Divina Commedia: la pluralità dei tempi ed i tre regni

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Divina Commedia: la pluralità dei
tempi ed i tre regni
Il tempo della storia
Nella Commedia le indicazioni di tempo sono numerosissime, sparse nel racconto, spesso sottolineate
stilisticamente da lunghe e laboriose perifrasi o ampiamente evidenziate nell'intreccio, come quando Dante e
Virgilio, ormai nell'ottavo cerchio della voragine dei dannati, incontrano il malvagio Malacoda.
In Malebolge il terreno scende verso il centro dell'imbuto infernale, ma non in modo uniforme: scavate in esso una
più in basso dell'altra, stanno dieci trincee in cui sono puniti diversi peccati che hanno a che fare con la frode.
Ognuno di questi fossati è scavalcato da un ponte di pietra.
Già cinque ponti hanno passato i due pellegrini, ma il sesto non c'è.
Un diavolo, Malacoda, insegna loro la strada e racconta anche quando e perché il ponte sia crollato. Ecco le
parole di Malacoda:
Poi disse a noi: - Più oltre andar per questo
iscoglio non si può, però che giace
tutto spezzato al fondo l'arco sesto.
E se l'andare avante pur vi piace,
andatevene su per questa grotta;
presso è un altro scoglio che via face.
Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
mille dugento con sessanta sei
anni compié che qui la via fu rotta.
Io mando verso là di questi miei
a riguardar s'alcun se ne sciorina;
gite con lor, che non saranno rei -.
Inf . XXI, 106/117
- Ieri, - dice Malacoda, - cinque ore dopo questa sono stati 1266 anni che il ponte è crollato. - Il ponte è rovinato
quando Cristo alla sua morte è sceso agli inferi a liberare le anime dei Patriarchi nel Limbo. Dunque sono passati
1266 anni e diciannove ore dalla morte di Gesù.
Secondo il Vangelo di Luca, che Dante ricorda anche nel Convivio (IV, XXIII, 10), Gesù muore intorno al
mezzogiorno del venerdì.
Se Malacoda dice che sono passate diciannove ore significa che sono circa le sette del mattino del giorno
successivo alla morte di Gesù in croce e che l'anno in cui la storia si svolge può essere il 1300, l'inizio del nuovo
secolo, che il papa Bonifacio VIII volle come anno del Giubileo ad esprimere la volontà di un profondo
rinnovamento spirituale.
Altre indicazioni di tempo, prima di questa, fanno sì che siamo in grado di calcolare il momento dell'inizio del
viaggio.
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Tutto il viaggio giorno per giorno
Il poeta si perde nella selva e vi trascorre una notte, il giorno dopo incontra Virgilio e con lui a sera inizia la discesa
all'inferno; all'alba del giorno dopo essi passano dal sesto al settimo cerchio, incontrano Malacoda intorno alle 7 di
quel mattino e nella notte giungono al cospetto di Satana.
Dunque, se Dante e Virgilio incontrano Malacoda il mattino successivo al venerdì santo, Dante si smarrisce nella
selva il giovedì della settimana santa del 1300. Il venerdì santo incontra Virgilio e la sera stessa scende con lui
all'inferno; il viaggio nel primo del regno dei morti dura tutta la notte tra il venerdì santo e il sabato e tutto il giorno
di sabato, al calar della notte i due pellegrini vedono infatti Lucifero.
Appena l'hanno superato, passano nell'altro emisfero, sicché se la notte scende nell'emisfero boreale, in quello
australe è mattina. Ecco dunque che i poeti emergono alla luce sulla spiaggia della montagna purgatoriale la
domenica mattina di Pasqua.
Altre indicazioni nel racconto ci permettono di calcolare che la salita nel regno della penitenza dura tre giorni e
mezzo e tre notti. Un giorno dura infine il viaggio attraverso i cieli che conducono in paradiso.
