatti un’accesa discussione: a chi debba spettare la missione di presentarsi come un grande saggio per porgere al Sovrano un degno omaggio. Dice il leone: “Certo spetta a me perché della savana sono il re; quando si tratta di importanti affari l’ospite è ricevuto da un suo pari. Sono inoltre il più bello e il più prestante, nei gesti e nell’aspetto il più elegante; ho fauci enormi e una bella criniera che rende d’oro il sole della sera”. “Quanto a eleganza non c’è paragone - ribatte in tono fermo un gran pavone nulla è più bello – certo non mi sbaglio – delle mie piume spiegate a ventaglio”. “E per la forza – incalza l’elefante – ti batto io, che arbusti e intere piante posso diveller con disinvoltura nel freddo intenso o in mezzo alla calura”. “Io son però del cielo la regina - dice l’aquila - e porto la rovina quando dall’alto in men che non si creda piombo a ghermire la povera preda”. Poi gettan nella lite nuovi strali, per complicar le cose, altri animali: la volpe, la giraffa, l’usignolo che si mette a cantare mentre è in volo. A non aver pretese sono in due: un asino già anziano e un calmo bue, che si dicon l’un l’altro, rassegnati: “Noi ce ne stiamo qui quieti e beati. Perché il Re possa aver buona accoglienza si vuole imporre ognun con prepotenza; noi non possiamo che star qui a vedere cosa accadrà… mettiamoci a sedere”. In quell’istante il figlio di un pastore, agitato ed in preda a gran fervore, giunge di corsa e all’allegra brigata dice implorando a voce dispiegata: “Poc’anzi è nato proprio qui vicino e giace su una greppia un bel bambino; per il gran freddo l’ho visto patire, a scaldarlo qualcuno può venire?” Nella loro contesa indaffarati il pastore respingono indignati gli animali impegnati nella lite. Allora dice al bue l’asino mite: “Andiamo noi, mettiamoci in cammino per scaldare quel povero bambino, perché per il Gran Re mi pare chiaro ci si riservi solo dell’amaro”. Felice, asino, sei; tu, bue, beato: umili avete con il vostro fiato scansando le pretese e il parlar vano scaldato in una greppia il Gran Sovrano. ACCADE QUALCOSA DA ORIENTE "Perdindirindina, che smacco, che scorno! Da due settimane mi guardo all'intorno; alzando anelante al cielo lo sguardo sul grande terrazzo ogni notte mi attardo; mi piaccion le stelle, ma ora che faccio? poichè non si vedon con questo tempaccio...! E io che speravo veder la cometa che annuncia l'avvento del Grande Profeta...! Si rode di rabbia il buon Baldassarre che fausti presagi dagli astri sa trarre, finchè per un vento possente improvviso ritorna sereno il suo nobile viso. Si popola il cielo di tante fiammelle: son mille, un milione di fulgide stelle; tra queste più chiara, notata dal saggio, l'attesa cometa lo invita ad un viaggio. "La scienza degli astri di certo non mente: qualcosa di grande accade in oriente! Zibilio, t'affretta, prepara i cammelli con viveri, doni e pesanti mantelli. Avvisa il buon Gaspare, avvisa Melchiorre: raduno alle tre proprio sotto la torre; sul capo i turbanti, i libri alla mano andiamo a cercare il Grande Sovrano. Scavalcano monti, percorron deserti; i vecchi sapienti si mostrano esperti di astri e di storia, di viaggi e di scienza e associano audacia cultura e prudenza. Ma al settimo giorno son stanchi e abbattuti, fatica e sconforto li rendono muti; la stella cometa, sparita dal cielo, ricopre le menti di un torbido velo. Poi guardan lontano. Si fregan le ciglia: si staglia, torreggia di lì a poche miglia, la bella città capitale del regno che Erode governa, ma senza ritegno. E Gaspare rompe il silenzio glaciale: "Andare fin là mi parrebbe non male. Chiediamo al Palazzo, astrologi miei, dov'è che è nato il Re dei Giudei". Arrivano a corte e raggiungono Erode il quale però trama loro una frode; lo rode l'invidia al pari di un tarlo: non ama il Bambino, non vuole adorarlo! Raduna gli scribi, consulta i suoi saggi: "Sapete se qui, in città o nei paraggi, sia nato il Messia?". "Di certo a Beltlemme", rispondono i saggi marcando le emme. Poi torna dai Magi: "Potete partire (ma cerca il Messia per farlo morire!): andate a Betlemme e fate buon viaggio cercate il Bambino e rendetegli omaggio". Avuto da Erode del cibo e del vino il trio dei sapienti riprende il cammino: - Guardate, non è che si viaggi per niente... risplende la stella già apparsa in oriente! - Seguiamola lieti, raggianti di gioia, scordiamo i disagi e bando alla noia! - Di certo ci porta al Profeta, al Messia, non può che essere questa la nobile via! I Magi s'affrettan, li guida la stella che vedono nitida e sempre più bella. Arrivano infine ad una capanna: tra loro e il Bambino c' appena una spanna. Si prostrano muti, sorpresi, stupiti, raggianti nel volto e nel cuore contriti... e aperti gli scrigni del loro tesoro gli offrono incenso con mirra e con oro. La storia dei Magi riguarda un Evento che me - vedi bene - fa molto contento; è un fatto passato che è ancora presente: amici, Accade Qualcosa da Oriente! NATALE NEL MONDO "Domani è un giorno di festa speciale: da tanto atteso, arriva il Natale" dice Giovanni, un bambino italiano al fratellino... ed entrambi pian piano s'alzan dal letto ed in punta di piedi vanno a sbirciare se dietro gli arredi ci sia un regalo gigante o piccino chiesto con lettera a Gesù Bambino. In Scandinavia è di scena la neve che a grandi fiocchi volteggia lieve. Babbo Natale guidando una slitta trapassa in volo la nebbia più fitta; fra nubi grigie apertosi un varco si posa infine al centro di un parco dove un bambino ha addobbato un abete con luci a forma di stelle comete. Nella Lapponia, ove il clima è glaciale, accoglier poveri è cosa normale, perciò le famiglie, da tempo esperte, pranzando tengono le porte aperte. Negli USA è d'uso per i dì futuri con dei biglietti scambiarsi gli auguri ed è curioso saper che non manca il Christmas tree presso la Casa Bianca. In Canadà, agli estremi confini, presso gli igloo è concesso ai bambini lieti raccogliere a piene mani pacchi lanciati da snelli aeroplani. In Argentina si recano a frotte tutti alla messa che c'è a mezzanotte; poi, giacché è estate, tuffatisi in mare, possono mettersi pure a nuotare. Un caldo afoso c'è anche in Ruanda, dove una pia tradizione comanda rendere adorno, facendo con calma, non un abete ma un'esile palma. Babbo Natale alle isole Hawaii si sa per certo che non manca mai; approda sempre, aggirata una boa, solo soletto remando in canoa. Benché i cristiani sian lì minoranza anche in Vietnam, con ardita costanza, la tradizione da tempo attesta che per Natale si fa gran festa; lanterne in carta ed altri orpelli son coi presepi i lavori più belli, mentre in Giappone è costume a Natale trovare i doni sopra il guanciale. Benché assai varie sian le tradizioni uno è l'Evento in tutte le nazioni: in una grotta, un palazzo o un igloo per tutti gli uomini nasce Gesù.