Un secolo di emancipazione femminile

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Un secolo di emancipazione femminile:
il lungo percorso verso
la “parità” tra uomo e donna
ed alla “differenza di genere”
Educazione alle Pari Opportunità
Referente: Ins. Gianna Mariotto
22° C.D. “A. MARIO” – NAPOLI
Anno Scolastico 2007-08
Educazione alle Pari Opportunità
Ins. Gianna Mariotto
Così parlavano alla fine del secolo scorso
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“La donna è un uomo arretrato nel suo sviluppo. E’ tanto infantile mentalmente
quanto lo è fisicamente: le manca la barba, è microcefala, stupida e pigra. Sa
disporre i fiori, s’intende di cucina, ma i grandi cuochi e i grandi maestri
dell’arte sono uomini.”(Teorie scientifiche di Lombroso e Ferrero)
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“Il cinese è preistorico, la donna extra storica; l’uno è escluso dalla storia a
causa della tradizione, l’altra del sesso” (Lezioni di Storia di Giovanni Bovio)
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“La donna, pena grossi guai, non deve essere distolta dalla sua naturale
missione, ossia quella di allevare figli” (Rivista di Filosofia Scientifica)
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“La donna è inferiore all’uomo perché il suo cervello pesa cento grammi in
meno di quello dell’uomo” (Prof. Mingazzini – Giornale d’Italia del 7/11/1911)
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Ins. Gianna Mariotto
Gli inizi del XX secolo
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Alcuni personaggi femminili cominciano a distinguersi in campo scientifico,
letterario, artistico. Ad esempio:
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Marie Curie (1867-1934), non fu soltanto una grande scienziata, ma seppe
rappresentare anche un nuovo modo di essere donna in famiglia; infatti,
collaborando con il marito nelle stesse ricerche scoprì, con lui, il radio.
Maria Montessori (1896-1952), l’educatrice che rivoluziona i criteri della
pedagogia. I bambini sono sollecitati all’apprendimento creativo e all’auto
educazione in un clima di libertà che non si era mai visto nelle scuole.
Gertrud Stein (1874-1946), esercitò negli anni ’20 e ’30 una grande influenza sul
mondo artistico.
Sibilla Aleramo (1876-1960), Virginia Woolf (1882-1941), Grazia Deledda (18711936) premio Nobel per la Letteratura nel 1926: sono solo alcuni nomi tra le
tante grandi scrittrici.
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……… ma per milioni di altre donne è ancora pieno medioevo!!!!!!!!!!!
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Momenti di storia
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La Rivoluzione industriale, in Inghilterra, comincia a chiamare in fabbrica le
donne, insieme ai fanciulli, costringendole a lavori massacranti di giorno e di
notte. E, proprio, sul luogo dove donne ed uomini dividono la stessa fatica,
appaiono assurde le discriminazioni.
In Inghilterra, le donne incalzano con la loro richiesta di “suffragio universale”,
da qui la definizione di “suffragette”. Arringano la folla, organizzano cortei,
provocano scontri. Messe in carcere, attuano lo sciopero della fame, della sete,
del sonno.
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Ins. Gianna Mariotto
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Cortei di donne sfilano anche in America.
In Germania, il movimento femminista ha un’impostazione più pacifista.
Agitazioni percorrono anche la Francia e l’Italia di Giolitti.
In Italia, nascono le prime associazioni femminili che, ben presto, escono dal
chiuso dei salotti e dei circoli di signore della buona società e diventano fatto
di massa. In Parlamento, vengono presentati e respinti numerosi progetti di
legge per la parità salariale e per il voto alle donne. Giolitti, nel 1912, concede il
suffragio universale, ma lo riserva ai soli uomini, anche analfabeti, e lo nega
alle donne.
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Ins. Gianna Mariotto
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E’ con la I Guerra Mondiale che le cose cominciano a cambiare. Infatti, le donne
prendono il posto degli uomini partiti per la guerra, diventando manovali,
telegrafiste, postine, operaie, maestre, infermiere… ed è sulle spalle delle
donne che si scarica anche una delle più pesanti responsabilità: trovare il
modo di sfamare la famiglia!
Una circolare ministeriale del 1916 stabilisce che la manodopera femminile
impiegata nell’industria bellica fosse dell’80% del personale. Ma le operaie
vengono pagate, a parità di lavoro, metà degli uomini. Inoltre, il loro lavoro è
temporaneo: infatti, finita la guerra, sono licenziate per dare lavoro ai reduci.
