Scarica qui la dispensa con le lezioni tenute dal prof. Piergiorgio

RIMINI IN ETA’ NAPOLEONICA
Di Piergiorgio Grassi
I -L’ARRIVO DEI FRANCESI E L’ASSORBIMENTO NELLA REPUBBLICA
CISPADANA PRIMA E IN QUELLA CISALPINA POI
1-Narrano le cronache che l’Armèe d’Italie guidata da Napoleone nella sua prima
campagna al centro e al nord della penisola, si materializzò nella notte di martedì 4
febbraio 1797 con l’arrivo di un corpo di Dragoni a cavallo che si portarono
lentamente sulla Piazza della Fontana, preceduti da due religiosi francescani
salmodianti e da un sacerdote trascinato per il petto, arrestato “ perché trovato in
possesso di un fucile da caccia” .
2-Da Rimini Napoleone penetra nella Marche, spingendosi sino ad Ancona, mentre
alcuni reparti del suo esercito si portano a tre giorni di marcia da Roma.
L’avvicinamento alla capitale dello Stato Pontificio si arresta dopo la firma del
Trattato di Tolentino (19 febbraio 1797) che segna la definitiva rinuncia del Papato
alle tre legazioni (Bologna, Ferrara, Romagna) , ai territori di Avignone e al contado
di Vemassino. Si tratta di una svolta nella storia della Chiesa : lo Stato pontificio,
nella sua integrità, dal Medioevo in poi era ritenuto garanzia di libertà e di sovranità
della Chiesa, insostituibile in quella forma per l’adempimento della missione
religiosa:
3-L’occupazione francese ha immediate conseguenze per la vita della Chiesa
riminese, giacché, mentre il Vescovo Luigi Ferretti è lontano dalla città, viene
introdotta una nuova legislazione riguardante i rapporti Chiesa e Stato. La
legislazione , mutuata dalla Repubblica francese, viene applicata dapprima nella
repubblica Cispadana, che successivamente verrà assorbita nella più ampia
repubblica Cisalpina (27 luglio 1797).
4- I provvedimenti: l’abolizione della giurisdizione temporale ecclesiastica;
dell’Inquisizione, dell’abito ecclesiastico, l’imposizione del calendario
rivoluzionario, l’obbligo (anche per i religiosi) di portare la coccarda cispadana.
Seguiranno la soppressione delle case religiose con meno di 15 membri, l’alienazione
dei loro possedimenti, il cambiamento dei nomi della porte della città che avevano
portato sino allora i nomi dei santi. Vengono piantati nelle due piazze principali gli
alberi della libertà.
5- Con la costituzione della Repubblica cisalpina (Rimini diviene per poco tempo
capitale del Dipartimento del Rubicone) si chiede il giuramento di fedeltà alla
costituzione della neonata repubblica ed è vietato il culto esterno. Inoltre, nel 1798 le
truppe del Generale Berthier , dirette a Roma per abbattere lo Stato pontificio e
instaurare la repubblica, vengono alloggiate nella Chiesa cattedrale di S. Colomba.
6 -Se nella città il vicario del Vescovo e i presbiteri riescono a mantenere un relativo
clima di pace, nelle parrocchie delle vallate del Conca ,del Marecchia e dell’Uso,
scoppia la rivolta contro i Francesi. Le motivazioni sono prevalentemente religiose,
mischiate ad altre di carattere economico e politico.
Gli episodi più cruenti (con morti e feriti) si hanno a S.Arcangelo e a Tavoleto prese
d’assalto dalle truppe guidate dei generali Jean- Joseph Sahuguet e Victor Perin. Nei
messaggi inviati alla Giunta di difesa generale di Bologna si parla di “Vandea della
Francia che sembra rinascere sulle nostre vicine montagne”. La rivolta, pur indebolita
dalle rappresaglie francesi, rimane endemica.
