Progresso, adattamento ed evoluzione degli strumenti musicali

Progresso, adattamento ed evoluzione degli strumenti musicali*
Laurence Libin
La storia, la documentazione scritta degli eventi umani, è stata
appropriatamente definita "narrazione selettiva", in quanto convinzioni politiche
e mode intellettuali influenzano in maniera inevitabile l'interpretazione di dati
già di per sé incompleti, rendendo inattuabile un rendiconto oggettivo del
passato. Tale incertezza riguarda in modo particolare la storia dell’esecuzione
musicale, giacché al riguardo esistono ben poche testimonianze dirette prima
dell’avvento delle registrazioni audio. Gli strumenti musicali del passato,
tuttavia, offrono indizi tangibili su come la musica potesse suonare alle orecchie
dei nostri antenati.
L’indagine sull’uso degli strumenti antichi conseguì dignità scientifica, nel campo
di studi oggi denominato “organologia”, sul finire del XIX secolo, quando i musei
pubblici iniziarono a raccogliere sistematicamente una gran quantità di questi
oggetti. Da allora le relazioni tra la concezione di uno strumento e il rispettivo
stile musicale hanno guadagnato crescente attenzione. E siccome le prospettive
di studio cambiano e la ricerca porta alla luce sempre nuove informazioni, gli
organologi riesaminano e mettono in discussione le teorie dei loro predecessori.
Gli strumenti obsoleti, tuttavia, così come i vecchi libri di storia, hanno molto da
insegnarci, quantomeno a diffidare di verità soltanto apparenti.
***
L'odierno approccio alla storia degli strumenti musicali, sia da parte di molti
musicisti sia da parte del pubblico generico, risente ampiamente delle idee dei
cultori di antichità e dei conservatori di museo della fine del XIX secolo, i cui
pareri sull'evoluzione degli strumenti erano basati sulle teorie biologiche allora
correnti, e segnatamente su quelle di Darwin. La teoria dell'evoluzione biologica
e tecnologica implicita nei sistemi classificatòri e nell’ordinamento museale di
fine Ottocento può venir schematicamente rappresentata da un albero i cui rami
si diramano nel tempo verso una differenziazione, una complessità e una
sofisticazione crescenti.1 Si è sempre pensato che la forza primaria ad alimentare
questa crescita, almeno per quanto riguarda gli strumenti, fosse l'emergere della
musica come forma d'arte, processo culminato nei capolavori di Beethoven,
Wagner, e il resto del pantheon romantico. Là dove si spingevano tali geni
ispirati, lì, secondo la convinzione di molti, si dirigevano naturalmente i
costruttori di strumenti.2
Tale ruolo subalterno dell'artigianato rispetto all'arte trovava evidente conforto
nel resoconto dell’impegno dimostrato da alcuni musicisti insoddisfatti nel far
perfezionare strumenti ritenuti inadeguati; e particolarmente pertinente
risultava al riguardo la critica mossa da Johann Sebastian Bach nei confronti di
alcuni organi da chiesa. È possibile tuttavia che il valore di tali racconti venisse
esagerato. Philipp Spitta sosteneva, negli anni settanta dell'800, che lo
* Una prima versione di questo saggio è stata presentata sotto forma di lettura
al Museo di Arte della Brigham Young University, il 21 aprile 1995, e
successivamente al LI congresso annuale della American Musicological Society,
New York, 4 novembre 1995. Sono grato al College delle Belle Arti e
Comunicazione, alla Scuola di Musica, e al Museo di Art della Brigham Young
University per la parziale sovvenzione finanziaria alla ricerca.
1
"strumento ideale nella mente di Bach" non poteva che essere quello "che
avesse potuto combinare, nella dovuta proporzione, il volume timbrico
dell'organo con le qualità espressive del clavicordo, risultando in tal modo
capace di riprodurre l'immagine che balenava nella fantasia del compositore
allorché egli componeva per la tastiera. Chiunque capirebbe al primo colpo, che
il moderno pianoforte è di fatto un tale strumento".3 Nel denigrare
implicitamente gli strumenti a tastiera dell'epoca di Bach (1685-1750) Spitta era
sviato dalle idee di progresso proprie della sua epoca, durante la quale si
assisteva a un'inedita espansione tecnologica e imperialistica al tempo stesso.
Atteggiamenti come quello di Spitta restarono in gran parte incontrastati da
parte di coloro che in seguito si occuparono di musica. Per esempio, in
riferimento all'inedita maniera di orchestrazione di Hector Berlioz (1803-69) il
grande organologo tedesco e conservatore museale Curt Sachs (1881-1959)
riteneva che "sotto l'influenza della moderna orchestrazione tutti gli strumenti
furono portati fino alla massima efficienza tecnica ed alla maggior efficacia
musicale possibile".4 Come molti osservatori della sua generazione e di quella
precedente, Sachs rivestiva la modernità di un valore positivo e assegnava ai
compositori particolarmente innovativi il superiore e decisivo impegno nello
sviluppo degli strumenti orchestrali.5
Gli schemi espositivi di graduale, deterministico progresso adottati dai musei
vittoriani promuovevano a loro volta un'importante finalità politica. Nel mentre
uno dei principali scopi dell’educazione pubblica obbligatoria era – e ancora è –
quello di rinforzare i controlli sociali, i musei pubblici cercavano di influenzare gli
comportamenti dei loro visitatori, specialmente quelli della classe operaia, che
comprendeva molti illetterati e molti immigranti insoddisfatti, che
apparentemente costituivano una minaccia per l'ordine sociale delle città in cui
erano situati i principali musei. Ricordando con ansia le rivoluzioni che avevano
attraversato l'Europa nel 1848-49, esponenti di governo, eminenti pedagogisti,
uomini di chiesa, nonché i capitalisti che avevano finanziato le istituzioni
culturali, ritenevano che i musei, così come le chiese e le scuole, dovevano
promuovere un ideale di progresso lento ed incessante, in netto contrasto con
l’idea di un improvviso e deleterio cambiamento. Augustus Henry Pitt-Rivers, il
fondatore del Pitt-Rivers Museum di Oxford, rendeva evidente questo scopo
sociale scrivendo che "i fenomeni di evoluzione e il processo di graduale
sviluppo sono la principale conoscenza che noi dobbiamo inculcare, e questa
conoscenza può essere insegnata nei musei, sempreché il loro allestimento
consenta a coloro che li visitano di poter leggere (gli operai hanno difatti così
poco tempo)".6
Rispecchiando questo atteggiamento paternalistico, tanto le esposizioni di
manufatti quanto quelle di organismi biologici, venivano a corroborare un’idea
di sviluppo continuo indirizzato a una perfezione finale, un obiettivo ritenuto
verosimile anche nel futuro degli strumenti musicali, quand’anche esso non
fosse già stato raggiunto.7 Nel mettere insieme un'enciclopedica raccolta di
strumenti musicali per il Metropolitan Museum of Art di New York,
un’appassionata collezionista, la signora Mary Crosby Brown (1842-1918),
dichiaratamente cercava "di tracciare lo sviluppo di svariati tipi di strumenti
musicali, dai primi e rudimentali inizi sino alle forme definitive oggi in uso; in
secondo luogo di illustrare le forme variabili assunte da questi tipi sotto
l'influenza delle diverse civilizzazioni. Il primo [obiettivo] spiega la presenza nella
collezione di un gran numero di esemplari primitivi tramite cui è possibile
ricostruire molte delle forme originarie, altrimenti inaccessibili, e scoprire molti
legami oscuri nella catena evoluzionistica".8 In uno stile che evoca il corso
dell'evoluzione umana, Mrs. Brown riconosce così le lacune documentarie in un
modello sostanzialmente stereotipato di progresso verso le moderne "forme
compiute". Come molti vittoriani, ella apparentemente considerava gli
"esemplari primitivi" come qualcosa di poco superiore a dei relitti privi al giorno
d'oggi di qualsiasi rilevanza musicale.
