materiale didattico - Osservatorio Astronomico di Capodimonte

Si avvisa che la lezione del
14 dicembre 2004
è stata rinviata al
21 dicembre 2004
Le prossime lezioni si svolgeranno quindi secondo il seguente
calendario:
•16 dicembre 2004 16:00 - 18:00
Amata Mercurio, INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte
“Dall'osservazione al risultato scientifico”
•21 dicembre 2004 16:00 - 18:00
Enrica Iodice, INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte
“Struttura delle Galassie”
ASTROFISICA OSSERVATIVA:
stelle e variabili pulsanti
Ilaria Musella
INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Napoli
Riassumendo….(1)
Le stelle emettono un continuo di radiazione (corpo nero) per cui le proprietà
fisiche delle stelle possono essere ricavate dagli osservabili caratterizzanti la
radiazione elettromagnetica stellare :
•la quantità di radiazione
•la temperatura (di corpo nero)
La scienza che misura il flusso ricevuto da un oggetto celeste è chiamata
fotometria. Più precisamente, la fotometria si riferisce a misure di flusso su una
larga banda di radiazione.
Se, invece andiamo a misurare il flusso in intervalli stretti di lunghezza
d’onda, esso è tipicamente molto irregolare. Infatti, lo spettro stellare è
caratterizzato da righe di assorbimento e talvolta di emissione a causa
dell’interazione della luce con gli atomi e le molecole degli oggetti.
L’osservazione di queste “righe” è detta spettroscopia e consente per esempio
di misurare la composizione chimica
Con la fotometria arriviamo ad oggetti più deboli.
Riassumendo….(2)
Per misurare la luminosità delle stelle si usa la magnitudine (l’occhio
ha una scala logaritmica!!)
mi=-2.5 logL + costi per la banda i-esima
(se misuro la radiazione in tutte le bande mbol =-2.5 logL + cost)
Maggiore è L minore è la magnitudine !!
La porzione ottica dello spettro coperta dalle bande UBVRI va da
circa 3200 A a circa 10000 A (1A=10^10m)
V = -2.5 logL + costV = -2.5 logL + Av + 5 log d + cost


assorbimento distanza in pc
interstellare
Riassumendo….(3)
La luminosità osservata (apparente) è diversa da quella intrinseca: dipende dalla
distanza, dall’assorbimento atmosferico e dalle caratteristiche dello strumento
con il quale si sta osservando.
Riassumendo….(4)
Il rapporto dei flussi in due diverse bande, come dato dagli indici di colore U-B,
B-V, ecc.. misura il contributo relativo di energia nelle varie bande e da una
stima della temperatura di corpo nero.
Luminosità
Stelle
massicce
Stelle di
piccola
massa
Stelle
mancate
Temperatura
Riassumendo….(5)
Abbiamo visto anche che le stelle
spesso non nascono isolate….
Ammassi
Globulari:
fino a 500.000
stelleditutte
piùmassa
piccole
delmasse
sole.
Ammassi
Aperti.
Poche centinaia
di stelle, anche
grande
(10-15
Sono oggetti
Hanno(da
circa
12 decine
miliardi
di anni.di anni a qualche
solari).
Sono in vecchi!
genere giovani
poche
di milioni
miliardo di anni)
Riassumendo….(6)
Ammasso globulare
Diagrammi
Colore-Magnitudine
Ammasso aperto
Riassumendo….(7)
La variabilità stellare
Un gran numero di stelle mostrano variazioni di luminosità.
L’esempio più drammatico è rappresentato dalle Supernovae ma
molto più spesso le variazioni non comportano la distruzione della
stella.
Le stelle variabili si distinguono in 2 grandi classi: variabili
intrinseche e variabili che devono il loro comportamento a cause
esterne.
Le stelle variabili sono presenti in quasi tutte le
fasi dell’evoluzione stellare.
Riassumendo….(8)
Le stelle pulsanti nel
diagramma HR
Riassumendo….(9)
Cosa sono le
stelle pulsanti
Le stelle pulsanti sono variabili intrinseche che mostrano oscillazioni
cicliche o periodiche.
