5B
Montagne Insanguinate
Atti di eroismo quotidiano sulle montagne
piacentine durante II guerra mondiale
L’«armistizio dell'8 settembre suscitò non solo il problema dello
sbandamento nell'esercito, ma anche quello, non meno grave nel
piacentino, degli ex internati nei campi di prigionia che si diedero alla
fuga. Il fenomeno nella, nostra provincia ebbe dimensioni rilevanti per
la presenza di ben quattro campi di prigionia: Veano (sede estiva del
Collegio Alberoni, requisito per essere adibito a. campo per ufficiali
inglesi): il collegio Morigi in Piacenza., utilizzato come ospedale
militare per prigionieri: il castello di Rezzanello, requisito all'istituto
religioso delle Madri Orsoline e riservato ai civili greci, e il convento di
S. Francesco a Cortemaggiore riservato a prigionieri iugoslavi. Nei
comuni interessati e nelle zone della montagna si attivarono tra la
popolazione reti di solidarietà per proteggere gli ex detenuti sfuggiti
alla prigionia
Il viale alberato di Veano di villa Alberoni
Castello di Rezzanello
Collegio Morigi
Convento di S. Francesco Cortemaggiore
ILLUSTRISSIMO SIGNOR COLONNELLO
Queste lettere sono la testimonianza diretta del rapporto che si veniva a formare
tra gli alleati (in questo caso inglesi ) e i nostri partigiani.
Rapporti nati purtroppo durante un periodo di guerra ma basati sul rispetto
reciproco e su un profondo senso di amicizia.
“ mi è dispiaciuto immensamente il 23-12-1943, dopo essere tornato da Perino,
trovare la mia famiglia desolatissima. Ho chiesto il perché di tanta desolazione e
ho saputo che i malvagi fascisti vi avevano portato via. Provai un vero e grande
dolore , uno dei dolori più grandi della mia vita.” così scrive Severino Maschi,
partigiano residente in Leggio di Bettola,che durante gli anni della resistenza
aveva nascosto in casa sua il colonnello inglese Reeves.
Tra i due si è instaurata un intesa che è stata mandata avanti per anni, per via
epistolare, anche dopo la fine della guerra .
Anche il parroco dello stesso paese, Don Luigi Guglielmetti, contribuì a fornire
utili informazioni agli alleati inglesi come ad esempio i nomi dei traditori ,che nel
Dicembre del 1943 tesero una trappola ai loro compagni : “prima di tutto debbo
dirvi che anche io, causa vostra sono stato 7 giorni in prigione. Come mai? Sirdi
Giuseppe che voi vedevate tanto in fiducia fu appunto quello che tutti ci ha traditi
indicando ai fascisti la casa di Maschi Severino come vostra residenza …il
traditore ha fatto anche il mio nome”
Della stessa lettere, sopra citata, scopriamo inoltre che pochi mesi dopo il
tradimento, il paese fu bombardato: “Caro signore, anche Leggio è stato
bombardato e precisamente la notte del 13 Agosto anno 1944 . Abbiamo avuto 6
morti e 8 feriti tutti del paese. Causa che non si è osservata per bene la legge
dell’ oscuramento.”
Dev. mo
Don Anacleto Mazzoni”
“Dicembre: richiamo alle armi delle nuove
classi ‘24-’25. Nessuno si presenta, il
Commissario Prefettizio è in disaccordo
con la popolazione e specialmente con il
Parroco, onde si troncarono le pratiche per
l’impianto elettrico”.
Il Parroco fu chiamato dal commissario di
Ferriere a rendere ragione del suo
comportamento presso i giovani chiamati,
in seguito ad una lettera firmata, in cui si
calunniava il parroco di far propaganda
contraria.
Effettivamente il fronte si faceva sempre
più compatto e se in alcuni centri, come
Bobbio, la propaganda fascista aveva
raccolto alcuni seguaci, nei posti più remoti
la resistenza era stata pressoché totale.
Renitenza della leva
Farini d’Olmo lì 7 febbraio 1944
Su 101 iscritti, delle classi 1924-925, 88 regolarizzarono la loro
posizione militare e di essi, 75, per esclusivo interesse di
questo Comando. Tredici reclute non risposero alla chiamata
alle armi, delle quali 10 della frazione Pradovera e 3 della
frazione Mareto.
Successivamente, cioè alla fine di dicembre, 9 reclute che erano
state lasciate in licenza, non si sono ripresentate al Distretto, e
poscia 28 reclute si sono assentate dai reparti, delle quali 10
sono state rintracciate e tradotte ai Corpi, mentre tutt’ora 18 di
esse risultano latitanti.