Mrs. Brown ammetteva che il progresso musicale fosse irregolare, ma credeva
che la tendenza evoluzionistica conducesse inevitabilmente ad un apice,
collocabile nel proprio tempo e nella propria cultura; in tal modo ella anticipava
Curt Sachs [questo parallelo con Sachs è decisamente discutibile! R.M.] nella sua
convinzione etnocentrica (ampiamente condivisa in un'epoca di compiacente
imperialismo occidentale) secondo la quale "con l'Europa noi raggiungiamo le
forme più altamente sviluppate [di strumenti] che la storia musicale presenti". 9
Analizzata esclusivamente secondo i canoni convenzionali della bellezza e della
complessità tecnologica, l'affermazione di Mrs. Brown era estremamente
corretta (sia che ella ignorasse gli sviluppi americani, sia che considerasse
l'America come parte dell'Europa), sebbene fosse il frutto di una visione limitata.
Oggi difatti qualcuno non esiterebbe a sostenere, per esempio, che un sarangi
classico indù è uno strumento a suo modo sofisticato quanto un violino.
Non sorprende dunque che costruttori di successo, come la prestigiosa ditta
Chickering & Sons di Boston, acclamassero questo apice di fine secolo in termini
autocelebrativi: "di fronte a un grande lavoro compiuto è sempre interessante
ricostruire il processo di evoluzione che è stato il mezzo per arrivare ad un tale
felice esito. Il conseguimento dei grandi costruttori di pianoforti nel portare lo
strumento alla sua attuale e capillare diffusione rappresenta un’impresa
grandiosa".10 Non temendo confronti sfavorevoli dei nuovi prodotti con quelli
dell'epoca precedente, e orgogliosi dei nuovi miglioramenti brevettati,
Chickering & Sons e altri costruttori di grido donarono strumenti e disegni
costruttivi ai musei e incoraggiarono le fiere commerciali e le esposizioni che
pubblicizzavano la loro valentia.
L'idea che gli strumenti si sviluppassero soprattutto in seguito ai progressi dello
stile musicale attraeva fortemente i contemporanei con idee affini a quelle di
Mrs. Brown, tanto più che un’opinione di Herbert Spencer spesso citata diceva:
"la musica deve essere considerata al vertice delle arti, come quella che più di
ogni altra contribuisce al benessere umano".11 Tenuto conto inoltre che, come
asseriva il filosofo Walter Pater nel 1877, "tutte le arti continuamente aspirano
alla condizione della musica", allora gli strumenti elitari dell'Occidente, in
particolare i prodotti industriali più avanzati, come pianoforti e organi, dovevano
proclamare, alla stregua della torre Eiffel (1889), il trionfo della moderna civiltà
occidentale. Tale ragionamento da benpensanti presuppone l'acquisizione e il
confronto espositivo di strumenti musicali di tutte le culture ed epoche da parte
dei musei d'arte, antropologia e tecnica.12
Sulla scia dell'opera portentosa di Charles Darwin L'origine della specie (1859),
far luce sulla storia evolutiva delle tipologie strumentali, ricostruire la loro
cronologia e identificare le relazioni possibili, divenne una preoccupazione
centrale dell'organologia. Come Albert A. Stanley rimarcava nel 1918 nel suo
catalogo della collezione di strumenti della University of Michigan "risulta...
evidente che alcune teorie come quella sulla gerarchia dei tipi strumentali
devono essere accettate come punto di partenza nell'evoluzione degli strumenti
e, inoltre, che nessuna classificazione è possibile se non sulla base di una solida
sequenza evoluzionistica".13 In vista delle molte implicazioni filosofiche ed
euristiche dell'evoluzionismo, questo genere di enfatizzazioni deve essere
discusso sulla base delle convinzioni coeve.
Nel 1894 il Webster's International Dictionary definiva l'evoluzione in
un'accezione metafisica come "la serie dei cambiamenti sotto l'influenza delle
leggi naturali che implicano un continuo progresso nella struttura dall'omogeneo
all'eterogeneo, e dal singolo e semplice al diverso e complesso in qualità o
funzione", un significato che richiama la formulazione ad albero ramificato di
Pitt-Rivers (vedi sopra, nota 1). Herbert Spencer sintetizzò il processo evolutivo
naturale nel suo slogan "sopravvivenza del più idoneo", spesso invocato a
sostegno dell'idea che l'idoneità prefigura già il progresso.14 Sebbene Charles
Darwin alla fine prese radicalmente le distanze dall’opinione che la selezione
naturale sia di per se stessa correlata al progresso, affermando "io non posso
evitare di credere che non esista una tendenza innata verso lo sviluppo
progressivo",15 una tale convinzione di continuo miglioramento, grazie anche
agli effetti della pubblicità ("Nuovo! Perfezionato!"), era tuttavia già entrata
stabilmente nell’immaginario collettivo. Il Webster's International Dictionary
(1961) ammette tuttora l'assegnazione di un valore positivo all'evoluzione,
considerandolo "un processo di continuo cambiamento da uno stato inferiore,
più semplice, o peggiore, verso uno più alto, più complesso, o migliore: uno
sviluppo progressivo".
Sfortunatamente la convinzione che il progresso significhi perfezionamento
rafforzò l'erronea impressione che gli strumenti moderni fossero "migliori" di
quelli apparentemente obsoleti. Per esempio, l'applicazione della fornitura
automatica d'aria e di meccanismi a funzionamento elettrico alle canne d'organo
– fenomeno che consentì la crescita di questi strumenti fino a dimensioni
gigantesche già negli anni trenta del Novecento – spinse a considerare inferiori i
precedenti organi a funzionamento meccanico; e proprio in reazione a questa
tendenza Albert Schweitzer rivendicò le virtù dell'organo storico – tra cui
maggiore sensibilità al tocco e coerenza timbrica – e favorì il revival tuttora in
corso (vedi sotto, nota 17). Allo stesso modo il violino e la sua famiglia,
nell’Ottocento e nel primo Novecento, erano di norma, seppur erroneamente,
ritenuti superiori alla famiglia della viola da gamba, poiché le viole (distinte dai
violini per forma, accordatura, numero di corde, tastiera con legacci, ecc.) erano
cadute in disuso e quindi sembravano rappresentare un tipo ancestrale e
dunque meno sviluppato.16
Analogamente, nelle esecuzioni concertistiche i robusti e potenti pianoforti
dotati di telaio metallico, come quelli di Chickering, sembravano costituire un
notevole miglioramento rispetto a quelli più piccoli, meno sonori, e totalmente
di legno, per non parlare poi dei clavicembali del XVIII secolo, ancor più delicati e
meno flessibili nella dinamica. Allo stesso modo i “legni” sofisticati e con molte
chiavi, ad esempio i pregevoli flauti ideati dal meccanico e metallurgista tedesco
Theobald Boehm (1794-1881), iniziarono ad essere valutati molto meglio
rispetto a quelli di modello "antico", come i flauti di legno a una chiave, e questi
ultimi, pur se relativamente a buon mercato, furono ritenuti meno affidabili da
molti esecutori moderni. Le carenze costruttive e l’accusa di scarsa sonorità
fecero così equiparare ipso facto la modernità con la superiorità, ma
spingerebbero a chiedersi: meglio rispetto a che cosa?