Le donne danno vita a numerosi scioperi contro la guerra, i prezzi quintuplicati,
la mancanza del pane sul mercato, gli aumenti salariali, la giornata lavorativa
“da sole a sole”.
Finita la guerra, si riporta tutto come prima e le donne sono di nuovo relegate
al solo ruolo di mogli e madri. Infatti, esse continuarono ancora per molti anni a
non avere diritti politici, a non poter entrare negli uffici dello Stato, a non poter
partecipare al governo.
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Ins. Gianna Mariotto
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Nella seconda metà del ventennio, viene esercitata una massiccia offensiva
contro tutta l’occupazione femminile e, durante il fascismo, lo slogan scritto
sui quaderni delle Piccole Italiane era: ”la maternità sta alle donne come la
guerra sta all’uomo”.
Dopo la caduta del Fascismo, nel 1943, durante la Resistenza, nascono i primi
“gruppi di difesa della donna” che compiranno azioni partigiane, agitazioni per
il pane, per la casa, stamperanno un loro giornale “Noi donne”.
Nel gennaio 1945, la legge De Gasperi-Togliatti ottiene l’approvazione sul
suffragio universale e finalmente, in Italia, le donne possono votare ma non
essere elette (cosa che verrà riconosciuta solo l’anno dopo, 10 marzo 1946).
Restano, però, in vigore tutte le discriminazioni legali tra uomo e donna, in
particolare quelle contenute nel Codice di Famiglia e nel Codice Penale.
Il 2 giugno 1946, oltre dodici milioni di donne votano per la prima volta, per il
Referendum istituzionale che porta all’abrogazione della Monarchia e alla
costituzione della Repubblica e partecipano alle elezioni dell’Assemblea
costituente.
…………….. Ma la strada dell’emancipazione è ancora lunga!!!!!!!!!!!!!!
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Dal punto di vista dell’istruzione
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Nel 1874, in Italia, viene permesso l’accesso delle donne nei licei e nelle
università, anche se saranno più le iscrizioni respinte che quelle accettate.
Ventisei anni dopo, nel 1900, risultano iscritte all’università 250 donne, 287 ai
licei, 267 alle scuole di magistero superiore, 1178 ai ginnasi e quasi 10.000 alle
scuole professionali e commerciali.
Nel 1907, Ernestina Prola è la prima donna ad ottenere la patente di guida.
Nel 1908, Emma Strada si laurea in Ingegneria. In Campidoglio, si tiene il I
Congresso delle Donne Italiane in cui si auspica una rigorosa applicazione
dell’obbligo scolastico, la fondazione di casse di assistenza e previdenza per la
maternità, la richiesta di poter esercitare gli uffici tutelari.
Nel 1912, Teresa Labriola si iscrive all’Albo degli Avvocati e le sindacaliste
Argentina Altobelli e Carlotta Chierici vengono elette al Consiglio del Lavoro,
presso il Ministero dell’Agricoltura, Industria, Commercio.
Nel 1915, sono circa 100.000 le donne iscritte agli istituti di istruzione media
inferiore.
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Nel 1927, durante il Fascismo, le donne vengono escluse dall’insegnamento nei
licei per le Cattedre di Lettere e Filosofia, per alcune materie negli istituti
tecnici e nelle scuole medie.
Si impedisce che fossero direttrici o presidi di istituto.
Alle studentesse sono imposte doppie tasse, scoraggiando così le famiglie a
farle studiare.
Nel 1933, un decreto autorizza le amministrazioni statali ad escludere le donne
o a limitare la loro partecipazione negli impieghi pubblici, riservando loro i
posti meno qualificati e retribuiti.
Il Codice di Famiglia, già abbastanza retrivo, viene ulteriormente inasprito. Gli
articoli 131 e 134 così recitano: “il marito è capo della famiglia: la moglie segue
la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad
accompagnarlo dovunque egli creda opportuno di fissare residenza… ; la
moglie non può donare beni immobili, sottoporli ad ipoteca, contrarre mutui,
cedere o riscuotere capitali, né transigere o stare in giudizio relativamente a
tali atti, senza l’autorizzazione del marito. Il marito può con atto pubblico dare
alla moglie autorizzazione per tutti o per alcuni di detti generi, salvo a lui il
diritto di revocarla”.
