Quale Psicologia Clinica? Per fare cosa? Per andare dove? Carlo Pruneti Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Unità di Psicologia Clinica Università di Parma E mail: [email protected] Psicologia Clinica Area della psicologia che studia le reazioni psicologiche alla malattia organica e le conseguenze alla stessa e che ha come oggetto di studio l’unità somato-psichica del soggetto. Al centro: il malato come persona e non la malattia. o Si occupa di: - Rapporto pz con proprio organo malato - Rapporto pz con operatori socio-sanitari - Rapporto pz con l’istituzione sanitaria - Qualità della vita ed etica sanitaria. Permette l’osservazione delle vicissitudini interne (emozioni) ed esterne del soggetto in una qualsiasi situazione sanitaria. Verranno presi in considerazione: Modelli di rapporto medico-paziente Tipi di relazione in ambito sanitario; Placebo ed aspetti psicologici della somministrazione farmacologica Reazione psicologica alla malattia somatica Aspetti psicologici dell’intervento chirurgico. A) Modelli di rapporto medico-paziente Modello di Hollender: rapporti a seconda del criterio dell’attività/passività. Situazioni simili nello sv. psicoaffettivo. Attività del medico-passività del paziente: pz completamente passivo, il medico è gestore unico delle decisioni. Condizioni: coma, infarto del miocardio, ictus cerebrale, interventi in anestesia totale. Anche in confusione mentale, deterioramento, scompensi psichiatrici. Per attuare l’intervento terapeutico il medico agisce con autonomia decisionale e operativa e il pz deve lasciar fare. Nello sv psico-affettivo il prototipo è rappresentato dall rapporto medre-neonato (dipendente). Direttività del medico-osservanza del paziente: il pz collabora col medico nell’attuazione della terapia prescritta dal medico. Il pz è cosciente del proprio stato e dell’utilità terapia. Condizioni: malattie infettive, disendocrine, vascolari non gravi, tutte e situazioni acute in cui pz è in grado di collaborare. Prototipo nello sv psicoaffettivo: infanzia, in cui il b si attiene agli insegnamenti dei genitori che guidano il processo di autonomizzazione. Collaborazione reciproca medico-paziente: il pz è aiutato dal medico a gestirsi il programma terapeutico. Il sanitario è consultato di rado per avere notizie sull’andamento della malattia e modificare la terapia. Condizioni: terapia riabilitativa, psicoterapia; nelle malattie croniche: diabete, cardio-vasculopatie, disturbi della senilità, disturbi psichici in tratatmento psicoterapico. Prototipo: rapporto tra due adulti maturi. Nessun modello è migliore o peggiore: ognuno corrisponde a momenti diversi in cui è richiesto un rapporto invece di un altro ai fini terapeutici. Importante: flessibilità a passare da uno all’altro a seconda dei bisogni fisici e psichici del paziente. Esempio di Schneider: diabete; 1) coma diabetico: pz a livello I (attività medico-passività pz) 2) uscito dal coma: pz a livello I (direttività medicoosservanza pz) 3) stabilizzazione terapia: livello III (collaborazione reciproca medico-pz). Non tutti medici e paramedici sono così flessibili. Motivi: carattere rigido, resistenze personali ad assumere comportamenti non in sintonia con la propria personalità o il proprio ruolo. Esempi: chirurgo predilige livello I, internista il II, riabilitatore o psichiatra il livello III. B) Tipi di relazione in ambito sanitario Gli estremi sono dati da: Situazione relazionale con maggior distanza tra utente e sanitario: rapporto pz con medico laboratorista in cui sanitario e paziente non si conoscono. Situazioni vicine: consultazione tecnico-diagnostica (ematochimici, radiografia, ECG…). Situazione relazionale con maggior vicinanza tra utente e sanitario: rapporto tra pz e psicioanalista io psicoterapeuta in cui vi è massima conoscenza e scambio emozionale (transfert/controtransfert). Situazioni vicine: psicotp. Tra le due vi sono vari tipi di relazione più o meno vicine e più o meno distanti. Relazione scientifica: rapporto sanitario-oggetto di studio senza scambio emotivo. Scopo: “capire” il meccanismo che ha portato alla “malattia”. Fine: formulazione diagnosi. Pz: passività collaborante (fornisce