Fortunatamente il movimento della "musica antica", dedito ad esecuzioni
storiche su strumenti originali o su copie accurate, nel XX secolo ha sfidato con
successo tali pregiudizi dimostrando a chi vuole intendere che il cosiddetto
Klangideal (letteralmente "suono ideale": una costellazione di fattori uditivi che
comprendono timbro, dinamica e articolazione) di un determinato periodo e di
un luogo in particolare è intimamente dipendente da ideali e obiettivi
dell'estetica coeva, che rimangono validi anche al giorno d'oggi.17
Di sicuro il Klangideal del passato non può essere pienamente conosciuto o
replicato nella pratica (quale genitore permetterebbe a un figlio di diventare un
castrato?) e potrebbe oltretutto non garantire gli stessi risultati di un tempo.
Cionondimeno l'esecuzione su strumenti storicamente inappropriati, ovvero su
strumenti appropriati ma suonati anacronisticamente in quanto a tecnica e stile,
può seriamente distorcere l'intento del compositore. Se tale distorsione sia
accettabile, o anche preferibile, è ovviamente una questione di gusto, non di
etica, ma non bisognerebbe scambiare la "sopravvivenza del più idoneo" come
prova che di strumenti moderni funzionino o suonino di necessità meglio dei tipi
più antichi: essi semplicemente rispondono ad esigenze differenti.
***
Al posto di un lento ma inevitabile cammino verso la perfezione, la moderna
teoria evoluzionistica propone l'idea che progresso in biologia e tecnologia
significhi adattamento a situazioni che mutano continuamente. Questo punto di
vista riconosce il ruolo del caso nell'indirizzare il cambiamento e non ammette
l’esistenza di uno stadio finale, in tal modo rifiutando di assegnare un valore a
ciò che di fatto risulta essere semplicemente più recente. Minando alla base le
certezze passate riguardo a teleologia e gradualismo, testimonianze afferenti
molti campi diversi indicano ora che la direzione di evoluzione è senza finalità e
impronosticabile, e che l'adattamento (così come l'estinzione o l'obsolescenza)
può avvenire non solo gradualmente, ma anche con sorprendente rapidità, e
magari dopo lunghi periodi di relativa immobilità (un fenomeno che viene
definito "equilibrio instabile").18
I biologi e gli storici della tecnologia hanno osservato inoltre che la complessità
crescente non necessariamente coincide con l'adattamento; la semplificazione
può a sua volta risultare vantaggiosa, aumentando l'efficienza. Essi notano
inoltre che la diversificazione non può fare a meno di verifiche: il boom di
varianti provocato da nuove condizioni dà luogo ben presto ad una selezione
delle specie meno efficaci, lasciando nei tempi lunghi meno varianti; quelle
sopravvissute a loro volta forniscono la base per le future diversificazioni. Il
paleontologo Stephen Jay Gould disegna il processo evolutivo con la forma di un
albero di Natale, più largo alla base, dove la diversificazione è stata più rapida, e
tendente a stringersi verso la punta piuttosto che a ramificarsi nel corso del
tempo. Questo paradigma, ricavato dall'analisi degli animali fossili dell’era
precambrica, chiarisce al tempo stesso lo sviluppo della tecnologia e di altri
fenomeni.19
L’autorevole organologo Herbert Heyde ritiene che gli strumenti e la musica
evolvano parallelamente soprattutto in conseguenza dello sbilanciamento, o
della mancanza di equilibrio, tra le possibilità degli strumenti esistenti e gli
obiettivi espressivi dei musicisti.20 Certamente gli esecutori che si trovino di
fronte a richieste estreme di tecnica esecutiva cercano dai costruttori di
strumenti un aiuto per superare queste sfide (un punto che verrà discusso
meglio più avanti). Ad ogni modo, l'opinione ottocentesca che "conquiste"
compositive come, ad esempio, l’aumento del cromatismo, la maggior lunghezza
delle frasi melodiche, della loro estensione o del loro contrasto dinamico,
impongano sostanzialmente e inevitabilmente lo sviluppo e la proliferazione dei
tipi strumentali, è davvero poco attendibile; tali cambiamenti (talvolta non
trascurabili, come lo sviluppo dell'arco alla Tourte)21 spiegano solo in parte il
fenomeno dell’evoluzione.
Al contrario, lo sviluppo o l'obsolescenza di uno strumento dipendono da un
insieme di forze variabili – economiche, politiche, sociali, tecnologiche, oltre che
compositive ed esecutive – che interagiscono con variabile incidenza e
imprevedibili conseguenze, talvolta improvvisamente e del tutto
indipendentemente dagli obiettivi dei compositori e degli esecutori. Un esempio
banale: quando nel 1953 avvenne che per un mero incidente (così almeno si
racconta) qualcuno cadde sulla tromba di Dizzy Gillespie, questi decise di
adottare una campana del tutto particolare, piegata ad angolo; l'infortunio
aveva infatti mutato positivamente la percezione del suono della tromba da
parte di Gillespie, mentre la forma inconsueta del suo strumento lo collocò agli
occhi del pubblico in una posizione diversa da quella di altri trombettisti. 22 Se da
una parte questo risultato evidentemente si accordava con i desideri di Gillespie,
esso non era stato tuttavia in alcun modo determinato da un’operazione
intenzionale e musicalmente finalizzata.
Un esempio ancor più evidente. Una conseguenza della rivoluzione industriale e
dei rispettivi scossoni sociali fu la dissoluzione delle corporazioni professionali,
dotate di privilegi e ristrette a pochi fortunati, che sin dalla fine del Medioevo
avevano cercato di proteggere i loro affiliati dall’eccessiva competizione. Nel
limitare il commercio degli strumenti e la trasmissione di conoscenze fra
costruttori, le gilde spesso inibirono il cambiamento imponendo al contempo
prezzi elevati ed alti livelli di qualità. Non a caso dunque il XIX secolo vide un
numero di invenzioni incredibilmente maggiore e vendite massicce di strumenti
a buon mercato e di nuova concezione. L'editoria musicale allo stesso tempo si
espanse enormemente, non perché i compositori scrivessero musica migliore,
ma perché la domanda di nuovi brani d’intrattenimento da parte dei
consumatori delle classi medie era incontenibile.
Anche gli strumenti progettati solo o soprattutto per soddisfare il piacere
dell'occhio, o per semplice competizione commerciale, o anche per dimostrare
una migliore applicazione commerciale di un certo dispositivo o di un particolare
procedimento – come ben esemplificano oltre 200 anni di forme differenti delle
chitarre, quali le chitarre-lira, le ibride chitarre-arpa che sono state perfino
brevettate, e ancora le chitarre elettriche – talvolta danno vita del tutto
casualmente a un idioma o a uno stile destinato a sviluppo, poiché le finalità
dell'inventore possono risultare del tutto irrilevanti per gli utilizzatori, i quali
accettano o rifiutano i nuovi strumenti in base alle loro proprie motivazioni.
In ogni caso è evidente che l'invenzione o l'adozione di uno strumento deve
precedere l’acquisizione del suo idioma caratteristico, non viceversa. È ovvio, ad
esempio, che la musica destinata specificamente alla tastiera non può essere
esistita prima dell'invenzione della tastiera stessa. Gli esecutori devono far
pratica con i nuovi strumenti prima che i compositori possano sfruttarne
appieno le potenzialità: l'inedita scrittura per clarinetto di Mozart dipese dal
fatto che i suoi clarinettisti avevano precedentemente affinato il proprio talento,
mentre il contributo mozartiano a un idioma caratteristico del pianoforte,
segnatamente nei movimenti lenti dei suoi concerti per tastiera della maturità,
derivò in gran parte dalla sua propria esperienza quale esecutore professionista.