Sicchè alla data odierna non meno di 40 reclute trovansi sbandate
per quante ricerche vengano praticate giornalmente, il risultato
meschino.
Proposte per rendere più efficace la
chiamata alle armi
Ciò posto, e nell’intento di ottenere risultati più cospicui , questo Comando
sottomette le seguenti proposte:
•
affrettare un’ azione di rastrellamento in grande stile nella zona di
Pradovera-Mareto-Codogno, verso Bettola e Coli .
•
provvedere con militari in abito simulato, appoggiati opportunamente da altri
in divisa, al servizio di ricerche dei singoli disertori.
•
applicare sanzioni severe verso il patrimonio, come sequestro provvisorio
del bestiame, ciò che indurrebbe i giovani a presentarsi, siccome le famiglie
verrebbero toccate nella parte più viva.
•
i militari dovrebbero trovare reparti ambienti accoglienti e Superiori che
sapessero tenerli perché dalle divagazioni di certuni parrebbe che quasi
ovunque i Superiori stessi incitino le giovani reclute a ad allontanarsi.
•
Al riguardo oltre agli altri casi, il più recente è il seguente: La recluta
DALLAVALLE FRANCESCO di Antonio , della classe 1925 da Pantigliate
Milanese ( distretto Lodi) il 4 corrente venne qui rintracciata e siccome
emerse che non aveva risposto alla chiamata alle armi , fu fatta
accompagnare al Comando del Distretto di Piacenza il mattino del CINQUE
detto , senonché la sera, del 6 corrente venne di nuovo rintracciata in Farini
e fermata una seconda volta. Il Dalla valle dichiarò che il giorno 5 stesso,
ebbe la libera uscita ed altrettanto il giorno seguente, per cui approfittò per
fare una capatina presso i familiari qui residenti.
•
Il Maresciallo maggiore Comandante la stazione.
(Bearzi Lodovico)
La testimonianza di don Riccardo
Molinari parroco di Cereseto di
Compiano
• Rastrellamento del 17 luglio 1944 sulle
montagne tra parma e Piacenza
• 20 Luglio Occupazione di Cereseto e
cattura del parroco e incendio della
parrocchia
• La prigionia e le esecuzioni sommarie
• La strage di sacerdoti
STRAGE DI PRETI
Non appena i nuovi arrivati si furono convinti che io non ero là per
accogliere una loro deposizione «in extremis» cominciarono a riversare al di
fuori una fiumana di notizie impressionanti,. poiché erano. stati testimoni e
spettatori di scene che il loro animo si vergognava di riferire e il nostro,
cuore si rifiutava di credere: a Strela il Parroco D. Alessandro e il
Missionario P. Bracchi fucilati e abbandonati per terra davanti al Cimitero; a
Sidolo l’Arciprete D. Giuseppe, D. Francesco di Porcigatone e il Chierico
Padre Subacchi trucidati sulla pubblica strada ed esposti al ludibrio dei
passanti; a Compiano e a Bedonia numerosi Sacerdoti catturati e
deportati...
Queste ed altre simili scene di sterminio e di stragi operate dalle truppe
naziste, non potevano mancare di produrre in noi una depressione d'animo
e uno sconcerto morale tanto più vasto in quanto che il fisico si trovava così
prostrato e sfinito.
Nel silenzio sepolcrale, succeduto alle varie versioni dei fatti sacrileghi, alla
mia mente abbattuta si affacciarono, in una visione macabra, le figure dei
Confratelli spenti nel sangue: cinque Sacerdoti trucidati!... E che colpa
poteva gravare sulla loro coscienza?... Mi rappresentavo il loro martirio
crudele... lo schianto acerbo delle loro famiglie... Mentre si faceva sempre
più strada in me il. presentimento che un'onda di persecuzione anticlericale
imperversasse in quell'ora, nella quale potevo anch'io essere travolto da un
momento all'altro. Il pensiero poi che tali novità tragiche sarebbero giunte
anche all'orecchio della mia. mamma, mi dava tutto a temere che il suo
cuore ne rimanesse soffocato per sempre...
La liberazione insperata di
don Riccardo
Erano le tre pomeridiane di quel giorno 24 luglio, vigilia di S.
Giacomo, Patrono della mia Parrocchia, ma a Cereseto vi doveva
essere animazione e preparativi tutt'altro che di festa!
Robbiano, sede dell'alto Comando germanico, sembrava un
porto di mare, dove confluivano continuamente uomini e mandrie
provenienti da tutte le zone rastrellate. Passati in rivista dai capi
nazisti, fummo introdotti, senza un ordine preciso, nel campo di
concentramento situato li accanto, chiuso da filo spinato.