dati). Soddisfa nel medico bisogni sadici (ti possiedo), vojeristici (ti indago), aggressivi (fatta la diagnosi non esisti più). Relazione di riparazione: il sanitario è un tecnico a cui è affidato un organo-oggetto da riparare. Il rapporto è medico-organo investito affettivamente. Fine: far funzionare ciò che non funziona più. Pz: passività collaborante (aiuta tp a guarire l’organo malato). Legame medico-pz: parziale (con una parte) e di breve durata. Pz può avere aspettative onnipotenti (mi guarirà), tp valenze narcisistiche (io che sono bravo ti guarirò). Le caratteristiche della relazione permettono al pz di passare da un tecnico all’altro senza rischi di “lutti da separazione”. Relazione di manutenzione: il sanitario interviene più volte su uno o più organi malati per mantenere il miglior funzionamento possibile. Si ha con malati cronici stabilizzati. Condizioni: cardiopatie, patologie vascolari, malattie dismetaboliche (diabete), reumatismi, malattie neurologiche e muscolari. Pz è meno passivo delle precedenti, spazio per autogestione, vi può essere dipendenza da oggetti intermedi (medicine, apparecchio pressione, bilancia, ecc). Relazione: minor distanza e maggior conoscenza reciproci senza investimento affettivo, minor aspettative magiche. Tale relazione anche con altre figure (infermiere, assistente sanitaria, rieducatore) e con istituzione. Pz accetta sostituzione medico senza “lutti”. Relazione di consulenza: il sanitario entra nel rapporto medico curante-pz come esperto per breve tempo. Scarso investimento reciproco anche se vi possono essere aspettative magiche. Maggior vicinanza emotiva se consulente è psichiatra che valuta indicazione a psicoterapia. Relazione di perizia: il sanitario si inserisce per breve tempo, il rapporto è condizionato da una domanda esterna per una valutazione medicolegale (fini pensionistici, infortunistici, giudiziari…). Pz può non collaborare per ottenere vantaggi personali e per la presenza di comportamenti simulatori. Relazione di aiuto: la durata del rapporto è variabile, investe più aspetti della vita del soggetto come la quotidianità (cibo, alloggio, inserimento sociale). Il sanitario ha un ruolo di assistente sociale da cui pz è dipendente. Tale relazione è favorita da chi ha bisogno di aiuto, da chi dà aiuto per soddisfare i propri bisogni (essere buono, riparare un sentimento di colpa, essere bravo e potente). Il mezzo è l’azione. Il sanitario vi ricorre se ha avuto un insuccesso medico (ricucendo ferita narcisistica e riparando la colpa di non avercela fatta). Relazione pericolosa se sanitario si sostituisce all’assistito che ci rimette in autonomia e crescita. Relazione pedagogica: relazione breve con conseguenze che durano nel tempo, il sanitario insegna qualcosa che il pz imparerà. meno regressiva se chi insegna favprisce autonomia nell’assistito. Es: diabetico (impara regole farmacologiche e dietetiche), preparazione al parto, relazioni in psichiatria o pediatria. Terapeutica se corrisponde al 3° modello di Hollender (collaborazione reciproca medicopaziente). Relazione suggestiva: il sanitario si investe e viene investito di poteri magici, poteri espressi attraverso sostanze o rituali. Totale dipendenza del paziente da terapeuta: l’Io del pz regredisce e si affida all’Io del terapeuta. Condizioni: seduta ipnotica, somministrazione placebo, elettroterapia suggestiva, agopuntura, ecc. Relazione di sostegno: simile a quella di aiuto, ma non riguarda l’agire. L’operatore si sostituisce in parte al pz senza gestire le sua azioni. Dà a pz aiuto psicologico rassicurandolo, sostiene l’Io del pz senza analizzare i conflitti sottostanti, si lavora con la parte adulta. Il sanitario rinforza certi meccanismi di difesa e ne contrasta altri. Fine: autonomia del pz che interrompe tale relazione. Relazione interpersonale soggettiva: rapporto che ha come mezzo il linguaggio e come fine la maggior comprensione da parte di entrambi di sentimenti ed emozioni. Se vi è un setting (tempi e metodi specifici) è una relazione psicoterapica. Psicoterapia = terapia con mezzi psicologici, quindi comprende anche tecniche di suggestione e sostegno. Qui si riferisce a interventi