Molte innovazioni strumentali, per esempio quelle che implicano l'impiego di
materiali o di processi di fabbricazione inusuali, mirano all'abbassamento dei
costi, all'aumento della loro durata, o ad incrementare la produttività di
un’azienda; in tali casi ogni risultato sonoro può risultare del tutto fortuito.
Persino quando il suono è l’oggetto del cambiamento non è detto che lo stimolo
iniziale venga da necessità compositive. Gli organi da teatro "Mighty Wurlitzer"
(chiamati "Wurlitzer Hope-Jones Unit Orchestra" quando furono introdotti nel
1911) non vennero ideati su richiesta dei compositori – il repertorio per tali
organi teatrali consiste principalmente di arrangiamenti e trascrizioni, non di
opere originali – bensì per disporre di un economico e versatile sostituto dei
complessi strumentali.23 Un altro esempio: nel 1900 l'ingegnere elettrico
Augustus Stroh brevettò violini di forma inconsueta amplificati meccanicamente
(i cosiddetti Stroh-violin) e degli altri strumenti ad arco da usare negli studi di
registrazione; questi strumenti "direzionali" dalla notevole sonorità non furono
però mai prescritti dai compositori, né di regola furono apprezzati dai musicisti
operanti nelle sale di registrazione.24 Quando i microfoni sostituirono le trombe
da sala d'incisione difatti, i violini Stroh caddero in disuso, tranne nelle mostre di
oggetti inconsueti e in occasionali esecuzioni all'aperto.
Addirittura motivazioni politiche del tutto slegate dai desideri dei musicisti
possono influenzare la sopravvivenza o l'oblio di uno strumento. Certi strumenti
ad alto valore simbolico sono stati spietatamente aboliti: per esempio, dopo la
sconfitta dei giacobiti nel 1745, gli Hannover, allora dominatori dell'Inghilterra,
misero al bando le cornamuse scozzesi delle Highland in quanto "strumenti di
guerra".25 Di tanto in tanto nel sud dell'America gli schiavi africani vennero
privati di tamburi, corni, e di altri strumenti sonori che potevano essere usati per
produrre segnali.26 Di converso, strumenti di importanza relativamente minore
sono stati artificialmente elevati di grado per stimolare sentimenti di solidarietà
politica, come avvenne con le cosiddette Martintrompete (o Martin-Schalmei,
uno strumento d'ottone ad ancia libera con campane multiple brevettato nel
1927 da Max Bernhardt Martin di Markneukirchen) adottato dalle bande degli
operai, le cosiddette Schalmeien-Kapellen del Rotfront (il Fronte Rosso) della
Germania comunista, senza che ne risultasse alcuna ricaduta musicale.27
Possono essere inoltre le necessità economiche ad imporre cambiamenti in
meglio o in peggio dal punto di vista del musicista, come quando, durante
l'epoca dell’Unione federale americana, l'embargo di legni britannici e le alte
tariffe d'importazione spronarono lo sviluppo della manifattura locale degli
strumenti. Anche la gestione inadeguata, la depressione economica e il panico
fiscale, ovvero la riconversione della produzione industriale in tempo di guerra,
possono essere altri fattori economici, non musicali, tali da spingere i costruttori
di strumenti ad abbandonare il settore o a rivedere le loro priorità produttive.
Durante il XX secolo, ad esempio, la riduzione delle scorte di rame in tempo di
guerra richiese l’adozione dell'acciaio per la fasciatura delle corde basse dei
pianoforti. Verso la fine del secolo le restrizioni del commercio internazionale
dell'avorio d'elefante hanno imposto lo sviluppo di alternative sintetiche non
solo per coprire i tasti dei pianoforti e degli organi, ma anche per la costruzione
degli strumenti a fiato di legno.
Analogamente, durante il XIX secolo la crescente popolarità dei pianoforti
verticali e il declino delle vendite di pianoforti "rettangolari" fu dovuta non a un
qualche vantaggio timbrico o meccanico dei verticali, ma sostanzialmente al
risparmio di spazio che essi assicuravano e ad una maggiore efficienza di
costruzione, ciò che permetteva un sensibile ribasso dei prezzi. Il compianto
storico e tecnico del pianoforte Roland Loest osservava in una conversazione
tenutasi nell'agosto 1995 che la geometria regolare del pianoforte verticale –
per esempio l'uso di leve dei tasti di uguale lunghezza, a differenza di quelle dei
pianoforti rettangolari – aveva consentito colpi di sega rapidi e diritti invece di
laboriosi tagli obliqui, e che di conseguenza i verticali erano risultati più
economici. Loest notava inoltre che alla base dell'invenzione della meccanica a
doppio scappamento del pianoforte da parte di Sébastien Erard, un brevetto del
1821, non c’era tanto l’aumento di velocità del ribattuto per favorire il
virtuosismo, come normalmente si crede, ma piuttosto il tentativo di rendere la
meccanica più confortevole e affidabile sotto le mani di dilettanti dotati di una
tecnica limitata.
Il risparmio svolse un ruolo anche nel ridurre l'interesse nei confronti degli
organi a canne e ad ance quando degli strumenti elettronici di ridotte
dimensioni divennero un’alternativa abbordabile. Il più noto di questi, apparso
nel 1935, prese il nome dal suo inventore, l'ingegnere elettronico americano
Laurens Hammond. Ben presto lo Hammond e gli altri organi elettronici invasero
le case, i locali notturni e gli ambienti nei quali gli organi a canne sarebbero
risultati poco pratici e quelli ad ance ben poco appropriati. Inoltre l’ineludibile
legame tra organo a canne e musica sacra contribuì alla sua marginalizzazione in
una società sempre più laica. Al giorno d'oggi gli organi elettronici stanno a loro
volta per essere rimpiazzati dai piccoli e più economici, nonché più versatili,
sintetizzatori. Sebbene siano ancora nella loro fase iniziale i sintetizzatori non
sono semplici sostituti dell'organo, ma costituiscono una "specie" distinta e in
rapida proliferazione che offre una vasta prospettiva per la sperimentazione
musicale tanto agli appassionati quanto ai professionisti. 28 La rapida successione
delle innovazioni nell'elettronica audio ha d’altronde già reso obsoleti
sintetizzatori come quelli ideati da Robert Moog negli anni 60 e 70.
Il viaggio e la migrazione esercitano anch’essi una forte pressione innovativa
sugli strumenti, sebbene i musicisti possano essere lenti nell'apprezzare il
potenziale di un oggetto esotico. Il banjo, introdotto in America dagli schiavi
africani prima del 1700, non vi si acclimatò fino a quando, verso la metà del XIX
secolo, gli spettacoli di varietà non portarono lo strumento delle piantagioni
all'attenzione del pubblico bianco delle città; dopo di allora, i banjo furono
rapidamente adattati ai gusti correnti e trasformati quanto ad aspetto e
possibilità tecniche.29 Sull’altro versante geografico, la moda di orientalismo che
fece seguito all'apertura al commercio estero del Giappone nel 1854 permise
non solo spettacoli come l'opera Madama Butterfly di Giacomo Puccini (1904),
ma anche l’ideazione di una serie di strumenti effimeri di forma vagamente
orientale, compreso il cosiddetto "Jap fiddle" a una corda, impiegato nei
vaudeville americani e britannici.30
Ancora più significative le ance libere di metallo che costituivano il cuore di
armoniche, fisarmoniche, melofoni, Martintrompete e organi ad ancia, ritenute
di derivazione asiatica e portate in Europa almeno dalla metà del XVII secolo. 31 A
lungo ignorato in Occidente, se non per limitate applicazioni, il principio
dell'ancia libera si affermò finalmente nel XIX secolo, prevalentemente su
strumenti di uso domestico piuttosto che da concerto e per le stesse ragioni
pratiche che in seguito avrebbero favorito le vendite degli organi elettronici:
stabilità d'intonazione, facile manutenzione ed economia di costi e dimensioni.
