Ricerca in Psicoterapia 2(1-2-3) 107-133 PSICOTERAPIA COGNITIVA E DISTURBO DI PANICO: EFFICACIA E TOLLERABILITÀ DEL TRATTAMENTO IN ACUTO A. Calzeroni, S. Barbieri, V. D'Ambrosio, G. Limonta, F. Ramini 1 Riassunto Lo studio, naturalistico e in aperto, valuta l'efficacia e la tollerabilità della psicoterapia cognitiva con un protocollo di valutazione assimilabile a quello utilizzato in psicofarmacologia in pazienti affetti da Disturbo di Panico con o senza Agorafobia. La risposta clinica al trattamento cognitivo di 98 pazienti affetti da Disturbo di Panico, in accordo con i criteri del DSM-1II-R e DSM-IV, è stata valutata rispetto alla riduzione pari o superiori al 50% dei punteggi ottenuti nelle scale sintomatologiche (HRSA, SDS, Marks and Marhews Phobia Scale). L'analisi dei risultati mostra che la Psicoterapia Cognitiva (PC) 1) è efficace e ben tollerata nel trattamento a breve termine del Disturbo di Panico, 2) presenta una bassa percentuale di effetti collaterali ed è efficace nel creare e supportare un'alta compliance al trattamento, 3) è efficace nel modificare la qualità di vita dei soggetti. Nel nostro campione solo il 2% ha mostrato una "resistenza vera" al trattamento cognitivo e il tasso di dropouts è risultato il 5%. Summary The open naturalistic study evaluates the effìcacy and tolerability of cognitive psychotherapy by applying a protocol similar to those used in psychopharmacological studies in patients suffering from Panie Disorder with or without Agoraphobia. The clinical response to cognitive treatments was evaluated in 98 outpatients suffering from Panic Disorder, according to DSM-IIIR and DSM IV criteria at 50 % or superior reduction in the symptomatological scales (HRSA, SDS, Marks and Marhews Phobia Scale). Thè results show that cognitive psychoterapy (CP) 1) is effective in the treatment of Panie Disorder, 2) has low sìde effects and is able to create and support high compliance to treatment, 3) CP is able to change thè quality of lite of treated patients. Oniy 2 % of patients shown a "true resistance" to cognitive treatments and 5% was a dropouts. Key words: Cognitive psychotherapy, Panic Disorder, compliance. 1) Associazione Italiana per lo Sviluppo della Psicoterapia Cognitiva. Introduzione II Disturbo da Attacchi di Panico è una malattia gravata da complicazioni in acuto ed elevato rischio di un'evoluzione di tipo cronico, con un andamento oscillante tra periodi di remissione e frequenti ricadute (Calze roni, Sileoni, 1999). Dati epidemiologici da ricerche condotte in tutto il mondo indicano un tasso di prevalenza del disturbo lifetime tra l’1,5% e il 3,5%, mentre in un anno è tra 1'1% e il 2%. Per quanto riguarda l'Italia, tale tasso (durante il corso della vita) risulta del 2,9%. In campioni comunitari, la presenza di Agorafobia si riscontra in circa la metà di pazienti con Disturbo di Panico, mentre risulta che tale tasso di incidenza sia molto maggiore in campioni clinici. L'età d'esordio si colloca tra la tarda adole- scenza e 1 35 anni, con un rischio due volte maggiore per le donne rispetto agli uomini; tra tali pazienti è risultato inoltre un elevato tasso di comorbidità con 11 Disturbo Depressivo Maggiore (50-70%) lifetime) (Johnson et al., 1990), con un elevato rischio di tentativi di suicidi (Calzeroni, Ranzini 1999). Il Disturbo di Panico è correlato inoltre a gravi conseguenze concernenti la qualità di vita, quali i problemi economici conseguenti l'inabilità lavorativa, l'eccessivo tasso di ospedalizzazioni e di trattamenti sia somatici che psichiatrici dovuti all'elevata percentuale di diagnosi errate. Tali soggetti, infatti, presentano un alto livello di somatizzazione che li porrà a sottoporsi a onerosi e molteplici controlli medici (il 48% dei pazienti che si presentano al medico di base o in pronto soccorso, lamentano solamente la sintomatologia "somatica" dell'attacco di panico). Questo disturbo, oltre alla già citata frequente comorbidità con la depressione, è spesso associato ad altre condizioni psichiatriche quali i disturbi d'ansia (20% dei casi), l'alcolismo (15%) (Klerman, 1992), problemi di natura interpersonale o coniugale (12%) (Weissman, 1991). La farmacoterapia offre un'ampia gamma di trattamenti la cui eftficacia è stata controllata in molteplici studi sperimentali: i farmaci più utilizzati sono stati le benzodiazepine, i triciclici (TCA), gli inibitori delle monoaminossidasi (1MAO), e recentemente gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Per quanto concerne le benzodiazepine, l'efficacia è risultata piuttosto limitata a eccezione dell'alprazolam e il loro impiego è limitato dai problemi di dipendenza, dalle reazioni conseguenti alla sospensione, dagli effetti sedativi e dalla necessità della plurisomministrazione giornaliera (Saizman, 1993; Westenberg, 1996). La scoperta dell'efficacia degli antidepressivi triciclici risale al 1962 con lo studio riguardante l’imipramina (Klein e Fink, 1962); successivamente sono state studiate altre molecole con percentuali di risposta differenti (buona efficacia per la clomipramina e la nortriptilina, probabile efficacia per ramitriptilina e la desipramina, dubbia efficacia per la maprotilina e l'amoxapina) (Westenberg, Den Boer, 1993; Klerman, 1992). L'assunzione di questa classe di farmaci spesso però si accompagna a effetti collaterali, soprattutto quelli anticolinergici, che possono essere interpretati dal soggetto come sintomi del panico, influendo fortemente sulla compliance (il tasso medio di dropouts per i triciclici si attesta circa al 25%). Per quanto concerne l'utilizzo degli inibitori delle monoaminossidasi il farmaco più studiato è la fenelzina che ha presentato un'efficacia sovrapponibile all'alprazolam e all'imipramina (Tesar, Rosenbaum et al 1993); tuttavia il grave problema delle restrizioni dietetiche e del profilo di tollerabilità rendono l'uso di questo farmaco limitato. Infine gli studi concernenti l'utilizzo degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina hanno globalmente evidenziato un'efficacia nel migliorare la sintomatologia panicale maggiore del placebo e almeno equiparabile a quella dei triciclici con un profilo di tollerabilità migliore sia nei confronti di questi ultimi che delle benzodiazepine e degli IMAO (Westenberg, 1996). Brevemente da un'analisi dei dati in letteratura, gli SSRI più ampiamente studiati sono la paroxetina, la fluvoxamina e la sertralina. Per la prima molecola in letteratura sono stati descritti sei studi in doppio cieco che hanno evidenziato una superiorità al placebo e in uno studio di confronto con la clomipramina una pari efficacia ma una maggior tollerabilità della paroxetina (evidenziata da un minor numero di sospensione del trattamento) (Lecrubier et al., 1995). Per quanto concerne la fluvoxamina sono riportati in letteratura otto studi clinici controllati in doppio cieco che hanno evidenziato tutti la superiorità di questo farmaco al placebo e un'efficacia sovrapponibile, o superiore alla clomipramina, alla ritanserina e alla maprotilina (Den Boer 1987; Den Boer, Westenberg 1990). La fluoxetina, il ckalopram