programmati all’interno di una relazione che si protrae ed il cui fine è il miglioramento psicologico del paziente. Si basa su identificazione del terapeuta col pz e sulla capacità del pz di investire affettivamente il rapporto. Lo scambio emotivo è intenso. D) Placebo e aspetti psicologici della somministrazione farmacologica L’aspetto relazionale e psicologico è importante per un buon esito terapeutico (medico e chirurgico) sul corpo. La comprensione del malato e l’identificazione con lui dipendono dalla capacità di comprendere se stessi e le proprie contro-reazioni emotive. Tutte le azioni e decisioni adattate per scopi terapeutici hanno esito diverso a seconda dell’impatto emozionale che provocano, quindi a seconda della qualità della relazione costituita!!! Tra queste azioni è importante la somministrazione farmacologica: campo di incontro e scontro tra malato e curante. L’azione dei farmaci dipende molto dal tipo di relazione e dalle metodiche prescrittive. Placebo: “sostanze inerti che hanno l’aspetto di un farmaco e sono prive di qualsiasi potere farmacologico”, agiscono solo per effetto psicologico. Effetto placebo: riguarda qualsiasi sostanza anche attiva somministrata a scopo psicologico. Tale effetto è legato alla relazione e all’accordo terapeutico. La sostanza avrà effetto se: a) il pz avrà fiducia nel medico o avrà aspettative di tipo magico verso il farmaco. b) se c’è convinzione terapeutica nell’operatore che fa la prescrizione e in chi somministra. Il risultato dipende anche dall’aspetto del farmaco e dalla modalità di somministrazione (iniezione, aspetto colorato o sapore amaro). In alcune malattie ( e non solo di natura psicologica) il placebo dà già quasi gli stessi risultati di un farmaco attivo. Studi lo dimostrano per: raffreddore, dolore. Casi frequenti: pz va dal medico per una terapia, ma non si attiene alle indicazioni. Spiegazioni: a) culturali (i farmaci fanno male); b) personali: timori per effetti collaterali (informarlo) e motivi inconsci. Es di motivi inconsci: per il soggetto la malattia soddisfa un bisogno inconscio di punizione e rifiuta il farmaco; richiesta di attenzioni e non prende farmaco, aggressività verso terapeuta. Il farmaco ha un significato non solo per il paziente ma anche per altri: a) medico: bisogno di prescrivere per avere un ruolo o diminuire ansia verso il paziente: b) parenti: non tollerano la malattia (psichiatria); c) società: deve prendere i farmaci che lei mette a disposizione (case farmaceutiche). Il medico è pressato da Pressioni anche da: a) scuola (chiede tranquillante per il bambino caratteriale); b) ambiente di lavoro (non tollera chi ha disagi psicologici); c) ospedale stesso (chiede consulenza psichiatrica al primo segno di risposta conflittuale del paziente). È importante una corretta lettura della richiesta del paziente di avere un farmaco!!! A volte dietro la richiesta di un farmaco si nasconde: -desiderio di essere ascoltati, bisogno di dipendenza, urgenza di confidare problemi personali ed intimi. Es: richiesta di ricostituenti può celare problemi d’insoddisfazione sessuale o impotenza. La prescrizione può significare allora comprensione e disponibilità alla domanda del paziente come no, la non prescrizione rifiuto. In psichiatria lo psicofarmaco può servire a tenere buono il pz o ad avvicinarlo. È necessaria, come dice Zapparoli; una giusta equidistanza tra atteggiamento farmacofilico e atteggiamento farmacofobico. Reazione psicologica alla malattia somatica Malattia: a) Modificazione equilibri precedenti b) Situazione di crisi c) Cambiamento status del paziente: da sano a malato d) Adattamento a situazione nuova con problemi interni ed esterni. Problemi interni: reazioni psicologiche alla nuova identità. Problemi esterni: modificazioni dieta, abitudini di vita, lavoro. I due tipi di problemi si influenzano a vicenda tanto più quanto maggiore è stato il cambiamento. La malattia porta ad una sorta di piccola rivoluzione: il pz.si trova a dover «ascoltare» il proprio corpo; chi da sano, ad esempio, ascolta il proprio cuore? La malattia fisica ha conseguenze sul piano psicologico: senso di debolezza, status negativo. La reazione