7- L’avanzata verso Roma del generale Berthier è infatti contrastata dalle imboscate
frequenti di gruppi di insorgenti dell’entroterra romagnolo e umbro- marchigiano,
che non riescono, tuttavia, ad impedire al generale di giungere nella capitale, di
chiedere ostaggi, di imporre una forte contribuzione e di dichiarare decaduto il
potere temporale. Papa Pio VI viene tradotto a Siena sotto scorta. I cardinali sono
dapprima incarcerati e poi esiliati, non senza averli dapprima costretti a cantare il Te
Deum per la proclamata repubblica romana . Con la soppressione, infine, delle
Congregazioni vaticane, Berthier tenta di creare insuperabili ostacoli al ristabilimento
di una qualsiasi autorità centrale della Chiesa.
(Pgg)
BIBLIOGRAFIA
A. -Pellipech, Napoleone e gli italiani, il Mulino, Bologna 2005.
R. Comandini, Atteggiamenti del clero riminese di fronte alle novità della Francia
(1789-1796), in AA.VV., L’Emilia nel periodo napoleonico, Editrice AGE, Reggio
Emilia 1966;
A. Pasquini, La diocesi di Rimini di fronte al giuramento di fedeltà e altre
imposizioni dell’epoca napoleonica, in AA. VV., Lo Stato della Chiesa in epoca
napoleonica, Stibu, Urbania 1996, pp. 473-503.
Libera Università popolare Igino Righetti, Rimini 4 febbraio 2013
II- LAICIZZAZIONE DEGLI ORDINAMENTI CIVILI E LA NASCITA DEL
PLURALISMO CULTURALE
1-Il ritorno del vescovo Ferretti nella sua residenza riminese, dopo due mesi di
assenza, non elimina il senso di precarietà e di incertezza tra il clero e i fedeli. Il
vescovo viene dapprima posto agli arresti domiciliari in episcopio. E liberato a patto
che pubblicamente manifesti la sua adesione al nuovo regime. Si reca infatti a
ringraziare il generale Sahuguet, a complimentarsi con il comandante della piazza
Lapisse, con i dirigenti della Municipalità cisalpina. Per sancire la riappacificazione
organizza in episcopio un ricevimento con pranzo, cui prendono parte le nuove
autorità con “altre persone distinte”.
2- Non si ferma intanto il processo di laicizzazione delle strutture e degli
ordinamenti. Le costituzioni della Repubblica cispadana prima e della Repubblica
cisalpina poi, ricalcano la Costituzione francese dell’anno III (1795), con
significative accentuazioni : il rafforzamento del potere esecutivo rispetto a quello
legislativo ed una maggiore attenzione alla questione religiosa . Nell’assemblea dei
costituenti si scontrano due linee: quella dei giacobini estremi che sono fautori della
libertà di tutti i culti e dell’agnosticismo religioso e quelle dei moderati contrari ad
una indiscriminata libertà religiosa; posizione che ha l’appoggio di Napoleone. Le
due linee erano destinate a confliggere in fase di applicazione delle leggi e nei
comportamenti quotidiani verso la religione costituita.
3- La laicizzazione degli ordinamenti ha tuttavia effetti immediati di notevole
rilevanza. Si aprono infatti gli spazi per il manifestarsi (legittimato per legge) di un
maggiore pluralismo sia all’interno della società civile riminese sia all’interno della
realtà ecclesiastica . Una prima differenziazione nel clero sta nell’accettazione o nel
rifiuto dei “fatti compiuti”. Una minoranza si riconosce nelle posizioni degli abbès
démocrates francesi che sostenevano essere il Vangelo depositario dei grandi principi
di fratellanza e di eguaglianza degli uomini, il grande codice della morale più
perfetta e pertanto la guida più sicura del cittadino democratico. La seconda linea di
differenziazione era rappresentata dal dibattito sulla liceità di prestare giuramento alla
nuova repubblica.
4- Il vescovo Ferretti mostra preoccupazione per il diffondersi di queste opinioni
che egli assimila a quelle dei giansenisti liguri , alle tesi del vescovo Solari e del
sacerdote Eustacchio Degola che avevano mirato, nella elaborazione della
Costituzione della Repubblica ligure, a far sì che l’ordinamento istituzionale
incidesse anche all’interno della Chiesa, puntando ad una sua profonda riforma . Di
queste preoccupazioni si fece portatore in una lettera inviata sul finire del 1796,
prima che le posizioni venissero pubblicamente allo scoperto nel Circolo
costituzionale che era stato aperto il 29 aprile 1798, con lo scopo di politicizzare in
senso repubblicano una società che era rimasta in gran parte estranea al nuovo corso,
ancora legata al Papato e allo Stato pontificio.
