I BASSI STRATI DELL'ATMOSFERA Definizione La parte dell'atmosfera che interessa conoscere, sia nella sua struttura che nella sua evoluzione spazio-tempo, per lo studio del comportamento degli inquinanti emessi da sorgenti fisse, è quella corrispondente agli strati inferiori della troposfera, nota come bassi strati dell'atmosfera. Lo spessore dello strato basso dell'atmosfera dipende dalle caratteristiche orografiche del terreno e si aggira, in linea di massima, intorno ai 1000 metri. Gradiente termico verticale Per lo studio delle caratteristiche dei bassi strati atmosferici si ricorre ad alcune semplificazioni; una di queste è che i moti delle masse d'aria avvengono sempre con estrema rapidità, in modo tale che si possano realizzare senza comportare scambi di calore tra l'elemento d'aria in moto e l'aria ambiente: è questo un processo adiabatico. Il gradiente termico verticale indica la variazione della temperatura con l'altezza. Il gradiente corrispondente a processi adiabatici si definisce gradiente adiabatico ed è dato dal rapporto tra accelerazione di gravità ed il calore specifico dell'aria secca a pressione costante. Esso ha il valore di 0,98 °C per 100 m o più semplicemente viene arrotondato a 1 °C per 100 m. Questo gradiente rimane costante e non varia con la quota. I1 gradiente termico verticale reale generalmente non coincide con quello adiabatico, può variare come ordine di grandezza e può avere segno positivo se aumenta con l'altezza, negativo se diminuisce. Se il gradiente termico dell'aria (y) è minore di quello adiabatico si definisce subadiabatico, se è maggiore si definisce superadiabatico. La stabilità atmosferica Si possono avere i seguenti casi di sviluppo verticale della temperatura: il gradiente termico dell'aria è inferiore a quello adiabatico: y< ya. L'aria è stabile poiché moti verticali vengono smorzati; ciò rende difficile il mescolamento verticale degli inquinanti. b) Il gradiente termico dell'aria è superiore a quello adiabatico: y > ya . In questa situazione una massa d'aria spinta verso l'alto si raffredda, ma resta sempre più calda, quindi meno densa, dell'ambiente circostante. Questo comporta una spinta verso l'alto che favorisce l'allontanamento della posizione iniziale della massa d'aria che continua a salire, così una particella che discende in condizione superadiabatica è soggetta ad una forza che favorisce la discesa. In queste condizioni l'atmosfera è instabile poichè i moti verticali sono favoriti: gli inquinanti sono facilmente mescolati sulla verticale. c) Il gradiente termico dell'aria è uguale a quello adiabatico: y= ya. L'equilibrio termico è neutro. . Nelle zone rurali, in assenza delle sorgenti di calore della città, con cielo sereno si ha una variazione ciclica del gradiente atmosferico alla quale è associata una variazione delle condizioni di stabilità. Il raffreddamento notturno provoca un'inversione che al levare del sole viene dissolta dal basso dal mescolamento convettivo, dando luogo inizialmente al processo di fumigazione e poi ad un gradiente adiabatico o superadiabatico. L'altezza dello strato in cui si ha rimescolamento è detta altezza di mescolamento: varia da zero, all'alba, ad un valore massimo nel pomeriggio. Nelle zone urbane questo comportamento viene modificato dalla presenza delle città che influenza il bilancio della radiazione.. Le industrie, i mezzi di trasporto e gli impianti di riscaldamento agiscono come sorgenti di calore; cemento e asfalto liberano durante la notte il calore assorbito dal sole durante il giorno, e si può aggiungere l'effetto del CO2 che agisce come emettitore (e assorbitore) di infrarossi che riscaldano il suolo. Tutto questo determina ad esempio una minor frequenza delle inversioni in città che nella campagna circostante. H alba e T Gradiente termico verticale in funzione dell’ora del giorno Inversione termica Si ha inversione termica quando il gradiente termico verticale è positivo e la temperatura, anzichè diminuire con l'altezza, aumenta. L'inversione termica può essere al suolo oppure in quota. L’inversione termica è definita dai seguenti elementi dimensione geometrica o spessore: distanza verticale compresa fra la base e la sommità dell'inversione (ovvero fra il luogo dei punti in cui la temperatura inizia rispettivamente ad aumentare e a diminuire con l’altezza); posizione nello spazio: può essere al suolo se la base coincide con la superficie terrestre o in quota se la base è ad una determinata altezza dal suolo; a a) inversione al suolo; b) inversione in quota. Lo spazio tratteggiato rappresenta lo strato di inversione. L'inversione termica determina una situazione