Meccanica Pesce solubile quantistica Hisenberg Bohr Solvey Onda-corpo quantizzazione Compton Schrodinger Funzione Formulazione d’onda hamiltoniana Clil Applicazioni Formulazione Planck Misura +video lagrangiana La meccanica quantistica è la teoria fisica avente come ambito d’indagine la materia subatomica infinitamente piccola. L’inizio della teoria quantistica affonda le radici nel 1900 quando Planck espose la teoria dell’emissione ed assorbimento di energie quantizzate di corpi neri. Il nome “meccanica quantistica” fu adottato per descrivere la proprietà di sistemi fisici ,quali l’energia o il momento angolare di propagarsi in modo discreto , in pacchetti detti quanti di energia o fotoni. Isaac Newton, padre del modello corpuscolare Christiaan Huygens, padre del modello ondulatorio Il dibattito sulla natura corpuscolare o ondulatoria della materia nasce nel XVII secolo in seguito alla contrapposizione fra le teorie di Isaac Newton e di Christiaan Huygens sulla natura della luce. In base alle osservazioni effettuate intorno al 1669 del danese Rasmus Bartholin e ai successivi studi del francese Augustin Jean Fresnel si stabilì che la luce era composta da onde trasversali. Nel 1801 l'inglese Thomas Young eseguì un esperimento ormai diventato celebre, che avvalorava la natura ondulatoria: due raggi di luce (originati dalla divisione di un unico raggio di partenza) colpivano due fenditure, successivamente intersecandosi e interferendo tra loro. L'area di intersezione non risultava più luminosa, come ci si sarebbe aspettato da un modello particellare, ma presentava bande più o meno luminose alternate, creando un'immagine di interferenza come prevede il modello ondulatorio. Con le equazioni di Maxwell si comprese che la luce era solo una parte dello spettro della radiazione elettromagnetica. Nella meccanica classica la luce ha solo una natura ondulatoria, nella meccanica quantistica la luce ha una duplice natura, ondulatoria e particellare ciò è definito dualismo onda-corpuscolo o principio di complementarietà . Einstein studiò che i fotoni o quanti di luce hanno energia direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione, essi sono legati per mezzo della costante di Planck . In modo analogo de Broglie scoprì che anche l'elettrone ha comportamenti ondulatori, come la diffrazione osservata nell'esperimento di Clinton Joseph Davisson e Laster Germer nei cristalli di nichel nel 1926 La natura ondulatoria fu convalidata dalla diffrazione e dall’esperimento del foro di Young, la natura corpuscolare fu dimostrata dall’effetto fotoelettrico. • In fisica dello stato solido l'effetto fotoelettrico è il fenomeno fisico caratterizzato dall'emissione di elettroni da una superficie, solitamente metallica, quando questa viene colpita da una radiazione elettromagnetica, ossia da fotoni aventi una certa lunghezza d'onda. Con l'aumentare dell'energia dei fotoni incidenti (ossia quando aumenta “ f ”/diminuisce “ λ ”) aumenta anche l'energia cinetica degli elettroni estratti. Va in proposito sottolineato che aumentando l'intensità della radiazione elettromagnetica (ossia il numero di fotoni al secondo, di pari energia, che colpiscono l'unità di superficie) aumenta il numero degli elettroni estratti ma non la loro energia cinetica, la quale dipende esclusivamente dall'energia dei fotoni incidenti. Questa è una conseguenza della teoria quantistica di Einstein, in base alla quale ogni fotone incidente interagisce soltanto con un singolo elettrone. Infatti secondo la teoria ondulatoria classica di Maxwell l'estrazione di elettroni dal metallo dipende dall'intensità dell'irradiamento per unità di superficie (che deve raggiungere un valore sufficiente) e prescinde, quindi, dalla frequenza della radiazione incidente (ipotesi, questa, smentita dalle evidenze sperimentali). L'effetto fotoelettrico, oggetto di studi da parte di molti fisici, è stato fondamentale per comprendere la natura quantistica della luce. Un caso particolare di effetto fotoelettrico è l'effetto fotovoltaico. • • • • Nella meccanica classica è possibile conoscere con precisione arbitraria e limitata solo dagli apparati sperimentali la posizione e la velocità di una particella, che ad ogni istante determinano un punto nella traiettoria percorsa. Inoltre, quando si misura la posizione della particella, non si modifica in alcun modo la sua velocità. Inoltre due misure immediatamente successive della posizione permettono di determinare approssimativamente la velocità della particella. Heisenberg nel 1927 mostrò che questa misura classica non è possibile. Nella meccanica quantistica, alcune coppie di quantità fisiche, come velocità e posizione, non possono essere misurate nello stesso momento entrambe con precisione arbitraria. Tanto migliore è la precisione della misura di una delle due grandezze, tanto peggiora la precisione ottenibile nella misura dell'altra. In altri termini, misurare la posizione di una particella provoca una perturbazione impossibile da prevedere della sua velocità e viceversa. In formule: dove è l'incertezza sulla misura della posizione e è quella sulla quantità di moto . Il limite inferiore del prodotto delle incertezze è quindi proporzionale alla costante di Planck . Heisenberg osservò che per conoscere la posizione di un elettrone, questo dovrà essere illuminato da un fotone. Più bassa sarà la lunghezza d'onda del fotone, maggiore sarà la precisione con cui la posizione dell'elettrone è misurata. Le comuni onde marine non sono affette, nella loro propagazione, dalla presenza di piccoli oggetti. Al contrario, oggetti grandi almeno quanto la lunghezza d'onda disturbano e spezzano i fronti dell'onda, disturbi che permettono da soli di individuare la presenza dell'ostacolo che le ha generate. In ambito quantistico, tuttavia, a basse lunghezze d'onda il fotone trasporterà un'energia sempre maggiore, che assorbita dall'elettrone ne perturba sempre di più la sua velocità, rendendo impossibile stabilire in contemporanea quale sia il suo valore. Al contrario, un fotone ad alta lunghezza d'onda perturberà poco la velocità dell'elettrone ma sarà in grado di determinare con poca precisione la sua posizione. • Nel 1913 il fisico danese Niels Bohr propose un modello empirico per tentare di riunire le evidenze attorno alla stabilità dell'atomo di idrogeno e al suo spettro di emissione, come l'equazione di Rydberg. Max Planck, Albert Einstein, Peter Debye e Arnold Sommerfeld contribuirono allo sviluppo e alla generalizzazione dell'insieme delle regole formali proposte da Bohr, indicato con l'espressione vecchia teoria dei quanti (in inglese old quantum theory). In questo modello il moto dell'elettrone nell'atomo di idrogeno è consentito solo lungo un insieme discreto di orbite chiuse stazionarie stabili di tipo circolare od ellittico.La radiazione elettromagnetica è emessa o assorbita solo quando un elettrone passa da un'orbita più piccola a una più grande. In questo modo Bohr fu in grado di calcolare i livelli energetici dell'atomo di idrogeno, dimostrando che in questo sistema un elettrone non può assumere qualsiasi valore di energia: l'elettrone può avere solo alcuni precisi e discreti valori di energia determinati solo dal numero intero in buono accordo con gli esperimenti e con una energia minima diversa da zero eV raggiunta quando . Restava tuttavia da chiarire come mai l'elettrone potesse percorrere solo alcune specifiche traiettorie chiuse • • • Nel 1924 il fisico francese Louis de Broglie scoprì che l'elettrone, oltre ad essere un corpuscolo, ha anche un comportamento ondulatorio che si manifesta ad esempio in fenomeni di interferenza. La lunghezza d'onda dell'elettrone vale: dove è la costante di Planck e la quantità di moto. In questo modo la legge di quantizzazione imposta da Bohr poteva essere interpretata semplicemente come la condizione di onde stazionarie, equivalenti alle onde che si sviluppano sulla corda vibrante di un violino. Sulla base di questi risultati, nel 1925-1926, Werner Heisenberg e Erwin Schrödingersvilupparono rispettivamente la meccanica delle matrici e la meccanica ondulatoria, due formulazioni differenti della meccanica quantistica. L'equazione di Schrödinger in particolare è simile a quella delle onde e le sue soluzioni stazionarie rappresentano i possibili stati delle particelle e quindi anche degli elettroni nell'atomo di idrogeno. La natura di queste onde fu immediato oggetto di grande dibattito, che si protrae in una certa misura fino ai giorni nostri. Nella seconda metà degli anni venti la teoria fu formalizzata, con l'adozione di postulati fondamentali, da Paul Adrien Maurice Dirac, John Von Neumann e Hermann Weyl. Una rappresentazione ancora differente, ma compatibile con le precedenti, nota con il nome di integrale sui cammini fu sviluppata nel 1948 da Richard Feynman: una particella quantistica percorre tutte le possibili traiettorie lungo il suo moto. I vari contributi forniti da tutti i cammini possono interferire fra di loro e generare quindi un comportamento analogo a quello ondulatorio. • La meccanica quantistica si è differenziata dalla fisica classica sviluppata fin dai primi lavori di Galileo e di Isaac Newton in primo luogo ridefinendo il concetto di misura. La novità rispetto alle precedenti teorie riguarda l'impossibilità di conoscere lo stato di una particella senza perturbarlo in maniera irreparabile. Al contrario della meccanica classica dove è sempre possibile concepire uno spettatore passivo in grado di conoscere ogni dettaglio di un dato sistema, secondo la meccanica quantistica è perfino privo di senso assegnare un valore ad una qualsiasi proprietà di un dato sistema senza che questa sia stata attivamente misurata da un osservatore.[19]Le leggi quantistiche stabiliscono che il processo di misura non è descrivibile come la semplice evoluzione temporale del sistema, dell'osservatore e degli apparati sperimentali considerati assieme Video . • Questo ha come conseguenza il fatto che in generale una volta misurata e determinata con precisione una quantità di un sistema non si può in alcun modo determinare quale fosse il suo valore prima della misurazione. Per esempio secondo la meccanica classica la conoscenza della posizione e della velocità di una particella in un dato istante permette di determinarne automaticamente la sua traiettoria passata e futura con certezza. In meccanica quantistica viceversa, la conoscenza della velocità di una particella ad un dato istante non è in generale sufficiente a stabilire quale fosse il suo valore nel passato. Inoltre acquisire la stessa conoscenza della velocità della particella distrugge ogni altra informazione sulla posizione rendendo anche impossibile il calcolo della traiettoria futura • • L'esperimento delle due fenditure fu ideato originariamente da Thomas Young nel 1803 e Augustin Fresnel agli inizi del XIX secolo per mostrare la natura ondulatoria della luce.] Una sorgente di luce viene diretta verso due sottili fenditure e produce su di uno schermo una figura di interferenza, già osservata nel medesimo esperimento condotto con onde sulla superficie dell'acqua. Questa figura consiste in una sequenza di bande più luminose intervallate da regioni più scure prive di luce. Questo permise di concludere che la luce ha sicuramente una natura ondulatoria; con particelle classiche infatti si formerebbero solamente due bande in corrispondenza dei due fori delle fenditure. Lo stesso esperimento è stato condotto nel XX secolo con particelle subatomiche, come gli elettroni.[ In questo caso una sorgente emette un singolo elettrone per volta di fronte alle due fenditure e uno schermo dietro di queste segnala con un punto la posizione finale raggiunta. Dopo molti elettroni emessi è possibile osservare la distribuzione dei punti sullo schermo, distribuzione che si presenta analoga a quella di interferenza, con sequenze di bande ricche di punti intervallate da regioni in cui questi sono assenti. In questo caso tuttavia, trattandosi del passaggio di singoli elettroni, si deve concludere che in qualche modo l'elettrone stesso auto-interferisce, come se passasse allo stesso tempo per le due fenditure come un'onda. L'onda in questo caso ha natura probabilistica, in quanto, per poter essere messa in evidenza, richiede la ripetizione dello stesso processo fisico, il passaggio di un singolo elettrone attraverso le due fenditure, un numero di volte grande, riproducendo esattamente la natura ondulatoria nel limite in cui è infinito. • Questo risultato lascia tuttavia aperta la questione di come sia possibile che un singolo elettrone si propaghi nello stesso momento attraverso due distinte fenditure. Si può quindi tentare di osservare l'elettrone fisicamente attraversare le due fenditure illuminando queste ultime con della luce. I fotoni che costituiscono la luce colpiranno l'elettrone e permetteranno di capire se un elettrone è passato attraverso una fenditura. In questo esperimento tuttavia si trova che l'elettrone viene rilevato passare solo attraverso una singola fenditura alla volta, ma nello stesso momento non si osserva più la figura di interferenza sullo schermo, ma solo le due bande previste dalla meccanica classica. La misura stessa della posizione e del passaggio dell'elettrone disturba quindi drasticamente il suo stato originario, sulla base del principio di indeterminazione. Non vi è alcun modo di stabilire come si comporti l'elettrone nei pressi delle fenditure che non distrugga al tempo stesso l'interferenza ondulatoria. Come scrisse Feynman illustrando questo esperimento, in qualche modo è come se il principio di indeterminazione protegga la meccanica quantistica e la natura dal mostrare nello stesso momento l'elettrone in un comportamento ondulatorio e uno classico corpuscolare • Schrödinger scrisse nel 1926 una serie di quattro articoli intitolati "Quantizzazione come problema agli autovalori" in cui mostrò che una meccanica ondulatoria possa spiegare l'emergere di numeri interi e dei quanti, gli insiemi di valori discreti anziché continui permessi per alcune quantità fisiche di certi sistemi (come l'energia degli elettroni nell'atomo di idrogeno). In particolare, basandosi sui lavori di De Broglie, osservò che le onde stazionarie soddisfano vincoli simili a quelli imposti dalle condizioni di quantizzazione di Bohr • « [...] die übliche Quantisierungsvorschrift sich durch eine andere Forderung ersetzen läßt, in der kein Wort von „ganzen Zahlen“ mehr vorkommt. Vielmehr ergibt sich die Ganzzahligkeit auf dieselbe natürliche Art, wie etwa die Ganzzahligkeit der Knotenzahl einer schwingenden Saite. Die neue Auffassung ist verallgemeinerungsfähig und rührt, wie ich glaube, sehr tief an das wahre Wesen der Quantenvorschriften. » (IT)« [...] si può sostituire la regola di quantizzazione usuale con un altro requisito dove non appare più la parola "numeri