Lo sfinimento, la fame, la sete, ci accasciarono a terra su quella
nuda terra bruciata dal sole. Un improvviso acquazzone,
sopraggiunto poco dopo, costrinse il comando a ritirarci per
rinchiuderci in locali angusti e privi di aria. Il soffoco di quei nuovi
reclusori aumentò in modo insopportabile l’arsura interna,
calmata alquanto da un certo liquido amaro e nauseante che
avrebbe voluto essere caffè, generosamente somministrato dai
nuovi padroni.
La liberazione insperata di don Riccardo
La sera si approssimava con il suo apporto consueto di nostalgie, di rimpianti, di
ombre. Ogni speranza di liberazione svaniva per sempre dall'animo affranto dei
prigionieri che già vedevano fatalmente delinearsi davanti ai propri occhi lo
spettro terribile, se non della morte violenta, della deportazione in Germania,
dove i lavori forzati, la fame e i bombardamenti, avrebbero posto fine ad una
vita misera e triste.
Tali erano i pensieri che si avvicendavano nella testa, allorché noi Sacerdoti
fummo chiamati espressamente dal Comandante. Un interprete ci trasmetteva,
chiaro e preciso, l'ordine di liberazione arrivato in quel momento, con
l'ingiunzione però di presentarci al più presto dal Vescovo di Parma per avere il
debito rilascio e le necessarie istruzioni.
Fu come se una cappa di piombo si levasse istantaneamente dal nostro capo.
Dimenticammo fame, sete, ore torturanti di insonnia, di attesa, d'angoscia...
Prendemmo la via di Fornovo. Non senza aver prima salutato i compagni di
sventura e lasciato ad essi le nostre provviste. Poveri prigionieri! L'invidia,
troppo giustificata, che traspariva dai loro occhi infossati, l'impossibilità di
partecipare ad essi un po' della nostra gioia, e quindi la delusione che li
accasciò, resero quanto mai amaro quel distacco e quell'addio!
Il senso di libertà riacquistata così inaspettatamente, dava ali ai piedi, che non
si sentivano più stretti ai ceppi e alle catene, mentre l'occhio si volgeva attorno,
perché nel cuore continuava a persistere il sospetto che qualche tedesco ci
inseguisse e ci fermasse, tanto la realtà ci faceva trasognare.
Il martirio di Strela
L'uragano di ferro e di fuoco piombò su Strela il 19 luglio 1944. Diciassette vittime
innocenti caddero, fra le quali il prevosto Don Alessandro Sozzi e il Missionario Padre
Umberto Bracchi. Trentacinque fra case e cascinali distrutti.
Un velo di profondo mistero copre la causa di questa terribile aggressione: «spie? vendette
personali? prigionieri di guerra tedeschi? »
Nulla di preciso si sa, solo vaghe supposizioni o deduzioni. Le truppe, il 15 luglio 1944
iniziarono l'assalto alla roccaforte della Val Taro. Da Bardi, da Borgotaro, da Chiavari, si
segnalavano vasti movimenti di truppe verso Bedonia. I patrioti, dopo vari giorni di vittoriosi
attacchi furono costretti a ripiegare. La popolazione in preda al terrore si sforzava di
mettere in salvo tutto quanto poteva. Gli uomini cercavano scampo nella campagna, sui
monti, nei luoghi più nascosti, assoggettandosi ai sacrifici più gravi, pur di avere salva la
vita. Le notizie più allarmanti si diffondevano con rapidità sorprendente. Scene
raccapriccianti, uniche nella nostra storia, inimmaginabili ad un estraneo.
Nel pomeriggio del 18 luglio un contingente di truppe, proveniente da Borgotaro, accampa
presso Barbigarezza. La notizia si diffonde in un baleno. Strela è in allarme.
Gli uomini fuggono, pochi rimangono. Il Prevosto e Padre Umberto (giunto il giorno
precedente dai Ghitardi di Porcigatone per perorare la causa di alcuni ostaggi di Borgotaro
presso Mons. Checchi) cercano di calmare e rincuorare la popolazione.
Alle ore 18 circa due soldati tedeschi raggiungono il paese. Don Alessandro li accoglie in
canonica con deferenza. I due militari, un tenente e un maresciallo, osservano ogni cosa e
si mostrano impassibili. Nell'accomiatarli Don Alessandro esprime loro il desiderio di
raggiungere il comando: «No, no, padre, se venire uccidere subito! » dice il tenente. Padre
Umberto mostra i documenti personali, redatti dai vari comandanti tedeschi: «Boni, boni,
nulla fare, essere a posto! » soggiunge il tenente. Scende la notte, gli animi rimangono
tesi; la calma regna foriera di burrasca.
