Chiesa in uscita – Lo stile dell`annunzio, secondo il cuore di Cristo

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PARROCCHIA S. GIACOMO MAGGIORE
LO STILE DELL’ ANNUNZIO,
SECONDO IL CUORE DI CRISTO
Catechesi per la formazione ad una Chiesa missionaria,
a partire dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco
1
LO STILE DELL’ANNUNZIO
La centralità del kerygma richiede alcune
caratteristiche dell’annuncio che oggi sono
necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore
salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e
religiosa, che non imponga la verità e che faccia
appello alla libertà, che possieda qualche nota di
gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa
completezza che non riduca la predicazione a
poche dottrine a volte più filosofiche che
evangeliche.
EG 165
2
LO STILE DELL’ANNUNZIO
Questo
esige
dall’evangelizzatore
alcune disposizioni che
aiutano ad accogliere
meglio
l’annuncio:
vicinanza, apertura al
dialogo,
pazienza,
accoglienza cordiale che
non condanna.
EG 165
3
LO STILE DELL’ANNUNZIO
In quel tempo, Gesù se ne andava per città e
villaggi, predicando e annunciando la buona
notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici
e alcune donne che erano state guarite da spiriti
cattivi e da infermità: Maria, chiamata
Maddalena, dalla quale erano usciti sette
demòni;
Giovanna,
moglie
di
Cuza,
amministratore di Erode; Susanna e molte altre,
che li servivano con i loro beni.
(Luca 8,1-3)
4
LO STILE DELL’ANNUNZIO
…il Signore designò altri settantadue discepoli e
li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e
luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La
messe è molta, ma gli operai sono pochi.
Pregate dunque il padrone della messe perché
mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io
vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non
portate borsa, né bisaccia, né sandali… In
qualunque casa entriate, prima dite: Pace a
questa casa…
Restate in quella casa,
mangiando e bevendo… dite loro: Si è
avvicinato a voi il regno di Dio.
Luca 10,1 ss5
LO STILE DI GESU’
Lo stile di vita proprio del “discepolo” è di colui che
deve imitare e rivivere lo stile stesso di Gesù Cristo,
il missionario del Padre.
Percorso pastorale diocesano CHIESA DI MILANO card. TETTAMANZI, 13/9/2006
CHIAMATI ALLA FEDE… PER FAR CONOSCERE LA VERITÀ, Il cammino che ci attende
6
LO STILE DI GESU’
Egli, infatti, inviando i suoi discepoli in
missione durante il suo ministero in Galilea,
indica
loro
l’atteggiamento
e
il
comportamento che devono assumere: una
specie di “carta d’identità” dei missionari del
Vangelo, perché riproducano sul loro volto,
luminosi e affascinanti, i tratti del volto di chi li
invia.
7
AD IMITAZIONE DI GESU’
Gesù, dunque, fa in prima persona ciò che poi
comanda. In tal senso, i missionari sono coloro
che seguono, che imitano il Signore Gesù. Sono i
suoi discepoli, più precisamente i discepoli che
da lui sono chiamati.
8
CHIAMATI E MANDATI
Scrive Luca: «Il Signore designò altri settantadue
discepoli e li inviò…» (Luca 10, 1). Chiamati da
Gesù, i discepoli sono da lui mandati.
Eccoci, allora, di fronte al dono di una grazia e
all’affidamento di un compito. I missionari non
vanno di loro iniziativa, ma in quanto chiamati e
mandati da Gesù, anzi in quanto sono resi
partecipi del potere che egli ha ricevuto dal
Padre.
9
CHIAMATI E MANDATI
L’attitudine
di
base,
nuova,
originale
e
assolutamente necessaria
per gli “operai del
Vangelo”
è
la
consapevolezza gioiosa e
grata che il vero, grande,
unico Missionario del
Vangelo è il Signore Gesù.
È
il
protagonista
insuperabile, perché è
unico.
10
LO SPIRITO SANTO ANIMA
DELL’EVANGELIZZAZIONE
È questa la coscienza di cui vibra la Chiesa delle
origini: lo Spirito Santo, come dono di Cristo morto e
risorto, è «l’agente principale dell’evangelizzazione»
e lo è a tal punto che, senza la sua opera,
«l’evangelizzazione non sarà mai possibile»
(Evangelii nuntiandi, 75). In lui e per lui, Cristo è
presente nel cuore di chi annuncia e di chi accoglie il
Vangelo e sa operare prodigi: «Allora essi partirono e
predicarono dappertutto, mentre il Signore operava
insieme con loro e confermava la parola con i prodigi
che l’accompagnavano» (Marco 16, 20).
