Relazione GRAV

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5° MEETING NAZIONALE GRAV/SSV UAI SULLO
STUDIO DELLE STELLE VARIABILI
15-16-17 Maggio 2009
interconnessioni tra studio delle variabili e spettroscopia e brevi
appunti di spettroscopia
di Fulvio Mete
1. Fotometria: Cosa e Perché
Molte persone sono interessate all’astronomia perché è eccitante dal punto di vista visuale. Le
molte e meravigliose immagini di oggetti celesti, riprese con l’uso di grandi telescopi terrestri o
spaziali, rappresentano certamente la più spettacolare manifestazione della moderna ricerca
astronomica. Tuttavia, per fare vera scienza è necessario ben più delle semplici immagini. Le
immagini sono necessarie come primo passo per classificare gli oggetti in base all’aspetto
(morfologia). Per procedere oltre nell’investigazione sulla loro natura, sono necessarie
informazioni quantitative. vale a dire, misurazioni delle proprietà dei corpi celesti.
L’astronomia di tipo osservativo diventa vera scienza solo se possiamo cominciare a rispondere
a domande di tipo quantitativo: quanto è lontano quel dato oggetto? Quanta energia emette?
Qual’ è la sua temperatura? Una fondamentale informazione, che possiamo ottenere da misure
su oggetti celesti al di là del nostro sistema solare consiste nella misura dell’ammontare di
energia, sotto forma di radiazione elettromagnetica,da essi ricevuta. Chiameremo flusso
questa quantità di energia. La scienza che misura il flusso ricevuto da un oggetto
celeste è chiamata fotometria.
La fotometria si riferisce in generale a misure di flusso su una larga banda di radiazione, isolata
con l’uso di filtri appositi (filtri fotometrici). La misura di flusso, messa in relazione alla stima
della distanza di un oggetto, ci può fornire informazioni riguardanti l’energia totale emessa dallo
stesso oggetto (luminosità), la sua temperatura, le sue dimensioni ed altre proprietà fisiche in
un dato intervallo di tempo. Se misuriamo il flusso in stretti intervalli di lunghezza d’onda,
cominciamo ad osservare che, sovente, esso è molto irregolare in piccola scala. Ciò è dovuto
all’interazione della luce con gli atomi e le molecole degli elementi che formano l’oggetto.
Questi picchi e oscillazioni nel flusso, in funzione della lunghezza d’onda, sono come le impronte
digitali: essi possono rivelarci moltissimo sulla natura intrinseca dell’oggetto , di cosa è
costituito, come si sta movendo e ruotando, la pressione e la ionizzazione della materia nello
stesso, ecc. L’osservazione di queste oscillazioni è detta spettroscopia. Una combinazione di
spettroscopia, con bassa risoluzione in lunghezza d’onda, e di fotometria con buona calibrazione
del flusso, è sovente detta spettrofotometria. Perché fare fotometria a bassa risoluzione
piuttosto che spettroscopia, visto che uno spettro fornisce molta più informazione di quanto non
faccia la fotometria? Il fatto è che è molto più facile eseguire osservazioni fotometriche nelle
varie bande di oggetti deboli piuttosto che osservazioni spettroscopiche. Con un dato telescopio,
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ci si può sempre spingere con la fotometria su oggetti molto più deboli che non con la
spettroscopia. In pratica, la strumentazione necessaria per fotometria è molto più semplice ed
economica che non quella per spettroscopia. Con l’.uso di CCD a basso costo, ora facilmente
disponibili, anche i piccoli telescopi possono essere impiegati per condurre utili osservazioni
fotometriche, in particolare nel monitoraggio di oggetti variabili. La quasi totalità
dell’informazione astronomica proveniente dalle regioni di spazio oltre il nostro Sistema Solare
ci giunge attraverso qualche forma di radiazione elettromagnetica(REM). Si può immaginare
qualche forma di informazione dallo spazio esterno al sistema solare che non implichi qualche
forma di REM?. Possiamo ricevere e studiare le REM in un intervallo di lunghezze d’onda o,
equivalentemente, di energia dei fotoni esteso su una gamma vastissima. a partire dalle
lunghezze d.onda più piccole, quelle dei raggi gamma ad alta energia, fino alle radioonde a
bassa energia(e lunghezza d.onda elevata). All.interno di questo ampio intervallo, i nostri occhi
sono sensibili ad una stretta banda di lunghezze d.onda . approssimativamente tra 4000 e 6800
Å. L’intervallo di lunghezze d’onda a cui i nostri occhi sono sensibili è detto spettro visibile.
Idealmente, lo scopo della spettroscopia è quello di misurare la distribuzione spettrale
dell’energia degli oggetti celesti, ovvero conoscere la distribuzione, nelle diverse lunghezze
d’onda, dell’energia proveniente dall’oggetto. Per fare vera spettroscopia, è necessario, come
vedremo, l’uso di elementi di dispersione (reticoli di diffrazione o prismi) che disperdono la luce
in arrivo in relazione alla lunghezza d’onda, cosicché si può misurare la quantità di radiazione
elettromagnetica in piccolissimi intervalli di lunghezza d’onda. Questo comporta un
indebolimento della luce in arrivo per cui, in confronto alla fotografia ed alla fotometria, la
spettroscopia richiede un telescopio di maggiori dimensioni, oppure è limitata agli oggetti
relativamente più luminosi. La spettroscopia richiede inoltre uno spettrografo, cioè uno
strumento che realizza la dispersione dello spettro luminoso. I buoni spettrografi, di classe
adeguata per la ricerca, sono strumenti complicati e costosi. Invece di usare un elemento
disperdente per selezionare le lunghezze d.onda da misurare, si può far uso di filtri che lasciano
passare solo determinate lunghezze d’onda. Se poniamo un filtro davanti ad un sensore CCD,
otteniamo un’immagine composta dalle sole lunghezze d’onda che attraversano il filtro. Non si
ha, in questo caso, la dispersione della luce alle diverse lunghezze d’onda. Se si usa, tuttavia un
filtro con un’ampia banda passante si ottiene un’immagine molto più luminosa rispetto a quella
che si ottiene, in un singolo intervallo spettrale, in spettroscopia. Perciò un dato telescopio può
misurare la luminosità di un oggetto attraverso un filtro,e quindi fare fotometria fino a limiti di
luminosità molto più bassi di quanto possa fare lo stesso telescopio in spettroscopia; ciò,
naturalmente, a scapito di una più grossolana informazione sulla distribuzione del flusso in
funzione della lunghezza d’onda. I filtri, anche a banda stretta, hanno risoluzioni tipiche
piuttosto grossolane:quindi l’informazione che il filtro lascerà passare sarà comunque
insufficiente ad esprimere le caratteristiche dettagliate del segnale luminoso proveniente dalla
stella. Ecco quindi che entra in gioco la spettroscopia vera e propria, a a media ed alta
risoluzione, la quale ci fornisce informazioni precise sulla stella, e, in alcuni casi anche della
interazione di questa col mezzo circostante, con altre stelle, etc.
