CONOSCIAMO STELLE E PIANETI 3A – Distanze nell`universo

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Conosciamo e osserviamo stelle e pianeti – Terzo incontro – 22/5/2013 Quanto è grande l’universo? # Titolo Appunti 1 Quanto è grande Le scorse volte abbiamo parlato dell’universo “vicino”: il Sistema Solare e le l’universo? stelle. Oggi faremo alcuni passi oltre, parlando dell’universo più remoto. Nel fare questo però partiremo di nuovo dal nostro circondario, allontanandoci sempre più, per farci un’idea delle distanze e di come l’universo è strutturato. 2 Il tempo‐luce Per misurare le distanze ci si può riferire al tempo usato per coprirle ad una certa velocità. Lo facciamo comunemente, ad esempio quando si va in montagna: i rifugi sono indicati a 1 ora, a 2 ore, ecc. di distanza (sottinteso: alla velocità dell’escursionista medio). Nello spazio le distanze sono così grandi che bisogna usare come termine di paragone la velocità della luce. Essa è elevatissima! Per capire quanto, confrontiamo con altre velocità più familiari. • La velocità media di Bolt nel record dei 100 m: 0,01 km/s; • Una formula uno (300 km/h) viaggia a meno di 0,1 km/s. • Un aereo di linea a 0,3 km/s, mentre il più veloce aereo ipersonico (X‐43, senza pilota) raggiunge i 3 km/s (due volte la velocità del suono). • Lo Shuttle in orbita bassa si muove a circa 8 km/s. Il più veloce oggetto costruito dall’uomo è la sonda Helios 2 che viaggia a 70 km/s. La velocità di queste sonde è molto più bassa di quella della luce, circa allo stesso modo in cui la velocità di una tartaruga è più bassa di quella di un aereo. • La velocità della Terra nel suo moto attorno al Sole è 30 km/s. Il tempo luce non è dunque un tempo, ma una distanza: la distanza che la luce percorre nel tempo considerato. Un secondo luce equivale a 300000 km. Un anno luce a circa 9400 miliardi di km. Immagini 3 Alla velocità della luce… 4 Alla velocità della luce… 5 Alla velocità della luce… 6 Alla velocità della luce… Per renderci ancora conto della velocità della luce: a quella velocità in un secondo si potrebbe: • Andare e tornare da Trento a Palermo 150 volte • Fare 7,5 giri della Terra all’equatore (il diametro della Terra è 4 centesimi di secondo luce) • Andare sulla Luna (circa; per la precisione sarebbe 1,3 s). La foto del sistema terra‐luna è stata scattata dalla sonda Mars Express in partenza per Marte. Le immagini nel momento del primo allunaggio arrivavano con poco più di 1 secondo di ritardo. La luce che parte dal Sole impiega 8 minuti e 20 secondi per raggiungere la Terra: si tratta di 500 secondi, contro 1 solo per la distanza Terra‐Luna. Questo fa capire quanto diverse siano queste 2 distanze! La distanza Terra‐
Sole viene anche usata come unità di misura per le distanze (nel Sistema Solare): si chiama Unità Astronomica (UA). E per gli altri corpi del Sistema Solare? Mercurio circa 3 min, Venere circa 6 min, Marte circa 13 min Giove 43 min, Saturno 1h20 min, Urano 2h20min, Nettuno 4h10 min Plutone: 5h7 min. E per raggiungere altre stelle? Proxima Centauri è, tra quelle conosciute, la stella più vicina a noi; si trova a circa 4,2 al e si sta avvicinando a noi. Si avvicinerà ancora per i prossimi 26700 anni, giungendo a una distanza da noi di 3,1 al. Si tratta di una nana rossa. Più piccola e più fredda (3000 K) del Sole, si vede dall’emisfero sud, ma non a occhio nudo (magnitudine 11). La differenza di distanza tra l’ultimo pianeta (anche se nano) e la stella più vicina è abissale: per rendersene conto basta pensare quante ore ci sono in un anno: 8760. Per raggiungere questa stella alla velocità delle attuali sonde si impiegherebbero circa 100000 anni. Con una sonda in grado di accelerare continuamente per tutto il viaggio sino a raggiungere il 30% della velocità della luce si potrebbe però ridurre il tempo fino a 100 anni. 7 Nei dintorni del Sole 8 La Galassia 9 Noi nella galassia Questa è una mappa della posizione delle stelle più vicine. Il Sole si trova al centro. La distanza che abbiamo visto per Proxima