11
LO SPIRITO SANTO ANIMA
DELL’EVANGELIZZAZIONE
S. Giovanni Paolo II ai
sacerdoti della Diocesi di
Roma il 26 febbraio 1998:
«Lo Spirito Santo non solo ci
accompagna, ci guida e ci
sostiene nel cammino della
missione. Egli anche e
anzitutto ci precede. Lo
Spirito,
infatti,
è
misteriosamente presente e
operante nel cuore, nella
coscienza e nella vita di ogni
donna e di ogni uomo…».
12
LO SPIRITO SANTO ANIMA
DELL’EVANGELIZZAZIONE
«Quando bussiamo alla porta di una casa, o
alla porta di un cuore, lo Spirito ci ha già
preceduto e l’annuncio di Cristo potrà forse
risuonare nuovo all’orecchio di chi ci ascolta,
ma non potrà mai risuonare estraneo al suo
cuore. Nutrire pessimismo circa la possibilità o
l’efficacia della missione sarebbe dunque, cari
fratelli, in certo senso un peccato contro lo
Spirito Santo, una mancanza di fiducia nella
sua presenza e nella sua azione». GPII
13
La casa di Gesù è la strada
Marco,
nella
sua
descrizione,
inizia
parlando di Gesù: «Gesù
andava attorno per i
villaggi,
insegnando.
Allora chiamò i Dodici, ed
incominciò a mandarli…»
(Marco 6, 6-7). Egli va: in
questo senso la sua casa
è la strada.
14
TANINO CAVALLARO, diacono
15
TANINO CAVALLARO, diacono
16
“…li inviò a due a due”, la Comunità
“Ed incominciò a mandarli a due a due”
(Marco 6, 7; cfr. Luca 10, 1). In questo
contesto, il “due” è un numero ricco di
significato. Dice il camminare, anzi l’essere
insieme; parla di aiuto reciproco; è
testimonianza viva di quell’amore che, prima
di essere proclamato, deve essere vissuto. Il
“due” dice l’inizio di una realtà più grande: è il
germe della comunità.
17
“…li inviò a due a due”, la Comunità.
La missione ha essenziale e
irrinunciabile
bisogno
di
comunione. E, reciprocamente,
la comunione è non solo al
servizio della missione, ma
costituisce il fine e in un certo
senso la sostanza stessa della
missione.
Sì,
perché
la
comunione è evangelizzazione:
“dice” chi è Gesù; “dice” chi è il
discepolo di Gesù.
18
IN COMUNIONE …
È quanto emerge dalla
“preghiera sacerdotale”
di Gesù: «Come tu,
Padre, sei in me e io in
te, siano anch’essi in noi
una cosa sola, perché il
mondo creda che tu mi
hai mandato» (Giovanni
17, 21).
19
IN COMUNIONE…
Questa singolarissima unità dei discepoli è
veramente inimmaginabile dalla mente perché è
partecipazione misteriosa ma reale dell’unità che
costituisce lo stesso “segreto” dell’intimo
rapporto tra il Padre e il Figlio: «Come tu, Padre,
sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una
cosa sola».
20
IN COMUNIONE…
Una simile unità non può non essere una
formidabile forza missionaria: «perché il mondo
creda che tu mi hai mandato». È dunque la
comunione dei discepoli a rivelare, a dire, ad
annunciare il mistero stesso di Dio, quel
rapporto eterno tra Padre e Figlio che racchiude
e sprigiona nel tempo la “missione” di Gesù fra
noi, la missione del Figlio che si fa carne per la
nostra salvezza.
21
LA COMUNIONE…
Esortazione Christifideles
laici di S. Giovanni Paolo
II: «Così la vita di
comunione
ecclesiale
diventa un segno per il
mondo e una forza
attrattiva che conduce a
credere a Cristo… In tal
modo la comunione si
apre alla missione, si fa
essa stessa missione» (n.
31).