5-A dar voce alle istanze dei cattolici democratici é il parroco di Montefiore Conca,
l’abate don Gaetano Vitali, che tiene due conferenze al Circolo costituzionale
cittadino, date successivamente alle stampe con i torchi della tipografia Marsoner .
Don Vitali difende la Costituzione della Cisalpina che aveva riconosciuto il carattere
prevalente della religione cattolica nel suo territorio, ma senza costrizioni di ordine
giuridico, perché essa non poteva essere imposta, ma solo liberamente accettata. Il
cattolicesimo non era una religione di Stato e la Costituzione non l’aveva considerata
tale “per non rendere violenta o sanguinaria la religione di Cristo a danno della
società”. Di qui scaturiva anche la liceità di prestare giuramento di fedeltà alla
Repubblica cisalpina.
6- Sempre nella sede del Circolo costituzionale ( era stato temporaneamente ospitato
nell’oratorio degli Agostiniani) esplodono le posizioni contrastanti tra giacobini e
moderati. Tant’è che in un’altra riunione si erano sentite pronunciare parole di fuoco
contro la Chiesa cattolica e la sua gerarchia, assimilata nei suoi papi all’Anticristo.
Repliche veementi in senso contrario erano venute da parte dei moderati che, pur
avendo aderito alla repubblica Cisalpina, intendevano rimanere fedeli alla Chiesa
cattolica. Colui che le aveva pronunciate- osservava il cronista Zanotti nel suo
Giornale con un pizzico di esagerazione- si era allontanato dalla sala “pel giusto
timore di rimanere massacrato”.
7-La stagione giacobina si chiude a Rimini il 30 maggio del 1799, quando marinai e
pescatori insorgono attaccando alle spalle le truppe del comandante francese Fabert
che si apprestava ad ordinare il fuoco contro un brigantino imperial- austriaco
apparso improvvisamente all’imboccatura del porto canale. Messi in fuga i militari
francesi , gli insorti entrano in città, abbattono gli alberi della libertà, si mettono alla
ricerca di coloro che avevano manifestato simpatie repubblicane, istituiscono
processi sommari e instaurano un clima di anarchia permanente, nonostante i ripetuti
interventi del vescovo Ferretti e di altri prelati che chiedono di tornare alla normalità.
Solo l’arrivo delle truppe regolari dell’esercito austriaco, il 3 luglio, interrompe il
mese di anarchia e sembra preludere al ritorno del vecchio ordine. La coalizione
formata da Austria, Russia,Turchia e Inghilterra ha messo in campo un’armata,
comandata dal generale Suvarov, che ha costretto l’esercito francese ad abbandonare
la penisola, mentre le truppe della Cisalpina si sono dissolte al primo urto.
BIBLIOGRAFIA
Oltre agli studi di R.Comandini e A.Pasquini, ricordati nel primo schema, cfr:
D. Mengozzi, Politica e religione nel Rubicone giacobino, con introduzione di L.
Bedeschi, Edizioni Analisi, Bologna 1991;
G.Gattei- P.Pasini, Atlante per il Dipartimento del Rubicone,”Romagna arte e storia”,
6 (1892). Numero monografico.
III- DALLA REPUBBLICA CISALPINA AL REGNO D’ITALIA (1800- 1805).