interi". Piuttosto, gli stessi numeri interi si rivelano naturalmente dello stesso tipo dei numeri interi associati al numero di nodi di una stringa vibrante. Il nuovo punto di vista è generalizzabile e tocca, come credo, molto profondamente la vera natura delle regole quantistiche. » • Il numero di nodi in una normale stringa vibrante stazionaria è intero, se questi sono associati alle quantità fisiche come l'energia e il momento angolare allora ne consegue che anche queste devono essere multipli interi di una grandezza fondamentale. Affinché questa equivalenza sia possibile, lo stato fisico deve essere associato ad un'onda che vibra e si evolve secondo le condizioni di stazionarietà. • • • Come Schrödinger stesso osservò, condizioni di tipo ondulatorio sono presenti ed erano già state scoperte anche per la meccanica classica di tipo newtoniano. Nell'ottica geometrica, il limite delle leggi dell'ottica in cui la lunghezza d'onda della luce tende a zero, i raggi di luce si propagano seguendo percorsi che minimizzano il cammino ottico, come stabilito dal principio di Fermat. Allo stesso modo, secondo il principio di Hamilton, le traiettorie classiche sono soluzioni stazionarie o di minimo dell'azione, che per una particella libera è semplicemente legata all'energia cinetica lungo la curva. Tuttavia l'ottica geometrica non considera gli effetti che si hanno quando la lunghezza d'onda della luce non è trascurabile, come l'interferenza e la diffrazione. Guidato da questa analogia ottico-meccanica, Schrödinger suppose che le leggi della meccanica classica di Newton siano solamente una approssimazione delle leggi seguite dalle particelle, una approssimazione valida per grandi energie e grandi scale come per le leggi dell'ottica geometrica, ma non in grado di catturare tutta la realtà fisica, in particolare a piccole lunghezze, dove come per la luce, fenomeni come l'interferenza e la diffrazione diventano dominanti. Schrödinger postulò quindi una equazione di stazionarietà per un'onda del tipo • • • In meccanica classica, lo stato di una particella viene definito attraverso il valore esatto delle due quantità osservabili posizione e impulso (variabili canoniche); in meccanica quantistica, invece, lo stato di una particella è descritto (nella rappresentazione di Schroedinger) da una funzione d'onda. Nell'interpretazione di Copenaghen la funzione d'onda non ha un proprio significato fisico, mentre lo ha il suo modulo quadro, che fornisce la distribuzione di probabilità della osservabile posizione: per ogni punto dello spazio, assegna la probabilità di trovare la particella in quel punto, quando si misura la sua posizione. Il significato di questa probabilità può essere interpretato come segue: avendo a disposizione infiniti sistemi identici, effettuando la stessa misura su tutti i sistemi contemporaneamente, la distribuzione dei valori ottenuti è proprio il modulo quadro della funzione d'onda. Similmente, il modulo quadro della trasformata di Fourier della funzione d'onda fornisce la distribuzione di probabilità dell'impulso della particella stessa. In generale, la teoria quantistica dà informazioni sulle probabilità di ottenere un dato valore quando si misura una quantità osservabile. Per le proprietà della trasformata di Fourier, tanto più la distribuzione di probabilità della posizione di una particella è concentrata (la particella quantistica è ben localizzata), tanto più la distribuzione degli impulsi si allarga, e viceversa. Si tratta di una manifestazione del principio di indeterminazione di Heisenberg: è impossibile costruire una funzione d'onda arbitrariamente ben localizzata sia in posizione che in impulso. La funzione d'onda che descrive lo stato del sistema può cambiare al passare del tempo. Ad esempio, una particella che si muove in uno spazio vuoto è descritta da una funzione d'onda costituita da un pacchetto d'onda centrato in una posizione media. Al passare del tempo il centro del pacchetto d'onda cambia, in modo che la particella può successivamente essere localizzata in una posizione differente. L'evoluzione temporale della funzione d'onda è dettata dall'equazione di Schrödinger. • • • Alcune funzioni d'onda descrivono distribuzioni di probabilità che sono costanti nel tempo. Molti sistemi trattati in meccanica classica possono essere descritti da queste onde stazionarie. Ad esempio, un elettrone in un atomo non eccitato è descritto classicamente come una particella che ruota attorno al nucleo dell'atomo, mentre in meccanica quantistica essa è descritta da un'onda stazionaria che presenta una determinata funzione di distribuzione dotata di simmetria sferica rispetto al nucleo. Questa intuizione è alla base del modello atomico di Bohr. Benché la meccanica quantistica non permetta di prevedere a priori il risultato di una misurazione, ogni singola misura porta comunque ad ottenere un valore definito (e non per esempio ad un valore medio). Questo problema, che viene spesso chiamato problema della misura, ha dato vita ad uno dei più profondi e complessi dibattiti intellettuali dellastoria della scienza. Secondo l'interpretazione di Copenaghen, quando viene effettuata una misura di un'osservabile l'evoluzione del sistema secondo l'equazione di Schrödinger viene interrotta e si determina il cosiddetto collasso della funzione d'onda, che porta il vettore di stato ad una autofunzione dell'osservabile misurata, fornendo un valore che aveva una certa probabilità di essere effettivamente osservato prima dell'esecuzione della misura. Questo è interpretato come evidenza del fatto che la misura perturba il sistema: una volta effettuata, esso si troverà certamente nello stato in cui l'ha lasciato lo strumento di misura. Il collasso della funzione d'onda all'atto della misura non è descritto dall'equazione di Schrödinger, che stabilisce solo l'evoluzione temporale del sistema ed è strettamente deterministica, in quanto è possibile prevedere la forma della funzione d'onda ad un qualsiasi istante successivo. La natura probabilistica della meccanica quantistica si manifesta invece all'atto della misura. • Ad esempio consideriamo una particella che si muove liberamente nello spazio, con certe distribuzioni di probabilità per posizione e velocità e supponiamo di misurare la sua posizione, ottenendo un certo valore x. Allora, si può prevedere che una successiva misura di posizione (abbastanza vicina nel tempo) porterà certamente allo stesso risultato appena ottenuto: la funzione d'onda è collassata in un punto, fornendo a quel punto la probabilità certa. • Il principio di indeterminazione di Heisenberg porta inoltre al concetto di osservabili incompatibili: si tratta di coppie di osservabili in cui la conoscenza completa di una delle due porta alla completa mancanza di conoscenza sull'altra. Nel caso precedente, una misura di posizione porta alla completa ignoranza sulla velocità. Allo stesso modo sono incompatibili l'energia e l'intervallo di tempo nel quale tale energia è scambiata. Detto in altre parole, il collasso della funzione d'onda associata ad un'osservabile, porta ad una funzione di distribuzione uniforme, su tutto il dominio di definizione, per l'osservabile ad essa coniugata. • La meccanica quantistica ammette numerose formulazioni che utilizzano basi matematiche talvolta molto diverse fra di loro. Tuttavia, sebbene queste descrizioni delle teoria siano differenti, non cambiano le previsioni che fanno in