La qualità timbrica, sebbene non del tutto trascurata – e inevitabilmente
reclamizzata nelle pubblicità –, era tuttavia di solito tenuta in minor
considerazione in questi strumenti, apprezzati soprattutto dagli amatori.
Durante il secondo quarto del XIX secolo la proliferazione di modelli ad ancia
libera potrebbe essere ben rappresentata da un albero ramificato, mentre la
successiva e drastica decimazione, pienamente evidente solo col senno del poi,
fu in parte la conseguenza, almeno negli Stati Uniti, di una serie di pretenziosi
"miglioramenti" (che facevano lievitare i prezzi, ma non garantivano alcun reale
beneficio) e della mancanza di un apprezzabile repertorio specifico. Il momento
d'oro degli organi ad ancia era già passato allorché furono disponibili piccole e
silenziose turbine elettriche col compito di fornire l'aria.32 La simpatica armonica
a bocca, tuttavia, trovò una nicchia protettiva nella cultura popolare e continua
a beneficiare di ampie vendite; inoltre, grazie agli sforzi promozionali degli
aficionados, gli armonium e i melodeon (i cosiddetti American organs), che
talvolta si trovano ancora in buone condizioni di conservazione, sembrano in
attesa di una rinascita d’interesse da parte di ascoltatori ed esecutori
storicamente informati.
Sebbene, come appunto nel caso delle ance libere, l'innovazione strumentaria si
svolga in qualche misura indipendentemente dagli indirizzi musicali principali, i
costruttori mirano di norma a far sì che i loro prodotti siano utili e devono tener
conto delle reazioni dei clienti. Gli inventori di solito propongono nuove idee e
gli utilizzatori le accettano, le modificano, o le rigettano, determinando a loro
volta la risposta dei costruttori. I concertisti invece raramente danno il via a
radicali cambiamenti, giacché gran parte dei professionisti domina a piacimento
di strumenti tradizionali da cui dipende la propria sussistenza. Allo stesso modo
molti i produttori di strumenti, in special modo quelli che operano su larga scala,
dedicano le loro energie a perfezionare i prodotti che essi sono abituati a
costruire, rifiutando la riprogettazione radicale e il costoso cambiamento delle
attrezzature impiegate (argomento sul quale si veda sopra, nota 32).
Piuttosto che aspirare a strumenti radicalmente nuovi, i musicisti insoddisfatti o
quelli che amano la sperimentazione in genere premono per il perfezionamento
dei modelli esistenti, per renderli più comodi da suonare o per estendere le loro
possibilità espressive, o in qualche caso per fare scalpore con qualche singolare
trovata pubblicitaria. Sebbene concertisti creativi o molto esigenti collaborino
occasionalmente con i costruttori di strumenti per migliorarne la progettazione,
più spesso i loro progetti si arenano. Percy W. Gatz, già fagottista della New York
Philharmonic Orchestra, collaborò ad esempio all'inizio degli anni 30 del
Novecento con la fabbrica tedesca di legni di Wilhelm Hermann Heckel per
sviluppare un personalizzato sistema di chiavi sul fagotto così da riunire le
caratteristiche dei sistemi Almenräder e Boehm: la meccanica che ne risultò era
così complicata e imbarazzante che non ottenne mai successo.33
Talvolta però inventore e concertista convivono in una stessa persona. Uno di
questi, il virtuoso di pianoforte Josef Hofmann (1876-1957), il quale poteva
vantava più di 70 brevetti, sostenne la Steinway & Sons nel perfezionare i
rapporti di lunghezza delle corde di gran coda e la meccanica dei tasti. 34 Un altro
musicista-inventore che può vantare un brillante successo è il chitarrista e
ingegnere elettronico americano Les Paul (n. 1915), padre della popolare
chitarra elettrica a corpo solido Gibson e uno dei principali perfezionatori della
tecnologia di registrazione audio. Paul racconta tuttavia che una delle sue più
acclamate invenzioni, un microfono a contatto particolarmente robusto, fu
inizialmente tenuto occultato dal costruttore che aveva comprato il suo
progetto.35 L’organaro e costruttore di pianoforti di Augusta Johann Andreas
Stein (1728-92) fu un altro musicista-inventore, a proposito del quale Mozart
scrisse che "egli spesso diceva: se io stesso non fossi così appassionato di musica
e non potessi suonare personalmente qualche piccola cosa sulla tastiera, avrei
certamente perso la pazienza da molto tempo; ma a me piacciano davvero gli
strumenti che non scontentano l'esecutore e che sono duraturi". 36
Ciononostante, e a dispetto della sua competenza musicale e della sua abilità
meccanica, Stein introdusse anche strumenti – la Melodica, il Saitenclavier – che
si rivelarono poco pratici ed effimeri.
D'altra parte nel corso di tutta la storia importanti principi costruttivi e
invenzioni applicate con successo agli strumenti hanno originato pratiche
musicali alternative. Prima del XIX secolo, ad esempio, modelli geometrici
proporzionali, derivati dalla cosmologia, dall'architettura e da altre discipline,
presiedevano il più delle volte la progettazione dello strumento con lo scopo di
assicurare l’armonia del risultato sia dal punto di vista visivo sia da quello
uditivo. Così il filo metallico trafilato per gli strumenti ad arco, le valvole per gli
ottoni, il meccanismo a martelli del pianoforte, le valvole elettriche e
l'altoparlante nel Theremin, i circuiti integrati nei sintetizzatori, sono tutti
dispositivi che derivano da tecnologie sviluppate in origine con finalità non
musicali. I martelli a rimbalzo peculiari nell’ideazione del pianoforte da parte di
Bartolomeo Cristofori attorno al 1700, erano da tempo prefigurati nei mulini a
maglio e negli orologi a rintocco, così come un dispositivo assai simile al celebre
scappamento del martello dei pianoforti di J. A. Stein compare in un telaio
meccanico da maglieria che si dice inventato verso il 1590 dal reverendo inglese
William Lee.37 La difficoltà di dimostrare legami effettivi tra dispositivi come
questi non contraddice la regola di George Basalla: "i nuovi manufatti possono
solo derivare da altri antecedenti".38
Si può perciò dire veramente che i Klangideal dipendono dalle matematiche e
dalla tecnologia non meno che dalle scelte artistiche, e che le preferenze
timbriche inevitabilmente riflettono i risultati culturali nei vari settori. Molto
probabilmente i primi oggetti da suono dell'umanità furono utensili
multifunzione le cui potenzialità acustiche erano del tutto accidentali. 39 Una
volta che queste proprietà furono riconosciute ed apprezzate la popolazione
preistorica iniziò a sfruttare tale potenziale di suoni artificiali e coloro che erano
in grado di attivarli si specializzarono, non perché essi fossero previsti fin
dall'inizio, ma perché gli impieghi di utensili sonori divennero sempre più
sofisticati nella comunicazione, nella caccia, nel combattimento, nei riti, negli
spettacoli e nell'espressione estetica. Gli sviluppi della tecnologia aumentarono
la tavolozza dei suoni a disposizione e affinarono il loro controllo, richiedendo
agli stessi utilizzatori di specializzarsi. Le consuetudini e i tabù che regolavano
l'uso dei diversi strumenti, così come il potere dei musicisti, condussero quindi a
delle gerarchie di status di cui rimangono vestigia ancora oggi. La posizione
sociale degli strumenti, con implicazioni legate ai sessi e ad altri attributi,
convogliò ulteriormente l'innovazione tecnologica verso modelli particolari, o
l’allontanò da essi.
