Indice Editoriale ................................................................................................................................................................... pag. 3 di Cristina Negroni ........................................................ pag. 4 La rivoluzione copernicana e le variazioni Goldberg di Massimo Bartoli .................................................................................................. pag. 8 di Francesco Palla ................................ pag. 14 di Lucia Alessio ........................................................................................................................................................................... pag. 18 Le vetrate istoriate nell’architettura gotica di Fabio Sottili ..................................................................................... pag. 22 di Sandra Balsimelli ................................... pag. 28 di Silvio Biagi ............................................................................................................................................................................... pag. 31 di Paolo Boncinelli ................................................................................................... pag. 36 di Lorenzo Brandi e Antonio Restivo ....... pag. 43 di Alessandro Dei ....................................................................................................................................................................... pag. 47 1 Numero monografico a diffusione interna realizzato con il contributo di Gli studenti che con il loro impegno e la loro creatività hanno realizzato questo numero: Hanno collaborato a questo numero: Lucia Alessio Silvio Biagi Sandra Balsimelli Massimo Bartoli Paolo Boncinelli Lorenzo Brandi Alessandro Dei Cristina Negroni Francesco Palla Antonio Restivo Fabio Sottili Tecnolibri Distribuzione s.r.l. Via del Pratignone, 13/4 50019 Sesto Fiorentino (FI) Tel. 055.88.26.698 Fax 055.88.25.822 E-mail: [email protected] in copertina: foto di Sara Faeti La realizzazione grafica e l’impaginazione di questo numero sono state curate dagli studenti del Liceo Gobetti che hanno partecipato allo stage di formazione professionale. Coordinatore dello stage: Prof. Giovanni De Lorenzo Assistente tecnico: Teresa Santarelli Liceo Scientifico Statale “Piero Gobetti” Via Roma, 75/77 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze) tel. 055 6510035 - fax 055 6510107 [email protected] - www.lsgobetti.it 2 Filippo Bartolini Lorenzo Cappugi Elena Caramelli Claudia Cerbureanu Ilaria Esposito Sara Faeti Tommaso Fanetti Asia Giudici Dafina Krasniqi Sara Luckenbach Viola Mangiantini Susi Mannozzi Guia Martinelli Valentina Mikeli Elena Parrini Giulia Vestri Lucia Zagni 3a A 3a A 1a E 3a E 1a E 5a F 4a C 1a A 5a F 1a A 3a C 5a E 5a E 4a C 1a E 3a C 3a E Stampa: IT.COMM. S.r.l. - Via di Ripoli, 48-50r - Firenze Tel. 055 680648 Questa pubblicazione è stampata interamente su carta riciclata Cyclus Offset Polyedra. Editoriale Dopo la Luna, il Sole. La rivista “il Gobetti”, a seguito del numero dedicato alla Luna del 2010, torna a contemplare il cielo, procedendo sulla via tracciata a partire dal 2008, col numero monografico dedicato ai saperi scientifici, quando abbiamo sentito il desiderio di aprire la nostra rivista a una prospettiva pluridisciplinare. Ed eccoci proiettati nello spazio “vuoto”, rifiutato dagli antichi e oggi popolato di nuovi soli e nuovi mondi, alla fin fine, dunque, meno vuoto di quanto credevamo. Eccoci passare dalla mitologia alla cosmologia, dall’universo chiuso aristotelico alla fisica moderna, zigzagando tra poesia, astronomia, arte, storia e filosofia, come si conviene in quel grande laboratorio di saperi rappresentato dal Liceo. È inevitabile che il Sole, uno dei simboli universali di vita ed energia, sia stato fonte di ispirazione per molti: per la poesia religiosa di San Francesco; per i mirabili artefici delle vetrate, che ne hanno catturato i raggi al fine di evocare la presenza