Liceo Scientifico O.Grassi
Savona
Anno scolastico 2005-2006
Classe IV E
Prof.ssa Maria Clara Persico
Progetto Lauree Scientifiche
Laboratorio: Modellizzazione delle onde
marine superficiali
Coordinatore prof. Giacomo Caviglia
Dipartimento di matematica Università di Genova
Indice
• Caratteristiche generali delle onde
• Onde superficiali e onde marine
• Formazione delle onde marine
• Classificazione delle onde marine
• Relazione tra costa e onde
• Onde anomale
• Applicazione dello studio del moto ondoso
Caratteristiche generali delle onde
• Le onde
• L’oscillazione armonica
• L’energia delle oscillazioni armoniche
• I fronti d’onda
• Importanza dello studio del moti armonici
• Studio della propagazione di una perturbazione non armonica
• Le cause del moto armonico
• La forza del moto armonico
• Frequenza & periodo del moto armonico
• La riflessione
• La rifrazione
• La diffrazione
• L’interferenza
Le onde
Un’onda è una perturbazione che si propaga lungo un mezzo soggetto a forze di richiamo trasportando
energia ma non materia.
sorgente della
perturbazione
mezzo della perturbazione
CLASSIFICAZIONE:
In base al mezzo di propagazione le onde si dividono in:
•ONDE di VOLUME: se il mezzo possiede un volume, è il caso di una lamina di metallo nell’aria.
•ONDE di SUPERFICIE: se la propagazione avviene su un piano come accade quando si getta un sasso
nell’acqua.
Invece in base al rapporto tra le direzioni di oscillazione delle parti del mezzo e di propagazione dell’onda
si distinguono:
ONDE LONGITUDINALI: le parti del mezzo oscillano nella stessa direzione di propagazione dell’onda
(corda di strumento pizzicata)
ONDE TRASVERSALI: le parti del mezzo oscillano in direzione ┴ rispetto alla propagazione dell’onda
(molla)
Un caso misto è rappresentato dalle onde superficiali dell’acqua
in cui, mentre l’onda avanza, gli elementi d’acqua si muovono
su circonferenze.
L’oscillazione armonica
•STUDIO DEL MOTO DI UN CORPO DI MASSA m ATTACCATO AD UNA MOLLA DI COSTANTE ELASTICA k.
il moto della molla è ARMONICO: descritto come la proiezione di un moto circolare uniforme
s = a cos φ
essendo φ = α
v
w=
Δφ
=
(alterni interni)
φ – φ0
Δt
t – t0
φ – φ0 = wt
u
s
pongo t0 = 0
φ = wt + φ0
w =
φ – φ0
t
u = - v cos φ ( π/2 – φ) = -wa sen φ
m
aarm = -acentr cos φ = -w2a cos φ
s=a cos (wt + φ)
La perturbazione armonica è periodica di periodo 2π
Quando t=0 il raggio vettore a forma con la direzione del moto oscillatorio s un angolo di ampiezza φ0 l’oscillatore
è nella posizione di partenza s0 = a cosφ0. L’angolo φ0 è detto fase iniziale. Il termine wt+φ0 è detto invece fase
della perturbazione all’istante t (funzione che varia al variare di t) ed è uno dei tre parametri che caratterizzano
l’oscillazione armonica, gli altri due sono ampiezza (a) e pulsazione (w), tutti e tre possono essere collegati al
moto circolare. L’ampiezza è una costante e rappresenta il valore massimo che può assumere s. La pulsazione è
direttamente proporzionale alla frequenza che ha valore
υ = 1 / w.
CAMBIA L’AMPIEZZA
CAMBIA LA FREQUENZA
CAMBIA LA FASE
L’energia delle oscillazioni armoniche
K = 1/2 mu2 dove u è velocità
ESSENDO u = -wa sen (wt + φ0)
K = 1/ 2 m w2a2 sen2(wt + φ0)
U = 1 2 ks2 dove k è costante elastica e s spostamento
ESSENDO S = a cos (wt+φ0) ed ESSENDO k = w2m (poiché w = =√k/m )
U = 1/ 2 mw2a2cos2(wt+φ0)
E = K+U = 1/ 2 m w2a2 sen2(wt + φ0)+ 1 /2 mw2a2cos2(wt+φ0)
E = 1/2 m w2a2[cos2 (wt + φ0)+sen2 sen (wt + φ0)]
ESSENDO
cos2 (wt + φ0)+sen2 sen (wt + φ0) = 1 (trigonometria)
E = 1/ 2 m w2a2
Benché i valori di K e U varino in modo proporzionale al quadrato della funzione sinusoidale la loro
somma rimane costante; quando la massa si trova agli estremi dell’oscillatore (cioè ferma) si avrà
massima energia potenziale e minima energia cinetica, al contrario quando la massa si troverà al centro
dell’oscillazione si avrà massima energia cinetica e minima energia potenziale.
L’oscillatore armonico è un sistema semplificato di oscillazione massa + molla: nella realtà a causa degli
attriti parte dell’energia viene trasformata in calore causando lo smorzamento progressivo delle
oscillazioni.
I fronti d’onda
Il fronte d’onda è il luogo geometrico dei punti equidistanti dalla sorgente cioè di quei punti
che hanno ad uno stesso istante la stessa fase; se la sorgente è puntiforme si tratterà di
circonferenze.
Un caso particolare di fronti d’onda circolari è rappresentato dai fronti d’onda rettilinei che si
possono pensare come porzioni isolate e piccole (notevolmente minori del raggio) di fronti
d’onda circolari
Sezione rettilinea
di un fronte d’onda
Quando la sorgente non è puntiforme la situazione è più complicata. I fronti d’onda non
sono più circolari e inoltre la direzione di propagazione dell’onda in ogni punto non
coincide più con la congiungente tra la sorgente e quel punto.
In ogni caso anche quando la sorgente non è puntiforme vale la legge per cui in ogni
punto del mezzo fronte d’onda e direzione di propagazione sono perpendicolari.
Importanza dello studio del moti armonici
•In ogni punto della perturbazione è valida la legge oraria della sorgente
•Teorema di FOURlER ogni moto può
essere pensato come sovrapposizione
Moti componenti
di moti armonici opportuni (riferendosi
a moti che avvengono lungo una stessa
retta). Quindi si può dire che il moto di
Risultante
un punto su una retta è sovrapposizione
di moti armonici se ad ogni istante lo spostamento del punto può essere calcolato come la somma algebrica
degli spostamenti dei moti componenti Una volta sovrapposti i grafici otterrò un moto non più armonico ma
comunque periodico.
La determinazione delle caratteristiche (ampiezza, fase e frequenza) dei moti armonici componenti costituisce
il problema dell’analisi armonica del moto composto, il risultato è esprimibile con una tabella che per ogni
moto indica la frequenza l’ampiezza e la fase iniziali. La determinazione delle caratteristiche (ampiezza, fase
efrequenza) dei moti armonici componenti costituisce il problema dell’analisi armonica del moto composto, il
risultato è esprimibile con una tabella che per ogni moto indica la frequenza l’ampiezza e la fase iniziali.
I risultati possono essere espressi in due grafici:
Spettro di fase: si hanno i valori della fase sull’ordinata e quelli della frequenza sull’ascissa.
Spettro d’ampiezza: si hanno i valori dell’ampiezza sull’ordinata e quelli di frequenza sull’ascissa
I moti armonici componenti di una perturbazione di periodo T devono necessariamente avere periodi uguali a
sottomultipli di T (ES.: se T= 10sec Tn=10/n sec con n numero intero).
Stesso discorso vale per la frequenza quindi se f =1/Tsec fn = n/T con n numero intero. La frequenza più
bassa cioè f =1/T è detta frequenza fondamentale, la successiva (f 1=2/T) prima armonica e così via.
A partire dal grafico del moto composto è possibile trovare i grafici dei moti componenti di cui posso scrivere
la legge oraria sn= s0ncos(wnt + φ1) traendo i valori dell’ampiezza dal grafico stesso.
Studio della propagazione di una perturbazione non
armonica
La propagazione di una perturbazione qualsiasi che abbia origine in un punto “0” di un
mezzo può venire dedotta nel seguente modo:
•Si scompone il moto della sorgente della perturbazione in modo da pensarlo come
sovrapposizione di un certo numero di moti componenti.
•Si utilizza la legge di propagazione di ciascuna perturbazione armonica dalla sorgente ad
un generico punto P del mezzo.
•Si ottengono a questo punto le leggi orarie con cui si muoverebbe il punto P se fosse
perturbato separatamente da ciascuna delle componenti armoniche.
•Infine si ricostruisce il moto effettivo componendo le leggi orarie ottenute.
Le cause del moto armonico
P
φ
s0
s
Si proietta su una retta il vettore spostamento di un punto P che si muove di moto circolare uniforme
s0= raggio
φ = angolo che individua la posizione iniziale
w = velocità angolare
s = s0cos(wt + φ) è la proiezione dello spostamento di r su x
Il moto armonico di pulsazione w e ampiezza s0 che avviene lungo una retta si può sempre pensare
come il moto ottenuto proiettando sulla retta un moto circolare uniforme di velocità angolare w che
avviene su una circonferenza di raggio s0 avente centro sulla retta.
La forza del moto armonico
Sappiamo che la forza responsabile del moto circolare uniforme è la forza centripeta, tale
forza per un corpo di massa m ha valore mw2s0 è diretta lungo il raggio e puntata verso il
centro; la sua componente su x è F=-mw2s0 cos (wt + φ) quindi F=-mw2s.
