efficacia e tollerabilità del trattamento in acuto

Ricerca in Psicoterapia 2(1-2-3) 107-133
PSICOTERAPIA COGNITIVA E DISTURBO DI PANICO:
EFFICACIA E TOLLERABILITÀ DEL TRATTAMENTO IN ACUTO
A. Calzeroni, S. Barbieri, V. D'Ambrosio, G. Limonta, F. Ramini 1
Riassunto
Lo studio, naturalistico e in aperto, valuta l'efficacia e la tollerabilità della
psicoterapia
cognitiva
con
un
protocollo
di
valutazione
assimilabile
a
quello
utilizzato
in
psicofarmacologia
in
pazienti
affetti
da
Disturbo
di
Panico
con
o senza Agorafobia. La risposta clinica al trattamento cognitivo di 98 pazienti affetti da Disturbo di Panico, in accordo con i criteri del DSM-1II-R e
DSM-IV, è stata valutata rispetto alla riduzione pari o superiori al 50% dei
punteggi
ottenuti
nelle
scale
sintomatologiche
(HRSA,
SDS,
Marks
and
Marhews
Phobia
Scale).
L'analisi
dei
risultati
mostra
che
la
Psicoterapia
Cognitiva (PC) 1) è efficace e ben tollerata nel trattamento a breve termine
del Disturbo di Panico, 2) presenta una bassa percentuale di effetti collaterali ed è efficace nel creare e supportare un'alta compliance al trattamento, 3) è
efficace
nel
modificare
la
qualità
di
vita
dei
soggetti.
Nel
nostro
campione
solo il 2% ha mostrato una "resistenza vera" al trattamento cognitivo e il tasso di dropouts è risultato il 5%.
Summary
The
open
naturalistic
study
evaluates
the
effìcacy
and
tolerability
of
cognitive
psychotherapy
by
applying
a
protocol
similar
to
those
used
in
psychopharmacological
studies
in
patients
suffering
from
Panie
Disorder
with
or
without
Agoraphobia.
The
clinical
response
to
cognitive
treatments
was
evaluated
in
98
outpatients
suffering
from
Panic
Disorder,
according
to
DSM-IIIR
and
DSM
IV
criteria
at
50
%
or
superior
reduction
in
the
symptomatological
scales
(HRSA,
SDS,
Marks
and
Marhews
Phobia
Scale).
Thè
results
show
that
cognitive
psychoterapy
(CP) 1) is effective in
the treatment of Panie Disorder, 2) has low sìde
effects
and
is
able
to
create
and
support
high
compliance
to
treatment,
3) CP is able to change thè quality of lite of treated patients. Oniy 2 %
of
patients
shown
a
"true
resistance"
to
cognitive
treatments
and
5%
was a dropouts.
Key words: Cognitive psychotherapy, Panic Disorder, compliance.
1)
Associazione Italiana per lo Sviluppo della Psicoterapia Cognitiva.
Introduzione
II Disturbo da Attacchi di Panico è una malattia gravata da complicazioni
in
acuto
ed
elevato
rischio
di
un'evoluzione
di
tipo
cronico,
con
un
andamento
oscillante
tra
periodi
di
remissione
e
frequenti
ricadute
(Calze
roni,
Sileoni,
1999).
Dati
epidemiologici
da
ricerche
condotte
in
tutto
il
mondo indicano un tasso di prevalenza del disturbo lifetime tra l’1,5% e il
3,5%, mentre in un anno è tra 1'1% e il 2%. Per quanto riguarda l'Italia,
tale tasso (durante il corso della vita) risulta del 2,9%. In campioni comunitari, la presenza di Agorafobia si riscontra in circa la metà di pazienti con
Disturbo
di
Panico,
mentre
risulta
che
tale
tasso
di
incidenza
sia
molto
maggiore
in
campioni
clinici.
L'età
d'esordio
si
colloca
tra
la
tarda
adole-
scenza e 1 35 anni, con un rischio due volte maggiore per le donne rispetto
agli uomini; tra tali pazienti è risultato inoltre un elevato tasso di comorbidità
con
11
Disturbo
Depressivo
Maggiore
(50-70%)
lifetime)
(Johnson
et
al.,
1990),
con
un
elevato
rischio
di
tentativi di
suicidi
(Calzeroni, Ranzini
1999).
Il
Disturbo
di
Panico
è
correlato
inoltre
a
gravi
conseguenze
concernenti
la
qualità
di
vita,
quali
i
problemi
economici
conseguenti
l'inabilità
lavorativa, l'eccessivo tasso di ospedalizzazioni e di trattamenti sia somatici che psichiatrici
dovuti
all'elevata
percentuale
di
diagnosi
errate.
Tali
soggetti,
infatti, presentano un alto livello di somatizzazione che li porrà a sottoporsi a
onerosi
e
molteplici
controlli
medici
(il 48% dei
pazienti
che
si
presentano
al
medico
di
base o in
pronto
soccorso,
lamentano
solamente
la
sintomatologia
"somatica"
dell'attacco
di
panico).
Questo
disturbo,
oltre
alla
già
citata
frequente
comorbidità
con
la
depressione,
è
spesso
associato
ad
altre
condizioni
psichiatriche
quali
i
disturbi
d'ansia
(20%
dei
casi),
l'alcolismo
(15%)
(Klerman,
1992),
problemi
di
natura
interpersonale
o
coniugale
(12%)
(Weissman, 1991).
La
farmacoterapia
offre
un'ampia
gamma
di
trattamenti
la
cui
eftficacia
è
stata
controllata
in
molteplici
studi
sperimentali:
i
farmaci
più
utilizzati
sono
stati le benzodiazepine, i triciclici (TCA), gli inibitori delle monoaminossidasi (1MAO), e recentemente gli
inibitori
selettivi
della
ricaptazione
della
serotonina
(SSRI).
Per
quanto
concerne
le
benzodiazepine,
l'efficacia
è
risultata piuttosto limitata a eccezione dell'alprazolam e il loro impiego è limitato
dai
problemi
di
dipendenza,
dalle
reazioni
conseguenti
alla
sospensione,
dagli
effetti
sedativi
e
dalla
necessità
della
plurisomministrazione
giornaliera
(Saizman,
1993;
Westenberg,
1996).
La
scoperta
dell'efficacia
degli
antidepressivi
triciclici
risale
al
1962
con
lo
studio
riguardante
l’imipramina
(Klein
e
Fink,
1962);
successivamente
sono
state
studiate
altre
molecole
con
percentuali di risposta differenti (buona efficacia per la clomipramina e la nortriptilina,
probabile
efficacia
per
ramitriptilina
e
la
desipramina,
dubbia
efficacia per la maprotilina e l'amoxapina) (Westenberg, Den Boer, 1993; Klerman, 1992). L'assunzione di questa
classe
di
farmaci
spesso
però
si
accompagna
a
effetti
collaterali,
soprattutto
quelli
anticolinergici,
che
possono
essere
interpretati
dal
soggetto
come
sintomi
del
panico,
influendo
fortemente
sulla compliance (il tasso medio di dropouts per i triciclici si attesta circa al
25%).
Per
quanto
concerne
l'utilizzo
degli
inibitori
delle
monoaminossidasi
il farmaco più studiato è la fenelzina che ha presentato un'efficacia sovrapponibile
all'alprazolam
e
all'imipramina
(Tesar,
Rosenbaum
et
al
1993);
tuttavia il grave problema delle restrizioni dietetiche e del profilo di tollerabilità
rendono
l'uso
di
questo
farmaco
limitato.
Infine
gli
studi
concernenti
l'utilizzo
degli
inibitori
selettivi
della
ricaptazione
della
serotonina
hanno
globalmente
evidenziato
un'efficacia
nel
migliorare
la
sintomatologia
panicale
maggiore del placebo e almeno equiparabile a quella dei triciclici con un profilo
di tollerabilità migliore sia nei confronti di questi ultimi che delle benzodiazepine e degli IMAO (Westenberg, 1996).
Brevemente
da
un'analisi
dei
dati
in
letteratura,
gli
SSRI
più
ampiamente
studiati sono la paroxetina, la fluvoxamina e la sertralina. Per la prima molecola
in
letteratura
sono
stati
descritti
sei
studi
in
doppio
cieco
che
hanno
evidenziato una superiorità al placebo e in uno studio di confronto con la
clomipramina
una
pari
efficacia
ma
una
maggior
tollerabilità
della
paroxetina
(evidenziata
da
un
minor
numero
di
sospensione
del
trattamento)
(Lecrubier
et
al.,
1995).
Per
quanto
concerne
la
fluvoxamina
sono
riportati
in
letteratura
otto
studi
clinici
controllati
in
doppio
cieco
che
hanno
evidenziato
tutti
la
superiorità
di
questo
farmaco
al
placebo
e
un'efficacia
sovrapponibile,
o
superiore
alla
clomipramina,
alla
ritanserina
e
alla
maprotilina
(Den
Boer
1987;
Den
Boer,
Westenberg
1990).
La
fluoxetina,
il
ckalopram
e
la
serralina
sono
risultati
in
grado
di
ridurre
la
frequenza
degli
attacchi
di
panico
(Evans
et
al.,
1986,
Bertani
et
al.,
1997;
Gorman
e
Wolkow, 1994).
A fronte di una percentuale considerevole di soggetti particolarmente sensibili agli effetti collaterali dei farmaci
utilizzati e/o rifiutanti l'uso di farmaci psicotropi, la possibilità di offrire un trattamento psicoterapeutico risulta
di estrema importanza..
Il
ruolo
della
Psicoterapia
Cognitiva
nel
trattamento
del
Disturbo
di
Panico non è ancora così ben stabilito, come lo è invece, per il Disturbo Depressivo
Maggiore
(Dobson,
1989;
Scoti,
1996),
risulta
però
promettente,
in
base a recenti srudi di metanalisi sull'efficacia di tale trattamento (Mattick
et
al., 1990; Jacobson e Hollon, 1996; Gorman et al., 1998).