LA STAGIONE DEI CONCORDATI
1-Il periodo che si apre dall’arrivo delle truppe austriache sino al ritorno stabile di
quelle francesi è convulso sia per la comunità civile sia per la realtà della Chiesa
riminese. Ai confini e sulla linea del cessate il fuoco, città e circondario sono
continuamente contesi : Rimini è ripresa più volte da austriaci e francesi, sino
all’arrivo definitivo di questi ultimi il 24 gennaio del 1801 al grido di “morte al
Ferretti vescovo. Morte ai preti e ai frati”. Può essere applicato a Rimini, quanto ha
scritto, con un pizzico di ironia, nel suo Giornale di Notizie riguardante
Santarcangelo di Romagna, l’archivista comunale Elia Gallavotti. ”Sul finire del
corrente anno e nel successivo 1800 i cangiamenti di governo erano così frequenti e
improvvisati che ogni cittadino doveva stare ben guardingo nel sortire di casa per
conoscere quale cocarda dovesse esporre. Spessissimo nel medesimo giorno si sono
spiegate due bandiere e cocarde e persino tre, così che la maggiore occupazione era
quella di cangiar colori per non ricevere insulti e incorrere in disgrazie”
2- Il vescovo Ferretti aveva cercato di riprendere in mano la situazione ecclesiale, ma
lo svolgersi degli eventi contrastava ogni tentativo di normalizzazione. Dopo aver
cantato il Te Deum in Duomo (S. Agostino) per la liberazione della città dalla
oppressione giacobina e dall’anarchia, aveva richiamato all’ordine i religiosi che
avevano giurato fedeltà alla Repubblica Cisalpina chiedendo che ritrattassero la
decisione. Clamorosa la pubblica ritrattazione dell’abate di Montefiore, don Gaetano
Vitali, che- come si ricorderà- aveva difeso il giuramento alla Repubblica Cisalpina
nel Circolo costituzionale e la compatibilità del Vangelo con gli ordinamenti della
medesima. E’ pure richiesto, a tutti coloro che li avevano acquistati a poco prezzo, di
restituire i beni ecclesiatici : ben pochi rispondono positivamente. Inoltre, continuano
a manifestarsi tra il clero posizioni filo-francesi, le più marcate quelle del gruppo che
sta attivamente promuovendo la savignanese Accademia dei Filopatridi. Spicca, tra
gli altri, il nome di don Luigi Nardi, destinato a svolgere un ruolo di primo piano ai
tempi del vescovo Gualfardo Ridolfi, di nomina napoleonica.
3- I mutamenti che si succedono sullo scacchiere della politica in Italia e a livello
internazionale, si riverberano ora immediatamente sulla città. A Venezia il 5 marzo
del 1800 viene eletto Papa il cardinal Gregorio Barnaba Chiaromonti, vescovo di
Imola, che assume il nome di Pio VII e rientra nello Stato Pontificio (senza aver
riottenuto i territori delle ex Legazioni dall’Imperatore d’Austria) dopo un viaggio
via mare sino a Pesaro, per poi proseguire per Roma, liberata dalle truppe napoletane,
non senza essersi prima fermato a pregare nel Santuario di Loreto. L’imperatore
austriaco per timore di manifestazioni di solidarietà popolare, gli ha vietato di
attraversare i territori delle ex Legazioni. In Francia Napoleone,dopo il colpo di Stato
del 18-19 Brumaio ( 1-2 novembre 1799), diviene Primo console e tre anni dopo
Console a vita, perseguendo l’obiettivo di chiudere i conflitti del periodo
rivoluzionario. Una ragione di conflitto interno era la Costituzione civile del clero che
aveva generato una situazione di scisma. Perciò, rafforzata con la vittoria di Marengo
la sua posizione al potere, Bonaparte prende contatto con il Papa per stringere un
concordato , firmato il 15 luglio 1801. Ma viene poi subito contestato dal Papa stesso
per l’aggiunta arbitraria degli Articoli organici del culto cattolico,una sorta di
regolamento per l’attuazione del concordato, che di fatto sottoponevano al controllo
dello Stato tutta l’organizzazione della vita ecclesiastica, riducendo i membri del
clero al rango di pubblici funzionari stipendiati dal governo.
