Vol. 97, N. 3, Marzo 2006 Pagg. 165-172 Psichiatria e psichiatri nel cinema americano Lorenzo Tarsitani, Emanuele Tarolla, Paolo Pancheri Riassunto. L’industria cinematografica statunitense è stata caratterizzata, dall’inizio del ventesimo secolo fino ai tempi attuali, da un notevole uso di stereotipi per rappresentare l’immagine dello psichiatra, della terapia e delle strutture psichiatriche. La rappresentazione tende a subire modifiche rilevanti nelle diverse fasi storiche della psichiatria. Le patologie psichiatriche sono anch’esse spesso rappresentate nei film, e non sempre in modo realistico. È probabile che le immagini degli psichiatri e delle malattie mentali mostrate nei film abbiano un impatto cruciale sulle convinzioni e le attitudini delle persone a proposito della psichiatria. Parole chiave. Cinema, disturbo mentale, film, opinione pubblica, psichiatra, psichiatria, sterotipizzazione. Summary. Psychiatry and psychiatrists in the U.S.A. cinema. United States cinema motion pictures from the beginning of 20th century to the present are characterized by massive use of sterotypes to represent psychiatrist’s image, as well as psychiatric treatment and inpatients psychiatric facilities. Representation tends to undergo considerable changes between psychiatric different historical periods. Psychiatric disorders also are commonly depicted in movies, often in a not realistic way. The images of psychiatrist and mental disorders shown in movies are likely to impact on the beliefs and attitudes of people towards psychiatry. Key words. Cinema, mental disorder, motion pictures, psychiatrist, psychiatry, public opinion, stereotyping. Introduzione L’industria cinematografica ha mostrato da sempre un notevole interesse per la medicina e soprattutto per la psichiatria. Cinema e psichiatria, nati nella stessa epoca, hanno fin dall’inizio condiviso lo stesso soggetto: pensieri, emozioni, motivazioni, comportamenti e storie di vita rappresentano per l’uno e l’altro la principale, complessa, materia di studio. Freud si dimostrò poco interessato al cinema, rifiutando una offerta di consulenza del regista Georg Wilhelm Pabst per un film che avrebbe dovuto aumentare l’attenzione pubblica nei confronti della psicoanalisi. Fu Hans Sachs, suo allievo, nel 1926, a collaborare alla stesura del soggetto del film, e fu censurato da Freud. Il risultato di tale collaborazione fu I misteri di un’anima, film che rappresenta il primo tentativo di presentare sul grande schermo la teoria e la pratica psicoanalitica. Negli anni successivi, con la tendenza ad una crescita costante, la figura dello psichiatra diviene sempre più presente e diffusa nel cinema americano (figura 1). Questo dato potrebbe rappresentare il fascino crescente di Hollywood per l’e- stablishment psicanalitico che, proprio in quegli anni, rese gli psichiatri personaggi autorevoli che spiegavano le ideologie americane o, d’altro canto, malvagi ciarlatani con accento europeo che le confermavano, mostrando agli spettatori alternative inaccettabili2. Figura 1. Percentuale di film (dal 1920) in cui appare un professionista della salute mentale. N=591; universo di riferimento=17087 film (da Tarsitani L, Pancheri P, 2004)1. Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica, Università La Sapienza, Roma. Pervenuto il 7 ottobre 2005. 166 Recenti Progressi in Medicina, 97, 3, 2006 La predilezione di Hollywood per gli psichiatri è legata inoltre, secondo Glen e Krin Gabbard, alle risorse che tali figure offrono in termini di struttura e manipolazione della trama: lo psichiatra opererebbe la funzione di una “ficelle” (la fune con la quale vengono mossi i burattini), simile a quella, descritta da Henry James, utilizzata nei romanzi per meglio definire i personaggi importanti attraverso l’uso di figure scialbe e poco caratterizzate2. La presenza di un personaggio come lo psichiatra può facilitare il ricorso a confessioni inaspettate o a rivelazioni imprevedibili, e può far comprendere la tendenza da parte dei protagonisti a comportarsi secondo motivazioni