e la serralina sono risultati in grado di ridurre la frequenza degli attacchi di panico (Evans et al., 1986, Bertani et al., 1997; Gorman e Wolkow, 1994). A fronte di una percentuale considerevole di soggetti particolarmente sensibili agli effetti collaterali dei farmaci utilizzati e/o rifiutanti l'uso di farmaci psicotropi, la possibilità di offrire un trattamento psicoterapeutico risulta di estrema importanza.. Il ruolo della Psicoterapia Cognitiva nel trattamento del Disturbo di Panico non è ancora così ben stabilito, come lo è invece, per il Disturbo Depressivo Maggiore (Dobson, 1989; Scoti, 1996), risulta però promettente, in base a recenti srudi di metanalisi sull'efficacia di tale trattamento (Mattick et al., 1990; Jacobson e Hollon, 1996; Gorman et al., 1998). La Psicoterapia Cognitiva nelle sue applicazioni attuali, ha operato un'integrazione tra tecniche comportamentali e cognitive, in una prospettiva non più centrata sui sintomo, ma sugli schemi disadattivi che stanno alla base della vulnerabilità personale alla patologia e dell'interazione reciproca tra pensiero emozione e comportamento (Calzeroni, 1999). Così, i protocolli terapeutici proposti da Beck e colleghi (1992), Barlow e Craske (1990; 1994) e Clark e colleghi (1994), caratterizzati dall'alternanza di fasi terapeutiche, in continuum tra loro, che sfruttano di volta in volta tecniche comportamentali (tecniche di controllo dell'iperventilazione, tecniche di rilassamento muscolare, esposizione graduale) e cognitive (tecniche di ristrutturazione cognitivo-emotive, tecniche immaginative, training di assertivita, problem solving), si possono giudicare omogenei e distintivi rispetto ai protocolli comportamentali sostanzialmente limitati alla sola esposizione in vivo (Calzeroni, 1999). Nell'analisi della letteratura si prenderanno in considerazione gli studi condotti su campioni omogenei per criteri diagnostici e per protocolli terapeutici, che rispondano ai criteri di analisi e verifica della moderna metodologia sperimentale. Per superare i diversi problemi metodologici connessi alla valutazione dell'efficacia della Psicoterapia Cognitiva nel trattamento del Disturbo di Panico, gli studi di letteratura sono stati selezionati in base ai criteri proposti da Margrafe colleghi (1993). In particolare, per rendere possibile una valutazione di confronto tra i vari studi, è stata presa in considerazione, come variabile di valutazione primaria, la percentuale di pazienti panie free. criterio non esaustivo e completo, ma più pratico ai fini di questa ricerca (Cium, 1989). E’ stata inoltre analizzata l'influenza di tale approccio terapeutico sul tasso di dropouts. In particolare, sono stati riportati i risultati di 6 studi in aperto e 13 studi controllati. Tra questi, 8 hanno incluso gruppi di controllo con pazienti trattati con placebo psicologico (un dichiarato trattamento non farmacologico, aspecifico) e 3 con placebo farmacologico; 4 studi hanno riportato i risultati del confronto con trattamenti farmacologici e altri 3 con trattamenti combinaci. Uno studio ha riportato i risultati del confronto tra trattamento combinato e placebo farmacologico. In 3 di questi studi, il protocollo terapeutico è stato applicato in formato di gruppo e ha mostrato un'efficacia comparabile con quella ottenuta nei trials con Psicoterapia Cognitiva in formato individuale. Ciò rappresenta un possibile vantaggio dal punto di vista economico, visto il minor costo per il paziente di questo tipo di terapia cognitiva. Nelle seguenti tabelle sono riportati i dati riassuntivi emersi dall'analisi della letteratura sull'efficacia della Psicoterapia Cognitiva nel trattamento del Disturbo di Panico negli studi in aperto e controllati. La selezione degli studi in aperto (vedi tab. 1), è avvenuta in base alla presenza di protocolli di trattamento confrontabili o sovrapponibili con quelli dei trials sperimentali: i risultati di questo tipo di studio, pur non prevedendo l'inclusione di gruppi di controllo, forniscono, comunque, ulteriori informazioni sull'efficacia della Psicoterapìa Cognitiva in setting clinici "naturali", non sperimentali, pubblici e/o privati. Tabella 1. Studi in aperto: risultati ottenuti alla fine del trattamento in acuto Studio Soggetti DP/DPA PC Durata Panic Free (%) Sokol '89 17 10/7 PC ind. 10-40w 17/17 (100%) Shear '91 (26) 23 3/23 PC ind. 8w-6m 19/23 (83%) Welkowitz'91 (24)19 1/23 PC ind. 6m Pollack '94 (18)15 0/15 Calzeroni '97 18 5/13 PC-Gruppo +F PC ind. Dropouts (%) 3/26 1 (11.5%) 14/19 (74%) 5/24 (21%) 12 w PCC eF PC-G+F 7/15 (47%) 3/18 (17%) (6m) (8m) (12m) 8/18 (44%>) a 6 mesi 0/18 13/18 (72%) a 8 mesi 18/18 (100%) a 1 2 mesi Wade '98 110 22/85 PC 90 pz 15w gruppo; 13 individuale; 6 mix 70/81 (87%) 29/110 (26%) Soggetti: (iniziali) completers; DP: Disturbo di panico; DPA: con Agorafobia; PC: Psicoterapia Cognitiva; F: trattamento farmacologico. L'analisi dei dati evidenzia una frequenza di panic free che varia da un 44 al 100% con tassi di dropouts tra lo O e il 26%. Per quanto concerne l'analisi dei dati degli studi con gruppo di controllo con placebo psicologico, la tabella 2 riassume i risultati. Sono stati considerati come placebo psicologici, trattamenti attivi ma non strutturati o focalizzati sul sintomo. In quattro studi, il confronto è stato con gruppi di pazienti in trattamento con training di rilassamento e in altri tre, con psicoterapie di tipo supportivo. Tabella 2. Studi con gruppi di controllo: Placebo Psicologico. Risultati ottenuti alla fine del trattamento in acuto Studio Barlow '89 Soggetti (71)56 DP/DPA 56/0 PC Controllo PC N=15 R ind. Durata Panic Free (%) (%) 15w N=10 PC Dropouts R5/15 11/13 (85%) (33%) > R6/10 PC 1/16 (60%) (6%) (Dati > non disponibili per tutti i pz) Clark'94 (72)64 12/52 PC N = 16 R ind. 12w PC (90%) N=16 PC 14/16 =R1/17 1/17 > R8/16 (50%) Beck J.G. '94 (70)58 9/61 PC gruppo R lOw N =N=19 17 PC 11/17 PC 5/22 (65%) > (23%) = R9/19 R1/20 (47%) Ost '95 (38)36 30/8 PC N=19 R ind. 12w (5%) PC N=2** 14/19 (74%) N=17 = R 11/17 (65%) Arntz'96 36 36/0 PC N=12 R ind. 12w PC * 9/12 (78%) N=12 > R6/12 (50%) Beck '92 33 27/6 PC ind. Pp 8w N=17 N=16 PC 12/17 (71%) > Pp4/l6 (25%) Shear'94 (66)45 4/16 PC ind. Pp 15w N=24 N=21 Craske '95 (30)29 10/20 PC N= 16 Pp ind. N=13 8w PC PC 16/24 (66%) (35%) Pp Pp (78%) (28%) 13/37 = = 16/21 8/29 PC Pp 1/14 8/16 (53%) > Pp3/13 (23%) Soggetti: (iniziali) completers;, DP: Disturbo di panico; DPA: con Agorafobia; PC: Psicoterapia Cognitiva (individuale o di gruppo); R: Training di rilassamento; Pp: Psicoterapia di supporto; ** pazienti di sesso femminile, non è indicato di quale gruppo di trattamento Come sì può osservare dalla tabella 2, risulta confermata l'efficacia della Psicoterapia Cognitiva in acuto, rispetto a un dichiarato trattamento non farmacologico, aspecifìco, mentre non sembra ancora possibile trarre conclusioni definitive sulla specificità della Psicoterapia Cognitiva in base al confronto con tale gruppo di controllo. I risultati in acuto degli studi sperimentali con gruppo di controllo con placebo farmacologico sono riassunti nella tabella 3. Il