La
Psicoterapia
Cognitiva
nelle
sue
applicazioni
attuali,
ha
operato
un'integrazione
tra
tecniche
comportamentali
e
cognitive,
in
una
prospettiva
non
più
centrata
sui
sintomo,
ma
sugli
schemi
disadattivi
che
stanno
alla
base
della
vulnerabilità
personale
alla
patologia
e
dell'interazione
reciproca
tra pensiero emozione e comportamento (Calzeroni, 1999). Così, i protocolli terapeutici proposti da Beck e
colleghi (1992), Barlow e Craske (1990; 1994) e Clark e colleghi (1994), caratterizzati dall'alternanza di fasi
terapeutiche, in continuum tra loro, che sfruttano di volta in volta tecniche comportamentali (tecniche di
controllo
dell'iperventilazione,
tecniche
di
rilassamento
muscolare,
esposizione
graduale)
e
cognitive
(tecniche
di
ristrutturazione
cognitivo-emotive,
tecniche
immaginative,
training
di
assertivita,
problem
solving),
si
possono
giudicare
omogenei
e
distintivi
rispetto
ai
protocolli
comportamentali
sostanzialmente
limitati
alla
sola
esposizione
in
vivo
(Calzeroni,
1999).
Nell'analisi
della
letteratura
si
prenderanno
in
considerazione
gli
studi
condotti
su
campioni
omogenei
per
criteri
diagnostici
e per protocolli terapeutici, che rispondano ai criteri di analisi e verifica della moderna metodologia sperimentale.
Per superare i diversi problemi metodologici connessi alla valutazione dell'efficacia della Psicoterapia
Cognitiva nel trattamento del Disturbo di Panico, gli studi di letteratura sono stati
selezionati
in
base
ai
criteri
proposti
da
Margrafe
colleghi
(1993).
In
particolare, per rendere possibile una valutazione di confronto tra i vari studi, è
stata
presa
in
considerazione,
come
variabile
di
valutazione
primaria,
la
percentuale
di
pazienti
panie
free.
criterio
non
esaustivo
e
completo,
ma
più
pratico ai fini di questa ricerca (Cium, 1989). E’ stata inoltre analizzata l'influenza
di
tale
approccio
terapeutico
sul
tasso
di
dropouts.
In
particolare,
sono stati riportati i risultati di 6 studi in aperto e 13 studi controllati. Tra
questi,
8
hanno
incluso
gruppi
di
controllo
con
pazienti
trattati
con
placebo
psicologico
(un
dichiarato
trattamento
non
farmacologico,
aspecifico)
e
3
con
placebo
farmacologico;
4
studi
hanno
riportato
i
risultati
del
confronto
con
trattamenti
farmacologici
e
altri
3
con
trattamenti
combinaci.
Uno
studio
ha
riportato
i
risultati
del
confronto
tra
trattamento
combinato
e placebo farmacologico.
In 3 di questi studi, il protocollo terapeutico è stato applicato in formato
di
gruppo
e
ha
mostrato
un'efficacia
comparabile
con
quella
ottenuta
nei
trials
con
Psicoterapia
Cognitiva
in
formato
individuale.
Ciò
rappresenta
un
possibile
vantaggio
dal
punto
di
vista
economico,
visto
il
minor
costo
per
il
paziente
di
questo
tipo
di
terapia
cognitiva.
Nelle
seguenti
tabelle
sono
riportati
i
dati
riassuntivi
emersi
dall'analisi
della
letteratura
sull'efficacia
della
Psicoterapia
Cognitiva
nel
trattamento
del
Disturbo
di
Panico
negli studi in
aperto e controllati. La selezione degli studi in
aperto (vedi
tab.
1),
è
avvenuta
in
base
alla
presenza
di
protocolli
di
trattamento
confrontabili
o
sovrapponibili
con
quelli
dei
trials
sperimentali:
i
risultati
di
questo
tipo
di
studio,
pur
non
prevedendo
l'inclusione
di
gruppi
di
controllo,
forniscono,
comunque,
ulteriori
informazioni
sull'efficacia
della
Psicoterapìa
Cognitiva
in
setting
clinici
"naturali",
non
sperimentali,
pubblici
e/o privati.
Tabella 1. Studi in aperto: risultati ottenuti alla fine del trattamento in
acuto
Studio
Soggetti
DP/DPA
PC
Durata
Panic Free
(%)
Sokol '89
17
10/7
PC ind.
10-40w
17/17
(100%)
Shear '91
(26) 23
3/23
PC ind.
8w-6m
19/23
(83%)
Welkowitz'91
(24)19
1/23
PC ind.
6m
Pollack '94
(18)15
0/15
Calzeroni '97
18
5/13
PC-Gruppo
+F
PC ind.
Dropouts
(%)
3/26 1
(11.5%)
14/19
(74%)
5/24
(21%)
12 w PCC
eF
PC-G+F
7/15 (47%)
3/18
(17%)
(6m) (8m)
(12m)
8/18 (44%>)
a 6 mesi
0/18
13/18 (72%)
a 8 mesi
18/18 (100%)
a 1 2 mesi
Wade '98
110
22/85
PC 90 pz
15w
gruppo;
13 individuale;
6 mix
70/81
(87%)
29/110
(26%)
Soggetti: (iniziali) completers; DP: Disturbo di panico; DPA: con Agorafobia; PC:
Psicoterapia Cognitiva; F: trattamento farmacologico.
L'analisi dei dati evidenzia una frequenza di panic free che varia da un 44
al 100% con tassi di dropouts tra lo O e il 26%.
Per
quanto
concerne
l'analisi
dei
dati
degli
studi
con
gruppo
di
controllo
con placebo psicologico, la tabella 2 riassume i risultati. Sono stati considerati
come
placebo
psicologici,
trattamenti
attivi
ma
non
strutturati
o
focalizzati sul sintomo. In quattro studi, il confronto è stato con gruppi di pazienti
in trattamento con training di rilassamento e in altri tre, con psicoterapie di
tipo supportivo.
Tabella 2. Studi con gruppi di controllo: Placebo Psicologico. Risultati
ottenuti alla fine del trattamento in acuto
Studio
Barlow '89
Soggetti
(71)56
DP/DPA
56/0
PC
Controllo
PC
N=15
R ind.
Durata
Panic Free
(%)
(%)
15w
N=10
PC
Dropouts
R5/15 11/13
(85%)
(33%)
>
R6/10
PC 1/16
(60%)
(6%)
(Dati
>
non
disponibili
per tutti i pz)
Clark'94
(72)64
12/52
PC
N = 16
R ind.
12w
PC
(90%)
N=16
PC 14/16
=R1/17
1/17
>
R8/16
(50%)
Beck J.G. '94 (70)58
9/61
PC gruppo
R
lOw
N =N=19
17
PC
11/17
PC 5/22
(65%)
>
(23%) =
R9/19
R1/20
(47%)
Ost '95
(38)36
30/8
PC
N=19
R ind.
12w
(5%)
PC
N=2**
14/19
(74%)
N=17
=
R
11/17
(65%)
Arntz'96
36
36/0
PC
N=12
R ind.
12w
PC
*
9/12
(78%)
N=12
>
R6/12
(50%)
Beck '92
33
27/6
PC ind.
Pp
8w
N=17 N=16
PC
12/17
(71%)
>
Pp4/l6 (25%)
Shear'94
(66)45
4/16
PC ind.
Pp
15w
N=24 N=21
Craske '95
(30)29
10/20
PC
N= 16
Pp ind.
N=13
8w
PC
PC 16/24
(66%)
(35%)
Pp
Pp
(78%)
(28%)
13/37
=
=
16/21
8/29
PC
Pp 1/14
8/16
(53%)
>
Pp3/13
(23%)
Soggetti: (iniziali) completers;, DP: Disturbo di panico; DPA: con Agorafobia; PC:
Psicoterapia Cognitiva (individuale o di gruppo); R: Training di rilassamento; Pp:
Psicoterapia di supporto; ** pazienti di sesso femminile, non è indicato di quale
gruppo di trattamento
Come
sì
può
osservare
dalla
tabella
2,
risulta
confermata
l'efficacia
della
Psicoterapia
Cognitiva
in
acuto,
rispetto
a
un
dichiarato
trattamento
non
farmacologico,
aspecifìco,
mentre
non
sembra
ancora
possibile
trarre
conclusioni
definitive
sulla
specificità
della
Psicoterapia
Cognitiva
in
base
al
confronto con tale gruppo di controllo. I risultati in acuto degli studi sperimentali
con
gruppo
di
controllo
con
placebo
farmacologico
sono
riassunti
nella
tabella
3.
Il
confronto
con
il
placebo
farmacologico
(più
controllabile,
in
quanto
fisiologicamente
inerme,
rispetto
a
forme
di
placebo
psicologico
che
possono
comunque
contenere
elementi
attivi
tecniche
psicoeducative
anche
se
non
specificamente
strutturati
per
il
trattamento
del
disturbo)
permette
di
considerarne
anche
la
specificità
nel
trattamento
del
Disturbo
di
Panico, anche se le conclusioni a tal proposito non possono essere considerate definitive; di fatti sono necessari ulteriori studi sia su campioni sperimentali, sia su campioni di pazienti "naturali".
Tabella 3. Studi con gruppo di controllo: placebo farmacologico. Risultati
ottenuti alla fine del trattamento in acuto
Studio
Klosko '90
Soggetti
DP/DPA
(69)57
12/45
PC
Controlli
PC ind.
PfN= 11
Durata
Panic Free
(%)
(%)
15w
PC 13/15
PC 3/18
(87%) >
(16%) >
PF4/11
PF7/18
(36%)
(39%)
PC 9/16
PC 9/25
(53%) >.
(36%) >
PF5/18
PF7/25
(29%)
(28%)
PC 21/30
PC 13/43
(70%) =
(30%) =
Pf17/28
PF9/37
(61%)
(24%>)
N=15
Black '93
(75)55
13/62
PC ind.
PfN = 18
8w
N= 16
Sharp '96
(190)149
PD+PDA
PC ind.
PfN - 28
12w
N=30
Dropouts
Soggetti: (iniziali) completerà DP: Disturbo di Panico; DPA: con Agorafobia; PC:
Psicoterapia Cognitiva; Pf: Placebo farmacologico.
I
risultati
in
acuto
gicamente,
sono
no
l'efficacia
che
degli
riassunti
della
nella
studi
con
tabella
Psicoterapia
gruppo
4.1
di
risultati
Cognitiva
sia
controllo
di
comparabile
(se non superiore) al trattamento farmacologico in acuto.
Tabella 4. Studi con gruppo di controllo farmacologico. Risultati ottenuti
alla fine del trattamento in acuto
questi
trattato
farmacolo-
studi
suggerisco-
ed
equivalente
Studio
Klosko '90
Black'93
Soggetti
(69) 57
(75)55
DP/DPA
12/45
13/62
PC
Controlli
PC ind.