Dunque se il moto che avviene lungo una retta è armonico la forza è proporzionale allo
spostamento ed opposta ad esso.
F=-mw2s ponendo k = mw2 F= -ks quindi la forza del moto armonico corrisponde alla
forza elastica dove k è la costante di elasticità.
La forza elastica è la più semplice tra le forze di richiamo, è la forza di richiamo con cui
ogni materiale reagisce alle piccole deformazioni su di esso provocate
(legge di Hook). Ad essa è associata l’energia potenziale K= ½ ks2 che è proporzionale al
quadrato dello spostamento.
Frequenza & periodo del moto armonico
f = w/2π
;
T= 2π/w
essendo w2 = k/m
w = √k/m
f = 1/2 π . √k/m
T = 2π .√m/k
;
T rappresenta il periodo del moto armonico rispetto alla costante elastica della forza agente e viene
influenzato solo da questa e dalla massa del corpo, NON dall’ampiezza del moto. Quindi qualunque sia
l’ampiezza il periodo non cambia se la massa e la forza non cambiano. Le oscillazioni dovute ad una
forza elastica sono dette isocrone.
Dalla 2° legge della dinamica sappiamo che a = F/m nel moto armonico
poiché F = -mw2s a = -mw2s . 1/m
a = -w2s , ciò significa che nel moto armonico l’accelerazione è proporzionale allo spostamento per
conseguenza della proporzionalità tra forza e spostamento
F= ±ks con k>0 ( se il segno è + non si tratta di un moto oscillante perché la forza porta il corpo sempre
più lontano dalla posizione di riposo, sarà invece moto armonico)
La riflessione
• Consideriamo il caso in cui le onde si propagano su un piano e fronte d’onda e confine del mezzo sono rettilinei.
Fronti
d’onda
dell’onda
incidente
ni
n
i
n1i
i1
Fronti
d’onda
dell’onda
riflessa
P
In un punto P del confine del mezzo considero la normale n (┴ al confine
del mezzo) e le normali ni ed n1i (┴ ai fronti d’onda rispettivamente
dell’onda incidente e di quella riflessa). L’angolo i è detto angolo
d’incidenza, l’angolo i1 è detto angolo di riflessione.
LEGGE DELLA RIFLESSIONE
Le direzioni di incidenza e riflessione sono da parti opposte rispetto alla normale n passante per un punto P
al confine del mezzo e gli angoli di incidenza e riflessione sono congruenti
Giunta in P l’onda incidente subisce il fenomeno della riflessione. Considero le creste consecutive delle onde
incidenti che arrivano sulla linea di confine con angolo di incidenza i e le rispettive creste di riflessione. La
distanza tra due creste consecutive è la lunghezza d’onda (λ) e poiché l’onda di incidenza e quella di
riflessione viaggiano nello stesso mezzo si manterrà uguale così come la velocità di propagazione
P A  P 1B
APˆ 1P  iˆ
PPˆ1 A :: PA =
^
P A P1  90
ˆ
P P1 . sen i
direzione onda incidente
PPˆ 1 B : P1B  PP1 seniˆ1
PP1  seniˆ  PP1  seniˆ1  seniˆ  seniˆ1  iˆ  iˆ1
A
direzione onda riflessa
B
i i1
P1
P
Questa dimostrazione vale anche per le onde nello spazio se le normali ( n, ni e n1i) giacciono sullo stesso
piano.
La rifrazione
La rifrazione si ha quando un’onda passa da un mezzo ad un altro mezzo con differenti proprietà fisiche e ciò
causa un cambiamento della direzione di propagazione. In questo caso la frequenza si mantiene mentre
cambiano velocità di propagazione e lunghezza d’onda. Sia che la propagazione avvenga su un piano sia nello
spazio la variazione della velocità di propagazione comporta un cambiamento della direzione (il cambiamento
della profondità nel mare fa si che velocità e lunghezza d’onda diminuiscano avvicinando le creste)
In ogni punto P
alla retta di separazione tra i due mezzi si incontrano
ogni istante un fronte d’onda incidente e un fronte d’onda rifratto.
Consideriamo le normali ni ai fronti dell’onda incidente, nr ai fronti d’onda
rifratti e n alla linea di separazione, l’angolo i
è detto angolo
d’incidenza, l’angolo r è detto angolo di rifrazione.
Fronti d’onda
dell’onda incidente
ni
mezzo 1
i
r
Fronti d’onda
dell’onda rifratta
mezzo 2
nr
LEGGE DI RIFRAZIONE
Tale legge si esprime quantitativamente con la relazione
seniˆ
senrˆ
 v1
v2
dove v1 e v2 sono le velocità di propagazione nei due mezzi
Al variare di i anche r varia in modo che sen r si mantenga proporzionale a sen i.
Se nel 2° mezzo l’onda rallenta cioè se v2 < v1 sen r < sen i e quindi la direzione dell’onda rifratta si
avvicina alla linea di separazione
direzione onda incidente
direzione onda riflessa
n
ni
1
P1Pˆ B  rˆ
A
APˆ P1 : seniˆ  PA
i
P1
P
B
PA  1; P1B  2
PPˆ A  iˆ
BPˆ P1 : senrˆ 
r
seni
nr
senr
 1
PP1
P1B
PP1
PP1
 2

1

2
PP1
PP1
PP1
 1
v1
2  v2  la velocità di propagazione è
proporzionale alla lunghezza
d’onda
La diffrazione
La diffrazione è il fenomeno che si presenta durante la
propagazione su un piano o nello spazio tutte le volte che l’onda
incontra un ostacolo è appunto il modo in
cui l’onda supera
l’ostacolo e si propaga oltre questo. Le onde hanno una
propagazione diversa da quella del fascio di corpuscoli (la pioggia
per esempio), infatti, a differenza dei corpuscoli di un fascio
l’acqua invade il cosiddetto cono d’ombra ovvero l’ombra
geometrica dell’ostacolo. Ad esempio l’ombrello funziona proprio
perché crea un cono d’ombra che non viene invaso dalle gocce di
pioggia al contrario quando l’acqua di un fiume incontra un
ostacolo lo aggira ma invadendo anche il cono d’ombra.
Solitamente l’ostacolo occupa una piccola parte del fronte d’onda
ma talvolta può occuparne la maggior parte lasciando solo una
fenditura per il passaggio, in entrambi i casi una volta superato
l’ostacolo la propagazione riprende non rettilinea. Nel secondo caso
perché l’effetto sia apprezzabile la lunghezza d’onda deve essere
più grande della fenditura in caso contrario l’onda si propaga come
se la fenditura non esistesse. L’ampiezza dell’onda di fratta è
massima in corrispondenza dell’asse di fenditura dopo di che
diminuisce lateralmente fino ad annullarsi e poi comincia
nuovamente a crescere e così via, questo andamento costituisce la
figura di diffrazione.
L’interferenza
Supponiamo che un mezzo venga perturbato in due punti, così che ci siano due
sorgenti ( due persone che scuotono i due capi di una corda oppure due sassi
gettati in uno stagno) le due perturbazioni che ne sorgono si sovrappongono.
S1
P
x1
x2
S2
Nel momento in cui si sovrappongono ciascun elemento del mezzo
assume in ogni istante lo spostamento dato dalla somma vettoriale degli
spostamenti delle due perturbazioni.
Considero l’interferenza provocata dalla sovrapposizione di due
perturbazioni sinusoidali della stessa frequenza che producono nel
mezzo vibrazioni lungo la stessa direzione. Voglio esprimere lo
spostamento di un punto P che dista x1 da S1 e x2 da S2.
Il risultato della sovrapposizione tra le due perturbazioni dipende dalla differenza tra le loro fasi cioè dalla
differenza di cammino tra le onde (x1 - x2).
Se la differenza tra le due fasi è 2π o più in generale se i cammini differiscono per un numero intero di λ
l’ampiezza della perturbazione risultante sarà la somma delle ampiezze dei moti componenti e diremo che
l’interferenza è costruttiva.
se x1 – x2 = n λ
allora
a = a1 + a2
INTERFERENZA COSTRUTTIVA
Al contrario se la differenza tra le fasi dei due moti armonici è π o più in generale se le lunghezze d’onda
differiscono per un numero dispari di λ/2 gli spostamenti sono opposti e quindi l’ampiezza della perturbazione
risultante sarà la differenza tra le ampiezze dei moti componenti e diremo che l’interferenza è distruttiva.
se x1 - x2= n dispari λ/2
allora a = a1 - a2 (a1>a2) INTERFERENZA DISTRUTTIVA
Nel caso in cui la differenza di cammino delle due onde in P abbia valore generico la situazione sarà intermedia.
L’ampiezza sarà massima e cioè uguale alla somma delle ampiezza componenti nei punti in cui le distanze dalle
sorgenti differiscono per n λ; sarà minima e cioè uguale alla differenza tra le due ampiezze componenti nei punti
in cui le distanze dalle sorgenti differiscono per n λ/2; sarà intermedia nei restanti punti.
In entrambi la distribuzione dei valori dell’ampiezza non dipende dal tempo.
Le onde trasversali superficiali si propagano sulla superficie di un liquido; il
comportamento di tale superficie è simile a quello di una membrana elastica. Le forze
elastiche sono sostituite in questo caso dalla forza di gravità e dalla tensione
superficiale che con intensità pressoché costante tendono in ogni istante a riportare la
superficie del liquido nelle condizioni di quiete. Le onde sono prodotte quando si
altera in qualsiasi modo lo stato di quiete della superficie del liquido: una goccia che
vi cada, un dito che vi si immerga, provocano deformazioni circolari, mentre per
esempio un impulso impresso ad un cilindretto produce un’onda rettilinea.