merito al risultato degli esperimenti. Si può preferire una formulazione rispetto ad un'altra se in questa il problema da descrivere risulta più semplice. Ogni differente formulazione ha permesso inoltre una maggiore conoscenza in merito alle fondazioni stesse della meccanica quantistica. Le formulazioni che sono più frequentemente utilizzate sono quella lagrangiana e quella hamiltoniana. • • • • • • • • La formulazione hamiltoniana della meccanica quantistica si basa principalmente sui lavori dei fisici Paul Dirac, Hermann Weyl e John von Neumann. Il suo nome è dovuto al fatto che l'evoluzione temporale degli stati è formulata in funzione dell'Hamiltoniana del sistema, descritto con le variabili canoniche coniugate di posizione e impulso. Questa formulazione, nel quadro dell'interpretazione di Copenaghen, si basa su quattro postulati, detti anche principi, la cui validità deve essere verificata direttamente in base al confronto delle previsioni con gli esperimenti: Lo stato fisico di un sistema è rappresentato da un raggio vettore unitario di uno spazio di Hilbert . Nella notazione di Dirac un vettore è indicato con un ket, ad esempio come , mentre il prodotto scalare fra due vettori e è indicato con . In questo modo, uno stato è definito a meno di una fase complessa inosservabile in modo che: Per ogni osservabile fisica riferita al sistema esiste un operatore hermitiano lineare che agisce sui vettori che rappresentano . Gli autovalori associati all'autovettore dell'operatore , che soddisfano quindi:,corrispondono ai possibili risultati della misura dell'osservabile fisica . La probabilità che la misura di sul sistema nello stato dia come risultato un qualsiasi autovalore vale:Questa legge sulla probabilità è nota come regola di Born. I vettori sono scelti in modo tale da formare una base ortonormale dello spazio di Hilbert, cioè soddisfano: Se non è effettuata alcuna misura sul sistema rappresentato da ad un dato istante , allora evolve ad un altro istante in maniera deterministica in base all'equazione lineare di Schrödinger:dove è l'operatore hamiltoniano che corrisponde all'osservabile energia. Se invece è effettuata una misura di una osservabile sul sistema , allora questo collassa in modo casuale nell'autovettore corrispondente all'autovalore osservato. La probabilità che a seguito di una misura lo stato collassi in è data sempre dalla regola di Born. L'interpretazione di Copenaghen descrive il processo di misura in termini probabilistici. Questo significa che il risultato di una misura in generale non può essere previsto con certezza nemmeno se si dispone di una completa conoscenza dello stato che viene misurato. L'evoluzione degli stati nella meccanica quantistica obbedisce a leggi di tipo deterministico finché non sono effettuate misure. Al contrario in generale la misura di una qualsiasi proprietà di un sistema è descritta da un processo casuale. Il collasso della funzione d'onda non permette di stabilire in modo univoco lo stato del sistema antecedente alla misura. Questa differenza profonda di comportamenti dei sistemi, quando sono sotto osservazione rispetto a quando non lo sono, è stata spesso oggetto di ampi dibattiti anche di carattere filosofico ed è chiamata come "Problema della Misura" • • • • I postulati della meccanica quantistica stabiliscono che ogni stato è rappresentato da un vettore dello spazio di Hilbert, ma fra tutti i possibili spazi di Hilbert non indicano quale bisogna scegliere. Inoltre non viene stabilita una precisa mappa che ad ogni osservabile associ un rispettivo operatore che agisca sullo spazio Hilbert degli stati, i postulati si limitano semplicemente ad affermare che questa mappa esiste. Fissare lo spazio di Hilbert degli stati e stabilire la corrispondenza osservabileoperatore determina il "problema della quantizzazione", che ammette diverse possibili soluzioni. Alcune di queste sono completamente equivalenti dal punto di vista fisico e sono legate fra loro solo attraverso trasformazioni dello spazio di Hilbert. Per scegliere una quantizzazione, oltre a considerare il sistema fisico da descrivere, si possono imporre condizioni di compatibilità aggiuntive fra le strutture algebriche della meccanica classica e quelle quantistiche. Nella quantizzazione canonica ad esempio tutti gli stati sono funzioni a quadrato sommabile delle coordinate: All'osservabile momento lineare (quantità di moto) può essere associato l'operatore: che a meno di costanti dimensionali deriva la funzione d'onda, mentre all'osservabile posizione: che moltiplica la funzione d'onda per la coordinata . Ogni altra osservabile delle coordinate e degli impulsi sarà ottenuta mediante sostituzione e simmetrizzazione. • • • • • • • • La formulazione lagrangiana della meccanica quantistica è dovuta principalmente ai lavori di Feynman, che la introdusse negli anni quaranta e che ne dimostrò l'equivalenza con la formulazione Hamiltoniana. Le variabili posizione e velocità sono usate in questa formulazione per la descrizione dello stato e l'evoluzione temporale è legata invece alla lagrangiana del sistema. L'idea fondamentale che ebbe Feynman fu di interpretare la natura probabilistica della meccanica quantistica come la somma pesata dei contributi di tutte le evoluzioni possibili per un sistema, indipendentemente da quelle indicate dalla meccanica classica. In questo modo una particella quantistica puntiforme si propaga fra due punti A e B dello spazio seguendo tutti i cammini possibili. Ad ogni singolo cammino è associato un peso, proporzionale all'esponenziale immaginario dell'azione classica. La probabilità di raggiungere B è proporzionale quindi al modulo quadro della somma dei contributi dei singoli cammini. L'intera formulazione è basata su tre postulati: Esiste un funzione complessa , chiamata propagatore, il cui modulo quadro è proporzionale alla probabilità che una particella localizzata al punto x all'istante si trovi localizzata al punto y all'istante :In questo modo, lo stato descritto dalla funzione d'onda all'istante si evolverà all'istante fino allo stato definito da: Il propagatore può essere scritto come una somma di contributi definiti lungo tutti i percorsi continui , detticammini, che congiungono il punto x con il punto y: Il contributo di un singolo cammino vale:dove la costante C è definita in modo che la somma su tutti i cammini del propagatore converga nel limite . indica invece l'azione classica associata alla curva . Le curve che contribuiscono al propagatore sono determinate unicamente dagli estremi e e dalla sola condizione di continuità, una possibile curva potrebbe anche essere non differenziabile. Questo tipo di formulazione rende particolarmente agevole uno sviluppo semiclassico della meccanica quantistica, uno sviluppo asintotico in serie rispetto alla variabile . Con la formulazione lagrangiana introdotta da Feynman è stato possibile evidenziare un'equivalenza fra il moto browniano e la particella quantistica • Nonostante i suoi numerosi successi, la meccanica quantistica sviluppata agli inizi del XX secolo non può essere considerata una teoria definitiva capace di descrivere tutti i fenomeni fisici. Un primo limite fondamentale della teoria, già ben presente agli stessi scienziati che la formularono, è la sua incompatibilità con i postulati della relatività ristretta e generale. Inoltre la formulazione originaria è inadatta a rappresentare sistemi dove il numero di