Il senso simbolico del tempo della storia
Il rilievo che nel testo è accordato alle indicazioni temporali segnala che nel racconto dantesco il tempo ha un
profondo significato simbolico, che, lungi dall'essere affievolito, è molto chiaro anche se si preferisce datare la
morte di Cristo secondo un'altra tradizione medievale, quella che fissa l'anniversario al 25 marzo,
indipendentemente dalle celebrazioni liturgiche pasquali che di anno in anno variano tra la fine di marzo e la fine di
aprile.
Tale tradizione fa coincidere la data della morte di Cristo con il giorno della sua incarnazione, cioè
dell'annunciazione a Maria. Dunque Cristo muore nel giorno del suo trentaquattresimo compleanno, se si contano
gli anni dal concepimento e non dalla nascita. Non solo, la tradizione vuole anche che in magica connessione il 25
marzo sia anche il giorno della creazione di Adamo. A Firenze ai tempi di Dante questo stesso giorno era
considerato primo giorno dell'anno, perché il calendario di quella città contava gli anni dall'incarnazione di Cristo
(ab incarnatione ) e non dalla sua nascita (a nativitate ). Secondo questa datazione allora il viaggio di Dante inizia
non il venerdì santo che in quell'anno cadde il 8 aprile, ma il 25 marzo.
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Anche se l'ipotesi della datazione relativa alla settimana santa è quella generalmente accettata, è appena il caso
di notare che comunque il viaggio di Dante ha sempre connessione con il mistero della morte e della resurrezione
di Gesù, cioè col senso profondo di ogni vita umana che lotta contro il peccato per ottenere la propria salvezza.
Tant'è vero che l'ingresso nei tre regni oltremondani avviene nella notte per l'inferno, all'alba per il purgatorio, a
mezzogiorno per il paradiso. Nella cultura cristiana e medievale questi tre momenti della giornata significano la
disperazione (notte), la speranza (il primo albore) e la salvezza (la luce piena del mezzodì).
Significato simbolico ha anche la durata del viaggio in cui le soste più lunghe sono quelle della purificazione, a
rappresentare appunto la difficoltà del cammino penitenziale dell'umanità.
Infine è necessario ricordare che nel primo verso del poema il personaggio narratore afferma d'essersi smarrito
nella selva oscura:
nel mezzo del cammin di nostra vita
Il mezzo della vita dell'uomo coincide così col giorno della morte del Cristo e con la sua resurrezione,
sottolineando ulteriormente il tema della rinascita che il poema vuole raccontare: la condizione perenne
dell'umanità è infatti l'avvicinarsi alla morte come un avvicinarsi alla rinascita eterna.
Il tempo nei tre Regni
Inferno, Purgatorio e Paradiso sono anch’essi inseriti nella pluralità dei tempi che tra loro si incastrano all’interno
della Commedia. L’Inferno, regno della dannazione perpetua, voluto da Dio, è “l’aura sanza tempo tinta”, “l’aura
morta”, eternamente scuro, senza l’alternarsi del giorno e della notte. Laggiù i peccatori, ancora portatori della
grazia divina, sono logorati eternamente dal peccato. La sofferenza eterna e la conseguente assenza di speranza
sono, nell’ottica dantesca, le giuste condizioni per scontare, dopo la morte, i peccati terreni. Nel Purgatorio,
invece, la situazione è completamente diversa: fin dal primo canto Dante ci dà, attraverso immagini visive, delle
indicazioni temporali e climatiche, proprio a dimostrazione della diversa ambientazione e funzione del “suo”
secondo regno:
“Dolce color d’oriental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’usci’ fuor de l’aura morta
che m’avea contristati li occhi e ‘l petto.” (Purg. I, 13-18)
Ulteriori indicazioni temporali sono fornite dall’analisi delle costellazioni, visibili dai due pellegrini dalla spiaggia
purgatoriale:
“Lo bel pianeto che d’amor conforta
faceva tutto rider l’oriente,
velando i Pesci ch’erano in sua scorta.