Possiamo ottenere deformazioni periodiche facendo oscillare masse parzialmente
immerse, come una piccola massa appesa ad una molla, oppure come un righello
che si immerge parzialmente, oscillando di moto armonico: otterremo nei due casi,
rispettivamente onde periodiche circolari ed onde periodiche rettilinee.
È importante sottolineare la facilità con la quale si possono seguire i fenomeni
ondulatori che avvengono sulla superficie di un liquido usando una semplice
attrezzatura, che prende il nome di ondoscopio ed è essenzialmente una bacinella
con fondo trasparente che contiene il liquido, tenuta ad una certa altezza mediante
un sostegno, e un proiettore, posto al di sopra di essa.
La cresta di un’onda, cioè la zona d’onda tratteggiata nella figura sottostante, funziona da lente
convergente e compare sullo schermo come una linea assai chiara, mentre una gola, per
opposta ragione, compare come una linea scura.
I liquidi si presentano dunque particolarmente adatti all’osservazione di una propagazione
ondosa su una superficie.
Essi sono però piuttosto lontani dal costituire un mezzo, come la membrana, nel quale la
propagazione di un’onda avviene interessando effettivamente la sola superficie e
producendo solamente moti delle particelle elementari in direzione perpendicolare alla
superficie stessa. Infatti le particelle non superficiali del liquido partecipano al moto
ondoso percorrendo traiettorie ellittiche o circolari. L’aspetto ondoso che viene
schematicamente indicato ricorda una sinusoide, in realtà la forma delle onde marine si
presenta in una conformazione che ricorda un altro tipo di curva geometrica, piuttosto
complicata da descrivere analiticamente: la trocoide.
Essa è generata da un punto di una circonferenza che rotola lungo una retta.
Se si provoca una perturbazione di brevissima durata in un punto della superficie del
liquido contenuto in una bacinella, si nota l’originarsi di un’onda e che il fronte dell’onda si
mantiene circolare anche ad una notevole distanza dalla sorgente: ciò prova che la velocità
di propagazione è uguale in tutte le direzioni.
Per questa ragione si dice che la superficie libera di un liquido è un mezzo isotropo per ciò che
riguarda la propagazione delle onde.
Senza approfondire la relazione che intercorre tra velocità di propagazione e caratteristiche
del liquido nel quale avviene la propagazione stessa, possiamo dire che per l’acqua e per
profondità dell’ordine del centimetro risulta
v = √ gh
dove v è la velocità di propagazione, g l’accelerazione di gravità ed h la profondità.
Due mezzi superficiali vengono considerati diversi se diversa è la velocità delle onde che si
propagano su di essi.
Pertanto un liquido che si presenta in uno stesso ondoscopio a due diverse profondità (per
esempio per un brusco innalzamento del fondo) costituisce due successivi e diversi mezzi di
propagazione.
Le onde marine sono onde superficiali, il vento è la causa più comune di formazione delle
onde marine. La forza di gravità e la tensione superficiale tendono a livellare la superficie
perturbata dal vento dando quindi origine alle oscillazioni che caratterizzano le onde. Per
quanto sia intensa l’azione del vento, le onde non crescono indefinitamente; l’energia sottratta
al vento viene dissipata dalla turbolenza. Perché si crei un’onda deve esserci una forza di
disturbo che allontani il sistema originario (il mare calmo) dall’equilibrio e una forza di
richiamo che tenda a riportare il sistema in equilibrio (gravità, tensione superficiale). Le onde
superficiali del mare sono spesso descritte come onde orbitali progressive.
Progressive perché il profilo d’onda si muove orizzontalmente da un luogo ad un altro;
orbitali perché le particelle d’acqua vicine alla superficie percorrono orbite chiuse, simili ad
ellissi. Il moto delle onde superficiali è un moto sinusoidale. λ è la lunghezza d’onda, ossia la
distanza tra due vette o gole, h è l’altezza dell’onda, ossia la distanza verticale fra il punto più
alto della cresta e il punto più basso della gola adiacente. La frequenza f è l’inverso del
periodo e misura il numero di cicli completi in un secondo. Il periodo T è il tempo
necessario per il passaggio di due creste consecutive in un punto fissato.
Esprimiamo ora il concetto di linea d’onda. Si tratta della linea continua ogni punto della
quale è nelle identiche condizioni di moto dei rimanenti.
Così per esempio una linea d’onda - come quella segnata AB - è l’insieme dei punti di
quota massima.
È facile individuare il comportamento di un’onda rettilinea isolata quando incontra un ostacolo
rettilineo:
Dallo schema si deduce che l’onda che incontra l’ostacolo sotto l’angolo i, detto angolo di
incidenza, produce un’onda che si allontana dall’ostacolo, formando con esso un angolo r ,
detto di riflessione, uguale all’angolo i.
Inoltre un’onda rettilinea incontrando la soglia AB che segna la variazione di profondità del
liquido determina due onde; di queste , una, pur variando la primitiva direzione di
propagazione, rimane nel primo mezzo e viene chiamata onda riflessa, mentre l’altra si
propaga nel secondo mezzo ed è detta onda trasmessa.
Le onde sono un moto di superficie delle acque dovute
principalmente all'azione del vento. Quando il vento spira
sul mare la sua superficie viene deformata, non solo
nell’area dove il vento soffia, ma anche in zone lontane
centinaia di chilometri, fino ad una profondità massima di
150 metri. Infatti è possibile osservare il mare agitato
anche in aree prive di vento, in quanto la deformazione
non si smorza nello stesso momento in cui questo cessa
ma si attenua lentamente.
L'onda si forma perché il vento spinge lo strato d'acqua superficiale, cedendo parte
della sua energia, e quindi quantità di moto, e fornendolo di una velocità superiore allo
strato d'acqua sottostante; per attrito ogni strato d'acqua con velocità differente tende a
trascinare lo stato sottostante più lento e nel contempo a rallentare, da qui si capisce
che se le onde non sono alimentate continuamente sono destinate a dissolversi se
prima non incontrano un ostacolo. L'attrito tra il vento e la superficie dell'acqua fa
muovere le particelle superficiali di un moto circolatorio, percorrendo orbite chiuse. Il
meccanismo è rafforzato dal fatto che il vento non è perfettamente uniforme perché, ad
esempio, le regioni di turbolenza sempre presenti provocano forti variazioni locali della
pressione dell’aria, che contribuiscono a innalzare o ad abbassare il livello dell’acqua
sottostante, rispetto alla situazione di equilibrio in assenza di vento. La forza di gravità e
la tensione superficiale tendono a livellare la superficie perturbata dal vento dando
origine alle oscillazioni che caratterizzano le onde.
I meccanismi di richiamo sopra citati sono quelli che danno origine alla
propagazione delle onde sull’acqua:
1. nel caso della forza di gravità l’acqua che si trova sulla cresta viene richiamata
nella posizione di equilibrio dalla sua forza peso, mentre quella che si trova nella
valle viene spinta verso l’alto dalla differenza di pressione idrostatica presente fra la
cresta e la valle.
2. nel caso della tensione superficiale T un liquido la cui superficie venga estesa
viene a trovarsi in una situazione instabile dal punto di vista energetico. Infatti è
necessario compiere un lavoro contro le forze di attrazione molecolare per trasferire
particelle dall’interno alla superficie; il liquido così perturbato tende a tornare nella
condizione imperturbata, cui compete il valore minimo dell’energia potenziale.
I due meccanismi hanno effetti opposti e alle alte frequenze prevale il
meccanismo di tensione superficiale; alle basse frequenze prevale il meccanismo
della forza di gravità.
Per quanto prolungata e intensa sia l’azione del vento, le onde non crescono
indefinitamente.
L’energia sottratta al vento viene dissipata dalla turbolenza.
Ad esempio, le onde che si frangono trasformano l’energia “organizzata” del moto in un
movimento caotico. Anche la viscosità sottrae energia, ma ad un ritmo minore rispetto
alla turbolenza.
Pertanto, le onde crescono in altezza ed eventualmente in lunghezza finchè l’apporto di
energia supera la perdita per dispersione.
Il moto ondoso si propaga per notevoli distanze pur attenuandosi per le perdite di
energia, dovute all'attrito interno e alla resistenza dell'aria, fino a che non urta contro una
costa.
La formazione e lo sviluppo dell'onda marina presenta alcune fasi abbastanza
definite. La prima è quella delle "increspature" ovvero delle onde capillari (periodo
inferiore a un secondo); subito dopo viene la "maretta" (periodo compreso tra 1 e 4
secondi) e infine la fase dei "cavalloni" (periodo 5-12 secondi). Il meccanismo della
formazione dei "cavalloni" può riassumersi come segue. Quando il vento è più veloce
dell'onda, ne accelera le particelle sulla cresta, che tende a spingersi in avanti, mentre
rallenta quelle nel cavo. In questo modo l'onda tende ad aumentare in altezza, in
lunghezza e velocità. I valori massimi delle prime due grandezze, in funzione della
velocità del vento, sono raggiunti in tempi diversi: prima in altezza e successivamente
in lunghezza. La pendenza, quindi, aumenta con l'età dell'onda, per toccare il suo
massimo quando la velocità dell'onda stessa raggiunge i 2/5 di quella del vento (età
0,4), per poi decrescere, a meno che non si sia rotta. In quest'ultimo caso, ossia
quando l'onda si rompe, si generano i cosiddetti frangenti, ovvero le creste di spuma
bianca, che crollano in avanti sul cavo antistante, sotto forma di massa di acqua
spumeggiante. Le corrispondenti onde sono appunto i "cavalloni".