2- LA SPETTROSCOPIA
Chiamamo normalmente “spettro” una successione di onde dello stesso tipo, quindi la gamma
di onde del visibile sarà chiamata “spettro visibile”.Lo spettro visibile è, naturalmente, soltanto
una parte della radiazione elettromagnetica che va dalle lunghezze d’onda cortissime (Raggi
gamma) a quelle lunghissime (onde radio) .Più precisamente potremo chiamare spettro la
rappresentazione del modo in cui l’intensità della radiazione emessa
da una sorgente dipende dalla sua lunghezza d’onda
Kirchoff dimostrò che lo spettro dei corpi solidi , liquidi e dei gas ad alta pressione
portati all’incandescenza sono continui, vale a dire che in essi i colori si susseguono
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senza interruzioni di sorta o linee scure, mentre i gas a bassa pressione portati
all’incandescenza emettono un numero di righe brillanti su sfondo scuro (spettri di
emissione).Kirchoff dimostrò anche che le righe scure prodotte da un gas più freddo
interposto tra
una sostanza generante uno spettro continuo e l’osservatore
occupavano la stessa posizione delle righe brillanti provocate dal medesimo gas
portato all’incandescenza.Lo spettro solare , ad esempio,è di tipo continuo, e passando
attraverso l’atmosfera solare si caratterizza per le linee scure (di assorbimento) corrispondenti
ai vari elementi chimici presenti nella stessa. Facendo un riferimento alla vita di tutti i giorni,
un esempio classico di spettro continuo è quello di una lampada ad incandescenza, quello di
spettro di emissione lo spettro di una lampada al mercurio od al neon, con le classiche righe
luminose degli omologhi elementi, mentre un esempio comune di spettro di assorbimento è
quello solare, con le famose righe scure che lo attraversano Negli spettri di emissione le
caratteristiche osservate sono proprie della sorgente, mentre in quelli di assorbimento sono
inerenti al gas frapposto tra sorgente ed osservatore.
Gli spettri del sole e delle altre stelle sono spettri continui che , passando attraverso le relative
atmosfere presentano righe in assorbimento.
L’informazione spettrale è quindi duplice; da un lato l’esame dello spettro continuo, dall’altro
quello in assorbimento.
Lo spettro continuo in una data regione è l’emissione a tutte le lunghezze d’onda di quella
regione, anche se non con la medesima intensità.Tale definizione comporta un’importante
conseguenza; che lo spettro continuo delle stelle può avere maggiore intensità nella parte blu
dello spettro visibile, nella parte rossa,in quella gialla etc..specificando il colore della stella.Ora,
potendo con sufficiente approssimazione dire che le stelle si comportano in modo non troppo
diverso da un corpo nero perfetto, utilizzando le leggi del corpo nero che legano la sua
emissione di onde elettromagnetiche alla sua temperatura,possiamo ricavare la temperatura
della superficie di una stella.
Siccome, poi, le righe sovrapposte allo spettro continuo sono dovute alla presenza di
un’atmosfera più fredda che assorbe selettivamente il continuo emesso dalla stella, in modo
che ciascun elemento ivi presente assorba le proprie, siamo in grado di riconoscere, sulla base
della presenza delle righe di assorbimento alle varie lunghezze d’onda, gli elementi chimici
presenti e quindi analizzare chimicamente l’atmosfera della stella.Il profilo e l’intensità delle
righe ci fanno conoscere, inoltre, l’abbondanza relativa degli elementi presenti nella
sorgente,mentre lo spostamento delle loro lunghezze d’onda fornisce informazioni sul moto
della sorgente stessa rispetto all’osservatore (effetto Doppler).
La spettroscopia costituisce quindi un potentissimo e, per certi versi semplice strumento
d’indagine sulle proprietà fisico-chimiche delle stelle, che usa la luce da esse emessa quale
veicolo d’informazione.Ecco allora che la luce, con la quale abbiamo comunemente a che fare
nelle nostre serate astronomiche o nelle belle giornate solari assume un altro aspetto, molto
più completo ed appagante dal punto di vista scientifico.
Gli strumenti per la spettroscopia
a) La dispersione della luce con un prisma
La luce del sole (e di molte altre stelle stelle) è luce bianca e va quindi dispersa in tutte le sue
componenti monocromatiche, dal violetto al rosso.Il modo più semplice e più usato in passato
per ottenere ciò è quello di usare un prisma, sfruttando il principio della rifrazione, in base al
quale quando la luce passa attraverso un prisma le lunghezze d’onda più lunghe (parte rossa
dello spettro) vengono rifratte in misura diversa e subiscono una deviazione con un angolo
inferiore di quelle più corte (blu-violetto) .Ciascuno di noi ha potuto , almeno una volta,
ammirare la bellezza dei colori della luce solare scomposta nei suoi colori fondamentali da un
oggetto di vetro presente in casa.Il prisma ideale per ottenere una buona dispersione è un
prisma di vetro flint equilatero, con angoli di 60°, ma anche altri prismi di diversa angolazione
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possono essere adattati. Un esempio di spettro solare è ottenibile con un prisma a 60°
opportunamente orientato,che proietta i raggi solari su un foglio di carta bianco. Un prisma
può anche essere anteposto ad un obiettivo fotografico agendo quale prisma –obiettivo per la
registrazione di spettri stellari.
Dal punto di vista dell’indagine spettroscopica, il prisma presenta tuttavia un serio
inconveniente: la dispersione spettrale è piuttosto limitata, cosa ancora più importante,la
dispersione è non lineare, in quanto proporzionalmente minore nella parte rossa dello spettro
rispetto a quella blu-violetto: lo spettro blu-violetto avrà quindi un’estensione maggiore di
quello rosso: chi abbia un interesse meno che provvisorio per la spettroscopia non può che
rivolgersi ad un altro strumento : il reticolo di diffrazione.
b) La diffrazione con reticolo
Una breve premessa sulla natura della diffrazione della luce, sulla quale si basa la costruzione
dei reticoli.La diffrazione è un fenomeno basato sulla stessa natura ondulatoria della luce e
consiste nella deviazione rispetto alla propagazione in linea retta che un’onda presenta quando
incontra un ostacolo: se consideriamo la diffrazione che avviene col passaggio di un fascio di
luce attraverso due fenditure, esistono regioni dove si crea un interferenza costruttiva, e
regioni dove si crea un interferenza distruttiva.L’interferenza costruttiva avviene ad angoli
diversi a seconda delle diverse lunghezze d’onda (colori).Più precisamente, quando un fascio
luminoso attraversa una fenditura di dimensioni molto piccole, paragonabili alla lunghezza
d'onda della luce, l'approssimazione geometrica non è più valida, e bisogna tenere conto degli
effetti dei bordi della fenditura, che diventano a loro volta sorgenti di onde elementari,
generando complessivamente un fronte d'onda sferico, fatto di numerose componenti
elementari (diffrazione). Se la luce viene fatta passare attraverso una coppia di fenditure, i
treni d'onda che si dipartono da ciascuna di esse si sovrappongono, dando luogo al fenomeno
dell'interferenza: nei punti di sovrapposizione tra due creste d'onda l'intensità luminosa si
somma producendo un massimo di luminosità (interferenza costruttiva); nei punti di
sovrapposizione tra una cresta e un ventre, invece, l'intensità dell'una cancella quella dell'altra
col risultato che sullo schermo si osserva un minimo di luminosità (interferenza distruttiva) .