I’ mi volsi a destra e puosi mente
a l’altro polo, e vidi quattro stelle…
….un poco me volgendo a l’altro polo,
là onde ‘l Carro era già sparito…” (Purg. I, 19 –30)
e ancora:
“già era ‘l sole a l’orizzonte giunto
lo cui meridian cerchio soverchia
Ierusalèm col suo più alto punto;
e la notte che opposita a lui cerchia, uscia di Gange fuor con le Bilance.
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che le càggion di man quando soverchia;
si che le bianche e le vermiglie guance,
là dov’ i’ era, de la bella Aurora
per troppa etate divenivan rance (Purg. II, 1-9)
Dante insiste sulla cronologia nel viaggio, ribadisce, dunque, che questo è il regno del tempo, della luce, della
speranza e della memoria: qui, infatti, le anime espianti restano per un tempo ben definito, a seconda della gravità
della loro “deviazione d’amore” terrena. In tal modo esse hanno occasione di ripensare ai propri sbagli, capirli e
pentirsene profondamente. Ritornare sui propri errori, significa, allora, pagare i propri debiti ed il ricordo terreno da
parte dei propri cari diventa un ulteriore aiuto all’espiazione. Infine le anime hanno la facoltà di ricordare il passato,
di prevedere il futuro, ma sono ignare del presente.
Infine, il Paradiso risulta essere un regno ancora diverso rispetto ai precedenti. Qui troviamo i beati ed i redenti dal
Purgatorio. Da un lato questo luogo risulta eterno, fonte di beatitudine e gioia; da un altro punto di vista, invece,
troviamo anche qui indicazioni temporali, finalizzate, però, a sottolineare la predestinazione di Dante a compiere il
suo viaggio verso la visio dèi e al salvezza:
“Surge ai mortli per diverse foci
La lucerna del mondo; ma da quella
Che quattro cerchi giunge con tre croci,
con miglior corso e con migliore stella
esce congiunta, e la mondana cera
più a suo modo tempera e suggella.
Fatto avea di là mane e di qua sera
Tal foce, e quasi tutto era là bianco
Quello emisperio, e l’altra parte nera.
Quando Beatrice in sul sinistro fianco
Vidi rivolta e guardar nel sole…” (Par. I, 37-47)
Pluralità e sovrapposizione dei tempi nell’opera dantesca
La Commedia rappresenta una vasta pluralità di tempi, tra loro sovrapposti, alternati e, talvolta, coincidenti:

Tempo dell’auctor (1304- 1308)

Tempo dell’actor (1300)

Tempo dei dannati

Tempo delle anime espianti (tempo in cui peccarono, giorno della loro redenzione, capacità di prevedere)

Tempo delle anime considerate Figurae Christi (Beatrice, Catone)

Tempo delle previsioni fatte dalle anime a Dante

Tempo della storia dell’umanità, il cui evento centrale è la morte di Cristo
TEORIA DELLA RELATIVITA’ SPECIALE o RISTRETTA – 1879/1905
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Il problema della relatività affonda le sue radici ancora nel 1600, quando, dopo l’introduzione del sistema copernicano
ci si iniziò a domandare: “Se la terra ruota a grande velocità, come mai non ce ne accorgiamo?”. La questione fu
“risolta” da Galileo Galilei, nel 1630, nel “Dialogo sui massimi sistemi”, in cui lo scienziato affermò che le leggi che
descrivono il moto dei corpi restano sempre le stesse, sia che il sistema di riferimento sia in quiete, sia che si muova di
moto uniforme. Se ne deduce che non è possibile, in pratica, stabilire se ci si trova in un sistema fisso o mobile: ha solo
senso parlare di moto relativo tra i due sistemi.