La pendenza delle onde dipende dall'età, piuttosto che dalla velocità del vento. L'età
dell'onda varia da meno di 0,1 a circa 2. Nell'età giovane le onde sono corte e
camminano con una velocità minore di quella del vento; la pendenza aumenta fino al
valore massimo di 1/7 (età 0,4) e poi diminuisce. Col crescere ulteriore dell'età, la
velocità dell'onda può superare quella del vento; la pendenza continua a diminuire
fino a un certo valore e poi rimane costante.
Le onde del tipo "increspature", "maretta" e "cavalloni" sono tutte determinate
dall'azione diretta e in atto del vento sul posto, e prendono il nome di onde vive. La
direzione di provenienza del moto ondoso è compresa entro un angolo di 10 gradi
con quella del vento. Il mare costituito da onde vive viene detto "mare vivo" e in
inglese "sea". Quando le onde sono causate da un vento che ha soffiato
precedentemente (fino a 4 giorni prima) anche in tratti di mare molto distanti (fino a
4000 chilometri), il corrispondente mare è detto "mare morto o lungo" e in inglese
"swell". La direzione del mare lungo è indipendente da quella del vento in atto
• Onde d’acqua alta: caratterizzate dalla condizione λ/h<<1 e la loro velocità è c=√gλ/2π
• Onde d’acqua bassa: caratterizzate dalla condizione λ/h>>1 e la loro velocità è c=√gh.
Questo implica che quando diminuisce la profondità l’onda tende a rallentare a causa
dell’attrito con il fondale.
È importante notare che, secondo le formule date, uno tsunami nonostante abbia una
lunghezza d’onda di centinaia di chilometri viene considerato come un’onda d’acqua bassa.
La figura sottostante evidenzia come in mare aperto (1) l'onda sia caratterizzata da una limitata
ampiezza. Al diminuire della profondità del fondale (2) si innesca il fenomeno del runup
(3) ed il muro d'acqua si riversa sulla costa (4) spingendosi nell'entroterra
In base al periodo possiamo classificare le onde in tre gruppi:
• Onde di capillarità: sono le onde con il periodo minore cioè sempre inferiore a 0.1
secondi, sono per lo più generate da piccoli sbuffi di vento e il loro meccanismo di
richiamo è la tensione superficiale.
• Onde di gravità: sono le più comuni e hanno un periodo che varia da 1 a 30 secondi,
sono generate dal vento e dalle tempeste. Sono dovute alla forza di richiamo
gravitazionale.
• Onde lunghe: hanno periodo superiore a 5 minuti, possono essere generate da venti
molto intensi, da terremoti, da frane e dalle tempeste. La loro forza di richiamo è quella
gravitazionale e quella di Coriolis.
Le onde di gravità hanno lunghezza d’onda sufficientemente grande, in cui la velocità è
indipendente dalla natura del liquido ed è proporzionale alla radice quadrata della lunghezza
d’onda comportando quindi che maggiore è λ e più veloce è la propagazione.
Onde con lunghezza d’onda molto piccola: sono quelle che si osservano con un vento lieve;
sono dette increspature. Queste onde sono labili, difatti se la brezza termina, le onde
svaniscono e la superficie del mare ritorna calma ma, superata la lunghezza d’onda di 1.7 cm
e la velocità di 23 cm/sec, si trasformano in onde di gravità.
• Onde di impatto: sono generate da terremoti, frane e altre forme di impatto,
appartengono a questa categoria anche gli tsunami. Su piccola scala sono ad esempio le onde
generate da un sasso gettato nell’acqua.
• Onde forzate: sono le onde sottoposte all’azione continuata di una forza, come ad
esempio il vento. La marea è un onda forzata che risente dei periodi del sole e della luna.
Le onde sono la principale fonte di energia che modella e modifica le linee di costa, che ha i
suoi effetti anche nei laghi, anche se con minore intensità e brevemente daremo qualche
accenno della fisica di questi movimenti: le onde sono generate dall'azione del vento che
spirando sulla superficie del mare ad almeno una velocità superiore a 3 Km/h (ma come detto
può essere anche un lago, uno stagno ecc..) ne trasferisce parte della sua energia. Il moto
ondoso interessa soltanto la parte superficiale del mare e non si fa più sentire al di sotto di una
profondità P che in genere è la metà della lunghezza d'onda.
Schemi che rappresentano il movimento delle onde.
La sommità di un onda è chiamata cresta mentre la depressione è chiamata cavo e il dislivello
tra cavo e cresta è l'altezza dell'onda; la distanza tra due creste, o due cavi, consecutivi è
appunto la lunghezza d'onda. Possiamo anche stabilire il periodo che non è altro che il tempo
che intercorre tra il passaggio di due creste consecutive.
Tutti questi parametri dipendono da tre fattori fondamentali: la velocità del vento, per quanto
tempo il vento ha soffiato mantenendo la stessa direzione (si distinguono tra venti dominanti
quelli che soffiano con maggior forza, e venti regnanti quelli che soffiano con durate più
lunghe), e quanta superficie del mare è stata interessata dall'azione del vento in questione (detto
fetch). In pieno oceano onde di 3-4 metri sono comuni e quando il vento cessa le onde
continuano a propagarsi subendo un lento mutamento in quanto l'altezza di queste onde
diminuisce lentamente e ne aumenta la "lunghezza d'onda".
Sotto una sezione di una piattaforma di erosione, e l'avvio della formazione di una piattaforma
di accumulo (dove si depositano i sedimenti).
È importante notare che nel mare aperto il movimento dell'onda è diverso da quello delle
singole particelle d'acqua che la costituiscono; è l'onda che avanza e non l'acqua, e ad ogni
passaggio di un onda le particelle compiono una traiettoria circa circolare per tornare al punto
di partenza quando questa è passata (un po come succede per le onde sismiche).
Ma in questa sede interessa studiare soprattutto le modificazioni che le onde subiscono
avvicinandosi alla costa: modificazioni nella velocità, nella direzione e nella forma, e quindi
nella quantità di energia. Quando la profondità diminuisce fino a circa la metà della "lunghezza
d'onda" le onde iniziano a modificarsi poiché iniziano a risentire del fatto che il fondo provoca
un certo attrito con l'acqua e questo fa si che le onde che seguono, che saranno leggermente
più veloci, "guadagnino del terreno" su quelle più vicino alla costa e il risultato è una sorta di
compattazzione delle onde che infatti diminuiscono la loro lunghezza d'onda e velocità, ma
aumentano la loro altezza fino a che non si raggiunge un punto oltre al quale il fronte d'onda
diviene così ripido che non è più in grado di sostenersi e l'onda collassa, cioè si rompe
(frangente) e si ha la trasformazione da una onda di oscillazione in un onda di traslazione; cioè
in queste condizioni si ha un effettivo spostamento della massa d'acqua in avanti.
Se le onde si avvicinano alla costa obliquamente esse inizieranno a risentire del rallentamento
della loro propagazione solo in una parte e ne risulta una rotazione dei fronti d'onda che
tenderanno ad allinearsi parallelamente alla costa (questo fenomeno è conosciuto come la
rifrazione delle onde; vi sono anche altri fenomeni che causano il cambiamento di direzione
delle onde come la riflessione e la diffrazione che spiegano come le onde arrivano, anche se
con una forza notevolmente minore, in quelle parti di costa protette dalle onde provocate dal
vento).
Schema sul funzionamento
della rifrazione delle onde
Esempio di falesia Irlandese
(Cliff of Moher) che si eleva sul mare
per circa 230 metri.
È proprio questa energia della massa d'acqua, che si trasferisce alla linea di costa, che ne
modifica la morfologia e tale attività prende il nome di abrasione marina; in particolare l'azione
modificatrice del mare si esplica in quattro parti: l'azione idraulica dell'acqua stessa, la
corrasione cioè quando le onde e le correnti trascinano con se dei sedimenti contro le coste,
l'usura che subiscono i ciottoli e frammenti vari nella zona dei frangenti e la corrosione cioè
l'azione chimica dell'acqua di mare (questa riveste una certa importanza solo in presenza di
coste calcaree).
Come abbiamo detto il fattore principale rimane comunque l'azione idraulica del mare che
durante le tempeste può arrivare a scagliare contro la costa migliaia di tonnellate d'acqua (le
pressioni esercitate da un'onda dell'Atlantico in media, in inverno, si aggirano intorno ai 10.000
Kg per metro quadro e aumentano notevolmente durante una tempesta; nella baia di Wick
Bay, in Scozia, durante una tempesta è stato asportato un blocco frangiflutti in acciaio e
calcestruzzo del peso di 2600 tonnellate).
Schema esplicativo della formazione del solco di battente, scavato dall'erosione del moto
ondoso alla base di una falesia.
A sinistra il fenomeno della deviazione delle onde per rifrazione, a destra il solco di battente,
scavato dall'erosione del moto ondoso alla base di una falesia.
