(l`attuale articolo 30) sul cosiddetto "mecenatismo culturale"

MARTA SACCARO
DOTTORE COMMERCIALISTA
Le agevolazioni fiscali a favore dei beni culturali di interesse religioso. Le
sponsorizzazioni. Una possibilità agevolata
di Marta Saccaro – dottore commercialista e revisore contabile in Bologna
1. Premessa.
Gli interventi di sostegno alla cultura non hanno storicamente mai trovato, in Italia,
grande fonte di finanziamento nell'iniziativa dei privati: ciò è dovuto principalmente al
fatto che la deducibilità fiscale delle somme erogate a titolo di sovvenzionamento alla
cultura è sempre stata controversa e le imprese non hanno quindi mai ricevuto alcuno
stimolo concreto in tal senso.
Vengono, di seguito, analizzati i termini del problema relativo alla deducibilità fiscale
delle somme corrisposte per iniziative culturali ed identificati i recenti interventi
legislativi volti ad incentivare il cosiddetto "mecenatismo culturale" da parte dei privati.
2. La natura delle erogazioni ad iniziative culturali
I contributi dei privati alle iniziative culturali sono, in prima battuta, riconducibili alla
tipologia dei contratti di sponsorizzazione. Tecnicamente, il contratto di
sponsorizzazione, bilaterale e a prestazioni corrispettive, è caratterizzato dalla
circostanza che "una parte, detta sponsorizzato o sponsee, si obbliga verso un'altra parte,
detta sponsor, ad effettuare determinate prestazioni pubblicitarie, a fronte di un
corrispettivo, il quale può sostanziarsi in una somma di denaro ovvero in beni e servizi
oppure in entrambi, da erogarsi allo sponsor, direttamente o indirettamente" (così
M.LEO, F.MONACCHI, M.SCHIAVO, "Le imposte sui redditi nel Testo Unico", VI°
ed., Milano, 1999, p. 1107).
Il Ministero delle finanze ha espressamente ricondotto le spese di sponsorizzazione a
quelle di pubblicità, rilevando che "lo sponsor si obbliga ad una prestazione in denaro o
in natura nei confronti del soggetto sponsorizzato che, a sua volta, si impegna a
pubblicizzare e/o a propagandare il prodotto, il marchio, i servizi o, comunque, l'attività
produttiva dello sponsor e, pertanto, le relative spese, cui non può disconoscersi una
stretta correlazione con l'intento di conseguire maggiori ricavi, rientrano nella
previsione normativa di cui alla prima parte del comma 2 dell'art. 74 del TUIR" (cfr. ris.
17 giugno 1992, n. 9/204).
Nella stessa declaratoria, il Ministero delle finanze ha inoltre sostenuto che "per spese di
rappresentanza si intendono quelle sostenute dall'impresa per offrire al pubblico una
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immagine positiva di se stessa e della propria attività in termini di floridezza, efficienza
ecc.".
Le "sponsorizzazioni" culturali possono essere realizzate, ad esempio, attraverso
pubblicazioni specializzate, curate da grandi complessi imprenditoriali, dalle aziende e
dagli istituti di credito, dirette a promuovere la conoscenza delle discipline economiche,
bancarie, artistiche ecc. oppure mediante il restauro di immobili di particolare interesse
artistico o culturale.
Queste tipologie contrattuali risultano, tuttavia, quasi sempre carenti dei requisiti delle
sponsorizzazioni vere e proprie e non sono, quindi, deducibili dal reddito d'impresa
come spese di pubblicità o propaganda. In proposito, è tuttavia da segnalare un recente
orientamento ministeriale in base al quale sono state qualificate tra le spese di
pubblicità, integralmente deducibili, la destinazione di "risorse predeterminate o
percentuali di ricavi al restauro di un'opera d'arte o al finanziamento di una struttura
pubblica o ancora nell'abbinare il proprio marchio a un'iniziativa di solidarietà sociale o
a un progetto di interesse collettivo" (cfr. ris. 8 settembre 2000, n. 137/E).
Secondo la dottrina, qualora le contribuzioni non comportino, per il soggetto
beneficiario, "alcun obbligo per la pubblicazione o la propaganda del prodotto, del
marchio o del nome dello sponsor, ma la sola acquisizione, da parte di quest'ultimo, del
diritto a rendere pubblica la sua contribuzione, in termini economici, per la
realizzazione dell'opera, potrebbero essere … collocabili nell'ambito delle spese di
rappresentanza e come tali deducibili nel limite di cui all'art. 74, in quanto effettuate a
scopi promozionali" (così M.LEO, F.MONACCHI, M.SCHIAVO, "Le imposte sui
redditi …", cit., p. 1108).
Conseguentemente, la deducibilità delle spese sostenute per iniziative culturali è
limitata ad un terzo del loro ammontare e deve essere ripartita nell'arco di cinque
esercizi, secondo quanto dispone il comma 2 dell'art. 74 del D.P.R. 22 dicembre 1986,
n. 917 (TUIR). Il regime di deducibilità sarebbe quindi quello meno favorevole delle
spese di rappresentanza e le contribuzioni non potrebbero essere ricondotte alle spese di
pubblicità e propaganda per le quali, sempre in base al comma 2 dell'art. 74 del TUIR,
la deducibilità è consentita per l'intero importo, nell'esercizio di sostenimento o in quote
costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi.
La deducibilità fiscale delle somme sostenute per iniziative culturali può, però, essere
fatta valere qualora alla fattispecie sia applicabile una delle ipotesi previste nel comma 2
dell'art. 65 del TUIR, che disciplina gli "oneri di utilità sociale" sostenuti dalle imprese.
Si tratta quindi di verificare se le "spese per la cultura" siano riconducibili alle
erogazioni liberali, deducibili o indeducibili nella determinazione del reddito a seconda
che siano o meno assistite da specifiche disposizioni agevolative.
In particolare, qualora le somme corrisposte non possano essere inquadrate all'interno
delle "erogazioni liberali", cioè le "somme di denaro date spontaneamente" (per
utilizzare la terminologia adottata dalle Istruzioni al mod. UNICO2000 - Persone fisiche
per definire le erogazioni liberali), deducibili nei limiti previsti dall'art. 65 del TUIR non
può essere riconosciuta ad esse alcuna agevolazione fiscale.
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Infatti, secondo quanto recita il comma 4 dello stesso art. 65 del TUIR "le erogazioni
liberali diverse da quelle considerate nei precedenti commi … non sono ammesse in
deduzione".
Accanto alle previsioni contenute nell'art. 65 del TUIR si devono, però, considerare
almeno altre due fattispecie.
L'art. 1 della L. 18 febbraio 1999, n. 28, ha disposto la possibilità, per le imprese, di
dedurre fiscalmente le erogazioni liberali in denaro a favore della "Società di cultura La
Biennale di Venezia". Tali somme sono deducibili per un importo non superiore al 2%
del reddito d'impresa dichiarato. Il limite di deducibilità è aumentato al 30% per le
somme versate al patrimonio della Società di cultura e per le somme versate come
contributo alla gestione della medesima.
Parimenti, risultano deducibili in misura pari al 2% del reddito d'impresa dichiarato le
erogazioni liberali in denaro effettuate a favore delle fondazioni liriche, secondo le
disposizioni di cui all'art. 25 del D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367. Il limite è elevato al
30% per le somme versate al patrimonio delle fondazioni dai soggetti privati al
momento della loro partecipazione, per quelle versate come contributo alla gestione
della medesima nell'anno in cui è pubblicato il decreto di trasformazione in fondazione
di diritto privato e per quelle versate come contributo alla gestione della fondazione per
i tre periodi di imposta successivi alla data di pubblicazione del predetto decreto. In
questa ultima ipotesi, i soggetti privati erogatori devono impegnarsi con atto scritto,
conservato presso la fondazione, al versamento di una somma costante per i tre periodi
di imposta. E' poi previsto il recupero delle somme detratte nel caso di mancato rispetto
dell'impegno assunto. La destinazione a fondo di dotazione non costituisce mancato
utilizzo da parte del percettore.
Si ricorda, inoltre, il disposto di cui al comma 13 dell'art. 9 della L. 8 ottobre 1997, n.
352, che, ferma restando la deducibilità, ha riconosciuto un credito d'imposta sulle
erogazioni liberali effettuate nel periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore
della legge e nei due successivi da soggetti titolari di reddito di impresa a favore dello
Stato per la manutenzione, protezione e restauro del patrimonio delle aree archeologiche
di Pompei.
Accanto a quelle sopra indicate, l'ordinamento fiscale italiano non riconosce altre forme
di erogazioni liberali alla cultura deducibili dal reddito d'impresa. L'attuale disciplina
fiscale delle sponsorizzazioni culturali risulta, quindi, di fatto penalizzante per le
imprese e non incentiva i privati a farsi carico della tutela del patrimonio pubblico.
3. L’art. 38 del Collegato fiscale alla Finanziaria 2000
Nella L. 21 novembre 2000, n. 342 ("collegato fiscale" alla Finanziaria 2000) è però
prevista una disposizione (contenuta nell'art. 38) volta ad incentivare le forme di
"mecenatismo culturale", cioè ad attivare nuovi investimenti in campo culturale
attraverso la previsione di una specifica agevolazione fiscale.
La norma introduce infatti, nell'art. 65 del Testo Unico, una nuova fattispecie, contenuta
nella lettera c-nonies) del comma 2 di questo articolo, di erogazioni culturali deducibili
dal reddito d'impresa.
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La disposizione prevede la deducibilità dal reddito d'impresa per le erogazioni liberali in
denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni
pubbliche, di fondazioni e associazioni riconosciute per lo svolgimento dei loro compiti
istituzionali e per la realizzazione di programmi culturali nei settori dei beni culturali e
dello spettacolo.