confronto con il placebo farmacologico (più controllabile, in quanto fisiologicamente inerme, rispetto a forme di placebo psicologico che possono comunque contenere elementi attivi tecniche psicoeducative anche se non specificamente strutturati per il trattamento del disturbo) permette di considerarne anche la specificità nel trattamento del Disturbo di Panico, anche se le conclusioni a tal proposito non possono essere considerate definitive; di fatti sono necessari ulteriori studi sia su campioni sperimentali, sia su campioni di pazienti "naturali". Tabella 3. Studi con gruppo di controllo: placebo farmacologico. Risultati ottenuti alla fine del trattamento in acuto Studio Klosko '90 Soggetti DP/DPA (69)57 12/45 PC Controlli PC ind. PfN= 11 Durata Panic Free (%) (%) 15w PC 13/15 PC 3/18 (87%) > (16%) > PF4/11 PF7/18 (36%) (39%) PC 9/16 PC 9/25 (53%) >. (36%) > PF5/18 PF7/25 (29%) (28%) PC 21/30 PC 13/43 (70%) = (30%) = Pf17/28 PF9/37 (61%) (24%>) N=15 Black '93 (75)55 13/62 PC ind. PfN = 18 8w N= 16 Sharp '96 (190)149 PD+PDA PC ind. PfN - 28 12w N=30 Dropouts Soggetti: (iniziali) completerà DP: Disturbo di Panico; DPA: con Agorafobia; PC: Psicoterapia Cognitiva; Pf: Placebo farmacologico. I risultati in acuto gicamente, sono no l'efficacia che degli riassunti della nella studi con tabella Psicoterapia gruppo 4.1 di risultati Cognitiva sia controllo di comparabile (se non superiore) al trattamento farmacologico in acuto. Tabella 4. Studi con gruppo di controllo farmacologico. Risultati ottenuti alla fine del trattamento in acuto questi trattato farmacolo- studi suggerisco- ed equivalente Studio Klosko '90 Black'93 Soggetti (69) 57 (75)55 DP/DPA 12/45 13/62 PC Controlli PC ind. F N =15 N =16 PC ind- F N=16 N =21 Durata Panic Free (%) (%) 15w PC 13/15 PC 3/18 (87%) > (16%)= F8/16 F 1/17 (50%) (6%) PC 9/16 PC 9/25 (53%) <£ (36%) > 8w Dropouts F 17/21 F 4/25 Clarck 94 Sharp'96 (72)64 (190)149 12/52 PD+PDA PC ind. F 12w N=16 N=16 PC ind. F 12w N=30 N =28 (81%) (16%) PC 14/16 PC 1/17 (.90%) > (6%) = F9/16 F 1/17 (55%) (6%) PC 21/30 PC 13/43 (70%) = (30%) > P 20/29 F7/36 (69%) (19%) Soggetti: (iniziali) completers; DP: Disturbo di Panico; DPA: con Agorafobia; PC: Psicoterapia Cognitiva; F: Trattamento farmacologico; 1 risultati in acuto, degli combinati sono riassunti nella tabella 5. studi con gruppi di controllo con trattamenti Dall'analisi di tali studi, emerge un'equivalenza, in acuto, nei risultati tra l'effìcacia della Psicoterapia Cognitiva da sola o in combinazione con farmaci psicotropi. I risultati in acuto, degli studi di confronto tra trattamenti combinati e placebo sono riassunti nella tabella 6. Da questo studio, risulta confermata l'efficacia della Psicoterapia Cognitiva in combinazione con un trattamento farmacologico nel confronto con il placebo farmacologico, che permette, inoltre, di considerarne anche la specificità nel trattamento del Disturbo di Panico, sebbene le conclusioni a tal proposito non possano essere considerate definitive, data l'esiguità dei dati. Tabella 5. Studi fine del trattamento in acuto Studio Soggetti con DP/DPA gruppo PC di controllo: Controlli Durata (%) i'ur:it,i Terapie combinate. Panic free (%) Risultati Dropouts alla Cottreaux ‘95 (77)48 0/48 PC ind. + Pf N = 27 PC + F N = 21 16w Oehrberg ‘95 (120)107 16/104 PC, ind. + PfN= 52 PC + F N = 55 12w Sharp '96 (190)149 PD + PDA PC ind. N=30 PC + F N=29 ]2w PC + F 15/21 (71%) = PC + Pf 20/27 (74%) PC + F 19/55 (36%) > PC + F 16/37 (43%) = PC + Pf 13/40 (33%) PC + F 5/60 (8%) PC + Pf 8/52 (16%) PC 21/30 (70%) = PC + F 24/29 (83%) PC + Pf 8/60 (13%) PC 13/43 (30%) PC ” F 9/^8 (23"”) Soggetti: (iniziali) completerà DP: Disturbo di Panico; DPA: con Agorafobia; PC': Psicoterapia Cognitiva; Pf: Placebo farmacologico; F: Trattamento farmacologico.. Tabella 6. Studi di confronto tra trattamenti combinati e placebo. Risulta- ti alla fine del trattamento in acuto Studio Soggetti i)P/ì)PA Sharp '96 090) 149 m + PUA PC Controlli PC ind. + F N=29 Pf N - 28 Duraf.1 P.in.K. i'ri-'el^ropuurs , ^o/;, ^ !2w PC : 2 i/2 9 (83%) ;• l'i '+, I- i '•' ^).3s 1^ i f23"i>) PI'17/28 ;'t-9/37 (61%) (2.%,) | | Soggetti: (iniziali) completerà DP: Disturbo eli Panico; DPA: con Agorafobia; PC: Psicoterapia Cognitiva; F: Trattamento farmacologico; Pf: Placebo farmacologico Scopo della ricerca La questione della valutazione dell'efficacia clinica Cognitiva è stata ampiamente analizzata e confermata in numerosi studi della Psicoterapia clinico-sperimentali, soprattutto nell'ambito del trattamento dei Disturbi Affettivi. In relazione al Disturbo di Panico, invece, lo stato dell'arte non permette ancora di trarre conclusioni definitive sull'argomento, sebbene analisi preliminari, come abbiamo visto, mostrino risultati promettenti. La presente ricerca si propone di fornire un ulteriore contributo a tale area d'indagine. In tal senso, gli obiettivi di questo lavoro sono: valutare nella pratica clinica l'efficacia in acuto tiva, nel trattamento del Disturbo di Panico con o senza Agorafobia; valutare la tollerabilità di questo di dropouts, compliance ed effetti avversi indesiderati. trattamento della Psicoterapia psicoterapeutico in Cognitermini Metodo Sonetti 11 campione da 98 soggetti di pazienti (52 donne, preso in esame per il presente studio 46 maschi; età media di 32,5 ± 8.46 è composto anni, range 1 8-60 anni) che hanno iniziato un trattamento psicoterapeutico cognitivo in occasione di un episodio panicale acuto. Tutti i pazienti sono stati informati sul fatto che le scale di valutazione e le notizie cliniche raccolte durante la terapia, oltre al monitoraggio clinico, avrebbero potuto essere protocollate, salvaguardato l'assoluto anonimato, anche a scopo di ricerca e hanno fornirò l'autorizzazione verbale (consenso informato) alla loro utilizzazione per le analisi che saranno presentate. I criteri d'inclusione nel presente studio sono stati: 1) diagnosi di Disturbo di Panico con o senza Agorafobia in accordo coi criteri operativi del DSMII1-R (American Psychiatric Association, 1987) e del DSM-1V (American Psychiatric Association, 1994); 2) età compresa fra i 18 e i 60 anni; 3) presenza di una coterapia farmacologica, purché a posologia stabilizzata di mantenimento o in riduzione durante il trattamento; 4) presenza di almeno 12 mesi di osservazione clinica diretta (follow-up) dopo la fine del trattamento (acuto o di mantenimento); 5) presenza di codiagnosi di Disturbo dell’Umore di tipo depressivo senza sintomi psicotici. Sono stati adottati i seguenti criteri d'esclusione: 1) diagnosi di Schizofrenia. Disturbo Schizoaffettivo, Disturbo Bipolare, Disturbo Depressivo con sintomi psicotici, Disturbo di Personalità di cluster A (Schizotipico, Schizoide, Paranoide) o di cluster B (Antisociale, Borderline); 2) diagnosi di Disturbo Mentale Organico o di Deficit Intellettivo (QI inferiore a 80); 3) codiagnosi di Disturbo d'Ansia in corso, se dominante rispetto al Disturbo di Panico; 4) diagnosi primaria di alcoolismo o di tossicodipendenza nell'ultimo anno; 5) presenza d'ideazione autolesiva o rischio suicidano, tale da consigliare l'immediata ospedalizzazione; 6) malattia fisica concomitante o assunzione cronica di terapie mediche che possano causare l'insorgenza e il mantenimento del Disturbo di Panico (per esempio disfunzioni tiroidee o terapia ormonale sostitutiva). In base a tali criteri il campione è risultato composto da 98 pazienti con diagnosi di Disturbo di Panico con (N = 63) e senza (N=35) Agorafobia. 