F
N =15
N =16
PC ind-
F
N=16
N =21
Durata
Panic Free
(%)
(%)
15w
PC 13/15
PC 3/18
(87%) >
(16%)=
F8/16
F 1/17
(50%)
(6%)
PC 9/16
PC 9/25
(53%) <£
(36%) >
8w
Dropouts
F 17/21
F 4/25
Clarck 94
Sharp'96
(72)64
(190)149
12/52
PD+PDA
PC ind.
F
12w
N=16
N=16
PC ind.
F
12w
N=30
N =28
(81%)
(16%)
PC 14/16
PC 1/17
(.90%) >
(6%) =
F9/16
F 1/17
(55%)
(6%)
PC 21/30
PC 13/43
(70%) =
(30%) >
P 20/29
F7/36
(69%)
(19%)
Soggetti: (iniziali) completers; DP: Disturbo di Panico; DPA: con Agorafobia; PC:
Psicoterapia Cognitiva; F: Trattamento farmacologico;
1
risultati
in
acuto,
degli
combinati sono riassunti nella tabella 5.
studi
con
gruppi
di
controllo
con
trattamenti
Dall'analisi
di
tali
studi,
emerge
un'equivalenza,
in
acuto,
nei
risultati
tra
l'effìcacia
della
Psicoterapia
Cognitiva
da
sola
o
in
combinazione
con
farmaci psicotropi. I risultati in acuto, degli studi di confronto tra trattamenti combinati e placebo sono riassunti nella
tabella 6.
Da
questo
studio,
risulta
confermata
l'efficacia
della
Psicoterapia
Cognitiva
in
combinazione
con
un
trattamento
farmacologico
nel
confronto
con
il
placebo
farmacologico,
che
permette,
inoltre,
di
considerarne
anche
la
specificità
nel
trattamento
del
Disturbo
di
Panico,
sebbene
le
conclusioni
a
tal
proposito non possano essere considerate definitive, data l'esiguità dei dati.
Tabella
5.
Studi
fine del trattamento in acuto
Studio
Soggetti
con
DP/DPA
gruppo
PC
di
controllo:
Controlli
Durata
(%)
i'ur:it,i
Terapie
combinate.
Panic free
(%)
Risultati
Dropouts
alla
Cottreaux
‘95
(77)48
0/48
PC ind. +
Pf N = 27
PC + F
N = 21
16w
Oehrberg
‘95
(120)107
16/104
PC, ind. +
PfN= 52
PC + F
N = 55
12w
Sharp '96
(190)149
PD +
PDA
PC ind.
N=30
PC + F
N=29
]2w
PC + F
15/21
(71%) =
PC + Pf
20/27
(74%)
PC + F
19/55
(36%) >
PC + F
16/37
(43%) =
PC + Pf
13/40
(33%)
PC + F
5/60
(8%)
PC + Pf
8/52
(16%)
PC 21/30
(70%) =
PC + F
24/29
(83%)
PC + Pf
8/60
(13%)
PC 13/43
(30%)
PC ” F
9/^8
(23"”)
Soggetti: (iniziali) completerà DP: Disturbo di Panico; DPA: con Agorafobia; PC':
Psicoterapia Cognitiva; Pf: Placebo farmacologico; F: Trattamento farmacologico..
Tabella
6.
Studi
di
confronto
tra
trattamenti
combinati
e
placebo.
Risulta-
ti alla fine del trattamento in acuto
Studio
Soggetti
i)P/ì)PA
Sharp '96
090) 149 m + PUA
PC
Controlli
PC ind. + F
N=29
Pf
N - 28
Duraf.1 P.in.K. i'ri-'el^ropuurs ,
^o/;, ^
!2w
PC
:
2 i/2 9
(83%) ;•
l'i '+, I- i '•'
^).3s 1^ i
f23"i>)
PI'17/28
;'t-9/37
(61%)
(2.%,) |
|
Soggetti: (iniziali) completerà DP: Disturbo eli Panico; DPA: con Agorafobia; PC:
Psicoterapia Cognitiva; F: Trattamento farmacologico; Pf: Placebo farmacologico
Scopo della ricerca
La
questione
della
valutazione
dell'efficacia
clinica
Cognitiva è stata ampiamente analizzata e confermata in numerosi studi
della
Psicoterapia
clinico-sperimentali, soprattutto nell'ambito del trattamento dei Disturbi Affettivi. In relazione al Disturbo di Panico, invece, lo stato dell'arte non permette ancora di trarre conclusioni definitive sull'argomento, sebbene analisi preliminari, come abbiamo visto, mostrino risultati promettenti. La presente
ricerca si propone di fornire un ulteriore contributo a tale area d'indagine. In
tal senso, gli obiettivi di questo lavoro sono:
valutare
nella
pratica
clinica
l'efficacia
in
acuto
tiva, nel trattamento del Disturbo di Panico con o senza Agorafobia;
valutare
la
tollerabilità
di
questo
di dropouts, compliance ed effetti avversi indesiderati.
trattamento
della
Psicoterapia
psicoterapeutico
in
Cognitermini
Metodo
Sonetti
11 campione
da 98 soggetti
di pazienti
(52 donne,
preso in esame per il presente studio
46 maschi; età media di 32,5 ± 8.46
è composto
anni, range
1
8-60
anni)
che
hanno
iniziato
un
trattamento
psicoterapeutico
cognitivo
in
occasione di un episodio panicale acuto. Tutti i pazienti sono stati informati
sul fatto che le scale di valutazione e le notizie cliniche raccolte durante la
terapia,
oltre
al
monitoraggio
clinico,
avrebbero
potuto
essere
protocollate,
salvaguardato
l'assoluto
anonimato,
anche
a
scopo
di
ricerca
e
hanno
fornirò
l'autorizzazione
verbale
(consenso
informato)
alla
loro
utilizzazione
per
le
analisi che saranno presentate.
I criteri d'inclusione nel presente studio sono stati: 1) diagnosi di Disturbo di Panico con o senza Agorafobia in accordo coi criteri operativi del DSMII1-R
(American
Psychiatric
Association,
1987)
e
del
DSM-1V
(American
Psychiatric Association, 1994); 2) età compresa fra i 18 e i 60 anni; 3) presenza
di
una
coterapia
farmacologica,
purché
a
posologia
stabilizzata
di
mantenimento
o
in
riduzione
durante
il
trattamento;
4)
presenza
di
almeno
12
mesi
di
osservazione
clinica
diretta
(follow-up)
dopo
la
fine
del
trattamento
(acuto o di mantenimento); 5) presenza di codiagnosi di Disturbo dell’Umore di tipo depressivo senza sintomi
psicotici.
Sono stati adottati i seguenti criteri d'esclusione: 1) diagnosi di Schizofrenia. Disturbo Schizoaffettivo,
Disturbo
Bipolare,
Disturbo
Depressivo
con
sintomi
psicotici,
Disturbo
di
Personalità
di
cluster
A
(Schizotipico,
Schizoide,
Paranoide)
o
di
cluster
B
(Antisociale,
Borderline);
2)
diagnosi
di
Disturbo
Mentale Organico o di Deficit Intellettivo (QI inferiore a 80); 3) codiagnosi di
Disturbo d'Ansia in corso, se dominante rispetto al Disturbo di Panico; 4) diagnosi
primaria
di
alcoolismo
o
di
tossicodipendenza
nell'ultimo
anno;
5)
presenza
d'ideazione
autolesiva
o
rischio
suicidano,
tale
da
consigliare
l'immediata
ospedalizzazione;
6)
malattia
fisica
concomitante
o
assunzione
cronica
di
terapie mediche che possano causare l'insorgenza e il mantenimento del Disturbo
di
Panico
(per
esempio
disfunzioni
tiroidee
o
terapia
ormonale
sostitutiva).
In
base a tali criteri il campione è risultato composto da 98 pazienti con diagnosi
di Disturbo di Panico con (N = 63) e senza (N=35) Agorafobia. 35 pazienti al
primo episodio di malattia, 4\ pazienti con una diagnosi di almeno 1-3 episodi ricorrenti e 22 pazienti con un'anamnesi per 4 o più episodi di malattia.
Procedura
Il protocollo di selezione e di monitoraggio clinico del campione adottato è
quello
proprio
di
uno
studio,
naturalistico,
prospettico
non
randomizzato.
Benché
non
si
tratti
di
un
protocollo
sperimentale
(randomizzato,
controllato),
la
procedura adottata nella presente ricerca è in linea con i protocolli utilizzati da
molti studi farmacologici di costo-efficienza, la cui validità oggi è messa in risalto soprattutto nella maggior capacità di descrivere valutazioni d'esito effettivamente riscontrabili nella pratica
clinica,
rispetto
a
quanto
risulta
negli
studi
sperimentali. Questo tipo di ricerca è infatti limitato dalla necessità di conciliare il
rigore scientifico del metodo con le esigenze di adattamento dei protocolli (sentita ancor di più nella ricerca psicoterapeutica rispetto a quella psicofarmacolgica) alla pratica pubblica e privata quotidiana. Pertanto le osservazioni e i risultati del presente studio devono essere valutati alla luce di queste limitazioni, che
non ne permettono in alcun modo generalizzazioni o conclusioni, se non sotto
forma
di
suggerimenti
per
riflessioni
o
ipotesi,
utili
per
stimolare
ulteriori
approfondimenti
e
ricerche
da
condurre
(almeno
per
sotto-campioni
rappresentativi)
in
modo
controllato
e
randomizzato.
Peraltro,
i
seguenti
elementi
caratterizzanti
questa
ricerca,
rendono
i
risultati
ottenuti
attendibili
nel
poter
riprodurre una significativa fotografia dello "stato dell'arte", in tema di efficacia
e di fattori predittivi d'esito, del trattamento cognitivo del Disturbo di Panico:
- l'entità del campione non usuale nella ricerca sugli esiti dei trattamenti
psicoterapeutici;
la
rilevazione
routinaria
delle
caratteristiche
clinico-prognostiche
(variabili
sociodemografiche,
cliniche
e
prognostiche)
mediante
scale
strutturare,
che
permette
un
inquadramento
diagnostico-clinico
baseline
(che
cosi
non
ha
dovuto
esser
ricercato
a
posteriori,
retrospettivamente),
utile
a
un'analisi
prospettica dei risultati;
l'uso
sistematico
di
scale
di
valutazione
standardizzare
autosomministrate,
analoghe
a
quelle
utilizzate
nella
maggior
parte
dei
trial
farmacologici
(naturale
standard
di
riferimento)
che
permette
il
monitoraggio
longitudinale del caso e dell'efficacia clinica dell'intervento, a breve e lungo termine;
- il fatto che si sia trattato di un'esperienza che ha coinvolto tutti i soggetti
per cui è stata fatta diagnosi di Disturbo di Panico, consecutivamente presi in
carico dai terapeuti partecipanti, in un arco di tempo che va dal 1992 al 1998;
- l'uso di un protocollo terapeutico omogeneo e strutturato che garantisce
un elevato grado di riproducibilità nella conduzione del trattamento (per cui e in programma la
pubblicazione di un manuale per i terapeuti e di un
manuale per il paziente).