di Dio nelle cattedrali; per un filosofo utopista come Campanella, che aveva desiderio di rifondare i valori religiosi e politici della travagliata Europa del primo Seicento. Simbolo di regalità evocata nell’utopia del frate calabrese (che aveva creduto di vedere in Luigi XIV l’incarnazione del nuovo sovrano universale) esso diviene l’emblema del “Re Sole”, il sovrano assoluto par excellence, il quale, con metafora copernicana, vedeva se stesso come il Sole e la sua corte girare attorno a lui come i pianeti attorno alla loro stella. Non poteva mancare un accenno alla rivoluzione copernicana e galileiana, all’origine di quella svolta del pensiero occidentale che tanto potere ci ha dato nel dominare la natura, al prezzo, però, della rinuncia al posto privilegiato che l’uomo aveva fino a quel momento creduto di avere nel disegno dell’universo. Tale radicale trasformazione non poteva sfuggire a Leopardi, che dedica una delle sue mirabili Operette Morali al dialogo fantastico e ironico tra Copernico e il Sole. Forse altre rivoluzioni si annunciano: grazie alla possibilità di analizzare lo spettro della luce emessa dai corpi celesti è stato possibile conoscere la composizione ed evoluzione del nostro Sole, analizzando fenomeni come il vento solare; allo stesso modo è stato anche possibile individuare pianeti simili alla terra orbitanti attorno ad altre stelle. Su tale argomento gli studenti del Gobetti hanno avuto modo di seguire una conferenza del professore ordinario di astronomia dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Francesco Palla, che ci ha inoltre cortesemente concesso la possibilità di ospitare un suo articolo sui pianeti extrasolari. Infine il Sole è al centro di due esperienze che hanno coinvolto gli studenti del nostro Liceo: il progetto Verso una nuova era solare, in collaborazione con la Provincia, finalizzato al risparmio energetico e alla eventuale costruzione di un impianto fotovoltaico; la realizzazione di una meridiana, un sistema complesso e antico di misurare il tempo, che ha impegnato i ragazzi del triennio in calcoli e osservazioni astronomiche di grande interesse, facendo loro toccare con mano l’unità dei saperi e delle tecniche, obiettivo e fine della nostra scuola e della nostra rivista. La redazione 3 di Cristina Negroni Fratello o sorella sole? Come appare dalla breve citazione del titolo, San Francesco dà per scontata l’attribuzione al sole del genere maschile (messor lo frate sole), e poco più avanti di quello femminile alla luna, ma se andiamo più indietro nel tempo, specialmente nelle culture orientali (cfr. Egitto e Giappone) e nell’antica Germania (Sunna, Sunne e Frau Sunne, comunemente chiamate Sol) e nelle tradizioni scandinave, le divinità solari erano femminili, mentre quelle lunari erano maschili. Ma anche gli aborigeni australiani interpretavano l’eclissi di sole come l’unione tra la luna-uomo e il sole donna. Sembra addirittura che le divinità solari femminili siano più diffuse delle controparti maschili, le quali ultime si “normalizzano” nella tarda Grecia classica e nella tarda mitologia romana. Presso gli Aztechi il dio del Sole Huitzilopochtli – era celebrato con feste ed anche sacrifici umani, che erano ritenuti necessari per tenere l’astro in movimento. In Egitto il Faraone era visto come figlio del Sole, i moti del quale erano dovuti alla lotta fra l’anima del faraone e Osiride. Il culto del Sole tra mitologia, religione e storia L’importanza fondamentale del sole nella vita dell’uomo è nota fin dalla preistoria, come il famoso cerchio megalitico di Stonehenge ci testimonia, pur con tutti i misteri che ancora l’avvolgono. Pertanto non è strano che si abbiano documenti di culti del Sole in tutte le culture, in cui mito, religione e storia si mescolano, dandoci narrazioni spesso suggestive. Ragioni di spazio mi consentono solo un rapido excursus attraverso i più curiosi di questi racconti. 