Naturalmente più le coste sono formate da rocce poco coerenti e maggiore sarà l'effetto erosivo
del mare che quindi risulta essere un agente erosivo molto selettivo e il risultato è spesso la
formazione di grotte, archi naturali, di una ripa di erosione o falesia (come quelle della Manica,
Inghilterra) e di una piattaforma di erosione (in California ve ne sono alcune larghe 500 metri
con una inclinazione di soli 2°). La naturale evoluzione di una falesia è appunto il retrocedere
di questa poiché, con la continua azione del moto ondoso, si formeranno degli intagli
orizzontali in corrispondenza del livello medio delle acque, detti solchi di battente (soprattutto
nelle rocce carbonatiche), che diventeranno via via più profondi fino a quando la massa di
roccia soprastante, non avendo più appoggio, crollerà sulla piattaforma d'erosione e i rimanenti
detriti verranno portati via dall'azione del mare. Con il procedere di questa azione e il
conseguente arretramento si può arrivare alla formazione di una falesia morta, cioè la
piattaforma d'abrasione è talmente sviluppata che frena e rallenta le onde proteggendo in tal
modo la falesia da altri attacchi e facendo così cessare l'arretramento.
La rifrazione delle onde è un'altra caratteristica molto importante poiché, tendendo le onde a
propagarsi parallelamente alla costa l'azione erosiva si concentra contro i lati e le estremità dei
promontori e risulta molto meno intensa all'interno delle baie; questa caratteristica fa si che le
coste tendono a regolarizzarsi nel senso che l'erosione marina tende a smussare le sporgenze
che si protendono in mare e a trasformare le linee di costa irregolari in linee di costa rettilinee.
Comunque nonostante il fenomeno della rifrazione molte onde raggiungono le baie e le
spiagge spesso con un certo angolo, di conseguenza il flutto montante di ciascun frangente si
muove obliquamente rispetto alla costa, mentre la risacca (l'acqua che rifluisce dalla terra verso
il mare) si muove sempre lungo la direzione di massima pendenza e quindi
perpendicolarmente alla costa. L'effetto complessivo di questo movimento è che le particelle di
sedimento che costituiscono la spiaggia subiscono un movimento a zig zag, chiamato
movimento a dente di sega, e danno luogo al cosidetto trasporto litoraneo.
Evoluzione della linea di costa.
Questo fenomeno, insieme al trasporto in sospensione delle particelle più fini, può coinvolgere
enormi quantità di sedimenti; nella località di Sandy Rock (New Jersey, Stati Uniti) è stato
calcolato che vi è un trasporto di sabbia pari a 750.000 tonnellate all'anno. In queste zone dove
il trasporto litoraneo è molto accentuato si possono formare anche altre strutture come le
frecce litoranee, che sono dei cordoni di sabbia che dalla terra ferma si allungano verso
l'imboccatura di una baia adiacente, e se la freccia si sviluppa sufficientemente da chiudere
completamente la baia, isolandola dal mare aperto, prende il nome di cordone litoraneo; il
tombolo è sempre un cordone di sabbia ma che unisce un'isola alla terra ferma, e spesso sono
più di uno (tipici sono quelli dell'Argentario). A largo di coste poco profonde e a debole
pendenza si possono sviluppare dei cordoni paralleli alla linea di costa che danno vita a delle
zone di acqua relativamente calma (le lagune, tipica è quella di Venezia), e la loro origine
ancora non è chiara; potrebbero essere delle frecce litoranee poi rimaste isolate dalla terra
ferma, o create dalle stesse correnti del mare; un'altra ipotesi è che queste fossero
originariamente dei cordoni di dune formatesi lungo la costa durante l'ultima era glaciale e
successivamente, con l'innalzamento marino, queste sarebbero rimaste isolate dalla terra ferma.
Foto di un tombolo che unisce un isola alla terra ferma (Massachusetts, Stati Uniti).
Sotto lo schema della propagazione della sabbia lungo una spiaggia (a dente di sega).
Questo movimento naturale della sabbia può provocare dei problemi di stabilità della spiaggia
stessa, (se l'asporto di sabbia è maggiore dell'apporto) e quindi spesso si tenta di rallentare il
fenomeno con vari accorgimenti come i moli, frangiflutti, pennelli e altro. I moli sono in
genere costruiti a coppie alla foce dei fiumi ed hanno lo scopo di costringere l'acqua a scorrere
entro uno spazio ristretto (di conseguenza aumenta la velocità dell'acqua) e quindi impedendo
la sedimentazione su fondale in quel tratto e spesso aiutano la stessa sabbia a rimanere sulla
spiaggia; a questo scopo spesso si usano i pennelli, brevi argini perpendicolari alla costa che
interrompono così il trasporto litoraneo, ma non risultano un rimedio soddisfacente per lunghi
periodi di tempo; qualche volta si ricorre ai frangiflutti, strutture semisommerse parallele alla
costa che possono diminuire l'impeto del moto ondoso e quindi il conseguente trasporto
litoraneo.
Nello schema il funzionamento dei moli e pennelli, nelle foto sotto da sinistra: una freccia
litoranea, un cordone litoraneo che chiude completamente una baia, un tombolo e un cordone
litoraneo.
Nelle foto la spiaggia di Santa Monica (California, Stati Uniti) a sinistra nel 1931 e a destra nel
1949. Da notare l'effetto di un frangiflutti che ha interrotto il trasporto litoraneo.
Questo effetto, osservato grazie alle foto d’epoca della città di Santa Monica, è largamente
presente in molte città tra cui Savona che grazie a questo metodo hanno aumentato
notevolmente le sue coste.
Come si vede la grande varietà di coste indica che si tratta di zone molto complesse che
dipendono da molti fattori, alcuni dei quali abbiamo già esposto (il tipo di rocce, la dimensione
e direzione prevalente delle onde, il numero delle tempeste, l'ampiezza della marea, il profilo
della parte di costa sommersa….), ma ve ne sono altri che dobbiamo tenere in considerazione
come i fenomeni tettonici e il cambiamento del livello del mare.
Un criterio adottato da molti per classificare le coste si basa si cambiamenti avvenuti nel livello
del mare e divide le coste in due categorie: le coste in emersione che si sviluppano sia per un
innalzamento tettonico della costa, sia per un abbassamento del livello marino, e le coste di
sommersione che si originano quando il livello marino aumenta o la costa subisce un
fenomeno di subsidenza. Le coste in emersione si notano facilmente in molte località (come in
Calabria, dove si ritrovano parecchi terrazzi marini a quote differenti che testimoniano
l'innalzamento della zona; e in regioni come la Scandinavia dove è in corso un innalzamento
per ragioni isostatiche; poiché le tipiche strutture morfologiche, come le falesie, o le
piattaforme d'abrasione si trovano molto al di sopra del livello del mare. Mentre più difficile è il
riconoscimento delle coste in sommersione poiché chiaramente tutte le prove sono nascoste
dal mare.
Si possono comunque individuare grazie ad alcuni particolari come
il fatto che questo tipo di costa è molto irregolare
(chiamate coste a rias, termine derivato dalla Galizia Spagnola)
poiché adesso la linea di costa è naturalmente indietreggiata fino
a coinvolgere i tratti terminali dei reticoli fluviali e quindi le creste
che un tempo fungevano da spartiacque sono adesso le uniche a
rimanere al di sopra del livello del mare e danno vita a dei
promontori. Si può notare anche, come lungo la costa Dalmata,
la presenza di numerose isole poste parallelamente
alla costa; queste non sono altro che antichi rilievi provocati da spinte
tettoniche che hanno intensamente piegato e corrugato la zona
Effetto del molo
(ben visibili all'interno, nelle Alpi Dinaridi), e ora con l'innalzamento
a Cesenatico
del mare, emergono solo gli apici di tali pieghe che hanno dato
vita alle numerose isole, mentre i canali che le separano non sono
altro che la depressione concava tra due pieghe successive.
Da menzionare sono anche le tipiche coste a fiordi (in Norvegia, Scozia, Alaska…) prodotte dal
modellamento glaciale.
Nelle foto sotto da sinistra: una successione di terrazzi marini che
si elevano fino a 300 metri, attualmente questa parte di costa è in
emersione per motivi tettonici
(isola di San Clemente, San Diego, Stati Uniti), una varietà della
composizione delle rocce affioranti spiega la presenza dei molti
scogli (Oregon, Stati Uniti), una piattaforma d'erosione esposta
alla bassa marea (Bolinas Point, San Francisco, Stati Uniti).
Sopra un esempio di
rias.
Le onde anomale sono un fenomeno marino di cui non si conoscono né le cause
né l'origine. Sono state osservate onde anomale alte da 25 a 30 metri, che
sembrano formarsi in modo imprevedibile. Tali onde possono essere
estremamente pericolose poiché sono in grado di affondare navi anche di grande
stazza.
Secondo alcune ricerche, è possibile che si generi naturalmente un'onda anomala
da un insieme casuale di onde più piccole da cui assorbe energia sviluppandosi
verticalmente per poi diventare instabile e collassare in breve tempo.
Sembrano esistere tre categorie di onde anomale:
•"Muri d'acqua" che viaggiano per al massimo 10 km nell'oceano
•"Tre Sorelle", gruppi di tre onde
•Singola onda di tempesta gigante
Il fenomeno delle onde anomale è ancora argomento di ricerca, ed è troppo presto per
poter stabilire quali sono le cause principali o come cambiano da luogo a luogo. Le
zone maggiormente a rischio sembrano essere quelle dove una forte corrente si
muove in senso contrario alla direzione principale del moto delle onde. Le tesi
proposte non spiegano l'esistenza di tutte le onde anomale osservate, quindi molti altri
meccanismi sono possibili, con locali varianti. Alcuni meccanismi proposti per la
formazione di onde anomale sono:
• messa a fuoco per diffrazione (Diffractive focusing)
• messa a fuoco a causa di correnti spaziali
• effetti non lineari, come nel caso dei solitoni.