seppellite in un passato traumatico o in una mente disturbata. Una volta compreso appieno il potenziale offerto dalla presenza degli psichiatri all’interno del film, i registi non hanno esitato a inserirli in pellicole di generi tra i più disparati, dal melodramma al film poliziesco (Vicolo cieco [1939]), dai film di fantascienza e dell’orrore fino ai western, ai musical (Girandola [1938]), o/e a quelli di genere pornografico (Gola profonda [1972])3. ucciso da Belzebù (L’esorcista III [1990]), o fulminato con un apparecchio per l’elettroshock (La bambola assassina [1988]). Nella migliore delle ipotesi, alla visione razionalista e materialista offerta dallo psichiatra è contrapposta quella “corretta” di stampo irrazionale e sovrannaturale (L’esorcista II: l’eretico [1977]). Levi-Strauss definisce i miti come trasformazioni di conflitti fondamentali, o contraddizioni, che non possono essere risolti5. Il mito, invece, secondo Kirk, «dà un’apparente via di uscita dal problema, o oscurandolo, o facendolo apparire astratto o irreale»6. Alla stregua degli altri, i miti del cinema permettono di convivere con elementi contraddittori, di salvare le illusioni dell’individuo, riconoscendo nello stesso tempo i suoi limiti. Il mito dello psichiatra nel cinema statunitense sembra possedere alcuni elementi comuni che lo definiscono: in particolar modo una connotazione di stampo etico che lo distingue in psichiatra “buono” e psichiatra “cattivo”. Alla luce di questo “colorito di fondo”, tutte le caratteristiche che lo compongono assumono un significato diverso. Ad esempio, secondo Glen e Krin Gabbard, una caratteristica tipica dello psichiatra sarebbe quella La rappresentazione della “mancanza del volto”. Lo psichiatra senza dello psichiatra e della psichiatria volto (Le schiave della città [1944], Sesso, bugie e videotape [1988]) in alcuni casi assume il ruolo di A proposito della percentuale di genere cineuna “ficelle”di tipo particolare, che permette lo matografico, un studio comparativo tra un universvolgersi dell’intera trama del film. Tale persoso di riferimento (n. 17087 film presenti nel datanaggio, caratterizzato da una estrema piattezza, base “il Morandini 2004”) e film in cui appare un può, se buono, curare con la sola presenza o, se approfessionista della salute mentale (n. 591), ha ripartenente alla schiera levato, in questi ultimi, degli psichiatri cattivi, riuna maggiore prevalenza sultare un terapeuta inefdi thriller, horror grotteLa figura dello psichiatra nel cinema americaficace2. Secondo tale sudsco e fantastico1. no si è spesso caratterizzata per il frequente Se, da una parte, lo divisione dicotomica, se uso di stereotipi e di miti utilizzati per descripsichiatra della commeuno psichiatra “buono”, in verla. L’impiego di stereotipi nella narrazione dia romantica (Harvey virtù della sua preparaoffre alcuni vantaggi: in primo luogo, garanti[1950]) o del musical può zione e della sua sicurezsce un senso di sicurezza per cui la definiziofungere da veicolo di una za, può apparire come un ne e la categorizzazione di un soggetto perideologia tanto più efficaoracolo e realizzare guamettono di comprendere di questo il significace quanto più addolcita rigioni repentine e comto ed il ruolo; inoltre, attraverso gli stereotipi si dal tono leggero del film, plete, quello “cattivo” appuò comunicare velocemente e semplicemen4 quello del film poliziesco parirà arrogante e spesso te una grande quantità di informazioni. si comporta come un invein errore. In alcuni casi, lo stigatore (Lo specchio scupsichiatra “buono”, in ro [1946]), che spesso utiquanto braccio della solizza la psicoanalisi per coadiuvare le indagini, in cietà e portavoce dell’ideologia dominante, aiuterà base alla similitudine metodologica del raccogliere gli individui a vivere più felicemente (Le schiave indizi e formulare ipotesi (La fiera delle illusioni della città [1944]), mentre lo psichiatra “cattivo”, [1947], Psycho [1960]). Per converso, in alcuni casi, in accordo con la sua funzione sociale, si comporlo stesso psichiatra può fungere