4-Il canonico Ottavio Zollio, in rappresentanza del vescovo Ferretti, e don Gaetano
Arducci in rappresentanza dei parroci, prendono parte alla Consulta di Lione che
elabora una nuova Costituzione alla repubblica dell’Italia settentrionale (26 gennaio
1801), chiamata ora Repubblica italiana. La costituzione ha un timbro fortemente
autoritario e classista (ad esempio il potere legislativo non può discutere e approvare
o respingere a scrutinio segreto i progetti di legge, gli elettori sono scelti su base
censitaria). Viene poi firmato (16 settembre 1803) un concordato per la recuperata
Repubblica Cisalpina in cui, all’articolo 1 , si stabilisce che la religione cattolica “è
la religione di stato”. Il trattato diminuisce il numero delle diocesi, stabilisce che i
vescovi vengano nominati dal governo, con riserva dell’Istituzione canonica da parte
del Papa, e che debbano giurare fedeltà nelle mani delle autorità civili ; viene anche
dichiarata la irrevocabilità della vendita dei beni nazionali. Un decreto applicativo del
vicepresidente della repubblica Giovanni Melzi d’Eril altera il senso del documento,
con restrizioni indubbiamente arbitrarie e non previste. Un successivo intervento di
Napoleone (8 luglio 1805), a integrazione del medesimo concordato, prevede la
soppressione di numerose parrocchie e di numerose congregazioni. A Rimini le
parrocchie devono passare da 22 a 6 ;vengono inoltre soppressi i monasteri di santa
Chiara, San Sebastiano e Santa Eufemia.
5- Nella Chiesa riminese questi cambiamenti sono vissuti in maniera ambivalente. Da
una parte si riconosce che il contesto politico è davvero cambiato rispetto al triennio
giacobino, con maggiori riconoscimenti nei confronti della Chiesa; dall’altra si teme
che Napoleone (come di fatto avverrà) persegua l’obiettivo di imporre sulla sua
egemonia sulla Chiesa. Il 18 maggio del 1804 assume il titolo di Imperatore ,il 2
dicembre dello stesso anno ha luogo la cerimonia di incoronazione in Notre-Dame,
alla presenza di Pio VII. Il vescovo Ferretti non poteva non prender parte
all’incoronazione di Napoleone come re d’Italia, il 26 maggio 1805. Parte perciò per
Milano molto affaticato, accompagnato dal canonico Zollio e da numerosi notabili
riminesi . Ottiene anche la facoltà di trasferire la cattedrale da Sant’Agostino al
tempio Malatestiano. Ma non toccherà a lui ridurre le parrocchie della città e riaprire
il Seminario. Muore infatti il 18 giugno 1806: la diocesi viene governata per poco
più di un anno dal vicario capitolare mons. Francesco Soleri. Il successore di mons.
Ferretti, il veronese mons Gualfardo Ridolfi, vescovo di nomina napoleonica il 18
settembre 1807, quando prende possesso della diocesi trasferisce la cattedrale nel
Tempio Malatestiano, riduce il numero delle parrocchie della città entro le mura,
riapre il Seminario e assiste all’incameramento da parte del regno d’Italia di gran
parte dei beni ecclesiastici delle parrocchie soppresse. Nel frattempo le vicende
militari dell’Impero napoleonico esigono continue contribuzioni e vedono la città e il
circondario estremamente impoveriti. Situazione che si aggraverà negli anni a venire.
BIBLIOGRAFIA:
1- G.Gattei, La Cisalpina,il periodo napoleonico e il proclama di Rimini, in
Storia illustrata di Rimini, a cura di P. Meldini e A.Turchini, Milano 1990.
2- L. Nardi, Cronotassi dei vescovi riminesi, Tipografia Albertini, Rimini 1813.
Contiene sintetici profili dei vescovi Ferretti e Ridolfi.
IV-L’ EPISCOPATO DI MONS GUALFARDO RIDOLFI E IL RITORNO DI PIO
VII (1807- 1814)
1- L’inizio dell’episcopato del Vescovo Gualfardo Ridolfi coincide dapprima con
l’apogeo del dominio napoleonico e con la caduta dell’Impero poi, e ne segue in parte
le sorti. Era stato nominato vescovo da Napoleone e ordinato solennemente a Milano
dal cardinal Antonio Codronchi, arcivescovo di Ravenna, allora molto ascoltato
dall’Imperatore stesso. Codronchi aveva fatto parte dei notabili convocati a Lione nel
1801 ed era stato uno degli artefici del nuovo concordato della repubblica Cisalpina :
era riuscito a far inserire all’articolo I la dichiarazione “La religione Cattolica
Apostolica Romana è la religione dello Stato”. In cambio parlò in pubblico, dopo la
promulgazione delle Leggi organiche riguardanti il clero ( volute da Melzi d’Eril)
che i vescovi ritenevano non potersi accogliere senza il consenso del Papa, di fatto
avallandole. Era stato poi nominato grande elemosiniere del Regno d’Italia, cavaliere
della corona di ferro,conte del regno. Pubblicò frequentemente editti e lettere
pastorali, di sostanziale consenso alla politica ecclesiastica del regime, che ebbero
grande diffusione sulla stampa napoleonica, ma non furono di gradimento a Pio VII e
al segretario di Stato, il cardinal Consalvi.