di aria più fredda al suolo e più calda in quota; in corrispondenza di ciò non avvengono rimescolamenti, in quanto si ha stratificazione in equilibrio stabile con la densità (più elevata al suolo e decrescente con l'altezza). Contrariamente, con gradiente termico negativo, si ha aria a densità minore al suolo e maggiore in quota, per cui sono favoriti fenomeni convettivi di mescolamento. Le inversioni termiche accentuano le condizioni di inquinamento per l'elevata stabilità atmosferica che impedisce il rimescolamento con gli strati atmosferici superiori. Il vento II vento, o elemento dinamico dell'atmosfera, è costituito dal sistema delle correnti orizzontali e anemologico. E' definito da tre grandezze: - intensità: velocità della massa d'aria, espressa in metri al secondo, in kilometri/ora e talvolta in nodi (kt = miglia marine/ora); - direzione: indica la provenienza del vento e si esprime secondo la rosa dei venti (otto o sedici settori) o secondo la suddivisione sessagesimale; - struttura: organizzazione dei moti della massa d'aria; può essere laminare o turbolenta. Queste grandezze quindi rappresentano complessivamente il movimento delle correnti aeree e sono dovute sostanzialmente a tre tipi di forze: - forza orizzontale di gradiente della pressione atmosferica: è una forza di superficie ed è determinata dalla differenza di pressione, in orizzontale, fra due punti collocati a distanza; l'aria tende a raggiungere condizioni di equilibrio pertanto si avrà movimento dal punto a pressione più elevata al punto a pressione inferiore; - forza d'attrito: è una forza di superficie e rappresenta l'attrito che incontra l'aria muovendosi sulla superficie; è di segno opposto al vettore della velocità del vento; - forza di Coriolis: definita anche come forza centrifuga composta o forza deviante, deriva dalla rotazione terrestre. La turbolenza atmosferica La turbolenza è una proprietà dei fluidi in moto: è costituita da una sequenza di moti caotici ed irregolari che, pur essendo facilmente identificabili sono difficilmente definibili. Nell'aria atmosferica determina una continua variazione della velocità istantanea e della direzione del vento. La struttura di una massa d'aria in movimento può essere rappresentata da una successione continua e complessa di fluttuazioni casuali, le cui dimensioni sono finite ma di durata irregolare e di frequenza variabile. La turbolenza atmosferica può essere originata da fenomeni di natura meccanica quali la irregolarità della superficie terrestre o dalla distribuzione verticale del vento; in questi casi il moto turbolento è generato da fenomeni connessi con la struttura termica verticale dell'atmosfera, il moto turbolento è costituito da termiche. Le manifestazioni della turbolenza si definiscono raffiche; la loro frequenza massima è riscontrabile nel periodo di mezzogiorno, mentre si riducono considerevolmente durante la notte. La variazione diurna delle raffiche è imputabile allo stato del cielo: se è in atto una copertura nuvolosa di notevole estensione e ampio spessore, il rapporto fra le oscillazioni istantanee del vento e il vento medio è pressochè costante per tutto il periodo corrispondente a quel particolare tipo di copertura. Da ciò si può evincere che la variazione diurna della turbolenza termica del suolo poichè le nubi tendono ad impedire lo scambio radiativo tra il suolo e gli strati d'aria sovrastanti, i quali, a loro volta, influenzano il gradiente di temperatura nei bassi strati atmosferici. Questo evidenzia una stretta correlazione fra il tipo di stabilità degli strati d'aria e il grado di turbolenza della struttura del vento. La turbolenza assume notevole importanza per i fenomeni di mescolamento. La turbolenza può trasferire calore: infatti se lo strato d'aria in prossimità del suolo si riscalda fino a divenire più caldo dello strato immediatamente sovrastante, si stabilirà un gradiente caloreenergia al di sopra del suolo. Un elemento d'aria che si sposta verso l'alto trasporterà una quantità di energia termica maggiore di quella che un elemento d'aria potrà trasportare spostandosi da un livello superiore verso uno inferiore. In questo caso si stabilisce un flusso di calore verso l'alto determinato dal moto turbolento. Le proprietà fisiche dell'aria si trasferiscono pertanto per turbolenza nella direzione dei valori decrescenti. Maggiore è la turbolenza o il valore del gradiente, maggiore sarà l'instabilità e, di conseguenza, il ritmo con il quale avverrà il trasferimento o il mescolamento. Andamento verticale del vettore vento dal suolo fino a 1600 m di quota. Nella parte inferiore sono riportate le proiezioni