Trattamento
Tutti i pazienti che hanno ricevuto la diagnosi di Disturbo di Panico dopo
intervista strutturata (in accordo con le Structured Clinical ìnterview dei
DSM-III-R e DSM-1V disponibili in lingua italiana) sono stati assegnati a
una psicoterapia cognitiva strutturata con un primo ciclo (trattamento acuto
standard) di 14 sedute individuali in sedici settimane (84 pazienti), o di 10
sedute di gruppo in 3 o 10 settimane (14 pazienti). Due sedute programmate di rinforzo {booster session) sono stare eseguire nei successivi primi due
mesi. In caso di mancata risposta clinica (pazienti sintomatici invariati) o di
sintomatologia residuale (pazienti in remissione parziale) al termine del trial
standard, la terapia è stata prolungata con un secondo ciclo di 4 mesi, focalizzata sul trattamento cognitivo di specifiche aree-problema e sul rinforzo
dell'effetto profilattico (trattamento di consolidamento). In caso di ulteriore
necessità, è stato possibile continuare il trattamento cognitivo per un terzo
ciclo (trattamento di consolidamento) o fino al raggiungimento della condizione asintomatica per almeno un mese. Oppure è stato possibile sottoporre
il caso a una rivalutazione diagnostico-terapeutica.
La seduta individuale ha avuto una durata di 30-50 minuti, mentre per la
terapia di gruppo è stata di 4 ore a incontro. Il protocollo d'intervento, omogeneo nei diversi settings clinici usati (individuale e di gruppo, pubblico e
privato) ha previsto il susseguirsi di 5 fasi (cui corrispondono compiti a casa
ed esercitazioni in seduta):
1) la rase psicoeducativa, in cui l'obiettivo terapeutico è focalizzato sulla
presentazione del modello cognitivo della malattia, sul razionale dell'approccio
terapeutico
cognitivista
e
sull'instaurazione
di
un'interazione
terapeutapaziente improntata, secondo l'ottica cognitivista, sulla collaborazione reciproca (metafora dei due
scienziati in laboratorio)
2) la rase comportamentale sintomatica, focalizzata sull'apprendimento di
tecniche per il controllo dei sintomi ansiosi somatici, attraverso training specifici di controllo
dell'iperventilazione e di rilassamento muscolare (in forma
isometrica e progressiva) e sull'esposizione graduale a situazioni ansiogene;
3) la fase cognitiva sintomatica, diretta a fronteggiare i sintomi psichici
del disturbo, gli evitamenti fobici e l'ansia anticipatoria, attraverso l'apprendimento delle tecniche di registrazione, identificazione e ristrutturazione
dell'interazione fra emozione, processi cognitivi (pensieri automatici disfunzionali, "caldi"' e
"freddi") e i principali errori cognitivi (distorsioni cognitive), oltre alla tecnica della desensibilizzazione sistematica;
4) la fase comportamentale strategica, con esposizione agli stimoli enterocettivi (test provocativi) e a situazioni
ansiogene specifiche;
5) la fase cognitiva strategica, finalizzata alla prevenzione delle ricadute, in
cui
l'attenzione
è
finalizzata,
per
tutti,
all'identificazione
e
alla
ristrutturazione degli schemi cognitivo-emotivi o assunta di base disfunzionali (in terna di
accettazione,
controllo,
competenza)
che
bloccano
i
processi
di
conoscenza/elaborazione
del
soggetto
e
i
processi
di
cambiamento
(con
conseguente
rischio
di
resistenza
al
trattamento).
Tale
fase,
in
forma
individualizzata
allo
specifico
bisogno
del
soggetto,
è,
invece,
focalizzata
sulla
riattribuzione
del
significato
di
esperienze
precoci
e
recenti,
o
sulla
ristrutturazione
di
specifici
domini
(modalità
di
comunicazione
intra
o
interpersonale,
abilità
di
fronteggiamento
dei
problemi,
rinforzo
dell'autostima).
Le
tecniche,
focalizzare
su specifiche aree-bersaglio, sono quelle saldamente validate dall'ultraventennale esperienza
cognitivo-comportamentale
e
sono
in
accordo
con
le
linee
guida della psicoterapia cognitiva standard di Beck (Clark, 1995).
Tutti
gli
psicoterapeuti
cognitivisti
impegnati
nei
trattamenti
dei
pazienti
inclusi nel presente studio — due specialisti in psichiatria (C. A.; L. G.) e uno
psicologo clinico (D. A.) — hanno completato il loro training quinquennale in
psicoterapia cognitiva presso il centro di Psicologia Clinica di Milano e hanno
svolto docenza in Psicoterapia Cognitiva presso il centro di Psicologia Clinica
di Milano. Tutti sono membri dell' International Association for Cognitive Psychotherapy e sono soci fondatori dell'Associazione Italiana per lo Sviluppo della Psicoterapia Cognitiva. Uno dei terapisti (C. A.), psichiatra presso il Servizio
psichiatrico
universitario
dell'ospedale
San
Paolo
di
Milano,
è
responsabile
scientifico
del
Progetto
sperimentale
sulla
valutazione
dell'efficacia
del
trattamento cognitivo dei Disturbi d'Ansia approvato dalla Regione Lombardia.
Del
campione
preso
in
esame
34
pazienti
hanno
ricevuto
una
coterapia
farmacologica.
Di
questi,
30
hanno
concordato
di
iniziare
una
psicoterapia
cognitiva integrata alla farmacoterapia in corso, mentre in solo 4 casi la psicoterapia
è
stata
associata,
contemporaneamente,
all'inizio
di
una
terapia
farmacologica. Le ragioni d'invio sono state: una cattiva o parziale risposta clinica, esitata in una sintomatologia
residuale
al
termine
del
trattamento
farmacologico acuto; una ricaduta sintomatologica dopo diversi trattamenti farmacologici consecutivi; oppure
una
ricorrenza
clinica
in
corso
di
trattamento
farmacologico di mantenimento. Tali pazienti hanno assunto antidepressivi triciclici (clorimipramina o
imipramina
fino
a
una
posologia
di
150
mg/die)
o
un
antidepressivo
selettivo
sulla
ricaptazione
serotoninergica
(paroxetina
fino alla posologia di 50 mg/die o fluoxetina da 20 a 40 mg/die). Venti pazienti
hanno
assunto
benzodiazepine
in
combinazione
con
l'antidepressivo.
1
pazienti hanno potuto concordare la continuazione della terapia farmacologica o la sua riduzione scalare,
mentre qualsiasi aumento della terapia farmacologica associata durante la psicoterapia cognitiva è stato
considerato
un
motivo di esclusione, concordata dalle analisi eseguite per lo studio {dropout).
Procedure di valutazione clinica
La valutazione basale sintomatologica e della qualità della vita (baseline) è
stata
effettuata
nel
periodo
delle
4
settimane
precedenti
l'inizio
del
trattamento, durante la visita di screening. Nel caso di un tempo di attesa per il trattamento superiore al mese, tale valutazione è stata rifatta nel corso della prima
seduta
di
terapia,
rispetto
all'ultimo
mese.
Le
successive
valutazioni
cliniche
utilizzare per il presente studio sono state effettuate alla fine del trattamento
acuto
standard
e
degli
eventuali
successivi
trattamenti
di
mantenimento.
La
batteria
degli
strumenti
di
monitoraggio
clinico
utilizzati
nel
presente
studio
è
stata
quella
routinariamente
usata
nel
setting terapeutico
cognitivo
per
valutare l'andamento del trattamento. Nel corso di queste visite è stato possibile
valutare
il
quadro
clinico
del
paziente
grazie
a
scale
autosomministrate
che
rendono
superfluo
l'uso
di
un
osservatore
esterno
(peraltro,
per
la
compilazione
di
altre
scale
eterosomministrate,
non
incluse
nel
presente
lavoro,
sono
state
utilizzate
le
valutazioni cliniche
eseguite
da uno
psicologo
clinico, estraneo
al
gruppo
dei
terapeuti
e
in
cieco
rispetto
all'andamento
della
terapia).
Gli attacchi di panico sono stati valutati con una scheda ad hoc di registrazione
quotidiana,
a
disposizione
del
paziente,
durante
il
trattamento
(la
frequenza degli attacchi di panico è stata poi calcolata come numero medio per settimana)
e
nel
follow-up.
La
sintomatologia
fobica
è
stata
monitorata
mediante
il
punteggio,
soggettivamente
assegnato
da
ciascun
paziente
alla
scala
visivoanalogica
(punteggi
da
O
a
10)
della
Phobia
Scale
di
Marks
e
Mathews
(1979). La qualità della vita è stata valutata mediante la somma del punteggio
totale,
soggettivamente
assegnato
dal
paziente
alle
tre
scale
visivo
analogiche
(punteggio da O a 10) della Disability Scale dì Sheehan (1986). Tali scale sono
largamente utilizzate nella pratica clinica nelle loro forme tradotte in italiano.
La valutazione dei risultati clinici si è avvalsa dei seguenti criteri. Alla fine
del trattamento acuto (standard) la risposta clinica alla terapia è stata considerata buona (pazienti in
remissione)
se
c'è
stata
una
riduzione
uguale
o
superiore al 50% (Hamilton, 1982) del numero di attacchi di panico registrato nelle condizioni basali. In
specifico
è
stato
evidenziato
il
sottogruppo
di pazienti asintomatici o, in analogia con la letteratura, panie free (pazienti
guariti).
Alternativamente,
è
stata
considerata
cattiva
(pazienti
sintomatici
invariati) se è stata osservata una riduzione inferiore al 50% del numero iniziale di attacchi di panico. La risposta alle scale di evitamento fobico e di
qualità della vita è stata giudicata buona, se il punteggio registrato alla fine
del
trattamento
aveva
una
riduzione
uguale
o
superiore
al
50%
rispetto
ai
punteggi iniziali registrati nelle medesime scale.
Nel
presente
studio,
la
compliance
è
stata
espressa
come
giudizio
globale,
in
corso
di
trattamento:
il
grado
di
bassa
compliance
equivale
all'esecuzione
del
20%
dei
compiti
assegnati,
quello
intermedio
all'esecuzione
di
almeno
il
50% dei compiti, e il grado elevato a un'esecuzione dei compiti assegnati
superiore
al
50%.