Centauri è una distanza tipica tra le stelle: visto che la dimensione di una stella come il Sole si aggira sui 5 secondi luce e la distanza tra le stelle sui 3‐4 anni luce, basta pensare quanti secondi ci sono in un anno (più di 30 milioni) per capire quanto spazio vuoto ci sia tra le stelle! La proporzione è la stessa di un palloncino rispetto alla Terra: due palloncini ai capi opposti della Terra sono come due stelle nello spazio interstellare. Per questo, anche se le stelle si muovono a decine di km/s è davvero molto difficile che si scontrino tra loro. Le stelle non sono sparse in modo omogeneo nello spazio. Sono invece “raggruppate” a formare le galassie. Sebbene abbiamo visto che gli spazi tra le stelle sono enormi, quelli tra i gruppi di stelle chiamati galassie sono ancora più grandi! Le galassie sono come isole popolate di stelle in un mare di vuoto, lo spazio intergalattico. Ad esempio tutte le stelle che vediamo nel cielo notturno fanno parte della nostra galassia, la Via Lattea. Anche se in un cielo buio da terra possiamo vedere ad occhio nudo alcune migliaia di stelle (3000‐4000), la nostra galassia ne contiene 200‐400 miliardi (esistono stime diverse perché non si conosce il numero esatto di stelle di piccola massa). Molte non le vediamo perché sono piccole, distanti, oscurate da nebulose, ecc. Molte di esse le vediamo formare nel cielo una debole scia biancastra: la Via Lattea. La parola Galassia deriva dal greco “Galaxias” che significa latteo. Quella scia non è altro che un grandissimo numero di stelle che non riusciamo a distinguere le une dalle altre, come invece possiamo fare per le vicine. Se usiamo un binocolo o un telescopio già ne possiamo vedere di più. Se le stelle fossero disposte tutto intorno a noi a formare una grande “palla” (una sfera) dovremo vedere questa “nebbiolina bianca” in tutte le direzioni. Il fatto che essa sia concentrata in una striscia ci dice come sono disposte le stelle. Esse formano un disco. Fra un momento parleremo più diffusamente della nostra galassia (e delle altre), per ora limitiamoci a “vedere” come apparirebbe se vista dall’esterno (immagine artistica). Tutta la luce è prodotta da miliardi e miliardi di stelle. Adesso continuiamo a concentrarci sulle distanze, poi parleremo della struttura delle galassie. Un raggio di luce che volesse attraversarla tutta impiegherebbe 100mila anni (dimensioni di circa 100000 al). La Galassia è enorme: se ne potessimo realizzare un modello in scala grande 130 km, il Sistema Solare sarebbe grande 2 millimetri. Quindi non ha molto senso distinguere tra la posizione della Terra e quella del Sole, rispetto all’enormità della Galassia. Noi ci identifichiamo quindi con la stella Sole. Ma qual è dunque la nostra posizione? 10 Le galassie Ci troviamo nel braccio di Orione (che è un braccio minore della Galassia) nella cosiddetta bolla locale (una zona che è grande circa 300 al nella quale la densità del mezzo interstellare, normalmente circa 1 atomo per cm3, è circa 10 volte minore, probabilmente a causa dell’esplosione passata di una SN, i cui resti sono identificabili nella pulsar Geminga, nella costellazione dei Gemelli). Un raggio di luce dovrebbe viaggiare circa 26000 anni per raggiungere il centro della Galassia. Qualche anno fa il telescopio spaziale è stato puntato su una zona che fino ad allora si riteneva oscura, vuota, e lasciato raccogliere luce con un tempo di posa di ore e ore (più di 42). Si trattava di una zona qualsiasi del cielo, che non aveva nulla di speciale e si trovava nell’orsa maggiore. Il risultato è stata un’immagine come questa: centinaia di galassie. Ogni punto di luce in questa foto è una galassia, formata da centinaia di migliaia o miliardi stelle. Nell’Hubble Deep Field sono state identificate 3000 galassie. Come non esiste solo il Sole, ma tante altre stelle, esistono tante altre galassie come la Via Lattea. Il fatto che esistano altre galassie non è così scontato: solo agli inizi del 1900 si è capito che esistevano altre galassie, non perché non si