dei vari vettori alle diverse quote . Le brezze Il calore specifico dell'acqua è notevolmente superiore a quello delle altre sostanze che compongono la superficie terrestre. Ciò vuol dire che, a parità di massa, l'acqua si riscalda molto più lentamente delle altre sostanze. Ne deriva che, per una stessa variazione di temperatura, l'acqua assorbe o libera più colore di qualsiasi altra sostanza solida o liquida. Questo suo carattere porta in natura ad una notevole conseguenza: i terreni aridi (deserti, rocce, ecc.) si riscaldano molto più rapidamente delle località ricche di acqua (mari, laghi, zone ricche di vegetazione, ecc.); di riscontro gli stessi terreni si raffreddano molto più rapidamente. L'aria in prossimità di questi strati subisce lo stesso fenomeno. Questo fenomeno origina la brezza di mare e di terra e le brezze di monte e di valle . Nel primo caso, durante il giorno, l'aria riscaldata in prossimità del suolo sale, producendo un minimo termico e generando una bassa pressione termica, e pertanto richiama aria più fredda dal mare (brezza di mare diurna); di notte il terreno si raffredda più rapidamente dell'acqua del mare e pertanto il fenomeno si inverte, con salita di aria più calda dal mare e richiamo di aria più fredda, e quindi con maggior densità, da terra (brezza di terra notturna). Anche nelle valli montane avviene lo stesso fenomeno. Durante il giorno le cime dei monti, generalmente rocciosi o comunque aridi, si riscaldano più rapidamente del suolo a valle, ricco di vegetazione e quindi di acqua; si ha pertanto innalzamento di aria in corrispondenza delle vette dei monti con richiamo di aria da valle (brezza di valle o venti anabatici). Di notte avviene il fenomeno inverso: raffreddamento repentino delle cime che determina una temperatura più alta verso valle «umida»; si ha in questo caso richiamo d'aria dalle cime (brezza di monte o venti catabatici). Brezza di mare e di terra. Brezza di monte e di valle. Misure atmosferiche Generalità Il clima è stato tradizionalmente definito come la media degli stati del tempo meteorologico: la base osservativa è quindi la stessa di quella usata in meteorologia. I parametri che vengono rilevati, pertanto, sono: radiazione solare, pressione barometrica, temperatura ed umidità dell'aria, copertura del cielo, precipitazioni, intensità e direzione del vento. Nella tabella si riportano in forma riassuntiva le indicazioni relative ai parametri sopracitati. Considerando gli aspetti generali della normativa va ricordato che le misure debbono essere eseguite in tutte le stazioni del globo alle stesse ore, che corrispondono alle 00:00, 06.00, 12.00, 18.00 TMG (tempo medio di Greenwich) mentre sono anche raccomandate, ove possibile, le misure alle ore intermedie 03.00, 09.00, 15.00, 21.00. Queste ore sono definite sinottiche (dal greco vedere insieme), perché la raccolta simultanea di tutti le informazioni consente di avere una visione globale dello stato dell'atmosfera. Per quanto riguarda poi i singoli strumenti si può dire che il piranometro deve essere esposto in perfetto piano e senza ostacoli vicini; gli altri apparati: termometri, igrometri, barometri vanno inseriti nella capannina meteorologica che deve avere la base a due metri dal suolo al di sopra di una zona erbosa ed essere esposta in modo da aprirsi verso Nord per evitare che la radiazione solare possa, incidendo sugli strumenti, alterare le misure. La copertura del cielo viene eseguita solo nelle stazioni che sono gestite da specialisti, in quanto essa è effettuata a vista: si tratta ovviamente di una valutazione la cui attendibilità dipende dalla esperienza dell'operatore. Tuttavia queste stime tendono ora ad essere abbandonate a vantaggio dei rilevamenti effettuati da satellite. Per quanto riguarda precipitazioni e vento, infine, va accuratamente evitata la presenza di ostacoli di qualsiasi tipo, che potrebbero influire nel primo caso sulla quantità di acqua che finisce nel pluviometro, mentre nel secondo l'anemometro potrebbe dare valori alterati sia della direzione che della velocità. - Misure meteo-climatiche Parametro Strumento Precisione Radiazione solare Pressione barometrica Temperatura dell'aria Umidità relativa Copertura del cielo Precipitazioni Vento intensità Piranometro/grafo Barometro/grafo Termometro Igrometro/grafo A vista Pluviometro/grafo Anemometro/grafo ± 5% ± O,1hPa ± 0,1°C ± 5% -~ 0,2mm ± 0,5 m/s Vento direzione Banderuola ± 5° (La scritta -grafo indica strumenti registratori) Oltre che in superficie, i parametri atmosferici vengono rilevati anche in quota, mediante i radiosondaggi. Questi consistono nel lanciare due volte al