La
valutazione
dell'adesione
del
paziente
al
trattamento
(compliance)
è
stata
ottenuta
attraverso
la
registrazione
dell'esecuzione/non
esecuzione
al
compito
a
casa
assegnato
(non
valutazione
del
risultato,
ma
solo se il compito concordato in modo collaborativo sia stato eseguito o no).
Risultati
Risposta clinica al trattamento acuto standard
I 98 soggetti inclusi nello studio, dopo aver ricevuto la diagnosi di disturbo di panico e l'indicazione alla psicoterapia cognitiva, hanno iniziato il trattamento in un setting pubblico (n = 23) o privato (n = 75). Solo 5 (5%) di
loro
hanno
interrotto
il
trattamento
acuto
standard
entro
le
prime
5
seduce
(n = 2), o successivamente in corso di terapia (n = 3). Tutti i pazienti (età
media 36.6 ± 7) che hanno interrotto il trattamento {dropouts), sono di sesso
femminile,
prevalentemente
affetti
da
Disturbo
di
Panico
con
Agorafobia
(n
= 4/5) e da un grado severo (n = 4/5) di malattia; presentavano inoltre un'anamnesi di recidive multiple e una
durata
di
malattia
di
almeno
3-6
anni.
Sono stati trattati con Psicoterapia Cognitiva da sola (n = 2) o in corerapia
con farmaci (n = 3) verso cui, nessuno ha mostrato un'elevata compliance/socializzazione (risultata di grado
basso in 3 casi e intermedia in 2).
Dei 93 pazienti (età media 32.2 .f 8) che hanno completato il trattamento
acuto
standard,
56
(60%)
hanno
ottenuto
una
buona
risposta
clinica
al
termine del trattamento (52 dei quali, sono risultati asintomatici o panic free e
4
risultavano
in
remissione,
ma
con
sintomatologia
panicale
residuale),
trentasette
(40%)
sono,
invece,
rimasti
invariati
rispetto
alle
condizioni
iniziali.
Rispetto alle condizioni registrate prima del trattamento, la qualità di vita è
risultata migliorata in 45 casi (48%) e invariata in 48 casi (52%). I due gruppi a buona e cattiva risposta clinica sono risultati bilanciati per la distribuzione simmetrica di molte variabili
quali:
l'età
al
momento
del
trattamento,
l'età d'esordio, il sesso, la classe sociale, la durata di malattia, l’anamnesi di eventi stressanti all'esordio di
malattia,
la
presenza
di
una
familiarità
per
disturbi
psichiatrici,
la
presenza
di
una
comorbidità
per
disturbi
psichiatrici,
la
presenza
di
una
coterapia
farmacologica.
Nel
sottogruppo
di
pazienti
in
cui il Disturbo di Panico è risultato complicato dalla presenza di Agorafobia,
la condizione di panic free alla fine del trattamento acuto (25/59 pari al 42%),
si
è
accompagnata
a
miglioramenti
simili,
registrati
anche
nelle
condizioni
di
evitamento fobico (18/59 pari al 32%) e nella qualità della vita (17/59 pari
al
29%).
Peraltro,
la
presenza
o
meno
di
complicazione
agorafobica,
invece,
si è correlata con elevata significatività statistica alla buona o cattiva risposta
al
trattamento
cognitivo
acuto
standard.
Infatti,
ben
34
dei
41
pazienti
con
una
cattiva
prognosi
al
trattamento
acuto
standard
hanno
presentato
un'anamnesi per Agorafobia (83%) rispetto alla presenza di tale sottogruppo tra i pazienti panic free (25/52 pari al
48%)
(C2
Yates
=
10.5;
p
=
.001).
La
presenza
di
complicazione
agorafobica
nell'anamnesi
dei
pazienti
risulta
una
variabile
specifica
(0.7?.
=5,2)
per
individuare
il
sottogruppo
di
probandi
a
rischio
di
cattiva
prognosi
al
trattamento
cognitivo
standard
e
di
prolungamento del trattamento per poter raggiungere una condizione di guarigione.
Inoltre,
non
sono
state
riscontrate
differenze
significative
nella
percentuale
di panie free tra i pazienti trattati con la sola terapia cognitiva e quelli trattati
con la psicoterapia integrata al trattamento farmacologico (C = .02; p = NS).
Risposta clinica alla prosecuzione del trattamento acuto (trattamento di consolidamento)
Tutti i 4 pazienti in remissione parziale si sono giovati di un secondo protocollo di terapia, raggiungendo la condizione asintomatica di
panic free.
trentacinque dei 37 pazienti che hanno mostrato una cattiva risposta al primo trattamento
standard (i restanti 2 non hanno accettato
la proposta di proseguire
la terapia), sono stati sottoposti a un secondo protocollo cognitivo, con discreti risultati.Infatti, nel 76% (26/34) dei casi trattati è stata raggiunta la condizione di panic free, in 8 casi la situazione clinica è rimasta sintomatica e solo in
un caso si è assistito a un'interruzione non concordata della terapia {dropouts).
Alla
proposta,
fatta
a
quest'ultimo
sottogruppo,
di
proseguire
la
terapia
cognitiva con un terzo protocollo, 1 ha rifiutato mentre gli altri 7 hanno accettato. Di questi ultimi, 3 sono divenuti panie free dopo un anno complessivo di
terapia,
2
sono
migliorati
significativamente
rispetto
alle
condizioni
cliniche
iniziali ma non sono guariti (residuali) e 2 sono rimasti invariati rispetto alle
condizioni iniziali (definibili come "resistenti" veri alla psicoterapia cognitiva).
Complessivamente,
al
termine
di
un
anno
di
terapia
il
91%
(85/93)
dei
pazienti è risultato guarito e solo il 2% (2/93) ha mostrato una resistenza vera al
trattamento
cognitivo.
Parallelamente
la
quota
di
casi
che
hanno
mostrato
un
miglioramento
anche
di
qualità
di
vita
raggiunge
1'86%
(80/93).
Nei
pazienti
con
anamnesi
di
Agorafobia
l'efficacia
antifobica
è
risultata
altrettanto
marcata,
al termine di complessivi 12 mesi di terapia, nell'80% (47/56) dei casi trattati.
Tollerabilità al trattamento cognitivo
I dropouts. primo trattamento sono stati solo il 5% e solo 1 dei 37 pazienti che abbiano accettato di proseguire il trattamento per altri 4-8 mesi, ha
interrotto
precocemente
il
trattamento.
Solo
in
due
casi
si
sono
registrate
reazioni
inattese
in
corso
di
trattamento
ascrivibili,
con
elevata
probabilità,
alle tecniche utilizzate (in un caso si è trattato di incubi notturni con aspetti
dissociativi,
assenti
nell'anamnesi
del
soggetto
prima
del
trattamento
psicoterapeutico
cognitivo;
nell'altro
caso,
si
è
trattato
di
una
breve
reazione
depressiva, dopo aver fronteggiato una situazione prima evitata). La compliance globale, nei casi che hanno
completato
il
trattamento
standard,
è
risultata alta nel 61%, e intermedio/bassa nel 39% dei casi trattati.
La
presenza
di
un'adeguata
adesione
al
trattamento,
variabile
correlabile
alla
creazione
e
al
mantenimento
di
un'adeguata
alleanza
terapeutica,
risulta
predire
specificamente
la
risposta
al
trattamento.
L'anamnesi
di
un'elevata
compliance
in
corso
di
trattamento
è
risultata
significativamente
presente
in
39 dei 52 panic free (7'5%), rispetto ai 17 dei 41 sintomatici (41%) (C2 Yates
=
9.4;
p
=.002).
Dunque,
la
continuità
di
adesione
ai
compiti
assegnati
durante il corso della psicoterapia (O.R. = 4.2) è risultata un indice predittivo di efficacia clinica dell'intervento cognitivo antipanico e antifobico.
Tabella 7 riassuntiva
CAMPIONE
INIZIALE
CAMPIONE
N=98
INIZIALE
>
'
COMPLETER
S
n
1
N=
n
•z
eri
'
0 PANIC t-'REE
r' 1° TRIAL
5 N = 52/56 (93%)
TI
^4
93/98 (95%)
N=
IN
REMISSIONE
1° TRIAL
0
•z
DROl'OUT
S
N=98
PANIC FREE
N=56
PANIC
FREE
-—
N = 82
O
'
N
= 56/93 (60%)
^—————
——PA.
R
E
S
N
R
I
N -:
C
PANIC
NON
RESPONDERS
1° TRIAL
ì
PON R/RESIDUALI
DF ne parziale
emis TRIAL
t
FRE
sio ^56-(7%)
E
-4 I"-i —\ 11° IL 11° -t
^^ \
N=4/ TR1A
FRE
E
N 26
= FRE
PANI E
C
N=
85/93 (91.4%)
N=
37/93 (40%)
N=
'55
\
RIA
L
STOP
—
—”
•
=3
r
NON
Rl-.Sl'ONDLR
N-8
N
RESIDUA
LI
VERI
= 2/93 (2.2%)
ili0 •l
-
N=2
—
—^ DKOPO
~
UT
N-1
N=7
V
1
PANIC
FREE
VERI
5 (5%)
RIAL
,
NON
RESPONDERS
VERI
N = 2/93 (2.2%)
Discussione
Valutazione d'esito della Psicoterapia Cognitiva nel trattamento del Disturbo
di Panico: efficacia clinica antipanico e antifobica, tollerabilità e qualità della
vita a breve termine
I risultati ottenuti in acuto nel nostro campione di pazienti trattati con
psicoterapia cognitiva standard suggeriscono che oltre la metà (52/93 pari al
56%) dei pazienti che iniziano il trattamento, raggiungono uno stato di guarigione dagli attacchi di panico al termine del primo protocollo concordato
STOP
N=1
di terapia. Peraltro, un prolungamento del periodo di trattamento permette
la guarigione dei pazienti in remissione parziale con sintomi residuali e di
una larga quota di pazienti con cattiva risposta al primo trattamento cognitivo standard. In specifico, la terapia di consolidamento proposta permette,
complessivamente, di portare la quota di pazienti trattati e guariti all'88%
dei casi (82/93) dopo 8 mesi complessivi di terapia e al 91% (85/93) dopo
un anno di terapia continuativa. Tale dato concorda con i risultati in letteratura che riportano percentuali di pazienti panic-free tra il 58 e 11 100% (con
una media che si attesta circa allo 80%) (Calzeroni et al., 1997).