Ovviamente, perciò, che quelli che noi chiamiamo strumenti "musicali" hanno
molte funzioni oltre al fare musica. Gli strumenti etnici, per esempio, assicurano
la continuità sociale inglobando idee tradizionali, simbolismo, potere e tradizioni
popolari. Alcuni, come l'arpa irlandese, sono divenuti simboli di nazionalità.
Strumenti di lusso, come ad esempio i violini d'autore, possono risultare invece,
anche tacitamente, oggetti d'arte o mezzi di investimento. In molte società gli
strumenti svolgono ancora un ruolo magico e rituale; e le campane, ad esempio,
si pensa che allontanino il diavolo. Ma campane, cornette e simili, sono state
impiegate ovviamente anche come strumenti da segnalazione. A tutti i livelli
della società di strumenti operano simbolicamente come indicatori dello status,
e talvolta perfino del sesso, dei loro proprietari: nell'arte occidentale, ad
esempio, i flauti sono convenzionalmente un simbolo fallico, mentre le arpe di
solito rappresentano grazia e bontà. E che vengano suonati o meno, essi
costituiscono per i rispettivi costruttori un modo di guadagnarsi da vivere, tanto
da disinteressarsene completamente dopo la vendita. Qualsiasi teoria
evoluzionistica deve tener conto di queste funzioni extramusicali, poiché esse
aiutano a spiegare l'andamento e l’indirizzo di trasformazione degli strumenti.
È necessario a questo punto distinguere tra innovazione e invenzione.
L'invenzione, il processo creativo, coinvolge di norma solo una singola persona,
che lavora magari nell'isolamento e il più delle volte senza successo.
L'innovazione invece non riguarda tanto la fase creativa iniziale, ma il successo di
un'invenzione dopo la sua nascita, vale a dire la sua generalizzata accettazione.
La gran parte delle invenzioni, che siano esse indotte dal bisogno di espressione
personale, dagli incentivi pratici o ancora da altri fattori, non conduce da
nessuna parte: perfino un genio come Leonardo Da Vinci inventò o immaginò
strumenti singolari che non avevano funzione pratica e che non furono quindi
adottati.40 Ma un tal genere di esperimenti fornisce il seme per l'innovazione.
Quelli che si dimostrano utili – e un tale riconoscimento può avvenire anche
molto più tardi – portano ad una proliferazione di varianti guidata dal mercato,
delle quali solo qualcuna può entrare in quella che noi chiamiamo, in
retrospettiva, la pratica musicale attiva.
L'avvento delle valvole per gli ottoni rappresenta un caso del genere. Gli ottoni
furono soggetti solo a lievi cambiamenti durante il secolo che precedette
l'adozione dei meccanismi a chiavi, avvenuta all'epoca di Haydn, mentre all'inizio
del XIX secolo le valvole (in precedenza usate fra l'altro per le pompe idrauliche)
li trasformarono radicalmente, cambiando la loro tecnica ed aumentandone la
flessibilità. Questo sviluppo condusse già negli anni 30 dell'Ottocento a una
rapida fioritura di ottoni adatti per impieghi che andavano da quelli virtuosistici
dei solisti (in tal caso presentando talora insoliti dispositivi, come quello
dell'eco), a una maggiore funzione melodica nelle orchestre, fino alla possibilità
di formare bande di soli ottoni. Già nell'ultimo quarto del secolo la selezione
aveva preso il suo pedaggio – e in ciò i compositori giocarono un ruolo principale
– e tutt’al più entro gli anni 30 del Novecento, un numero ben minore di modelli
a valvole era rimasto in uso rispetto a quelli apparsi nella prima fase di
diversificazione. Alcune varietà accantonate avevano caratteristiche peculiari
che mancano agli ottoni moderni, e ciò costituisce una perdita per gli ascoltatori
di oggi. Fortunatamente l'obsolescenza è una cosa diversa dall'estinzione e i
corni a valvole viennesi, così come le trombe a cilindri, per non parlare dei tipici
flicorni americani con la campana rivolta in avanti, vengono talvolta resuscitati in
occasioni particolari.
Il pianoforte fornisce un altro esempio di rapida diversificazione seguita da una
drastica decimazione. A distanza di una generazione dalla sua invenzione il
"cembalo a martellini" di Bartolomeo Cristofori si era diffuso dall'Italia alla
Spagna e alla Germania, dove i costruttori sperimentarono liberamente il suo
meccanismo e la sua struttura. Nel 1800 pianoforti di concezione assai
differente, molti dei quali provenienti da piccoli ed isolati laboratori, erano
diffusi ovunque; ma, a dispetto della continua innovazione e di importanti
aspetti strutturali e meccanici, la standardizzazione avvenuta durante l'ultima
parte del XIX secolo ha notevolmente ridotto il numero di tipologie in
commercio. Nel 1900 era in produzione un numero ben minore di modelli
particolari (come i pianoforti rettangolari ed i pianoforti-arpa) rispetto a quelli in
uso anche solo una cinquantina d’anni prima. Oggi alcuni tipi più antichi sono di
nuovo timidamente in circolazione per offrire maggiori possibilità agli esponenti
del movimento di recupero della prassi esecutiva storica. Ad ogni buon conto,
solo uno sparuto numero di fabbriche in tutto il mondo produce ancora
pianoforti a coda in quantità considerevole, e per molti versi la loro struttura
appare sostanzialmente analoga: una conseguenza, qualcuno osserverà,
dell'assoluto appiattimento industriale che inibisce l'innovazione e riduce la
varietà. In perfetta consonanza con il fatto di aver raggiunto uno status quasi
mitico già prima del 1900, il gran coda da concerto è cambiato davvero molto
poco nel XX secolo a paragone di quanto avvenuto nell’Ottocento (questo
almeno se si eccettua la recente adozione delle possibilità di registrazione
digitale, di riproduzione e di interfaccia MIDI), una situazione di stallo
rispecchiata dalla quasi immutabile e davvero convenzionale colorazione "in
nero".
È significativo il fatto che gli Stati Uniti siano divenuti un leader mondiale nella
progettazione e costruzione di pianoforti prima ancora che questa nazione
avesse da vantare compositori o concertisti di vaglia; essa difatti aveva una
fiorente mercato amatoriale, una politica doganale protezionistica, notevoli
competenze manifatturiere e ampia disponibilità di materie prime. Il
sorprendente numero di brevetti americani inerenti il pianoforte, specialmente
nel periodo 1830-47, un’epoca di rapida espansione commerciale, prima ancora
che Steinway & Sons entrasse in campo nel 1853, fa pensare, nonostante quanto
asserito nelle pubblicità, che l'impulso primario per molte di queste invenzioni
fosse o il profitto o la pura passione per la meccanica, piuttosto che consapevoli
obiettivi musicali. Potrebbe difatti essere riferita anche all’industria del
pianoforte del XIX secolo, la critica a suo tempo espressa da un anonimo
editorialista riguardo alla concorrenza delle industrie produttrici di caldaie:
...avviene quasi ogni giorno che un dispositivo o un
ritrovato sperimentato e ritenuto inadeguato, se non
addirittura inutile, sia ripresentato come un miglioramento
rispetto ad altri ritrovati che hanno dato prova, grazie alla
loro tenuta, di essere "i più efficaci". Ciò riguarda, in
particolare, quelle persone o quelle ditte che, dopo lunghi
tentativi, hanno avuto successo nel realizzare un prodotto
utile e necessario, avviando così un'impresa che promette
di ripagarli dei loro sforzi e dei rischi corsi; immediatamente
una serie di individui che intendono raccogliere laddove
non hanno seminato, si precipita su quella fetta di mercato
con qualcosa di simile (e, in genere, con qualche idea che i
pionieri hanno già provato e scartato), dichiarandola un
"perfezionamento" e cercando così di attirare i clienti, che
alla fine si ritroveranno ad aver speso il loro denaro per
qualcosa che non li soddisfa. 41
Un argomento di paleontologia può aiutarci a spiegare anche la "selezione
naturale" degli strumenti musicali. Molti scienziati oggi asseriscono che i
dinosauri non scomparvero gradualmente a seguito della crescente
competizione tra mammiferi, come si pensava in precedenza, ma sparirono
molto rapidamente a causa di una catastrofe ambientale che sconvolse le loro
capacità di adattamento. Fortunatamente per noi i mammiferi erano comunque
fisiologicamente predisposti alla sopravvivenza nella nuova situazione. Con gli
stessi presupposti i saxofoni, con la loro variegata tavolozza sonora, l'ampia
varietà espressiva, la grande agilità, erano predisposti per le funzioni e i gusti del
XX secolo (in particolare quelli espressi dal jazz e in parallelo dalla musica
leggera), e fiorirono di conseguenza in ambiti musicali dove tipologie come
quella dei sarrusofoni ad ancia doppia non potevano competere. L'inventore
belga Adolphe Sax (1814-94) non avrebbe certo potuto consapevolmente
immaginare le straordinarie esigenze che i jazzisti americani come John Coltrane
avrebbero posto ai saxofoni; avvenne però semplicemente, e per puro caso, che
l'invenzione di Sax si rivelasse compatibile con la musica leggera americana,
favorendone altresì il corso.