La legge del moto dei corpi resta, dunque, la stessa indipendentemente dal fatto che il sistema cui ci si riferisce sia in
quiete o in movimento: Galileo Galilei aveva capito che non si può parlare di velocità assoluta, ma solo di relativa al
sistema di riferimento.
Questa teoria ha una sola eccezione: la velocità della luce.
Nel 1881, Michelson e Morley trovano sperimentalmente che le trasformazioni di Galileo sono contraddette
dall’esperienza. Misurando la velocità della luce rispetto a due sistemi di riferimento in moto relativo uno rispetto
all’altro, essi trovano che la velocità della luce è sempre la stessa per ogni sistema di riferimento in moto rettilineo
uniforme:
C= V’ C-v
C= 299.792.458m/s
y’=y
t’=t
Troviamo le trasformazioni esatte che riproducono l’esperienza.
Consideriamo un raggio di luce che parta al tempo t=0 da O assieme ad O’. Al tempo t per O vale la seguente relazione
x2+y2=c2t2, mentre per O’ si ha x’2+y’2=c2t’2
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PO= ct
x’= proiezione del percorso fatto dalla luce dall’origine al punto nel sistema O’
1) x2+y2=c2t2
2) x’2+y’2=c2t’2
x2+y2-c2t2=0
x’2+y’2-c2t’2=0
x2+y2-c2t2=x’2+y’2-c2t2=0
Cerchiamo le nuove formule nella formula
x’= k(x-vt)
t’= k(t-ax)
t’ analogo a x’
a= costante di velocità rispetto al tempo
Sostituiamo nella 1)
x2+y2-c2t2= k2(x-vt)2+y2-c2k2(t-ax)2
Eguagliamo i coefficienti della x2 e della t2 in ambo i membri:
1= k2-c2k2a2
1= k2(1-c2a2)
-c2= k2v2-c2k2
-c2=(1/1-c2a2) (v2-c2)
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(c2/-v2+c2)= (1/1-c2a2)
c2/c2 – v2/c2= 1-c2a2
k2= (1/1-c2a2)
---------------
v2/c2= c2a2
a2= v2/c4
------------
k2= 1/1-c2(v2/c4)
k= 1/ 1-(c2/v2)
a= v/c2
x’= (x-vt)/ 1-(v2/c2)
y’=y
z’=z
t’= (t-(v/c2)x)/ 1-(v2/c2)
Se x=0  t’= t/ 1-(v2/c2)
Il flusso del tempo nel sistema O e O’ è quindi diverso e poiché 1-(v2/c2) è sempre <1, si ha che t’>t. In effetti il tempo
proprio (quello segnato da un orologio solidale con l’evento che si sta considerando) è diverso dal tempo misurato da un
orologio in moto rispetto all’evento stesso.
Per la Teoria della Relatività la velocità della luce è insuperabile, aumentando la velocità nello spazio,quindi, si
diminuisce la velocità nel tempo.
Con una velocità prossima a quella della luce si annullerebbe quasi, quindi, il flusso del tempo.
Dalle Trasformazioni di Lorentz si ottengono:
x’a-x’b= x’= x 1-(v2/c2)
x’= Lunghezza del segmento in moto
x = Lunghezza del segmento fermo
t’= t 1-(v2/c2)
e poiché 1-(v2/c2) è sempre <1, si ha che x’<x  contrazione degli spazi
e t’<t  dilatazione dei tempi
I tempi segnati da un orologio in moto sono, quindi, minori di quelli segnati, per uno stesso evento, da un orologio
fermo e c è insuperabile.