da figura di ostaterà in maniera repressiva e castrante (Qualcuno colo del lavoro investigativo (La mia legge [1953]). volò sul nido del cuculo [1975]). L’eccentricità, caLo psichiatra del film horror o fantastico è, piuttoratteristica estremamente diffusa tra gli psichiasto, un personaggio malvagio che utilizza poteri tri di celluloide, come elemento costitutivo di uno ipnotici o strumenti terapeutici per manipolare e psichiatra “buono” ne esalta l’umanità e la sensidanneggiare le menti: nello scontro con il sovranbilità (Gente comune [1980]). La stessa caratterinaturale, egli si presenta quale baluardo della rastica, se presente in uno psichiatra “cattivo”, renzionalità, intesa a spiegare con riflessioni matede quest’ultimo ridicolo e strano agli occhi dello rialistiche gli eventi soprannaturali, fantastici o spettatore (Susanna [1938], La fossa dei serpenti demoniaci (L’esorcista [1973]); finendo, quindi, o [1948]). L. Tarsitani, E. Tarolla, P. Pancheri: Psichiatria e psichiatri nel cinema americano 167 Infine, l’abbandono di una neutralità emotiva nei confronti del paziente può assumere un ruolo strumentale: o nel permettere una guarigione attraverso l’amore, guarigione operata dallo psichiatra buono anche a costo di una palese “demedicalizzazione” del personaggio (Io ti salverò [1945]), oppure nel definire un personaggio disturbato (Vestito per uccidere [1980]), o lascivo e grossolano (Ciao Pussycat [1965]). STEREOTIPI E ARCHETIPI Irving Schneider descrive tre ben definiti stereotipi nella storia del cinema americano, che avrebbero una distribuzione precisa all’interno di tutti gli psichiatri cinematografici7,8,9. Così, il comico e bizzarro “Dr. Dippy” (Dr. Dippy’s Sanitarium [1906], Girandola [1938], Alta tensione [1977], Serial [1980]), descritto come sciocco, paradossale, incompetente ma innocuo, rappresenta il 15% degli psichiatri, e comprende figure inserite in ruoli positivi (Good will hunting = Genio ribelle [1997]), o negativi (Susanna [1938], La fossa dei serpenti [1948]), caratterizzati da comportamento eccentrico, bizzarro o disordinato. Il “Dr. Wonderful” (I Yam Lovesick [1938], Gente comune [1980]): sensibile, comprensivo, indulgente, umano, capace di dare buoni consigli e operare guarigioni catartiche, sembra definire circa il 60% degli psichiatri cinematografici. Un altro 15% dei professionisti della salute mentale sullo schermo apparterrebbe al modello del sadico e crudele “Dr. Evil” (Il gabinetto del Dr. Caligari [1919], La fiera delle illusioni [1947], Frances [1982]): punitivo, vendicativo, assassino, e spesso più disturbato dei suoi pazienti/vittime. Per Schneider, il restante 10% degli psichiatri non è classificabile come una figura ben precisa. I tre stereotipi di Schneider vengono rielaborati da Ronald Pies e descritti da questi come figure archetipali10. La differenza tra stereotipi ed archetipi è che i primi dipendono dal contesto nel quale sono inseriti e differiscono da cultura a cultura, mentre i secondi si riferiscono ad elementi eterni ed universali4. Così, al di sotto della caratterizzazione hollywoodiana dello psichiatra, esisterebbero strutture primordiali della psiche umana: il “Vampiro” sarebbe l’archetipo alla base del Dr. Evil, ben rappresentato dal dottor Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti (1991), mentre il “Re Pescatore” (descritto nei miti medievali e rielaborato da Wagner nel Parsifal) – figura dotata di autorità, ma malata (stupido o impotente, a seconda della tradizione) – sembra corrispondere al Dr. Dippy definito da Schneider. Lo “Zaddick”, infine, elemento della tradizione mistica ebraica, rappresenta una figura di mediazione tra cielo e terra, capace di aiutare l’uomo a raggiungere Dio, ed ha il suo corrispettivo cinematografico nel Dr. Wonderful (esemplare, secondo Pies, è il dottor Berger di Gente comune [1980]). A B C Figura 2 a, b, c – I tre stereotipi filmici di psichiatri secondo Schneider8: il bizzarro ma innocuo di Good Will Hunting = Genio ribelle (A); l’abile e perfido de Il silenzio degli innocenti (B); quello sensibile e catartico di Gente comune (C). 168 Recenti Progressi in Medicina, 97, 3, 2006 Gli psichiatri donna, rari ma in costante incremento dagli anni Venti alla fine del millennio (circa un terzo delle apparizioni negli anni Novanta)1, appartengono soprattutto alla schiera dei “Dr. Wonderful”: prive di una relazione stabile con gli uomini, sono spesso divorziate, vedove, nubili, oppure sposate con un loro ex-paziente (Tre sul divano [1966]); con un’unica eccezione: la psicoterapeuta de Il principe delle maree [1991], che sta per essere lasciata dal marito. La guarigione operata da una psichiatra avviene sostanzialmente attraverso l’amore; non è infrequente che ella ceda al fascino del paziente (Io ti salverò [1945], Una splendida canaglia [1966], L’esercito delle dodici scimmie [1995], Harry a pezzi [1997]). Glen e Krin Gabbard sottolineano come, dagli anni Trenta ai Novanta, in almeno 29 pellicole è rintracciabile una psichiatra coinvolta sentimentalmente o sessualmente con un paziente maschio, mentre si trovano meno di 20 film in cui un terapeuta si lascia coinvolgere allo stesso modo da una paziente. Ancora, se è possibile individuare oltre 30 film in cui uno psichiatra cura efficacemente una donna, in non più di 2 casi accade che una terapeuta guarisca un paziente senza innamorarsene (Modi privati [1935], Il segno degli Hannan [1979])2. In realtà, la rappresentazione della psichiatra nel cinema statunitense sembra rispecchiare il discutibile modo in cui spesso Hollywood ritrae la donna, secondo cui ella non potrà privilegiare la carriera se non a scapito del matrimonio e della maternità11. La rappresentazione degli istituti psichiatrici La rappresentazione cinematografica degli istituti psichiatrici, siano essi ospedali psichiatrici (Birdy – Le ali della libertà [1984]), manicomi (Il gabinetto del dottor Caligari [1920], La morte dietro il cancello [1972]), manicomi criminali (Instinct – Istinto primordiale [1999]), riformatori (Prigione senza sbarre [1938]) – è molto simile a quella delle carceri. È negli anni Settanta e Ottanta che si incontrano con maggiore frequenza pellicole in cui appare una struttura psichiatrica1; da tali film emerge, nella maggior parte dei casi, una psichiatria punitiva, che impiega terapie sensazionali e spaventose come l’elettroshock, la lobotomia o lo shock insulinico, e che appare allo spettatore quale strumento di repressione sociale contro la diversità della follia (qui vista come anticonformismo, genialità e liberazione dalle oppressioni). L’esempio più famoso di film sul manicomio è certamente Qualcuno volò sul nido del cuculo [1975], in cui l’istituto psichiatrico che accoglie il protagonista viene dipinto in modo ancor più crudele di una prigione. La rappresentazione della terapia Raffigurazioni stereotipate degli psichiatri portano a raffigurazioni stereotipate del trattamento psichiatrico. Secondo Glen e Krin Gabbard, la costante demedicalizzazione della psichiatria sullo schermo ha portato ad una sovrarappresentazione delle psicoterapie (solitamente di orientamento dinamico), unita ad una sottorappresentazione di altri trattamenti2. La terapia elettroconvulsivante presentata nei film è sempre stata rivestita di un’aura a dir poco sinistra. Nella maggior parte delle pellicole, il ricorso all’elettroshock assume valenze coercitive. Basti citare due film esemplari: nel primo, Qualcuno volò sul nido del cuculo [1975], l’elettroshock viene usato in modo punitivo per correggere un comportamento socialmente inappropriato, mentre nel secondo, La fossa dei serpenti [1948], l’utilizzo dell’angolatura della cinepresa, il primo piano sulla contrazione tonica della mandibola della paziente che lo subisce da sveglia, e un crescendo orchestrale nella colonna sonora, fanno apparire l’atto oltremodo grottesco. L’idea dello shock somministrato ad un paziente vigile (e terrorizzato) sembra essere un elemento caro alla cinematografia hollywoodiana e viene riproposta anche in film più recenti (Requiem for a dream [2000]), parecchi anni dopo l’introduzione dell’anestesia nella terapia elettroconvulsivante. Anche la psicoterapia, nel cinema statunitense, è caratterizzata da un importante stereotipo: in tutti i film, il metodo psicoterapico è rapido e catartico e induce guarigioni improvvise. L’atto, che spesso si compie nell’arco di pochi minuti o secondi, può facilmente dotarsi di una intensa carica drammatica, assolutamente non rintracciabile financo nelle più spettacolari guarigioni dalle malattie non mentali. Tali caratteristiche convenzionali si manifestano, oltre che con la guarigione catartica, anche con il semplice consiglio basato sul buonsenso (o addirittura sul senso comune) che sembra essere un elemento essenziale nella rappresentazione del processo psicoterapico (Perdutamente tua [1942], Le schiave della città [1944]). In questo caso i disturbi psichiatrici sono frequentemente causati da genitori cattivi e la guarigione avviene nel momento in cui il paziente-figlio riesce ad incolparli e a dimenticarli (Prigioniero della paura [1957]). Infine, il potenziale della farmacoterapia viene sostanzialmente ignorato, fino agli anni Novanta. In Qualcosa è cambiato [1997] appare per la prima volta l’idea che una terapia farmacologica, oltre che l’amore, possa avere efficacia per il pazienteprotagonista (affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo). 169 L. Tarsitani, E. Tarolla, P. Pancheri: Psichiatria e psichiatri nel cinema americano L’EVOLUZIONE dal 1964 fino quasi ai nostri giorni, sono rari, negli Stati Uniti, i film non ostili o quantomeno ambivalenti nei confronti della professione dello psichiatra (I never promised you a rose garden [1977]). La rappresentazione dello psichiatra e della psichiatria nel cinema statunitense si modifica in maniera significativa nel corso del secolo2,3 (tabella 1). Negli anni degli albori (1906-1934) gli psichiatri Le pellicole statunitensi degli ultimi anni semappaiono raramente e appartengono quasi tutti albrano infine riflettere una pluralità di vedute che la categoria dei Dr. Dippy: dedicati alla custodia decaratterizza l’attuale atteggiamento della società gli alienati e dei lunatici, sono spesso più incompeverso la psichiatria. tenti, strambi ed eccentrici di questi ultimi (The escaTabella 1. - La rappresentazione dello psichiatra nella storia del cinema USA. ped lunatic [1904], Dr. I quattro periodi decritti da Gabbard e Gabbard, con alcuni esempi. Dippy’s Sanitarium [1906]). (Modificata da Tarsitani L, Pancheri P, 20041). Le apparizioni di Dr. Evil e Dr. Wonderful non risalgono che a metà degli anni Trenta, allorché il mondo occidentale comincia a subire il fascino della psichiatria. Tra il 1957 e il 1963 si colloca «l’età dell’oro della psichiatria nel cinema, durante la quale l’efficacia e la positività della psichiatria realizzano pienamente il loro potenziale mitico»2. Secondo Glen e Krim Gabbard, i film di questo breve periodo rispecchiavano una crescente fiducia della cultura americana: che la psichiatria e gli psichiatri fossero voci autorevoli della ragione, dell’adattamento e del benessere. Il rapido esaurirsi dell’«età dell’oro» coincide con il declino della ricerca psichiatrica finanziata dal governo statunitense, in un momento in cui il popolo americano stava prendendo coscienza dei cambiamenti, non sempre positivi, della società dopo la Seconda Guerra Mondiale. Riemergono dunque raffigurazioni negative degli psichiatri, raffigurazioni che diventano sempre più prevalenti durante e dopo la Guerra del Vietnam. Lo psichiatra viene frequentemente rappresentato come un repressivo lobotomizzatore (Frances [1982]), come un criminale (Elettroshock [1965]), o come un ciarlatano lussurioso (Ciao Pussycat [1965]), oppure come un rispettabile, educato e folle assassino (Vestito per uccidere [1980]). In questo periodo di “perdita della grazia” che va Periodo Gli albori (1906-1934) Esempi The escaped lunatic [1904] Dr. Dippy’s Sanitarium [1906] When the clouds roll by [1919] Prima pagina [1931] Mondi privati [1935] La latenza (1935-1956) Girandola [1938] Perdutamente tua [1942] Le schiave della città [1944] Lo specchio scuro [1946] La fiera delle illusioni [1947] La fossa dei serpenti [1948] L’ammutinamento del Caine [1954] L’età dell’oro (1957-1963) Prigioniero della paura [1957] La donna dai tre volti [1957] Ragazza per un’ora [1960] Improvvisamente, l’estate scorsa [1960] Splendore nell’erba [1961] David e Lisa [1962] The Interns [1962] Capitan Newman [1963] La perdita della grazia (1964- ) Ciao Pussycat [1965] Harold e Maude [1971] Qualcuno volò sul nido del cuculo [1975] I never promised you a rose garden [1977] Vestito per uccidere [1977] Gente comune [1980] Frances [1982] Birdy, le ali della libertà [1984] Tutte le manie di Bob [1991] Il principe delle maree [1991] Happiness-Felicità [1998] A beautiful mind [2001] Rappresentazione* ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ ☺ *Rappresentazione dello psichiatra: positiva ☺, negativa , intermedia o ambivalente 170 Recenti Progressi in Medicina, 97, 3, 2006 L’ultimo ventennio, infatti, ha prodotto molte pellicole, hollywoodiane e non, che sembrano appartenere più o meno ufficialmente alla psichiatria: basti pensare agli scenari “paranoidei” apocalittici di fine millennio, alle invasioni, ai complotti, alle esplosioni di violenza seriale, sessuale e di gruppo, agli effetti dei traumi, delle catastrofi; e ancora ai sogni, alle allucinazioni, alle fantasie deliranti che si intrecciano con la realtà senza soluzione di continuo. A volte è tuttavia possibile rintracciare ancora figure francamente stereotipate: nel 1991 escono negli USA tre film che presentano di nuovo in maniera chiara Dr. Dippy, Dr. Evil e Dr. Wonderful (rispettivamente: Tutte le manie di Bob [1991], Il silenzio degli innocenti [1991], Il principe delle maree [1991]). Sembrano intramontabili le donne psichiatra che si innamorano dei loro pazienti (Hunk [1987], Mr. Jones [1993], L’esercito delle 12 scimmie [1995]). Di moda anche le violazioni deontologiche di ogni tipo (Sfera [1998]); relazioni con pazienti (Schizoid [1980], Mariti e mogli [1992], Conflitti del cuore [1996]); con parenti dei pazienti (Analisi finale [1992]); figliolette che, in assenza di baby sitter, finiscono con l’esser portate dal padre in seduta analitica (Un giorno per caso [1996]); falsificazioni di referti (Angel Heart – Ascensore per l’inferno [1987]) ecc. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, diviene difficile individuare stereotipi dominanti e la rappresentazione dello psichiatra assume spesso maggiore complessità, almeno nelle pellicole di medio e alto livello (Happiness – Felicità [1998]). La rappresentazione della malattia mentale Anche la rappresentazione della malattia mentale è spesso guidata da stereotipi; due errori ricorrono comunemente nei film: 1) che le persone affette da malattia mentale siano in realtà più “sane” della gente comune, e 2) che il disturbo psichiatrico debba sempre avere un significato ed una causa12. Alcune pellicole offrono tuttavia descrizioni dei disturbi mentali complesse e realistiche, al punto da poter essere utilizzate efficacemente come casi clinici nella didattica psichiatrica13,14. Per quanto riguarda la schizofrenia, alcuni film si dimostrano capaci di dipingere personaggi abbastanza convincenti (La fossa dei serpenti [1948], I never promised you a rose garden [1977], A beautiful mind [2001], Spider [2002]). In particolare, in A beautiful mind – pur con alcune imprecisioni e inesattezze (la scelta di far apparire, per necessità del medium, le allucinazioni uditive come visive e di definire le tematiche deliranti del protagonista con allucinazioni complesse) – vengono descritti in maniera efficace alcuni degli aspetti che caratterizzano i sintomi e il decorso (cronico, invalidante) della schizofrenia. Secondo Glen Gabbard, il film è «uno dei migliori, se non il migliore ritratto della schizofrenia»15. La malattia è descritta nel film come una condizione ben poco “romantica”: dopo la proiezione ci appare ancora di più come una patologia devastante, incompatibile con la creatività e la genialità, seppure, almeno in parte, curabile. Figura 3. In A beautiful mind – pur con imprecisioni e inesattezze – vengono descritti in modo efficace alcuni degli aspetti che caratterizzano i sintomi e il decorso della schizofrenia. I disturbi dell’umore vengono presentati in maniera convincente, per quanto riguarda sia la mania (Capitan Newman [1963], Mr. Jones [1993]), sia la depressione (Il settimo velo [1945], La figlia di Caino [1955]); mentre invece la filmografia relativa ai disturbi da abuso o da dipendenza da sostanze prevede un ricorso massiccio agli stereotipi, tanto da permettere, secondo alcuni autori, il riconoscimento di alcune figure caratteristiche come l’“eroe tragico”, da sempre in lotta con il desiderio di assunzione di alcol o di stupefacenti (Via da Las Vegas [1995], Requiem for a dream [2000]); lo “spirito libero ribelle”, che rifiuta norme di una repressiva società conformista e che fa un uso più “ricreativo” delle sostanze (Harvey [1950], Paura e delirio a Las Vegas [1997]); il “dipendente demonizzato/maniaco omicida”, solitamente di genere maschile, in cui l’uso di sostanze, unito ad una sociopatia e/o ad un discontrollo degli impulsi, porta a comportamenti distruttivi e violenti (Il cattivo tenente [1992]); l’“utilizzatore umoristico/da commedia”, che spesso fa uso di stupefacenti o alcol in dose massicce senza patire conseguenze negative (Arturo [1981])4. L. Tarsitani, E. Tarolla, P. Pancheri: Psichiatria e psichiatri nel cinema americano 171 Un notevole interesse è riservato ai disturbi mento del Caine [1954] (disturbo paranoide di perdissociativi, che offrono – in termini di trama – sonalità). grandi risorse: drammaticità certa e possibilità Non si può infine tralasciare un imponente nudi una guarigione repentina e completa. Emblemero di film dove i sintomi dei protagonisti (commatici sono Io ti salverò [1945], dove il dottor portamento disorganizzato o deliri più o meno siEdwardes (Gregory Peck), affetto da una grave stematizzati), che potrebbero far pensare a disturamnesia dissociativa, riuscirà a guarire in mabi psichiatrici, sono in realtà “non-disturbi”, niera catartica, grazie all’amore della dottoressa causati da altri tipi di problematiche, come la posPetersen (Ingrid Bergman), e La donna dai tre sessione diabolica (L’esorcista [1973]), la convivenvolti [1957], in cui la poco realistica Eva Whiza con entità sovrannaturali (Entity [1981], Polterte/Eva Black (Joanne Woodward, premio Oscar geist: demoniache presenze [1982]), la minaccia di come migliore attrice protagonista), affetta da un un futuro apocalittico (L’esercito delle dodici scimdisturbo di personalità multipla, guarirà grazie mie [1995], Terminator [1984]), o complotti cataalla rievocazione di un ricordo infantile traumastrofici perpetrati dai servizi segreti (Ipotesi di tico. La Eva della vita reale (che ispirò il film), complotto [1997]) o da adoratori del diavolo (RoseChris Costner Sizemore, rivelò nella sua autobiografia che non beneficiò mai di una restitutio ad mary’s Baby [1968]) (tabella 2)16. integrum così radicale ed anzi, nel corso della sua terapia, emersero altre perTabella 2. - Esempi di disturbi psichiatrici rappresentati nel cinema USA. sonalità multiple (in totale ventidue) oltre alle due Disturbo Esempio cinematografico presentate nel film. La fossa dei serpenti [1948] I disturbi d’ansia, tanto frequenti nella pratica psichiatrica reale, sembrano invece essere poco rappresentati nel cinema americano; alcune eccezioni sono degne di nota. In La donna che visse due volte [1958], il protagonista (James Stewart) soffre di una invalidante, quanto strumentale per la trama del film, fobia dell’altezza. In Safe [1995] una fobica Julianne Moore è affetta da crisi d’ansia e attacchi di panico, e in Qualcosa è cambiato [1997] Jack Nicholson fa la parte di uno scrittore affetto da disturbo ossessivo-compulsivo. Invece, i disturbi di personalità sono abbastanza frequenti, e – nella maggior parte dei casi – i pazienti che mettono in atto stili di comportamento maladattivi non richiedono l’aiuto dello psichiatra. Tra i