particelle presenti vari nel tempo. L'equazione di Schrödinger è simmetrica rispetto al gruppo di trasformazioni di Galileo e ha come corrispettivo classico le leggi dellameccanica di Newton. L'evoluzione temporale degli stati fisici non è quindi compatibile con la relatività ristretta. Tuttavia i principi della meccanica quantistica possono essere generalizzati in modo da essere in accordo con il quadro della relatività ristretta, ottenendo lateoria quantistica dei campi. Gli effetti associati all'invarianza per trasformazioni di Lorentz richiesta dalla relatività ristretta hanno come conseguenza la non conservazione del numero di particelle. Infatti, in base alla relazione fra massa ed energia, un quanto energetico può essere assorbito o emesso da una particella. La descrizione completa dell'interazione elettromagnetica fra i fotoni e le particelle cariche è fornita dall'elettrodinamica quantistica, teoria quantistica di campo capace di spiegare l'interazione tra radiazione e materia e, in linea di principio, anche le interazioni chimiche interatomiche • • Nella seconda metà del XX secolo la teoria di campo quantistica è stata estesa alla descrizione delleinterazioni forti che avvengono all'interno del nucleo fra i quark e gluoni, con la cromodinamica quantistica. Ulteriori sviluppi hanno permesso di unificare la forza elettrica con la forza debole, responsabile dei decadimenti nucleari. Anche la formulazione quantistica delle teorie di campo resta in disaccordo con i principi della teoria della relatività generale, questo rende perciò estremamente complesso formulare una teoria in cui lagravità obbedisce anche ai principi della meccanica quantistica. La cosiddetta teoria quantistica della gravitazione è uno degli obiettivi più importanti per la fisica del XXI secolo. Ovviamente, viste le numerose conferme sperimentali delle due teorie, la teoria unificata dovrà includere le altre due come approssimazioni, quando le condizioni ricadono nell'uno o nell'altro caso. Numerose proposte sono state avanzate in questa direzione, come ad esempio la gravitazione quantistica a loop, in ingleseLoop Quantum Gravity (LQG), o la teoria delle stringhe. La teoria delle stringhe per esempio estende la formulazione della meccanica quantistica considerando, al posto di particelle puntiformi, oggetti monodimensionali (le stringhe) come gradi di libertà fondamentali dei costituenti materia. • I Congressi Solvay sono un esempio di come conferenze ben pianificate e ben organizzate possano contribuire al progresso della Scienza »(Werner Heisenberg) • Quinto Congresso Solvay, 1927A. Piccard, E. Henriot, P. Ehrenfest, E. Herzen, Th. de Donder, E. Schrödinger, J.E. Verschaffelt, W. Pauli,W. Heisenberg, R. Fowler, L. Brillouin; P. Debye, M. Knudsen, W.L. Bragg, H.A. Kramers, P.A.M. Dirac, A.H. Compton, L. de Broglie, M. Born, N. Bohr; I. Langmuir, M. Planck, M. Skłodowska-Curie, H.A. Lorentz, A. Einstein, P. Langevin, Ch.-E. Guye, C.T.R. Wilson, O.W. Richardson. Institut International de Physique Solvay nel Leopold Park di Bruxelles. • I congressi Solvay (chiamati anche "Conferenze Solvay") sono una serie di conferenze scientifiche dedicate ad importanti problemi aperti riguardanti fisica e chimica che si tengono a Bruxelles ogni tre anni a partire dal 1911 agli International Solvay Institutes for Physics and Chemistry, fondati dall'industriale belga Ernest Solvay. Congresso Anno Tema Presidente 1 1911 La teoria dell'irraggiamento e i quanti Antoon Lorentz (Leida) 2 1913 Struttura della materia Antoon Lorentz (Leida) 3 1921 Atomi ed elettroni Antoon Lorentz (Leida) 4 1924 Conducibilità elettrica dei metalli e problemi connessi Antoon Lorentz (Leida) 5 1927 Elettroni e fotoni Antoon Lorentz (Leida) 6 1930 Magnetismo Langevin(Parigi) 7 1933 Struttura e proprietà dei nuclei atomici Langevin (Parigi) 8 1948 Particelle elementari Bragg (Cambridge) 9 1951 Lo stato solido Bragg (Cambridge) 10 1961 Elettroni nei metalli Bragg (Cambridge) 11 1964 Struttura dell’universo Bragg (Cambridge) Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale ideato nel 1935 da Erwin Schrödinger, con lo scopo di illustrare come l'interpretazione "ortodossa" della meccanica quantistica (interpretazione di Copenaghen) fornisca risultati paradossali se applicata ad unsistema fisico macroscopico. L'esperimento ideato da Schrödinger nacque nel contesto della discussione del paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen (EPR), pubblicato nel 1935[1]. Il paradosso EPR criticava una caratteristica fondamentale dei sistemi quantistici secondo l'interpretazione di Copenaghen (sviluppata da Bohr e Heisenberg), successivamente nota come entanglement quantistico. Secondo la teoria ortodossa, due sistemi fisici interagenti devono essere trattati come un sistema unico, descritto da un unico stato quantico: uno stato "entangled", ovverosia "intrecciato". Schrödinger, che condivideva lo scetticismo verso la teoria ortodossa, fece notare un altro aspetto problematico. Il principio di sovrapposizione, uno dei cardini della meccanica quantistica, afferma che se un sistema può trovarsi in due stati distinti, può trovarsi anche in una qualsiasi loro combinazione lineare. Questa sovrapposizione ha come conseguenza osservabile un fenomeno di interferenza (si veda ad esempio l'esperimento della doppia fenditura). Se però si esegue un'osservazione del sistema, questo viene indotto ad assumere uno stato determinato. Secondo Schrödinger, questo postulato e il concetto di entanglement avevano conseguenze potenzialmente paradossali. In particolare, il fisico austriaco descrisse un esperimento ideale in cui la sovrapposizione di due stati atomici distinti può essere "trasferita" ad un oggetto macroscopico, andando decisamente contro il senso comune. • « Si possono anche costruire casi del tutto burleschi. Si rinchiuda un gatto in una scatola d'acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d'essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un'ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l'evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un'ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione dell'intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso. »(Erwin Schrödinger) • La diffusione Compton o effetto Compton (scattering Compton) è un fenomeno di scattering interpretabile come un urto elastico (si conserva sia la quantità di moto che l'energia cinetica) tra un fotone e un elettrone. Il fenomeno, osservato per la prima volta da Arthur Compton nel 1922, divenne ben presto uno dei risultati sperimentali decisivi in favore della descrizione quantistica della radiazione elettromagnetica. L'esperimento di Compton consisteva nell'invio di un fascio collimato di fotoni (raggi X con λ = 0,0709 nm) su un bersaglio di grafite, e nell'osservazione dello spettro dei fotonidiffusi e, quindi, della loro lunghezza d'onda (λ). • Quello che vide il fisico statunitense fu che, oltre all'emissione di fotoni della stessa λ, vi erano anche raggi X di lunghezza d'onda maggiore (in media di 0,0731 nm)], e quindi di frequenza (f) minore (meno energetici). Inoltre l'aumento assoluto della lunghezza d'onda della radiazione diffusa, per un qualsiasi angolo di diffusione, era indipendente dalla lunghezza d'onda della radiazione incidente • I pesci solubili dal: Cantico dei quanti di S. Hortoli e J.P. Pharabod (1984) Un pesce vive in uno stagno talmente fangoso