Il martirio di Strela
Alle ore 6 il paese è nuovamente in allarme. Le truppe tedesche, da più direzioni,
in numerose pattuglie, danno l'assalto a Strela.
Passano pochi istanti. Gli avvenimenti incalzano. I rumori si fanno più distinti. Si
odono dei passi cadenzati, delle parole incomprensibili. Sono loro. I due sacerdoti
in canonica stanno pregando. Alcuni colpi alla porta e molti militari entrano. Non
fu possibile sapere il breve colloquio fra i sacerdoti e i sopraggiunti.
Immediatamente i soldati iniziano la perquisizione nella casa, ne asportano gli
oggetti di valore e vi appiccano il fuoco. I sacerdoti sono costretti ad uscire dalla
canonica e, accompagnati da due soldati armati di fucile mitragliatore, a
proseguire verso lo stradale passando davanti al cimitero. Don Umberto avanti e
Don Alessandro dietro, muti, trasecolati, con le lacrime agli occhi, presaghi della
fine, ubbidiscono ai loro carnefici. Fatto un centinaio di metri, oltrepassata la cinta
del cimitero, un urlo bestiale li investe, si voltano e seguono le indicazioni
dei due soldati di portarsi verso il muro del cimitero.
I due morituri, muti, si guardano come per darsi l'ultimo addio, danno
l'ultimo sguardo alla terra pregna di odio e di sangue in una triste visione di
terrore e di rovina. Si impartiscono vicendevolmente l'ultima assoluzione: gli
assassini puntano l'arma micidiale. Una nutrita raffica di mitra parte
immediatamente. I martiri cadono. Il loro sacrificio é consumato.
La tragedia di Sidolo
20 Luglio 1944
In questa tragedia persero la vita Don
Giuseppe Beotti parroco di Sidolo –
Don Francesco del Nevo e il chierico
Italo Subacchi
La tragedia di Sidolo
I tre sacerdoti erano stati allineati lungo il muricciolo che protegge un piccolo
appezzamento, di proprietà della Chiesa. Di fronte a loro, poco discosto stava
appostato sulla strada un fucile mitragliatore maneggiato da un brutto ceffo che
con voluttà sadica sogghignava e scherniva.
Un soldato, al momento della cattura, rivolto ai tre Pastori, si era espresso in
questi termini : «Voi.. .in cielo... pregare per noi!...».
E quella frase, pronunciata in tale circostanza, dovette essere per i tre sacri
prigionieri, la rivelazione di un misfatto atroce di cui essi erano le vittime
designate.
Su quel Calvario, tra un succedersi continuo di soldati che passavano
beffardamente davanti a loro, essi, vissero l'ultima ora tragica di vita, in
un'angoscia spasmodica attendendo e assaporando la morte goccia a goccia...
Chi poté osservare, di lontano,la scena pietosa, afferma di aver visti i tre
Sacerdoti, affratellati nella comune drammatica sorte, rasciugarsi il sudore che
grondava dai loro volti contraffatti e sferzati dal calore del solleone ma ancor più
dall'ala gelida della morte vicina. Il meno preoccupato appariva D. Giuseppe, che
non dimostrava di non temere gli orrori di una fine violenta e conservava la sua
consueta serenità, quasi fosse contento di quel sacrificio che il Signore gli
chiedeva.
D. ALESSANDRO SOZZI
Prevosto di Strela
(nato a Bedonia nel 1856 - morto a Strela il
19-6-1 945)
Sozzi D. Alessandro, cinquantottenne.
Ordinato Sacerdote nel 1909 fu dapprima
Curato a Gusaliggio Valmozzola per due
anni, quindi Parroco a Casaleto di Bedonia.
Dal 1916 era Prevosto di Strela, dove lascia
a ricordo opere di zelo a cui sempre attese
con spirito veramente sacerdotale,
ammirato da quanti lo conobbero»
Dal Bollettino Ufficiale della Curia vescovile
di Piacenza - Marzo 1945)
Padre UMBERTO BRACCHI
Prete della Missione
(nato a Borgotaro il 16-6-1897 - morto a Strela il
19-7-1944)
«Bracchi D. Umberto di anni 47, nativo di Borgo Val di
Taro, entrò da giovane nella Congregazione dei Preti
della Missione e come tale passò in varie Diocesi
esercitandovi specialmente il ministero della
predicazione. Per più anni fu di residenza a Piacenza e
sono numerose le nostre Parrocchie che ne udirono la
parola apostolica, sempre dotta e insieme popolare,
fluida ed efficace. Le missioni da lui predicate
lasciavano lungo ricordo e riforma di costumi.