Il caso più semplice è quello di stelle
che mostrano oscillazioni radiali:
cambia il volume ma la forma rimane
(con buona approssimazione) sferica
Periodo  ore  centinaia di giorni
Mag = Mag(max)-Mag(min)
qualche magnitudine
R/R fino a ~ 0.3 per le più tipiche
Le variazioni di luminosità possono essere misurate fotometricamente
mentre quelle del raggio possono essere determinate dalle misure di
velocità radiale dallo “spostamento Doppler” delle righe spettrali
Riassumendo….(10)
luminosità
temperatura
raggio
Velocità radiale
Cephei
Variazioni di magnitudine,
colore e velocità
Riassumendo….(11)
 Fabricius
1596  Mira Ceti
  P ~ 11 mesi
variabili a lungo periodo
 Goodricke
Un po’ di storia
(1660)
1784   Cephei

Cefeidi Classiche
della tecnica fotografica  numero di variabili
catalogate  1000 alla fine del 1800
 Avvento
1901  RR Lyr (variabile di campo)  RR Lyrae
Bailey (1899, 1902) scopre un gran numero di queste variabili
negli ammassi globulari galattici
 Fleming
Riassumendo….(12)
RR Lyrae
Stelle di piccola massa sul ramo orizzontale
M V  0.
P  0.2d  1.2d
Un ammasso globulare
povero di metalli
Ramo orizzontale esteso
RR Lyrae
Popolazione vecchia
Determinazione delle distanze
Riassumendo….(12)
Stelle massicce con M = 5 - 15 Mo
Si trovano nelle “componenti
giovani„ delle galassie, come, per
es. i bracci di spirale
• Variazioni periodiche e regolari
con un ampiezza di 0.4-1.5 mag
ed un periodo di 2-100 days
• Sono molto luminose -2 < Mv < 7 mag
• Soddisfano la relazione PeriodoLuminosità: M=A + B • logP
Sono candele standard ideali per la
determinazione delle distanze
Cefeidi Classiche
Riassumendo….(13)
Altre categorie di stelle pulsanti
Legame pulsazione-scala delle distanze
Per alcune classi di variabili pulsanti, tra cui le Cefeidi Classiche il legame tra il
Periodo e la luminosità e/o altri parametri intrinseci consente di stimare la distanza.
Con le Cefeidi Classiche (relazione PL) si arriva fino a 60 milioni di anni luce o 20
Mpc (grazie al telescopio spaziale Hubble)
La relazione PL delle Cefeidi è anche utilizzata per calibrare alcuni dei cosiddetti
indicatori di distanza secondari che consentono di arrivare a circa 100 Mpc
A queste distanze si può assumere valida la legge di Hubble v = H0 d , dove v è
la velocità di recessione delle galassie lontane, d è la loro distanza e H0 è la
costante di Hubble (il cui inverso fornisce una stima dell’età dell’Universo)
Misurando v dall’effetto Doppler sugli spettri osservati delle galassie e d
basandosi sulla PL delle Cefeidi e alcuni indicatori secondari si è stimata H0 
70 Km/s Mpc -1 e un’età dell’Universo di circa 13 Miliardi di anni
La domanda è come possiamo ricavare
operativamente, partendo dalle
osservazioni, le informazioni sulle
proprietà delle stelle osservate, i
diagrammi colore-magnitudine, etc..
Fotometria di un’immagine
I CCD sono utilizzati per misurare quanta luce cade su ciascun
pixel. Il risultato è una immagine digitale: una matrice di numeri,
uno per pixel, ciascuno legato direttamente alla quantità di luce che
incide su quel pixel.
Per misurare la luminosità di una stella in una determinata banda
possiamo pensare basti puntare il telescopio nella sua direzione e
misurare il numero di fotoni che il CCD registra ogni secondo: in
realtà nel progettare un’osservazione occorre tenere presenti alcuni
problemi principali:
il rapporto segnale-rumore S/N
la differenza tra magnitudine apparente e magnitudine
assoluta
Rapporto S/N (1)
Il rapporto S/N in un’osservazione è fondamentale perché
determina l’errore che avremo sulla determinazione della
magnitudine dell’oggetto in questione. Per esempio dire che
la magnitudine m viene raggiunta con un S/N=50 equivale a
dire che m verrà misurata con un errore del 2%.