che vederlo è assolutamente impossibile. Un pescatore tenta la fortuna e dopo un certo tempo il pesce abbocca. Il pescatore alza allora la canna e vede il pesce appeso in capo alla lenza. Ne conclude, logicamente, che il pesce, prima d’essere pescato, si spostava nello stagno in cerca di cibo. Non penserà mai che, prima di mordere, il pesce non era altro che una specie di pesce−potenzialità esteso in tutto lo stagno. Supponiamo ora che lo stagno rappresenti una scatola assolutamente vuota, se si esclude un elettrone solitario figurato dal pesce (avremmo potuto prendere in considerazione egualmente bene anche un protone o persino un atomo). Il dispositivo di pesca (canna, lenza, amo) simboleggia una sonda introdotta nella scatola e capace di interagire in qualche modo con l’elettrone, producendo in questo caso un segnale visibile per l’osservatore. All’apparire del segnale, un osservatore normale ne concluderà che l’elettrone ha incontrato la sonda, e che prima si spostava nella scatola. • Ma avrà torto. Prima di interagire, l’elettrone occupava tutta la scatola ed era provvisto di una maggiore o minore probabilità di essere individuato in questo o quel punto. É come se prima di abboccare il pesce avesse occupato tutto lo stagno, più concentrato in certi posti e più diluito in altri. Un pesce «quantistico» di questo genere, che si concretizza solo quando viene preso, non corrisponde a nulla di quanto siamo abituati a osservare. Come essere certi che l’elettrone si comporterà allo stesso modo del pesce «quantistico» immaginato poco fa? La risposta non è evidente e la certezza è stata acquisita solo nel 1982, più di cinquant’anni dopo la nascita della fisica quantistica. Benché il formalismo matematico della nuova fisica implicasse già quest’immagine surrealista del pesce «solubile» (André Breton, 1924), certi fisici, tra i quali spiccava Einstein, pensavano che un altro formalismo, più conforme alle nostre abitudini di pensiero, avrebbe potuto dare gli stessi risultati sperimentali e avere quindi altrettanto successo del pesce quantistico. Si sono dovuti impegnare diversi decenni per giungere alla concezione, e in seguito alla realizzazione, di un esperimento capace di far crollare definitivamente le speranze di Einstein. Malgrado ciò, il dibattito non si è ancora concluso. Le diverse interpretazioni possibili della fisica quantistica hanno quindi avuto come conseguenza il fatto che fra i fisici si siano venuti a formare dei clan (anche se in grande maggioranza essi non sono affatto interessati a questo dibattito, accontentandosi di applicare il formalismo agli sviluppi teorici e sperimentali in corso). • Schematizzando molto e lasciando da parte le sottigliezze del gergo filosofi- co, possiamo affermare che i due clan principali si riducono a quello dei «materialisti quantistici» e a quello degli «idealisti quantistici». Il problema che li separa è la scelta del momento in cui il pesce «quantistico» si concretizza: quando abbocca, o quando lo si vede? Per i materialisti la concretizzazione si realizza quando il pesce abbocca all’amo (quando l’elettrone interagisce con la sonda). Per gli idealisti avviene invece quando il pescatore lo vede dopo averlo tirato su (nel momento in cui l’osservatore vede il segnale): è in questo istante che il pescatore−osservatore prende effettivamente coscienza dell’esistenza reale del pesce. Egli interviene quindi con la sua mente, ed è proprio questo intervento che per gli idealisti fa passare il pesce da un’esistenza potenziale a un’esistenza concreta. Diciamo subito che i sostenitori dell’idealismo sono una piccola minoranza. D’altra parte, malgrado i loro argomenti inquietanti, il buon senso (che pure è stato talvolta preso in castagna) milita a favore del materialismo. Il fatto poi che il segnale possa essere registrato automaticamente in assenza di osservatori obbliga in particolare gli idealisti a compiere molte acrobazie mentali. Non è stato comunque realizzato finora nessun esperimento in grado di decidere senza equivoci fra le due interpretazioni. Sono state proposte comunque anche altre interpretazioni, legate in qualche modo alle due principali. Per il momento lasciamole però da parte e torniamo ai nostri pesci: Cosa succede se il pescatore getta di nuovo il pesce nell’acqua dopo averlo pescato? Il pesce vi si dissolve nuovamente, in attesa di essere ripreso. Descriviamo ora un altro esperimento. • L’unico pesce dello stagno è stato mangiato e non se ne parli più. Il pescatore ha appena preso due piccoli pesci in un ruscello poco distante da lì e li getta ancora vivi nello stagno. Cosa ci sarà ora nello stagno? una combinazione mostruosa di due pesci solubili che costituiscono ormai un solo essere innominabile. Il fatto che due unità quantistiche (le quali abbiano interagito) si combinino per formarne una sola conduce di- 1 rettamente o indirettamente ai due grandi paradossi della fisica quantistica. Questi due paradossi sono stati proposti nel 1935 per mettere in evidenza i problemi che la nuova fisica sollevava, il primo da Einstein e due suoi colleghi, il secondo da Schrödinger. Il primo, conosciuto sotto il nome di «paradosso Einstein−Poldosky−Rosen» o «paradosso EPR», conduce all’oggettività dell’esistenza dello spazio (o dello scorrere del tempo) ed è molto più radicale della teoria della relatività (che si accontenta di combinare lo spazio con il tempo). Gli esperimenti realizzati in base a questo paradosso EPR hanno effettivamente portato a rimettere in discussione tale oggettività. Quanto al secondo, si tratta del «paradosso del gatto di Schrödinger». Esso illustra il dibattito fra idealisti e materialisti, ma è rimasto sul piano della discussione teorica. Illustriamo qui il paradosso di Einstein − Poldosky − Rosen. Il pescatore, questa volta accompagnato dal figlio, ha appena ripescato due pesci da un ruscello e li butta ancora vivi in uno stagno un po’ speciale. Questo, in effetti, posto su di un monticello, viene drenato sul fondo da due derivazioni che portano l’acqua a due piccoli stagni vuoti situati più in basso. Ogni derivazione è ostruita da una piccola chiusa. Il pescatore getta i due pesciolini nell’acqua e questi si dissolvono immediatamente in una strana combinazione di due pesci solubili. Il pescatore e il figlio aprono allora una chiusa ciascuno. L’acqua scola completamente verso i due piccoli stagni, cosicché alla fine ciascuno di essi conterrà un pesce solubile mentre nello stagno principale non vi sarà più acqua né pesce (i due pesci continuano a formare in effetti un solo essere, accoppiati cioè da un vincolo misterioso «fuori spazio» che, com’è evidente, non possiamo rappresentare; a rigore, sarebbe meglio dire che ogni stagno contiene una parte della combinazione dei due pesci solubili). Il pescatore getta l’amo nel piccolo stagno di destra, mentre il figlio si sdraia vicino a quello di sinistra senza far nulla. Ma appena il pesce dello stagno di destra abbocca ed è tirato fuori dell’acqua, subito quello di sinistra emerge a sua volta e viene proiettato accanto al figlio del pescatore, il quale non deve fare più altro che raccoglierlo sull’erba. É il celebre esperimento di Aspect fatto non con dei pesci, ma con dei fotoni, ossia granelli di luce, e con particolarità sperimentali differenti anche se analoghe. Altre persone hanno ripetuto lo stesso esperimento utilizzando protoni. E funziona! Sono stati proprio l’esperimento di