35 pazienti al primo episodio di malattia, 4\ pazienti con una diagnosi di almeno 1-3 episodi ricorrenti e 22 pazienti con un'anamnesi per 4 o più episodi di malattia. Procedura Il protocollo di selezione e di monitoraggio clinico del campione adottato è quello proprio di uno studio, naturalistico, prospettico non randomizzato. Benché non si tratti di un protocollo sperimentale (randomizzato, controllato), la procedura adottata nella presente ricerca è in linea con i protocolli utilizzati da molti studi farmacologici di costo-efficienza, la cui validità oggi è messa in risalto soprattutto nella maggior capacità di descrivere valutazioni d'esito effettivamente riscontrabili nella pratica clinica, rispetto a quanto risulta negli studi sperimentali. Questo tipo di ricerca è infatti limitato dalla necessità di conciliare il rigore scientifico del metodo con le esigenze di adattamento dei protocolli (sentita ancor di più nella ricerca psicoterapeutica rispetto a quella psicofarmacolgica) alla pratica pubblica e privata quotidiana. Pertanto le osservazioni e i risultati del presente studio devono essere valutati alla luce di queste limitazioni, che non ne permettono in alcun modo generalizzazioni o conclusioni, se non sotto forma di suggerimenti per riflessioni o ipotesi, utili per stimolare ulteriori approfondimenti e ricerche da condurre (almeno per sotto-campioni rappresentativi) in modo controllato e randomizzato. Peraltro, i seguenti elementi caratterizzanti questa ricerca, rendono i risultati ottenuti attendibili nel poter riprodurre una significativa fotografia dello "stato dell'arte", in tema di efficacia e di fattori predittivi d'esito, del trattamento cognitivo del Disturbo di Panico: - l'entità del campione non usuale nella ricerca sugli esiti dei trattamenti psicoterapeutici; la rilevazione routinaria delle caratteristiche clinico-prognostiche (variabili sociodemografiche, cliniche e prognostiche) mediante scale strutturare, che permette un inquadramento diagnostico-clinico baseline (che cosi non ha dovuto esser ricercato a posteriori, retrospettivamente), utile a un'analisi prospettica dei risultati; l'uso sistematico di scale di valutazione standardizzare autosomministrate, analoghe a quelle utilizzate nella maggior parte dei trial farmacologici (naturale standard di riferimento) che permette il monitoraggio longitudinale del caso e dell'efficacia clinica dell'intervento, a breve e lungo termine; - il fatto che si sia trattato di un'esperienza che ha coinvolto tutti i soggetti per cui è stata fatta diagnosi di Disturbo di Panico, consecutivamente presi in carico dai terapeuti partecipanti, in un arco di tempo che va dal 1992 al 1998; - l'uso di un protocollo terapeutico omogeneo e strutturato che garantisce un elevato grado di riproducibilità nella conduzione del trattamento (per cui e in programma la pubblicazione di un manuale per i terapeuti e di un manuale per il paziente). Trattamento Tutti i pazienti che hanno ricevuto la diagnosi di Disturbo di Panico dopo intervista strutturata (in accordo con le Structured Clinical ìnterview dei DSM-III-R e DSM-1V disponibili in lingua italiana) sono stati assegnati a una psicoterapia cognitiva strutturata con un primo ciclo (trattamento acuto standard) di 14 sedute individuali in sedici settimane (84 pazienti), o di 10 sedute di gruppo in 3 o 10 settimane (14 pazienti). Due sedute programmate di rinforzo {booster session) sono stare eseguire nei successivi primi due mesi. In caso di mancata risposta clinica (pazienti sintomatici invariati) o di sintomatologia residuale (pazienti in remissione parziale) al termine del trial standard, la terapia è stata prolungata con un secondo ciclo di 4 mesi, focalizzata sul trattamento cognitivo di specifiche aree-problema e sul rinforzo dell'effetto profilattico (trattamento di consolidamento). In caso di ulteriore necessità, è stato possibile continuare il trattamento cognitivo per un terzo ciclo (trattamento di consolidamento) o fino al raggiungimento della condizione asintomatica per almeno un mese. Oppure è stato possibile sottoporre il caso a una rivalutazione diagnostico-terapeutica. La seduta individuale ha avuto una durata di 30-50 minuti, mentre per la terapia di gruppo è stata di 4 ore a incontro. Il protocollo d'intervento, omogeneo nei diversi settings clinici usati (individuale e di gruppo, pubblico e privato) ha previsto il susseguirsi di 5 fasi (cui corrispondono compiti a casa ed esercitazioni in seduta): 1) la rase psicoeducativa, in cui l'obiettivo terapeutico è focalizzato sulla presentazione del modello cognitivo della malattia, sul razionale dell'approccio terapeutico cognitivista e sull'instaurazione di un'interazione terapeutapaziente improntata, secondo l'ottica cognitivista, sulla collaborazione reciproca (metafora dei due scienziati in laboratorio) 2) la rase comportamentale sintomatica, focalizzata sull'apprendimento di tecniche per il controllo dei sintomi ansiosi somatici, attraverso training specifici di controllo dell'iperventilazione e di rilassamento muscolare (in forma isometrica e progressiva) e sull'esposizione graduale a situazioni ansiogene; 3) la fase cognitiva sintomatica, diretta a fronteggiare i sintomi psichici del disturbo, gli evitamenti fobici e l'ansia anticipatoria, attraverso l'apprendimento delle tecniche di registrazione, identificazione e ristrutturazione dell'interazione fra emozione, processi cognitivi (pensieri automatici disfunzionali, "caldi"' e "freddi") e i principali errori cognitivi (distorsioni cognitive), oltre alla tecnica della desensibilizzazione sistematica; 4) la fase comportamentale strategica, con esposizione agli stimoli enterocettivi (test provocativi) e a situazioni ansiogene specifiche; 5) la fase cognitiva strategica, finalizzata alla prevenzione delle ricadute, in cui l'attenzione è finalizzata, per tutti, all'identificazione e alla ristrutturazione degli schemi cognitivo-emotivi o assunta di base disfunzionali (in terna di accettazione, controllo, competenza) che bloccano i processi di conoscenza/elaborazione del soggetto e i processi di cambiamento (con conseguente rischio di resistenza al trattamento). Tale fase, in forma individualizzata allo specifico bisogno del soggetto, è, invece, focalizzata sulla riattribuzione del significato di esperienze precoci e recenti, o sulla ristrutturazione di specifici domini (modalità di comunicazione intra o interpersonale, abilità di fronteggiamento dei problemi, rinforzo dell'autostima). Le tecniche, focalizzare su specifiche aree-bersaglio, sono quelle saldamente validate dall'ultraventennale esperienza cognitivo-comportamentale e sono in accordo con le linee guida della psicoterapia cognitiva standard