psicologica alla malattia somatica influenza: - il decorso stesso della malattia, - l’accettazione o meno della terapia, - i rapporti con medico, familiari, ambiente sociale. Ciò vale molto di più per le malattie che tendono a cronicizzare e per le malattie-rischio dove il rapporto con un “corpo nuovo che non funziona” modifica i vissuti ad esso associati. La reazione di un soggetto alla malattia varia a seconda dei seguenti fattori: Tipo di organo colpito e grado di investimento di questo: certi organi (cuore, cervello, organi genitali) hanno un maggior investimento affettivo. Natura e gravità della malattia: quelle croniche e a rischio sconvolgono di più l’equilibrio psicologico. Modalità di insorgenza e decorso: più l’esordio è acuto più la malattia rappresenta una minaccia che non si ha tempo di accettare e comprendere. Presenza di dolore associato alla malattia. Visibilità dell’organo malato. Eziologia della malattia: causa ereditaria o legata a comportamenti personali (fumo, malattie a trasmissione sessuale) intaccano l’autostima del pz inducendo sensi di colpa. Considerazione sociale del tipo di malattia e del problema sanitario: malattie trasmesse sessualmente (lue, AIDS, gonorrea), malattie mentali o particolari interventi come per IVG hanno una connotazione pubblica diversa da altre. Eventuale ricovero ed esami specialistici: cambiamento delle abitudini di vita per degenza o attuazione di esami complessi e dolorosi connotano la malattia negativamente. Eventuale intervento chirurgico: vediamo dopo. Tipo di relazione col medico, il personale e l’istituzione sanitaria: vi sono elementi interni (psicologici) ed esterni (appuntamento, ricetta, invio per esami o ricovero, ecc.). Reazione dei familiari e dell’ambiente sociale: problema del “sostegno sociale” importante per reinserimento e riabilitazione. Modificazioni lavorative e delle abitudini di vita Sfondo sociale, culturale, economico religioso, razziale: esempi di ostacolo all’intervento sanitario: rifiuto delle trasfusioni per concezioni religiose, rifiuto del malato mentale o la sua emarginazione in una società produttivistica, difficoltà di aiuto sociale in paesi poveri, reticenza a parlare di problemi sessuali in certi ambienti sociali, ecc. Età del soggetto: in certi periodi di vita si è più vulnerabili e ciò condiziona la reazione alla malattia. Es: climaterio, età senile, ecc. Tipo di aspettative personali sul piano sociale e/o relazionale: ad esempio un intervento di isterectomia per una giovane donna senza figli che ha investito il futuro nella maternità. Tipo di personalità su cui la malattia si inserisce: molto importante nella reazione alla malattia. La condizione di malattia è sempre una ferita narcisistica: più difficile da superare maggiori sono le componenti narcisistiche di base e quanto più la malattia comporta delle rinunce, tende a cronicizzare, ha una sua “visibilità”. Malattia: a volte occasione di spostamento di angosce interne all’esterno, sul corpo salvaguardando l’integrità psichica. Ospedalizzazione: cambiamento di vita, dipendenza da parte del paziente e rapporti regressivi. Durante l’ospedalizzazione: 1) Il pz perde l’autonomia decisionale: vi sono le regole dell’ospedale, non è nemmeno padrone del proprio corpo (occhi dei medici, infermieri, studenti). 2) Il pz si riaffida alla gestione di altri: autorità paterna del medico che decide i compiti e le regole, le cure materne dell’infermiere che osserva e controlla le funzioni più semplici (mangiare, defecare e urinare, temperatura del corpo). Meccanismi di difesa messi in atto in caso di malattia: REGRESSIONE: modalità più comune in tutte le malattie. Il paziente diventa bambino, sospende attività e impegni; le funzioni di madre le svolge un familiare o un infermiere. Ciò va bene a medici e paramedici che preferiscono un paziente ubbidiente, certi infermieri preferiscono invece pz più autonomi. La regressione è indispensabile in corso di malattie gravi: consente al paziente di ricevere cure. Viene usato però anche in situazioni di malattia (banali)in cui non serve ostacolando la guarigione. Anche nelle malattie gravi ad un certo punto deve cessare per accedere alla