“Esempi di data journalism:
come va l’economia?”
Donato Speroni
“Everything should be made as simple as
possible, but not simpler”.
Albert Einstein
Donato Speroni - ForumPa 18/5/2012
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Di che cosa parliamo?
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Che cosa si intende per data journalism?
Esempi applicati all’economia:
La natura della crisi
 Le dimensioni del Prodotto interno lordo
 I dati sull’occupazione
 Il superamento del Pil: le misure del benessere
Nessuna pretesa di dare un quadro completo dell’economia
italiana. Vogliamo invece mostrare le opportunità offerte dal
data journalism per conoscere meglio la realtà economica e
sociale sulla base di dati della “statistica ufficiale”, accessibili
a tutti. E anche offrire una riflessione su come maneggiare i
dati, sulla base di qualche vicenda mediatica recente
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Donato Speroni - ForumPa 18/5/2012
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Donato Speroni - ForumPa 18/5/2012
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Data journalism può voler dire…
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I libri di Stella e Rizzo
Infografiche sempre più interattive e movimentate
I grafici in movimento. Il software di gapminder,
usato anche dalla trasmissione Num 3R1 di Rai2
Accesso a banche dati di facile consultazione, come
la banca dati I.Stat dell’Istat
I risultati del movimento open data (vedi speech di
Nicotra)
Curation: human filtering and organizing - I siti
interattivi dei giornali anglosassoni
Crowdsourcing e citizen journalism: quando i lettori
collaborano
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Attenzione: data journalism
non significa giornalismo neutrale
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La statistica ufficiale deve presentare i dati in modo neutro,
ma l’analisi è sempre opinabile
Anche l’aggregazione dei contenuti non è neutra
L’esempio di Num3R1: le opinioni opposte del Giornale
(“spiegano tutto senza additivi ideologici”) e dell’Espresso
(“numeri tanti, profondità poca”)
Ma il DG garantisce una maggiore aderenza ai fatti: come
afferma il manuale del Guardian “Facts are sacred”: data
journalism is 80% perspiration 10% great idea, 10% output
L’attendibilità si può verificare sulla base dei metadati, che
non sempre sono resi espliciti.
Donato Speroni - ForumPa 18/5/2012
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Ancora una premessa: la statistica conta
sempre di più. Ma possiamo fidarci?
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L’ex ministro Tremonti: “Una volta la politica veniva prima dei
numeri, oggi sono i numeri che fanno la politica e la politica è
l’arte di adeguarsi ai numeri”.
The Economist: il diluvio dei dati
Ma quanto è credibile la statistica ufficiale? Le regole:
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Standard internazionali
Calendario prefissato dei rilasci
Controlli europei (che non sempre funzionano, vedi Grecia)
La differenza tra statistica e sondaggi. Attenti a:
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Criteri di campionamento
lntervallo di confidenza e margine di errore
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La“statistica del 21° secolo”:
Raccogliere, elaborare, diffondere dati che:
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siano condivisi ed effettivamente utili per le
scelte politiche e il controllo democratico
consentano confronti internazionali ma
rispecchino anche le specificità locali
Siano non soltanto “statistica” ma anche
“societistica”: attenzione non solo alle
informazioni “per il Principe”, ma agli individui,
al sociale, all’ambiente
E ora parliamo di economia…
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La crescita: il problema è europeo…
Fonte: Audizione Giovannini su Def 2012
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Esempio:
http://www.linkiesta.it/infografiche
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… e l’Italia va peggio degli altri
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Quali sono i dati che contano sul Pil?
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Istat: nel 2011 il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a
1.580.220 milioni di euro correnti, con un aumento
dell’1,7% rispetto all’anno precedente.
Gian Maria Fara (Eurispes): in Italia esistono tre PIL: uno
ufficiale; uno sommerso (equivalente al 35 % di quello
ufficiale (540 Mld); uno criminale frutto dei proventi delle
attività illegali che supera i 200 Mld. Nel Paese circola
più ricchezza di quanto non raccontino le statistiche
ufficiali.
Rispetto al Pil calcolato dall’Eurispes, il rapporto
debito/Pil dell’Italia sarebbe dell’80 e non del 120%.
Chi ha ragione?
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L’economia sommersa è già nel Pil!
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L’Istat, come gli altri Paesi che adottano sistemi comparabili di
contabilità nazionale, “elabora correntemente le stime del Pil e
dell’occupazione attribuibili alla parte di economia non osservata
costituita dal sommerso economico”. E dagli anni ‘80 queste stime
sono incluse nel calcolo del Pil.