vedessero (erano chiamate nebulose a spirale), ma perché non si capiva se facessero parte della nostra Galassia o meno. Galassie come queste avrebbero potuto essere delle nubi di gas all’interno della Via Lattea, come molti credevano (1920: dibattito tra Shapley, che riteneva le nebulose spiraliformi interne alla nostra galassia, e Curtis, che le riteneva esterne per la grande velocità di recessione e la presenze di righe come le nostre nebulose oscure). Una delle galassie più facili da osservare (visibile anche ad occhio nudo, vedi foto) è la Galassia di Andromeda (perché si vede nella costellazione di Andromeda, ma non ha nulla a che fare con le stelle di quella costellazione). Alla discussione mise fine Edwin Hubble pochi anni dopo (1925), misurando la distanza di alcune di queste nebulose spiraliformi: era troppo grande perché potessero essere parte della nostra galassia. 11 Le galassie 12 Ammassi di galassie Come le stelle non sono disposte in maniera omogenea nello spazio, anche le galassie non lo sono, ma tendono a raggrupparsi. Ad esempio la Via Lattea appartiene al cosiddetto Gruppo Locale, del quale fa parte anche la Galassia di Andromeda, con la quale forma un sistema binario di galassie. La galassia di Andromeda dista 2,54 milioni di anni luce. Nel gruppo c’è anche la grande galassia del Triangolo, e poi ci sono delle galassie nane, più piccole, in tutto una cinquantina. Il nostro gruppo locale occupa una regione di spazio di circa 10 milioni di anni luce. Le galassie nane spesso sono satelliti delle galassie giganti. La Grande Nube di Magellano dista 157000 anni luce ed è una galassia nana, satellite della nostra. Si vede anche a occhio nudo dall’emisfero sud, insieme alla piccola Nube di Magellano, che dista 200000 anni luce. Si conoscono in totale 10 galassie nane satelliti della Via Lattea. Anche la galassia di Andromeda ha satelliti. Ci sono anche gruppi di galassie più grandi del Gruppo Locale, un esempio è l’ammasso della Vergine. Esso ha circa 2000 membri e il Gruppo Locale si sta avvicinando a questo ammasso a 200 km/s. La Galassia M87 è quella che domina questo ammasso. Questa immagine artistica mostra gli ammassi o gruppi di galassie del nostro circondario. Il Gruppo Locale dista dall’ammasso della Vergine circa 60 milioni di anni luce. Anche i gruppi e gli ammassi di galassie non sono disposti in modo uniforme nello spazio, ma tendono a raggrupparsi e formare superammassi di galassie (che non sono altro che gruppi di ammassi di galassie). Noi ad esempio ci troviamo nel Superammasso della Vergine, nel quale l’ammasso di galassie più grosso è quello della Vergine. Questo superammasso contiene circa 100 tra gruppi ed ammassi e ha la forma di un disco appiattito, del diametro di 200 milioni di anni luce. Sappiamo che il superammasso locale si muove a 600 km/s e sappiamo in che direzione, ma non sappiamo ancora bene cosa determini tale attrazione (probabilmente gioca un ruolo fondamentale la materia oscura). 13 Struttura gerarchica dell’universo Come abbiamo visto, l’universo è organizzato in modo gerarchico: oggetti più piccoli sono raccolti a formare oggetti via via più grandi. Possiamo anche andare a vedere come sono disposti i superammassi. Il superammasso più vicino a noi è quello della Coma, a 300 milioni di anni luce. Più lontano ci spingiamo, più è difficile osservare e soprattutto essere precisi nell’effettuare le misure di masse e distanze. Sono state fatte grandi “surveys” (esplorazioni) del cielo per vedere come sono disposti galassie, ammassi e superammassi. Facendo un grafico delle galassie in funzione della distanza (con al centro la nostra quindi) si vede che non c’è una disposizione uniforme, ma ci sono filamenti lungo i quali si dispone la materia e delle zone di vuoto. In questa ricostruzione lo si vede bene e si nota la Sloan Great Wall, un enorme raggruppamento lungo e stretto come una barriera, lungo 1,37 miliardi di anni luce. Questa è la più grande struttura conosciuta nell’universo. Ma quanto è grande l’universo? La maggior