In mancanza di dati confrontabili con i risultati ottenuti da altre psicoterapie, che difficilmente utilizzano metodologie di valutazione clinica e statistica standardizzate, idonee al confronto fra gruppi, il gruppo standard di
riferimento appare quello farmacologico. I nuovi antidepressivi (paroxetina,
citalopram,
Huoxetina,
fluvoxamina,
sertralina)
hanno
migliorato
l'efficacia
clinica antipanico dei primi trattamenti (triciclici, benzodiazepine a elevata
potenza), attestata sul 50-70% dei casi, fino a ottenere una guarigione in
una quota molto elevata (70-90% nei diversi studi) di pazienti, già nelle prime 4-8 settimane di trattamento (Pollack et al., 1994). In questo senso, la
guarigione
indotta
dall'intervento
psicoterapeutico
nel
nostro
campione,
appare raggiunta con una latenza di risposta che ricalca quella ottenuta dalla
farmacoterapia nei tre quinti della popolazione trattata. D'altra parte, i successivi due quinti dei pazienti trattati, guariscono nei successivi mesi 4-8
mesi di trattamento psicoterapeutico di consolidamento. Tale periodo di
trattamento aggiuntivo, può essere sovrapposto al periodo di 8-12 mesi di
terapia di mantenimento, generalmente previsto nei trattamenti farmacologici. Dunque, la differenza nella quota di guariti fra quelli forniti dalla letteratura farmacologica e quelli ricavati dal nostro campione, si riduce fino ad
annullarsi dopo un anno di trattamento. Infatti, la quota del 91% di pazienti guariti, del nostro studio, finisce per sovrapporsi alle quote di pazienti
guariti generalmente osservati durante un trattamento
farmacologico standard complessivo, della durata di un anno, condotto coi più recenti antidepressivi entrati in commercio. Questo risultato non appare influenzato, nel
nostro campione, dall'eventuale coterapia farmacologica con gli stessi farma ci antidepressivi,
mostrando
una
risposta
clinica
distribuita
simmetricamente fra i pazienti trattati con la sola psicoterapia cognitiva e quelli in trattamento integrato con tarmaci antidepressivi.
Tuttavia, occorre sottolineare il fatto che, a parità di efficacia antipanico
dimostrata in acuto, questo risultato finale sembra essere caratterizzato da
una notevole asimmetria fra i due trattamenti, in termini di adesione al trattamento e comparsa di eventi avversi in corso di trattamento. Infatti, mentre
nel nostro studio la psicoterapia cognitiva dimostra un'elevata tollerabilità,
con una comparsa di effetti collaterali nel solo 2% dei casi (2/93) e una quota di drop-outs complessiva, per 12 mesi di trattamento, del 6% (6/98 trattati), dato in linea con i risultati riportati in letteratura che evidenziano un
range di frequenza di drop-outs tra lo 8 e il 21%, la letteratura farmacoterapeutica riporta quote più elevate di drop-outs (25-30%) e di eventi avversi
(20-40%). Dunque la psicoterapia cognitiva appare, in acuto, un trattamento di efficacia paragonabile allo standard di riferimento farmacologico, ma
rispetto a quest'ultimo, appare dotata di una maggiore tollerabilità.
A dimostrazione del fatto che la quota di remissione dagli attacchi di panico rappresenti un reale staro di guarigione dalla malattia in corso di trattamento cognitivo, si osserva che anche altre due valutazioni cliniche (le condotte fobiche e la qualità della vita) presentano significative modificazioni
rispetto alle condizioni pre-trattamento. La quota di pazienti che mostra una
buona risposta antifobica cresce, infatti, dal 32% registrato al termine del
primo trattamento fino all'80% al termine di 12 mesi complessivi di trattamento.
Percentuale
diffìcilmente
raggiunta
dai
trattamenti
farmacologici
(Pollack et al., 1994) che presentano, infatti, un elevato rischio di sintoma-
tologia fobica residuale (presente nel 50-70% dei casi). D'altra parte, anche
la qualità della vita, nei suoi aspetti relazionali e lavorativi, è risultata già
molto migliorata nella metà dei casi trattati alla fine del protocollo cognitivo
standard, ma raggiunge 1'86% dei casi dopo la terapia di consolidamento di
12 mesi. In conclusione, i risultati ottenuti sembrano suggerire che il trattamento cognitivo non permetta solo di raggiungere un'elevata quota di guarigione dagli attacchi di panico e dall'evitamento fobico (obiettivo sintomatico), ma anche un miglioramento delle capacità di adattamento affettivo e
sociale (obiettivo strategico). Infine, nel nostro campione, nessuna di queste
modificazioni è risultata influenzata dall'eventuale coterapia farmacologica.
In conclusione, benché il nostro studio confermi direttamente i risultati
di ricerche che abbiano utilizzato lo stesso disegno sperimentale in aperto
(Sokol et al., 1989; Shear et ai, 1991; Calzeroni et al., 1997; ), contribuisce,
comunque (in linea con gli studi controllati verso placebo o farmacoterapia
della letteratura), a rafforzare i] ruolo della Psicoterapia Cognitiva come ideale trattamento non farmacologico del Disturbo di Panico per la sua dimostrata efficacia clinica, per la sua ottima tollerabilità e la buona latenza di risposta clinica. In
questo
senso,
nel
loro
insieme,
i
dati
della
letteratura
e
quelli della nostra ricerca, suggeriscono che la Psicoterapia Cognitiva si possa
candidare come una valida alternativa al trattamento farmacologico nella
prevenzione secondaria e terziaria del disturbo proponendosi, per la sua elevata tollerabilità e la capacità di creare e mantenere un modo sostanzialmente nuovo di vedere/giudicare le proprie esperienze interne ed esterne, anche
come possibile strumento di prevenzione primaria dell'ansia, per esempio in
alcune popolazioni "a rischio" (familiari di pazienti psichiatrici, soggetti sottoposti a condizioni stressanti prolungate).
Nel campione di 93 pazienti che hanno completato il trattamento standard, sono attualmente in corso le analisi statistiche prefissate a individuare
le
variabili
cllniche
(demografìche,
caratteristiche
ambientali,
biologiche,
prognostiche) correlabili alla buona o cattiva risposta all'intervento standard.
L'utilità di queste considerazioni appare rispondere a specifici bisogni di
ordine pratico e teorico. In tempi dominati dalla necessità di utilizzare terapie dotate di adeguato rapporto di costo-efficacia, il raggiungimento di una
guarigione entro i tempi di un trattamento standard (di fatto la terapia standard proposta nel nostro protocollo risponde pienamente alla definizione di
psicoterapia breve, mentre la terapia di consolidamento arrivando a prevedere una prosecuzione di circa 20-30 sedute rischia di superare tale definizione), che venga poi mantenuta a lungo termine, appare di notevole rilevanza
cllnica e socioeconomica (scelta delle psicoterapie essenziali erogabili da un
servizio pubblico, rispondenza ai criteri di accreditamento economico). Peraltro, la migliore definizione di variabili correlabili a possibili resistenze al
cambiamento, per cui si renda necessario un prolungamento del trattamento
psicoterapeutico, arricchisce il modello cognitivo di nuovi "bersagli" per la
formulazione di nuove e più specifiche tecniche d'intervento terapeutico.
In questo senso, l'ipotesi che la diagnosi di Disturbo di Panico con Agorafobia identifichi una forma di disturbo più complicato e resistente, oltre
che ai vari tipi di trattamento, compreso quello farmacologico (Pollack et al.,
1994), anche alla Psicoterapia Cognitiva, trova riscontro nei nostri risultati,
in accordo con quelli della letteratura: la presenza di Agorafobia in una diagnosi per Disturbo di Panico, infatti, è srata quasi unanimemente considerata come una complicanza, con una prognosi più sfavorevole, rispetto a
pazienti senza un severo livello di evitamento agorafobico. Gli studi che si
sono occupati della risposta alla Psicoterapia Cognitiva, da sola (Clark et al.,
1994; Keijsers, Hoogduin e Schaap, 1994; Calzeroni et al., 1997) o in combinazione con trattamenti farmacologici (Basogulu et al., 1994; Otto, Pol-
lack e Sabatino, 1996; Michelson et al., 1996), sono concordi nel rilevare
che
un'elevata
severità
nell'evitamento
agorafobico,
rappresenti
un
indice
prognostico negativo al trattamento in acuto e a lungo termine. Anche in
Williams e Falbo (1996) la severità dell'evitamenro agorafobico, che viene associato a un basso
livello
di
percezione
della
propria
auto-efficacia,
risulta
predittiva per una risposta negativa a una Psicoterapia Cognitiva a breve e
lungo termine.
Inoltre, nel nostro campione, a ulteriore conferma di quanto riscontrato
per i pazienti con Disturbi Affettivi (Calzeroni, D'ambrosio et al., 1996),
l'integrazione
dell'intervento
psicoterapeutico
cognitivo,
a
un
precedente
trattamento farmacologico, si è dimostrato di naturale utilità, nella guarigione di quel tipo di soggetti che giungevano alla presa in carico con una terapia farmacologica già impostata. A tal proposito, in letteratura è stata riscontrata una totale uniformità di risultati negli studi che hanno considerato l'integrazione di una
Psicoterapia
Cognitiva
nella
fase
di
sospensione
del
farmaco, come un fattore protettivo e predittivo per una buona risposta a lungo
termine, sia in termini di assenza di ricadute, sia come superamento dei sintomi di astinenza spesso collegati all'uso di farmaci psicotropi (Pollack, Srnoller, 1995; Rosenbaum, 1995; Spiegel, Bruce 1997; Rosenbaum, 1997; Pollack, 1997).
Infine occorre porre attenzione al ruolo svolto dalla compliance, variabile
già studiata in funzione alla risposta alla Psicoterapia Cognitiva nell'ambito
del trattamento dei disturbi affettivi. L'adesione, da parte del paziente, all'esecuzione degli homeworks, previsti all'interno dell'iter terapeutico cognitivocomportamentale, è risultata, infatti, predittiva di una buona risposta in due
studi sul Disturbo Depressivo Maggiore (Persons et al., 1988; Burns et al.,
1991). Edelman e Chambless (1993) hanno evidenziato che la maggior compliance, in pazienti con Disturbo di Panico con Agorafobia, è risultata correlata con un miglioramento nell'evitamento ma non nei sintomi panici, mentre, in un altro studio, (Michelson et al., 1986) una maggiore compliance, in
termini di pratica tra una seduta e l'altra, è risultata correlata con un miglior
funzionamento finale del paziente. Infine, in Coplan, Tiffon e Gorman,
(1993), è stata posta un'indicazione (non sostenuta sperimentalmente), per
una correlazione tra non-compliance e resistenza al trattamento.