In matematica e in fisica, un solitone è un'onda solitaria auto-rinforzante causata da effetti
non lineari in un mezzo. Il fenomeno dei solitoni fu descritto per la prima volta da
John Scott Russel (1808-1882) che osservò un'onda solitaria risalire la corrente
nell'Union Canal per chilometri senza perdere energia, poi riprodusse il fenomeno in
un recipiente di onde e la chiamò "Onda di Traslazione".
Il termine maremoto indica il fenomeno di
spostamento improvviso di grandi masse d'acqua
causato da terremoti, da eruzioni vulcaniche, da
frane o da impatti meteoritici. Quando questi
fenomeni sono sottomarini o in vicinanza del mare
si possono generare dei maremoti e delle onde
estremamente alte. Queste ultime sono indicate con
la corrispondente parola, tsunami,. dal giapponese
“tsu” = porto e “nami” = onda, quindi “onda sul
porto”
I terremoti sottomarini, se di scala Richter superiore a magnitudo 8-9, possono causare
uno spostamento della massa d'acqua sovrastante (il maremoto) e una o più onde, alte
anche da 10 a 100 metri. Quando queste onde incontrano la terraferma o delle isole, si
abbattono in modo devastante sul litorale, anche per chilometri. Le onde di uno
tsunami hanno un periodo dell'ordine di un'ora e una lunghezza d'onda che può
raggiungere anche il valore di alcune centinaia di km.
Ma i parametri fisici che più di ogni altro caratterizzano le onde di uno tsunami,
chiamate anche "shallow-water waves" (onde d'acqua bassa), sono la loro modesta
ampiezza (altezza rispetto al piano medio della superficie marina) e l'elevata velocità con
la quale si propagano in mare aperto.
La velocità v di propagazione delle "shallow-water waves" è data dalla formula delle onde
di acqua bassa v = gh in cui h è la profondità dell'acqua in quel punto e g è l'accelerazione
di gravità (9.8 m/sec²).
Utilizzando questa formula troviamo che, per esempio, in un oceano caratterizzato da una
profondità di 4000 metri (quale può essere l'Oceano Pacifico) un'onda di tsunami si può
propagare alla velocità di oltre 710 km/ora: la velocità di un aereo.
La ridotta ampiezza di queste onde, il cui valore è tipicamente dell'ordine di un metro, fa
sì che esse risultino praticamente "invisibili" per qualsiasi imbarcazione che le incroci in
mare aperto.
L'estrema pericolosità di questo fenomeno può essere meglio compresa introducendo
alcune considerazioni riguardanti l'energia trasportata dal moto ondoso.
Il tasso di perdita di energia di un'onda è strettamente correlato all'inverso della sua
lunghezza d'onda e questo comporta che la propagazione di un'onda di tsunami avvenga
con piccolissime dispersioni, dunque il treno d'onde può percorrere lunghissime distanze
mantenendo praticamente inalterato il suo carico energetico.
E sono proprio l'elevatissimo contenuto energetico delle onde e il principio di
conservazione dell'energia che trasformano queste propagazioni da piccoli e quasi
impercettibili movimenti della superficie marina in mare aperto a gigantesche calamità
naturali nel momento in cui si abbattono violentemente sulle coste.
Tutto dipende ancora dalla relazione tra la velocità e la profondità dell'acqua vista prima.
Avvicinandosi alle coste diminuisce la profondità del mare e dunque anche la velocità
delle onde si riduce, ma questo comporta che, dovendo per necessità fisica rimanere
costante l'energia, debba aumentare l'ampiezza del moto ondoso, cioè l'altezza delle onde.
La massima altezza cui può giungere un'onda
di tsunami viene indicata con il termine
inglese di "runup" ed il suo valore è
mediamente circa dieci volte maggiore
dell'altezza dell'onda che lo ha originato, ma è
evidente che tutto è legato all'andamento del
profilo batimetrico.
Molta importanza nel limitare gli effetti
devastanti di uno tsunami hanno, infine, la
morfologia della costa e la configurazione del
terreno (liscio o rugoso, ricco o privo di
alberi), elementi in grado di rallentare o meno
l'impeto dell'acqua che tende ad addentrarsi
nella terraferma anche per centinaia di metri.
Vi è anche la possibilità che uno tsunami non si manifesti subito come la classica
gigantesca onda che si abbatte sulla costa, ma come un improvviso fenomeno di bassa
marea, un repentino ritirarsi delle acque fino a lasciare scoperto il fondale marino per
decine di metri prima che, una dopo l'altra, le numerose ondate che costituiscono lo
tsunami si abbattano con gigantesca violenza ed elevata velocità su chi, incautamente, si è
attardato ad osservare lo strano fenomeno.
L'entità finale dell'evento è, evidentemente, legata in modo molto stretto all'energia
trasmessa all'oceano dall'evento scatenante: nel caso di terremoto, ad esempio, sarà la sua
magnitudine a determinare l'ampiezza iniziale del moto ondoso. Ma hanno la loro
importanza anche altre caratteristiche quali la rapidità delle deformazioni del fondo
marino, il profilo batimetrico e la profondità del mare nella zona dell'epicentro.
Si è visto come al primo posto tra le cause
generatrici di tsunami siano certamente da collocare i
fenomeni sismici sottomarini (o comunque con
epicentro prossimo alla costa), ma si è anche
sottolineato che l'origine sismica non è la sola a dover
essere considerata; alcuni tsunami infatti possono
essere innescati da una particolare tipologia di
eruzioni vulcaniche.
E' noto che, generalmente, un'eruzione vulcanica è
preceduta e accompagnata da manifestazioni sismiche
anche di notevoli intensità e questa semplice
considerazione ci porta senza ombra di dubbio a
dover catalogare anche i fenomeni vulcanici quali
possibili cause del verificarsi di tsunami, possibilità
che diventa certezza nel caso in cui la struttura
vulcanica sia localizzata su piccole isole o in
prossimità della costa.
Vi sono, però, particolari manifestazioni dell'attività
vulcanica che si prestano a diventare causa scatenante di
giganteschi tsunami e ci riferiamo a quelle eruzioni
vulcaniche che potremmo sinteticamente definire
"esplosive" che si verificano in prossimità del mare.
Se un'eruzione esplosiva ed il susseguente collasso
coinvolge strutture vulcaniche sulla terraferma le
conseguenze sono soprattutto di natura sismica, ma
allorché il fenomeno si verifica in presenza di acqua le cose
cambiano, e parecchio.
Quando il magma vulcanico viene a contatto e interagisce
con acqua (sia essa di origine marina o proveniente da
falde sotterranee) si parla di attività idrovulcanica: l'effetto
immediato di tale interazione è il surriscaldamento,
l'ebollizione e la vaporizzazione dell'acqua, situazione che
sfocia nell'innalzamento della pressione e nella violenta
espansione (esplosione) del gas prodotto.
Dal punto di vista fisico si tratta di una trasformazione
dell'energia: si passa dall'energia termica posseduta dal
magma incandescente a quella meccanica insita
nell'esplosione.
Con il termine correnti marine viene indicato il movimento di massa d'acqua non
collegato alla marea, o al moto ondoso.
Le correnti esistono lungo tutta la massa d'acqua, e talvolta solo in determinati strati
senza causare effetti visibili in superficie. Esse si verificano prevalentemente in acque
profonde ed in mari aperti. Inoltre, mentre le correnti di marea hanno un ciclo
temporale ben definito, le correnti marine sono permanenti (o stazionarie) oppure
stagionali (o semipermanenti).
Esistono diversi tipi di correnti marine e possono essere classificate:
•
in base alle cause che le creano (correnti di gradiente e correnti di deriva)
•
in relazione alla temperatura dell'acqua che si sposta confrontata con la temperatura
dell'acqua che la circonda (correnti calde o fredde).
•
in relazione alla profondità ove si verificano (superficiali se interessano lo strato
d'acqua dalla superficie ai 200 metri; interne se interessano lo strato d'acqua al di
sotto dei 200 metri; di fondo se interessano lo strato d'acqua vicino al fondale
marino).
Il moto orizzontale della massa d'acqua superficiale (o correnti superficiali), è dovuto
all'azione combinata di correnti di gradiente e di deriva.
Il moto ondoso può essere utilizzato anche per fini pratici in vari campi di applicazione.
E' infatti possibile ottenere energia da maree, moto ondoso e correnti, utilizzando
adeguate macchine idrauliche e termodinamiche. D' altra parte anche la meteorologia si
avvale di questi studi per le previsioni quotidiane, ciò ha portato alla creazione di diverse
scale (Beaufort e Douglas), utilizzate durante la navigazione, che determinano la velocità,
l'altezza del moto ondoso e gli effetti del vento su di esso.