giorno alle ore 00.00 e 12.00 un pallone, gonfiato con elio, munito di una sonda con sensori di pressione, temperatura ed umidità. Man mano che il pallone sale, la sonda trasmette ad una stazione ricevente a terra i dati dei vari parametri meteorologici rilevati. Inoltre, il pallone, che arriva ad oltre 30 km di altezza, viene inseguito con un radar ed essendo la velocità ascensionale di 5 m/s più o meno costante, dalla misura degli angoli si può risalire alla velocità orizzontale del vento alle varie quote. Attualmente nel mondo esistono circa 10.000 stazioni sinottiche che effettuano oltre 30.000 osservazioni al giorno per quanto riguarda i dati in superficie: per le misure in quota sono operative circa 900 stazioni con un totale di 1.400 rilevamenti quotidiani. Anche se questi possono sembrare dei grossi numeri in realtà esistono ampie zone della superficie terrestre dove i dati sono insufficienti: gli oceani, le zone impervie di montagna, le aree polari, i deserti. Per gli oceani si cerca di sopperire con le osservazioni effettuate dalle navi militari o mercantili anche se non sempre i dati sono raccolti a regola d'arte. Quanto detto riguarda le osservazioni, che, una volta usate per le analisi e previsioni meteorologiche, possono essere inserite in banche dati ed utilizzate per studi di climatologia. Per questi ultimi sono di grande utilità altre raccolte di dati, anche se non rilevati con i criteri prima descritti, purché rappresentativi di almeno un trentennio di osservazioni e affidabili dal punto di vista della qualità. Cenni sugli strumenti di misura -Misura della radiazione solare Nella misura della radiazione solare occorre distinguere tra: i) radiazione globale, ii) radiazione diffusa, iii) radiazione diretta, risultando: Rg = Rdiff+R dir La misura della radiazione globale si effettua mediante il piranometro, che è uno strumento costituito da un rivelatore esposto su un piano orizzontale e protetto da una calottina di materiale trasparente che non altera le caratteristiche spettrali della radiazione in arrivo: in aggiunta il rivelatore è sigillato in modo da essere protetto dalle variazioni del contenuto di vapore d'acqua. I rivelatori possono essere di vario tipo: sensori fotoelettrici; termocoppie, lamine bimetalliche. Per tutti quanti è possibile tuttavia definire alcuni parametri caratteristici: - la prontezza o costante di tempo, che esprime la rapidità con cui il sensore fornisce il dato della misura effettuata. In generale lo strumento raggiunge l'equilibrio con un andamento esponenziale del tipo exp[-t/i], la costante di tempo si assume allora- (3 +/- 4) i; - la sensibilità che è definita come la minima variazione del parametro che provoca una risposta dello strumento (varia ovviamente da sensore a sensore); - la precisione che è definita come la capacità dello strumento di produrre a parità di condizioni sempre la stessa risposta ed è tanto più alta quanto più stretto è l'intervallo entro cui si concentrano i dati ripetendo sempre per tante volte la stessa misura; - la deriva che rappresenta una variazione, dovuta a cause diverse, nella risposta che uno è in grado di dare; - la costante strumentale che varia da strumento a strumento e si esprime come segnale della scala (in genere mV e la radiazione rilevata W/m2 ). Per uno strumento tipico da stazione i valori dei parametri sopra descritti sono: rapporto tra il - Parametri tipici dei piranometri Caratteristica strumentale Valori numerici Prontezza 1± 5 s Sensibilità 10-9 = 10-10 W/m2 ± 5% Precisione Deriva ± 2%/anno Costante strumentale 0,003 = 0,01 mV/ W/m2 La misura della radiazione solare diretta si esegue con il pireliometro, che utilizza gli stessi tipi di rivelatori usati nei piranometri con la differenza che mentre questi ultimi hanno un campo di vista di 2 radianti, i pireliometri, per eliminare il contributo della radiazione diffusa, vedono il Sole attraverso un tubicino che sottende un angolo di 5° 0 6°. Le misure con questo strumento sono in genere complicate, anche perché il pireliometro deve puntare sempre il Sole: a questo scopo si usano i celostati, che però vanno facilmente soggetti a _ _ derive, falsando quindi i risultati delle misure. Molto più spesso si valuta la radiazione diretta come differenza tra la globale e la diffusa, poiché la misura di quest'ultima è molto più semplice essendo in pratica eseguibile con un piranometro schermato da una fascia metallica annerita e montata con una inclinazione, che tiene conto della latitudine e degli altri fattori astronomici. Lo schermo elimina il contributo della radiazione diretta e il dato fornito dallo strumento dipende