il fondamento naturale del matrimonio

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IL FONDAMENTO NATURALE DEL MATRIMONIO
P. Miguel Paz LC.
Docente ordinario di Sacramento del Matrimonio.
Pontificio Ateneo “Regina Apostolorum”, Roma.
© 2007 Edizioni Art
Via degli Aldobrandeschi, 190 - 00163 Roma
Tel. 06 6652 7796 • Fax 06 6652 7792 • E-mail [email protected]
Nel suo discorso del primo febbraio di 2001 al Tribunale della Sacra Rota Romana, Giovanni Paolo II
affermava: «Quando la Chiesa insegna che il matrimonio è una realtà naturale, essa propone una verità
evidenziata dalla ragione per il bene dei coniugi e della società e confermata dalla rivelazione di Nostro
Signore» e continuava « Il fatto però che il dato naturale sia autoritativamente confermato ed elevato a
sacramento da nostro Signore non giustifica affatto la tendenza, oggi purtroppo largamente presente, a
ideologizzare la nozione del matrimonio - natura, essenziali proprietà e finalità -, rivendicando una diversa
valida concezione da parte di un credente o di un non credente, di un cattolico o di un non cattolico, quasi
che il sacramento fosse una realtà successiva ed estrinseca al dato naturale e non lo stesso dato naturale,
evidenziato dalla ragione, assunto ed elevato da Cristo a segno e mezzo di salvezza».
La Chiesa viene accusata di indebita ingerenza quando rivendica una concezione del matrimonio unica e
comune a tutti gli esseri umani, di cui lo stato deve rendersi garante; invece, continua Giovanni Paolo II: « Il
matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone umane, suscettibile di essere configurata secondo una
pluralità di modelli culturali. L'uomo e la donna trovano in se stessi l'inclinazione naturale ad unirsi
coniugalmente. Ma il matrimonio, come ben precisa San Tommaso d'Aquino, è naturale non perché
"causato per necessità dai principi naturali", bensì in quanto è una realtà "a cui la natura inclina, ma che è
compiuta mediante il libero arbitrio" (Summa Theol. Suppl., q. 41, a. 1, in c.). E', pertanto, altamente
fuorviante ogni contrapposizione tra natura e libertà, tra natura e cultura. Nell'esaminare la realtà storica ed
attuale della famiglia non di rado si tende ad enfatizzare le differenze, per relativizzare l'esistenza stessa di
un disegno naturale sull'unione tra uomo e donna. Più realistico risulta invece constatare che, insieme alle
difficoltà, ai limiti e alle deviazioni, nell'uomo e nella donna è sempre presente un'inclinazione profonda del
loro essere, che non è frutto della loro inventiva, e che, nei tratti fondamentali, trascende ampiamente le
diversità storico-culturali».
E quale sarebbe i fondamento naturale del matrimonio? «Il "consortium totius vitae" esige la reciproca
donazione degli sposi (CIC, can. 1057 - 2; CCEO, can. 817 - 1). Ma tale donazione personale ha bisogno di
un principio di specificità e di un fondamento permanente. La considerazione naturale del matrimonio ci fa
vedere che i coniugi si uniscono precisamente in quanto persone tra cui esiste la diversità sessuale, con tutta
la ricchezza anche spirituale che questa diversità possiede a livello umano. Gli sposi si uniscono in quanto
persona-uomo ed in quanto persona-donna. Il riferimento alla dimensione naturale della loro mascolinità e
femminilità è decisivo per comprendere l'essenza del matrimonio. Il legame personale del coniugio viene a
instaurarsi proprio al livello naturale della modalità maschile o femminile dell'essere persona umana».
Ecco il punto di partenza della nostra riflessione: la differenza e complementarietà tra il maschile e il
femminile, vale a dire, il fenomeno chiamato “sesso”, o a livello propriamente umano, “sessualità umana”.