di Beck (Clark, 1995). Tutti gli psicoterapeuti cognitivisti impegnati nei trattamenti dei pazienti inclusi nel presente studio — due specialisti in psichiatria (C. A.; L. G.) e uno psicologo clinico (D. A.) — hanno completato il loro training quinquennale in psicoterapia cognitiva presso il centro di Psicologia Clinica di Milano e hanno svolto docenza in Psicoterapia Cognitiva presso il centro di Psicologia Clinica di Milano. Tutti sono membri dell' International Association for Cognitive Psychotherapy e sono soci fondatori dell'Associazione Italiana per lo Sviluppo della Psicoterapia Cognitiva. Uno dei terapisti (C. A.), psichiatra presso il Servizio psichiatrico universitario dell'ospedale San Paolo di Milano, è responsabile scientifico del Progetto sperimentale sulla valutazione dell'efficacia del trattamento cognitivo dei Disturbi d'Ansia approvato dalla Regione Lombardia. Del campione preso in esame 34 pazienti hanno ricevuto una coterapia farmacologica. Di questi, 30 hanno concordato di iniziare una psicoterapia cognitiva integrata alla farmacoterapia in corso, mentre in solo 4 casi la psicoterapia è stata associata, contemporaneamente, all'inizio di una terapia farmacologica. Le ragioni d'invio sono state: una cattiva o parziale risposta clinica, esitata in una sintomatologia residuale al termine del trattamento farmacologico acuto; una ricaduta sintomatologica dopo diversi trattamenti farmacologici consecutivi; oppure una ricorrenza clinica in corso di trattamento farmacologico di mantenimento. Tali pazienti hanno assunto antidepressivi triciclici (clorimipramina o imipramina fino a una posologia di 150 mg/die) o un antidepressivo selettivo sulla ricaptazione serotoninergica (paroxetina fino alla posologia di 50 mg/die o fluoxetina da 20 a 40 mg/die). Venti pazienti hanno assunto benzodiazepine in combinazione con l'antidepressivo. 1 pazienti hanno potuto concordare la continuazione della terapia farmacologica o la sua riduzione scalare, mentre qualsiasi aumento della terapia farmacologica associata durante la psicoterapia cognitiva è stato considerato un motivo di esclusione, concordata dalle analisi eseguite per lo studio {dropout). Procedure di valutazione clinica La valutazione basale sintomatologica e della qualità della vita (baseline) è stata effettuata nel periodo delle 4 settimane precedenti l'inizio del trattamento, durante la visita di screening. Nel caso di un tempo di attesa per il trattamento superiore al mese, tale valutazione è stata rifatta nel corso della prima seduta di terapia, rispetto all'ultimo mese. Le successive valutazioni cliniche utilizzare per il presente studio sono state effettuate alla fine del trattamento acuto standard e degli eventuali successivi trattamenti di mantenimento. La batteria degli strumenti di monitoraggio clinico utilizzati nel presente studio è stata quella routinariamente usata nel setting terapeutico cognitivo per valutare l'andamento del trattamento. Nel corso di queste visite è stato possibile valutare il quadro clinico del paziente grazie a scale autosomministrate che rendono superfluo l'uso di un osservatore esterno (peraltro, per la compilazione di altre scale eterosomministrate, non incluse nel presente lavoro, sono state utilizzate le valutazioni cliniche eseguite da uno psicologo clinico, estraneo al gruppo dei terapeuti e in cieco rispetto all'andamento della terapia). Gli attacchi di panico sono stati valutati con una scheda ad hoc di registrazione quotidiana, a disposizione del paziente, durante il trattamento (la frequenza degli attacchi di panico è stata poi calcolata come numero medio per settimana) e nel follow-up. La sintomatologia fobica è stata monitorata mediante il punteggio, soggettivamente assegnato da ciascun paziente alla scala visivoanalogica (punteggi da O a 10) della Phobia Scale di Marks e Mathews (1979). La qualità della vita è stata valutata mediante la somma del punteggio totale, soggettivamente assegnato dal paziente alle tre scale visivo analogiche (punteggio da O a 10) della Disability Scale dì Sheehan (1986). Tali scale sono largamente utilizzate nella pratica clinica nelle loro forme tradotte in italiano. La valutazione dei risultati clinici si è avvalsa dei seguenti criteri. Alla fine del trattamento acuto (standard) la risposta clinica alla terapia è stata considerata buona (pazienti in remissione) se c'è stata una riduzione uguale o superiore al 50% (Hamilton, 1982) del numero di attacchi di panico registrato nelle condizioni basali. In specifico è stato evidenziato il sottogruppo di pazienti asintomatici o, in analogia con la letteratura, panie free (pazienti guariti). Alternativamente, è stata considerata cattiva (pazienti sintomatici invariati) se è stata osservata una riduzione inferiore al 50% del numero iniziale di attacchi di panico. La risposta alle scale di evitamento fobico e di qualità della vita è stata giudicata buona, se il punteggio registrato alla fine del trattamento aveva una riduzione uguale o superiore al 50% rispetto ai punteggi iniziali registrati nelle medesime scale. Nel presente studio, la compliance è stata espressa come giudizio globale, in corso di trattamento: il grado di bassa compliance equivale all'esecuzione del 20% dei compiti assegnati, quello intermedio all'esecuzione di almeno il 50% dei compiti, e il grado elevato a un'esecuzione dei compiti assegnati superiore al 50%. La valutazione dell'adesione del paziente al trattamento (compliance) è stata ottenuta attraverso la registrazione dell'esecuzione/non esecuzione al compito a casa assegnato (non valutazione del risultato, ma solo se il compito concordato in modo collaborativo sia stato eseguito o no). Risultati Risposta clinica al trattamento acuto standard I 98 soggetti inclusi nello studio, dopo aver ricevuto la diagnosi di disturbo di panico e l'indicazione alla psicoterapia cognitiva, hanno iniziato il trattamento in un setting pubblico (n = 23) o privato (n = 75). Solo 5 (5%) di loro hanno interrotto il trattamento acuto standard entro le prime 5 seduce (n = 2), o successivamente in corso di terapia (n = 3). Tutti i pazienti (età media 36.6 ± 7) che hanno interrotto il trattamento {dropouts), sono di sesso femminile, prevalentemente affetti da Disturbo di Panico con Agorafobia (n = 4/5) e da un grado severo (n = 4/5) di malattia; presentavano inoltre un'anamnesi di recidive multiple e una durata di malattia di almeno 3-6 anni. Sono stati trattati con Psicoterapia Cognitiva da sola (n = 2) o in corerapia con farmaci (n = 3) verso cui, nessuno ha mostrato un'elevata compliance/socializzazione (risultata di grado basso in 3 casi e intermedia in 2). Dei 93 pazienti (età media 32.2 .f 8) che hanno completato il trattamento acuto standard, 56 (60%) hanno ottenuto una buona risposta clinica al termine del trattamento (52 dei quali, sono risultati asintomatici o panic free e 4 risultavano in remissione, ma con sintomatologia panicale residuale), trentasette (40%) sono, invece, rimasti invariati rispetto alle condizioni iniziali. Rispetto alle condizioni registrate prima del trattamento, la qualità