4 Ra, il dio egizio del sole Durante la quinta dinastia ebbe il massimo sviluppo il culto solare legato al dio Ra. Sotto la diciottesima dinastia il faraone Akhenaton, dopo un aspro scontro con il clero di Amon, promosse il passaggio ad una forma di monoteismo con il culto del dio Aton, la cui unica immagine era il Disco Solare, cioè un sole i cui raggi sono braccia terminanti con mani, alcune delle quali reggono l’ankh, simbolo della vita. Tale religione, tuttavia, non durò a lungo dopo la morte del faraone. Il dio del Sole in Grecia era Elio (figlio di Iperione e Teia ), raffigurato alla guida del carro del Sole, che ogni giorno sorgeva dall’Oceano per portare il sole nel cielo da oriente ad occidente. Il mito ci racconta poi che il figlio di Elio – Fetonte – ottenne dal padre il permesso di guidare il carro, ma i cavalli si imbizzarrirono e, prima, salirono senza controllo nella volta celeste e ne bruciarono una parte, dando origine alla Via Lattea; poi, precipitarono sulla terra in Libia, che diventò un deserto. La corsa di Fetonte fu interrotta da un fulmine di Zeus, che lo fece cadere vicino al fiume Eridano. A Roma il culto del Sole fu introdotto dall’Imperatore Eliogabalo, che lo importò dalla Siria, dove ne era sacerdote. Questo culto si fuse con quello locale del Sol Indiges prima, e nel IIIII secolo Sol Invictus. Aureliano se ne proclamò sacerdote e in questa veste guidava le celebrazioni della nascita del sole il 25 dicembre, quando i celebranti uscivano a mezzanotte dai santuari per annunciare che la Vergine aveva partorito il sole, raffigurato come un neonato. Questo momento del culto sembra essere alla base del Natale cristiano. Con l’imperatore Costantino fu stabilito che il “giorno del Sole”, cioè il settimo della settimana, fosse dedicato al riposo; successivamente, con Teodosio (383 d.C.), si passò dal Dies Solis al Dies Dominica, cioè giorno del Signore. Sol Invictus, il dio romano del sole. Il sole nell’immaginario popolare e la voce della scienza Se per la luna abbiamo una quantità di materiale che testimonia quanto, dai lontani tempi dei primi lunari ai giorni nostri, l’astro della notte sia considerato importante nell’organizzazione delle attività contadine e nei comportamenti umani, nonostante la scienza ne neghi qualsiasi legame con l’andamento del ciclo naturale, per il sole ci dobbiamo affidare soltanto a poche “pillole” di saggezza popolare, e anche queste non specificamente attinenti al mondo contadino. Anche per il sole, la scienza è abbastanza “impietosa” nell’ammettere una influenza determinante ; l’unica cosa verificata è che l’irraggiamento variabile con la stagione possa determinare cambiamenti di umore e meteopatia, mentre l’irraggiamento variabile con il ciclo solare (11 anni) determina cambiamenti di clima, tempeste magnetiche ed aurore boreali. È inoltre ipotizzato che esista una relazione tra l’attività del sole e le manifestazioni sismiche; infine, come la luna, il sole è responsabile del fenomeno delle maree. Tornando alle “pillole” di saggezza popolare, dobbiamo dire che la maggior parte dei detti legati al sole riguardano l’aspetto meteorologico, con il mese di marzo che la fa da protagonista: Marzo fiol de ‘na baldracca, un giorno piove, uno fa el sol e ‘n altro fioca; Marzo pazzarello, guarda il sole e prendi l’ombrello; Marzo sole e guazzo; “Sole di marzo cuocimi le natiche e non cuocermi altro”. Quest’ultima “invocazione” si riferisce ad un’usanza contadina di salire sul tetto di casa per voltare le spalle al sole mostrando solo quella parte del corpo nuda, declamando a voce alta la suddetta “preghiera”: il rituale sembra essere Stonhenge. Sede da millenni di celebrazioni del solstizio d’estate 5 necessario per abbronzare la pelle in modo non pericoloso, e per allontanare le malattie. Il dato comune degli altri detti “metereologici” è il potere del sole di essere determinante nel portare o meno la pioggia e anche la neve. In questo senso, famosa è la tiritera sulla Candelora, presente nella cultura di molte regioni italiane: Quando vi è la Candelora (2 febbraio) dall’inverno siamo fora... se c’è il sole e solicello siamo sempre a mezzo inverno... Interessanti perché riconducibili alle credenze e ai rituali relativi al solstizio d’estate, sono i due proverbi: Quando piove e c’è il sole, il diavolo fa all’amore, e quando piove col sole si pettinano le streghe. 