Tale concetto può esser generalizzato per n fenditure, e le linee o scanalature del reticolo
possono essere assimilate a delle fenditure: maggiore quindi sarà il numero delle linee per mm
del reticolo e maggiore sarà la dispersione che esso, a parità di altre condizioni, potrà
fornire.Si può quindi definire in ultima analisi il reticolo di diffrazione come quello
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strumento capace di trasmettere o riflettere o (a seconda che sia a trasmissione o a
riflessione ) le diverse lunghezze d’onda di una sorgente di luce policromatica in
diversi angoli di diffrazione. Il fascio di luce incidente è in parte trasmesso o riflesso
(Ordine 0) ed in parte diffratto più volte sia a destra che a sinistra del raggio stesso, secondo i
vari ordini di diffrazione (che non sono altro che i picchi di energia luminosa diffratta),che
prendono numeri negativi e positivi. L’ordine 1 è quello nel quale il fascio diffratto presenta la
maggiore energia relativa, mentre negli altri man mano questa decresce. l’ordine 1 (ed in
particolare il +1) è lo spettro più luminoso,dove l’energia è maggiore ma anche quello dove la
dispersione è minore rispetto agli ordini inferiori, nei quali gli spettri sono più elongati. Nei
reticoli con un numero medio basso di linee/mm si verifica il fenomeno della sovrapposizione
degli ordini.In sintesi,accade che la parte rossa dell’ordine 1 si viene a sovrapporre
parzialmente a quella UV dell’ordine 2, lo spettro rosso dell’ordine 2 viene a sovrapporsi a
quello blu dell’ordine 3 e cosi via,”inquinando” l’immagine spettrale.A tale problema si ovvia, i
genere, con l’uso di filtri che isolano la lunghezza d’onda che si desidera osservare, ovvero con
l’uso di reticoli con un elevato numero di linee/mm (superiore a 1200) in modo da “distanziare”
tra loro gli spettri dei vari ordini ed evitare o ridurre (entro certi limiti ) il problema.Quanto
detto in precedenza impone anche una considerazione; l’ordine zero, come si è visto,
costituisce l’immagine reale dell’oggetto celeste di cui si vuole osservare lo spettro, sia esso
stella , pianeta o sole, quindi occorre prestare la massima attenzione, specie con i sistemi di
spettroscopi senza fenditura od a fenditura molto aperta,dotati di reticoli a trasmissione, a
non osservare mai l’immagine diretta di ordine 0 del sole.I reticoli oggi più usati per gli
strumenti professionali sono tuttavia quelli a riflessione, e ciò per una semplice considerazione:
nei reticoli a trasmissione la maggior parte dell’energia luminosa (circa il 60%) è convogliata
verso l’ordine 0, ovvero l’immagine dell’oggetto, e la restante divisa tra i vari ordini.Nei reticoli
a riflessione è, invece possibile,effettuando le incisioni sul reticolo secondo un certo angolo,
detto angolo di “blaze” i convogliare il massimo dell’energia luminosa, sino anche al 90% su di
un solo ordine con ovvie conseguenze positive sull’incisione dell’immagine spettrale .
Gli Spettroscopi ed i loro componenti
Possiamo ora parlare degli strumenti per la spettroscopia ed in particolare della loro
autocostruzione.Per comodità mi riferirò esclusivamente agli spettroscopi a reticolo, e più
precisamente quelli a riflessione, che possiedono una efficienza superiore a quelli a rifrazione,
e sono più facili da assemblare meccanicamente in uno spettroscopio.
Gli elementi necessari per la costruzione di uno spettroscopio-tipo sono essenzialmente
quattro: il reticolo, la fenditura, l’ottica collimatrice, l’ottica della camera o di osservazione.A
questi quattro elementi fondamentali deve aggiungersi il box contenete il reticolo.
Del reticolo ho parlato in precedenza ed in un apposito box, quindi passo ora a parlare della
fenditura.
La fenditura assolve l’importante funzione di costituire l’apertura di entrata di uno
spettroscopio e di garantire l’omogeneità della radiazione in ingresso che arriva al mezzo di
dispersione (prisma o reticolo) per tramite del collimatore.Per assolvere in modo ottimale
questa funzione è necessario che le lame della fenditura siano lavorate a tolleranze ottiche,
siano perfettamente parallele, e la loro distanza reciproca sia regolabile, come un diaframma.
Una fenditura professionale che risponda a tutti questi requisiti avrebbe tuttavia il difetto, per
un amatore, di costare sicuramente di più dell’intero spettroscopio che egli conta di
assemblare.Occorre quindi fare di necessità virtù e scendere a qualche compromesso.
Il primo è l’autocostruzione, ma a tale proposito è bene dire che una fenditura regolabile, a
meno di non avere la disponibilità di una officina meccanica, e di difficile autocostruzione,
mentre una fenditura fissa è relativamente semplice da assemblare anche in casa.E’ bene, a
tale riguardo, sgombrare il campo da un luogo comune che vuole che le lamette da barba
costituiscano l’ideale: le lame affilate da entrambi i lati non funzionano, in quanto suscettibili di
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dare immagini impastate o doppie, è necessario che le lame abbiano un profilo triangolare con
la parte piana rivolta verso la sorgente di luce; ed un oggetto di uso comune che possieda
lame rispondenti a tale requisito è un temperamatite, anche se con l’ inconveniente di essere
generalmente di ferro anziché di acciaio, e di poter dare origine a ruggine.Personalmente ho
una vasta provvista di temperamatite, e spesso, quando vado ad acquistarli, sorrido nel vedere
la faccia meravigliata ed incuriosita del venditore nel vedere che li osservo controluce per
verificare la qualità delle lame: un modo di costruzione di una fenditura del genere è descritto
al link http://www.lightfrominfinity.org/autocostruzione.htm
.Un’altra possibilità, per le
fenditure regolabili, è quella di rivolgersi al mercato del surplus, dove un rivenditore americano
, Surplushed (http://www.surplushed.com), ne vende alcune ad un prezzo assolutamente
conveniente e con un eccellente rapporto qualità-prezzo.Ritengo queste ultime le più utili per
la costruzione di uno strumento di una certa precisione.Per quanto riguarda il controllo della
fenditura, sia essa autocostruita che acquistata, occorre dire che l’esame delle lame con un
mirino loupe od altro sistema di ingrandimento può essere utile esclusivamente per verificare il
parallelismo delle lame, e non anche la loro qualità, specie a fenditura molto chiusa; per
ottenere ciò è consigliabile esaminare le frange d’interferenza prodotte dal passaggio
attraverso le lame da un raggio di luce coerente,possibilmente quella di un laser, meglio se a
luce verde.Più queste sono dritte, ben delineate e regolarmente spaziate, più la fenditura è
adatta per l’uso cui è destinata.