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Il primo grande passo dal punto di vista
giuridico e politico
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Il 31 gennaio del 1945 con il Paese diviso ed il nord sottoposto all'occupazione
tedesca il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi emana un
decreto che riconosce il diritto di voto alle donne (Decreto legislativo
luogotenenziale 2 febbraio 1945, n. 23).
Il 2 giugno del 1946 le donne votano per il Referendum istituzionale e per le
elezioni della Assemblea costituente ma già nelle elezioni amministrative
precedenti hanno votato risultando, in numero discreto, elette nei consigli
comunali.
21 donne entrano nella Costituente.
Da questa Assemblea nascerà la Costituzione Italiana che riconosce:
All’art.3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali. …”
All’art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia
dell'unità familiare.”
All’art. 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le
stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono
consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare
alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”
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Ma, nella maggior parte delle realtà, da Nord a Sud, la realtà quotidiana vissuta
dalle donne continua ad essere ben diversa da quanto previsto dal dettato
costituzionale.
Nel 1950, viene approvata in Parlamento, dopo lunghe lotte ed agitazioni, la
legge n.860 a firma della deputata Teresa Noce, in difesa della maternità: la
donna non può essere licenziata da quando si accorge di essere madre a
quando il bambino ha un anno di vita e i datori di lavoro debbono garantire una
serie di previdenze per sostenere la salute della donna e di suo figlio.
Si cercherà di aggirare tale diritto licenziando le donne al momento del
matrimonio.
Seguiranno altre lotte contro tale ingiustizia fino alla legge n.7 del gennaio 1962
che vieta i licenziamenti per matrimonio.
Nel 1959, nasce il corpo di Polizia femminile, con compiti sulle donne e sui
minori.
Nel 1961, il Ministero degli Esteri ammette le donne ai suoi concorsi e poi ai
suoi uffici, consentendo loro sia la carriera nel corpo diplomatico che in
Magistratura.
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Nel 1970, la legge n. 898 regolamenta lo scioglimento del matrimonio.
Nel 1975, dopo tante manifestazioni, è approvato il nuovo Diritto di famiglia
(legge n. 151): non vi sono più capi in famiglia, la donna non perde con il
matrimonio, cognome, residenza, ma è responsabile con il marito delle scelte
che riguardano la casa e i figli; il suo lavoro, anche se è casalingo, è valutato
come quello del marito.
Nel 1977, la legge n. 903 afferma la parità di trattamento tra uomini e donne in
materia di lavoro.
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Le elezioni scolastiche a cui moltissime donne hanno partecipato,
nel quadro della legge dei Decreti Delegati, hanno confermato il loro impegno
nella collettività.
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Il femminismo moderno
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La consapevolezza da parte delle donne di valere quanto gli uomini comincia
ad esprimersi, in Italia, nel corso degli anni ’70, anche nei movimenti
femministi.
Il femminismo moderno nasce negli USA, all’inizio degli anni ’60.
Il femminismo ottocentesco aveva per scopo la conquista dei diritti civili e
l’ingresso delle donne nel mondo degli uomini di cui si accettavano i valori.
Il femminismo moderno, invece, mette in discussione proprio i valori di una
società maschilista ed afferma la positività della femminilità in ogni sfera della
vita pubblica e proclama l’autogestione del proprio corpo.
Le richieste più avanzate riguardano l’affermazione della maternità come valore
sociale, il controllo delle nascite, la creazione di una rete di consultori dove la
donna venga aiutata, la creazione di un numero sufficiente di asili nidi per
consentire loro di lavorare con serenità.
Insomma, per la coscienza che ha conquistato, la donna non si accontenta più di
essere accettata nella società, ma questa società, vuole modificare, con la sua
presenza in tutti i tessuti sociali che la costituiscono.
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Ins. Gianna Mariotto
Altre tappe giuridiche a favore della parità
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Legge n. 125 del 10 aprile 1991 che definisce azioni positive per la realizzazione
delle pari opportunità nel lavoro
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Legge n. 380 del 20 ottobre 1999 che istituisce il servizio militare volontario
femminile
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Negli ultimi anni, si è aperto il dialogo fra le varie parti politiche per modificare
la legge elettorale per consentire una maggiore rappresentanza femminile negli
organi istituzionali tale da rendere possibile anche una risposta “rosa” alle
problematiche sociali e alle esigenze di rinnovamento provenienti dalla società.