Aspect e gli altri analoghi ad aver stabilito definitivamente che le entità quantistiche si comportano come i nostri pesci solubili e non come gli oggetti normali. Queste esperienze hanno quindi condotto i fisici a rimettere in questione la nozione di spazio. • A Göttingen, intorno alla metà del luglio 1925, e il ventitreenne Werner Heisenberg ha appena consegnato al suo ex-supervisore e collega Max Born un manoscritto in cui, tra le altre cose, afferma che la dinamica di un atomo non deve essere descritta in termini di concetti quali posizione e velocità bensì tramite dei misteriosi insiemi di «ampiezze di transizione» tra stati energetici, e per giunta che date due di queste grandezze e , il prodotto di per dà qualcosa di diverso dal prodotto di per ! Born, che condivide con il suo allievo l’idea che nella fisica atomica sia necessaria una rivoluzione ed è lui stesso da più di un anno alla ricerca di una nuova Quantenmechanik, legge con attenzione quel manoscritto e capisce subito che esso rappresenta un passo importante sulla strada giusta. • • • proseguire il racconto, però, è opportuno approfondire per un momento la figura di Max Born, che può a buon diritto essere considerato un esponente di quella stirpe (oggi estinta) di “universalisti” in grado di portare contributi di grande valore in tanti rami diversi della fisica. Nato l’11 dicembre 1882 a Breslau (che oggi si chiama Wrocław e si trova in Polonia, ma in quel momento fa parte della Prussia) da una famiglia di solide tradizioni accademiche nel campo della medicina, il giovane Born fa capire subito di voler essere un degno erede quando, al primo anno di università, segue con disinvoltura corsi di matematica, fisica, chimica, logica, filosofia e persino zoologia. La sua materia preferita è però l’astronomia, tanto che a un certo punto diventa un frequentatore abituale dell’Osservatorio della città; ma l’ipotesi di diventare un astronomo viene scartata non appena si rende conto della quantità di noiosi calcoli numerici che la professione comporta (non credo ci sia bisogno di ricordare che nel 1901 non esistevano calcolatrici, al massimo i regoli calcolatori). La svolta nella sua carriera universitaria arriva qualche anno più tardi quando, discutendo con alcuni suoi colleghi di corso (tra cui gente del calibro di Toeplitz e Hellinger), scopre che il posto dove andare in Germania per imparare la matematica è Göttingen, dove si trasferisce nel 1904. Qui giunto entra subito in contatto con Hermann Minkowski, grazie a un improbabile legame familiare (pare infatti che Minkowski e la matrigna di Born si conoscessero per aver frequentato anni prima il medesimo corso di ballo), e di conseguenza con il grande amico di Minkowski, David Hilbert, da cui riceve l’importante incarico di trascrivere gli appunti delle sue lezioni. Sfortunatamente i rapporti con il capo del dipartimento, Felix Klein, non sono altrettanto cordiali, in parte perché Born non è (diciamo così) un frequentatore assiduo delle sue lezioni; ma non essere nelle grazie di Klein rappresenta in quegli anni a Göttingen un discreto problema, perché l’esame di dottorato è tenuto, per la parte relativa alla geometria, proprio da Klein! Fiutando una brutta aria, Born decide così di eliminare la geometria dal suo piano di studi sostituendola con l’astronomia, passione che aveva continuato a coltivare anche nella nuova università seguendo un corso tenuto da Karl Schwarzschild (sì, quello dei buchi neri). Grazie a questo escamotage il giorno dell’esame non si troverà più di fronte Klein ma lo stesso Hilbert, dal quale si reca qualche giorno prima con la speranza di avere qualche dritta. «In quale area della matematica ti senti meno preparato?» gli chiede Hilbert. «La teoria degli ideali» confessa Born, che si riferisce all’antenata di quella che oggi chiamiamo algebra commutativa. Hilbert fa un cenno di assenso e se ne va, e Born tira un sospiro di sollievo assumendo (come penso avrebbe fatto chiunque al suo posto) che il suo maestro non gli farà domande su quell’argomento. Il giorno dell’esame, però, tutte le domande di Hilbert sono di algebra commutativa! Alla successiva richiesta di chiarimenti, Hilbert candidamente spiega: «volevo solo capire quanto ne sai sulle cose di cui pensi di non sapere nulla». Decisamente, Hilbert era uno fatto alla sua maniera (e ne riparleremo in futuro). • • • Ad ogni modo l’esame è superato, e Born può così ricevere il dottorato (siamo nel 1906) con una tesi in cui risolve un problema di stabilità nella teoria dei mezzi elastici. Subito dopo è costretto a partire per il servizio di leva, durante il quale sviluppa un genuino disgusto per tutto ciò che ha a che fare con i militari; fortunatamente viene congedato dopo soli quattro mesi “grazie” ai suoi problemi di asma. Al suo ritorno si trasferisce per qualche mese a Cambridge dove rimane impressionato dalle lezioni di J. J. Thomson, lo scopritore dell’elettrone; nasce così in lui l’idea di abbandonare la matematica per la fisica, e addirittura di darsi alla fisica sperimentale. Tornato nella natia Breslau si dirige pertanto senza esitazioni all’istituto di fisica, che in quel momento è diretto da tal Otto Lummer, specialista nello studio della radiazione termica. Lummer accoglie il nuovo arrivato affidandogli un esemplare di “corpo nero”, che si rivela essere «un tubo di porcellana con un’attrezzatura per riscaldarlo, montato su di un tavolo con un fornello a gas e un sistema di raffreddamento ad acqua tutto attorno». La promettente carriera da sperimentale di Born è però destinata a interrompersi qualche giorno dopo, quando a seguito di un piccolo contrattempo con il sistema di raffreddamento il laboratorio viene completamente allagato. Intuendo da questo episodio che quella sperimentale non è la sua strada, Born si dedica nuovamente agli studi teorici, e nel 1908 si imbatte nei recenti articoli di Einstein sulla relatività speciale, che lo affascinano immediatamente. Per chiarire alcuni punti a lui oscuri Born chiede aiuto al suo mentore Minkowski, che sa essere a sua volta molto interessato alla relatività. Quest’ultimo dal canto suo pensa bene di invitarlo a Göttingen per lavorare assieme sulla nuova teoria; purtroppo però l’improvvisa morte di Minkowski all’inizio del 1909 mette bruscamente la parola fine a questo progetto. Dopo qualche anno passato a riorganizzare e pubblicare i manoscritti sulla relatività lasciati incompiuti da Minkowski, nel 1912 comincia per Born una nuova fase della sua carriera scientifica allorché la stanza accanto alla sua della pensione in cui abita a Göttingen viene occupata da Theodore von Kármán, con il quale scriverà alcuni importanti lavori sulla dinamica dei solidi cristallini. n fino alla grande diaspora del 1933. • • • • Nel 1914 arriva una chiamata dall’università di Berlino, che ovviamente Born accetta; qui conosce di persona Einstein, con cui stringe una profonda amicizia, e continua a produrre importanti lavori in fisica della materia e teoria cinetica. Nel 1919 accetta un posto da professore ordinario a Francoforte, dove in quegli anni opera Otto Stern; ha così modo di rimanere costantemente aggiornato sulle verifiche sperimentali della teoria dei quanti. Nel 1921 si materializza però l’occasione di tornare ancora una volta a Göttingen, dove gli viene offerta nientemeno che la posizione di direttore dell’istituto di fisica in sostituzione di Peter Debye, che si è appena