6 Il solstizio d’estate e la notte di San Giovanni Un discorso a parte, e più documentato, va fatto per il solstizio d’estate (2122 giugno), cioè il giorno in cui il sole sembra fermarsi (da qui il nome), ed è più lungo della notte; per questo in tutte le civiltà del passato era considerato “magico”ed era accompagnato da apparizioni di folletti, maghi e streghe. Le feste solstiziali culminano nella notte di San Giovanni Battista ( 24 giugno), per cui esse acquisiscono una definizione di origine cristiana, legata al fatto che quel giorno cade esattamente sei mesi dopo il Natale. In epoca pre-cristiana si credeva che nel giorno del solstizio il sole (visto come fuoco) si sposasse con la luna (acqua): da ciò hanno origine i riti dei falò e della rugiada nella tradizione contadina e popolare; riti che sono continuati anche in epoca cristiana dato che fuoco ed acqua sono gli attributi di San Giovanni Battista “nell’esercizio delle sue funzioni”. I falò (presenti sia nelle civiltà europee che in Africa) venivano accesi sui dossi o in cima alle colline in onore del sole e con essi si incendiavano delle fascine che erano poi fatte rotolare lungo queste alture tra canti e grida. Nei falò si bruciavano cose vecchie perché il fumo tenesse lontani gli spiriti maligni e le streghe che, si diceva, in quei giorni erano in giro per cercare delle erbe (specialmente iperico, aglio, ruta e artemisia). Da qui l’uso di raccogliere le “erbe di San Giovanni” e portarne addosso dei mazzetti per tenere lontani gli spiriti e le streghe. A volte nel fuoco bruciava anche un fantoccio, che rappresentava la malasorte. Le varianti dei falò erano dei fuochi accesi agli incroci, o – come in Germania una ruota infuocata che era fatta rotolare fino al fiume, e se arrivava ancora ac- cesa nell’acqua, era un segnale di buon augurio. Dei fuochi e dei falò resta oggi una traccia negli spettacoli pirotecnici che, come a Firenze, chiudono le celebrazioni della festa di San Giovanni, patrono della città. La rugiada serviva a purificare e fecondare: nei paesi scandinavi se una donna voleva molti figli si sdraiava o si rotolava nuda sull’erba bagnata. Quando il sole scompare La scomparsa del sole durante la notte e la minore durata dei giorni in inverno è vissuta in molte culture come un “mistero” quasi sempre associato alla reclusione, all’esilio o alla morte. In Grecia, per esempio, il mito di Demetra e di sua figlia Persefone – probabile divinità solare – rapita da Ade, ci racconta che la dea, per vendicare questa scomparsa, scatena un du- rissimo interminabile inverno. In Egitto il dio Ra trascorre agli inferi ogni notte per garantirsi, con la sconfitta di Apep nell’oscurità, di poter sorgere ad est ogni mattina; ma anche nei culti di tutti i popoli indoeuropei la divinità del sole è vista in collegamento con gli Inferi. Nella mitologia giapponese la divinità solare Amaterasu è in lotta con il fratello Susanoo e si nasconde in una caverna, lasciando il mondo nell’oscurità fino a quando non decide di uscirne. Quanto all’eclissi, le spiegazioni che ne vengono date coincidono con quelle per l’eclisse lunare: si parla di un animale o di un essere mostruoso che tenta di divorare l’astro, e per spaventarlo e sconfiggerlo vengono prodotti rumori violenti. Nel mondo babilonese erano addirittura sette gli esseri malvagi che attaccavano il sole, per cui il fenomeno era vissuto con particolare terrore e sgomento. …. e quando non scompare Di magia in magia, facendo un balzo nelle regioni oltre il circolo polare, ci troviamo di fronte al sole che non scompare per giorni e giorni (il periodo varia a seconda delle latitudini): è il cosiddetto Sole di Mezzanotte. Lascio agli scienziati il compito di darne la spiegazione “tecnica”; a me piace evocare l’aspetto romantico