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Concetto di Pari Opportunità
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ARTICOLO 3 DELLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione
di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
ARTICOLO 51 DELLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici
e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le
pari opportunità tra donne e uomini.
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La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive,
parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è
chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo
necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
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COSA VUOL DIRE “PARI OPPORTUNITA’”?
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Il concetto di PARI OPPORTUNITA’ si basa sulla necessità di garantire una
parità giuridica e sociale tra uomini e donne al fine di rivendicare la propria
differenza di genere e di stabilire un giusto rapporto fra i sessi.
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Il principio che sta alla base di tale affermazione è il bisogno di dare alle donne
la possibilità di compiere delle scelte, sia relative alla vita privata che
professionale, senza che esse diventino un elemento di penalizzazione verso le
donne stesse.
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Lo scopo più generale delle politiche relative alle Pari Opportunità è di dare vita
ad un insieme di iniziative e di leggi tendenti al superamento delle condizioni
sfavorevoli alla realizzazione di un’effettiva parità uomo-donna, in ambito
lavorativo.
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In Italia, il percorso verso il concetto delle Pari Opportunità parte nel 1945,
quando, con il diritto al voto esteso a tutti i cittadini italiani senza alcuna
distinzione di sesso, la Costituzione della Repubblica Italiana riconosce a
uomini e donne la parità.
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In realtà, trascorrono, da allora, molti anni prima che vengano emanate delle
leggi che rendono concretamente possibile quanto previsto dalla Costituzione;
sarà infatti necessario modificare lo stato di famiglia e fare nuove leggi in
merito, proprio per eliminare, a livello giuridico, la concezione patriarcale della
famiglia.
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Comunque, sino agli anni Settanta la legislazione tende a “tutelare” la figura
femminile piuttosto che a “sancirne” la parità nei confronti dell’uomo.
Insomma, in quel periodo, gli interventi sono essenzialmente rivolti a
salvaguardare i diritti delle donne la cui condizione, però, nell’esercizio della
vita reale, continuava ad essere inferiore a quella degli uomini.
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In Europa, il problema relativo alle Pari Opportunità fra uomini e donne è stato
affrontato, a partire dagli anni ’60, con la redazione, decennio dopo decennio,
di cinque programmi d’azione, i più recenti dei quali riguardano i quinquenni
1991-1995; 1996-2000; 2000-2005.
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In particolare, dagli anni ’90 fino ad oggi è stata intrapresa un’ampia serie di
azioni volte a sostenere il ruolo femminile all’interno della società europea. Con
il programma d’azione più recente, 2000-2005, la Strategia Europea per la
realizzazione delle Pari Opportunità fra uomini e donne, ha individuato 5
obiettivi essenziali:
promuovere il raggiungimento della parità nella vita economica;
promuovere il concetto di parità nella partecipazione e nella rappresentanza
promuovere la parità dei diritti sociali da parte di uomini e donne;
promuovere la parità dei diritti civili da parte di uomini e donne;
promuovere il superamento degli stereotipi.
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Ci lasciamo con una domanda, o meglio uno spunto di riflessione:
vi siete mai chiesti ( e risposti…) perché quando vogliamo indicare il “genere umano” si
usa il termine “uomini”, perché quando vogliamo indicare bambine e bambini
usiamo il termine “bambini”, per dire alunne ed alunni diciamo “alunni” …..
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Definizione di “genere” e di “differenza di
genere”
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COSA VUOL DIRE GENERE?
Tale concetto si riferisce ai ruoli dati ai maschi e alle femmine; spesso basati
sulle differenze biologiche, sono continuamente modificati nel tempo a
seconda di ogni singola cultura e civiltà.
Le questioni di genere, quindi, sono strettamente connesse alle differenze fra
ciò che gli uomini e le donne fanno e al modo in cui i ruoli socialmente definiti
li avvantaggiano o li danneggiano.
COSA VUOL DIRE DIFFERENZA DI GENERE?
Si tratta di tutte le disuguaglianze e disparità riscontrabili in qualsiasi ambito
tra le donne e gli uomini per quanto concerne i loro livelli di partecipazione,
accesso, diritti, retribuzione o prestazione d’altro genere.
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Malgrado i progressi compiuti, la parità fra uomini e donne nella vita quotidiana
non è ancora una realtà troppo scontata.
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Persistono ancora forti pregiudizi e disparità sociali, economiche, politiche che
affondono le radici in atavici stereotipi presenti nella cultura, nell’educazione,
nel mondo del lavoro e della famiglia, nelle strutture della società, nei mezzi di
comunicazione.