Laddove i dinosauri si estinsero, molti altri organismi più semplici sopravvissero
apparentemente indenni; ciò fa pensare che talvolta la semplicità rappresenti un
vantaggio rispetto alla complessità. Molti strumenti a percussione hanno
conservato la loro struttura sostanzialmente immutata per secoli. Tale
sopravvivenza morfologica non dipende ovviamente dalla persistenza di uno
stesso repertorio e nemmeno della sola tecnica esecutiva (in un suo brano del
1960, Dimensions of Time and Silence, il compositore polacco Krzysztof
Penderecki richiede addirittura un gong suonato con l'arco). Il trombone a tiro, a
sua volta, non è di molto cambiato rispetto al Rinascimento e conserva un
raffinato sistema di canneggio telescopico che gli dà grande libertà
d'intonazione, consentendo ad esempio l'effetto di portamento (glissando).
Questa agilità, che manca a molti altri ottoni, gli conferisce un certo potenziale
espressivo che, come per il saxofono, rimase latente fino a quando non fu
sfruttato, in particolare nell'ambito della musica di massa degli anni 30 e 40, da
artisti come Tommy Dorsey e Jack Teagarden.
Il pianoforte delle origini, analogamente, sebbene meno apprezzato del
clavicembalo almeno fino agli anni 60 del Settecento, era predisposto per
corrispondere all’aumento di sonorità ed espressione richiesto dal “naturalismo”
di fine XVIII secolo, ed ebbe in effetti un ruolo nel promuovere quella tendenza.
Il naturalismo in musica emerse nell'ambito di un più vasto movimento
intellettuale che, per riprendere le parole di Oliver Sacks, "mirava a sostituire il
mondo newtoniano delle masse e degli atomi con un mondo di dinamiche e di
forze".42 Una volta che l'interpretazione del mondo in termini dinamici ebbe
preso l'avvento, il pianoforte subì un impressionante sviluppo tecnico in
direzioni che non sarebbe stato possibile prefigurare nelle sole tendenze
musicali: in effetti, il progresso della metallurgia industriale e della
progettazione meccanica avrebbe potuto costituire un indizio ben più accurato.
Tuttavia, come si è già notato, molti tentativi, compresi quelli destinati a
correggere limiti evidenti, quali l'incapacità a sostenere il suono
indefinitivamente o ad aumentarne l’intensità, o anche a mantenere
l’accordatura per lunghi periodi, non condussero ad alcun risultato.
I musicisti con una formazione romantica credono naturalmente che, pur con
alcuni inevitabili difetti, il pianoforte rappresenti un miglioramento rispetto al
clavicembalo e al clavicordo. Facendo riferimento all’indimostrabile
affermazione di Spitta citata più sopra (quella concernente lo "strumento
ideale") dovrebbe risultare ovvio che i compositori lavorano nell'ambito delle
possibilità degli strumenti effettivamente esistenti, così come gli eserciti
sfruttano le possibilità dei fucili a loro disposizione, sebbene i generali aspirino
ad armi più potenti. Anche i più accesi avveniristi, come il compositore
americano Harry Partch (1901-76), non possono scrivere per strumenti che non
sono stati ancora inventati (Partch realizzò da solo i propri strumenti, per
adattarli alle sue scale esotiche, ma pochi compositori sono così inventivi). 43 Il
fatto è che "l'invenzione non ha origine tanto dalla necessità, quanto dalla
volontà".44
Tra l’enorme varietà di strumenti inventati molti tipi non hanno però generato
musica di rilievo. Anche quelli che l'hanno fatto – il baryton tanto amato dal
patrono di Haydn, Nikolaus Esterhazy, o l'arpeggione mirabilmente impiegato da
Schubert – sono caduti in disuso se il loro livello di specializzazione, il costo, o la
difficoltà esecutiva hanno inibito una più generalizzata adozione. Per fare un
esempio più familiare, l'arpa a pedali, pur dotata di un sofisticato congegno
meccanico, è stata accantonata durante il XX secolo un po' per le sue difficoltà
nei passi cromatici e un po' perché, analogamente al clavicembalo, le sue corde
pizzicate non consentivano una cospicua sonorità, un limite superato dalla
chitarra solo grazie all'amplificazione. Il costo dell'arpa a pedali e il suo eccessivo
ingombro costituiscono un ulteriore impedimento alla sua diffusione: e in effetti
le piccole e semplici arpe "popolari" sono ben più diffuse rispetto al passato.
Adattissima all'intimità della musica da camera, un genere che ha subìto una
caduta di popolarità durante il XX secolo, l'elegante e lussuosa arpa a pedali
potrebbe divenire, nel XXI secolo, una specie a rischio, a meno che un esecutore
carismatico non ne diventi patrocinatore.