del paesaggio creato dal fenomeno, e vorrei chiudere citando una credenza finlandese che identifica le “luci del nord” con scintille sulla pelliccia delle volpi: da qui il nome revontulet, ossia fuochi di volpi, con cui il Sole di Mezzanotte è comunemente chiamato. I fuochi di volpi, conosciuti anche come sole di mezzanotte. Qui sotto una serie di foto che ne mostra le varie fasi 7 HORROR VACUI La rivoluzione copernicana e le variazioni Goldberg di Massimo Bartoli “La verità è figlia del tempo non dell’autorità”. Così Francesco Bacone vissuto tra il 1561 e il 1626, filosofo e strenuo difensore della rivoluzione scientifica, sintetizza la sua fede nel metodo induttivo, quale strumento di ricerca scientifica e studio della meccanica della natura ed anche come, in fondo, nascostamente tra le pieghe del tempo, alberghi l’avvertimento che la giustezza delle cose travalichi spesso la fantasia e i desideri umani. Una notazione questa tipicamente filosofica e che accende da sempre un dibattito aperto e mai chiuso sui compiti e sulla natura della scienza la quale nella lettura del progresso umano sembra vivere di vita propria. Quasi che l’uomo nella continua indagine causale e meccanica delle cose, stabilisca con essa un percorso transitivo dal soggetto all’oggetto e viceversa. Insomma, sarebbe stata scoperta la Penicillina se non fosse esistito Alexander Fleming? O semplicemente il grande scienziato è arrivato prima degli altri. E se è così, forse 8 che la verità delle cose sia sempre stata a disposizione di tutti, ma per motivi a noi sconosciuti o inutili da conoscere, si riveli al mondo secondo una tempistica misteriosa? Un dibattito immenso come vedete e Una sfera armillare (nota anche come astrolabio sferico) è un modello della sfera celeste. se vogliamo insolubile. Terreno ideale per volare col pensiero in intriganti dispute di metafisica ma impervio e inaccessibile per il relativismo di oggi. Un relativismo dettato più dalle nuove teorie in campo matematico e fisico che non da una spontanea volontà umana. Che bisogno c’era di sapere se è il Sole a girare intorno alla terra o è la terra che gira intorno al Sole? Ma sull’utilità effettiva di essere a conoscenza e, quindi di avere la consapevolezza della reale meccanica dei pianeti, potremmo prendere in considerazione le conclusioni sbalorditive, ma quantomeno lucide e razionali di Sherlock Holmes, personaggio notoriamente intelligente ed acuto, il quale nella sua prima avventura da detective, Uno studio in rosso, ammette senza nessun imbarazzo di non essere a conoscenza dell’universo di Copernico lasciando come prevedibile il suo fido amico Watson di stucco. “Ma si tratta dell’universo!” - insiste Watson. E la risposta di Sherlock Holmes fa onore alla logica più pura così com’è, giustappunto, ‘elementare’. “Il nostro Mappa di Eratostene cervello caro Watson non è una soffitta dove gettare di tutto alla rinfusa, senza un criterio” - più o meno queste le sue parole - “perché poi risulta difficile e quasi impossibile ritrovare quello che ci serve in quel momento. Molto meglio ordinare tutto il materiale e fare a meno di nozioni superflue che mai ti potran- Niccolò Copernico no veramente essere di aiuto. Lei dice che giriamo intorno al sole, bene… Ma per quanto mi riguarda potremmo girare intorno alla luna e sarebbe la stessa cosa.” La stessa cosa dunque, e come potergli dare torto. Ma allora perché, verrebbe da chiedersi, perché l’uomo da sempre ha cercato di scoprire la reale forma e meccanica dell’universo?. Voi sapete cari lettori, come già le civiltà antiche dei Sumeri, dei Babilonesi, degli Assiri e degli Egiziani, avessero maturato notevoli conoscenze astronomiche messe a frutto con lunghi e metodici periodi di osservazione. Tuttavia l’aspetto magico e soprannaturale ha sempre avuto il sopravvento nell’interpretazione del mondo così che gli eventi naturali erano risolti attraverso quello che chiamiamo animismo. È invece con l’avvento della civiltà Greca che viene proposta una lettura della realtà fondata su