In un osservazione con CCD si hanno diverse sorgenti di
rumore:
 il rumore fotonico,
 il rumore di lettura dei dati,
 il rumore dovuto all’eccitazione termica degli elettroni
 il rumore dovuto alla non uniformità del CCD.
Rapporto S/N (2)
Per la maggioranza delle osservazioni in bande larghe, il
rumore fotonico domina su tutte le altre sorgenti di errore.
S/N=n.
Il problema è che bisogna sommare l’errore dovuto ai
conteggi della stella e quello dovuto ai conteggi del cielo:
Cstella= Cstella+cielo-Ccielo
I conteggi relativi al cielo vengono sottratti, ma rimane il
contributo sull’errore
S/N = Cstella/ (Cstella+2Ccielo)
Fondamentale è quindi minimizzare il contributo all’errore
dovuto al cielo.
Rapporto S/N (3)
Nel progettare un’osservazione è quindi opportuno tenere
conto di questo e determinare il tempo di esposizione in modo
tale che il segnale della stella sia molto maggiore rispetto a
quello del cielo cosicché
Cstella  Ccielo
S/N= (Cstella)= n
Se il segnale della stella è molto inferiore a quello del cielo
Cstella Ccielo
S/N= (2Ccielo)
e diviene praticamente impossibile distinguere la nostra
sorgente luminosa.
Il ruolo del cielo è quindi fondamentale nella determinazione
del rapporto S/N e quindi nella osservazione di oggetti deboli.
Rapporto S/N (4)
Per ottenere un miglior rapporto S/N occorre allora:
1) utilizzare un telescopio più grande
2) aumentare il tempo di integrazione aumentando
il tempo di esposizione della singola immagine
oppure sommando più immagini.
Infatti…...
Aumentando il diametro del telescopio di un fattore 2 si
aumenta l’area di raccolta di un fattore 4 e quindi facile
dimostrare che per un dato tempo di esposizione
S/N  DTel
Rapporto S/N (5)
Vediamo qual è’ l’andamento del rapporto S/N in funzione del
tempo di integrazione e del diametro del telescopio:
C=t•R
con t tempo di integrazione, R numero di conteggi al secondo
S/N = t •Rstella/ (t •Rstella+2 •t •Rcielo) =t • Rstella/ (Rstella+2Rcielo)
S/N t
Per migliorare il rapporto S/N di un fattore 2 dobbiamo
quadruplicare il tempo di osservazione. Più lunga è la posa,
maggiore è il segnale del cielo e quindi il disturbo del cielo, ma
S/N aumenta perché il segnale della stella aumenta linearmente nel
tempo, mentre il rumore del cielo aumenta solo come t
Rapporto S/N (6)
Notiamo infine che …...
• Quando a dominare è il rumore fotonico il rapporto S/N
dipende solo dal numero totale dei fotoni rivelati e quindi è
equivalente raggiungere il tempo di integrazione necessario
con un’unica esposizione o sommando più immagini
• nel caso in cui, invece, a predominare sia il rumore di lettura
occorre fare un’esposizione più lunga e non sommarne di
brevi.
• Un problema delle pose lunghe è, per esempio, quello dei
raggi cosmici che possono essere eliminato sommando o
mediando più pose brevi.
Ogni osservazione deve quindi essere attentamente progettato
tenendo presente tutti i fattori in gioco,
Differenza tra magnitudine assoluta e
magnitudine apparente
1) il nostro sensore non conteggia effettivamente tutti i fotoni
che arrivano sulla (efficienza quantica)
2) Se si misura la stessa stella con lo stesso CCD, ma con
telescopi differenti, si ottiene un diverso numero di fotoni
per unità di tempo. Ovviamente il flusso di una stella non
può dipendere dalla dimensione o dalla meccanica o
dall’elettronica di un telescopio
3) Se si usano programmi diversi per misurare la magnitudine
delle stelle si possono ottenere risultati diversi
4) l’atmosfera assorbe parte della radiazione proveniente dalla
stella. Questo effetto è detto estinzione atmosferica.
L’idea chiave consiste nel misurare il flusso dell’oggetto da
studiare insieme a quello di un gruppo di stelle (definite stelle
standard) il cui flusso è già stato accuratamente misurato.
