PARROCCHIA S. GIACOMO MAGGIORE LO STILE DELL’ ANNUNZIO, SECONDO IL CUORE DI CRISTO Catechesi per la formazione ad una Chiesa missionaria, a partire dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco 1 LO STILE DELL’ANNUNZIO La centralità del kerygma richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. EG 165 2 LO STILE DELL’ANNUNZIO Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna. EG 165 3 LO STILE DELL’ANNUNZIO In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni. (Luca 8,1-3) 4 LO STILE DELL’ANNUNZIO …il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali… In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa… Restate in quella casa, mangiando e bevendo… dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Luca 10,1 ss5 LO STILE DI GESU’ Lo stile di vita proprio del “discepolo” è di colui che deve imitare e rivivere lo stile stesso di Gesù Cristo, il missionario del Padre. Percorso pastorale diocesano CHIESA DI MILANO card. TETTAMANZI, 13/9/2006 CHIAMATI ALLA FEDE… PER FAR CONOSCERE LA VERITÀ, Il cammino che ci attende 6 LO STILE DI GESU’ Egli, infatti, inviando i suoi discepoli in missione durante il suo ministero in Galilea, indica loro l’atteggiamento e il comportamento che devono assumere: una specie di “carta d’identità” dei missionari del Vangelo, perché riproducano sul loro volto, luminosi e affascinanti, i tratti del volto di chi li invia. 7 AD IMITAZIONE DI GESU’ Gesù, dunque, fa in prima persona ciò che poi comanda. In tal senso, i missionari sono coloro che seguono, che imitano il Signore Gesù. Sono i suoi discepoli, più precisamente i discepoli che da lui sono chiamati. 8 CHIAMATI E MANDATI Scrive Luca: «Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò…» (Luca 10, 1). Chiamati da Gesù, i discepoli sono da lui mandati. Eccoci, allora, di fronte al dono di una grazia e all’affidamento di un compito. I missionari non vanno di loro iniziativa, ma in quanto chiamati e mandati da Gesù, anzi in quanto sono resi partecipi del potere che egli ha ricevuto dal Padre. 9 CHIAMATI E MANDATI L’attitudine di base, nuova, originale e assolutamente necessaria per gli “operai del Vangelo” è la consapevolezza gioiosa e grata che il vero, grande, unico Missionario del Vangelo è il Signore Gesù. È il protagonista insuperabile, perché è unico. 10 LO SPIRITO SANTO ANIMA DELL’EVANGELIZZAZIONE È questa la coscienza di cui vibra la Chiesa delle origini: lo Spirito Santo, come dono di Cristo morto e risorto, è «l’agente principale dell’evangelizzazione» e lo è a tal punto che, senza la sua opera, «l’evangelizzazione non sarà mai possibile» (Evangelii nuntiandi, 75). In lui e per lui, Cristo è presente nel cuore di chi annuncia e di chi accoglie il Vangelo e sa operare prodigi: «Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano» (Marco 16, 20). 11 LO SPIRITO SANTO ANIMA DELL’EVANGELIZZAZIONE S. Giovanni Paolo II ai sacerdoti della Diocesi di Roma il 26 febbraio 1998: «Lo Spirito Santo non solo ci accompagna, ci guida e ci sostiene nel cammino della missione. Egli anche e anzitutto ci precede. Lo Spirito, infatti, è misteriosamente presente e operante nel cuore, nella coscienza e nella vita di ogni donna e di ogni uomo…». 12 LO SPIRITO SANTO ANIMA DELL’EVANGELIZZAZIONE «Quando bussiamo alla porta di una casa, o alla porta di un cuore, lo Spirito ci ha già preceduto e l’annuncio di Cristo potrà forse risuonare nuovo all’orecchio di chi ci ascolta, ma non potrà mai risuonare estraneo al suo cuore. Nutrire pessimismo circa la possibilità o l’efficacia della missione sarebbe dunque, cari fratelli, in certo senso un peccato contro lo Spirito Santo, una mancanza di fiducia nella sua presenza e nella sua azione». GPII 13 La casa di Gesù è la strada Marco, nella sua descrizione, inizia parlando di Gesù: «Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando. Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli…» (Marco 6, 6-7). Egli va: in questo senso la sua casa è la strada. 14 TANINO CAVALLARO, diacono 15 TANINO CAVALLARO, diacono 16 “…li inviò a due a due”, la Comunità “Ed incominciò a mandarli a due a due” (Marco 6, 7; cfr. Luca 10, 1). In questo contesto, il “due” è un numero ricco di significato. Dice il camminare, anzi l’essere insieme; parla di aiuto reciproco; è testimonianza viva di quell’amore che, prima di essere proclamato, deve essere vissuto. Il “due” dice l’inizio di una realtà più grande: è il germe della comunità. 