2- A Rimini si avvertono immediatamente gli effetti della politica ecclesiastica di
Napoleone che tende a subordinare la Chiesa alla sua politica di potenza e ad
instaurare un regime politico autoritario su basi plebiscitarie. Il vice-prefetto Luigi
Pani, d’accordo con il vescovo Ridolfi, dà luogo alla liquidazione delle confraternite
(di cui si è già parlato) .Viene inoltre introdotto il cosiddetto Catechismo imperiale.
In Francia era stato distribuito ai parroci nel 1806 . Il testo prescriveva tra l’altro,
come doveri del buon cristiano, l’obbedienza all’Imperatore, il pagamento delle
imposte e la sottomissione alla coscrizione militare. Come aveva chiarito in una
lettera a Pio VII del 13 febbraio 1806, Napoleone con ruvida efficacia definiva in
questo modo il ruolo della Chiesa e del Pontefice nel suo sistema politico: “ Vostra
Santità è il sovrano di Roma, ma io ne sono l’imperatore, tutti i miei nemici devono
essere vostri”.
3- L’introduzione obbligatoria del Catechismo imperiale rende più profonda la
frattura nel clero riminese, diviso in due gruppi capeggiati rispettivamente da don
Ottaviano Nani, parroco di Santa Colomba (favorevole al Catechismo Imperiale) e
da don Carlo Joli, parroco di S. Simone e Giuda, il quale sostiene essere il vero
catechismo solo quello redatto dal cardinal Bellarmino, rispettoso dei dettati del
Concilio tridentino. La diatriba ha dei risvolti politici: a don Joli, considerato un
avversario del regime, viene proibito di parlare in pubblico, anche se le proteste
popolari spingono poi le autorità civili a togliere il divieto poco tempo dopo.
4- Suscita poi malumori diffusi l’accoglienza fatta dalla Chiesa riminese, al viceré
Eugenio di Behaurnais di passaggio a Rimini, al ritorno dalla visita alle province
annesse al regno italico dalle truppe napoleoniche . Per ordine delle autorità civili , il
2 di agosto 1808 , i “parrochi delle Chiese, innanzi ai quali egli passava lunga la
strada centrale, stando sul limitare delle porte delle medesime con gli abiti sacri…lo
incensavano”. I malumori crescono a seguito di un altro episodio. La difficile
campagna dell’armata napoleonica nella penisola iberica, a partire dal 1808,
impegnata più che mai a combattere su due fronti , assorbe quote crescenti di uomini
e di risorse finanziarie, contribuendo all’indebolimento dell’Impero. Quasi con spirito
di rivalsa su degli incolpevoli, vengono arrestati gli ex gesuiti spagnoli, accolti
generosamente in diocesi dopo la soppressione dell’ordine e distintisi sia negli studi
sia nell’ azione pastorale.
5- Più di tutto suscita risentimento , presso la maggior parte del clero e dei fedeli,
l’arresto di Pio VII , la sua deportazione a Savona (e in seguito, al castello di
Fontainebleu). A rendere irreparabile il dissidio tra il Papa e Napoleone è l’obbligo
imposto da questi di far rispettare rigidamente nello Stato Pontificio il Blocco
continentale contro l’Inghilterra. Alla risposta del Papa che rivendica la sovranità del
suo Stato e la libertas Ecclesiae , le truppe napoleoniche si muovono per occupare
militarmente, dopo le Marche, anche il restante territorio dello Stato, Roma
compresa. Con la bolla Quam memoranda Pio VII lancia la scomunica contro tutti
coloro che si sono resi colpevoli della violazione del patrimonio di San Pietro e delle
immunità ecclesiastiche. Napoleone reagisce alla sua maniera : il 6 luglio del 1809
le truppe francesi entrano nel palazzo del Quirinale e con la forza conducono Pio VII
prigioniero nel palazzo vescovile di Savona.