Cosa è l’estinzione atmosferica ? (1)
L’estinzione atmosferica
del segnale di una stella è
dovuto all’assorbimento
dello strato di atmosfera
terrestre
Se l’oggetto è allo zenith
(guardando dritto) la massa
d’aria che il segnale deve
attraversa è minore e quindi
l’assorbimento è minore.
Flusso esterno
atmosfe
ra
Flusso
osservato
specchio
secz
zenith
 1
z
atmosfe
ra
Per definizione se osserviamo un oggetto allo zenith diciamo che lo
stiamo osservando a “1 massa d’aria”, per cui se osserviamo in una
direzione che forma un angolo z con lo zenith, stiamo osservando
a “massa d’aria secante z”.
Cosa è l’estinzione atmosferica ? (2)
• L’estinzione dipende fortemente dalla banda di
osservazione. Essa è molto alta nella parte blu della finestra
ottica e diminuisce lentamente andando verso il rosso
• Dipende fortemente anche dall’altitudine a cui è posto il
telescopio che per questo motivo vengono messi anche a
4000 m di altezza.
• Vedremo in seguito come può essere determinata
Pianificazione delle osservazioni
La prima cosa da decidere è il target scientifico con le
motivazioni per cui lo andiamo ad osservare.
Conoscendo le coordinate e la luminosità apparente
dell’oggetto da osservare, è possibile operare la scelta del sito
di osservazione, del periodo di osservazione, dello strumento
e delle bande in cui osservarlo.
Una volta al telescopio occorre prendere
1) le immagini scientifiche
2) i campi di stelle standard
3) i Bias
4) I Flat Field
5) I Dark
Pre-riduzione (1):
Immagini di Bias
Immagini di Bias: esposizioni con zero
secondi di posa, servono a determinare il
rumore dovuto alla lettura del CCD anche in
assenza di segnale
Bias= biasi/Nbias
Superficie
dipixel
una
porzione
Valore
Valore
Istogramma
deidei
pixel
dell’immagine
nella
nella
colonna
riga20x20
720
725
Pre-riduzione (2):
Immagini di Flat Field
Flat Field: immagini ottenute
illuminando uniformemente il CCD (o in
cupola con uno schermo o in cielo al
tramonto e all’alba). Serve a correggere
le disuniformità su piccola scala dovute
Superficie
una
a piccole
Valore
Valore
dei
differenze
pixel
deidipixel
nella
traporzione
nella
icolonna
pixelriga
e20x20
564
quelle
644 a
grande scala
dovute alle
ottiche del
Istogramma
dell’immagine
telescopio.
Flat normalizzato=  Flati/Nflat/<Flat>
Pre-riduzione (3)
Immagini di Dark: immagini ottenuto ad otturatore chiuso di
durata uguale a quella delle esposizioni scientifiche. Servono a
misurare il rumore dovuto all’eccitazione termica degli elettroni.
Attualmente questo rumore è quasi sempre trascurabile essendo i
CCD raffreddati alla temperatura dell’azoto liquido.
Possono essere molto importanti nel caso di CCD amatoriali
In definitiva
immagine preridotta=(immagine grezza -Bias -Dark)/Flat normalizzato)
Fotometria (1)
Immagine della galassia nana IC1613.
Fotometria (2)
Immagine di un campo di standard
Fotometria (3): fotometria di apertura
Il seeing atmosferico fa si che l’immagine stellare occupi più pixel.
Una stella è ben campionata se occupa almeno un’area di 2x2
pixel, altrimenti è impossibile operare qualsiasi integrazione.
D’altra parte l’area occupata non deve essere troppo grande per
evitare l’aumento del rumore dovuto al cielo.
Fotometria di apertura:
possibile in campi poco
affollati:
Cstella= Cstella+cielo-Ccielo
Fotometria (4): fotometria di PSF
1
.
0
intensit
à
Fotometria in la funzione di PSF è una funzione senza bordo e
PROBLEMA:
0
.
campi
affollati
questo effetto
deve essere corretto determinando la trasformazione
5
tra magnitudine di PSF e magnitudine di apertura e determinando
così la correzione per migliorare il rapporto S/N.
