Presentazione di PowerPoint - Garibaldi

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La memoria
della Shoah
Il silenzio è il vero
crimine contro
l’umanità.
Sarah Berkowitz
(sopravvissuta ad
Auschwitz)
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Ricordare la Shoah
vuol dire anche riflettere
sulle modalità di
trasmissione della
memoria individuale e
sul valore che essa
assume per la memoria
collettiva
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I sopravvissuti sentono
subito il peso e la
responsabilità della
memoria di quanto
hanno vissuto

testimonianze
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Voci della Shoa,
Firenze, La
Nuova Italia, 1995
GOTI BAUER
Poi, nella baracca (..) facevamo progetti per un improbabile
futuro nel quale, nonostante tutto, appassionatamente
speravamo. Perché? In ognuno di noi, automaticamente,
la risposta era: <<Per raccontare>>. Perché il mondo
potesse sapere; perché mai più, in nessun luogo, a
nessun uomo potesse capitare quello che era capitato a
noi. Siamo poi stati ascoltati?
No, non lo siamo stati se in questi decenni altri eccidi, altri
spaventosi massacri sono stati compiuti nell'indifferenza
generale. Non siamo stati ascoltati se per decenni c'è
stato un quasi totale, nocivo silenzio nelle case, nelle
scuole, permettendo a chi minimizza e falsifica quanto è
successo di diffondere le proprie menzognere
predicazioni. Si, perché è l'ignoranza il brodo di coltura in
cui le teorie di revisionisti e negazionisti trovano fertile
terreno per proliferare.
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Oggi si contano 18 focolai di
conflitto etnico presenti nel mondo:
Afghanistan
Indonesia
Algeria
India - Pakistan
Angola
Irak
Burundi
Israele - Libano
Cecenia
Turchia - Kurdistan
Colombia
Kosovo
Repubblica Democratica
del Congo (ex-Zaire)
Messico (Chiapas)
Etiopia - Eritrea Somalia
Sri Lanka
Sierra Leone
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Voci della Shoa,
Firenze, La
Nuova Italia, 1995
LILIANA SEGRE
… il mondo non e stato più lo stesso dopo Auschwitz. E
questo riguarda tutti. E noi, noi che Auschwitz lo
abbiamo sulla nostra pelle e dentro i più intimi recessi
della nostra mente? Noi come abbiamo potuto e
possiamo vivere? Come può il nostro cervello reggere ai
ricordi senza impazzire, come può ricordare i visi, i
colori, i suoni, gli odori senza esserne soverchiato e
perduto? Come possiamo camminare per le strade del
mondo, della città, guardarci intorno e allo specchio
senza vedere una realtà deformata dalla nostra
esperienza, con la paura di risvegliarci dal sogno e
ripiombare in quell'orrore?
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La notte, Firenze,
Giuntina, 1980
ELIE WIESEL
I miei genitori adottivi avevano continuato a dire,
semplicemente: "Adesso devi dimenticare tutto! Devi
dimenticare come si dimentica un brutto sogno: non
pensarci più! E' stato solo un sogno!".
Non riuscivo a capire che cosa volessero veramente da me.
E quando cercavo di confidarmi con le persone, di solito,
dopo le prime frasi, mi sentivo dire: "Tu sei matto!".
Come posso dimenticare ciò che so? Come posso
dimenticare quello a cui devo pensare ogni mattina quando
apro gli occhi, quello a cui devo pensare ogni sera, quando
vado a letto, quando, per paura degli incubi, mi sforzo di
restare sveglio il più a lungo possibile?...
No, nessuno mi ha mai detto con franchezza: sì, è vero, i
lager sono esistiti, però adesso è finita. Esiste anche
quest'altro mondo, e in questo mondo puoi vivere!
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Voci della Shoa,
Firenze, La
Nuova Italia, 1995
NEDO FIANO
Molti di noi hanno portato dentro questa sofferenza, non
sono stati capaci di tirarla fuori, altri invece hanno potuto
farlo. Ma l'esperienza della deportazione, dei campi di
sterminio, per assurdo che possa sembrare, e anche un
miracoloso dono, per quelli che come me sono tornati,
perché ci ha aiutato a dare alle cose una profondità, una
geometria diversa da quella che si fa usualmente.
Perché ci ha dato la capacita di individuare l'essenziale
delle cose, di rifuggire dal particolare inutile.
Chi ha sofferto fa sua la sofferenza degli altri, sente
un’affinità con chi soffre. Chi non ha mai sofferto non sa
che cosa vuol dire soffrire.
Diceva Socrate: <<Solo chi è stato schiavo può capire che
cos'è la libertà>>.
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Dopo la liberazione i
sopravvissuti hanno 2
tipi di reazioni
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
La vergogna e il silenzio
Il desiderio di raccontare
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T. Todorov, Di fronte
all’estremo, Milano,
Garzanti, 1992