presupposti logico-razionali. Per quasi duemila anni il mondo è stato spiegato dalla cosmologia AristotelicaTolemaica con la terra al centro dell’universo e intorno ad essa i pianeti traspor- tati da sfere invisibili all’occhio umano oltre alle sfere delle stelle fisse. L’ingegno umano tocca vertici altissimi in questi anni ed uno di questi vertici è senz’altro Eratostene di Cirene, matematico Greco, mi piace citarlo, che nel III secolo avanti cristo riuscì a calcolare con un errore irrisorio il diametro della terra usando semplicemente l’ombra di un bastone. Possiamo ben dire che la fantasia e la matematica scorrazzavano come bambini in un parco giochi dove il parco giochi è il mondo intero e dove tutto era ancora da conoscere. Perciò continue osservazioni avevano portato Tolomeo a riprendere i lavori e le conoscenze astronomiche del mondo greco per elaborare una delle più complesse e affascinanti cosmologie. Tutto naturalmente girava intorno alla terra come già detto, ma per spiegare le evidenti anomalie di calcolo sulle orbite dei pianeti, Tolomeo, convinto assolutamente che i pianeti non potessero che percorrere orbite circolari data la perfezione dell’universo, strutturò una teoria secondo la quale i pianeti oltre alla loro con 9 Galileo Galilei sueta orbita compissero una seconda orbita, epiciclo, che aveva il suo centro sulla circonferenza dell’orbita di raggio maggiore intorno alla terra. Una danza come dire, che prima ancora di spiegare la meccanica celeste dava soddisfazione di un bisogno estetico e geometrico che gli antichi avvertivano nella contemplazione dell’universo come peraltro nella composizione architettonica. Il cosmo di Tolomeo e quello di Aristotele è quindi un cosmo a misura d’uomo e a misura della sua propensione all’armonia. È un cosmo finito dove ogni sua parte è in equilibrio con l’altra e dove la materia la fa da padrona. La natura infatti per Aristotele aborre il vuoto ed è con quest’ultimo concetto che possiamo meglio capire come l’universo degli antichi rispecchi in fondo la fragilità umana. Nondimeno questa paura del vuoto perché simbolo di imperfezione, questa costrizione del mondo in un universo finito e perfetto, ebbe come risultato quello di scatenare la mente umana in teorie e congetture di altissimo livello formale. E non solo, il sistema Tolemaico aveva nonostante tutto i caratteri della coerenza e della compiutezza tali da permettere, ed è questa la ragione della sua lunghissima esistenza, previsioni molto precise sulla posizione dei 10 pianeti. Così che le cosmologie antiche sono innanzi tutto dei veri e propri poemi la cui metrica ferrea non impedì ma anzi finì per favorire la costruzione di mondi e di percorsi impensabili che traggono il loro motivo di essere dalla stessa logica con cui sono stati pensati e costruiti. E quindi, al pari dei grandi poemi come ad esempio la Divina Commedia il cui universo è giustappunto quello Aristotelico - Tolemaico, le grandi cosmologie antiche si giustificano per il loro rigore formale attraverso il quale la mente umana poteva esplorare in assoluta libertà lo spazio e l’essenza stessa delle cose. Naturalmente questa libertà era dovuta all’assioma che la terra fosse ferma e che fosse il centro dell’universo, e dunque la ricerca era confinata a ricercare i meccanismi attraverso i quali questo universo funzionava. Cosicché dinanzi alle innumerevoli anomalie che per forza di cose il cammino dei pianeti presenta all’osservatore, questi non faceva altro che aggiungere altre conclusioni che giustificassero quella anomalia. Capirete cari lettori, che seppure la mente umana poté in quegli anni svettare per le cime più alte dell’ingegno pur di rendere plausibile la teoria della terra al centro di tutto, le continue revisioni e postille apportate ad un testo errato in partenza non fecero altro che appesantirlo a dismisura fino a farlo cadere sotto il suo stesso peso. Tuttavia lo stesso Niccolò Copernico, 1473 – 1543, fu molto attento a non abbandonare del tutto la visione aristotelica