22
LA COMUNIONE…
È “segno e forza”: sono parole che alludono
chiaramente al concetto di “sacramento”, di un
segno efficace, che manifesta e insieme
comunica. Non c’è modo più eloquente e
pregnante per dire la carica missionaria che è
insita nella comunione. La comunione, inoltre,
«si apre alla missione»: è, dunque, finalizzata
alla missione stessa. Per questo, può e deve
trovare nella missione le motivazioni e i criteri
delle forme concrete del suo realizzarsi. Nella
Chiesa si è in comunione “per” la missione!
23
LA COMUNIONE
La comunione può adeguatamente servire la
missione evangelizzatrice se si presenta,
insieme, come comunione sincera dei cuori e
come comunione di opere. La prima, che si
radica e si alimenta in una vera e propria
spiritualità (cfr. Novo millennio ineunte, 43),
nasce e cresce con una serie di attitudini
virtuose, tra le quali spiccano l’umiltà, il
perdono e la stima reciproca. Queste sono
talmente importanti e decisive che la loro
assenza o insufficienza fa morire o
compromette la comunione stessa.
24
LA STIMA VICENDEVOLE
Circa la stima vicendevole riascoltiamo l’appello di
Paolo: «Gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Romani
12, 10). Ci è chiesto non solo di avere stima gli uni
degli altri. Ci è chiesto molto di più: di impegnarci in
una specie di vera e propria “gara” in questa
avventura spirituale, faticosa sì, ma generatrice di
freschezza, di unità e di gioia.
EN 77. La forza dell'evangelizzazione risulterà molto
diminuita se coloro che annunziano il Vangelo sono
divisi tra di loro da tante specie di rotture.
25
COMUNIONE DELLE OPERE
Quanto poi alla comunione
delle
opere,
basta
ricordare che sarà il senso
vivo e profondo della
nostra
comune
appartenenza
all’unica
Chiesa e alla sua identica
missione a far nascere e
sviluppare
sia
la
corresponsabilità sia la
compartecipazione
concreta all’annuncio del
medesimo Vangelo.
26
COMUNIONE DELLE OPERE
È in questa comunione ecclesiale che – tra i
presbiteri, tra le persone consacrate e tra i
fedeli laici, come pure nei loro rapporti
vicendevoli – deve trovare spazio l’impegno
quotidiano umile, paziente e generoso per
realizzare rapporti veramente “ecclesiali”, ossia
“fraterni”, nella vita di tutti i giorni e nelle loro
opere al servizio del Vangelo: «perché il
mondo creda»!
27
SPIRITUALITA’ DI COMUNIONE
Con questa “spiritualità di comunione” si potranno
vivere, in modo corretto e cordiale, le relazioni che,
proprio in ordine alla missione, devono svilupparsi tra
le stesse comunità ecclesiali (parrocchie, unità
pastorali, decanati, zone) e tra i diversi gruppi,
associazioni e movimenti. È semplice traduzione del
precetto evangelico dire: Ama la parrocchia altrui
come la tua! Ama la realtà aggregativa altrui come la
tua! In questa stessa linea, si dovrebbe continuare
affermando l’esigenza di inserire – secondo verità e
carità – il bene della comunione nei rapporti
ecumenici e nel dialogo interreligioso. Sempre
«perché il mondo creda»!
28
“…non portate borsa,” L’ESSENZIALITA’
Un altro fondamentale aspetto dello stile
cristiano del missionario del Vangelo è
l’essenzialità, la sobrietà, la povertà nel cibo,
nel vestito, nelle esigenze quotidiane e nelle
relazioni interpersonali:
«E ordinò loro che, oltre al bastone, non
prendessero nulla per il viaggio: né pane, né
bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati
solo i sandali, non indossassero due tuniche»
(Marco 6, 8-9).
29
“…non portate borsa,” L’ESSENZIALITA’
“Non portare nulla”: dunque distacco pieno dalle
cose. Ma una povertà che è frutto e segno di una
grande libertà interiore: quella libertà che ha in sé
l’energia di superare ogni possibile preoccupazione
terrena, perché emerga e domini l’unica, vera,
grande “passione” alla quale il missionario
obbedisce, la passione di annunciare – senza
ostacoli e freni di qualsiasi genere – il Vangelo, la
lieta notizia del Regno di Dio. Nulla, in realtà, è più
importante e prioritario del Regno! Solo il Regno è
il fatto decisivo per eccellenza: tutte le altre cose
passano in secondo piano!