di vita è risultata migliorata in 45 casi (48%) e invariata in 48 casi (52%). I due gruppi a buona e cattiva risposta clinica sono risultati bilanciati per la distribuzione simmetrica di molte variabili quali: l'età al momento del trattamento, l'età d'esordio, il sesso, la classe sociale, la durata di malattia, l’anamnesi di eventi stressanti all'esordio di malattia, la presenza di una familiarità per disturbi psichiatrici, la presenza di una comorbidità per disturbi psichiatrici, la presenza di una coterapia farmacologica. Nel sottogruppo di pazienti in cui il Disturbo di Panico è risultato complicato dalla presenza di Agorafobia, la condizione di panic free alla fine del trattamento acuto (25/59 pari al 42%), si è accompagnata a miglioramenti simili, registrati anche nelle condizioni di evitamento fobico (18/59 pari al 32%) e nella qualità della vita (17/59 pari al 29%). Peraltro, la presenza o meno di complicazione agorafobica, invece, si è correlata con elevata significatività statistica alla buona o cattiva risposta al trattamento cognitivo acuto standard. Infatti, ben 34 dei 41 pazienti con una cattiva prognosi al trattamento acuto standard hanno presentato un'anamnesi per Agorafobia (83%) rispetto alla presenza di tale sottogruppo tra i pazienti panic free (25/52 pari al 48%) (C2 Yates = 10.5; p = .001). La presenza di complicazione agorafobica nell'anamnesi dei pazienti risulta una variabile specifica (0.7?. =5,2) per individuare il sottogruppo di probandi a rischio di cattiva prognosi al trattamento cognitivo standard e di prolungamento del trattamento per poter raggiungere una condizione di guarigione. Inoltre, non sono state riscontrate differenze significative nella percentuale di panie free tra i pazienti trattati con la sola terapia cognitiva e quelli trattati con la psicoterapia integrata al trattamento farmacologico (C = .02; p = NS). Risposta clinica alla prosecuzione del trattamento acuto (trattamento di consolidamento) Tutti i 4 pazienti in remissione parziale si sono giovati di un secondo protocollo di terapia, raggiungendo la condizione asintomatica di panic free. trentacinque dei 37 pazienti che hanno mostrato una cattiva risposta al primo trattamento standard (i restanti 2 non hanno accettato la proposta di proseguire la terapia), sono stati sottoposti a un secondo protocollo cognitivo, con discreti risultati.Infatti, nel 76% (26/34) dei casi trattati è stata raggiunta la condizione di panic free, in 8 casi la situazione clinica è rimasta sintomatica e solo in un caso si è assistito a un'interruzione non concordata della terapia {dropouts). Alla proposta, fatta a quest'ultimo sottogruppo, di proseguire la terapia cognitiva con un terzo protocollo, 1 ha rifiutato mentre gli altri 7 hanno accettato. Di questi ultimi, 3 sono divenuti panie free dopo un anno complessivo di terapia, 2 sono migliorati significativamente rispetto alle condizioni cliniche iniziali ma non sono guariti (residuali) e 2 sono rimasti invariati rispetto alle condizioni iniziali (definibili come "resistenti" veri alla psicoterapia cognitiva). Complessivamente, al termine di un anno di terapia il 91% (85/93) dei pazienti è risultato guarito e solo il 2% (2/93) ha mostrato una resistenza vera al trattamento cognitivo. Parallelamente la quota di casi che hanno mostrato un miglioramento anche di qualità di vita raggiunge 1'86% (80/93). Nei pazienti con anamnesi di Agorafobia l'efficacia antifobica è risultata altrettanto marcata, al termine di complessivi 12 mesi di terapia, nell'80% (47/56) dei casi trattati. Tollerabilità al trattamento cognitivo I dropouts. primo trattamento sono stati solo il 5% e solo 1 dei 37 pazienti che abbiano accettato di proseguire il trattamento per altri 4-8 mesi, ha interrotto precocemente il trattamento. Solo in due casi si sono registrate reazioni inattese in corso di trattamento ascrivibili, con elevata probabilità, alle tecniche utilizzate (in un caso si è trattato di incubi notturni con aspetti dissociativi, assenti nell'anamnesi del soggetto prima del trattamento psicoterapeutico cognitivo; nell'altro caso, si è trattato di una breve reazione depressiva, dopo aver fronteggiato una situazione prima evitata). La compliance globale, nei casi che hanno completato il trattamento standard, è risultata alta nel 61%, e intermedio/bassa nel 39% dei casi trattati. La presenza di un'adeguata adesione al trattamento, variabile correlabile alla creazione e al mantenimento di un'adeguata alleanza terapeutica, risulta predire specificamente la risposta al trattamento. L'anamnesi di un'elevata compliance in corso di trattamento è risultata significativamente presente in 39 dei 52 panic free (7'5%), rispetto ai 17 dei 41 sintomatici (41%) (C2 Yates = 9.4; p =.002). Dunque, la continuità di adesione ai compiti assegnati durante il corso della psicoterapia (O.R. = 4.2) è risultata un indice predittivo di efficacia clinica dell'intervento cognitivo antipanico e antifobico. Tabella 7 riassuntiva CAMPIONE INIZIALE CAMPIONE N=98 INIZIALE > ' COMPLETER S n 1 N= n •z eri ' 0 PANIC t-'REE r' 1° TRIAL 5 N = 52/56 (93%) TI ^4 93/98 (95%) N= IN REMISSIONE 1° TRIAL 0 •z DROl'OUT S N=98 PANIC FREE N=56 PANIC FREE -— N = 82 O ' N = 56/93 (60%) ^————— ——PA. R E S N R I N -: C PANIC NON RESPONDERS 1° TRIAL ì PON R/RESIDUALI DF ne parziale emis TRIAL t FRE sio ^56-(7%) E -4 I"-i —\ 11° IL 11° -t ^^ \ N=4/ TR1A FRE E N 26 = FRE PANI E C N= 85/93 (91.4%) N= 37/93 (40%) N= '55 \ RIA L STOP — —” • =3 r NON Rl-.Sl'ONDLR N-8 N RESIDUA LI VERI = 2/93 (2.2%) ili0 •l - N=2 — —^ DKOPO ~ UT N-1 N=7 V 1 PANIC FREE VERI 5 (5%) RIAL , NON RESPONDERS VERI N = 2/93 (2.2%) Discussione Valutazione d'esito della Psicoterapia Cognitiva nel trattamento del Disturbo di Panico: efficacia clinica antipanico e antifobica, tollerabilità e qualità della vita a breve termine I risultati ottenuti in acuto nel nostro campione di pazienti trattati con psicoterapia cognitiva standard suggeriscono che oltre la metà (52/93 pari al 56%) dei pazienti che iniziano il trattamento, raggiungono uno stato di guarigione dagli attacchi di panico al termine del primo protocollo concordato STOP N=1 di terapia. Peraltro, un prolungamento del periodo di trattamento permette la guarigione dei pazienti in remissione parziale con sintomi residuali e di una larga quota di pazienti con cattiva risposta al primo trattamento cognitivo standard. In specifico, la terapia di consolidamento proposta permette, complessivamente, di portare la quota di pazienti trattati e guariti all'88% dei casi (82/93) dopo 8 mesi complessivi di terapia e al 91% (85/93) dopo un anno di terapia continuativa. Tale dato concorda con i risultati in letteratura che riportano percentuali di pazienti panic-free tra il 58 e 11 100% (con una media che si attesta circa allo 80%) (Calzeroni et al., 1997). In mancanza di dati confrontabili con i risultati ottenuti da altre psicoterapie, che difficilmente utilizzano metodologie di valutazione clinica e statistica standardizzate, idonee al confronto fra gruppi, il gruppo standard di riferimento appare quello farmacologico. I