soltanto dalla radiazione diffusa. b) Misura della pressione La pressione, come ben noto, è definita come rapporto tra forza F e superficie S: P = F/S (Nw/m2) Riferendoci alla atmosfera la forza è il peso esercitato sulla superficie unitaria dalla colonna di aria, che si estende dal livello del mare fino al limite superiore dell'atmosfera. E' ben conosciuta la storia di Evangelista Torricelli, per doverla qui richiamare. In pratica il risultato di quell'esperimento indica che il peso della colonna di aria equivale a quello di una colonna di mercurio alta 760 mm.: Patm= PHg= mg/s = Vg/S= gh dove = (T) è la densità del mercurio variabile con la temperatura, g è l'accelerazione di gravità h l'altezza della colonna, variabile al variare delle condizioni meteorologiche. Poiché la densità dipende dalla temperatura e g dipende dalla latitudine del luogo si assumono come valori di riferimento T = 0°C e g = 9,80665m/s2. In queste condizioni p = 13595,1 kg/m2 e in conseguenza la pressione di una atmosfera in condizioni normali di temperatura sarà: latm = 760 mmHg = 101.325 Nw/m2 =1013.250 barie (dyne/cm2) Essendo 1 hPa = 1000 barie ne segue che 1 atm = 760 mmHg 0 1013,25 hPa e 1hPa = 0,75 mmHg. Gli strumenti che misurano la pressione sono i barometri: sono assoluti quelli a Hg, mentre sono relativi quelli metallici. Le misure dei barometri assoluti devono essere corredate dai dati riguardanti la temperatura, la latitudine e l'altezza dell'osservatorio sul livello del mare in modo da apportare le dovute correzioni alle misure. I barometri aneroidi hanno come elementi sensibili delle capsule metalliche molto flessibili che si deformano al variare della pressione atmosferica. La deformazione attraverso un sistema di leve viene trasmessa ad un indice su una scala graduata che segna il valore del parametro. Questi strumenti, devono essere tarati per confronto con barometri a Hg e devono essere periodicamente sottoposti a controllo in quanto soggetti a derive abbastanza notevoli. c) Misura della temperatura La temperatura di un corpo esprime l'energia cinetica media delle molecole che lo costituiscono. Tale definizione vale anche per l'aria e la misura che si effettua deve rispondere e due ben definite condizioni: i) lo strumento deve essere in equilibrio termico con l'ambiente e iì) deve essere protetto dall'influenza di altre sorgenti di calore (in particolare radiazione solare o irraggiamento da corpi posti nelle vicinanze del luogo di misura). Per questo motivo l'OMM impone che le misure di temperatura siano effettuate secondo una precisa metodologia: lo strumento deve essere inserito in una capannina di legno, posta su un terreno erboso, dipinta di bianco per eliminare gli effetti radiativi, apribile verso Nord e con pareti laterali a persiana doppia con gli elementi a spina di pesce in modo che al suo interno possa circolare l'aria con una velocità compresa tra 2,5 e 10 m/s. Il termometro deve essere collocato al centro lontano dalle pareti ad una altezza compresa tra 1,25 e 2,0 m dal suolo e circondato da una doppia protezione di metallo per ridurre ulteriormente gli effetti radiativi. I termometri tradizionali sono a liquido (Hg) entro il bulbo di vetro e l'intervallo delle scale di misura va dalla temperatura del ghiaccio fondente (estremo inferiore) a quella dell'acqua in ebollizione (estremo superiore). A seconda di come questo l'intervallo viene diviso si definiscono le seguenti scale: scala centigrada o di Celsius, scala ottantigrada o di Reamour, scala centottantigrada o di Fahrenheit. Valgono per le diverse scale i seguenti fattori di conversione Tab. 3.3 - Fattori di conversione delle scale di temperatura Scala assoluta Centigrada Reamour Fahrenheit Scala assoluta 1 K - 273 ---Centigrada °C + 273 1 4/5 °R (9/5°C)+ 32 Reamour --5/4 °C 1 --- 5/9 (°F -32) ___ 1 I Fahrenheit 1 --- Va detto che la scala Reamour è ormai abbandonata, mentre quella Fahrenheit è ancora in uso nei Paesi anglosassoni. A livello internazionale, la scala comunque usata è quella centigrada. Dal punto di vista costruttivo i termometri possono essere a liquido in vetro e si basano sulla dilatazione dei corpi, che nel caso di canna molto sottile rispetto al bulbo si può considerare lineare, altrimenti occorre considerare la variazione del volume. Oltre a questi tipi di termometro, che sono i più conosciuti i sensori possono essere costituiti da termocoppie, in cui una variazione di temperatura si traduce in un segnale di tensione, resistenze ed altri sensori di tipo elettrico che utilizzano l'effetto Joule o, infine, termometri a deformazione o a lamina bimetallica o a tubo di Bourdon. In genere