Cerchiamo di approfondire questo concetto. Infatti, come afferma il Concilio Vaticano II: «La sessualità
propria dell'uomo e la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto avviene
negli stadi inferiori della vita» (Gaudium et spes 51). Idea che troviamo sviluppata in un documento
della Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica: «La sessualità è una componente fondamentale
della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di
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esprimere e di vivere l'amore umano. (...) “Dal sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche
che, sul piano biologico, psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così
grandemente l'iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società”»1. Questo è un
dato primario dell’esperienza umana, indeducibile nella sua immediatezza. Il sesso altro non è che la
differenza e complementarietà tra il maschile e il femminile, che nell’essere umano abbracciano tutti i
livelli dell’esistenza. Persino gli stati intersessuali, fisici o psicologici che siano, non si possono
definire se non in rapporto alla bipolarità sessuale, come stati che possiedono, allo stesso tempo,
caratteristiche dell’uno o dell’altro sesso.
La bipolarità sessuale tra gli esseri umani non è quindi un fatto puramente biologico, ma possiede una
grande ricchezza spirituale, che può riassumersi nella capacità d’amare proprio a livello sessuale. La
sessualità umana rende l’uomo e la donna capaci di un genere speciale d’amore fondato sulla loro
differenza e complementarietà, il quale trova la sua realizzazione propria e degna nel matrimonio. Per
capire questo, bisogna raggiungere una visione unitaria dell’essere umano in quanto unità di corpo e spirito.
In questo modo, «in quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno
spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità unificata. L'amore abbraccia anche il
corpo umano e il corpo è reso partecipe dell'amore spirituale»2.
Il segno fisico della diversità-complementarietà corporale tra l’uomo e la donna, secondo cui, nella loro
unione, i corrispettivi organi sessuali diventano capaci di una funzione che non realizzerebbero
separatamente - dare origine ad un nuovo essere umano - porta con sé in modo naturalmente percepibile il
significato umano della donazione, dell’accoglienza, della risposta generosa e della fecondità che trascende
la coppia; insomma, le caratteristiche proprie del fenomeno chiamato “amore”. L’insieme delle
differenziazioni corporee, psichiche e spirituali tra l’uomo e la donna, nonché la mutua spontanea attrazione
fondata sulla reciproca complementarietà, ruotano intorno a questo significato basilare. «II corpo, in quanto
sessuato, esprime la vocazione dell'uomo alla reciprocità, cioè all'amore e al mutuo dono di sé. Il corpo,
infine, richiama l'uomo e la donna alla loro costitutiva vocazione alla fecondità, come a uno dei significati
fondamentali del loro essere sessuato»3. Si tratta quindi di un amore che, come afferma Giovanni Paolo II
nell’esortazione apostolica Familiaris consortio, «comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti
della persona – richiamo del corpo e dell’istinto, forza del sentimento e dell’affettività, aspirazione dello
spirito e della volontà –; esso mira ad una unità profondamente personale, quella che, al di là dell’unione in
una sola carne, conduce a non fare che un cuor solo e un’anima sola: esso esige l’indissolubilità e la fedeltà
della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità» (n. 13).
Qui arriviamo al punto centrale del nostro discorso, la sessualità umana è tale che contiene come significato
proprio l’amore interpersonale il quale non trova la sua realizzazione propria se non nel matrimonio, con le
sue caratteristiche d’indissolubilità di fedeltà, e d’apertura alla fecondità. Per mostrarlo, più che dimostrarlo,
Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio parte dal fatto stesso dell’unione sessuale fisica: «Di
conseguenza la sessualità4, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed
esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della
persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano, solo se è parte integrale dell'amore
con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte. La donazione fisica
totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la
persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la
possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente. Questa
totalità, richiesta dall'amore coniugale, corrisponde anche alle esigenze di una fecondità responsabile, la
quale, volta come è a generare un essere umano, supera per sua natura l'ordine puramente biologico, ed
investe un insieme di valori personali, per la cui armoniosa crescita è necessario il perdurante e concorde
contributo di entrambi i genitori» (n. 11).
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È davvero così difficile capire che l’atto sessuale non è qualcosa che lascia indifferente la persona, ma la
investe nel nucleo più intimo, quel punto in cui affettività, percezione intelligente dei valori e presa di
decisioni s’incontrano, quel punto che popolarmente è chiamato “cuore”? Persino il piacere sessuale, a
causa della sua intensità e della sua capacità di coinvolgimento, sottolinea nella coscienza vissuta i valori
implicati nella sessualità: l'intima donazione-accoglienza mutua e la trasmissione della vita. Anche nei casi
in cui il piacere è vissuto in modo puramente egoistico, rimane in fondo alla coscienza la percezione più o
meno velata di questo suo senso originario, il quale viene a galla nei momenti di lucidità morale che non
mancano nemmeno nelle vite più distratte5.