0
1 2 3 4 5
Radius
(arcsec)
DAOPHOT (1)
1)Inserisco una serie di dati





gain,
readout noise,
fwhm (stima del seeing),
il raggio della stella più grande che vogliamo analizzare,
il livello di saturazione che ci da il numero di conteggi oltre il quale la risposta del
CCD non è più lineare
2) determinazione di un livello medio del cielo e ricerca dei picchi di luminosità al di
sopra di una certa soglia assegnata sopra il livello del cielo.
3) ottengo così una lista di stelle a cui viene assegnata una prima stima di
magnitudine mediante fotometria di apertura in un raggio fissato. All’interno di
questa lista vengono selezionate le stelle per ricavare la PSF. Queste stelle devono
essere:




isolate
lontane dai bordi
lontane da eventuali bad column
non contaminate da raggi cosmici
DAOPHOT (2): determinazione della PSF
• verifica delle stelle selezionate per la PSF
• determinazione di una prima PSF con cui si fa girare il programma di
fotometria stellare ALLSTAR e si ottengono le magnitudini
strumentali delle stelle usate per la PSF e delle loro “vicine”.
• verifica dei residui dopo la sottrazione delle stelle per la PSF con
un’ulteriore selezione delle stelle da utilizzare…il processo va avanti
iterativamente fino a che non viene trovato il set di stelle da utilizzare
per determinare la PSF definitiva
•Vi sono varie funzioni possibile: gaussiana, moffattiana, lorenziana,
Penny ed esiste anche la possibilità di considerare una PSF variabile
linearmente o quadraticamente dal centro verso i bordi del CCD.
ALLSTAR (1)
Determinata la PSF è possibile stimare la magnitudine delle stelle
trovate dal programma DAOPHOT. Per questo procedimento
possiamo usare un programma chiamato ALLSTAR che opera:
raggruppando gli oggetti trovati, tenendo conto della
luminosità dei vari picchi e della loro posizione relativa
operando un fit dei vari gruppi utilizzando la PSF trovata,
eventualmente provando a sovrapporre più PSF sovrapposte
e shiftate tra di loro
calcolo della magnitudine di ogni singolo oggetto, integrando
la PSF e assegnando una magnitudine strumentale:
mstr= -2.5log(I)
con I integrale della PSF
ALLSTAR (2)
Questa magnitudine strumentale di PSF deve essere corretta per tenere conto
che la PSF non ha bordo. Per far ciò si considera l’immagine di partenza a
cui vengono sottratte tutte le stelle lasciando solo quelle usate per
determinare la PSF ottenendo così un’immagine sulla quale è possibile
ottenere la fotometria di apertura delle stelle usate per la PSF e determinare
la media della differenza, per queste stelle, tra fotometria di PSF e fotometria
di apertura.
Il raggio deve essere scelto in modo tale che non sia né troppo grande per
ridurre il rumore dovuto al cielo né troppo piccolo perché altrimenti
rischieremmo di perdere parte della luce.
A questo punto è possibile ottenere la correzione di apertura da applicare alle
magnitudini strumentali di PSF :
map = mals + <map - mals>
CALIBRAZIONE (1)
Abbiamo detto che per la calibrazione dobbiamo usare le stelle
standard. Esistono campi con un gran numero di stelle “standard” :
Queste stelle devono avere determinate caratteristiche:
non variabili
magnitudine tale da non saturare in pochi secondi i CCD, ma
anche sufficientemente luminose da avere un buon rapporto
S/N
le stelle selezionate all’interno di un campo devono coprire un
ampio range di colore
le stelle vanno scelte sulla volta celeste in modo da coprire un
ampio intervallo di masse d’aria (usare più campi di standard)
le collezione più utilizzate per le bande dell’ottico (UBVRI)
sono i campi di Landolt che contengono una ognuno una
decina di stelle e quelli di Stetson, che ha esteso i campi di
Landolt individuando però centinaia di stelle per ogni campo di
Landolt.
CALIBRAZIONE (2)
Operativamente dobbiamo considerare un campo di standard e fare la
fotometria di apertura delle stelle standard in esso contenute.
.