L'energia delle onde è per metà potenziale e per metà cinetica,essa è proporzionale al
prodotto della lunghezza d'onda per il quadrato dell'altezza dell'onda. L' energia potenziale,
derivante dall' elevazione o depressione della superficie dell'acqua, avanza insieme al profilo
dell'onda; l'energia cinetica, data dalla somma dei moti di tutte le particelle del treno d'onde,
avanza alla stessa velocità del gruppo. La termodinamica ci dice che se c'è una differenza di
temperatura, c'è "energia libera", cioè energia disponibile per ottenere lavoro. Dall'acqua salata
è possibile ricavare energia, sfruttando l'energia di movimento (moto ondoso, maree, correnti)
e l'energia termica (riscaldamento delle acque) attraverso la creazione di bacini artificiali e
apparecchiature che sfruttano la differenza di temperatura. Queste tecnologie, però, sono
ancora poco sviluppate e, in certi casi, soltanto a livello sperimentale. Ci sono, infatti, allo
studio ipotesi per concentrare e focalizzare le onde in modo da aumentarne l'altezza e il
potenziale di conversione in energia elettrica. Alcune ipotesi prevedono di utilizzare le
variazioni di pressione che si riscontrano al di sotto della superficie del mare, altre utilizzano
dei galleggianti che "copiano" il moto ondoso trasferendolo a dei generatori per mezzo di
pistoni idraulici, questo avviene secondo due principi:
1. principio della colonna d'acqua oscillante
Il turbogeneratore ha le proprietà di mantenere lo stesso senso di
rotazione indipendentemente dalla direzione del flusso d'aria, quindi
le turbine ricevono la spinta sia nella fase di compressione sia in quella
di decompressione. Gli impianti sono progettati per una potenza
di 2MW e non sono necessariamente costieri. Con piattaforme al largo
si potrà raccogliere la spinta, ben più elevata, delle onde lunghe del mare.
Una diversa tecnologia che utilizza il moto ondoso, sfrutta l'ampiezza dell'onda ed è basata su
una struttura semisommersa che grazie al movimento dettato dalle onde agisce su dei pistoni
idraulici per azionare dei generatori.
2. principio di Archimede
Questo progetto consiste in una struttura ancorata al fondo marino nella quale una camera d'
aria è compressa al momento del passaggio dell'onda sopra il sistema e risale quando l'onda è
passata.
I dispositivi ideati per convertire l'energia immagazzinata nelle onde sfruttano
essenzialmente due caratteristiche: il dislivello nel profilo dell'onda e il moto delle
particelle d'acqua sotto la superficie. Le turbine idrauliche convertono l'energia di una
riserva d'acqua in posizione elevata o di un corso d'acqua nell'energia meccanica di
un'asta rotante. La maggior parte delle turbine idrauliche sono simili ai propulsori di
un'imbarcazione, esse sono formate da diverse lame, o pale, posizionate ad un angolo
che può essere modificato a seconda della potenza di uscita richiesta per la turbina.
L'asta rotante aziona un generatore elettrico che trasforma l'energia meccanica in energia
elettrica.
La centrale sarà munita delle seguenti apparecchiature:
•Le pompe a vuoto in grado di svuotare le celle di captazione delle sacche d'aria che
avessero da formarsi,
•Le turbine atte, con regolazione oppure con una serie diversificata di macchine, a
sfruttare i diversi regimi di funzionamento dell'insieme in oggetto in uno con gli annessi
alternatori di produzione della corrente
•Le apparecchiature di regolazione del cuscino d'aria e cioè i compressori e le valvole di
scarico,
•Le apparecchiature di comando e controllo automatico e manuale degli impianti.
Alcuni centri meteo utilizzano il modello d’onda spettrale di
accoppiamento vento-onde oceaniche per le previsioni
quotidiane delle onde marine.
Il modello WAVEWATCH III simula, date le condizioni
iniziali, la generazione e la propagazione delle onde sulla
superficie del mare, e lo strato superficiale del mare,
considerando lineare la propagazione dell’onda, ma
valutando tutti i termini di interazione.
Il modello è governato da equazioni che includono la
rifrazione e la tensione del campo d’onda dovuto alle
variazioni spaziali e temporali della profondità media del
bacino in esame e risolve in modo implicito l’equazione di
bilancio della densità spettrale per lo spettro delle direzioni
d’onda.
Come ogni modello fisico-matematico, esistono della
parametrizzazioni dei processi fisici; in questo caso, le
parametrizzazioni riguardano l’aumento e la diminuzione
dell’onda a causa del vento, le interazioni di risonanza non
lineari, la dissipazione che tiene conto del fenomeno noto
come ‘whitecapping’ e dell’attrito dell’acqua sul fondo
marino (‘bottom friction’).
Per descrivere la propagazione dell’onda sono utilizzati schemi numerici del primo e
del terzo ordine (Tolman 1995). I parametri di fase utilizzati sono il numero d'onda k, il
vettore d'onda k, la direzione q e diversi tipi di frequenze; ciò che si ottiene e' una
modellizzazione dell'onda, tramite altezza e lunghezza, e del vento, tramite direzione e
intensità.
Il termine di sorgente è dato dalla somma di tre parti: il termine che descrive
l’interazione vento-onda, il termine di interazione non lineare onda-onda e il termine di
dissipazione (‘whitecapping’). Nelle acque poco profonde deve essere aggiunto un
quarto termine che rappresenta l’attrito dell’onda e il fondale marino. I termini di
sorgente sono integrati nel tempo usando un algoritmo che dinamicamente si aggiusta ad
ogni step temporale.
Il modello d'onda utilizza come valori di input la velocità del vento e la temperatura
superficiale, della zona di mare in analisi. Le mappature dei due modelli devono essere
interpolate in modo ottimale per lavorare sulle coordinate regolari in longitudine e
latitudine utilizzate da WAVEWATCH III.
Le previsioni riguardano le successive 72 ore, di 3 ore in 3 ore, con inizializzazione
due volte al giorno: alle 00 e alle 12 UTC.
I dati di output del WAVEWATCH III sono, oltre alle informazioni sulla direzione e
le componenti delle onde, lo spettro, le frequenze, la velocità di attrito, la lunghezza di
rugosità (scala tipica degli ostacoli fisici presenti sulla superficie che, interagendo col
flusso atmosferico, provocano turbolenza).
Questo tipo di sistema non è però totalmente attendibile e non può fornire quindi dati
certi in quanto anche un piccolo errore nell’utilizzo di questo può provocare un errore
anche grande in previsioni a medio e lungo termine.
La scala di Beaufort è una misura empirica dell’intensità del vento basata sullo stato del
mare (ci si riferisce al mare aperto) o le condizioni delle onde. Il suo nome completo è
Scala Beaufort della forza del vento. Anche se la velocità del vento può essere misurata
con buona precisione mediante un anemometro, che esprime un valore in nodi o in
chilometri all'ora, un marinaio dovrebbe saper stimare questa velocità già con la sola
osservazione degli effetti del vento sull'ambiente. Il merito di avere immaginato, nel
1805, una scala contenente dei criteri relativamente precisi per quantificare il vento in
mare e permettere in tal modo la diffusione di informazioni affidabili e universalmente
comprese sulle condizioni di navigazione si deve all'ammiraglio britannico Franci
Beaufort (1774 - 1857). Un grado Beaufort corrisponde alla velocità media di un vento
di dieci minuti di durata.
SCALA BEAUFORT
velocità del vento ad una altezza di 10 m su terreno piatto
grado
velocità
(km/h)
tipo di vento
velocità
(nodi)
0
0-1
calma
0-1
il fumo ascende verticalmente; il mare è uno specchio.
1
1-5
bava di vento
1-3
il vento devia il fumo; increspature dell'acqua.
0.3 - 1.5
2
6 - 11
brezza leggera
4-6
le foglie si muovono; onde piccole ma evidenti.
1.6 - 3.3
3
12 - 19
brezza
7 - 10
foglie e rametti costantemente agitati; piccole onde, creste che cominciano
ad infrangersi.
3.4 - 5.4
4
20 - 28
brezza vivace
11 - 16
il vento solleva polvere,foglie secche,i rami sono agitati; piccole onde che
diventano più lunghe.
5.5 - 7.9
5
29 - 38
brezza tesa
17 - 21
oscillano gli arbusti con foglie; si formano piccole onde nelle acque interne;
onde moderate allungate.
8 - 10.7
6
39 - 49
vento fresco
22 - 27
grandi rami agitati, sibili tra i fili telegrafici; si formano marosi con creste di
schiuma bianca, e spruzzi.
10.8 - 13.8
7
50 - 61
vento forte
28 - 33
interi alberi agitati, difficoltà a navigare contro vento; il mare è grosso, la
schiuma comincia ad essere sfilacciata in scie.
13.9 - 17.1
8
62 - 74
burrasca
moderata
34 - 40
rami spezzati, camminare contro vento è impossibile; marosi di altezza media
e più allungati, dalle creste si distaccano turbini di spruzzi.
17.2 - 20.7
9
75 - 88
burrasca forte
41 - 47
camini e tegole asportati; grosse ondate, spesse scie di schiuma e spruzzi,
sollevate dal vento, riducono la visibilità.
20.8 - 24.4
10
89 - 102
tempesta
48 - 55
rara in terraferma, alberi sradicati, gravi danni alle abitazioni; enormi ondate
con lunghe creste a pennacchio.
24.5 - 28.4
11
103- 117
fortunale
56 - 63
raro, gravissime devastazioni; onde enormi ed alte, che possono nascondere
navi di media stazza; ridotta visibilità.