L’0ttica di collimazione o collimatore è l’elemento di uno spettroscopio la cui funzione è di
rendere parallelo il fascio ottico da inviare al reticolo, ossia di collimarlo.In pratica si tratta di
un cannocchiale sistemato all’incontrario, il cui obiettivo è rivolto verso il reticolo e sul cui
focheggiatore è alloggiata la fenditura: è necessario inoltre che quest’ultima sia posta
esattamente sul fuoco dell’obiettivo.In prima approssimazione, per verificare ciò, si può
controllare visualmente l’incisione delle lame traguardate attraverso l’obiettivo, ma per un
posizionamento preciso è necessario poi, una volta assemblato lo spettroscopio, focheggiare
l’immagine dello spettro prima grossolanamente con l’obiettivo della camera e poi spostando
solo la fenditura sino a che le righe non risulteranno le più nette possibili.La lunghezza focale
del collimatore è connessa a quella dell’ottica di osservazione o della camera, nel senso che in
genere si opta per rapporti 1:1 rapporti diversi a favore dell’ottica di osservazione (tipo 2 o 3 a
1) avrebbero l’effetto ingrandire eccessivamente l’immagine (ossia le righe) senza alcun
guadagno nella risoluzione spettrale, che è invece dato dal numero di righe per mm del reticolo
e dalle sue dimensioni: la scelta della focale del collimatore dipenderà quindi dalla finalità di
utilizzo dello strumento, per il sole o per le stelle, per l’alta o la bassa risoluzione.Per il sole è
in genere preferibile usare focali medie o lunghe, data l’enorme quantità di luce in arrivo ed il
notevolissimo numero di righe ( oltre 8700) osservabili, per le stelle e con telescopi
commerciali è bene invece tenersi su focali basse, anche per ottenere una scala immagine che
comprenda la maggior parte dello spettro da osservare . Il diametro del collimatore dovrà
coprire e preferibilmente essere leggermente superiore alla diagonale del reticolo (che si
ottiene moltiplicando il lato per 1,4, nel caso di reticolo quadrato).Se, quindi, come è
probabile, acquisteremo un reticolo quadrato da 30 mm , sarà necessario avere un collimatore
di D > 42 mm.
L’ottica di osservazione ha la funzione di ingrandire il fascio parallelo diffratto proveniente
dal reticolo, ossia lo spettro, ed osservarlo tramite un oculare o riprenderlo con una camera
CCD, webcam, digicam o quant’altro.Il diametro dovrebbe essere pari alla diagonale del
reticolo, od anche poco inferiore, mentre la lunghezza focale sarebbe opportuno fosse pari o al
massimo leggermente superiore a quella del collimatore.
Inutile dire che gli obiettivi fotografici e quelli (ma non tutti) per fotocopia, facilmente
rinvenibili questi ultimi, nei mercatini o rivenditori di surplus , costituiscono eccellenti ottiche,
sia di collimazione che della camera,per il campo piano che forniscono.
Un discorso a parte merita il BOX contenente il reticolo la cui struttura è in funzione del
progetto di spettroscopio, se solare, stellare o di uso universale, e dell’ordine spettrale che si
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intende osservare con quel tipo di reticolo. Cerco di spiegarmi: se si intendono osservare
spettri stellari , o, ad esempio, lo spettro solare nell’IR od in una data riga a risoluzioni elevate,
e quindi l’intensità della radiazione in ingresso nello spettroscopio gioca un ruolo fondamentale,
allora è necessario utilizzare l’ordine +1 (quello più luminoso) e quindi prevedere un angolo di
circa 38° tra collimatore ed ottica della camera.Nel caso di spettroscopi solari a medio- alta
risoluzione ed in tutti i casi in cui si intenda avvalersi di una maggiore risoluzione spettrale
(spettri più estesi) al prezzo di una minore luminosità degli stessi, allora possono essere
utilizzati gli ordini 2 e 3, ed un angolo superiore agli 80°, il che rende vantaggioso e pratico un
sistema che contempli un box con attacchi a 90°.Un modo piuttosto semplice e valido di
realizzare un box è quello di tagliare un quadratino di alluminio 6 x 6 cm o 8 x 8 cm da 2 o 3
mm di spessore facendo ricavare dei fori filettati del diametro necessario su due delle facce a
90°, e realizzando poi dei tappi laterali che possono anche essere di PVC.Personalmente ho
utilizzato tale soluzione in parecchi dei miei spettroscopi.
Schema di uno spettroscopio classico
C’è da dire, comunque, che all’inizio il possesso di uno spettroscopio sofisticato o di notevole
potere risolutivo non sarà di grande aiuto al principiante di spettroscopia, per un semplice , ma
importante motivo: aumentando il potere risolutivo (così come succede ai telescopi
aumentando l’ingrandimento) si riduce inevitabilmente il campo spettrale inquadrato ed il
numero delle righe esistenti in quel campo, cosa che, se non si conosce a fondo la struttura
dello spettro indagato può generare dubbi e confusione, specie per la delicata operazione di
calibrazione , per la quale necessita riconoscere con certezza almeno due righe spettrali.
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E’, invece, di estrema utilità l’uso di reticoli di diffrazione a trasmissione che, in virtù del loro
basso potere risolutivo (100-200 l/mm) potranno dare una panoramica di tutto lo spettro con
le relative righe più importanti e facilmente riconoscibili, e potranno, inoltre , mostrare anche
l’immagine di ordine 0 della stella, che sarà utile, non solo per l’operazione di calibrazione, ma
anche per effettuare su di essa la guida, necessaria per lunghe esposizioni con camere CCD
allorquando la stella stessa ed il relativo spettro siano particolarmente deboli.Tali reticoli
permetteranno comunque l’effettuazione di operazioni anche complesse (ad es. la misurazione
de redshift di oggetti stellari, Qso ed altri), ad un costo estremamente basso ed ad una
estrema facilità d’uso (alcuni di quelli esistenti in commercio si avvitano all’oculare od al “naso”
della camera CCD come un semplice filtro).