tutti questi strumenti sono sufficientemente precisi e sensibili, rispettando la norma OMM secondo la quale le misure debbono dare dati precisi al decimo di °C. d) Misura della umidità La misura dell'umidità presenta notevoli difficoltà e si effettua determinando uno dei parametri attraverso i quali è specificato il contenuto di vapore nell'atmosfera. Storicamente il primo strumento usato a questo scopo è l'igrometro a condensazione che dà la misura della temperatura di rugiada. Il principio di funzionamento è molto semplice: un recipiente metallico a forma di parallelepipedo con una parete a specchio contiene un liquido (etere etilico) con immerso un termometro. Raffreddando il liquido si raggiunge una condizione per cui la parete a specchio comincia ad appannarsi: si misura la temperatura ed il valore corrisponde a Tid . Quando tutta la parete è appannata si interrompe il raffreddamento e si effettua la seconda misura della temperatura quando il liquido condensato comincia a evaporare: la temperatura corrispondente TZd dà una seconda stima della temperatura di rugiada e si può assumere come T d effettiva la media tra le due Ta= ( T 1 d + TZd)/2. Questo metodo di misura consente una precisione dell'ordine del 10%. Lo strumento più affidabile per le misure di umidità è tuttavia lo psicrometro in cui la misura del contenuto di vapore è effettuata indirettamente attraverso misure, come si è visto, di temperatura. 17 Un terzo tipo di igrometro è quello a capelli, che sono usati come elemento sensibile specie negli strumenti registratori, poiché hanno la proprietà di dilatarsi assorbendo l'acqua. Sullo stesso principio si basano gli igrometri che utilizzano come elementi rivelatori sensori di materiali igroscopici che variano le loro caratteristiche fisico-chimiche (dimensioni, resistenza o conducibilità elettrica) al variare del contenuto di vapore in atmosfera. Tutti questi apparati tuttavia sono soggetti a deriva e devono essere tarati per confronto co n lo psicrometro. _ Infine va rilevato che: i) la precisione delle misure si aggira attorno al 5% nel migliore dei casi e li) il tempo di risposta è piuttosto lungo e questo dà luogo a seri inconvenienti allorché si vogliano effettuare misure degli scambi turbolenti di vapore. e) Misura delle precipitazioni Le precipitazioni possono essere liquide (pioggia) o solide (neve e grandine) ed i parametri che 1 e caratterizzano sono 1 a quantità Q di acqua, espressa i n mm, che raggiunge il suolo in un giorno, in un mese, in un anno, il numero di giorni N in cui si registra la pioggia, l'intensità I data dal rapporto tra la quantità di acqua precipitata e la durata dell'evento I= Q/T (mm/h). Lo strumento per la misura della pioggia è il pluviometro, che consiste in un imbuto avente una superficie esposta 5=0,1 m 2, il quale agisce da collettore; l'acqua che cade su di esso va a finire su una vaschetta basculante, che fa registrare su un nastro di carta un segnale ogni volta che la quantità di acqua raccolta corrisponde a 20 g, cioè a 20 cm 3. Date le caratteristiche costruttive questa quantità corrisponde a una precipitazione di 0,2mm (20 cm 3 = Sxh = 1000 x h da cui h = 0,02cm). La misura delle precipitazioni nevose si effettua mediante un regolo che dà lo spessore dello strato di neve che è caduto. L a grandine, infine, è riportata come evento anomalo nei registri di stazione e la misura si riconduce a quella della pioggia. Va sottolineato che la misura della precipitazione è molto critica causa di diversi fattori: esposizione del collettore, modalità con cui l'evento si manifesta, impossibilità di rilevare piogge sotto la sensibilità dello strumento (pioviggine) f) Misura del vento Il vento è un vettore, pertanto deve essere misurato in intensità, direzione e verso di provenienza. La direzione è misurata in gradi sessagesimali ed indica la provenienza: quindi se la direzione del vento è 90° si ha un vento da est, se è 270° da ovest e così via. Quando non si dispone di un goniometro graduato può essere utile l'impiego della rosa dei venti che riporta le dinc;•3orn principali, 16 in tutto, da nord. L'intensità invece è misurata in m/s, km/h e nodi (kt) e valgono i seguenti fattori di conversione Tab. 3.4 - Fattori di conversione per la misura della velocità del vento m/s km/h kt m/s 1 3,6 1,94 km/h 0,28 1 0,54 kt 0,51 1,85 1 Lo strumento che misura il vento è l'anemometro, che è costituito da due parti una per rilevare la direzione l'altra per determinare la velocità. Il rivelatore di direzione è costituito da una banderuola in lega leggera che può ruotare intorno ad un asse verticale, allineandosi nella direzione di provenienza del vento. Il misuratore della velocità è in generale costituito da un insieme di elementi, che entrano in rotazione attorno ad un asse orizzontale (elica) o ad un asse verticale (anemometro a coppe). Dal numero di giri attraverso una curva di taratura, effettuata in galleria a vento e fornita dalla ditta costruttrice, si risale alla velocità. 