Ma se la sessualità raggiunge il nucleo intimo della persona, questo vuol dire che tutta la persona si mette in
gioco nell’amore sessuale, e questo è il punto: non c’è amore sessuale vero, autentico, degno dell’essere
umano senza la donazione-accoglienza, liberamente voluta, della persona, di tutta la persona, significata
nella donazione-accoglienza del corpo, una donazione-accoglienza che è unica e permanente fino alla
morte, perché unica è la persona e rimane la stessa nel suo nucleo intimo. Soltanto la morte, eliminando la
presenza del segno del corpo, può dissolvere il vincolo creato da questa donazione-accoglienza reciproca.
La presenza dei figli, la cui crescita armoniosa e serena dipende dall’unità e fedeltà dei genitori, rende più
chiare e cogenti queste esigenze.
Continua Giovanni Paolo II: «Il “luogo” unico, che rende possibile questa donazione secondo l'intera sua
verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l'uomo
e la donna accolgono l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio stesso, che solo in questa luce
manifesta il suo vero significato. L' istituzione matrimoniale non è un’indebita ingerenza della società o
dell'autorità, né l'imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d'amore
coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuta così la piena fedeltà
al disegno di Dio Creatore» (n.11). Si noti che dice “rende possibile”, giacché nel matrimonio, gli sposi
dovranno realizzare l'unione sessuale con la rettitudine morale necessaria perché sia vera espressione
dell'amore coniugale. Fuori del contesto matrimoniale, invece, «le relazioni sessuali costituiscono un
disordine grave, perché sono espressione riservata a una realtà che ancora non esiste6; sono un linguaggio
che non trova riscontro obiettivo nella vita delle due persone, non ancora costituite in comunità definitiva
con il necessario riconoscimento e garanzia della società civile e, per i coniugi cattolici, anche religiosa»7.
Giovanni Paolo II parla di “volontà di Dio”, di “disegno di Dio Creatore”, ma dai presupposti esaminati
finora possiamo avventurare la possibilità che anche un non credente, libero da pregiudizi, possa trovare per
se stesso questa verità profonda sulla sessualità umana, che trova nel matrimonio il suo compimento.
In un altro discorso alla Rota Romana, del 21 gennaio di 1999, Giovanni Paolo II sottolinea il carattere
volontario, decisionale, di quest’amore in cui consiste, in essenza il matrimonio: «L'amor coniugalis,
pertanto, non è solo né soprattutto sentimento; è invece essenzialmente un impegno verso l'altra
persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà. Proprio questo qualifica tale amor
rendendolo coniugalis. Una volta dato ed accettato l'impegno per mezzo del consenso, l'amore diviene
coniugale, e mai perde questo carattere. Qui entra in gioco la fedeltà dell'amore, che ha la sua radice
nell'obbligo liberamente assunto. Sorge qui talora l'equivoco secondo il quale il matrimonio è
identificato o comunque confuso col rito formale ed esterno che lo accompagna. (...) Ma a voi, giuristi,
non sfugge il principio per cui il matrimonio consiste essenzialmente, necessariamente ed unicamente
nel consenso mutuo espresso dai nubendi. Tale consenso altro non è che l'assunzione cosciente e
responsabile di un impegno mediante un atto giuridico col quale, nella donazione reciproca, gli sposi si
promettono amore totale e definitivo».