film più noti ricordiamo Arancia meccanica [1971] (disturbo antisociale di personalità), Alice’s Restaurant [1969], In cerca di Mr. Goodbar [1977] (disturbo borderline di personalità), American gigolò [1980] (tratti narcisistici di personalità), L’ammutina- I never promised you a rose garden [1977] Schizofrenia A beautiful mind [2001] Spider [2002] Il settimo velo [1945] La figlia di Caino [1955] Disturbi dell’umore Capitan Newman [1963] Mr. Jones [1993] Harvey [1950] Disturbi da abuso/dipendenza da sostanze Via da Las Vegas [1995] Paura e delirio a Las Vegas [1997] Requiem for a dream [2000] Io ti salverò [1945] Disturbi dissociativi La donna dai tre volti [1957] Doppia personalità [1992] La donna che visse due volte [1958] Disturbi d’ansia Safe [1995] Qualcosa è cambiato [1997] L’ammutinamento del Caine [1954] Alice’s Restaurant [1969] Disturbi di personalità Arancia meccanica [1971] In cerca di Mr. Goodbar [1977] L’invasione degli ultracorpi [1956] L’esorcista [1973] “Non-disturbi” Terminator [1984] L’esercito delle dodici scimmie [1995] Ipotesi di complotto [1997] 172 Recenti Progressi in Medicina, 97, 3, 2006 Conclusioni Il Rapporto 2001 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ebbe come tema la malattia mentale, nonché lo stigma ad essa associato. Una delle dieci raccomandazioni formulate per migliorare la situazione è di «educare alla salute mentale, con l’obiettivo principale di ridurre le barriere verso il trattamento e la cura, accrescendo la consapevolezza della frequenza dei disturbi mentali, della loro curabilità, dei processi di guarigione e dei diritti umani delle persone con disturbi mentali». Nel testo si afferma inoltre che «lo stigma sgretola la fiducia che i disturbi mentali siano condizioni sanitarie efficacemente trattabili. Questo porta le persone a evitare di socializzare, di offrire e di prestare lavoro, […] o di vivere vicino a persone con disturbi mentali»17. La comunicazione e l’educazione alla conoscenza delle caratteristiche del disturbo psichiatrico sono dunque temi di estrema attualità e importanza a livello globale. È stato in più occasioni dimostrato che l’attitudine pubblica nei confronti delle malattie mentali è pesantemente influenzata più dalla loro rappresentazione da parte della comunicazione di massa, che da un contatto reale con il malato mentale18. Se si pensa dunque che lo spettatore medio americano, ogni anno, va al cinema sei volte e passa 52 ore guardando film in home video19, ci si rende conto del grande potere di suggestione di cui è dotato il cinema nella rappresentazione della malattia mentale e del professionista della salute mentale. E la produzione statunitense, oggi, costituisce sicuramente la stragrande maggioranza dei film sia sul grande che sul piccolo schermo. È facile immaginare, quindi, come per la popolazione generale sia molto più frequente vedere all’opera uno psichiatra di celluloide , che incontrarne uno dal vivo. Gli stereotipi cinematografici influenzano in modo cruciale quelli della vita reale. Lo stesso stigma, che da sempre accompagna il disturbo psichiatrico, si alimenta attraverso l’idea che la collettività si è creata nei confronti di chi è malato e di chi cura la malattia20. La varietà delle rappresentazioni (che spazia dagli assassini agli oracoli), l’esigua presenza di psichiatri-donna e la Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Lorenzo Tarsitani Università La Sapienza Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica Viale dell’Università, 30 00185 Roma frequente ambientazione horror, noir o thriller della psichiatria, sembrano elementi destinati a svolgere un ruolo fondamentale, in positivo e in negativo, sull’immaginario e sulle aspettative delle persone di tutto il globo. Bibliografia 1. Tarsitani L, Pancheri P. Cinema e psichiatri: dagli oracoli al cannibalismo. Giorn Ital di Psicopatol 2004; 10: 3-10. 2. Gabbard GO, Gabbard K. Psychiatry and the cinema. Washington and London: American Psychiatric Press 1999. 3. Greenberg HR. 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