riabilitazione. Manifestazioni: pz sta molto a letto, dorme più del solito, fa richieste alimentari particolari, chiede farmaci oltre il necessario. FORMAZIONE REATTIVA: manifestazioni: comportamenti che nascondono il desiderio primitivo di regressione e dipendenza e sono una reazione contraria. Es: pz non accetta la malattia, le cure, l’ospedalizzazione; diventa iperattivo e ipomaniacale. Si confonde con proiezione e negazione. PROIEZIONE: comportamenti conflittuali verso personale e rifiuto delle cure dovuti a: - a) sensazione di attacco al corpo provocata dalla malattia e proiettata sui curanti che diventano responsabili dello stato del pz; - b) aggressività verso sé e altri per la propria condizione e l’incapacità a tollerarla. Tale atteggiamento spesso stupisce parenti e sanitari e determina risposte di rifiuto. NEGAZIONE: spesso in caso di malattie gravi o mortali che creano eccessiva angoscia. Può essere: - a) Completa: negazione della malattia stessa, il pz si comporta come se non avesse disturbi. Es: pz che non si attiene a prescrizioni terapeutiche e norme di condotta indispensabili o sviluppa iperattività. - b) Parziale: pz riconosce di essere malato, ma non accetta la verità sulla malattia da cui è affetto, es: hanno il cancro e pensano di avere una cisti. Altro modo di negare la malattia: sopravvalutare il medico e le sue possibilità di intervento. ISOLAMENTO: distacco emotivo verso la malattia che non è negata ma accettata come se riguardasse un’altra persona. Reazioni emotivo-psicologiche più comuni di fronte alla malattia: 1. Ansia 2. Rabbia e ostilità 3. Dolore e prostrazione 4. Chiusura e ritiro 5. Speranza e fiducia. In conclusione: le difese vanno individuate e capite. Solo dopo averle lette all’interno della struttura del soggetto in cui possono essere funzionali o no, si può decidere di rinforzarle o limitarle. Le reazioni psicologiche allo stato di malattia vanno: - rispettate: se sono utili all’equilibrio del pz e permettono di sopportare; - ostacolate: se impediscono l’attuazione di decisioni importanti per la salute. Vale soprattutto di fronte a malattie gravi e mortali in cui pz e sanitario si confrontano con l’idea della morte. Condizioni: centro tumori in cui ci si chiede: “dire o no la verità?”. Il silenzio e le risposte poco chiare sono fonte di angoscia, ma a volte il pz non tollera la realtà. A tal proposito vale ciò che diceva Semi a proposito della terapia: “dare ad ognuno la verità che è in grado di tollerare”. Aspetti psicologici dell’intervento chirurgico Intervento chirurgico: evento sanitario a maggior risonanza emotiva per: rischi che a volte può comportare; fattori legati al tipo di intervento; organo operato; esiti dell’operazione; personalità del soggetto. Interventi: senza anestesia; con anestesia: parziale o totale. Interventi senza anestesia: (estrazione dente o operazioni in cui non si può fare anestesia) confronto col dolore, preoccupazione principale del pz. Anestesia Interventi in anestesia parziale: il pz focalizza l’attenzione su quello che “stanno facendo per lui, su di lui, senza di lui”. Interventi in anestesia totale: situazione più temuta per: - operazione stessa; - anestesia che provoca “morte temporanea” da cui ci si può anche non risvegliare. Perdita del controllo propri pensieri ed azioni: legata ad anestesia e al periodo post-operatorio, frequente in soggetti che lavorano in campo sanitario e conoscono gli effetti dell’anestesia totale. Operazioni chirurgiche su organi particolari: Interventi al cuore, cervello, genitali sono vissuti diversamente da interventi a cisti, rene, stomaco, ecc. Demolizione: o asportazione di una parte del corpo (anche se dipende da organo interessato) crea maggior angoscia rispetto ad interventi non demolitivi. L’asportazione appendice infiammata o tonsilla malata è tollerata meglio di un’asportazione dell’utero o di una parte del retto. Interventi demolitivi: sono tanto più disturbanti quanto più l’organo interessato è importante per il soggetto, - è visibile, - porterà ad esiti nella forma o nella funzione. Importanza dell’organo per il soggetto dipende da: - motivi di realtà (perdita mano per chirurgo e di un