La vergogna del ricordo
dell’annullamento della propria
dignità
La vergogna di sopravvivere senza
alcun merito rispetto a tutti quelli
che sono morti
La vergogna di essere umani visto
che l’umanità ha potuto concepire
lo sterminio
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I sommersi e i
salvati, Torino,
Einaudi, 1986
Primo Levi
Sopravvivevano i peggiori, cioè i piú adatti; i migliori sono morti tutti.
E’ morto Chajím, orologiaio di Cracovia, ebreo pio, che a dispetto delle
difficoltà di linguaggio si era sforzato di capirmi e di farsi capire, e di
spiegare a me straniero le regole essenziali di sopravvivenza nei primi
giorni cruciali di cattività; è morto Szabó, il taciturno contadino
ungherese, che era alto quasi due metri e perciò aveva piú fame di
tutti, eppure, finché ebbe forza, non esitò ad aiutare i compagni piú
deboli a tirare ed a spingere; e Robert, professore alla Sorbona, che
emanava coraggio e fiducia intorno a sé, parlava cinque lingue, si
logorava a registrare tutto nella sua memoria prodigiosa, e se avesse
vissuto avrebbe risposto ai perché a cui io non so rispondere; ed è
morto Baruch, scaricatore del porto di Livorno, subito, il primo giorno,
perché aveva risposto a pugni al primo pugno che aveva ricevuto.
Questi, ed altri innumerevoli, sono morti non malgrado il loro valore,
ma per il loro valore.
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A. Wieviorka, L’era del
testimone, Milano,
Raffaello Cortina Editore,
1999
Si scrive già nei ghetti e poi al ritorno
ma con diverse motivazioni:
Durante la persecuzione
 per evitare di scomparire del tutto
Al ritorno per
 raccogliere accuse contro
persecutori
 denunciare l’orrore
 liberarsi del ricordo
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La storia viene scritta dai vincitori. Tutto ciò che
sappiamo dei popoli assassinati è ciò che i loro
assassini hanno voluto far sapere. Se i nostri
assassini vinceranno, se saranno loro a scrivere
la storia di questa guerra, allora il nostro sterminio
sarà presentato come una delle più belle pagine
della storia mondiale, e le future generazioni
renderanno omaggio al coraggio di questi crociati.
(..) Essi possono anche decidere di cancellarci
dalla memoria del mondo, come se non fossimo
mai esistiti
Ignacy Schiper
A. Wieviorka, L’era del
testimone, Milano,
Raffaello Cortina Editore,
1999
(ghetto di Varsavia)
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Giustizia non
vendetta, Mondadori,
Milano 1989
Wiesenthal
(dicevano le SS) In qualsiasi modo la guerra finisca,
la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno
di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se
qualcuno scampasse, il mondo non gli crederebbe.
Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di
storici, ma non ci saranno certezze, perché noi
distruggeremo le prove insieme con voi. E quando
anche qualche prova dovesse rimanere, e
qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i
fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per
essere creduti: dirà che sono esagerazioni della
propaganda alleata e crederà a noi che
negheremo tutto. La storia dei lager saremo noi a
dettarla.
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Le prime testimonianze
sono:



Poesia yiddish
Libri del ricordo (Memorbukh)
Racconti autobiografici
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E il mondo taceva, 1954
Tre giorni dopo la liberazione caddi
gravemente malato (..) Rimasi due
settimane in ospedale tra la vita e la
morte.(..) Ma un giorno mi alzai e,
raccogliendo tutte le mie energie, mi diressi
verso uno specchio. Volevo guardarmi. Non
mi ero più visto dai tempi del ghetto. Mi
guardo nello specchio. Uno scheletro riflette
il mio sguardo. Niente altro che pelle ed
ossa, Ho visto l’mmagine di me stesso dopo
la morte. E proprio in quel momento si
risvegliò in me la voglia di vivere. Senza
sapere perché ho alzato il pugno e rotto lo
specchio, l’immagine che viveva in esso. (..)
A partire da quel momento il mio stato di
salute cominciò a migliorare.(..)
La notte, 1958
Un giorno riuscii ad
alzarmi, dopo aver raccolto
tutte le mie forze. Volevo
vedermi nello specchio
che era appeso al muro di
fronte: non mi ero visto dal
ghetto. Dal fondo dello
specchio un cadavere mi
contemplava.
Il suo sguardo nei miei
occhi non mi lascia più
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Ma i racconti dei
sopravvissuti trovano
scarso ascolto



Incredulità
Voglia di chiudere con la guerra e i
suoi effetti
diffidenza
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Dall’indifferenza degli altri
deriva una profonda
delusione:
la memoria non diventa
patrimonio comune della
collettività ma si chiude tra
le mura delle case o viene
confinata nelle sedi delle
associazioni degli ex
deportati
Il caso Wiesel
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La memoria dei sopravvissuti,
anche se si raccolgono
innumerevoli testimonianze, non
può sostituire la ricerca storica che
può utilizzare la memoria ma solo
incrociandola con altre fonti.
La memoria ci restituisce come
l’evento è stato vissuto e come
viene rappresentato, ma non come
e perché esso è accaduto.
Non si può sostituire l’emotività
alla scientificità della ricostruzione
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Dunque alla memoria dei
sopravvissuti alla Shoah non
possiamo chiedere ricostruzioni
storiche che i diano le cause e
l’esatto svolgersi degli eventi, ma
solo la testimonianza della
percezione soggettiva del
momento che hanno vissuto e dei
modi in cui, a contatto con la realtà
successiva, lo hanno rielaborato e
raccontato
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La Shoah è considerata dagli
storici l’emblema negativo del ‘900,
Ma il saperlo non ci rende immuni
rispetto al futuro.
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