17 “…li inviò a due a due”, la Comunità. La missione ha essenziale e irrinunciabile bisogno di comunione. E, reciprocamente, la comunione è non solo al servizio della missione, ma costituisce il fine e in un certo senso la sostanza stessa della missione. Sì, perché la comunione è evangelizzazione: “dice” chi è Gesù; “dice” chi è il discepolo di Gesù. 18 IN COMUNIONE … È quanto emerge dalla “preghiera sacerdotale” di Gesù: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Giovanni 17, 21). 19 IN COMUNIONE… Questa singolarissima unità dei discepoli è veramente inimmaginabile dalla mente perché è partecipazione misteriosa ma reale dell’unità che costituisce lo stesso “segreto” dell’intimo rapporto tra il Padre e il Figlio: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola». 20 IN COMUNIONE… Una simile unità non può non essere una formidabile forza missionaria: «perché il mondo creda che tu mi hai mandato». È dunque la comunione dei discepoli a rivelare, a dire, ad annunciare il mistero stesso di Dio, quel rapporto eterno tra Padre e Figlio che racchiude e sprigiona nel tempo la “missione” di Gesù fra noi, la missione del Figlio che si fa carne per la nostra salvezza. 21 LA COMUNIONE… Esortazione Christifideles laici di S. Giovanni Paolo II: «Così la vita di comunione ecclesiale diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere a Cristo… In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione» (n. 31). 22 LA COMUNIONE… È “segno e forza”: sono parole che alludono chiaramente al concetto di “sacramento”, di un segno efficace, che manifesta e insieme comunica. Non c’è modo più eloquente e pregnante per dire la carica missionaria che è insita nella comunione. La comunione, inoltre, «si apre alla missione»: è, dunque, finalizzata alla missione stessa. Per questo, può e deve trovare nella missione le motivazioni e i criteri delle forme concrete del suo realizzarsi. Nella Chiesa si è in comunione “per” la missione! 23 LA COMUNIONE La comunione può adeguatamente servire la missione evangelizzatrice se si presenta, insieme, come comunione sincera dei cuori e come comunione di opere. La prima, che si radica e si alimenta in una vera e propria spiritualità (cfr. Novo millennio ineunte, 43), nasce e cresce con una serie di attitudini virtuose, tra le quali spiccano l’umiltà, il perdono e la stima reciproca. Queste sono talmente importanti e decisive che la loro assenza o insufficienza fa morire o compromette la comunione stessa. 24 LA STIMA VICENDEVOLE Circa la stima vicendevole riascoltiamo l’appello di Paolo: «Gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Romani 12, 10). Ci è chiesto non solo di avere stima gli uni degli altri. Ci è chiesto molto di più: di impegnarci in una specie di vera e propria “gara” in questa avventura spirituale, faticosa sì, ma generatrice di freschezza, di unità e di gioia. EN 77. La forza dell'evangelizzazione risulterà molto diminuita se coloro che annunziano il Vangelo sono divisi tra di loro da tante specie di rotture. 25 COMUNIONE DELLE OPERE Quanto poi alla comunione delle opere, basta ricordare che sarà il senso vivo e profondo della nostra comune appartenenza all’unica Chiesa e alla sua identica missione a far nascere e sviluppare sia la corresponsabilità sia la compartecipazione concreta all’annuncio del medesimo Vangelo. 26 COMUNIONE DELLE OPERE È in questa comunione ecclesiale che – tra i presbiteri, tra le persone consacrate e tra i fedeli laici, come pure nei loro rapporti vicendevoli – deve trovare spazio l’impegno quotidiano umile, paziente e generoso per realizzare rapporti veramente “ecclesiali”, ossia “fraterni”, nella vita di tutti i giorni e nelle loro opere al servizio del Vangelo: «perché il mondo creda»! 27 SPIRITUALITA’ DI COMUNIONE Con questa “spiritualità di comunione” si potranno vivere, in modo corretto e cordiale, le relazioni che, proprio in ordine alla missione, devono svilupparsi tra le stesse comunità ecclesiali (parrocchie, unità pastorali, decanati, zone) e tra i diversi gruppi, associazioni e movimenti. È semplice traduzione del precetto evangelico dire: Ama la parrocchia altrui come la tua! Ama la realtà aggregativa altrui come la tua! In questa stessa linea, si dovrebbe continuare affermando l’esigenza di inserire – secondo verità e carità – il bene della comunione nei rapporti ecumenici e nel dialogo interreligioso. Sempre «perché il mondo creda»! 28 “…non portate borsa,” L’ESSENZIALITA’ Un altro fondamentale aspetto dello stile cristiano del missionario del Vangelo è l’essenzialità, la sobrietà, la povertà nel cibo, nel vestito, nelle esigenze quotidiane e nelle relazioni interpersonali: «E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche» (Marco 6, 8-9). 29 “…non portate borsa,” L’ESSENZIALITA’ “Non portare nulla”: dunque distacco pieno dalle cose. Ma una povertà che è frutto e segno di una grande libertà interiore: quella libertà che ha in sé l’energia di superare ogni possibile preoccupazione terrena, perché emerga e domini l’unica, vera, grande “passione” alla quale il missionario obbedisce, la passione di annunciare – senza ostacoli e freni di qualsiasi genere – il Vangelo, la lieta notizia del Regno di Dio. Nulla, in realtà, è più importante e prioritario del Regno! Solo il Regno è il fatto decisivo per eccellenza: tutte le altre cose passano in secondo piano! 30 UNA CHIESA POVERA La povertà che il Signore richiede al missionario non può non interpellarci, sempre e in un modo più forte nelle attuali situazioni segnate dalla cultura consumistica, proprio in ordine alla credibilità e all’efficacia dell’annuncio del Vangelo. 31 UNA CHIESA POVERA Solo una Chiesa povera è pienamente libera, e solo una Chiesa libera è veramente missionaria! E questo diciamo non solo dei singoli membri della Chiesa, ma anche delle singole comunità cristiane: delle nostre stesse parrocchie e realtà di Chiesa. 32 UNA CHIESA POVERA • • • • Non basta che la Chiesa sia attenta e sollecita verso i poveri. Deve passare da una “Chiesa per i poveri” a una “Chiesa povera”, nel senso evangelico del termine: povera perché non s’aggrappa ai potenti di questo mondo; povera perché pronta a disfarsi di inutili pesi; povera perché consapevole che il segreto della propria forza è la grazia di Dio; povera perché capace di usare mezzi umani con distacco e libertà. 33 UNA CHIESA POVERA Giovanni XXIII, nel Radiomessaggio che egli volle trasmettere a un mese dal Concilio, ossia l’11 settembre 1962, quasi a dare voce ufficiale alla grande aspettativa, che oramai s’era formata nella Chiesa e nel mondo e proprio in tale contesto disse: «In faccia ai paesi sottosviluppati la Chiesa si presenta quale è, e vuol essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri» 34 PENSIERO ALLA MORTE DI PAOLO VI Prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte dono d'amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l'ho amata; fu il suo amore che mi trasse fuori dal mio gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio; e che per essa, non per altro, mi pare d'aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all'estremo momento della vita si ha il coraggio di fare. 35 PENSIERO ALLA MORTE DI PAOLO VI Vorrei finalmente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità. Corpo mistico di Cristo. 36 PENSIERO ALLA MORTE DI PAOLO VI Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni Vescovo e sacerdote che la assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché non la lascio, non esco da lei, ma più e meglio con essa mi unisco e mi confondo: la morte è un progresso nella comunione dei Santi. E alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell'umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo. Amen. Il Signore viene. Amen. 37 UNA CHIESA POVERA Come diceva il cardinale Roger Etchegaray al Concistoro straordinario dei Cardinali il 21 maggio 2001, «Tocchiamo qui forse la questione più provocante, la più urgente per l’evangelizzazione del nuovo millennio. Solo una Chiesa povera può diventare una Chiesa missionaria e solo una Chiesa missionaria può esigere una Chiesa povera». 38 39 UNA CHIESA POVERA Il cardinale Carlo Maria Martini, in Partenza da Emmaus, scriveva: «Lo stile di povertà impone la sobrietà nel dotarci di mezzi e strutture pastorali, l’esempio rigoroso di povertà personale, l’amministrazione dei beni comunitari veramente finalizzata alla carità, lo scambio anche di beni economici tra persone e comunità in vista di una giusta perequazione dei beni personali e comunitari» (n. 23). 40 UNA CHIESA POVERA • • • • Non basta che la Chiesa sia attenta e sollecita verso i poveri. Deve passare da una “Chiesa per i poveri” a una “Chiesa povera”, nel senso evangelico del termine: povera perché non s’aggrappa ai potenti di questo mondo; povera perché pronta a disfarsi di inutili pesi; povera perché consapevole che il segreto della propria forza è la grazia di Dio; povera perché capace di usare mezzi umani con distacco e libertà. 41 UNA CHIESA POVERA PER I POVERI “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!” È la notissima esclamazione, uscita dalle labbra di Papa Francesco durante l’incontro coi rappresentanti dei media, il 16 marzo 2013, mentre rievocava pubblicamente le circostanze che l’avevano indotto alla scelta del nome: Francesco. Essa fu accolta col sapore della novità. 42 UNA CHIESA POVERA PER I POVERI Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro «la sua prima misericordia». Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere «gli stessi sentimenti di Gesù» (Fil 2,5). Ispirata da essa, la Chiesa ha fatto una opzione per i poveri intesa come una «forma speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradizione della Chiesa». EG 198 43 UNA CHIESA POVERA PER I POVERI Questa opzione – insegnava Benedetto XVI – «è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà». Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. EG 198 44 UNA CHIESA POVERA PER I POVERI La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro. EG 198 45 MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2015 Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8) Il nostro cuore cade nell’indifferenza;… mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare. 46 MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2015 Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8) Come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza? 47 MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2015 Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8) • In primo luogo, possiamo pregare nella comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera di tanti! • In secondo luogo, possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità. 48 MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2015 Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8) • E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli. 49 IL CORAGGIO Altri elementi irrinunciabili dello stile missionario evangelico sono il coraggio e la franchezza di annunciare il Signore Gesù e il suo Vangelo, l’audacia e la disponibilità all’incomprensione, all’odio, all’emarginazione, al rifiuto, e dunque alla persecuzione e al martirio: «Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno…» (Marco 6, 11). 50 IL CORAGGIO Gesù, che dice: «Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi» (Luca 10, 3), prevede il rifiuto. Egli per primo è stato rifiutato. La stessa triste esperienza potrà verificarsi anche per il discepolo. Questi deve proclamare il messaggio con generosità eroica, ma deve lasciare a Dio il risultato: perché al discepolo è stato affidato un compito, non garantito il successo. 51 IL CORAGGIO (Papa Francesco 3.5.13) «Trasmettere il Vangelo chiede a noi di essere coraggiosi: il coraggio del trasmettere la fede. «Quando la Chiesa perde il coraggio entra nella Chiesa l’atmosfera di tepore. I tiepidi, i cristiani tiepidi, senza coraggio… Quello fa tanto male alla Chiesa, perché il tepore ti porta dentro, incominciano i problemi fra noi; non abbiamo orizzonti, non abbiamo coraggio, né il coraggio della preghiera verso il cielo e neppure il coraggio di annunziare il Vangelo. 52 IL CORAGGIO (Papa Francesco 3.5.13) Siamo tiepidi… E noi abbiamo il coraggio di immischiarci nelle nostre piccole cose, nelle nostre gelosie, nelle nostre invidie, nel carrierismo, nell’andare avanti egoisticamente… In tutte queste cose, ma questo non fa bene alla Chiesa: la Chiesa deve essere coraggiosa! Noi tutti dobbiamo essere coraggiosi nella preghiera 53 54 PARROCCHIA S. GIACOMO MAGGIORE LA NOSTRA GIOIA E’CRISTO Catechesi per la formazione ad una Chiesa missionaria, a partire dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco. LUNEDI’ 16 MARZO 2015 55 LA GIOIA La gioia è una componente ineliminabile dello stile del discepolo missionario. Non è senza significato che Luca riferisca questa esperienza dei settantadue discepoli al ritorno della missione ricevuta da Gesù: «I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Egli disse loro: “…Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”» (Luca 10, 17-20). 56 LA GIOIA Accogliamo l’invito e l’augurio di Paolo VI: «Conserviamo il fervore dello spirito. Conserviamo la dolce e confortante gioia d’evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime. Sia questo per noi – come lo fu per Giovanni Battista, per Pietro e Paolo, per gli altri Apostoli, per una moltitudine di straordinari evangelizzatori lungo il corso della storia della Chiesa – uno slancio interiore che nessuno, né alcuna cosa potrà spegnere. Sia questa la grande gioia delle nostre vite impegnate». (Evangelii nuntiandi, 80). 57 LA GIOIA Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del vangelo, la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo» EG 58 LA GIOIA Con le facce tristi e «funebri» non si annuncia il Vangelo. «Noi cristiani ha commentato papa Francesco - non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria», «credo che tante volte ci piacciano più le lamentele». 59 LA GIOIA «È proprio lo Spirito che ci guida: Lui è l'autore della gioia, il Creatore della gioia. E questa gioia nello Spirito, ci dà la vera libertà cristiana. Senza gioia, noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze». PAPA FRANCESCO MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE L'eternità non sarà noiosa Venerdì, 31 maggio 2013 60 LA GIOIA Il grande Paolo VI - ha ricordato Papa Francesco - diceva che non si può portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati. Non si può. Questo atteggiamento un po' funebre, eh? Tante volte i cristiani hanno faccia di andare più ad un corteo funebre che di andare a lodare Dio, no? E da questa gioia viene la lode». PAPA FRANCESCO MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE L'eternità non sarà noiosa Venerdì, 31 maggio 2013 61 EG 4: LA GIOIA NELL’AT Il profeta Isaia si rivolge al Messia atteso salutandolo con giubilo: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2). E incoraggia gli abitanti di Sion ad accoglierlo con canti: «Canta ed esulta!» (12,6). ). Chi già lo ha visto all’orizzonte, il profeta lo invita a farsi messaggero per gli altri: «Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme» (40,9). 62 EG 4: LA GIOIA NELL’AT La creazione intera partecipa di questa gioia della salvezza: «Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (49,13). Zaccaria, vedendo il giorno del Signore, invita ad acclamare il Re che viene umile e cavalcando un asino: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso!» (Zc 9,9) 63 EG 5: LA GIOIA NEL NT «Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28). La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti di gioia nel grembo di sua madre (cfr Lc 1,41). Nel suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,47). Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). 64 EG 5: LA GIOIA NEL NT La nostra gioia cristiana scaturisce dalla fonte del suo cuore traboccante. Egli promette ai discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv 16,20). E insiste: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22). In seguito essi, vedendolo risorto, «gioirono» (Gv 20,20). 65 EG 5: LA GIOIA NEL NT Il libro degli Atti degli Apostoli narra che nella prima comunità «prendevano cibo con letizia» (2,46). Dove i discepoli passavano «vi fu grande gioia» (8,8), ed essi, in mezzo alla persecuzione, «erano pieni di gioia» (13,52). Un eunuco, appena battezzato, «pieno di gioia seguiva la sua strada» (8,39), e il carceriere «fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in Dio» (16,34). Perché non entrare anche noi in questo fiume di gioia? 66 EG 10: La dolce e confortante gioia di evangelizzare Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale. Recuperiamo e accresciamo il fervore, «la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime. 67 La gioia dell’amore di Dio "La gioia è causata dall’amore" (s. Tommaso d’Aquino). Gioia e amore camminano insieme. Chi non ama non può essere gioioso. La gioia è assente dove sono presenti l’egoismo e l’odio. La disperazione nasce dall’assenza dell’amore. 68 La gioia dell’amore di Dio La gioia cristiana è una ridondanza dell’amore di Dio: non è una virtù distinta dall’amore, ma è un’effetto dell’amore. La gioia non ha consistenza in se stessa: ha la sua sorgente nell’amore, è un raggio dell’amore. E la sorgente dell’amore è Dio: "Dio è amore" (1Gv 4,8). 69 La gioia dell’amore di Dio La gioia cristiana è una gioia di Dio, una gioia che è frutto dello Spirito di Dio che abita in noi. Il frutto dello spirito è pace, gioia,… (Gal 5,22). La gioia cristiana promuove, illumina e intensifica le diverse gioie dell’uomo. Così si hanno le gioie della verità, del cuore, della bellezza, dei ricordi, delle attese, ecc 70 La gioia spirituale "La gioia piena non è carnale, ma spirituale“ (s. Agostino). La gioia spirituale illumina tutto l’essere umano, lo rende amabile e affascinante. Fa del cristiano un bagliore visibile della Bellezza invisibile, una manifestazione concreta dell’uomo risolto in positiva armonia, e una attrazione sicura per tutti coloro che ancora camminano nel buio della tristezza e dell’inquietudine. 71 La gioia attraverso Cristo La gioia cristiana, per essere tale, deve passare attraverso Gesù Cristo. La gioia di Dio si ottiene per la mediazione del Verbo incarnato: egli è la strada della nostra gioia. È lui che ci fa conoscere più pienamente Dio; è lui che ci permette di gioire della verità; è lui che ci comunica la vita divina. 72 La gioia attraverso Cristo L’incarnazione è la più grande rivelazione del mistero di Dio nascosto e invisibile. Così la gioia dell’invisibile Dio passa per la gioia di Cristo, Dio fatto uomo e visibile ai nostri occhi. "Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14); "Noi abbiamo udito, noi abbiamo veduto con i nostri occhi, noi abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato il Verbo della vita," (1Gv 1,1) 73 La gioia attraverso Cristo È attraverso l’umanità del Verbo incarnato che proviamo il giubilo della gloria divina manifestata a noi. Per arrivare alla contemplazione di Dio-Trinità dobbiamo passare attraverso la contemplazione insistente dell’umanità di Gesù salvatore e delle sue santissime piaghe. Gesù Cristo è veramente la strada obbligata della gioia cristiana. 74 La gioia attraverso Cristo Quando né tribolazione, né angoscia, né fame, né nudità, né spada, né morte, né vita, né alcunché di creato ci separeranno dall’amore di Cristo (Rm 8,35-38), allora la gioia sarà perfetta. Così il cristiano si espande in Gesù e canta la tenerezza gioiosa di sentirsi posseduto da lui. Di conseguenza si comprende come il motivo più profondo della tristezza dell’uomo è non conoscere Cristo e soprattutto separarsi da lui e combatterlo. 75 LA GIOIA CRISTIANA DONO DELLO SPIRITO Gioia e amore sono due termini che si richiamano sempre. Ed è perciò che nella gioia cristiana ha parte determinante lo Spirito Santo, lo Spirito dell’Amore. Essa è un dono di Lui: "Frutto dello Spirito è... la gioia" (Gal 5,22). Per questo gli Atti dicono che "i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo" (At 13,52), 76 LA GIOIA CRISTIANA DONO DELLO SPIRITO San Paolo scrive che i Tessalonicesi "avevano accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione" (1Ts 1,6), perché "il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo" (Rm 14,17). "Lo Spirito Santo non è oscuro o mesto: Egli è la gioia dell’amore. L’esistenza stessa dello Spirito Santo proclama la forza della gioia d’amore e l’inesauribile eternità di questa gioia“ Jean Galot (1919 – 2008), religioso e teologo belga 77 LA GIOIA CRISTIANA DONO DELLO SPIRITO Lo Spirito Santo Amore ha in sé la fonte della gioia. E siccome ci è stato dato come dono supremo dell’amore del Padre e del Figlio, è sempre attraverso di lui che, in definitiva, passa la gioia di Cristo e di Dio. Diceva Origene: "Se chi crede è munito della forza dello Spirito Santo, è certo che ha sempre la pienezza della gioia e della pace". Conclusione "State sempre lieti...: questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Ts 5,18). La gioia è un nostro dovere di uomini e di cristiani. 78 LA NOSTRA GIOIA E’ GESU’ Voglio aggiungere un’ultima cosa: è proprio lei, la Madonna che porta le gioie. La Chiesa la chiama causa della nostra gioia, causa nostrae letitiae, Perché? Perché porta la gioia nostra più grande, porta Gesù. E portando Gesù fa sì che “questo bambino sussulti nel grembo della madre”. Lei porta Gesù. Lei con la sua preghiera fa sì che lo Spirito Santo irrompa. Irrompe quel giorno di Pentecoste; era là. Dobbiamo pregare la Madonna perché portando Gesù ci dia la grazia della gioia, della libertà; ci dia la grazia di lodare, di fare una preghiera di lode gratuita, perché lui è degno di lode, sempre». PAPA FRANCESCO MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE L'eternità non sarà noiosa Venerdì, 31 maggio 2013 79