30
UNA CHIESA POVERA
La povertà che il Signore
richiede al missionario
non
può
non
interpellarci, sempre e in
un modo più forte nelle
attuali situazioni segnate
dalla
cultura
consumistica, proprio in
ordine alla credibilità e
all’efficacia dell’annuncio
del Vangelo.
31
UNA CHIESA POVERA
Solo una Chiesa povera è
pienamente libera, e solo
una Chiesa libera è
veramente missionaria! E
questo diciamo non solo
dei singoli membri della
Chiesa, ma anche delle
singole
comunità
cristiane: delle nostre
stesse parrocchie e realtà
di Chiesa.
32
UNA CHIESA POVERA
•
•
•
•
Non basta che la Chiesa sia attenta e sollecita
verso i poveri. Deve passare da una “Chiesa per i
poveri” a una “Chiesa povera”, nel senso
evangelico del termine:
povera perché non s’aggrappa ai potenti di
questo mondo;
povera perché pronta a disfarsi di inutili pesi;
povera perché consapevole che il segreto
della propria forza è la grazia di Dio;
povera perché capace di usare mezzi umani
con distacco e libertà.
33
UNA CHIESA POVERA
Giovanni
XXIII,
nel
Radiomessaggio che egli volle
trasmettere a un mese dal
Concilio, ossia l’11 settembre
1962, quasi a dare voce
ufficiale
alla
grande
aspettativa, che oramai s’era
formata nella Chiesa e nel
mondo e proprio in tale
contesto disse: «In faccia ai
paesi
sottosviluppati
la
Chiesa si presenta quale è, e
vuol essere, come la Chiesa di
tutti, e particolarmente la
Chiesa dei poveri»
34
PENSIERO ALLA MORTE DI PAOLO VI
Prego pertanto il Signore che mi dia
grazia di fare della mia prossima
morte dono d'amore alla Chiesa.
Potrei dire che sempre l'ho amata;
fu il suo amore che mi trasse fuori
dal mio gretto e selvatico egoismo e
mi avviò al suo servizio; e che per
essa, non per altro, mi pare d'aver
vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo
sapesse; e che io avessi la forza di
dirglielo, come una confidenza del
cuore,
che
solo
all'estremo
momento della vita si ha il coraggio
di fare.
35
PENSIERO ALLA MORTE DI PAOLO VI
Vorrei
finalmente
comprenderla tutta nella sua
storia, nel suo disegno divino,
nel suo destino finale, nella
sua complessa, totale e
unitaria composizione, nella
sua umana e imperfetta
consistenza, nelle sue sciagure
e nelle sue sofferenze, nelle
debolezze e nelle miserie di
tanti suoi figli, nei suoi aspetti
meno simpatici, e nel suo
sforzo perenne di fedeltà, di
amore, di perfezione e di
carità. Corpo mistico di Cristo.
36
PENSIERO ALLA MORTE DI PAOLO VI
Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni
essere che la compone, in ogni Vescovo e
sacerdote che la assiste e la guida, in ogni anima
che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché
non la lascio, non esco da lei, ma più e meglio con
essa mi unisco e mi confondo: la morte è un
progresso nella comunione dei Santi.
E alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, che
dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi
coscienza della tua natura e della tua missione;
abbi il senso dei bisogni veri e profondi
dell'umanità; e cammina povera, cioè libera, forte
ed amorosa verso Cristo.
Amen. Il Signore viene. Amen.
37
UNA CHIESA POVERA
Come diceva il cardinale
Roger
Etchegaray
al
Concistoro straordinario dei
Cardinali il 21 maggio 2001,
«Tocchiamo qui forse la
questione più provocante, la
più
urgente
per
l’evangelizzazione del nuovo
millennio. Solo una Chiesa
povera può diventare una
Chiesa missionaria e solo
una Chiesa missionaria può
esigere una Chiesa povera».
38
39
UNA CHIESA POVERA
Il cardinale Carlo Maria Martini,
in Partenza da Emmaus,
scriveva: «Lo stile di povertà
impone la sobrietà nel dotarci di
mezzi e strutture pastorali,
l’esempio rigoroso di povertà
personale, l’amministrazione dei
beni comunitari veramente
finalizzata alla carità, lo scambio
anche di beni economici tra
persone e comunità in vista di
una giusta perequazione dei
beni personali e comunitari» (n.