trasferito all’ETH di Zurigo. Sorprendentemente, all’inizio Born tentenna: non è sicuro di essere in grado di dirigere da solo un istituto così grande, soprattutto per quanto riguarda la parte sperimentale (forse ricordando i suoi disastrosi trascorsi di laboratorio). Durante una visita al ministero dell’istruzione a Berlino, però, Born si accorge di un particolare. Nel documento ufficiale riguardante la situazione dell’istituto di fisica di Göttingen sono elencate tre cattedre: quella “ordinaria” appena lasciata libera da Debye e altre due “straordinarie” occupate da Pohl e Voigt. Quest’ultimo era stato ordinario prima di Debye ma aveva scelto di andare in pensione nel 1914 (liberando così una posizione per il collega più giovane) mantenendo però un posto da professore “personale” valido fino alla sua morte, che era infine sopraggiunta qualche mese prima. Per l’errore di un copista, però, la dicitura «da eliminarsi alla morte dell’occupante» era stata inserita alla riga sbagliata, cosicché si riferiva in realtà alla cattedra di Pohl, in quel momento vivo e in ottima salute! Ricordando quella situazione molti anni dopo, Born dirà: In genere non sono un tipo molto rapido ad approfittare delle occasioni, ma in quel caso lo fui. È divertente immaginare Born che rampogna il solerte impiegato del ministero: «guardi meglio, le cattedre libere sono due, non una». In realtà, al ministero si rendono perfettamente conto che si tratta di un refuso; ma probabilmente si rendono anche conto dello stato misero in cui versa il sistema universitario tedesco dopo la prima guerra mondiale, e forse decidono che una posizione di professore in più in una delle università più prestigiose dell’epoca pre-bellica non può che migliorare la situazione. Com’è, come non è, i soldi per la seconda cattedra arrivano e Born suggerisce immediatamente di utilizzarli per chiamare il suo amico e coetaneo James Franck, a cui può demandare l’organizzazione del reparto sperimentale dell’istituto, accettando nel contempo il posto di direttore. In questo modo un po’ rocambolesco si forma l’accoppiata che guiderà la ricerca sulla teoria dei quanti a Göttinge • As in the classical case, the potential for the quantum harmonic oscillator is given by • This problem can either be treated by directly solving the Schrödinger equation, which is not trivial, or by using the more elegant "ladder method" first proposed by Paul Dirac. • • • • In physics, string theory is a theoretical framework in which the point-like particles of particle physics are replaced by one-dimensional objects called strings. It describes how these strings propagate through space and interact with each other. On distance scales larger than the string scale, a string looks just like an ordinary particle, with its mass, charge, and other properties determined by the vibrational state of the string. In string theory, one of the many vibrational states of the string corresponds to the graviton, a QUANTUM MECHANICAL particle that carries gravitational force. Thus string theory is a theory of quantum gravity. String theory is a broad and varied subject that attempts to address a number of deep questions of fundamental physics. String theory has been applied to a variety of problems in black hole physics, early universe cosmology, nuclear physics, and condensed matter physics, and it has stimulated a number of major developments in pure mathematics. Because string theory potentially provides a unified description of gravity and particle physics, it is a candidate for a theory of everything, a self-containedmathematical model that describes all fundamental forces and forms of matter. Despite much work on these problems, it is not known to what extent string theory describes the real world or how much freedom the theory allows to choose the details. String theory was first studied in the late 1960s as a theory of the strong nuclear force, before being abandoned in favor of quantum chromodynamics. Subsequently, it was realized that the very properties that made string theory unsuitable as a theory of nuclear physics made it a promising candidate for a quantum theory of gravity. The earliest version of string theory, bosonic string theory, incorporated only the class of particles known as bosons. It later developed into superstring theory, which posits a connection called supersymmetry between bosons and the class of particles called fermions. Five consistent versions of superstring theory were developed before it was conjectured in the mid-1990s that they were all different limiting cases of a single theory in eleven dimensions known as M-theory. In late 1997, theorists discovered an important relationship called the AdS/CFT correspondence, which relates string theory to another type of physical theory called a quantum field theory. One of the challenges of string theory is that the full theory does not have a satisfactory definition in all circumstances. Another issue is that the theory is thought to describe an enormous landscape of possible universes, and this has complicated efforts to develop theories of particle physics based on string theory. These issues have led some in the community to criticize these approaches to physics and question the value of continued research on string theory unification. • • • • In the branch of physics called statistical mechanics, entropy is a measure of the randomness or disorder of a physical system. This concept was studied in the 1870s by the Austrian physicist Ludwig Boltzmann, who showed that the thermodynamic properties of a gas could be derived from the combined properties of its many constituent molecules. Boltzmann argued that by averaging the behaviors of all the different molecules in a gas, one can understand macroscopic properties such as volume, temperature, and pressure. In addition, this perspective led him to give a precise definition of entropy as the natural logarithm of the number of different states of the molecules (also calledmicrostates) that give rise to the same macroscopic features.[57] In the twentieth century, physicists began to apply the same concepts to black holes. In most systems such as gases, the entropy scales with the volume. In the 1970s, the physicist Jacob Bekenstein suggested that the entropy of a black hole is instead proportional to the surface area of its event horizon, the boundary beyond which matter and radiation is lost to its gravitational attraction.[58] When combined with ideas of the physicist Stephen Hawking,[59] Bekenstein's work yielded a precise formula for the entropy of a black hole. The formula expresses the entropy S where c is the speed of light, k is Boltzmann's constant, ħ is the reduced Planck constant, G is Newton's constant, and A is the surface area of the event horizon.[60] Like any physical system, a black hole has an entropy defined in terms of the number of different microstates that lead to the same macroscopic features. The Bekenstein–Hawking entropy formula gives the expected value of the entropy of a black hole, but by the 1990s, physicists still lacked a derivation of this formula by counting microstates in a theory of quantum gravity. Finding such a derivation of this formula was considered an important test of the viability of any theory of quantum gravity such as string theory “Genio e follia hanno qualcosa in comune : entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri”