Nel 1882 Strada Nuova fu chiamata Via Garibaldi.

Via Garibaldi
 Planimetria
 La storia
Via Garibaldi antica
Via Garibaldi nuova
 Descrizione dei
palazzi
Via Garibaldi













Palazzo Cambiaso
Palazzo Gambaro
Palazzo Lertcari-Parodi
Palazzo Cataldi-Carrega
Palazzo Spinola
Palazzo Doria
Palazzo Podestà
Palazzo Cattaneo-Adorno
Palazzo Doria-Tursi
Palazzo Torrette
Palazzo Campanella
Palazzo Bianco
Palazzo Rosso
Via Garibaldi
Costruito a partire dal 1558 su progetto di Bernardino
Cantone per Agostino Pallavicino, autorevole membro
della classe di governo della Repubblica, passò poi di
proprietà nella seconda metà del '700 ai Cambiaso.
Attualmente è proprietà di una banca.
Di dimensioni relativamente modeste, è esaltato dal
doppio affaccio sulla strada e sulla piazza.
Nell'elegante prospetto il paramento a bugnato di
pietra grigia contrasta felicemente con il marmo
bianco delle zoccolature, del portale col fregio a
bucrani,delle finestre e dei timpani, delle fasce
marcapiano decorate con motivi a meandro. In questo
contesto manierista si inserisce con grazia un'edicola
votiva settecentesca.
Nell'atrio spiccano le armi araldiche della famiglia
Cambiaso.
Al piano nobile, la cui armonica veste decorativa è
contemporanea alla costruzione del palazzo, i fratelli
Andrea e Ottavio Semino dipinsero, in un salotto, le
scene del Ratto delle Sabine e, nel salone, la Storia di
Amore e Psiche.
Via Garibaldi
Via Garibaldi
Strada Nuova, oggi via Garibaldi, è situata tra piazza
Fontane Marose e piazza della Meridiana.
Venne aperta a partire dal 1550 alle pendici della collina dove
si trovava il Castelletto, una fortificazione che dominava la città
di Genova, in una zona urbana periferica poco edificata e non
lontana dal centro mercantile, che si estendeva attorno
all'antico convento di San Francesco.
Genova, a quell'epoca, appariva come un arco sull'indaffarato
bacino portuale, stretta fra le sue mura come una sorta di
mezzaluna, fitta di edifici, slancianti torri e campanili.
Il primo intervento fatto per tale realizzazione fu lo
spostamento del postribolo di Montalbano, collocato all'epoca
nell'area in questione, al Castelletto , che perse così la sua
funzione militare.
Intorno al 1550 il Comune diede avvio al progetto della “nuova
strada” dividendo il terreno in nove lotti, ossia in nove porzioni,
da assegnarsi attraverso quattro aste pubbliche. Con i guadagni
di queste vendite il Comune riuscì a finanziare alcuni
importanti lavori in città: la costruzione della cupola della
cattedrale, del nuovo molo, e la realizzazione di un prezioso
arredo sacro …
Via Garibaldi
… Nell'arco di circa sette anni, dal 1551 al 1558, oltre a spianare il terreno
ripido, essendo situato a ridosso della collina, si procedette con le privazioni e
con l'edificazione dei primi palazzi L'edificazione della via continuò fino
alla costruzione dell'ultimo palazzo, edificato nel 1716.
Nel 1882 Strada Nuova fu chiamata Via Garibaldi.
Si allineavano lungo la strada palazzi di insolito splendore per la maestosità
degli atri, scaloni, cortili, sale, affreschi e stucchi, ricchi di giardini pensili
che permettevano di dialogare con la natura, pur trovandosi nel pieno centro
cittadino.
Le grandi famiglie genovesi (tra le quali Spinola, Lomellini, Grimaldi)
fecero di questa strada il proprio quartiere residenziale.
La nuova, magnifica ed elegante via dava lustro alle famiglie più facoltose e
potenti dell'oligarchia genovese e al tempo stesso forniva a tutta l'Europa un
esempio di nuova e grandiosa tipologia abitativa.
La Strada Nuova ha attirato l'attenzione ed ha affascinato visitatori e
studiosi d'ogni tempo, primo fra tutti Peter Paul Rubens che fu a Genova
più volte nei primi anni del 1600 e a questi palazzi dedicò un volume,
pubblicato ad Anversa nel 1622, che rese famosa nel mondo la
magnifica strada..
Via Garibaldi
Eretto dall'architetto Bernardo Spazio per Pantaleo Spinola e proseguito poi da
Pietro Orsolino fino alla fine dei lavori, nel 1558, oggi è sede di una banca.
Sulla facciata, dalle linee assai semplici, movimentata dal ritmo delle finestre,
dall'aggetto dei balconi e soprattutto dal portale sormontato da due statue
marmoree, allegoria della Prudenza e della Vigilanza.
Il piano terreno è riccamente affrescato con episodi biblici realizzati nei primi
decenni del '600 da Giovanni Carlone e dal fratello Giovanni Battista. Di
notevole pregio la bussola a vetri, realizzata nel 1923, in forme Déco.
Nel salone del piano nobile, al quale si accede salendo un elegante scalone, la volta
fu affrescata a fine Seicento, con un soggetto mitologico raffigurante l'offerta a
Giove delle chiavi del tempio di Giano, dal genovese Domenico Piola e
dall'emiliano Paolo Brozzi, specialista in quadrature prospettiche.
Dal salone si accede alla terrazza, nel cui ninfeo si trovava un tempo il celebre
gruppo marmoreo raffigurante il "Rapimento di Elena" uno dei capolavori della
scultura barocca eseguito dal marsigliese Pierre Puget e oggi conservato
nel Museo di Sant'Agostino.
Via Garibaldi
Fu fatto erigere a partire dal 1571 da Franco Lercari. Nel 1845 fu
acquistato dalla famiglia Parodi, che ne è ancora proprietaria.
Il palazzo, di cui non conosciamo il progettista, si differenzia dagli edifici
della Strada. La parte inferiore della facciata è decorata a bugnato a punta di
diamante, mentre i piani superiori risultavano all'origine alleggeriti da una
serie di logge aperte, poi chiuse da vetrate e murate all'inizio dell'Ottocento.
Sempre nella facciata ha particolare rilievo il portale retto da due telamoni
con nasi mozzi, opera di Taddeo Carlone, che qui rievoca l'atroce leggenda di
Megollo Lercari, antenato del committente, vendicatosi dei suoi nemici
mutilandoli di nasi e orecchie.
Saliti al primo dei due piani nobili troviamo entro due nicchie i busti di
Franco Lercari e della moglie Antonia De Marini opera di Taddeo
Carlone, la decorazione ad affresco, della fine del '500, con ariosi paesaggi in
riquadri e, nella volta, scene di battaglia.
Nella volta del salone del secondo piano nobile si trova un vero capolavoro della
pittura genovese: l'affresco di Luca Cambiaso che raffigura l'impresa di
Megollo Lercari con la costruzione del fondaco dei genovesi a Trebisonda,
ossia le costruzioni necessarie per condurre i commerci nella colonia genovese
sul mar Nero. L'affresco vuole al tempo stesso ricordare la costruzione del
palazzo Lercari in Strada Nuova, fornendo così un'idea dell'aspetto della via
negli anni della sua apertura.
Via Garibaldi
Il palazzo, oggi sede della Camera di Commercio, fu costruito tra il 1558 e il 1561
per Tobia Pallavicino da Giovanni Battista Castello il Bergamasco con la
collaborazione di Bartolomeo Riccio, di Domenico Solari e di Antonio Roderio.
La costruzione cinquecentesca era costituita da un blocco cubico di due piani più
due mezzanini. L'edificio non subì modifiche rilevanti fino all'inizio del XVIII
secolo, quando passato in proprietà alla famiglia Carrega venne sopraelevato di un
piano ed ampliato considerevolmente: furono costruiti due bracci perpendicolari e il
corpo retrostante delimitati verso Piazza del Ferro da una semplice facciata ad
intonaco.
La decorazione interna rispecchia le due fasi della costruzione: le pareti laterali e
la volta del vestibolo del piano nobile sono interamente rivestite, grazie all'intervento
del Bergamasco, da stucchi e grottesche e da riquadri affrescati che rappresentano
Apollo Citaredo con le Muse e figure musicanti.
Alla fase settecentesca appartiene la cappella decorata da Lorenzo De Ferrari
con una architettura a stucco e finto stucco che inquadra l'affresco con un volo di
angeli; anche le ante della porta sono dipinte su tela dallo stesso pittore che vi
raffigurò due medaglioni con l'Annunciazione e la Natività.
La galleria dorata che chiude la struttura settecentesca del palazzo costituisce un
esempio significativo del gusto Rococò a Genova. Fu interamente ideata dal De
Ferrari tra il 1734 e il 1744 seguendo un disegno unitario che fonde insieme
stucchi dorati, specchi ed affreschi. Nel medaglione centrale della volta e nei tondi
su tela vengono svolti gli episodi più importanti dell'Eneide, dal Concilio degli Dei
all'Uccisione di Turno.
Via Garibaldi
Iniziato nel 1558 per Angelo Giovanni Spinola, ambasciatore in Spagna e
banchiere dell'Imperatore Carlo V, e completato nel 1576, sotto il figlio Giulio.
A quest'ultimo si devono gli sbancamenti di parte della collina posteriore, intorno
al 1580, che permisero l'ampliamento del cortile e del giardino. Autore del
progetto fu l'architetto Giovanni Ponzello. Dall'inizio del '900 è sede di uffici
bancari.
Il palazzo presenta una facciata che lascia scorgere purtroppo a fatica gli
affreschi dei fratelli Calvi, cui forse collaborò Lazzaro Tavarone.
Sia in facciata, sia negli affreschi dell'atrio, i Calvi vollero celebrare i
committenti: i vari membri della nobile famiglia compaiono vestiti come condottieri
romani, chiara allusione al valore ed alla grandezza della stirpe.
Salendo ai piani superiori per un bello scalone affrescato da "grottesche" troviamo
affreschi di Andrea Semino, Bernardo Castello e di Lazzaro Tavarone.
In particolare un affresco, attribuito a Andrea Semino, conserva la preziosa
immagine del palazzo come era alla sua origine, visto dal lato monte: grazie ad
esso si può comprendere l'originale modo di "costruire in costa", adottato dagli
architetti di Strada Nuova.
Per la costruzione di questi palazzi si dovettero superare le difficoltà poste da un
terreno accidentato che dalla collina scendeva rapidamente a valle. La
realizzazione di monumentali scaloni interni e scenografici giardini terrazzati
all'esterno permisero di superare , in maniera brillante e innovativa, il problema .
Via Garibaldi
Iniziato nel 1563 dall'architetto Bernardino Cantone per Giovanni Battista ed
Andrea Spinola, si presentava con un massiccio cubo, inizialmente senza
decorazione esterna; subì notevoli trasformazioni tra Sei e Settecento, quando fu
rialzato di un piano. Nel 1723 il palazzo fu acquistato dai Doria, signori e poi
marchesi di Montaldeo.
Dopo i i gravi danni subiti nel bombardamento della flotta francese del 1684, la
facciata ricevette l' attuale decorazione a stucco, con coppie di lesene intervallate
dagli assi di finestre.
Nell'atrio si trova una grande lanterna pensile coronata dall'aquila araldica, emblema della famiglia
Doria. Da qui si giunge al cortile colonnato e quindi nel piccolo ma grazioso giardino pensile.
L'interno presenta una ricca decorazione realizzata in gran parte dalla bottega dei Semino. Gli affreschi
della volta del salone a piano nobile, riflettono la volontà di celebrazione dinastica degli Spinola
rappresentando "L'ambasceria di Oberto Spinola e Federico Barbarossa", e altre vicende legate alla
famiglia. In una sala Andrea e Ottavio Semino, rappresentano le consuete tematiche mitologiche, quali gli
amori degli dei, predilette dalla committenza genovese: "Giove e Dafne", "Nettuno e Proserpina",
"Venere e Adone", "Giovane ed Europa", "Giove e Antiope".
Di notevole interesse una sala al piano nobile, che oltre alla volta affrescata da Luca Cambiaso con la
"Caduta di Fetonte" e altri episodi di audacia punita come la "Caduta di Icaro", presenta stucchi
settecenteschi di raffinato gusto rococò e preziosi arredi.
Sempre nel salone troneggia il monumentale camino cinquecentesco in marmo di gusto manierista, mentre
alle pareti sono appesi cinque arazzi fiamminghi della fine del Cinquecento con "Storie di Abramo".
In un salotto del piano nobile risulta ancora visibile, nella sua disposizione settecentesca, l'importante
quadreria costituita dalla famiglia Doria.
Via Garibaldi
Fu costruito tra il 1559 e il 1565 da Giovanni Battista Castello detto il
"Bergamasco" e da Bernardo Cantone per volere di Nicolosio Lomellino,
esponente di una famiglia in piena ascesa economica e politica. Agli inizi del
Seicento la proprietà passò alla famiglia Centurione che effettuò una
ristrutturazione interna, poi ai Pallavicini, ai Raggi ed infine ad Andrea Podestà,
più volte sindaco di Genova tra il 1866 e il 1895.
La facciata, dove si percepisce la forte presenza del Bergamasco, è movimentata da una ricca decorazione
a stucco, con erme maschili alate, a sorreggere la cornice marcapiano del pianterreno; nastri e drappi a
reggere, al primo piano, trofei d'armi; ghirlande e mascheroni a coronamento delle finestre, con figure
classiche entro medaglioni ovali, al secondo.
Anche nell'apparato festoso di stucchi dell'atrio a pianta ovale è evidente l'intervento del Bergamasco, che
seppe introdurre a Genova le suggestioni della più aggiornata cultura manierista.
Il cortile aperto è delimitato ai lati dalle ali posteriori del palazzo, mentre le terrazze sovrastano un
grandioso ninfeo realizzato nel Settecento su disegno di Domenico Parodi. Un giardino si apre verso il
monte, eretto sfruttando il declivio della collina retrostante.
In due salotti del piano nobile Giacomo Antonio Boni affrescò "Giove e la capra Amaltea" e Domenico
Parodi "Bacco e Arianna". Di Lorenzo De Ferrari è la decorazione a stucco e ad affresco con figure
di divinità sulla volta dell galleria. Il salone decorato dall'Aldovrandini, è arricchito dalla serie di tele
con Storie di Diana eseguita da Marcantonio Franceschini.
Via Garibaldi
I cugini Lazzaro e Giacomo Spinola fecero costruire il palazzo tra
1583 e 1588. La caratteristica di questo edificio è quella di essere
costituito da due dimore, distinte e simmetriche, unite a formare un
unico corpo di fabbrica, denunciate all'esterno dalla presenza di due
portali gemelli. Le due distinte proprietà, poi passate alle famiglie
Cattaneo e Adorno, determinarono le diverse vicende decorative negli
interni.
All'interno del portone al n. 10 la decorazione affrescata, opera di
Lazzaro Tavarone, celebra sulla volta dell'atrio un'impresa bellica di
Antoniotto Adorno, antenato dei proprietari, datata 1624. Nella sala
del piano nobile, sempre di Lazzaro Tavarone, è l'affresco raffigurante
l'Incontro di Urbano VI a Genova con il doge Antoniotto Adorno.
In altri salotti sotto le volte affrescate con soggetti mitologici, si
conservano preziosi mobili e soprammobili e parte della ricca e nota
quadreria comprendente notevoli dipinti tra il XVI XVII secolo.
Via Garibaldi
Il palazzo fu eretto a partire dal 1565 da Domenico e Giovanni
Ponsello per Niccolò Grimaldi, appellato "il Monarca" per il novero
di titoli nobiliari di cui poteva vantarsi, e ai quali sommava gli
innumerevoli crediti che aveva nei confronti di Filippo II, di cui era il
principale banchiere. E' l'edificio più maestoso della via, unico edificato
su ben tre lotti di terreno, con due ampi giardini a incorniciare il corpo
centrale. Le ampie logge affacciate sulla strada vennero aggiunte nel
1597, quando il palazzo divenne proprietà di Giovanni Andrea Doria
che lo acquisì per il figlio cadetto Carlo, Duca di Tursi, al quale si deve
l'attuale denominazione. Dal 1848 è sede del Municipio.
La facciata è caratterizzata dall'alternarsi di materiali di diverso
colore: il rosa della pietra di Finale, il grigio-nero dell'ardesia, il
bianco del pregiato marmo proveniente da Carrara.
Il prospetto principale consta di due ordini sovrapposti. Il piano
rialzato sopra la grande zoccolatura alterna finestre dal disegno
originale con paraste rustiche aggettanti sostituite, al piano superiore,
da paraste doriche. Mascheroni dalle smorfie animalesche sormontano
le finestre di entrambi i piani, contribuendo alla resa plastica della
facciata..Il maestoso portale marmoreo è coronato dallo stemma della
città di Genova. Particolarmente innovativa è l'inedita e geniale
soluzione architettonica che con la successione degli spazi interni - atrio,
scala, cortile rettangolare sopraelevato rispetto al portico e scalone a
doppia rampa - crea un meraviglioso gioco di luci e prospettive. Il
palazzo rappresenta il culmine del fasto residenziale dell'aristocrazia
genovese.
Via Garibaldi
L'originario palazzo fu costruito prima dell'inizio del cantiere di Strada
Nuova, fra il 1530 e il 1540, per Luca Grimaldi. Nel 1711 il palazzo passò
ai Brignole-Sale, che già abitavano Palazzo Rosso.
L' edificio cinquecentesco, il cui ingresso dava su Salita San Francesco,
venne demolito e ricostruito dall'architetto Giacomo Viano, rispettando i
principali caratteri architettonici della strada cinquecentesca. Nel 1889
Maria Brignole-Sale De Ferrari, Duchessa di Galliera, lasciò il Palazzo
al Comune di Genova perché divenisse la sede del museo civico che la città
ancora non possedeva.
Attraversato l'atrio monumentale, ricavato nello spazio prima occupato da
un giardino pensile, tramite uno scalone adornato dalle due grandi statue di
Giano e Giove, eseguite da Pierre Franqueville e già collocate nel palazzo
cinquecentesco, si accede al vero pianterreno, che la conformazione del luogo
obbligava a collocare a un livello più alto rispetto alla via.
Il palazzo ospita un'importante raccolta di pittura europea, italiana e
genovese dal XVI al XVIII secolo, nella quale spiccano opere dei
fiamminghi Hans Memling, Gerard David e Jan Provost, Rubens, Van
Dyck, un capolavoro di Caravaggio ("Ecce Homo") e il più bel dipinto del
genovese Alessandro Magnasco, il "Trattenimento in un giardino
d'Albaro".
Via Garibaldi
Costruito a partire dal 1670 su progetto di Pier Antonio Corradi con due
piani nobili per i fratelli Ridolfo e Gio. Francesco Brignole-Sale, in
seguito alla morte prematura del primogenito divenne, nel 1683, unica
proprietà di Gio. Francesco.
Fu donato nel 1874 dall'ultima discendente del casato, Maria BrignoleSale De Ferrari, Duchessa di Galliera, al Comune di Genova, perché
divenisse un museo. In continuità troviamo il cosiddetto "Palazzetto
Rosso", costruito nel Settecento come dipendenza del palazzo BrignoleSale.
La facciata dell'edificio -un eccezionale documento della qualità abitativa
delle residenze genovesi- presenta una decorazione con elementi
tridimensionali dipinti di rosso: da qui il nome con il quale è abitualmente
designato il palazzo. Le teste di leone a coronamento delle finestre
riprendono l'emblema della famiglia Brignole-Sale. Dall'atrio si può
accedere al cortile ed al giardino dove si trova un portale marmoreo del
1707 proveniente dal distrutto Monastero di San Silvestro. Ai piani
superiori è esposta la raccolta del palazzo che vanta i nomi di Anton Van
Dyck, del Veronese, di Guido Reni, di Guercino, di Bernardo Strozzi.
Al secondo piano nobile, che ha conservato il carattere dell'appartamento
abitato dai Brignole-Sale, i capolavori pittorici e gli arredi settecenteschi
sono esposti entro sale affrescate da Domenico Piola, da Gregorio De
Ferrari e da altri pittori del Seicento genovese.
Via Garibaldi
Le alunne Del Guasta Serena, Raimondo Giulia, Meneghel Ambra,
Mugnos Sara, Mangia Veronica .
Via Garibaldi
Costruito a partire dal 1562 su progetto di Giovanni Ponzello per
Baldassarre Lomellini, passò a fine Settecento a Cristoforo Spinola e poi a
Domenico Serra. Attualmente è di proprietà della famiglia Campanella.
Il palazzo presentava all'origine una facciata con finta decorazione
architettonica dipinta a fresco, e risultava coronato da una monumentale
loggia aperta; il portale scolpito, opera di Taddeo Carlone, ci è invece
pervenuto nelle sue forme originali. Come per molti altri palazzi, la sua forma
originale ci è pervenuta attraverso la preziosa testimonianza di Rubens.
Le decorazioni originali degli interni, non più visibili nella loro integrità,
erano opera di G.B. Castello il Bergamasco : di essi rimane solo qualche
traccia nelle "Storie di Enea e Didone", attribuite a G.B. Castello, nel
salotto del piano rialzato e negli affreschi di Andrea Semino (1569) in una
camera del primo piano.
Il palazzo subì molti interventi, dovuti in parte al bombardamento navale
francese del 1684, in parte ai radicali rinnovamenti compiuti soprattutto negli
interni da Andrea Tagliafichi e da Charles de Wailly per Cristoforo
Spinola a partire dal 1770, e infine ai bombardamenti aerei del 1942.
Via Garibaldi
Il palaazzo occupa due civici della via Garibaldi, e deriva il
nome dalle due torrette che completano le parti laterali
dell'edificio. Come anche il vicino Palazzo Rosso, fu costruito
in tempi successivi rispetto al grosso dei palazzi di via Garibaldi,
ovvero a partire dal 1716. La sua edificazione - progettata
dall’architetto Giacomo Viano per conto del duca di Tursi
Giovan Andrea Doria - fu resa necessaria per completare
l'urbanizzazione del tratto antistante l'imponente Palazzo
Doria Tursi e coprire in un certo senso la vista sulle fatiscenti
case della sottostante area medioevale.