Il Papa continua: «Alla luce di questi principi può essere stabilita e compresa l'essenziale differenza
esistente fra una mera unione di fatto - che pur si pretenda originata da amore - e il matrimonio, in cui
l'amore si traduce in impegno non soltanto morale, ma rigorosamente giuridico. Il vincolo, che
reciprocamente s'assume, sviluppa di rimando un'efficacia corroborante nei confronti dell'amore da cui
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nasce, favorendone il perdurare a vantaggio della comparte, della prole e della stessa società». E facendo
accenno a un problema già allora di attualità, ma che si è venuto ad accentuare negli ultimi anni, prosegue:
«È alla luce dei menzionati principi che si rivela anche quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una
realtà "coniugale" all'unione fra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzitutto, l'oggettiva
impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto
da Dio nella stessa struttura dell'essere umano. E' di ostacolo, inoltre, l'assenza dei presupposti per quella
complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello
eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina. E' soltanto nell'unione fra due persone
sessualmente diverse che può attuarsi il perfezionamento del singolo, in una sintesi di unità e di mutuo
completamento psico-fisico. In questa prospettiva, l'amore non è fine a se stesso, e non si riduce all'incontro
corporale fra due esseri, ma è una relazione interpersonale profonda, che raggiunge il suo coronamento
nella donazione reciproca piena e nella cooperazione con Dio Creatore, sorgente ultima di ogni nuova
esistenza umana».
Possiamo rilanciare il nostro convincimento che pur facendo astrazione dai riferimenti al Creatore, in cui
trova la sua ultima consistenza, questa visione della sessualità umana rimanga coerente con la comune
esperienza e la sana ragione, auspicando che anche un non credente possa trovarla convincente. Infatti,
abbiamo visto che l’unità, l’indissolubilità e l’apertura alla fecondità del matrimonio, sono esigenze di una
sessualità a livello di persona. L’impegno reciproco crea una serie di diritti-doveri, che non possono
rimanere nell’ambito del privato. Il matrimonio ha una dimensione pubblica, giacché quest’unione è una
realtà che rimane a fondamento della stessa società umana. Lo stato indebolirebbe la stessa società se
includesse nel suo ordinamento sociale le unioni che non poggiano su un impegno definitivo né stabile.
Questo a maggior ragione può dirsi delle unioni omosessuali. Il presupposto dell’amore sessuale è la
differenza-complementarietà che naturalmente sfocia nella fecondità. Anche in mancanza della fecondità, la
differenza-complementarietà rimarrebbe arricchente a livello sessuale. Tra due persone dello stesso sesso si
può dare un intenso scambio di beni e affetto, ma arrivati a livello sessuale manca il fondamentale “essere
l’uno per l’altro” che garantisce la dinamica dell’amore e del mutuo arricchimento. Per ciò che riguarda la
possibilità dell’adozione di bambini da parte delle copie omosessuali, facilmente si avverte la necessità
della stessa differenza-complementarietà tra il padre e la madre per la crescita armonica del bambino.
Facilmente, cioè, per chi non metta l’ideologia al posto del buon senso8.
Cfr. S.C.E.C., Orientamenti educativi sull’amore umano. n. 4. Cita S.C.D.F., decl. Persona humana, n. 1. Il Catechismo,
al n. 2332: «La sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo e della sua
anima. Essa concerne particolarmente l'affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale,
l'attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri».
2
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, n. 11.
3
S.C.E.C., Orientamenti... n. 24.
4
In questo contesto «sessualità» equivale a «genitalità».
5
La Rivelazione in questo caso costituisce un richiamo e un aiuto al cuore umano affinché riflettendo su di sé scopra le sue
proprie esigenze. Un altro modello di riflessione filosofica sul matrimonio è quello classico di S. TOMMASO D'AQUINO,
che parte sia dalle caratteristiche della procreazione umana (cfr. Summa theologiae, suppl. qq. 41, 49), sia dalle esigenze
dell'amore tra l'uomo e la donna (cfr. Cont. Gent. III, 123,124).
6
Cfr. Persona humana, 7.
7
S.C.E.C., Orientamenti... n. 95.
8
Non possiamo approfondire qui convenientemente la questione. Rimandiamo pertanto ai documenti della Santa Sede al
riguardo: CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla
collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, (31 maggio 2004), dichiarazione Persona umana (1975),
lettera su La cura pastorale delle persone omosessuali (1986), Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale
delle unioni omosessuali (3 giugno 2003). PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Famiglia, matrimonio e
«unione di fatto» (26 luglio 2000), (pubblicato sul Supplemento a L’Osservatore Romano, 22 novembre 2000). Questi
documenti sono reperibili sul sito web del Vaticano, www.vatican.va.
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