arto per chiunque), - motivi più profondi (isterectomia: fine capacità di procreare, rimanda a problemi legati alla sua identità). Visibilità: la parte asportata e le sequele dell’intervento condizionano le risposte psicologiche legate a motivi di realtà o di fantasia. Es: l’asportazione di un seno o dei genitali sono vissuti peggio se pz ha avuto problemi nella sfera sessuale. Personalità: è l’elemento più importante che condiziona la reazione del paziente. La storia affettiva personale determina il tipo di reazione emotiva prevalente all’intervento: l’operazione è vissuta in modo diverso a seconda di ciò che rappresenta per quel paziente, in quel momento, in quella situazione. Reazioni psicologiche all’intervento chirurgico: REAZIONE DI LUTTO: legata alla perdita di un organo o ad una amputazione. La perdita parte di sé diventa inconsciamente perdita di un tutto (come lutto per persona amata). Quadro clinico: sintomi depressivi. Personalità: struttura depressiva, maggior timore: perdita. Storia personale: esperienze dolorose reali vissuti di abbandono e dolore. VISSUTO DI mutilazione: l’operazione e l’asportazione di organi sono vissuti come la perdita di una parte di sé. Importante sarebbe prima avere una idea chiara del tipo di Personalità, queste reazioni sono particolarmente frequenti in interventi su organi della sfera sessuale e riproduttiva. Sono erò presenti anche in interventi su organi sessuali secondari (seno) o parti del corpo che , in particolare ma non esclusivamente nel sesso femminile possano portare a serie Manifestazioni di preoccupazione per un danno estetico. MODIFICAZIONI DELLO SCHEMA CORPOREO: è più frequente se a) è frequente una modificazione corporea (es: amputazione), b) quanto più il soggetto è angosciato per la propria identità. Il rapporto col proprio corpo non dipende dall’immagine reale, ma da quella mentale. Dunque anche gli organi interni hanno grossa importanza. Di nuovo, è di fondamentale importanza il tipo di Personalità. Urgenza e informazione Per alcuni autori: pazienti operati in stato di angoscia possono avere maggiori complicazioni durante l’anestesia e nella fase post-operatoria. Una buona preparazione psicologica all’intervento ha dei vantaggi anche rispetto al risultato dell’operazione stessa. Ci si può trovare in due situazioni: a) Intervento urgente b) Intervento non urgente INTERVENTO URGENTE operazione deve essere eseguita subito, informazione al pz rapida, non c’è tempo per una preparazione psicologica. La sofferenza e il pericolo sono tali da rendere l’intervento una rapida via all’eliminazione dell’angoscia. INTERVENTO NON URGENTE operazione programmata nel tempo permettendo una preparazione psicologica. Ognuno di fronte ad un intervento mette in atto i propri meccanismi di difesa vantaggiosi nella fase post-operatoria. Serve un periodo di tempo tra il momento dell’informazione e quello dell’intervento in modo che il pz mette in atto le proprie difese. Per Shneider il periodo ottimale va da una a tre settimane, a seconda: a) tipo di intervento; b) personalità del soggetto. Per certe operazioni la preparazione deve essere più lunga (es. amputazioni, asportazione organi importanti affettivamente: utero, genitali, ecc.). INTERVENTO NON URGENTE chiarire al pz (senza tecnicismi: confusione): a) perché l’intervento è necessario b) cosa accadrà durante l’intervento c) come sarà il periodo post-operatorio. PER UNA BUONA PREPARAZIONE PSICOLOGICA: a) permettere al pz di esprimere le proprie fantasie e timori (come immagina l’operazione, l’anestesia, gli esiti dell’intervento e nel caso di amputazione, il proprio MODALITÀ PATOLOGICHE DI PORSI DI FRONTE ALL’INTERVENTO CHIRURGICO: 1) Pazienti che rifiutano un’operazione necessaria: non si rendono conto dell’utilità dell’intervento o usano “negazione” o hanno avuto esperienze dolorose (in infanzia) in questo campo. 2) Pazienti che chiedono di essere operati senza un bisogno reale: sogg. con tendenze masochistiche o con bisogni riparativi (colpa) o con turbe psicotiche. La comprensione della domanda e il rapporto corretto col pz consentono a) elaborazione conflitti latenti, b) risposta terapeutica su corpo e mente.