23).
40
UNA CHIESA POVERA
•
•
•
•
Non basta che la Chiesa sia attenta e sollecita
verso i poveri. Deve passare da una “Chiesa per i
poveri” a una “Chiesa povera”, nel senso
evangelico del termine:
povera perché non s’aggrappa ai potenti di
questo mondo;
povera perché pronta a disfarsi di inutili pesi;
povera perché consapevole che il segreto
della propria forza è la grazia di Dio;
povera perché capace di usare mezzi umani
con distacco e libertà.
41
UNA CHIESA POVERA PER I POVERI
“Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”
È la notissima esclamazione, uscita dalle labbra di
Papa
Francesco
durante
l’incontro
coi
rappresentanti dei media, il 16 marzo 2013, mentre
rievocava pubblicamente le circostanze che
l’avevano indotto alla scelta del nome: Francesco.
Essa fu accolta col sapore della novità.
42
UNA CHIESA POVERA PER I POVERI
Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una
categoria teologica prima che culturale,
sociologica, politica o filosofica. Dio concede
loro «la sua prima misericordia». Questa
preferenza divina ha delle conseguenze nella
vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad
avere «gli stessi sentimenti di Gesù» (Fil 2,5).
Ispirata da essa, la Chiesa ha fatto
una opzione per i poveri intesa come una
«forma speciale di primazia nell’esercizio
della carità cristiana, della quale dà
testimonianza tutta la tradizione della
Chiesa».
EG 198
43
UNA CHIESA POVERA PER I POVERI
Questa opzione – insegnava Benedetto
XVI – «è implicita nella fede cristologica
in quel Dio che si è fatto povero per noi,
per arricchirci mediante la sua
povertà». Per questo desidero una
Chiesa povera per i poveri. Essi hanno
molto da insegnarci. Oltre a partecipare
del sensus fidei, con le proprie sofferenze
conoscono il Cristo sofferente. È
necessario che tutti ci lasciamo
evangelizzare da loro.
EG 198
44
UNA CHIESA POVERA PER I POVERI
La nuova evangelizzazione è un invito a
riconoscere la forza salvifica delle loro
esistenze e a porle al centro del
cammino della Chiesa. Siamo chiamati a
scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi
la nostra voce nelle loro cause, ma anche
ad essere loro amici, ad ascoltarli, a
comprenderli e ad accogliere la
misteriosa sapienza che Dio vuole
comunicarci attraverso di loro.
EG 198
45
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2015
Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8)
Il nostro cuore cade nell’indifferenza;… mentre
io sto relativamente bene e comodo, mi
dimentico di quelli che non stanno bene.
Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha
preso oggi una dimensione mondiale, a tal
punto che possiamo parlare di una
globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un
disagio che, come cristiani, dobbiamo
affrontare.
46
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2015
Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8)
Come singoli abbiamo la tentazione
dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e
immagini sconvolgenti che ci narrano la
sofferenza umana e sentiamo nel medesimo
tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire.
Che cosa fare per non lasciarci assorbire da
questa spirale di spavento e di impotenza?
47
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2015
Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8)
• In primo luogo, possiamo pregare nella
comunione della Chiesa terrena e celeste. Non
trascuriamo la forza della preghiera di tanti!
• In secondo luogo, possiamo aiutare con gesti di
carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani,
grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La
Quaresima è un tempo propizio per mostrare
questo interesse all’altro con un segno, anche
piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione
alla comune umanità.
48
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2015
Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8)
• E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce
un richiamo alla conversione, perché il bisogno
del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la
mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se
umilmente chiediamo la grazia di Dio e
accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora
confideremo nelle infinite possibilità che ha in
serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla
tentazione diabolica che ci fa credere di poter
salvarci e salvare il mondo da soli.
49
IL CORAGGIO
Altri elementi irrinunciabili dello stile
missionario evangelico sono il coraggio e la
franchezza di annunciare il Signore Gesù e il
suo Vangelo, l’audacia e la disponibilità
all’incomprensione, all’odio, all’emarginazione,
al rifiuto, e dunque alla persecuzione e al
martirio: «Se in qualche luogo non vi
riceveranno e non vi ascolteranno…» (Marco 6,
11).