L'elenco dei soggetti e delle categorie di soggetti che potranno beneficiare delle
erogazioni liberali in argomento sarà determinato periodicamente per decreto del
Ministro per i Beni e le attività culturali, in base a criteri predeterminati che saranno
definiti sentita la Conferenza permanente Stato - regioni ed autonomie locali.
Il Ministro per i Beni e le attività culturali dovrà inoltre:

determinare le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario;

definire gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti
beneficiari;

vigilare sull'impiego delle somme assegnate.
Il Ministro per i Beni e le attività culturali dovrà inoltre comunicare, entro il 31 marzo
dell'anno successivo a quello di riferimento, al Centro informativo del Dipartimento
delle entrate del Ministero delle finanze, l'elenco dei soggetti erogatori e l'ammontare
delle erogazioni liberali da essi effettuate. La comunicazione è necessaria per verificare
la "copertura finanziaria" della deducibilità delle erogazioni effettuate.
Infatti, nel caso in cui, in un dato anno, le somme complessivamente erogate abbiano
superato la cifra indicata o determinata in base allo stanziamento individuato al comma
3 della disposizione in argomento, i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto
somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero per i beni e le attività
culturali, dovranno versare all'Erario un importo pari al 37% della differenza.
Dalla lettera della norma emerge chiaramente che la finalità della stessa è quella di
equiparare, nell'ambito del reddito d'impresa, il trattamento fiscale delle erogazioni
liberali a quello delle sponsorizzazioni vere e proprie, consentendo la deducibilità anche
di quelle contribuzioni destinate a sostenere - senza alcun fine pubblicitario specifico iniziative culturali.
L'agevolazione, che riguarda solo il reddito d'impresa, è limitata alle erogazioni liberali
in denaro: non sarà pertanto possibile conferire beni per la realizzazione di progetti
culturali, usufruendo del trattamento di favore. La norma non troverà applicazione, per
intenderci, nel caso in cui un'impresa conferisca ad un ente culturale, ad esempio, un
immobile da adibire a sede museale.
Potranno beneficiare dei finanziamenti che danno diritto all'agevolazione lo Stato, le
regioni, gli enti locali territoriali, gli enti o istituzioni pubbliche, le fondazioni e le
associazioni legalmente riconosciute. Rispetto alla iniziale formulazione della norma è
stato ampliato il numero dei beneficiari: in un primo tempo, infatti, era previsto che
destinatari della disposizione fossero solo quei soggetti che hanno già ottenuto, per 5
anni, contributi da parte dell'Amministrazione centrale dello Stato.
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L’agevolazione in questione produce i propri effetti a decorrere dal periodo d'imposta in
corso al 31 dicembre 2001, anche se non influenza la determinazione delle imposte da
versare a titolo di acconto dovute per il periodo d'imposta 2001.
Per avere poi piena operatività la disposizione dovrà tuttavia essere integrata dagli
appositi decreti ministeriali che, come visto, indicheranno periodicamente i soggetti
destinatari delle contribuzioni private e l'entità delle erogazioni liberali.
Dovranno, quindi, verosimilmente essere stabilite le modalità attraverso le quali si potrà
accedere alla lista degli enti che possono beneficiare delle erogazioni liberali in parola.
In tale sede si potrà meglio chiarire cosa si debba intendere per "programma culturale":
non sembra, infatti, che con tale locuzione si voglia fare riferimento esclusivamente ad
un intervento specifico ed isolato (come, ad esempio, un restauro o l'organizzazione di
una mostra) ma anche ad attività continuative promosse da istituzioni culturali
riconosciute.
Si evidenzia, in conclusione, che sarà poi necessario esplicitare se l'agevolazione in
commento sia o meno cumulabile con altre previsioni di favore: in particolare, dovrà
essere chiarito se qualora un'impresa corrisponda un'erogazione liberale, ad esempio, ad
una Fondazione Onlus per un progetto culturale, essa possa beneficiare sia
dell'agevolazione di cui alla lett. c-sexies) del comma 2 dell'art. 65 del TUIR
(deducibilità nel limite di lire 4.000.0000 o del 2% del reddito d'impresa dichiarato) sia
della nuova previsione introdotta dal "collegato fiscale" alla Finanziaria 2000 ovvero se
debba scegliere fra l'una e l'altra.
4. Il trattamento ai fini dell’IRAP
Resta, per concludere, da delineare il regime applicabile, ai fini dell’IRAP, alle
erogazioni liberali in argomento. In proposito, si ricorda che con l’art. 1, comma 1, lett.
h) del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, è stato inserito, all’interno delle disposizioni
del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, l’art. 11-bis. L’ultima parte
del comma 1 della norma da ultimo citata dispone che “le erogazioni liberali, comprese
quelle previste dall’art. 65, comma 2, del … [TUIR], non sono ammesse in deduzione”.
In applicazione di questa previsione, pertanto, anche le erogazioni liberali per
programmi culturali non saranno deducibili dalla base imponibile dell’IRAP.
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