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Le distanze tra “cose di maschio” e “cose da femmina” si avvertono, per prime,
in ambito familiare. Accade in tante piccole cose, a cominciare dai giochi
infantili: quelli per femmine … quelli per maschi.
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Alle adolescenti femmine si richiede di imparare a gestire una casa, in
previsione del matrimonio, invece, i maschi crescono nella convinzione di
esserne dispensati.
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Il progresso delle donne verso nuove professioni e posizioni istituzionali non è
finora rispecchiato neanche nelle strutture lessicali della lingua italiana.
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Tra gli aspetti definiti “sessisti” della linguistica femminista quello
maggiormente sott’accusa è l’uso dei titoli e degli incarichi professionali ed
istituzionali.
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Secondo, Cecilia Robustelli, associata di Linguistica all’Università di Modena,
“il mondo cambia quando lo cambiano le parole”.
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L’eliminazione degli stereotipi sessisti è assolutamente fondamentale per
neutralizzare le disuguaglianze fra uomini e donne, “umanizzando” la società,
rendendola più accogliente per tutti.
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Appendice - Storia della festa della donna
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L'origine della Festa dell'8 Marzo risale al 1908, quando un gruppo di operaie di una
industria tessile di New York scioperò come forma di protesta contro le terribili
condizioni in cui si trovavano a lavorare.
Lo sciopero proseguì per diverse giornate ma fu proprio l'8 Marzo che i proprietari
dell'azienda bloccarono le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscire dalla
stessa.
Un incendio ferì mortalmente 129 operaie, tra cui anche delle italiane, donne che
cercavano semplicemente di migliorare la propria qualità del lavoro.
Tra di loro vi erano molte immigrate, tra cui anche delle donne italiane che, come le
altre, cercavano di migliorare la loro condizione di vita. L'8 marzo assunse col tempo
un'importanza mondiale, diventando il simbolo delle vessazioni che la donna ha
dovuto subire nel corso dei secoli e il punto di partenza per il riscatto della propria
dignità.
L'8 Marzo è quindi il ricordo di quella triste giornata.
Non è una "festa" ma piuttosto una ricorrenza da riproporre ogni anno come segno
indelebile di quanto accaduto il secolo scorso.
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Nel corso degli anni si è però perduto il vero significato di questa ricorrenza, e,
mentre la maggioranza delle donne occidentali, approfitta di questa giornata per
uscire da sola con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna
della "trasgressione", i commercianti ne approfittano per sfruttarne le potenzialità
commerciali.
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Così molte donne, che rifiutano l'immagine della donna proposta dalla società
odierna, per anni hanno smesso di riconoscersi in questa giornata.
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Ma le condizioni che ne fecero una giornata di lotta, non sono state rimosse e ancora
la donna è troppo spesso ultima tra gli ultimi.
Perciò è necessario riappropriarsi di questa giornata, come momento di riflessione e
di confronto, non per superate lotte tra sessi, ma per rinnovare le alleanze tra tutti
coloro che rifiutano la sopraffazione e la violenza e credono nella pace e nella
solidarietà umana.
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Più dettagliatamente …
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8 marzo 1908 - 8 marzo 2008. Compie 100 anni la 'Giornata internazionale della
donna'.
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Una 'festa' tra miti e verità, che snoda il suo percorso in un secolo di storia che ha
visto nascere movimenti politici, guerre, ideologie, ricostruzioni. Un cammino lungo e
complesso per le donne di tanti paesi, più volte interrotto, ma ripreso sempre con
grande tenacia con l'obiettivo dell'emancipazione e della liberazione delle donne.
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Celebrata in diversi paesi del mondo occidentale l'8 marzo, la 'Giornata
internazionale della donna', comunemente definita 'festa della donna',
originariamente una giornata di lotta, nel corso degli anni ha subito vicende alterne
vedendo sfumare a volte il vero significato della ricorrenza in favore di
'motivazioni' più commerciali, ha origini controverse.
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Circondata da un alone di mistero che la rende in qualche modo leggendaria, la data
dell'8 marzo è comunque legata alla centralità del ruolo femminile.
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Alcuni storici sostengono che possa risalire all'8 marzo del 1848, giorno in cui il
re di Prussia, asserragliato nel suo palazzo e terrorizzato alla vista dei dimostranti
inferociti, si affrettò ad elencare una serie di promesse (per altro mai mantenute),
come quella di concedere il diritto di voto alle donne.