18 Esistono anche strumenti diversi come l'anemometro da aeroporto che è anche autogeneratore, nel senso che l'elica nel suo movimento aziona una dinamo che genera la corrente elettrica necessaria per azionare la registrazione dei dati. Poiché il vento è molto variabile il dato che viene inviato nei messaggi meteorologici non corrisponde ad un valore istantaneo, ma al valore mediato nei 10 minuti a cavallo dell'ora sinottica. Per molte applicazioni nello studio della turbolenza può essere necessario conoscere il vento istante per istante: esistono al riguardo degli strumenti a risposta rapida (10-3s) che si dividono in due categorie: anemometri a filo caldo e sonici. I primi si basano sull'impiego di un filo percorso da corrente ed esposto alla direzione del vento: a causa della variazione della velocità, la temperatura del filo, caldo per l'effetto Joule, fluttua e dalla misura di tale fluttuazione si può risalire alle variazioni del vento. I secondi si basano sul fatto che la velocità di propagazione del suono può essere accelerata o ritardata secondo la direzione del vento. Lo strumento consiste allora in una coppia di sensori che emettono e ricevono segnali acustici: dalla elaborazione di questi segnali si può risalire alla variazione della velocità. g) Misure in quota L'atmosfera deve essere analizzata nelle tre dimensioni: occorre quindi che accanto ai dati raccolti in superficie siano anche misurati gli andamenti dei parametri in quota lungo la verticale, Queste misure si effettuano attraverso i radiosondaggi, che consistono nell'inviare mediante un pallone, gonfiato con elio, una sonda munita di sensori per rilevare la temperatura, l'umidità e la pressione e nel trasmettere questi dati via radio alla stazione da cui la sonda è partita. Questi dati sono completati con quelli relativi a velocità e direzione del vento, che si ottengono, sapendo che la velocità ascensionale è costante e pari a 300m/min e misurando gli angoli che il pallone forma con il piano orizzontale e verticale definiti al momento del lancio. Un tempo i calcoli erano semplificati attraverso l'uso di opportuni regoli e carte graduate: ora i dati vengono immessi in un computer che effettua l'elaborazione in tempo reale. La misura degli angoli si effettua con un teodolite realizzato ad hoc o per misure più precise si utilizza un radar dopo aver munito il pallone di un riflettore metallico (corner reflector). li) Strumentazione avanzata Accanto agli strumenti tradizionali sopra descritti sono stati sviluppati nuovi sistemi per la misura dei parametri atmosferici basati sul telerilevamento. Tale tecnica si presenta con due modalità di funzionamento: passiva ed attiva. La prima trova applicazione soprattutto nella radiometria e consiste nel rilevare la radiazione em, emessa da varie sorgenti nelle diverse bande spettrali: dalla analisi dei segnali captati dai sensori si risale alle caratteristiche fisiche delle sorgenti emittenti. Il telerilevamento attivo consiste, invece, nella emissione di treni d'onda da parte di determinati apparati e nella raccolta e nell'analisi del segnale retrodiffuso dall'atmosfera. Su questo principio si basano i sistemi LIDAR, RADAR e SODAR, che hanno trovato largo impiego nello studio dell'atmosfera e le cui caratteristiche sono riassunte nella tabella 3.5. - Caratteristiche degli apparati di telerilevamento attivo Strumento Tipo di onda Banda spettrale Parametri analizzati LIDAR em visibile Aerosol, NPS, Sistemi nuvolosi, Comp. minori RADAR em microonde Sistemi nuvolosi, Precipitazioni, Temporali SODAR acustica infrasuoni Temp. e vento nel PBL Nel LIDAR una sorgente luminosa invia degli impulsi nella banda cm del visibile, che vengono retrodiffusi dall'atmosfera. Questi segnali sono captati da uno specchio che li concentra su un rivelatore connesso con un sistema di elaborazione e dalle caratteristiche del segnale si possono ottenere informazioni diverse. Se il segnale è inviato lungo la verticale i dati raccolti daranno informazioni soprattutto sulla composizione e la presenza di aerosol in stratosfera. Gli impulsi nviati in orizzontale danno invece informazioni sulla diffusione degli inquinanti emessi da sorgenti di tipo diverso. Naturalmente questa tecnica ha subito notevoli perfezionamenti e si è ampliata la