parte degli astrofisici pensa che sia infinito. Tuttavia esiste un limite alla parte osservabile, dato dal fatto che se la luce non ha avuto abbastanza tempo per raggiungerci non possiamo saperne nulla. Visto che si pensa che l’universo abbia 13,7 miliardi di anni, la parte osservabile per noi ha questa grandezza. Poiché l’espansione dell’universo può avvenire anche a velocità superiori a quella della luce, l’orizzonte originario dopo il Big Bang però (quello connesso causalmente con noi) è più lontano, si pensa a 47 miliardi di anni luce. Questa mappa è stata fatta grazie alle osservazioni del satellite 2Mass. Ogni puntino rappresenta una galassia, si vede che ci sono raggruppamenti e filamenti. I colori sono falsi e rispecchiano la distanza: le blu sono le più vicine, le rosse le più lontane, le verdi intermedie. Sono state mappate 1 milione e 600mila galassie. Notare che la vista è simile in tutte le direzioni. 14 Il Big Bang, e poi? Grazie allo studio del redshift si può osservare che le galassie si allontanano da noi (salvo quelle vicine, per le quali le forze gravitazionali sono molto forti). Si vede fra l’altro che le galassie più lontane si allontanano più velocemente (anche a velocità maggiori di quelle della luce), secondo la legge di Hubble. Come è possibile? Palloncino cosmologico o panettone che lievita. I modelli che descrivono l’universo sono basati sulla teoria della relatività generale di Einstein (anche se equazioni analoghe si possono ottenere dalla gravita di Newton). Attenzione: essi prevedono che sia lo spazio ad espandersi, non gli oggetti ad allontanarsi, come succede nel palloncino, dove si tira la gomma e i disegnini non hanno un loro moto proprio. Solo gli oggetti vicini non si allontanano tra loro, perché la forza di gravità li tiene vicini. In pratica l’evoluzione dell’universo è una continua lotta tra l’espansione dello spazio e la forza di gravità, che è attrattiva. Tornando all’espansione, se facciamo il ragionamento a ritroso, possiamo concludere che miliardi di anni fa erano più vicine. Al limite, andando abbastanza indietro nel tempo tutta la materia, la radiazione e l’energia che osserviamo dovevano essere concentrate in una regione estremamente piccola. Essa doveva essere estremamente densa e calda. Anzi, teoricamente questi valori dovevano essere infiniti, così come quello della pressione. Da questo stato estremo è nato l’universo che noi vediamo (ed anche di più) con un moto di espansione simile ad un’esplosione: di qui il nome Big Bang, grande scoppio. È comunque importante notare che le condizioni al momento del Big Bang erano così estreme che le leggi della fisica oggi note non sono più valide. Quindi noi non possiamo dire nulla sul Big Bang, rimane un punto ignoto (ci sono delle teorie che cercano di dire qualcosa, ma si tratta al momento di ipotesi speculative, nel senso che non sono verificabili: forse lo saranno in futuro, ma per il momento no). Si parla di singolarità iniziale. Tuttavia possiamo dire molto su ciò che è accaduto a partire da frazioni infinitesime di secondo dopo il Big Bang, quando temperatura e densità erano altissime, ma non più infinite. Parlando dei primissimi istanti, più ci allontaniamo temporalmente dal Big Bang e maggiore è il grado di affidabilità delle teorie. In particolare è stato possibile ricostruire la storia evolutiva dell’universo (ci sono ancora dei punti oscuri, ma a grandi linee essa è accettata da molti e si parla di modello standard). Oggi possiamo comunque dire con buona certezza che il Big Bang sia avvenuto 13,7 miliardi di anni fa, con incertezza di 200 milioni (Wmap). Quindi il primo universo era estremamente caldo e denso, tanto che non potevano esistere corpi, né molecole né atomi, né protoni e neutroni, ma solo energia. Le particelle di cui è fatta la materia che conosciamo sono comparse frazioni di secondo dopo, anche se sempre senza potersi unire tra loro. Gli astronomi ipotizzano nel primo periodo di vita dell’universo una fase di espansione velocissima, chiamata inflazione (si vede nel disegno che le dimensioni dell’universo aumentano molto più rapidamente in quella fase rispetto ad oggi). Essa è avvenuta dopo 10‐37 secondi ed ha ingrandito le piccole disomogeneità quantistiche dalle quali si sono poi formate stelle e galassie, perché la gravità ha fatto contrarre le regioni più dense. L’inflazione risolve alcuni problemi che altrimenti avrebbe il modello standard. Dopo 10‐6 secondi l’universo era composto delle particelle che conosciamo: fotoni, elettroni, barioni. A 379mila anni dopo il Big Bang, l’universo si era raffreddato fino a 3000 K e protoni ed elettroni poterono ricombinarsi formando idrogeno (e in misura minore elio). Nello stesso momento, circa 400000 anni dopo il Big Bang la densità dell’universo si era abbassata a tal punto che la luce poteva viaggiare liberamente in esso (disaccoppiamento tra materia e radiazione). Immaginate che in mezzo ad un gruppo di persone ammassate una accenda una piccola luce: i corpi delle persone bloccano questa luce, impendendo che essa esca e che le altre persone non immediatamente vicine la vedano. Se però lo spazio si espande e le persone si allontanano tra loro, quando si saranno allontanate abbastanza la luce non verrà più bloccata ed avrà tutto lo spazio per viaggiare tra una persona e l’altra. Questo è avvenuto per l’universo circa 400mila anni dopo il Big Bang. Questa radiazione si è diffusa in tutto lo spazio ed è in viaggio in esso, si è raffreddata fino a 2,7K (‐270°C) ma è oggi ancora osservabile e viene chiamata “Fondo cosmico di microonde” (CMB). Il suo studio è molto importante perché è la più antica fotografia dell’universo, ancora prima che si formassero stelle e pianeti e galassie. Ci permette ad esempio di misurare l’età dell’universo. Questa radiazione è molto uniforme (deviazioni di 1 su 100mila), ma non perfettamente a causa delle disomogeneità quantistiche amplificate dall’inflazione. Dopo l’importante momento del disaccoppiamento ci fu un periodo oscuro perché non c’erano ancora stelle: si pensa che le prime si formarono circa 400 milioni di anni dopo il Big Bang. Probabilmente erano molto grosse, anche 100 masse solari, e sicuramente erano fatte di idrogeno ed elio. Esse produssero i primi elementi pesanti esplodendo, da cui si formò la popolazione II di stelle, quella più antica e povera di metalli. In seguito si formarono le stelle di popolazione I come il Sole. Si formarono anche i pianeti, le galassie, gli ammassi di galassie, ecc. Siamo così giunti al tempo 15 Il destino dell’universo presente. Siamo in grado di dire quale sarà il destino dell’universo? Come detto, si tratta di una “lotta” tra l’espansione dello spazio e la forza di gravità, che tende a frenarla (anche perché in base alla relatività la presenza della materia influenza lo spazio, la sua forma e la sua dinamica). Più materia ed energia ci sono nello spazio, maggiore sarà la gravità. Poiché essa è attrattiva, la sua azione consiste nel frenare l’espansione. Il destino dell’universo dipende dunque da quanta energia e materia c’è: se tanta, l’espansione sarà frenata fino a fermarsi, per poi avere un collasso (big crunch); altrimenti continuerà in eterno e l’universo si raffredderà sempre più (big freeze) ma in tempi lunghissimi (ad esempio tutte le stelle si raffredderanno in centomila miliardi di anni e in un tempo ancora più lungo, 1065 anni, la materia diventerà un liquido allo zero assoluto). Esiste un valore limite della densità dell’universo che distingue tra questi due casi, chiamata densità critica: se la densità è uguale o minore a questo valore, l’espansione sarà eterna. Dallo studio del CMB (e da altri metodi) si può avere un confronto per i modelli di espansione dell’universo con la realtà: sembra dalle misure che la densità dell’universo sia uguale a quella critica e che quindi si dovrebbe concludere che l’espansione proseguirà in eterno, sebbene sempre più lentamente. Dallo stesso modello discende anche che l’universo è aperto e piatto, quindi infinito spazialmente. Abbiamo così un’idea di quanta materia‐