nuovi antidepressivi (paroxetina, citalopram, Huoxetina, fluvoxamina, sertralina) hanno migliorato l'efficacia clinica antipanico dei primi trattamenti (triciclici, benzodiazepine a elevata potenza), attestata sul 50-70% dei casi, fino a ottenere una guarigione in una quota molto elevata (70-90% nei diversi studi) di pazienti, già nelle prime 4-8 settimane di trattamento (Pollack et al., 1994). In questo senso, la guarigione indotta dall'intervento psicoterapeutico nel nostro campione, appare raggiunta con una latenza di risposta che ricalca quella ottenuta dalla farmacoterapia nei tre quinti della popolazione trattata. D'altra parte, i successivi due quinti dei pazienti trattati, guariscono nei successivi mesi 4-8 mesi di trattamento psicoterapeutico di consolidamento. Tale periodo di trattamento aggiuntivo, può essere sovrapposto al periodo di 8-12 mesi di terapia di mantenimento, generalmente previsto nei trattamenti farmacologici. Dunque, la differenza nella quota di guariti fra quelli forniti dalla letteratura farmacologica e quelli ricavati dal nostro campione, si riduce fino ad annullarsi dopo un anno di trattamento. Infatti, la quota del 91% di pazienti guariti, del nostro studio, finisce per sovrapporsi alle quote di pazienti guariti generalmente osservati durante un trattamento farmacologico standard complessivo, della durata di un anno, condotto coi più recenti antidepressivi entrati in commercio. Questo risultato non appare influenzato, nel nostro campione, dall'eventuale coterapia farmacologica con gli stessi farma ci antidepressivi, mostrando una risposta clinica distribuita simmetricamente fra i pazienti trattati con la sola psicoterapia cognitiva e quelli in trattamento integrato con tarmaci antidepressivi. Tuttavia, occorre sottolineare il fatto che, a parità di efficacia antipanico dimostrata in acuto, questo risultato finale sembra essere caratterizzato da una notevole asimmetria fra i due trattamenti, in termini di adesione al trattamento e comparsa di eventi avversi in corso di trattamento. Infatti, mentre nel nostro studio la psicoterapia cognitiva dimostra un'elevata tollerabilità, con una comparsa di effetti collaterali nel solo 2% dei casi (2/93) e una quota di drop-outs complessiva, per 12 mesi di trattamento, del 6% (6/98 trattati), dato in linea con i risultati riportati in letteratura che evidenziano un range di frequenza di drop-outs tra lo 8 e il 21%, la letteratura farmacoterapeutica riporta quote più elevate di drop-outs (25-30%) e di eventi avversi (20-40%). Dunque la psicoterapia cognitiva appare, in acuto, un trattamento di efficacia paragonabile allo standard di riferimento farmacologico, ma rispetto a quest'ultimo, appare dotata di una maggiore tollerabilità. A dimostrazione del fatto che la quota di remissione dagli attacchi di panico rappresenti un reale staro di guarigione dalla malattia in corso di trattamento cognitivo, si osserva che anche altre due valutazioni cliniche (le condotte fobiche e la qualità della vita) presentano significative modificazioni rispetto alle condizioni pre-trattamento. La quota di pazienti che mostra una buona risposta antifobica cresce, infatti, dal 32% registrato al termine del primo trattamento fino all'80% al termine di 12 mesi complessivi di trattamento. Percentuale diffìcilmente raggiunta dai trattamenti farmacologici (Pollack et al., 1994) che presentano, infatti, un elevato rischio di sintoma- tologia fobica residuale (presente nel 50-70% dei casi). D'altra parte, anche la qualità della vita, nei suoi aspetti relazionali e lavorativi, è risultata già molto migliorata nella metà dei casi trattati alla fine del protocollo cognitivo standard, ma raggiunge 1'86% dei casi dopo la terapia di consolidamento di 12 mesi. In conclusione, i risultati ottenuti sembrano suggerire che il trattamento cognitivo non permetta solo di raggiungere un'elevata quota di guarigione dagli attacchi di panico e dall'evitamento fobico (obiettivo sintomatico), ma anche un miglioramento delle capacità di adattamento affettivo e sociale (obiettivo strategico). Infine, nel nostro campione, nessuna di queste modificazioni è risultata influenzata dall'eventuale coterapia farmacologica. In conclusione, benché il nostro studio confermi direttamente i risultati di ricerche che abbiano utilizzato lo stesso disegno sperimentale in aperto (Sokol et al., 1989; Shear et ai, 1991; Calzeroni et al., 1997; ), contribuisce, comunque (in linea con gli studi controllati verso placebo o farmacoterapia della letteratura), a rafforzare i] ruolo della Psicoterapia Cognitiva come ideale trattamento non farmacologico del Disturbo di Panico per la sua dimostrata efficacia clinica, per la sua ottima tollerabilità e la buona latenza di risposta clinica. In questo senso, nel loro insieme, i dati della letteratura e quelli della nostra ricerca, suggeriscono che la Psicoterapia Cognitiva si possa candidare come una valida alternativa al trattamento farmacologico nella prevenzione secondaria e terziaria del disturbo proponendosi, per la sua elevata tollerabilità e la capacità di creare e mantenere un modo sostanzialmente nuovo di vedere/giudicare le proprie esperienze interne ed esterne, anche come possibile strumento di prevenzione primaria dell'ansia, per esempio in alcune popolazioni "a rischio" (familiari di pazienti psichiatrici, soggetti sottoposti a condizioni stressanti prolungate). Nel campione di 93 pazienti che hanno completato il trattamento standard, sono attualmente in corso le analisi statistiche prefissate a individuare le variabili cllniche (demografìche, caratteristiche ambientali, biologiche, prognostiche) correlabili alla buona o cattiva risposta all'intervento standard. L'utilità di queste considerazioni appare rispondere a specifici bisogni di ordine pratico e teorico. In tempi dominati dalla necessità di utilizzare terapie dotate di adeguato rapporto di costo-efficacia, il raggiungimento di una guarigione entro i tempi di un trattamento standard (di fatto la terapia standard proposta nel nostro protocollo risponde pienamente alla definizione di psicoterapia breve, mentre la terapia di consolidamento arrivando a prevedere una prosecuzione di circa 20-30 sedute rischia di superare tale definizione), che venga poi mantenuta a lungo termine, appare di notevole rilevanza cllnica e socioeconomica (scelta delle psicoterapie essenziali erogabili da un servizio pubblico, rispondenza ai criteri di accreditamento economico). Peraltro, la migliore definizione di variabili correlabili a possibili resistenze al cambiamento, per cui si renda necessario un prolungamento del trattamento psicoterapeutico, arricchisce il modello cognitivo di nuovi "bersagli" per la formulazione di nuove e più specifiche tecniche d'intervento terapeutico. In questo senso, l'ipotesi che la diagnosi di Disturbo di Panico con Agorafobia identifichi una forma di disturbo più complicato e resistente, oltre che ai vari tipi di trattamento, compreso quello farmacologico (Pollack et al., 1994), anche alla Psicoterapia Cognitiva, trova riscontro nei nostri risultati, in accordo con quelli