50
IL CORAGGIO
Gesù, che dice: «Andate: ecco io vi mando
come agnelli in mezzo a lupi» (Luca 10, 3),
prevede il rifiuto. Egli per primo è stato
rifiutato. La stessa triste esperienza potrà
verificarsi anche per il discepolo. Questi deve
proclamare il messaggio con generosità eroica,
ma deve lasciare a Dio il risultato: perché al
discepolo è stato affidato un compito, non
garantito il successo.
51
IL CORAGGIO (Papa Francesco 3.5.13)
«Trasmettere il Vangelo chiede a noi di essere
coraggiosi: il coraggio del trasmettere la fede.
«Quando la Chiesa perde il coraggio entra nella
Chiesa l’atmosfera di tepore. I tiepidi, i cristiani
tiepidi, senza coraggio… Quello fa tanto male alla
Chiesa, perché il tepore ti porta dentro,
incominciano i problemi fra noi; non abbiamo
orizzonti, non abbiamo coraggio, né il coraggio
della preghiera verso il cielo e neppure il coraggio
di
annunziare
il
Vangelo.
52
IL CORAGGIO (Papa Francesco 3.5.13)
Siamo tiepidi… E noi abbiamo il coraggio di
immischiarci nelle nostre piccole cose, nelle
nostre gelosie, nelle nostre invidie, nel
carrierismo, nell’andare avanti egoisticamente…
In tutte queste cose, ma questo non fa bene alla
Chiesa: la Chiesa deve essere coraggiosa! Noi
tutti dobbiamo essere coraggiosi nella preghiera
53
54
PARROCCHIA S. GIACOMO MAGGIORE
LA NOSTRA GIOIA
E’CRISTO
Catechesi per la formazione ad una Chiesa
missionaria, a partire dall’Esortazione Apostolica di
Papa Francesco.
LUNEDI’ 16 MARZO 2015
55
LA GIOIA
La gioia è una componente ineliminabile dello
stile del discepolo missionario. Non è senza
significato che Luca riferisca questa esperienza
dei settantadue discepoli al ritorno della
missione ricevuta da Gesù: «I settantadue
tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore,
anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo
nome”. Egli disse loro: “…Non rallegratevi però
perché i demòni si sottomettono a voi;
rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono
scritti nei cieli”» (Luca 10, 17-20).
56
LA GIOIA
Accogliamo l’invito e l’augurio di Paolo VI:
«Conserviamo
il
fervore
dello
spirito.
Conserviamo la dolce e confortante gioia
d’evangelizzare, anche quando occorre seminare
nelle lacrime. Sia questo per noi – come lo fu per
Giovanni Battista, per Pietro e Paolo, per gli altri
Apostoli, per una moltitudine di straordinari
evangelizzatori lungo il corso della storia della
Chiesa – uno slancio interiore che nessuno, né
alcuna cosa potrà spegnere. Sia questa la grande
gioia delle nostre vite impegnate».
(Evangelii nuntiandi, 80).
57
LA GIOIA
Possa il mondo del nostro tempo, che cerca
ora nell’angoscia, ora nella speranza, ricevere
la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e
scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da
ministri del vangelo, la cui vita irradi fervore,
che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia
del Cristo, e accettino di mettere in gioco la
propria vita affinché il Regno sia annunziato e
la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo»
EG
58
LA GIOIA
Con le facce tristi e
«funebri» non si annuncia
il Vangelo.
«Noi cristiani ha
commentato
papa
Francesco - non siamo
tanto abituati a parlare di
gioia, di allegria», «credo
che
tante
volte
ci
piacciano
più
le
lamentele».
59
LA GIOIA
«È proprio lo Spirito che ci guida: Lui è l'autore
della gioia, il Creatore della gioia. E questa
gioia nello Spirito, ci dà la vera libertà
cristiana. Senza gioia, noi cristiani non
possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi
delle nostre tristezze».
PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
L'eternità non sarà noiosa
Venerdì, 31 maggio 2013
60
LA GIOIA
Il grande Paolo VI - ha ricordato Papa
Francesco - diceva che non si può portare
avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati,
scoraggiati. Non si può. Questo atteggiamento
un po' funebre, eh? Tante volte i cristiani
hanno faccia di andare più ad un corteo
funebre che di andare a lodare Dio, no? E da
questa gioia viene la lode».
PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
L'eternità non sarà noiosa
Venerdì, 31 maggio 2013
61
EG 4: LA GIOIA NELL’AT
Il profeta Isaia si rivolge al Messia atteso
salutandolo con giubilo: «Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia» (9,2). E incoraggia gli
abitanti di Sion ad accoglierlo con canti: «Canta ed
esulta!» (12,6). ). Chi già lo ha visto all’orizzonte, il
profeta lo invita a farsi messaggero per gli altri:
«Sali su un alto monte, tu che annunci liete
notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che
annunci liete notizie a Gerusalemme» (40,9).
62
EG 4: LA GIOIA NELL’AT
La creazione intera partecipa di questa gioia della
salvezza: «Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra,
gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola
il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri»
(49,13).
Zaccaria, vedendo il giorno del Signore, invita ad
acclamare il Re che viene umile e cavalcando un
asino: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila,
figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso!» (Zc 9,9)
63
EG 5: LA GIOIA NEL NT
«Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28).
La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti
di gioia nel grembo di sua madre (cfr Lc 1,41). Nel
suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in
Dio, mio salvatore» (Lc 1,47). Quando Gesù inizia il
suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia
gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di
gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo
messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste
cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia
sia piena» (Gv 15,11).
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EG 5: LA GIOIA NEL NT
La nostra gioia cristiana scaturisce dalla fonte
del suo cuore traboccante. Egli promette ai
discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la
vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv 16,20).
E insiste: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si
rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra
gioia» (Gv 16,22). In seguito essi, vedendolo
risorto, «gioirono» (Gv 20,20).
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EG 5: LA GIOIA NEL NT
Il libro degli Atti degli Apostoli narra che nella
prima comunità «prendevano cibo con letizia»
(2,46). Dove i discepoli passavano «vi fu grande
gioia» (8,8), ed essi, in mezzo alla persecuzione,
«erano pieni di gioia» (13,52). Un eunuco,
appena battezzato, «pieno di gioia seguiva la
sua strada» (8,39), e il carceriere «fu pieno di
gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in
Dio» (16,34).
Perché non entrare anche noi in questo fiume
di gioia?
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EG 10: La dolce e confortante gioia di
evangelizzare
Un evangelizzatore non dovrebbe avere
costantemente una faccia da funerale.
Recuperiamo e accresciamo il fervore,
«la dolce e confortante gioia di
evangelizzare, anche quando occorre
seminare nelle lacrime.
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La gioia dell’amore di Dio
"La gioia è causata dall’amore"
(s. Tommaso d’Aquino).
Gioia e amore camminano insieme. Chi non
ama non può essere gioioso. La gioia è assente
dove sono presenti l’egoismo e l’odio. La
disperazione nasce dall’assenza dell’amore.
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La gioia dell’amore di Dio
La gioia cristiana è una ridondanza dell’amore
di Dio: non è una virtù distinta dall’amore, ma
è un’effetto dell’amore. La gioia non ha
consistenza in se stessa: ha la sua sorgente
nell’amore, è un raggio dell’amore. E la
sorgente dell’amore è Dio: "Dio è amore" (1Gv
4,8).
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La gioia dell’amore di Dio
La gioia cristiana è una gioia di Dio, una gioia
che è frutto dello Spirito di Dio che abita in noi.
Il frutto dello spirito è pace, gioia,… (Gal 5,22).
La gioia cristiana promuove, illumina e
intensifica le diverse gioie dell’uomo. Così si
hanno le gioie della verità, del cuore, della
bellezza, dei ricordi, delle attese, ecc
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La gioia spirituale
"La gioia piena non è carnale, ma spirituale“
(s. Agostino).
La gioia spirituale illumina tutto l’essere umano, lo
rende amabile e affascinante. Fa del cristiano un
bagliore visibile della Bellezza invisibile, una
manifestazione concreta dell’uomo risolto in
positiva armonia, e una attrazione sicura per tutti
coloro che ancora camminano nel buio della
tristezza e dell’inquietudine.
71
La gioia attraverso Cristo
La gioia cristiana, per essere tale,
deve passare attraverso Gesù Cristo.