Si dice “quantità di moto” e, si indica con P, il prodotto della massa per la velocità di un corpo:
P=mv
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Consideriamo una pallottola che nel sistema fermo O si conficca in un muro. La profondità del foro L è proporzionale
alla quantità di moto
Un osservatore O’, in moto assieme alla pallottola, vede il muro avvicinarsi alla stessa velocità v della pallottola, ma,
essendo in moto, misura una profondità del foro 1-(v2/c2) volte più corta, che non O; ma per i due osservatori la
velocità coinvolta è uguale a v, quindi, trovando le lunghezze del foro diverse, ne concludono che la massa della
pallottola è diversa ed esattamente la pallottola ha massa maggiore per O ed è (1-(v2/c2))-1 volte maggiore della massa
m0, misurata dall’osservatore O’, fermo rispetto alla pallottola. Quindi O’ misura una lunghezza minore perché è in
moto rispetto al muro.
m= m0/ 1-(v2/c2)  quindi m<m0
m= m0/ 1-(v2/c2) m0/ (1- ½ v2/c2)
m= m0 (1+ ½ v2/c2)
c2m= m0c2+ ½ m0v2
|______|
Ecinetica
c2(m-m0)= Ec
Quindi generalizzando:
E= mc2
TEORIA DELLA RELATIVITA’ GENERALE – 1915
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Con la Teoria della Relatività Generale, Einstein riesce ad interpretare tutti i fatti sperimentali inerenti alla gravitazione,
con la precisione fino ad oggi raggiunta.
Consideriamo il cronotopo:
Un oggetto fermo descrive una traiettoria rettilinea nel cronotopo
La traiettoria di un oggetto in caduta libera, nel cronotopo, è invece una parabola:
y= y0- ½ gt2
x= ct
(ascissa)
Ricaviamo t dalla seconda e sostituiamolo alla prima:
y= y0- ½ g(x2/c2)
y= -½ (g/c2)x2+ y0
y= ax2+b
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Ci chiediamo ora il raggio della circonferenza oscuratrice
y= ax2
yf=1/4a
xco= 2yf= ½|a|
PRINCIPIO DI EQUIVALENZA (alla base della Teoria della relatività generale):
“Ogni corpo in un campo gravitazionale (regione di spazio in cui si risentono gli effetti della gravità) assume la stessa
accelerazione”.
Ovvero, un campo gravitazionale equivale a un sistema di riferimento accelerato.
Se è il sistema che accelera, tutti i corpi hanno la stessa accelerazione.
Lo spazio si dice curvo se la linea congiungente due punti di esso non è la linea retta nel senso intuitivo (euclideo) del
termine, ovvero se il percorso di minor lunghezza tra A e B in esso non è quello rettilineo.
Vedendo che tutti i corpi descrivono la stessa parabola nel cronotopo, Einstein pensò che fosse lo spazio curvo e che i
corpi, una volta lasciati liberi (in libera fluttuazione) proseguissero sì nel loro moto rettilineo uniforme, ma in uno
spazio curvo, in cui le rette (geodetiche) sono ad esempio delle parabole.
Anche masse e tempi si possono calcolare in metri e da qui nasce il concetto di Lunghezza gravitazionale di un corpo
ml, massa del corpo espressa in metri.
ml= GM/c2
Si dice curvatura dello spazio 1 fratto il raggio della circonferenza oscuratrice delle geodetiche dello spazio-tempo
stesso:
curvatura= 1/ rcrf oscuratrice delle geodetiche
Curvatura(1/rco)= GM/c2  lunghezza gravitazionale
|____________|
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a 1metro
Curvatura= GM/c2r2 [1/m]= 1/Rsfera di Riemann
Con la Teoria della relatività Generale, si ricava, infine, anche la legge di Newton:
F= G Mm/r2
e si vede che essa è applicabile, approssimativamente, a piccole regioni di spazio.
Si trova anche che gli intervalli di tempo variano al variare della distanza r dal cenrto della massa che crea il campo
gravitazionale (che incurva lo spazio), secondo la formula:
dt’= dt 1-2ml/r
dt’< dt
dove:
dt’= durata del fenomeno in presenza dello spazio curvo, quando siamo a distanza r dalla
massa che incurva lo spazio.
dt = durata del fenomeno nello spazio euclideo (lontano da masse che incurvano lo spazio).
Intervallo non perturbato da masse.
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