della letteratura: la presenza di Agorafobia in una diagnosi per Disturbo di Panico, infatti, è srata quasi unanimemente considerata come una complicanza, con una prognosi più sfavorevole, rispetto a pazienti senza un severo livello di evitamento agorafobico. Gli studi che si sono occupati della risposta alla Psicoterapia Cognitiva, da sola (Clark et al., 1994; Keijsers, Hoogduin e Schaap, 1994; Calzeroni et al., 1997) o in combinazione con trattamenti farmacologici (Basogulu et al., 1994; Otto, Pol- lack e Sabatino, 1996; Michelson et al., 1996), sono concordi nel rilevare che un'elevata severità nell'evitamento agorafobico, rappresenti un indice prognostico negativo al trattamento in acuto e a lungo termine. Anche in Williams e Falbo (1996) la severità dell'evitamenro agorafobico, che viene associato a un basso livello di percezione della propria auto-efficacia, risulta predittiva per una risposta negativa a una Psicoterapia Cognitiva a breve e lungo termine. Inoltre, nel nostro campione, a ulteriore conferma di quanto riscontrato per i pazienti con Disturbi Affettivi (Calzeroni, D'ambrosio et al., 1996), l'integrazione dell'intervento psicoterapeutico cognitivo, a un precedente trattamento farmacologico, si è dimostrato di naturale utilità, nella guarigione di quel tipo di soggetti che giungevano alla presa in carico con una terapia farmacologica già impostata. A tal proposito, in letteratura è stata riscontrata una totale uniformità di risultati negli studi che hanno considerato l'integrazione di una Psicoterapia Cognitiva nella fase di sospensione del farmaco, come un fattore protettivo e predittivo per una buona risposta a lungo termine, sia in termini di assenza di ricadute, sia come superamento dei sintomi di astinenza spesso collegati all'uso di farmaci psicotropi (Pollack, Srnoller, 1995; Rosenbaum, 1995; Spiegel, Bruce 1997; Rosenbaum, 1997; Pollack, 1997). Infine occorre porre attenzione al ruolo svolto dalla compliance, variabile già studiata in funzione alla risposta alla Psicoterapia Cognitiva nell'ambito del trattamento dei disturbi affettivi. L'adesione, da parte del paziente, all'esecuzione degli homeworks, previsti all'interno dell'iter terapeutico cognitivocomportamentale, è risultata, infatti, predittiva di una buona risposta in due studi sul Disturbo Depressivo Maggiore (Persons et al., 1988; Burns et al., 1991). Edelman e Chambless (1993) hanno evidenziato che la maggior compliance, in pazienti con Disturbo di Panico con Agorafobia, è risultata correlata con un miglioramento nell'evitamento ma non nei sintomi panici, mentre, in un altro studio, (Michelson et al., 1986) una maggiore compliance, in termini di pratica tra una seduta e l'altra, è risultata correlata con un miglior funzionamento finale del paziente. Infine, in Coplan, Tiffon e Gorman, (1993), è stata posta un'indicazione (non sostenuta sperimentalmente), per una correlazione tra non-compliance e resistenza al trattamento. I nostri risultati confermano queste osservazioni della letteratura e inducono qualche riflessione a tal riguardo. È infatti possibile trovare ben più di un punto di collegamento tra adesione al trattamento e qualità dell'alleanza terapeutica, instauratasi nella relazione paziente-terapeuta; benché sia evidente che i fattori in gioco siano molteplici (motivazione, attesa di guarigione, critica di malattia, stile relazionale del paziente, abilità comunicazionale e relazionale del terapeuta, per citarne solo alcuni), è indubbio che l'esecuzione dei compiti a casa e in seduta, finisca per rispecchiare il quadro di alleanza terapeutica sviluppato in corso di terapia. Sotto questo aspetto, i nostri risultati, suggeriscono che il antipanico e antifobico cognitivo, favorisca il mantenimento della e dell'alleanza terapeutica in modo decisamente significativo e tale da dimo determinante, insieme ad altri fattori intrinseci ed estrinseci pia, per il raggiungimento di un netto miglioramento della qualità di vita. trattamento compliance dimostrarsi alla tera- Valutando nel loro insieme i dati presentati e in attesa di completare i risultati in acuto con le analisi del follow-up in corso, possono essere avanzate alcune conclusioni preliminari. L'efficacia clinica del trattamento cognitivo è risultata elevata, sia nella guarigione dagli attacchi di panico, sia in quella dall'evitamento fobico. Tuttavia, la presenza di Agorafobia può determinare la necessità di prolungare la durata del trattamento oltre il protocollo standard e stimola verso la ricerca di tecniche, più specificamente rivolte alla risoluzione precoce di tale com- ponente del disturbo. I risultati ottenuti dall'integrazione del trattamento cognitivo con quello farmacologico, precedentemente iniziato, sembrano suggerire che l'integrazione, nel continuum terapeutico programmato per il paziente, di una "fase cognitiva" a una "fase farmacologica" permetta di contenere la posologia farmacologica a favore di una riduzione della durata del trattamento farmacologico e del rischio di effetti collaterali, pur mantenendo elevata l'efficacia verso le complicazioni acute del disturbo (condotte autolesive, abuso di farmaci o sostanze). Queste osservazioni sono supportate inoltre dalla già dimostrata efficacia nella profilassi delle ricadute depressive (Fava et al., 1994) e panicali (Pollack, Smoller, 1995; Rosenbaum, 1995; Spiegel, Bruce 1997; Rosenbaum, 1997; Pollack, 1997; Calzeroni 1997) del trattamento integrato farmaco-psicoterapia cognitiva. Le analisi di follow up in corso permetteranno di trarre utili indicazioni per l'individuazione di linee guida per il trattamento cognitivo e cognitivo-farmacoterapeutico dei disturbi dello spettro panico-agorafobico, obiettivo di notevole interesse in tempi di valutazione di costo-efficacia. Solo futuri studi su campioni più rappresentativi e controllati nel confronto con altri trattamenti efficaci (antidepressivi triciclici e inibitori selettivi sulla ricaptazione della serotonina, altre psicoterapie) potranno contribuire a trovare risposte definitive a molte delle domande sollevate nello studio. Tuttavia, i nostri risultati vogliono essere un contributo ulteriore alla ricerca delle specifiche indicazioni per la Psicoterapia Cognitiva e per i trattamenti in grado di integrare le necessità di protocolli standardizzati e riproducibili, per curare la maggior parte dei pazienti con Disturbo di Panico, con l'esigenza clinica di individualizzare l'intervento psicoterapeutico agli specifici bisogni del paziente. Bibliografia AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (1987), dei Disturbi Mentali, Manuale Diagnostico Statistico Washington, DC, terza edizione, rivisto Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali, Washington, DC, quarta edizione, rivisto DSM-IV-R. DSM-III-R. AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (1994), ARNTZA.,VAN DEN HourM. (1996), Psychological treatments of panie disorder without agoraphobia: Cognitive therapy versus applied relaxation, in “Behaviour Research and Therapy”, 34 (2), pp. 113-21. 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