6- Dopo il disastro russo dell’armata napoleonica, cresce il malessere economico di
ampi strati di popolazione per effetto del Blocco continentale Il trascinarsi del
conflitto religioso e soprattutto l’opposizione di buona parte del clero , si rivelano un
potente fattore di disgregazione del regime, sia in Francia sia nel Regno d’Italia.
Falliti i tentativi di trovare una soluzione di compromesso con Pio VII, Napoleone si
convince della necessità di ottenere il pieno appoggio della Chiesa imperiale con
l’obiettivo di isolare il papa e costringerlo ad accettare una situazione di
compromesso. Delinea anche il progetto di fare di Parigi il centro religioso oltre che
politico dell’Impero. Di qui l’ordine perentorio al Sacro Collegio di trasferirsi a
Parigi (sul finire del 1810).
7- Sulla questione del divorzio da Josephine di Beauharnais, Napoleone ottiene che
la Chiesa imperiale si pronunci in senso favorevole alla sua volontà, con l’esclusione
di ogni competenza del papato. L’opposizione di 13 cardinali “neri”, si esprime con
la non partecipazione al matrimonio religioso con Maria Luigia d’Austria . Per
punizione vengono esiliati in varie città della provincia. Nel 1811 Napoleone
convoca un Concilio a Parigi rappresentativo della sola Chiesa imperiale, dal
momento che ad esso partecipano quasi esclusivamente prelati francesi e italiani. Tra
questi vi è il vescovo Ridolfi , accompagnato dal fido don Luigi Nardi, che
raggiunge a Parigi il suo mentore e ispiratore, il cardinal Codronchi. La
maggioranza dei vescovi, compreso il cardinal Fesch, zio di Napoleone, rifiuta l’idea
che il Concilio abbia una competenza assoluta sui temi in discussione, con
l’esclusione del papa. Si afferma insomma lo “spirito di Savona”: la figura del Papa
prigioniero acquista rilievo e consenso nelle masse cattoliche . Nemmeno il
raggiungimento di una nuova formula di compromesso, che richiede sempre
l’esplicito assenso del Papa, raggiunge il risultato di essere accettata . Alla fine del
1813 (dopo la battaglia di Lipsia), quando si preannuncia imminente la caduta
dell’impero, Napoleone libera il Papa che torna a Savona, per poi rientrare a Roma
attraverso il territorio delle ex Legazioni.
8- Rimini accoglie trionfalmente Pio VII. Come scrive il cronista Giangi: il Papa è
atteso “sulla piazza di S.Antonio, il 7 maggio 1814, da un magnifico arco trionfale
quadriface di struttura grandiosa…fatto dal nostro compatriota sig. Gaetano Gioia,
bravo pittore di genio”. Ci saranno ancora il colpo di coda dei cosiddetti “Cento
giorni” di Napoleone dopo l’abbandono dell’isola d’Elba , il ritorno a Rimini di
Murat con il noto proclama sull’ indipendenza d’Italia. La sconfitta di Napoleone a
Waterloo , la fucilazione di Gioacchino Murat e, infine, l’entrata a Rimini ( il 27
aprile 1815), dell’esercito austriaco, chiudono definitivamente la stagione francese e
aprono le porte all’età della restaurazione. Decisamente un’altra storia,anche per il
vescovo Gualfardo Ridolfi.
BIBLIOGRAFIA
L. Nardi, Cronotassi dei pastori della Santa Chiesa riminese, tipografia Albertini,
Rimini 1813 (l’opera è stata riedita da Luisè, Rimini 1995, a cura di G.L. Masetti
Zannini);
A. Varni, L’Emilia-Romagna nell’Italia napoleonica, in Storia dell’Emilia-Romagna,
a cura di A.Berselli, Bologna 1980.
C. Tonini, Compendio della storia di Rimini, II, Rimini 1896.