Egli si trovava occasionalmente a Strela e ivi lo colse
l'incidente fatale».
(Dal «Bollettino Ufficiale» della Curia Vescovile di
Piacenza - 5 Marzo 1947)
D. GIUSEPPE BEOTTI
L' Apostolo della Val Toncina
(n. a Gragnano Treb. il 26-8-1912 - m. a Sidolo di
Bardi il 20-7-1944)
«Beotti D. Giuseppe, Arciprete di Sidolo, aveva
32 anni. Era stato prima Curato a Borgonovo Val
Tidone
Dal 1940 era passato all’arcipretura di Sidolo, dove
esercitava con particolare zelo la cura delle anime,
dedicandosi anche con lode alla predicazione sacra in
altre Parrocchie. La domenica precedente alla sua
morte aveva pubblicamente fatta offerta a Dio della
sua vita per la salvezza del suo popolo. A lui si può
applicare con verità la sentenza di Gesù: «Bonus
Pastor animam suam dat pro ovibus suis».
Ed è questo il miglior elogio che si possa scrivere sulla
sua tomba».
(Dal «Bollettino Ufficiale» della Curia di Piacenza - marzo 1945)
Chierico ITALO SUBACCHI
Alunno del Seminario di Parma
(nato a Bardi il 30-11-1921 morto a
Sidolo i1 20-7-1944)
Alunno del II corso teologico nel
seminario vescovile di Parma giovane
di aperta intelligenza e di grande
senso pratico e soprattutto di squisita
bontà di cuore nella sua ascesa
gioiosa verso l'altare fu stroncato dal
cieco furore nemico
morì perdonando e sorridendo e volò
al cielo vittima innocente a celebrare
con l'agnello immacolato la prima
eterna messa
20 luglio 1944
D. FRANCESCO DELNEVO
Prevosto di Porcigatone
(nato a Borgotaro nel 1888 - morto a
Sidolo il 20-7-1944)
«Delnevo D. Francesco era in età di 56
anni e da un ventennio reggeva la
Parrocchia di Porcigatone, dopo essere
stato sette anni Curato a Pontenure.
Avveduto ed esperto aveva assai
migliorato lo stato della sua Parrocchia,
procurandole anche recentemente
vantaggi di privilegio. Per caso si
trovava a Sidolo, dove lo sorprese la
tragica fine »
Dal Bollettino Ufficiale della Curia vescovile di
Piacenza - Marzo 1944
Attività di ricerca e Bibliografia
LICEO SCIENTIFICO LORENZO RESPIGHI – PIACENZA
Montagne Insanguinate
L’eroismo quotidiano sulle montagne piacentine durante II guerra mondiale
Classe 5B LICEO SCIENTIFICO TRADIZIONALE
Prof. sse Mariella Castelli (Storia e filosofia) e Stefano Costi (religione)
Lettura di testi introduttivi al precorso di rete storiamemoria
Consultazione dei materiali didattici prodotti e pubblicati sul sito www.storiamemoria.it
I giusti e la memoria del bene: a cura di G. Grasselli e Sante Maletta, ed CUSL
Il tribunale del Bene: G. Nissim, ed. Mondadori
Una bambina contro Stalin: ed. Mondadori
Testi utilizzati per l’attività di ricerca
Montagne insanguinate: don Ricardo Molinari, ed STEP, Piacenza 1947
Clero e laicato piacentino nella resistenza in provincia e diocesi di Piacenza, Tesi di laurea
Celestina Viciguerra, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano 1970
Nella Bufera della resistenza, a cura di Angelo Porro ed. Tipografia Columbia Bobbio 1985
Il Nuovo Giornale (settimanale diocesano)
La scure quotidiano del partito fascista dicembre 1944-febbraio 1945
Archivio Diocesano
Lavoro svolto in classe relativo agli eventi della seconda guerra mondiale, nazionalismi, ideologie
e totalitarismi:
Leggere la storia - Nazionalismi, seconda guerra mondiale, guerra fredda e globalizzazione: M.
Manzoni, F. Occhipinti, F. Creda, ed. Einaudi
Nella realizzazione del percorso sono stati inoltre visionati i seguenti filmati:
La storia siamo noi: I suoni dal Silenzio: Documentario sulla Shoah