28.5 - 32.6
12
oltre 118
uragano
 64
caratteri
distruzione di edifici, manufatti, ecc.; in mare la schiuma e gli spruzzi
riducono assai la visibilità.
velocità
(m/s)
< 0.3
 32.7
nodo, internazionale (kt)
L'origine storica di questa misura
risale all'epoca velica. Quando il
comandante di un veliero voleva
conoscere la propria velocità, faceva
filare a poppa una sagola, sulla quale
erano presenti dei nodi distanziati fra
loro di 1/120 di miglio (15.433m). Alla
estremità della sagola affondata, era
fissata una tavoletta (solcometro a
barchetta), che fungeva da ancora
galleggiante. In tal modo mentre il
veliero avanzava, la sagola si svolgeva
fuoribordo facendo sfilare un nodo
dopo l'altro, quindi dopo 30 minuti di
clessidra (30") venivano contati quanti
nodi erano passati, che così
rappresentavano con molta
approssimazione la velocità della nave.
nodo (imperial knot)
nodo (US knot)
1 miglio marino/h
1 MACH
miglio marino internazionale
miglio marino italiano
miglio geografico
mile UK (nautical)
mile US (nautical)
= 0.514444 m/s
= 0.514772 m/s
= 0.514791 m/s
= 1 nodo
= 1228 km/h
= 1852 m
= 1851.85 m
= 1855.4 m
= 1853.184 m
= 1852 m
•MARE VIVO (O MARE DI VENTO)
Il mare vivo è il moto ondoso generato
direttamente dal vento in azione nella
zona di mare osservata
o nelle sue immediate vicinanze
TERMINE DESCRITTIVO
Stato del mare
ALTEZZA
MEDIA
DELLE ONDE
0
Calmo
-
1
Quasi calmo
0 - 0,10 metri
2
Poco mosso
0,10 - 0,50 metri
3
Mosso
0,50 - 1,25 metri
4
Molto mosso
1,25 - 2,50 metri
5
Agitato
2,50 - 4 metri
6
Molto agitato
4 - 6 metri
7
Grosso
6 - 9 metri
8
Molto grosso
9 - 14 metri
9
Tempestoso
oltre 14 metri
LUNGHEZZA E ALTEZZA ONDE
•MARE MORTO (O MARE
LUNGO)
Il mare morto è il moto ondoso
proveniente da zone lontana di
burrasca (onde lunghe) o da quelle
ancora residue sulle acque su cui ha
soffiato un vento molto forte (onde
morte)
0
Assenza di onde morte
1
Onda corta o media e
bassa
2
Onda lunga e bassa
3
Onda corta e moderata
4
Onda corta
Onda
media
0 - 100 metri
100 - 200
Onda lunga
oltre 200
Onda media e moderata
Onda bassa
0 - 2 metri
5
Onda lunga e moderata
Onda
moderata
6
Onda corta e alta
7
Onda media e alta
8
Onda lunga e alta
9
Onda confusa (lunghezza
e altezza non
determinabili)
Onda alta
2-4
oltre 4
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
J. S. Walker, “Fisica” vol. A - Meccanica Onde Zanichelli editore
Frank S. Crawwford “La Fisica di Berkley” vol. 3 –Onde e oscillazioni Zanichelli editore
Luciano Enrico, Aldo Vespi “Fisica oggi” Loescher editore
Appunti sulle onde del mare del professor Giacomo Caviglia
Enciclopedia Microsoft Encarta 2000
Enciclopedia Microsoft Encarta 2005
www.wikipedia.org
www.nauticaonline.it
www.energoclub.it
www.eniscuola.net
www.cosediscienza.it
www.arty.it/fisica2000.html
Nome e Cognome:
Classe:
Data:
Verifica sulla modellizzazione delle onde
marine superficiali
La prova consiste di 20 quesiti, ogni domanda è seguita da cinque risposte.
Una sola risposta è corretta. Ogni risposta corretta vale 5 punti, ogni risposta sbagliata vale 0 punti e ogni
quesito lasciato senza risposta vale 1 punto. La prova è ritenuta sufficiente se totalizzerai almeno 60 punti.
Per ciascuno dei quesiti devi trascrivere la lettera corrispondente alla risposta che ritieni corretta nella griglia
riportata qui sotto. Non sono ammesse cancellature o correzioni sulla griglia.
Il tempo totale che hai a disposizione per svolgere la prova è 30 minuti.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
1) Le onde si classificano in base a:
A.
forza del vento
B.
distanza dalle coste
C.
moti sinusoidali ondulatori
D. periodo, profondità e meccanismo di generazione
E.
nessuna delle precedenti
2) Nella rifrazione quale legge intercorre tra i valori della velocità di propagazione v1e v2 nei
due mezzi e gli angoli di incidenza i e di rifrazione r ?
A.
B.
C.
D.
E.
v1
v2
v1
v2
v1
v2
=
v1
v2
v1
v2
=
=
=
=
i
r
1
seni
seni
senr
1
senr
senr
seni
3) Un grado Beaufort corrisponde:
A. al rapporto tra l’altezza e la velocità dell’onda
B. alla velocità media di un vento di dieci minuti di durata
C. alla media delle velocità rilevate nell’arco di un giorno
D. alla velocità di un vento di durata pari a un’ora
E. nessuna delle precedenti
4) Qual è l’effetto principale che causa il fenomeno dell’abrasione marina?
A.
La corrosione
B.
L’azione idraulica dell’acqua
C.
La corrasione
D. L’usura
E.
L’erosione
5) Per periodo ( T ) si intende:
A.
il tempo necessario per il passaggio di una cresta e una valle consecutive in un punto
fissato
B.
il rapporto tra la densità del liquido e la sua tensione superficiale
C.
la distanza tra l’altezza dell’onda ( h ) e la sua gola corrispondente
D. il tempo necessario per il passaggio di due creste consecutive in un punto fissato
E.
T=
gh
2
6) A quale tipologia di onde appartengono le “onde superficiali”?
A.
Propulsione
B.
Trasversali
C.
Love
D. Longitudinali
E.
Elastiche
7) Qual è la causa principale della formazione di uno tsunami?
A.
Il vento
B.
Il passaggio di imbarcazioni di notevole dimensione al largo della costa
C.
Lo scioglimento di iceberg
D. Movimenti tellurici (terremoti) e frane
E.
Nessuna delle precedenti
8) Quali onde sono caratterizzate dal rapporto
A. Onde di acqua profonda
B. Onde di acqua bassa
C. Onde di maremoto
D. Onde di marea
E. Onde di capillarità
c
gh
2
?
9) Le onde lunghe hanno periodo:
A. superiore a un’ora
B. tra 3 e 10 minuti
C. indeterminato
D. superiore a 5 minuti
E. inferiore a 3 minuti
10) Il moto armonico è un moto:
A.
Uniformemente accelerato
B.
Uniformemente decelerato
C.
Circolare uniforme
D. Periodico
E.
Rettilineo uniforme
11) I dati di output del WAVEWATCH III sono, oltre alle informazioni sulla direzione e le
componenti delle onde:
A. la lunghezza d’onda
B. lo spettro, le frequenze e la lunghezza d’onda
C. lo spettro, le frequenze, la velocità di attrito, la lunghezza di rugosità
D. la forza sprigionata dalle onde
E. nessuna delle precedenti
12) La formazione del moto ondoso in mare aperto è dovuta all’azione del vento; quali
particelle sono sottoposte ad essa?
A.
Particelle superficiali
B.
Particelle di profondità
C.
Tutte le particelle indipendentemente dalla profondità
D. Due particelle successive se v1  v2
E.
Due particelle successive se v1  v2
13) Che cosa sono i frangiflutti?
A.
Brevi argini perpendicolari alla costa che interrompono il trasporto litoraneo
B.
Costruzioni che hanno lo scopo di costringere l’acqua del mare a scorrere in spazi ristretti
C.
Strutture semisommerse parallele alla costa usate per diminuire l’impeto del moto ondoso
D. Innalzamenti artificiali del fondale per favorire il frangersi delle onde
E.
Nessuna delle precedenti opzioni
14) Quali sono le conseguenze dell’interferenza?
A.
Provoca distruzione di energia
B.
Provoca distruzione di energia ed anche una diversa distribuzione nello spazio di essa
C.
Provoca solo una diversa distribuzione nello spazio di energia
D. Crea esclusivamente energia
E.
Nessuna delle precedenti
15) L’onda anomala:
A.
E’ visibile fin dal momento in cui si genera.
B.
E’ pericolosa in mare aperto per navi di piccole e medie dimensioni.
C.
Può capovolgere imbarcazioni in mare aperto.
D. E’ visibile solo nell’ultima fase del percorso, quando sta per abbattersi sulla costa.
E.
In mare aperto consiste in una corrente sottomarina che aderisce al fondale.
16) Il solitone è:
A.
Un’onda solitaria autorinforzante causata da effetti non lineari in un mezzo.
B.
Uno tsunami particolarmente violento.
C.
Il risultato di una sovrapposizione di onde anomale.
D. Nessuna delle definizioni precedenti.
E.
Tutte le definizioni precedenti.
17) I dispositivi ideati per convertire l’energia del moto ondoso in energia elettrica utilizzano:
A. il dislivello del profilo ondoso dell’onda e il movimento delle particelle d’acqua sotto la
superficie
B. solo il moto delle particelle superficiali dell’onda
C. la lunghezza d’onda
D. l’altezza dell’onda
E. nessuna delle precedenti
18) La causa più comune della formazione delle onde superficiali è:
A. la tensione superficiale
B. il vento
C. la forza di gravità
D. le correnti marine
E. nessuna delle precedenti
19) La perturbazione di un liquido determina lo spostamento di molecole che si trovano:
sulla superficie
A. immediatamente sotto la superficie
B. ad una discreta profondità
C. in tutto il liquido
D. sul fondo
20) Per tensione superficiale si intende:
A. forza di richiamo che tende ad abbassare il livello dell’acqua
B. lavoro necessario per aumentare dell’unità di superficie la superficie di un liquido
C. forza che tende a portare il livello della gola verso l’alto, in modo tale da equilibrare
l’attrazione gravitazionale
D. fenomeno di origine microscopica che tende a deformare il liquido dalla condizione
indeformata cui compete il valore minimo di energia potenziale
E. nessuna delle precedenti