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Ma la versione più 'accreditata' è quella che rimanda al 1908 quando, all'inizio di
marzo, a New York, le operaie dell'industria tessile 'Cotton' scioperarono per
protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero
alla 'Cotton' si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario bloccò tutte
le porte della fabbrica per impedire alle donne di uscire. Nello stabilimento scoppiò un
incendio e le 129 operaie, prigioniere all'interno, morirono arse dalle fiamme.
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Successivamente, proprio in ricordo della tragedia di New York, questa data venne
proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa
Luxemburg, teorica della rivoluzione marxista che fondò il partito socialista polacco e
il partito comunista tedesco.
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Secondo un'altra versione la scelta dell'8 marzo avrebbe origini più lontane e
risalirebbe all'8 marzo del 1848, quando le lavoratrici dell'industria
dell'abbigliamento di New York proclamarono uno sciopero cui parteciparono
trentamila donne, la più gigantesca manifestazione femminile che si fosse mai avuta
negli Stati Uniti. Le scioperanti reclamavano il rispetto dei loro diritti politici e sociali,
alla pari con gli uomini: diritto al voto, riduzione dell'orario di lavoro (da 12 a 8 ore al
giorno), un giorno di riposo, un regolare contratto e una retribuzione rispondenti agli
accordi sindacali fra padroni e lavoratori.
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L'imponenza della manifestazione sarebbe stata di per sé sufficiente a motivare la
scelta dell'8 marzo per la giornata della donna.
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In Italia, inizia ad essere festeggiata prima dello scoppio della prima guerra
mondiale. La celebrazione viene però interrotta durante gli anni del fascismo per poi
riprendere durante la lotta di liberazione come giornata di mobilitazione delle donne
contro la guerra, l'occupazione tedesca e per le rivendicazioni di diritti femminili.
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Nascono i gruppi di difesa della donna collegati al Comitato di Liberazione Nazionale
che daranno poi origine all'Udi (Unione Donne Italiane). E proprio l'8 marzo del
1945, un gruppo di donne appartenenti all'Udi si riunì a Roma per approvare un
ordine del giorno mirante a ''difendere il pane ai nostri figli, alle nostre famiglie e per
difenderci dal freddo e dalla miseria''.
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Ma la 'festa' vera e propria viene organizzata solo l'anno successivo, dopo che a
Londra si erano riunite le rappresentanti di 20 nazioni per redigere la 'carta della
donna' nella quale si chiedeva, fra l'altro ''il diritto al lavoro in tutte le industrie, la
parità salariale, la possibilità di accedere a posti direttivi e di partecipare alla vita
politica nazionale ed internazionale''.
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Nel 1946, l'Udi organizza il primo 8 marzo nell'Italia libera, proponendo di farne una
giornata per il riconoscimento dei diritti sociali e politici delle donne. Ed è proprio in
quel 1946, il 2 giugno, che la donna italiana, per la prima volta nella storia, può
partecipare, in maniera attiva con il proprio voto, alla nascita della Repubblica.
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Al tempo, si cercava un fiore che potesse contraddistinguere e simboleggiare la
giornata. Fu scelta l''acacia dealbata' (mimosa) quale simbolo della giornata: poco
costosa e molto reperibile, vista la fioritura dell'albero della mimosa proprio all'inizio di
marzo. Il fiore simbolo della festa della donna in Italia non è però adottato
internazionalmente; in Bosnia Erzegovina, ad esempio sono i garofani rossi ad
essere regalati a tutte le donne.
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La vera 'esplosione' in termini di popolarità e di partecipazione, l'8 marzo l'avra' negli
anni '70. Anni che segnano la collaborazione dei movimenti femminili e femministi
che, tra l'altro, operano attivamente anche per la legge di parità, per il diritto al
divorzio e all'aborto.
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La prima manifestazione femminista in Italia risale infatti al 1972, a Roma. Ma il top,
la celebrazione dell'8 marzo, lo raggiunge nel 1980, con una grande manifestazione
unitaria in cui confluiscono per la prima volta tutti i movimenti femminili e femministi.
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Solo nel dicembre 1977, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato
una risoluzione proclamando l'8 marzo come Festa Internazionale della donna.
Educazione alle Pari Opportunità
Ins. Gianna Mariotto
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