I nostri risultati confermano queste osservazioni della letteratura e inducono qualche riflessione a tal riguardo. È infatti possibile trovare ben più di
un punto di collegamento tra adesione al trattamento e qualità dell'alleanza
terapeutica, instauratasi nella relazione paziente-terapeuta; benché sia evidente che i fattori in gioco siano molteplici (motivazione, attesa di guarigione, critica di malattia, stile relazionale del paziente, abilità comunicazionale
e relazionale del terapeuta, per citarne solo alcuni), è indubbio che l'esecuzione dei compiti a casa e in seduta, finisca per rispecchiare il quadro di
alleanza terapeutica sviluppato in corso di terapia.
Sotto questo aspetto, i nostri risultati, suggeriscono che il
antipanico e antifobico cognitivo, favorisca il mantenimento della
e dell'alleanza terapeutica in modo decisamente significativo e tale da dimo
determinante, insieme ad altri fattori intrinseci ed estrinseci
pia, per il raggiungimento di un netto miglioramento della qualità di vita.
trattamento
compliance
dimostrarsi
alla tera-
Valutando nel loro insieme i dati presentati e in attesa di completare i
risultati in acuto con le analisi del follow-up in corso, possono essere avanzate
alcune conclusioni preliminari.
L'efficacia clinica del trattamento cognitivo è risultata elevata, sia nella
guarigione dagli attacchi di panico, sia in quella dall'evitamento fobico. Tuttavia, la presenza di Agorafobia può determinare la necessità di prolungare la
durata del trattamento oltre il protocollo standard e stimola verso la ricerca
di tecniche, più specificamente rivolte alla risoluzione precoce di tale com-
ponente del disturbo. I risultati ottenuti dall'integrazione del trattamento
cognitivo
con
quello
farmacologico,
precedentemente
iniziato,
sembrano
suggerire che l'integrazione, nel continuum terapeutico programmato per il
paziente, di una "fase cognitiva" a una "fase farmacologica" permetta di contenere la posologia farmacologica a favore di una riduzione della durata del
trattamento farmacologico e del rischio di effetti collaterali, pur mantenendo elevata l'efficacia verso le complicazioni acute del disturbo (condotte
autolesive, abuso di farmaci o sostanze).
Queste osservazioni sono supportate inoltre dalla già dimostrata efficacia
nella profilassi delle ricadute depressive (Fava et al., 1994) e panicali (Pollack,
Smoller, 1995; Rosenbaum, 1995; Spiegel, Bruce 1997; Rosenbaum, 1997;
Pollack, 1997; Calzeroni 1997) del trattamento integrato farmaco-psicoterapia cognitiva. Le analisi di follow up in corso permetteranno di trarre utili
indicazioni per l'individuazione di linee guida per il trattamento cognitivo e
cognitivo-farmacoterapeutico
dei
disturbi
dello
spettro
panico-agorafobico,
obiettivo di notevole interesse in tempi di valutazione di costo-efficacia.
Solo futuri studi su campioni più rappresentativi e controllati nel confronto con altri trattamenti efficaci (antidepressivi triciclici e inibitori selettivi sulla ricaptazione della serotonina, altre psicoterapie) potranno contribuire a trovare risposte definitive a molte delle domande sollevate nello studio.
Tuttavia, i nostri risultati vogliono essere un contributo ulteriore alla ricerca delle specifiche indicazioni per la Psicoterapia Cognitiva e per i trattamenti in grado di integrare le necessità di protocolli standardizzati e riproducibili, per curare la maggior parte dei pazienti con Disturbo di Panico, con
l'esigenza clinica di individualizzare l'intervento psicoterapeutico agli specifici bisogni del paziente.
Bibliografia
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (1987),
dei
Disturbi
Mentali,
Manuale Diagnostico Statistico
Washington,
DC, terza edizione, rivisto
Manuale Diagnostico Statistico
dei Disturbi Mentali, Washington, DC, quarta edizione, rivisto DSM-IV-R.
DSM-III-R.
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (1994),
ARNTZA.,VAN DEN HourM. (1996), Psychological treatments of panie disorder without agoraphobia: Cognitive therapy versus applied relaxation, in
“Behaviour Research and Therapy”, 34 (2), pp. 113-21.
BARLOW
D.H., CRASKE M.G., CERNYJ.A., KLOSKOJ.S:
treatment o f panie disorder, in “Behavioral Therapy”, 20, pp. 261-82.
BARLOW D.H.,
CRASKE M.G.
Albany, New York, USA: Graywind.
(1990),
BARLOW D.H., CRASKE M.G. (1994),
Albany, New York, USA: Graywind.
Mastery
Mastery
ofyour
ofyour
(1989),
anxiety
anxiety
and
Behavioral
and
panie,
panie
II,
M., ISAAC M.M., SWINSON R, NOSHIRVANI H., O'SULLiVAN G.,
K. (1994), Pre-treatment predictors of treatment outcome in panie
disorder and agoraphobia treated ivith alprazolam and exposure, in “Journal
ofAffective Disorders”, 30, pp. 123-32.
BASOGLU
KUCH
BECKA.T, SOKOL L., CLARK D.A., BERCHICK R., WRIGHT R (1992), A crossover study offocused cognitive therapy for panie disorder, in “American Journal ofPsychiarry”, 149, pp. 778-83.
BECKJ.G.,
STANLEYM.A.,
BALDWIN
L.E., DEAGLE III E.A., AVERILI- P.M.
(1994), Comparison of cognitive therapy and relaxation training for panie disorder, in “Journal ofConsuIdng and Clinical Psychology”, 62 (4), pp. 818-26.
BERTANI A., PERNA G., POLITI E., BELLODI L. (1997), Citalopram and panie
disorder, in “Depression and Anxirety”, 4, p. 253.
BLACK
D.W.,
WESNER
R.,
BOWERS
W.,
GABEL
J.(1993), A comparison offlu-
voxamine, cognitive therapy, and placebo in
in “Archives of Generai Psychiatry”, 50, pp. 44-50.
thè treatment
of
panie disorder,
BURNS D.D.,
NOLEN-HOEKSEMA S.,
(1991), Coping styles, homework compliance, and thè effectiveness of cognitive-behavioral therapy, in “Journal of
Consulting and Clinical Psychology”, 59 (2), pp. 305-11.
CALZERONI A., LIMONTA G., D'AMBROSIO V., GISI.ON C., ZAPPAROLI G.C.
(1996), Short and long-term cognitive psychoterapy for depression, in “Thè
Italian Journal of Psychiatry and Behavioural Sciences”, 6 (3), pp. 89-95.
CALZERONI A., LIMONTA G.,
D'AMBROSIO V., GISLON C., ZAPPAROLI G.C.
(1996), Trattamento dei disturbi maggiori dell'affettività: sottotipi
risposta alla psicoterapia cognitiva, in “Formazione Psichiatrica”,
pp.
CALZERONI A-, LIMONTA G., D'AMBROSIO V., GISLON C., ZAPPAROLI G.C.
clinici e
16, (3),
845-47
(1997), Cognitive psychotherapy for panie disorder with and without agoraphobia, in “Italian Journal of Psychiatry and Behavioural Sciences”, 3,
pp.115-19.
CALZERONI A., SILEONI A. (1999). I Disturbi d'Ansia, in Patologia della psiche e del comportamento, in Professione medico, UTET, voi. Vili, cap. 19,
pp. 342-63.
A., RANZINI F. (1999), Suicidio e parasuicidio, in Patologia della psiche e del
comportamento,
in
Professione
medico,
UTET,
voi.
Vili,
cap.
18,pp.334-41.
CALZERONI
CALZF.RONI
A., (1999), La psicoterapia cognitiva e comportamentale, in Patologia della psiche e del comportamento, in Professione medico, UTET, voi.
Vili, cap. 38, pp. 661-73.
CI.ARK D.
M., SALKOVSKIS P. M., HACKMANN A., MiDDLETON H., ANASTASIADES P, GRI.DER M. (1994), A comparison o/cognitive therapy, applied
relaxation and imipramine in thè treatment of'panie disorder, in “British
Journal ofPsychiarry”, 164, pp. 759-69.
(1995), Perceived limitations o f standard cognitive therapy: a
consideration of efforts to revise Bech's theory and therapy, in “Journal of
CLARK D.M.,
cognitive Psychoterapy: An International Quarrerly”, 9 (3), pp. 153-72.
(1989), Psychological interventions vs. drugs in thè treatment o f
CLUM G.A.
panie, in “Behaviori Therapy”, 20, pp. 429-57.
L., GORMAN J.M. (1993), Therapentic strategies for thè
COPLAN ).D.,TlEEON
patient with treatment-resistant anxiety, in “Journal ofClinical Psychiatry”,
54: 5 (suppl.), pp. 69-74.
COTTRAUXJ., NOTE I., CUNGI C., LÉGERON P., HEIM R, CHNEIWEISS L.,
BERNARD G., BOUVARD M.
(1995), A controlied stzidy o f cognitive beha-
viour therapy with busiprone or placebo in panie disorder with agoraphobia,
in
“Brirish
Journal
of
Psychiatry”,
167,
pp.
(1995), Brief cognitive-behavioral versus nondirective therapy for panie disorder, in “Journal of Beha-
635-41.
vioural
113-20.
CRASKE M.G., MAIDENBERG E., BYSTRITSKY A.
Therapy
and
Experimental
Psychiatry”,
26
(2),
pp.
DEN BOER J.A. WESTENBERG H.G.M., KAMERBEEK W.D., VERHOEVEN
W.M., KAHAN R.S. (1987), Effect ofserotonin uptake inhibitors in anxiety
disorders: a doublé blind comparison of clomipramine and fluvoxamìne, in
“Int
Clinical
Psychopharrnacol”,
2,
pp.
Serotonin function in panie
disorder: a double-blind placebo-controlied study with fluvoxamine and ritan-
21-32.
DEN BOER J.A, WESTENBERG H.G.M.(1990),
serin,
DOBSON K.S.,
in
“Psychopharmocology”,
102,
pp.
(1989), A meta-analysis of cognitive therapy for depression, in
85-94.
“Journal
EUELMAN R.
ofConsulting and Clinical Psychology”, 57 (3),
E., CEIAMBI.ESS D.E. (1993), Compliance during sessions and
pp.