energia ci sia nell’universo. Il problema è che osservando le stelle e galassie visibili e tutto il gas sparso nello spazio si può stimare che rendano conto circa del 4% della materia‐
energia necessaria per raggiungere il valore critico detto. A cosa è dovuta l’altra materia? Sappiamo che c’è altra materia, ne vediamo gli effetti nello spazio a livello di attrazione gravitazionale, ma non la vediamo direttamente: si parla di materia oscura. Essa costituisce circa il 22% della materia‐energia che dovrebbe essere contenuta nell’universo. Ciò che resta (il 74% del totale) viene chiamato energia oscura (perché non si sa che forma di energia sia). Dagli anni ‘90 però, grazie a grafici simili a quello della legge di Hubble, si è scoperto che l’espansione dell’universo è accelerata. Dev’essere questa energia oscura che rende possibile l’accelerazione vincendo la forza di gravità, ma non si sa bene a cosa sia dovuta (ci sono delle ipotesi come costante cosmologica e quintessenza, ma entrambe hanno delle pecche non da poco). Si tratta di qualcosa di strano, perché dovrebbe avere pressione negativa. Qualunque sia la sua origine, il destino dell’universo dipende da 16 La misura delle distenze quanta ce n’è. Se fosse vero quello che crede oggi la maggior parte degli astronomi: l’espansione dell’universo sarebbe rappresentata dalla linea rossa, con un’accelerazione dell’espansione. Questo crea un nuovo scenario, detto Big Rip, nel quale i corpi celesti saranno letteralmente smembrati a causa dell’aumento della velocità di espansione, che avrà alla fine la meglio sulle forze gravitazionali ed elettriche. Questo grafico mostra gli altri scenari: big crunch in giallo, big freeze in verde e in blu. Quando guardiamo lontano, guardiamo anche lontano nel tempo! Se guardiamo una galassia lontana 2 miliardi di anni luce, la vediamo com’era 2 miliardi di anni fa. Quindi il viaggio che sembra di fare in questo video, andando lontano, è un viaggio nel tempo, dall’oggi indietro sino al Big Bang. Come facciamo a misurare le distanze enormi dello spazio? Abbiamo già visto un metodo, quello della parallasse: esso però è utilizzabile solo per gli oggetti più vicini, le stelle. Tutti gli altri metodi sono più complessi e meno precisi, ma sono utilizzabili anche per grandi distanze. Essenzialmente si basano sulla conoscenza delle caratteristiche intrinseche dell’oggetto che osservo, in particolare: • Dimensioni intrinseche (conoscendo le dimensioni intrinseche di una galassia e misurando quelle apparenti è possibile calcolare quanto l’oggetto è lontano. Questo metodo è molto soggetto ad imprecisioni, meglio il prossimo. • Luminosità intrinseca (misurando quella apparente, calcolo quanto è lontano). Per andare molto lontano ci vogliono oggetti molto brillanti e dalle proprietà molto uniformi. Essi sono le variabili cefeidi per le distanze intermedie (foto: galassia NGC4603: la scoperta di cefeidi in questa galassia ha permesso di misurare con precisione la sua distanza, che è di 108 milioni di anni luce. Siamo qui ai limiti delle possibilità delle cefeidi) CLICK e le SN Ia per le grandi distanze (cosmologia). In entrambi i casi i tipi di oggetti sono simili tra loro, quindi quando li riconosciamo sappiamo già la loro luminosità intrinseca. • Per le distanze ancora più grandi (le SN non sono visibili) c’è poi il metodo del redshift (spostamento verso il rosso degli spettri degli oggetti che si allontanano da noi). In base alla velocità di allontanamento si può risalire alla distanza (legge di Hubble); questo però implica di aver assunto un modello di universo. L’oggetto più distante mai osservato si trova a 13,2 miliardi di anni luce ed è una piccola e debole galassia formata da stelle blu e giovani. Si chiama UDFj 39546284. Si vede rossa a causa dello spostamento verso il rosso. È 500 milioni di volte più debole della più debole stella visibile ad occhio nudo. L’universo aveva solo 480 milioni di anni a quel tempo. 
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