La spettroscopia stellare
La classificazione spettrale di Harvard ed il diagramma HR
Dopo gli studi sistematici di padre Angelo Secchi nel campo della spettroscopia stellare che
portarono ad una prima classificazione degli spettri in 5 categorie in base al colore ed alla
abbondanza e tipologia delle righe,
gli strumenti professionali per la spettroscopia
migliorarono notevolmente ed alla fine dell’ottocento i dettagli visibili negli spettri stellari erano
talmente ricchi da richiedere una classificazione adeguata alle nuove scoperte.L’osservatorio
del College di Harvard divenne in quell’epoca il centro di una monumentale attività di
classificazione che, ad opera del suo direttore, Edward Pickering ,e delle sue collaboratrici,
portò nel 1890 ad una nuova complessa classificazione in ben 16 classi, contraddistinte da
altrettante lettere dell’alfabeto.Più tardi(1901) una delle collaboratrici di Pickering, Annie
Cannon, rivisitò e semplificò notevolmente la classificazione precedentemente effettuata
portandola a quella familiare e tuttora (seppur con alcune modifiche) adottata di 7 lettere,
OBAFGKM.Celebre è la filastrocca inventata per rammentare l’ordine delle lettere e delle classi
(Oh Be A Fine Girl Kiss Me).
La classificazione di Miss Cannon costituì un vero capolavoro di semplicità ed efficienza, in
quanto l’ordine delle classi era contemporaneamente un ordine cromatico, ovvero di
temperatura, e di complessità degli spettri e delle righe.Esso passa quindi da stelle bianco blu
e bianche di elevatissima temperatura e spettri relativamente semplici, con poche righe, a
stelle gialle e poi rosse , di temperatura superficiale più bassa e spettri più complessi, con
molte righe o con bande.La classificazione fu inoltre affinata con una sottoclassificazione
decimale all’interno delle classi , anche se non completa per tutte le classi stesse: si ebbero
quindi le sottoclassi B0 B1..B2..
A0…A1…A2…etc.All’interno delle classi la temperatura
diminuisce passando dalla prima all’ultima delle sottoclassi
Il ciclopico lavoro culminò nel magnifico “Henry Draper Catalogue” pubblicato tra il 1918 ed il
1924 da Pickering e dalla Cannon che mostrava la classificazione operata da quest’ultima su
225.300 stelle.Più tardi ulteriori modifiche furono effettuate, ed una classificazione in parte
parallela si affiancò a quella principale, tra le integrazioni ricordiamo la classe S con
caratteristiche simili alle M e K e con abbondanza di ossido di zirconio , le classi R e N,
comprendenti le stelle ad alta presenza di carbonio, ed il gruppo W che alcuni considerano una
variante della classe O, ma che costituisce una vera classe a sé stante,cui appartengono le
stelle cd. di Wolf –Rayet caldissime, con ampie righe in emissione.
Il periodo intenso e affascinante di ricerche che, tra la fine dell’ottocento e gli inizi del
novecento, posero le basi dell’astrofisica moderna fu poi completato dall’opera di Hertzsprung
e Russell, che, per vie diverse, scoprirono che per un gran numero di stelle l’ordine cromatico
era anche quello di luminosità, nel senso che le stelle blu erano più luminose di quelle gialle, a
loro volta più luminose di quelle rosse, con l’eccezione di alcune stelle dei tipi spettrali G-K-M,
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di dimensioni molto più grandi (giganti e supergiganti) ed alcune stelle molto calde , ma di
piccole dimensioni (nane bianche) che non seguivano questo trend, differendo così da quelle
del primo tipo della cd. “sequenza principale”.Le scoperte dei due astronomi diedero il via alla
costruzione di quello che costituisce una pietra miliare dell’astronomia moderna ed un
indispensabile strumento di indagine : il diagramma chiamato HR,dalle iniziali dei suoi ideatori,
che lega la magnitudine assoluta alla temperatura effettiva delle stelle ed alla classe
spettrale.
Uno dei risultati più famosi ed eclatanti dell’indagine spettroscopica applicata alla cosmologia ,
diretta conseguenza delle ricerche in precedenza effettuate, è stata la scoperta epocale di E.
Hubble sul redshift degli spettri delle galassie e sulla espansione dell’universo, ma un numero
notevolissimo di scoperte è stato possibile ed è ancora oggi possibile solo con l’esame e
l’analisi spettrale, che si estende sempre più a lunghezze d’onda oltre il visibile, nell’IR e
nell’UV.
Le classi spettrali esaminate con l’indagine spettroscopica
I seguenti spettri campione delle fondamentali classi spettrali di Harvard OBAFGKM sono stati
ottenuti nel range tra 4.000 e 9.000 A (fonte :A.R.A.S.) :
Scale Spettrale (4000-9000A)
1O5v
Tipo O:Stelle massicce e molto calde, spettri caratterizzati dalle righe dell’ H et He (HeI, HeII) nonchè SiIV, CIII
2B2ii
2B6iv
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Tipo B: Stelle molto calde, spettri caratterizzati dalle righe H et HeI, nonchè CaII, CII, CIII, NII, NIII, OII, SiII, SiIV, and MgII.
A0i
.
A2i
A5iii
Tipo A: Stelle calde, spettro dominato dalle righe dell’Idrogeno
FO2iv
F2iii
F5iii
F8i
10
Tipo F: Stelle calde, righe H nonchè CaII H & K, Na ed altre righe metalliche.
G0i
G2v
G5iii
G8iii
Tipo G: Prototipo dello spettro solare, caratterizzato dalle righe dell’Idrogeno (più deboli), CaII H & K, Na, Fe , e numerose righe
metalliche.
K01ii
K2i
K4iii
K5iii
11
K5v
Tipo K:Stelle più fredde, numerose righe metalliche,le righe dell’idrogeno appaiono più deboli. Appaiono alcune righe
molecolari(CH, MgH).
M0iii
M2i
M4iii
M6v
M8iii
Tipo M: Stelle fredde, caratterizzate da larghe bande di assorbimento TiO ,talvolta VO. Numerose sotto classi secondo la
proporzione C/O (Type M: C/O < 1, Type S: C/O = 1, Type C: C/O > 1)
12
Si osserva una sempre maggiore complessità degli spettri andando dalla classe O a quelle successive.Le classi
O e B mostrano le righe dell’Elio, che sono visibili con difficoltà, o non sono più visibili nelle classi successive.Le
righe dell’Idrogeno, visibili praticamente in tutte la sequenza spettrale trovano la loro massima intensità nella
classe A.Dalla classe F cominciano ad intensificarsi sempre più le righe dei metalli,mentre verso il termine della
sequenza cominciano ad intravedersi le bande molecolari, particolarmente evidenti nella classe M.Essendo le
molecole capaci di assorbire un certo intervallo delle singole bande passati, si notano delle bande scure.Tale
fenomeno è possibile solo nelle stelle più fredde, dato che solo a temperature minori gli atomi possono
combinarsi in molecole.Relativamente alla temperature, la sequenza, partendo dal basso, va dalle temperature
superficiali più fredde del tipo M (circa 2000 K) sino a quelle più elevate della classe O (sino a 50.000 K) : dato
che la temperatura agisce sulla ionizzazione e l’eccitazione degli atomi,alle temperature più basse la maggior
parte dei metalli sono nel loro stato neutro e le righe come quelle del CaI e Fe I sono piuttosto intense.Man mano
che la temperatura si eleva, appaiono le righe del Ca II, Ca III, Fe II, Fe III (cd righe H e K di
Fraunhofer).Relativamente all’idrogeno, si nota, con l’alzarsi della temperatura, una sempre maggiore
ionizzazione degli atomi dalla classe K alla A, dove tali righe sono maggiormente pronunciate, nella classe O
invece queste si indeboliscono nuovamente per far spazio a quelle dell’Elio.
Approfondendo in dettaglio, si avrà:
Classe O
Di tratta delle stelle più massicce, più calde, di colore blu, e le più rare.La temperatura superficiale va dai 40.000
ai 50.000 K.Tali stelle sono così energetiche che un gran numero di esse perde materia, dando luogo a righe di
emissione nell’idrogeno e nell’Elio.Alcune di esse, dette stelle di Wolf-Rayet presentano bande di emissione
piuttosto larghe.
Classe B
Queste sono molto calde e brillanti (circa 1/3 delle stelle più brillanti del cielo), la temperatura oscilla tra gli
11.000 ed i 25.000 K, e sono di colore bianco- blu.Le righe più evidenti nel loro spettro sono quelle dell’Idrogeno,
che si indeboliscono con l’aumentare della temperatura, e quelle dell’Elio.Una particolare sottoclasse sono le
stelle Be, che presentano forti righe di emissione dell’Idrogeno.
Classe A
In questa classe sono comprese le stelle più conosciute come Sirio, Vega , Deneb, Altair, etc, di colore bianco.
Il loro spettro è dominato dalla serie di Balmer dell’Idrogeno, le cui righe sono particolarmente intense ed
evidenti nella zona blu.La loro temperatura va da 7.500 a 11.000 K.
Classe F
Si tratta di stelle bianco-gialle, come Canopo, la Stella Polare,Procione A..Il loro spettroè ancora dominato dalle
righe dell’Idrogeno, ma vi cominciano ad apparire alcune righe metalliche ( Fe I, Fe II, Ca I, Mg I).La
temperatura va dai 6.000 a 7.500 K.
Classe G
13
E’ la classe alla quale appartiene il nostro sole: la temperatura va dai 5.000 ai 6.000 K .Ancora sono
predominanti in essa le righe dell’Idrogeno, mentre sono evidenti le righe metalliche, ed appaiono anche le righe
di numerosi metalli ionizzati una volta : le righe del Ca II sono infatti molto pronunciate.
Classe K
Sono stelle color giallo-arancio, tra le quali Arturo,Polluce, Aldebaran, in questa classe le righe dell’idrogeno
cominciano ad affievolirsi, mentre cominciano ad apparire quelle di alcuni composti molecolari: CH. CN, CO.
Classe M
Si tratta di stelle fredde, di temperatura inferiore a 3500 K, le più conosciute delle quali sono Betelgeuse ed
Antares.Gli spettri di tali stelle sono spesso di difficile interpretazione per le migliaia di righe di assorbimento, e le
bande molecolari di CN, CH, TIo,MgH, H2 etc.
Riporto, qui di seguito; un elenco di stelle brillanti delle diverse classi spettrali:
STAR
Type
Zet
Zet
Iot
Del
Gam
Eps
Tau
Del
Kap
Eps
Bet
Alp
Zet
Bet
Pi
RA (2000.0)
Ori
05:40:45.5
Oph
16:37:09.5
Ori
05:35:26.0
Ori
05:32:00.4
Cas
00:56:42.3
Ori
05:36:12.8
Sco
16:35:53.0
Sco
16:00:20.1
Ori
05:47:45.4
Per
03:57:51.1
CMa
06:22:42.0
Vir
13:25:11.8
Per
03:54:07.9
Sco 1 16:05:26.2
Sco
15:58:51.2
Dec
V
-01:56:32
-10:34:02
-05:54:35
-00:17:56
+60:43:00
-01:12:06
-28:12:56
-22:37:16
-09:40:10
+40:00:38
-17:57:20
-11:09:38
+31:53:01
-19:48:18
-26:06:49
14
2.05
2.56
2.77
2.23
2.47
1.70
2.82
2.32
2.06
2.89
1.98
0.98
2.85
2.62
2.89
B-V
Spectral
-0.21 O9.5Ibe
0.02 O9.5Vn
-0.24 O9III
-0.22 B0III + O9V
-0.15 B0IVe
-0.19 B0Iae
-0.25 B0V
-0.12 B0.3IV
-0.17 B0.5Iav
-0.18 B0.5V
-0.23 B1II-III
-0.23 B1III-IV
0.12 B1Ib
-0.07 B1V
-0.19 B1V + B2V
Sig Sco
16:21:11.4
O9.5
Gam Peg
00:13:14.2
B2IV
Eta UMa
13:47:33.1
Bet Tau
05:26:17.4
Eta Tau
03:47:29.0
Alp Leo
10:08:23.2
Gam Crv
12:15:49.0
B8IIIpHgMn
Alp And
00:08:22.8
Bet Ori
05:14:32.3
Bet Per
03:08:10.1
Bet Lib
15:17:00.7
Bet UMi
07:27:09.2
Alp Peg
23:04:45.4
Del Cyg
19:44:58.3
Del Crv
12:29:52.6
Gam Gem
06:37:42.6
Alp CrB
15:34:40.9
Alp Lyr
18:36:55.5
Gam UMa
11:53:49.3
Zet Aql
19:05:24.7
Eps UMa
12:54:01.1
The Aur
05:59:43.1
A0pSi
Alp CVn 2 12:56:02.7
A0pSiEuHg
Alp Gem
07:34:36.7
Bet UMa
11:01:50.1
Alp CMa
06:45:10.8
Del UMa
13:23:54.9
Del Sgr
19:02:36.8
A4IV
Bet Aur
05:59:32.0
Alp Cyg
20:41:25.9
Eta Oph
17:10:22.6
Alp Gem
07:34:36.7
Bet Eri
05:07:51.3
Alp Lib 2 14:50:53.1
Alp PsA
22:57:37.8
Bet Leo
11:49:05.3
Del Leo
11:14:06.0
Alp Oph
17:34:55.7
A5III
Del Cas
01:25:46.9
Bet Ari
01:54:38.0
Alp Aql
19:50:45.2
Alp Cep
21:18:33.7
Del Cap
21:47:01.5
-25:35:32
2.89
+15:11:02
2.83
+49:18:49
+28:36:35
+24:06:21
+11:58:02
-17:32:31
1.86 -0.19 B3V
1.65
-0.13 B5Ia
2.87
-0.09 B7III
1.35 -0.11 B7V
2.59 -0.11
+29:05:33
-08:12:05
+40:57:21
-09:22:56
+08:17:23
+15:12:21
+45:07:48
-16:30:47
+16:23:59
+26:42:57
+38:46:47
+53:41:41
+13:51:53
+55:57:35
+37:12:49
2.06
0.12
2.12
2.61
2.90
2.49
2.87
2.95
1.93
2.23
0.03
2.44
2.99
1.77
2.62
+38:19:03
2.90
-0.12
+31:53:24
+56:22:55
-16:41:57
+54:55:32
-29:52:48
1.59
2.37
-1.46
2.27
2.60
0.03
-0.02
0.00
0.02
0.08
+44:56:51
+45:16:48
-15:43:33
+31:53:24
-05:05:06
-16:02:25
-29:37:11
+14:34:25
+20:31:32
+12:33:48
1.90
1.25
2.43
1.58
2.79
2.75
1.16
2.14
2.56
2.08
A2IV
A2Iae
0.06 A2V
0.04
A2Vm
0.13 A3III
0.15 A3IV
0.09
A3V
0.09 A3V
0.12
A4V
0.15
+60:14:09
+20:48:34
+08:51:47
+62:35:06
-16:07:23
2.68
2.64
0.77
2.44
2.87
0.13
0.13
0.22
0.22
0.29 Am
15
0.13
B2III +
-0.23
-0.11 B8IVpMnHg
B8Iae
B8V
B8V
B8Ve
-0.04 B9V
-0.03
B9.5IV
-0.05 B9.5V
0.00
A0IV
-0.02 A0V
0.00 A0V
0.00
A0Ve
0.01
A0Vn
-0.02 A0pCr
-0.08
-0.03
-0.05
-0.11
-0.09
A1V
A1V
A1Vm
A1VpSrSi
A2III +
0.03
0.09
A5III-IV
A5V
A7V
A7V
Eps Aur
05:01:58.1
Alp Lep
05:32:43.8
Pi Sgr
19:08:45.8
Bet Cas
00:09:07.2
Alp CMi
07:39:20.5
Alp Per
03:24:19.3
Rho Pup
08:07:33.0
Alp UMi
02:31:36.4
Del CMa
07:08:23.5
Gam Cyg
20:22:13.7
Eta Boo
13:54:41.3
Zet Her
16:41:19.0
Bet Aqr
21:31:33.5
Eps Leo
09:45:51.2
Eta Peg
22:43:00.1
III+F
Alp Aqr
22:05:47.0
Bet Dra
17:30:26.1
Bet Crv
12:34:23.2
Bet Lep
05:28:14.8
Alp Aur
05:16:41.0
Bet Her
16:30:13.6
Gam Per
03:04:47.7
A2V
Eta Dra
16:23:59.7
Eps Vir
13:02:11.6
Eps Gem
06:43:55.9
Eps Boo
14:44:59.4
Eps Cyg
20:46:11.2
Bet Cet
00:43:34.6
Alp UMa
11:03:44.6
Alp Cas
00:40:30.1
Bet Gem
07:45:21.3
Gam Leo 1 10:19:57.3
Lam Sgr
18:27:58.4
Alp Boo
14:15:43.6
1
Bet Oph
17:43:28.5
Alp Ari
02:07:09.7
Alp Ser
15:44:15.7
Eps Peg
21:44:11.0
Gam And 1 02:03:53.7
Iot Aur
04:56:59.5
Gam Aql
19:46:15.5
Alp Hya
09:27:35.3
Del Sgr
18:20:59.5
Bet UMi
14:50:42.8
Alp Tau
04:35:55.1
Gam Dra
17:56:36.5
Bet And
01:09:43.2
+43:49:24
-17:49:20
-21:01:22
+59:09:08
+05:14:21
+49:51:41
-24:18:17
+89:15:51
-26:23:36
+40:15:24
+18:24:09
+31:35:50
-05:34:15
+23:46:28
+30:13:17
2.99
2.58
2.89
2.27
0.38
1.79
2.81
2.02
1.84
2.20
2.68
2.81
2.91
2.98
2.94
-00:19:11
+52:18:04
-23:23:44
-20:45:29
+46:00:14
+21:29:24
+53:30:24
2.96
2.79
2.65
2.84
0.08
2.77
2.93
0.98
+61:30:48
+10:57:32
+25:07:53
+27:04:26
+33:57:56
-17:59:13
+61:45:06
+56:32:16
+28:01:37
+19:50:37
-25:25:08
+19:12:37
2.74
2.83
2.98
2.70
2.46
2.04
1.79
2.23
1.14
2.61
2.81
-0.04
0.91
0.94
1.40
0.97
1.03
+04:33:54
+23:27:52
+06:25:30
+09:52:30
+42:19:50
+33:09:59
+10:36:48
-08:39:32
-29:49:39
+74:09:19
+16:30:43
+51:29:21
+35:37:20
16
0.54
0.21
0.35
0.34
0.42
0.48
0.43
0.68
0.68
0.68
0.58
0.65
0.83
0.80
0.86
0.98
0.89
0.82
0.80
0.94
0.70
1.02
1.07
1.17
1.00
1.15
1.04
1.23
2.77
2.00
1.15
2.65 1.17
2.39
1.53
2.26
1.37
2.69
2.72
1.52
1.98
1.44
2.70
1.38
2.08
1.47
0.85
2.23
1.52
2.06
1.58
1.16
F0Iae
F0Ib
F2II
F2III-IV
F5IV-V
F5Ib
F6IIp
F7Ib-II
F8Ia
F8Ib
G0IV
G0IV
G0Ib
G1II
G2IIG2Ib
G2Ib-IIa
G5II
G5II
G5IIIe
G7IIIa
G8III +
G8IIIab
G8IIIab
G8Ib
K0II-III
K0III
K0III
K0IIIa
K0IIIa
K0IIIb
K0III
K1IIIb
K1IIIbCNK2III
K2III
K2IIIb
1.53
1.54
K5III
K2Ib
K3II
K3II
K3II
K3II-III
K3III
K4III
K5III
M0IIIa
Del Oph
16:14:20.9
Gam Eri
03:58:01.6
M0.5IIICaAlp Ori
05:55:10.2
Iab
Alp Cet
03:02:16.8
Alp Sco
16:29:24.5
Ib
Bet Peg
23:03:45.8
III
Mu Gem
06:22:57.4
-03:41:31
-13:30:24
2.74
2.95
1.58
1.59
M0.5III
+07:24:25
0.50
1.85
M1-2Ia-
+04:05:27
-26:25:54
2.53
0.96
1.64
1.83
M1.5IIIa
M1.5Iab-
+28:04:51
2.42
1.67
M2.5II-
+22:30:54
2.88
1.64
M3IIIab
Rif: "Stars and their Spectra - An introduction to spectral sequence" James B. Kaler
Cambridge University Press - ISBN 0-521-30494-6
Tornando alla spettroscopia, una volta ripreso con una camera CCD lo spettro della stella, individuandone con
certezza la classe spettrale, sarà necessario prima normalizzarlo con le note operazioni preliminari (sottrazione
del dark frame,divisione del flat field, etc) e poi procedere alla calibrazione dello stesso, sia per la posizione
delle righe che per l’intensità delle stesse, cosa assolutamente importante per l’individuazione del flusso di
radiazione nelle singole righe e quindi nei singoli elementi: in relazione a tale ultimo profilo, assume
particolare rilevanza la calibrazione dello spettro in funzione della sensibilità del sensore della camera.Le
istruzioni dettagliate su tali operazioni di normalizzazione e calibrazione sono riportate nel tutorial del software
“VSpec” di Valerie Desnoux, liberamente scaricabile dal web.
Tuttavia, prima di iniziare qualsiasi approfondimento sulla spettroscopia stellare, consiglio agli iniziandi di
cominciare con una approfondita conoscenza dello spettro della stella a noi più vicina, il sole, relativamente
facile da esaminare e studiare.Per la costruzione e l’uso di semplici spettroscopi solari si può fare riferimento al
sito UAI – Sezione Spettroscopia.
Per quanto riguarda gli strumenti per la spettroscopia stellare, per chi vuole ricorrere all’autocostruzione esistono
numerosi progetti, tutti riportati sul predetto sito UAI Spettroscopia; per l’acquisto, alcuni strumenti commerciali
Sheliyak, Sbig o Baader Planetarium costituiscono una buona scelta, ma il prezzo è elevato, e quindi, prima di
procedere ad un acquisto impegnativo, è opportuno imparare a fondo alcune nozioni basilari di spettroscopia
pratica, per non trovarsi poi con uno strumento inutilizzato o sottoutilizzato.
Una buona scelta iniziale, ripeto, dopo aver acquisito alcune nozioni fondamentali e la conoscenza della struttura
degli spettri stellari, è costituito da un semplice reticolo di diffrazione a trasmissione di basso potere risolutivo,
che permette di osservare e riprendere l’intero spettro di una stella e le sue principali righe.Le marche in
commercio sono essenzialmente due, una americana (Rainbow Optics) ed una inglese (Paton Hawksley), che
danno entrambe prodotti di buona qualità ed affidabili.
Nonostante, ripeto , la bassa risoluzione, tali reticoli, simili in tutto e per tutto a comuni filtri da avvitare
all’oculare od ad un portafiltri per riprese CCD presentano interessanti caratteristiche che li rendono
estremamente utili per gli astrofili che si dedicano per la prima volta alla spettroscopia, e non solo. I loro pregi
possono così sintetizzarsi:
-Estrema facilità d’uso;
-Minore quantità di luce assorbita rispetto a spettroscopi normali, che hanno un notevole numero di ottiche:
-Osservazione o ripresa dell’intero spettro, anziché di una sua parte , come avviene per gli spettroscopi a
risoluzione elevata
-Possibilità, nel caso di riprese CCD, di riprendere più spettri nel medesimo frame;
-Possibilità, sempre per le riprese CCD di riprendere lo spettro di una stella ed inseguire sull’immagine di ordine
0 della stella stessa o di altra del campo;
-Possibilità, per le riprese fotometriche in un dato campo stellare, di riprendere, compatibilmente con le
possibilità del telescopio usato, lo spettro di tutte o parte le stelle di interesse.
17
Ovviamente, una volta apprese le nozioni di base sulla spettroscopia stellare, si sentirà il bisogno di passare a
strumentazioni più impegnative, ma in piena consapevolezza dei risultati da ottenere e su come conseguirli.
Riporto qui di seguito un esempio di acquisizione e di facile elaborazione di uno spettro della stella Arturo (Alfa
Boote) riprese con un simile reticolo posto sul “naso” da 31,8 mm di una camera CCD Atik 16 HR ed un
telescopio Schmidt Cassegrain da 150 mm di apertura e 1500 mm di focale ridotto a f 6.3.
1) Spettro ripreso in binning 1 x 1 , croppato ad un formato inferiore, e ruotato per renderlo orizzontale.
2) Spettro dopo un binning sull’asse Y per evidenziare le righe (la striscia luminosa a sinistra è l’immagine della
stella, o spettro di ordine 0)
3)Spettro calibrato per la posizione spettrale delle righe con Astro Spectrum , con l’individuazione di due linee
principali dell’idrogeno.
18
Altro esempio, classico, di spettro di una stella che si identifica immediatamente col tipo spettrale, è quello di
Vega, classe A0, il cui spettro presenta in modo piuttosto intenso le inconfondibili righe della serie di Balmer
dell’Idrogeno Ha, Hb, H delta, H gamma ed H ipsilon.Di seguito riporto lo spettro della stella in questione,
acquisito con un reticolo a trasmissione da 100 l/mm al fuoco di uno Schmidt Cassegrain da 150 mm a f 6.3, ed
una camera CCD.
La prima immagine mostra la stella così come appare in ripresa, con l’immagine di ordine 0 al centro, e lo spettro
di ordine +1 a destra e quello di ordine -1 a sinistra.L’immagine è stata ruotata in modo da renderla parallela
all’asse x. per facilitare la successiva operazione di “binning” ossia di stiramento lungo l’asse Y per evidenziare
le righe: tale operazione può essere fatta con numerosi programmi, io in genere uso Iris di C Buil, che, col
comando da tastiera “L_bin”, effettua l’operazione.
L’immagine successiva mostra lo spettro “binnato” con l’indicazione delle righe dell’Idrogeno.
Il passo finale, come per lo spettro precedente,, è l’ottenimento del profilo spettrale calibrato con programmi ad
hoc, quale “V Spec” o Astro spectrum.
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Lo spettro grezzo
Lo spettro dopo l’operazione di binning con l’indicazione delle principali righe
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