Tali magnitudini di apertura (e quelle delle immagini scientifiche)
devono essere:
 riportate a quelle del sistema standard e quindi devono essere normalizzate
ad un tempo di esposizione fissato (tipicamente t=1s)
map (t=1s) = map + 2.5 • log texp
 corrette per l’estinzione atmosferica riportandole al valore che avrebbero se
le osservazioni fossero state fatte al di fuori dell’atmosfera, ovvero con una
massa d’aria nulla:
map(airmass=0) = map - X• K
con X massa d’aria alla quale abbiamo osservato e K coefficiente di
estinzione. Il coefficiente di estinzione dipende dalla banda e se abbiamo
osservazioni in più bande, dobbiamo determinarla per ogni filtro anche se la
massa d’aria è sempre la stessa.
CALIBRAZIONE (3)
Per determinare il coefficiente di estinzione K abbiamo bisogno
dell’esposizione del campo di standard a diverse massa d’aria in modo da
poter determinare la pendenza ed il punto zero della retta che descrive la
map in funzione della massa d’aria.
Calibrazione (4)
A questo punto occorre tenere presente il fatto che anche
utilizzando le stesse bande di osservazione del sistema standard, i
filtri non sono mai perfettamente uguali tra di loro. Per tenere conto
di questa differenza occorrerà considerare un termine di colore.
In definitiva considerando osservazioni fatte nelle bande B e V
V = vap + 2.5•logtexp + X•K + a•(B - V) + b =
= vap(t=1s,AM=0) + a•(B-V) + b = v + a•(B-V) + b
interpolando quindi la differenza tra la magnitudine tabulata delle
standard V e v in funzione del colore tabulato delle stelle standard
possiamo determinare i coefficienti del fit a e b della Curva di
Calibrazione
Questa è la curva di calibrazione che dovrà poi essere applicata
alle magnitudini di apertura delle stelle nelle immagini
scientifiche (corrette per estinzione e tempo di esposizione)
ricavando così le magnitudini riferite al sistema standard.
Applicazioni: la galassia nana Carina
Fotometria +
Calibrazione
Applicazioni: Diagrammi C-M
Infatti, una volta determinate le magnitudini e i colori sarà possibile
costruire i diagrammi colore-magnitudine
Applicazioni: le stelle variabili
Nel caso di stelle variabili, occorre osservare una sequenza di
immagini su un certo periodo di tempo che dipende dal periodo di
pulsazione delle variabili che ci interessano. Data una sequenza di
dati in una certa banda è possibile determinarne il periodo
mediante l’utilizzo di opportuni programmi e quindi graficare le
curve di luce.
Applicazioni: il diagramma di Bailey
Bailey (1899,1902) riconobbe l’esistenza di due tipi di pulsatori tra
le RR Lyrae: le RRab con curva di luce asimmetrica e ampiezze
decrescenti verso i lunghi periodi (vedi figura a lato) e le RRc con
curva di luce quasi sinusoidale e periodi e ampiezze più piccoli.
Applicazioni: fit delle curve di luce
Usando dei modelli teorici è possibile fittare i dati osservativi e
ricavare così informazioni sulle proprietà delle stelle variabili
Le Cefeidi classiche e la relazione PL
 Miss Leavitt (1912) scopre la relazione Periodo-Luminosità delle Cefeidi Classiche
 Oggi questa relazione è alla base di una scala assoluta delle distanze extragalattiche
(Cefeidi osservate con il telescopio spaziale Hubble)
Se conosco il Periodo e osservo la luminosità apparente,
usando la relazione tra periodo e luminosità intrinseca,
ricavo la distanza !!
Conclusioni
E’ stata evidenziata l’importanza della fotometria nello studio degli
oggetti stellari: una accurata fotometria stellare ci permette di
avere informazioni
• sulle proprietà strutturali ed evolutive delle stelle (luminosità,
temperatura, massa, età…..)
• sulle proprietà degli oggetti a cui esse appartengono (galassie,
ammassi aperti, ammassi globulari)
• sulle distanze a cui essi si trovano
• sulla valutazione di parametri cosmologici quali l’età dell’universo
A questo scopo è stata fatta un’analisi di tutte le problematiche
relative all’ottenimento di una fotometria stellare accurata e sulle
soluzioni applicabili sia in sede osservativa che in fase di riduzione
dati.