gamma delle possibili applicazioni: per citare quella più recente e più nota si può ricordare che i LIDAR entrano nel circuito di stazioni sviluppato a livello mondiale per tenere sotto controllo l'ozono stratosferico. Il principio d i funzionamento del RADAR è del tutto identico con l'unica differenza che invece di usare la banda spettrale del visibile si usa quella delle microonde. Le radiazioni di questa lunghezza d'onda hanno la proprietà di penetrare attraverso i sistemi nuvolosi e questo dà la possibilità di studiare sia le celle temporalesche per valutare la composizione delle nubi, sia di studiare e monitorare le precipitazioni su una vasta area: di fatto un RADAR ha una portata di - 150 km e quindi uno strumento che sia ben collocato, senza ostacoli attorno, può tenere sotto controllo una regione di oltre 70.000 km 2. Naturalmente le tecniche di misura che ho esposto in modo molto sommario richiedono accurate verifiche per ridurre gli errori dovuti sia al cattivo uso dello strumento, sia ad errate analisi. Il SODAR, infine, utilizza lo stesso principio dei due apparati prima visti solo che, invece di emettere segnali cm, invia treni di onde acustiche con durata compresa tra 50 e 300 ms. Come noto, la propagazione del suono in atmosfera dipende dalle proprietà termiche, dal contenuto di vapore e dalla dinamica delle masse d'aria. Se l'atmosfera è in movimento o presenta delle disomogeneità la velocità viene alterata ed è anche modificato il segnale retrodiffuso, la cui analisi consente di ricavare informazioni sulla struttura termica dello s trato limite planetario e nel caso di un S ODAR triassiale anche sulle t re componenti della velocità del vento. i) Satelliti meteorologici I progressi registrati dalla meteorologia a partire dagli anni sessanta dello scorso secolo sono da collegare da un lato allo sviluppo degli elaboratori elettronici che hanno consentito la realizzazione di modelli matematici per simulare la dinamica dell'atmosfera, dall'altro dalla messa in orbita dei satelliti meteorologici. Dopo il lancio nel 1960 del primo satellite TIROS, numerosi altri sistemi spaziali sono stati sviluppati e non solo dagli Stati Uniti, in modo che attualmente l'intero pianeta può essere sottoposto ad un continuo monitoraggio (fig.3.l). I satelliti attualmente in orbita si distinguono in due classi: satelliti geosincroni o geostazìonari (tipo Meteosat) e satelliti eliosineroni (tipo Nimbus, Tiros). I primi, che collocati su un'orbita equatoriale ruotano ad una distanza di 36.000 km dalla Terra ed appaiono fissi rispetto al Pianeta, di cui osservano sempre la stessa porzione di superficie. I secondi sono invece fissi rispetto al Sole, ruotano su una orbita polare ad una distanza di 800 km e quindi effettuano una scansione di tutta la superficie terrestre ripassando sullo stesso luogo ad intervalli di tempo di diverse ore. Le differenze tra questi due tipi di apparati non risiedono soltanto nelle diverse altezze delle orbite, ma anche nei diversi tipi di rilevamento che sono in grado di effettuare. I satelliti geostazionari effettuano rilevamenti nelle banda visibile ed infrarossa dello spettro em e sono in grado di fornire, ogni 30 minuti, giorno e notte immagini della copertura nuvolosa: prima di essere utilizzati per le previsioni i dati debbono essere corretti sia per le distorsioni geometriche, sia per gli effetti dovuti alla atmosfera. I dati rilevati nell'infrarosso danno anche la temperatura della parte superiore delle nubi e da questa è possibile risalire alla altezza del sistema nuvoloso e quindi al tipo di nube. Questa informazione è particolarmente utile per tentare la previsione della pioggia. Un'altra informazione ottenibile dai dati infrarossi è, nel caso di cielo sereno, la temperatura superficiale del mare che rappresenta un parametro molto utile da inserire nei modelli p er 1 a p revisione meteo-climatica (si pensi ad esempio al fenomeno di El Nino). Infine, quando è possibile dare una firma riconoscibile agli ammassi nuvolosi, dallo spostamento che questi subiscono nell'intervallo di tempo tra una immagine e l'altra, si può avere una stima della velocità del vento alla quota della nuvola: anche questo parametro è di rilevante importanza tenuto conto che i dati dei sondaggi in quota sono scarsi ed esistono vaste regioni del pianeta che non sono monitorate (deserti, aree polari, oceani). Attualmente sono in orbita cinque satelliti geostazionari che assicurano la copertura dell'intero globo terrestre, con il limite,tuttavia, che essi, data la distanza dalla Terra, non sono in grado di dare informazioni sulla struttura verticale dell’atmosfera.