Corso di Macroeconomia Lezione 9 : Politica di stabilizzazione, saldo di bilancio, debito pubblico, investimenti Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Intervento dello Stato • Principali obiettivi Correzione dei fallimenti di mercato. Fornitura di servizi pubblici (difesa, salute, istruzione, etc…). Redistribuzione della ricchezza attraverso tassazione e trasferimenti (pensioni, sussidi di disoccupazione, sussidi alle famiglie e alle imprese). Stabilizzazione del reddito attraverso la politica fiscale. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 La politica di stabilizzazione (1) • Oggi esiste generale consenso sul fatto che la politica monetaria agisca più rapidamente rispetto alla politica fiscale discrezionale. • Lunghi tempi di reazione delle variabili reali (occupazione, produzione) alle politiche fiscali tramite il moltiplicatore (circa 2 anni, negli USA). • Tuttavia, esiste un tipo di politica fiscale che agisce in modo più rapido: gli stabilizzatori automatici. I disavanzi (avanzi) pubblici fluttuano in direzione opposta a quella del ciclo economico. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 La politica di stabilizzazione (2) • Le Banche Centrali osservano tempi lunghi per raccogliere informazioni dagli istituti statistici e per prendere decisioni. • La reazione dei mercati finanziari alle decisioni delle BC è immediata. I tassi di interesse reali di lungo termine cambiano nello stesso giorno in cui le BC prendono decisione. • La reazione delle variabili reali alle decisioni delle BC risulta essere più lunga (circa 1 anno negli USA). Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 La politica di stabilizzazione (3) • Nel caso di crisi finanziarie: aumenta la domanda di attività liquide; i prezzi delle azioni crollano; i tassi di interesse aumentano; gli investimenti ed il reddito si riducono. • Le Banca Centrale può intervenire espandendo l’offerta di moneta, per bilanciare l’aumento della domanda; agendo come prestatore di ultima istanza, finanziando istituzioni solvibili, ma temporaneamente illiquide. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 La politica di stabilizzazione (3) • L’assicurazione dei depositi agisce come stabilizzatore automatico monetario, eliminando il rischio di detenere denaro in banca. Rischio morale: mancanza di controllo sulla rischiosità degli impieghi delle banche da parte dei depositanti. • Necessità di supervisione e sorveglianza adeguate sulla disponibilità di capitale adeguata da parte delle banche. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Debito pubblico • Def: L’ammontare di debito che il Governo ha accumulato nel corso del tempo (per effetto dei deficit di bilancio) e che si riflette nell’ammontare complessivo di denaro che il governo deve ai risparmiatori dai quali ha preso a prestito. • Varia da un anno finanziario all’altro • Per definirlo e conoscere le sue variazioni occorre guardare ai disavanzi o agli avanzi del bilancio pubblico. • Denotiamo con d il disavanzo di bilancio, e con D il debito pubblico. • La relazione tra disavanzo e debito (tra flussi e stock) è: D= d Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzo di bilancio • Definizione di disavanzo (in t): d(t)= [G(t)-T(t)]+ i D(t-1) • Dove [G(t)-T(t)] rappresenta il disavanzo primario; iD(t-1) rappresenta gli interessi nominali corrisposti sui titoli pubblici in circolazione. • Nota che nella misura ufficiale del disavanzo la spesa per interessi è calcolata in termini nominali. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzo di bilancio reale • Parte degli interessi sul debito pagati dal Governo compensa l’erosione del valore capitale causata dall’inflazione. • La misura di disavanzo ufficiale deve essere pertanto corretta per l’inflazione: d=G-T+iD- D. • In termini più semplici, il disavanzo reale è legato al disavanzo ufficiale dalla relazione: dr = dc -D, • dove dc rappresenta il disavanzo di cassa ufficiale. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Interesse degli economisti per il disavanzo pubblico • Nel breve periodo, è una misura del ruolo della politica fiscale nella stabilizzazione del reddito (influenza sulla IS). • Disavanzo e il debito pubblico ad esso associato sono strettamente connessi con il risparmio nazionale e con gli investimenti nazionali. • Nel lungo periodo un aumento del debito tende a comprimere la formazione di capitale, abbassa il sentiero di crescita di stato stazionario e riduce il PIL per lavoratore di stato stazionario. • Un debito pubblico elevato richiede maggiori imposte nel futuro per pagare gli interessi sul debito: questo può scoraggiare ulteriormente l’attività economica. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Diversi punti di vista • Democratici: generare avanzi di bilancio, riducendo la spesa. Vedi politica dell’amministrazione Clinton diretta a ridurre gli enormi deficit delle amministrazioni precedenti. • Repubblicani: ridurre le imposte per stimolare l’economia e non preoccuparsi di ridurre il debito. Vedi amministrazione Reagan e Bush negli anni 80. • Quale sia la politica più appropriata resta incerto e il problema deve essere risolto attraverso indagini empiriche. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Saldo di bilancio di piena occupazione (1) • Esiste una misura appropriata di politica fiscale che ci consenta di tener conto simultaneamente delle manovre di governo riguardanti sia la spesa sia le imposte? • In particolare, esiste una misura per valutare la politica fiscale (deficit) senza che il deficit o il surplus siano influenzate dal ciclo economico? • In realtà il bilancio dello stato varia con il ciclo anche quando il governo non interviene nell’economia per effetto delle imposte che sono proporzionali al reddito e delle spese che durante il ciclo variano anch’esse. • Questa misura è il saldo di bilancio (disavanzo o avanzo) di piena occupazione o corretto per il ciclo. • Essa indica il valore che il saldo di bilancio assumerebbe se l’economia avesse raggiunto la piena occupazione. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Saldo di bilancio di piena occupazione (2) • Si tratta di uno strumento per valutare la politica fiscale che è indipendente dalle fasi del ciclo economico e dalle variazioni del deficit (o dell’avanzo) dovute a movimenti della spesa privata. • Esso misura l’avanzo di bilancio non al livello effettivo del reddito ma al livello di piena occupazione (o potenziale). AB*= tY*-G • Se l’avanzo di bilancio effettivo è: AB= tY-G • Sottraendo quest’ultima dall’AB* si ha: AB*-AB=t(Y*-Y) • La differenza tra l’avanzo di piena occupazione e l’avanzo effettivo misura la variazione dell’avanzo dovuta al ciclo economico (non alla politica fiscale del governo). Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Saldo di bilancio di piena occupazione (3) La differenza tra il saldo di bilancio (cassa) effettivo e il saldo di piena occupazione del bilancio pubblico (USA) può essere notevole quando l’economia soffre di una profonda recessione oppure gode di un boom. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Saldo di bilancio di piena occupazione (4) • Il calcolo del reddito di piena occupazione Y* è piuttosto complesso e vi provvedono le istituzioni pubbliche. • Occorre correggere il saldo di cassa del governo (G-T) in saldo di piena occupazione tenendo conto della reazione automatica delle entrate fiscali e della spesa pubblica al ciclo economico. • Quando il disavanzo di bilancio di piena occupazione aumenta, la IS si sposta verso destra denotando una politica fiscale espansiva. • Il contrario accade quando il disavanzo di bilancio di piena occupazione diminuisce Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Saldo di bilancio di piena occupazione (5) Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Sostenibilità del disavanzo pubblico • Quando si incorre in disavanzi persistenti la prima domanda da porsi è se questi deficit siano sostenibili. • Per rispondere a questa domanda bisogna analizzare il sentiero temporale del rapporto debito/PIL (D/Y). • Valutare se tale rapporto tenda a un qualche valore di stato stazionario. • In corrispondenza dello stato stazionario sia D sia Y (PIL) cresceranno allo stesso tasso proporzionale. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Rapporto D/Y di stato stazionario (1) • Nel lungo periodo il PIL cresce al tasso n+g: n è il tasso di crescita della forza lavoro; g è il tasso di crescita dell’efficienza del lavoro. • La variazione del debito è: Dt+1- Dt= d- Dt • Il valore reale del debito cresce di un ammontare pari al deficit di bilancio; decresce di un ammontare pari al tasso di inflazione (rappresenta l’erosione del valore del debito per effetto dell’inflazione). Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Rapporto D/Y di stato stazionario (2) • Le entrate fiscali crescono approssimativamente in proporzione al PIL reale. • Quindi, è opportuno focalizzare l’attenzione sul disavanzo (avanzo) in rapporto al PIL: = d/Y • Possiamo quindi sostituire d= Y nel tasso di crescita del debito: Yt Dt 1 Dt Dt Dt Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Rapporto D/Y di stato stazionario (3) • Stabilità del rapporto debito/PIL implica che il tasso di crescita del PIL deve essere uguale al tasso di crescita del debito: Y n g D • Riarrangiando la precedente espressione otteniamo: D Y n g • Questo è il livello di stato stazionario a cui tende il rapporto debito/PIL. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Rapporto D/Y di stato stazionario (4) • Un esempio numerico • Supponiamo che l’economia incorra annualmente in un deficit costante pari al 4% del PIL (=4%), e che n=2% ; g=1% ; =5%. • Applicando la formula D Y n g 0.04 0.02 0.01 0.05 0.5 • Se il rapporto D/Y corrente è minore di 0.5 aumenterà in futuro ( e viceversa). Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Rapporto D/Y di stato stazionario (5) • Il rapporto D/Y al suo stato stazionario è una condizione necessaria ma non sufficiente per la sostenibilità del rapporto D/Y. • Tale rapporto deve essere sufficientemente basso da essere considerato abbastanza sicuro dagli investitori. • Quindi, ogni Governo ha una capacità di indebitamento, espressa in termini di D/Y • Superata tale capacità: gli investitori non sono più disposti a detenere il debito emesso a tassi ragionevoli; i tassi di interesse che il Governo deve pagare cresceranno. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Rapporto D/Y di stato stazionario (6) • Più alto è il rapporto D/Y più rischioso diventa il debito del Paese secondo il giudizio degli investitori e meno titoli si desidera detenere. • Quali sono i rischi legati ad un alto D/Y? • I governi successivi possono ripudiare il debito contratto dai governi precedenti. Più alto è il rapporto D/Y più forte è la tentazione di ripudiare il debito. • Inoltre il governo è in grado di controllare l’entità reale del suo debito facendo variare il tasso di inflazione (il tasso di interesse reale= i-). Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 D/Y in USA a partire dalla Guerra di indipendenza americana (1) Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 D/Y in USA a partire dalla Guerra di indipendenza americana (2) • I picchi più alti si sono verificati in seguito a tre grandi guerre che hanno coinvolto gli USA guerra civile americana; Prima guerra mondiale; Seconda guerra mondiale. • In tempi di pace, aumenti del rapporto D/Y sono avvenuti: durante la Grande Depressione negli anni 30; durante le amministrazioni Reagan e Bush negli anni 80. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: conseguenze politiche (1) • Due argomenti a confronto • Pareggio di bilancio J. Buchanan (premio nobel nel 1986) auspica una regola stringente di pareggio di bilancio. I forti deficit e l’aumento delle imposte che ne seguirà colpiscono le generazioni che non possono votare. Il principio nessuna tassa senza rappresentanza richiede che non debba esservi nessun debito pubblico di lungo periodo o più precisamente un debito pubblico superiore allo stock di capitale del settore pubblico. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: conseguenze politiche (2) • Taglio delle imposte Tesi a favore dei deficit creati dalla riduzione delle imposte: l’obiettivo è di incorrere in un disavanzo costante che può essere ottenuto non attraverso aumenti della spesa ma riduzione delle imposte. Riducendo le entrate si riducono le possibilità del governo di espandersi ulteriormente. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: conseguenze di breve periodo • Prevale l’opinione che nel breve periodo i disavanzi siano espansivi sia che questi avvengano attraverso una riduzione di T (aumenta il consumo) sia di un aumento di G (aumento degli acquisti pubblici). • In entrambi i casi si sposta la IS verso l’esterno. • Tale idea si basa sull’assunzione che la BC non intervenga per neutralizzare gli effetti espansivi della politica di bilancio. • In realtà negli ultimi decenni la BC ha avuto come obiettivo la stabilizzazione dell’inflazione mostrando minore interesse per l’allontanamento del PIL reale dal sentiero di piena occupazione. • Gli interventi fiscali sono stati neutralizzati da politiche monetarie restrittive. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: effetti sull’economia aperta • Due effetti principali • Peggioramento del saldo della bilancia commerciale Lo spostamento della IS aumenta i tassi di interesse interni e provoca un apprezzamento della valuta nazionale che riduce le esportazioni nette. • Riduzione della produttività La produttività delle imprese esportatrici, normalmente relativamente più efficienti, si riduce e questo può avere effetti sul reddito aggregato. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: effetti di lungo periodo (1) Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: effetti di lungo periodo (2) • Un alto deficit di bilancio influisce negativamente sulla crescita economica di lungo periodo perché: aumenta l’imposizione fiscale richiesta per pagare gli interessi sul debito con effetti negativi sul lato dell’offerta; riduce il rapporto K/Y di stato stazionario attraverso la riduzione del risparmio nazionale. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: effetti di lungo periodo (3) • Il rapporto capitale/prodotto di stato stazionario dell’economia è dato da : s k* n g • dove k* è il rapporto K/Y di stato stazionario dell’economia; s è il tasso di risparmio; n è il tasso di crescita della popolazione; g è il tasso di crescita dell’efficienza del lavoro; è il tasso di deprezzamento del capitale. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Disavanzi: effetti di lungo periodo (3) Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Equivalenza ricardiana (1) • Il teorema di equivalenza ricardiana, riproposto in anni recenti da Robert Barro afferma che: una riduzione delle imposte che provoca un disavanzo di bilancio non ha alcun effetto espansivo sul consumo perché gli operatori economici scontano le maggiori imposte che dovranno pagare in futuro. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Equivalenza ricardiana (2) • Poiché gli agenti sanno che le imposte future aumenteranno , dovranno risparmiare di più. • Il loro risparmio dovrà aumentare in misura pari all’aumento del disavanzo (riduzione del risparmio pubblico). • Ne consegue che una politica fiscale espansiva di riduzione delle imposte non ha effetti espansivi sul reddito se gli agenti prevedono un aumento delle imposte nel futuro (aumentano in pari misura il risparmio). Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013 Equivalenza ricardiana (3) • Tuttavia, non sempre i governi annunciano che alla riduzione delle imposte seguirà un aumento delle imposte nel futuro • Se pure questo dovrà accadere, in quanto bisogna rispettare il vincolo di bilancio, non sappiamo quando ciò accadrà. • Le imposte potrebbero gravare sulle generazioni successive. • In tal caso il consumo aumenta. • L’evidenza empirica non mostra che alla riduzione delle imposte segue un aumento del risparmio privato di uguale ammontare. • L’esperienza degli anni ’80 e ’90 in Usa mostra che il risparmio privato è diminuito. Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia, Brindisi, 2012-2013