dell’universo rimanendo ancorato alle tesi fondamentali come la sfericità e finitezza dell’universo e giustificando l’immobilità del sole con la sua natura divina. Ma seppure le capacità predittive dei due sistemi fossero sostanzialmente equivalenti dato che anche Copernico era convinto delle orbite circolari dei pianeti, gli sviluppi che gli assunti fondamentali della teoria Copernicana hanno avuto sulla storia del pensiero, sulla storia della scienza e sulla storia della civiltà tutta sono enormi e di fatto, come lo stesso Copernico si aspettava e temeva forse, niente sarebbe stato più come prima dopo la pubblicazione del suo ‘De Rivolutionibus Orbium’, che perciò fece attendere fino all’ultimo anno della sua vita. In esso come sapete oltre l’aver posto la terra in circolo con gli altri pianeti allora conosciuti intorno al sole, visione già questa sconvolgente per le conseguenze non tanto strettamente scientifiche ma teologiche e filosofiche, sempre al suo interno Copernico gettava le basi per ulteriori scoperte di cui lui stesso proba- Giovanni Keplero La visione Tolemaica del cosmo bilmente non si sarebbe atteso o ne nutriva la segreta speranza. La semplice perfezione con la quale si disegnava il cammino planetario, ricordiamo ancora che secondo Copernico i pianeti si muovevano di moto circolare uniforme, suggeriva infatti correzioni ed estensioni della teoria che immancabilmente arrivarono. Galileo Galilei col suo cannocchiale produsse le prime prove scientifiche dell’esattezza della teoria copernicana scoprendo i satelliti di Giove, segno evidente che l’universo non gira solamente intorno alla terra. Dunque l’uomo non era più il centro dell’universo ma era soltanto un essere vivente sperduto su un frammento di roccia che vaga nello spazio. Come farà Dio a ritrovarlo? E neppure di moto circolare uniforme poi, come comprese Johannes Kepler o Giovanni Keplero come dir si voglia, 1571 – 1630, matematico, astronomo e musicista tedesco. Ed è proprio la dimestichezza con le simmetrie che convinse Keplero a ricercare una armonia geometrica e musicale nella meccanica dell’universo. Keplero è convinto del rapporto reciproco tra le orbite dei pianeti e concepisce che l’universo sia stato creato seguendo il modello dei cinque solidi perfetti o platonici, il tetraedro, l’ottaedro, il cubo, l’icosaedro, e il dodecaedro, i soli a poter essere iscritti o circoscritti ad una sfera. Ora, poiché i pianeti erano diventati sei essendo la terra un pianeta al pari degli altri conosciuti, le distanze che li separavano erano cinque e le loro orbite non erano che le circonferenze massime delle sfere contenute nei cin- que solidi. Keplero, uno dei più grandi scienziati della storia umana, è anche terra di confine dove la scienza bene si accorda al desiderio di perfezione e di armonia. Tantomeno questa perfezione venne intaccata con la sua esatta figurazione delle orbite planetarie, facendo intendere che l’ellisse e non il cerchio era la figura che dominava l’universo. La musica dell’universo che doveva guidare i grandi movimenti celesti e che pure secondo quanto raccolto in infinite pagine di matematica risultava esserci, ne fa l’ultimo dei grandi mistici, un grande osservatore della natura convinto che per quanto è possibile, spetti all’uomo sondare i principi creativi di Dio e studiarne il linguaggio, chiaramente, essenzialmente matematico. 11 Isaac Newton In ogni caso apparve subito chiaro che il lessico divino ben poco si occupava della Terra ma la poneva anch’essa in uno stato di perenne equilibrio e simmetria. E parte di un tutto, nel quale la legge della gravitazione universale, con la quale Isaac Newton 1643 – 1727 descriveva il movimento dei pianeti creando di fatto i fondamentali della meccanica classica, la faceva da padrona. Il Cosmo dunque era governato da forze fisiche legate alla massa dei pianeti in relazione alla loro distanza. E’ interessante notare a questo punto, come l’idea dell’infinità dell’universo non sia più relegata alla filosofia e alle dispute