La gioia di Dio si ottiene per la
mediazione del Verbo incarnato: egli
è la strada della nostra gioia. È lui
che ci fa conoscere più pienamente
Dio; è lui che ci permette di gioire
della verità; è lui che ci comunica la
vita divina.
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La gioia attraverso Cristo
L’incarnazione è la più grande rivelazione del
mistero di Dio nascosto e invisibile. Così la gioia
dell’invisibile Dio passa per la gioia di Cristo, Dio
fatto uomo e visibile ai nostri occhi.
"Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di
unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità"
(Gv 1,14);
"Noi abbiamo udito, noi abbiamo veduto con i
nostri occhi, noi abbiamo contemplato e le nostre
mani hanno toccato il Verbo della vita," (1Gv 1,1)
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La gioia attraverso Cristo
È attraverso l’umanità del Verbo incarnato che
proviamo il giubilo della gloria divina
manifestata a noi. Per arrivare alla
contemplazione di Dio-Trinità dobbiamo
passare
attraverso
la
contemplazione
insistente dell’umanità di Gesù salvatore e
delle
sue
santissime
piaghe.
Gesù Cristo è veramente la strada obbligata
della gioia cristiana.
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La gioia attraverso Cristo
Quando né tribolazione, né angoscia, né fame,
né nudità, né spada, né morte, né vita, né
alcunché di creato ci separeranno dall’amore di
Cristo (Rm 8,35-38), allora la gioia sarà perfetta.
Così il cristiano si espande in Gesù e canta la
tenerezza gioiosa di sentirsi posseduto da lui.
Di conseguenza si comprende come il motivo
più profondo della tristezza dell’uomo è non
conoscere Cristo e soprattutto separarsi da lui e
combatterlo.
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LA GIOIA CRISTIANA DONO DELLO SPIRITO
Gioia e amore sono due termini che si
richiamano sempre. Ed è perciò che nella gioia
cristiana ha parte determinante lo Spirito Santo,
lo Spirito dell’Amore. Essa è un dono di Lui:
"Frutto dello Spirito è... la gioia" (Gal 5,22). Per
questo gli Atti dicono che "i discepoli erano
pieni di gioia e di Spirito Santo" (At 13,52),
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LA GIOIA CRISTIANA DONO DELLO SPIRITO
San Paolo scrive che i Tessalonicesi "avevano
accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo
anche in mezzo a grande tribolazione" (1Ts 1,6),
perché "il regno di Dio non è questione di cibo o
di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello
Spirito Santo" (Rm 14,17).
"Lo Spirito Santo non è oscuro o mesto: Egli è la
gioia dell’amore. L’esistenza stessa dello Spirito
Santo proclama la forza della gioia d’amore e
l’inesauribile eternità di questa gioia“
Jean Galot (1919 – 2008), religioso e teologo belga
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LA GIOIA CRISTIANA DONO DELLO SPIRITO
Lo Spirito Santo Amore ha in sé la fonte della gioia. E
siccome ci è stato dato come dono supremo
dell’amore del Padre e del Figlio, è sempre
attraverso di lui che, in definitiva, passa la gioia di
Cristo e di Dio.
Diceva Origene: "Se chi crede è munito della forza
dello Spirito Santo, è certo che ha sempre la
pienezza della gioia e della pace".
Conclusione
"State sempre lieti...: questa è infatti la volontà di
Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Ts 5,18).
La gioia è un nostro dovere di uomini e di cristiani.
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LA NOSTRA GIOIA E’ GESU’
Voglio aggiungere un’ultima cosa: è proprio
lei, la Madonna che porta le gioie. La Chiesa
la chiama causa della nostra gioia, causa
nostrae letitiae, Perché? Perché porta la
gioia nostra più grande, porta Gesù. E
portando Gesù fa sì che “questo bambino
sussulti nel grembo della madre”. Lei porta
Gesù. Lei con la sua preghiera fa sì che lo
Spirito Santo irrompa. Irrompe quel giorno
di Pentecoste; era là. Dobbiamo pregare la
Madonna perché portando Gesù ci dia la
grazia della gioia, della libertà; ci dia la
grazia di lodare, di fare una preghiera di
lode gratuita, perché lui è degno di lode,
sempre».
PAPA FRANCESCO MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE L'eternità non sarà noiosa Venerdì, 31 maggio 2013
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