Il successo di alcuni strumenti e l’insuccesso di altri dipende in gran parte dalla
prassi esecutiva. Se, come si supponeva abitualmente all'epoca di Spitta, le
aspirazioni dei compositori fornissero effettivamente il principale impulso
all'innovazione degli strumenti, avrebbe un senso discutere l’ipotesi che le
ultime sonate di Beethoven trascendessero effettivamente le limitate possibilità
dei pianoforti a sua disposizione, sollecitato dunque gli esperimenti dei
costruttori; in tal caso l'esecuzione sui modelli "imperfetti" di pianoforti
conosciuti da Beethoven costituirebbe un'interpretazione fuorviante dei suoi
intenti.45 Se tuttavia l'innovazione strumentale è il risultato di altri fattori,
possiamo allora convenire sul fatto che tali innovazioni generano un
cambiamento di stile fornendo ai compositori mezzi espressivi in precedenza
inimmaginabili, o quanto meno inesplorati. Stando così le cose è chiaro che
Beethoven, un esperto pianista e un compositore eminentemente pratico,
seppur esigentissimo, immaginò le sue sonate in maniera da sfruttare appieno,
ma senza superarle, le possibilità dei pianoforti coevi (il che sarebbe avvenuto,
ad esempio, se egli avesse richiesto un crescendo su una nota tenuta o dei suoni
al di fuori dell'estensione dello strumento). Quindi l'intento di Beethoven, per
quanto è dato dedurre dalla notazione, si adatta perfettamente ai limiti dei
pianoforti dell'epoca, ed egli non avrebbe scritto ciò che ha scritto se tali
pianoforti non fossero stati a disposizione. 46
Ritornando su un punto già trattato in precedenza riguardo a saxofoni e
tromboni, va detto che dispositivi studiati per far fronte a particolari circostanze,
se adeguatamente duttili, possono svolgere funzioni del tutto insospettate dai
loro inventori. Compositori particolarmente innovativi del XX secolo come Henry
Cowell, Charles Ives e John Cage individuarono nuove strade per confrontarsi
con il pianoforte molto tempo dopo che la sua struttura aveva raggiunto un
apice attorno al 1900. Analogamente, sebbene il meccanismo vocale dell'homo
sapiens non sia cambiato affatto in epoca storica, i compositori contemporanei
richiedono frequentemente nuove ed inusitate tecniche vocali: una delle più
semplici, chiamata Sprechstimme ("canto parlato", una via di mezzo tra la
melodia e il parlare), fu introdotta non più tardi del 1897 da Engelbert
Humperdinck nel suo melodramma Königskinder, mentre ancora un secolo più
tardi David Hykes e il suo Harmonic Choir hanno sperimentato gli armonici della
vocalità tibetana. Lasciando da parte le differenze tra tecnica e stile, questa
costante rivelazione di nuove potenzialità espressive nello "strumento" in
assoluto più familiare dimostra che anche le richieste più estreme e inusuali nei
confronti degli esecutori non necessariamente impongono dei cambiamenti dei
loro strumenti; in altre parole, nuovi messaggi non necessariamente richiedono
un cambiamento dei mezzi espressivi.
Ciò non significa dire che gli strumenti di successo sono per definizione perfetti; i
miglioramenti sono un dato di fatto nella progettazione e nella costruzione. La
fusione delle campane con leghe resistenti che non si fessurano, corde
sintetiche e membrane di tamburo che non si rompono, fiati di legno che
rimangono stabili al variare dell'umidità, rappresentano certamente un
progresso tecnologico. Gli strumenti con parti mobili sono particolarmente
adatti al miglioramento in quanto la facilità di impiego e l'affidabilità dei
meccanismi possono essere efficacemente testati ed eventuali
malfunzionamenti adeguatamente diagnosticati. Gli strumenti elettronici,
inoltre, sono palesemente sempre più efficienti, versatili ed affidabili.
Ad ogni modo gli esecutori che si sono perfezionati con un particolare tipo di
strumento sono spesso restii a modificare la loro tecnica per adeguarla ad un
differente meccanismo. Di conseguenza, ad esempio, molti orchestrali del XIX
secolo esitarono ad adottare il sistema di chiavi per i legni di Boehm o nuovi tipi
di valvole per gli ottoni, anche quando questi potevano, con un po’ di pratica,
migliorare l'esecuzione e l'omogeneità di timbro. Analogamente, i tentativi nel
XIX e XX secolo per introdurre delle viole più comode ed ergonomiche hanno
incontrato un successo variabile.
La bellezza e l'espressività del timbro, comunque, sono questioni soggettive che
non possono essere quantificate, ancor meno universalmente definite, o anche
solo facilmente considerate, se separate dalla tecnica del suonatore. L'ampio
spettro tonale della musica etnica e della musique concrète (una corrente
compositiva di metà XX secolo che prevede la manipolazione di suoni e rumori
preregistrati) dimostrano che gli ascoltatori possono imparare ad apprezzare
quasi ogni tipo di suono in un contesto musicale, mentre nessun esecutore
tollera volentieri uno strumento maldestro ed inefficiente.
È sorprendente invece che un recente sviluppo nella progettazione del
pianoforte, sebbene accolto entusiasticamente da concertisti di vaglia, sia stato
ostacolato dagli amministratori delle sale da concerto. Un articolo di prima
pagina su The New York Times descriveva l'aggiunta da parte di Daniell [sic]
Revenaugh di una seconda copertura incernierata al fondo di una gran coda al
fine di aumentarne la sonorità.47 Sebbene approvato da esecutori come Martha
Argerich, Peter Serkin e André Watts, l'uso di questo coperchio inferiore
brevettato non fu permesso al Carnegie Hall, stando a quanto dichiarato,
apparentemente solo perché esteticamente inusuale. La sua esclusione da una
prestigiosa sala da concerto obnubila il futuro dell'invenzione di Revenaugh e
attesta dunque l'impatto di forze non musicali sull'evoluzione degli strumenti.
***
Per riassumere, il cambiamento di stile musicale da solo offre un'insufficiente
spiegazione circa l'evoluzione degli strumenti; altre forze, in particolare quelle
economiche e tecnologiche, ma anche sociali e politiche, così come l’aspetto
estetico, influenzano anch’esse il percorso dell'innovazione e dell'obsolescenza,
talvolta ben più energicamente rispetto alle aspirazioni dei musicisti. Soprattutto
in Europa e in America negli ultimi due secoli, e più recentemente nel Terzo
Mondo in via di sviluppo, il cambiamento è stato guidato dall'entusiasmo per
nuovi prodotti, senza molto riguardo alla loro utilità, in quanto gli inventori
perseguivano il mero profitto o si erano imbarcati nella progettazione di
strumenti per puro divertimento.48
Come spiegare altrimenti le brevi mode dell'arpeggione, della chitarra “a
pianoforte”, della harp guitar, della harpo-lyre, dell'ukulele, per menzionarne
solo alcuni? Una volta che le novità divengono popolari, si diffonde l'idea che
esse furono ideate per importanti finalità; ma, per rovesciare un ben noto detto,
"spesso è l'invenzione a causare la necessità".49
Come si è detto più sopra, in genere gli esecutori esercitano un'influenza ben
maggiore dei compositori nell'ideazione degli strumenti, non foss’altro per il
fatto che molti più strumenti sono comperati ed usati dagli esecutori, specie se
dilettanti. Ciò non significa che i compositori non si curino delle limitazioni degli
strumenti (e anche delle voci); al contrario, la loro musica deve adattarsi a questi
limiti se desiderano che venga eseguita. Esempi di compositori che hanno
modificato delle note o che hanno scelto una tonalità piuttosto che un'altra per
rimanere nei "limiti dell'estensione" sono legioni (d’altra parte non avrebbe
alcun senso pratico scrivere note che non possano essere eseguite). 50 Il fatto
principale è che, mentre lo stile musicale dipende dalle possibilità dei mezzi
esistenti, il cambiamento di stile è solo uno dei fattori che incidono
sull'evoluzione delle strumenti, e con meno incidenza di quanto comunemente
si creda.
Sebbene difatti molti ritengano che i compositori richiedono (e non solo
desiderano) nuovi strumenti che corrispondano alle loro concezioni, tali opinioni
di solito non possono essere confermate. Basti l’esempio tante volte menzionato
delle lamentele che Beethoven avrebbe espresso riguardo all’inadeguatezza dei
pianoforti, lagnanze che esprimono la sua frustrazione come esecutore, non
come compositore. Casi di compositori che inventano o modificano gli strumenti
per ottenere determinati effetti sono rari e solitamente infruttuosi poiché i
risultati sono di norma troppo specialistici per avere una vasta accoglienza (gli
strumenti microtonali di Harry Partch, per esempio, per quanto belli a vedersi,
rimangono comunque al di fuori dell'impiego abituale). Gli strumenti
raggiungono difatti un lungo periodo di vita o quando sono piuttosto semplici, o
quando sono capaci di adattarsi velocemente a condizioni imprevedibilmente
variabili: un deciso successo favorisce, a sua volta, la formazione di nuovi stili. 51