È evidente però che non possiamo basare sull’economia criminale
le strategie di politica economica; del resto l’esclusione vale anche
per gli altri Paesi.
L’Istat stima il sommerso tra il16,3 e il 17,5% del Pil. Se l’Italia
avesse un 35% di economia sommersa, considerando che il 44%
del Pil è intermediato dall’amministrazione pubblica dove il
sommerso non esiste, il sommerso sarebbe pari a oltre il 60% nel
privato: un calcolo che chiaramente non sta in piedi.
Giovannini al Corriere: “Attenti alle statistiche spettacolo”.
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Banca d’Italia contro l’Istat?
No, forzature mediatiche…
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Un recentissimo “tema di discussione” della Banca d’Italia
parla di un sommerso al 31% del Pil, provocando titoloni sui
giornali…In realtà, se si va a leggere il testo inglese dello
studio, riferito al 2008, il calcolo, ottenuto con diversa
metodologia rispetto all’Istat, comprende un 18,5% di
sommerso fiscale (già incluso nel Pil) e un 12,5 di economia
criminale, quindi è sostanzialmente in linea con le stime Istat.
…ma l’effetto sui giornali è ben altro. Altro esempio, sempre
dagli studi Bankitalia: “I dieci italiani più ricchi possiedono
quanto i tre milioni più poveri”. Gran can can, ma nessuno
dice che si tratta di un dato del 2006. La crisi non c’entra.
Altro esempio: “lavoratori dipendenti più ricchi degli
imprenditori. Almeno agli occhi del Fisco…”
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Talvolta i produttori di statistiche ufficiali
contribuiscono alla confusione
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Un comunicato del Mef di venerdì 30 marzo segnalava come il
reddito dichiarato dagli imprenditori fosse inferiore a quello dei
lavoratori dipendenti. Bufera sui giornali.
E’ stato necessario un intervento del direttore delle Entrate Attilio
Befera per spiegare che il confronto non era corretto perché da un
lato escludeva i redditi delle società di capitali, e dall’altro
comprendeva i titolari di tutti gli esercizi senza neppure un
dipendente.
Morale: fornire sempre i metadati, i glossari, le note metodologiche,
e aiutare i giornalisti a interpretarle.
Il modello dei rilasci Istat, calendarizzati e con briefing, dovrebbe
valere per tutta la PA. Ma anche l’Istat non è esente da colpe…
Donato Speroni - ForumPa 18/5/2012
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Quanti sono i giovani disoccupati?
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La cosiddetta “disoccupazione giovanile” diffusa riguarda la
fascia di età tra i 15 e i 24 anni. Fa notizia ogni mese: 35,9%
a marzo, rispetto al 9,8% del tasso di disoccupazione 16-64.
Ma non è il dato più significativo, perché in quella fascia di età
meno giovani, generalmente poco qualificati, cercano lavoro.
E non va forzato. Comunicato Istat: “non è corretto affermare
che "più di un giovane su tre è disoccupato", mentre
sarebbe più corretto segnalare che "più di uno su tre dei
giovani attivi è disoccupato".
Dati più significativi, che tutti possono ricavare dalla banca
dati I.Stat, riguardano per esempio la fascia di età 15 – 24 e
dimostrano uno spaventoso squilibrio di genere e tra Nord e
Sud. Sono dati trimestrali, ben più importanti della cosiddetta
“disoccupazione giovanile”
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Gli indicatori del futuro: il Bes, benessere
equo e sostenibile
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Iniziativa Cnel Istat, che condurrà a un primo
rapporto entro fine anno
Un gruppo di indirizzo ha proposto i domini
Una commissione scientifica ha scelto gli indicatori
Interazione con gli utenti attraverso una grande
indagine preliminare e il sito misuredelbenessere.it
con un questionario (oltre 2mila risposte) e un blog
Tra pochi giorni, l’annuncio degli indicatori.
Donato Speroni - Seminario Radicali italiani
24/02/2012
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I domini proposti per il Bes
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1) Ambiente
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2) Salute
3) Benessere economico 
4) Istruzione e
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formazione
5) Lavoro e conciliazione 
dei tempi di vita
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6) Relazioni sociali
7) Sicurezza personale
8) Benessere soggettivo
9) Paesaggio e
patrimonio culturale
10) Ricerca e
innovazione
11) Qualità dei servizi
12) Politica e istituzioni
La proposta integrativa più
condivisa: “Qualità del cibo”
Donato Speroni - ForumPa 18/5/2012
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Grazie! Il seguito su:
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