414-19.
homework in exposure-based treatment o f agoraphobia, in “Behavioural
Research
and
Therapy”,
31
(8),
pp.
(1986), Effects ofa selective
serotonin uptake inhibitor in agoraphobia with panie attacks, in “Acta Psy-
767-73.
EVANS L. KENARDYJ., SCHNEIDER P, HOEY H.
pp.
(1994),
Cognitive behavioural treatment o f residuai symptoms in Primary Mayor
Depressive Disorder, in “American Journal of Psychiatry”, 151, pp. 1251-99.
chiatrica
73,
Scandinavica”,
49-53.
FAVA G.A., GRANDI S., ZIELEZNY M., CANESTRARI R., MORPHY M.A.
GORMAN J-, SEHEAR K., COWLEY D., MARCH j., CROSS C.D., ROTH W.
(1998), Practice gilideline for thè treatment ofpatients with panie disorder,
in
“American
GORMAN J., WOI.KOW R.
Journal
ofpsychiatry”,
155
(5),
(1994), Sdraiine as a treatment for panie disorcler,
pp.
in
“Neuropsychopharmacology”,
10
(3),
HAMIU'ON M. (1982), Thè effect of treatment on thè melanchonias (depres-
1-28.
p.
197.
“British
Journal
ofPsychiacry”,
140,
pp.
(1996), Cognitive- behavior thcrapf ucrsns
pharmacotherap'v: now that thè jnry's returned its verdict, its cime io present
thè rest ofthe evidence, in “fournal of Consulting and Clinical Psycology”,
223-30.
in
sion},
JACOBSON S.N., HOELON S.D.
64
(l),pp.
(1990), Panie disordcr,
tomorhidity, and suicide attempts, in “Archives of Cieneral Psychiatry”, 47,
74-80.
JOHNSON M.R. WEISSMAN M.M., KI.F.RMAN G.L.
pp.
805-08.
KEIJSHRS G.R, HOOCOUIN C.A.,
Sc.HAAP C.RD.R.(1994), Prognostic factors
in thè behavioral treatment of panie disorder with and without agoraphobia,
in
KLEIN D.F.,
“BehaviourTherapy”,
25,
pp.
FiNK M. (1962), Psichiatrie reaction pattcrns to hnipramsne, in
“American
KLRRMAN G.L.
689-708.
Journal
of
Psychiatry”,
17,
pp.
(1992), Treatments for panie disorder, in “Journal of Clinical
Psychiarry”,
53
551-70.
(3),
pp.
A comparison ofalprazolam and behavior therapy in treatment of panie disorder, in
14-19.
KLOSKO ).S., BARLOW D.H., TASSINARI R., CERSNYJ.A. (1990),
“Journal of Consulting and Clinical Psychology”, 58 (1), pp.
LECRUBIERY. JUOGE R. (1997), Long-term evaluatwn of paroxetine, clomipramine and placebo in panie disorder. Collaborative Paroxetine Panie Study
Scandinavica”,
95,
pp.
M. (1993), Psychological
treatment of panie: Work in progress on outcome, active ingredienti, and folInvestigator,
in
“Aera
77-84.
Psychiarrica
153-60.
MARGRAHJ., BARLOW D.H., CI.ARK D.M.,Th.LCH
low-np,
in
“Behaviour
Research
and
Therapy”,
31
(1979), Brief standard self-rattng for phobic
(1),
pp.
1-8.
MARKS I.M., MATHEWS A.M.
patients,
in
“Behaviour
Research
and
Therapy”,
17,
MAniKc R.P., ANREWS G., HA/.I PAVLOVIC: D., CHRISTF.NSKN II. (1990),
Treatment of panie and tigoraphbia: an intergrative review, in “iournal of
Nervous
pp.
and
Mental
Disease”,
178,
pp.
K., MARCHIONE K.E., GREENWAI-U M-, TESTA S., MAKCHIONE N.J. (1996), A comparative outcome and follow-up investigation o f panie
263-67.
567-76.
MICHELSON L.
disorder with agoraphobia: thè relative and combined effleay of cognitive therapy, relaxation training, and therapist-assisted exposure, in “Journal of
Anxiety
Uisorders-.',
10
(5),
MICHELSON L., MAVISSAKALIAN L-, MARCHIONE M., DANKU C.,
pp.
297-330.
CREENWAI.D
M. (1986), Thè role of self directed in vivo exposnre practice in cognitive,
behauioral,
and,
psychophysiological
treatments
os
agoraphobia,
in
“BehaviorTherapy”,
17,
pp.
91-108.
OEHRBERG S., CHRISTIANSEN, BEHNKE K., BORUP A.L., SEVERIN B., SOEGAARD J., CAEBERG H., JUDGE R., OHRSTROM j.K., MANNIGHE P.M.
(1995), Paroxetine m thè treatment of panie disorder. A randomised, doiibleblind, placebo-controlied study, in “British Journal of Psychiatry”, 167, pp.
374-79.
OST L., WESTLING B.E. (1995), Applied relaxation vs. cognitive behavior therapy in thè treatment of panie disorder, in “Behaviour Research and Therapy”, 33 (2), pp. 145-58.
OTTO M.W.,
POEEACK M.H.,
SABATINO S.A.
(1996), Maintenance ofremission following cognitive behavior therapy for panie disorder: possible deleterious effect of concurrent medication treatment, in “Behavior Therapy”, 27,
pp. 473-82.
PERSONSJ.B.,
BURNS
D.D., PEREOFFJ.M. (1988), Predictors ofdropont and
outcome in cognitive therapy for depression in a private practice setting, in
“Cognitive Therapy and Research”, 12 (6), pp. 557-75.
POEEACK
M.H., OTTO M.W., KASPI S.P, HAMMERNESS P.G., ROSENBAUM
J.F. (1994), Cognitive behavior therapy for treatment-refractory panie disorder, in “Journal ofClinical Psychiatry”, 55 (5), pp. 200-05.
POEEACK M.H.,
of panie duorder,
pp.785-801.
SMOEEERJ.W.
in
“Thè
(1995), Thè longitudinal course and outcome
Psychiatric Clinics ofNorth America”, 18 (4),
POEIACK M.H., OTTO M.W. (1997), Long-term course and outcome of panie
disorder, in “Journal ofClinical Psychiatry”, 58, suppl. 2.
ROSENBAUM J.R, POEEOCK R.A., OTTO M.W, POEEACK M.H. (1995), Integrated treatment of panie disorder, in “Bulletin of thè Menninger Clinic”,
52 (suppl.o 2 a), pp. a4-a26.
ROSENBAUM J.F. (1997), Treatment-resistant
Clinical Psychiatry”, 58, suppl. 2.
panie
disorder,
in
“Journal
of
SCOTE J., (1996), Cognitive therapy of affective disorders: a revieiu, in “Journal
ofAffective Disorders”, 37, pp. 1-11.
SAEZMAN C. (1993), Benzodiazepine treatment of panie and agoraphobic symptoms: use, dependence, toxicity, abuse,, in “Journal of Psychiatric Research”,
27 (suppl. ll),pp.97-110.
SHARP D.M., POWER K G., SIMPSON R.J., SWANSON V., MOODIE E., ANSTEE
J.A., ASHFORD J.J. (1996), Fluvoxamine, placebo, and cognitive behaviour
therapy used alone and in combination in thè treatment of panie disorder and
agoraphobia, in “Journal ofAnxiety Disorders”, 10 (4), pp. 219-42.
SHEAR M. K., BAEE G., FITZPATRIK M., JOSEPHSON S., KEOSKO J., FRANCES
A. (1991), Cognitive-behavioural therapy for panie: An open study, in “Journal ofNervous and Mental Disease”, 179, pp. 468-72.
SHEARM.K.,
MASERJ.D.
(1994), Standardized assessment for
research, in “Archives of Generai Psychiatry”, 51,3 pp. 46-354.
SHEEHAN D.V., (1986), Thè Anxiety Disase, New York: Bentam Books.
panie
disorder
SOKOL L., BECK A. T., GREENBERG R. L., WRIGHT F. D., BERCHICK R.J.
(1989), Cognitive therapy of panie disorder. A nonpharmacological alternative, in “Thè Journal ofNervous and Mental Disease”, 177 (12), pp. 711-16.
SPIEGEL D.A., BRUCET.J. (1997), Benzodiazepines and Exposnre-Based cognitive behavior therapies for panie disorder: Conclusion from Combined treatment trials., in “American Journal of Psychiatry”, 154 (6), pp. 773-81.
TESAR
G.E.,
ROSENBAUM
J.F.
POLLACK
M.H.
(1987),
Clonazepam
versus
alprazolam in thè treatment of panie
controlied study of alprazolam Prog
in “Psychopharmacologia”, 32, pp. 237-54.
disorder and relates states:
Neuro-Psychopharmacol Bioì
a placebo
Psychiatry,
WADE
W.A., TREATT.A., STUART G.L. (1998), Transporting an empirically
supported treatment for panie disorder to a service clinic setting: a Benchmarching Strategy, in “Journal ofConsulting and Clinical Psychology”, 66 (2),
pp. 231-39.
WEISSMAN M.M. (1991), Panie disorder: impaci on quality ofiife.,
nal of Clinical Psychiatry”, 52 (suppl. 2), pp. 6-9.
L., PAPP LA., CLOITRE M-,
J.M. (1991), Cognitive-behavior therapy
psychopharmacologically
oriented
clinicians,
Mental Disease”, 179, pp. 473-77.
WELKOWITZ
MAN
M., MARTIN L., GORpanie disorder delivered by
“Journal
ofNervous
and
LIEBOWITZ
for
in
H.G.M., DEN BOERJ.A. (1993), New
of panie disorder, in “Pharmacopsychiatry”, 26, pp. 30-33.
WESTENBERG
in “Jour-
fìndings
in
thè
treatment
WESTENBERG H.G.M. (1996), Developments in thè drug treatment of panie
disorder: what is thè piace ofthe selective serotonin reuptake inhibitors^., in
“Journal ofAffective Disorders”, 40, pp. 85-93.
WILLIAMS S.L., FALBO J. (1996), Cognitive and performance-based treatments
for panie attacks in people with varying degrees ofagoraphobic disability, in
“Behaviour Research and Therapy”, 34 (3), pp. 253-64.
Dott. Alessandro Calzeroni, Associazione Italiana per lo Sviluppo
coterapia Cognitiva ASPIC-Milano. Via Rossini 3, tei 02795388, E-mail:
acalzeroni@libero. it
della
Psi-