metafisiche ma inizi ad essere dibattuta in ambito scientifico ed anzi, ritenuta necessaria e conseguente alla luce delle nuove scoperte. D’altro canto, è pure interessante notare come questa necessità sia in realtà stata sofferta dall’uomo. Man mano che la conoscenza allargava i propri confini l’uomo ve12 deva restringersi il proprio spazio. Tutto si muove e tutto si trasforma senza sosta e la verità, figlia del tempo, appariva sempre più come una verità relativa. Del resto già Galileo Galilei aveva di fatto limitato le leggi della fisica ai sistemi di riferimento inerziali. Come dire che l’unico vero giudice adesso è l’uomo, che può trarre forza dalla sua stessa debolezza per emanciparsi e navigare in autonomia nel mare infinito dell’esistenza. I lettori vorrei tanto avessero inteso allora il senso sotteso di questo mio scritto. Sapranno in ogni caso il carattere monografico di questa rivista e la domanda che è nata nel dibattere l’argomento, il Sole come sapete, è stata da parte mia quella di ca- viene da chiedersi. E quel salto fuori dal nido, non è un po’ come l’abbandono dell’infanzia per gettarsi felici e orgogliosi sulle prime, nel mondo adulto?. Come già detto all’inizio di questo mio la ricerca scientifica, il progresso insomma, come la vita umana sembra seguire la freccia del tempo. O per meglio dire la legge dell’entropia secondo la quale in un sistema isolato il grado di disordine aumenta col trascorrere del tempo. E non solo, ma che questo processo è anche un processo irreversibile perché segue appunto la direzione degli eventi. I sistemi insomma compreso l’uomo così come i complessi sociali sembrano procedere nella loro storia verso gradi di complessità sempre maggiori e questa complessità porta con se un insieme di problemi correlati. Nell’uomo ad esempio possiamo far riferimento alle fasi turbolente della crescita con il passaggio dall’età infantile all’età adulta. Un passaggio questo necessario e inevitabile, tanto desiderato da giovane e tanto rimpianto da vecchio. Come sapete è questo un crocevia fondamentale nella vita di una persona dove prendiamo coscienza di noi stessi e dove prendiamo “La verità è figlia del tempo non dell’autorità” pire se la rivoluzione copernicana, quella breccia aperta sull’infinito e che ha stravolto l’ottica e i capisaldi dogmatici della natura umana, quel volo fuori dal nido che l’uomo avrebbe intrapreso dopo di essa, non lo abbia in realtà reso più infelice seppure sia opinione diffusa l’esatto contrario. L’evoluzione scientifica e tecnologica percorsa dalla umanità nel corso dei secoli a ben vedere può essere benissimo paragonata alle fasi della vita di un solo uomo. E dunque a quale stato di crescita se paragonata al vissuto dell’individuo si trovava la civiltà all’epoca di Copernico coscienza di essere vittime e giudici del nostro destino. Tuttavia negli anni, viene da chiedersi se le mete tanto sospirate; il lavoro, la famiglia, la carriera. I soldi!, seppure raggiunte non ti abbiano in realtà reso più schiavo e non proprio felice come sarebbe stato lecito aspettarsi. Così, cari lettori, possiamo bene per quanto scritto, ritenere plausibile l’dea peraltro portata avanti anche da Freud e non solo, che l’uomo abbia pagato un prezzo molto alto alla conoscenza. L’universo copernicano e in seguito tutto ciò che da questa teoria ne è derivato in termini di scoperte e presa visione del reale andamento della meccanica celeste, se da una parte ha esteso gli orizzonti non solamente fisici ma concettuali trasportando l’uomo nelle più lontane zone del cosmo come tra le nascoste realtà delle particelle subatomiche, dall’altra lo ha messo dinanzi alla sua esistenza fugace e cosa peggiore alla estraneità della natura al destino umano. Al rincuorante cosmo di Tolomeo e di Aristotele dove tutto era perfetto e finito e tale che la mente umana poteva abbracciarlo e pensarlo nella sua totalità, l’uomo, adesso, contrappone un universo infinito e se non infinito immenso nel quale non esiste un centro e la terra compreso il nostro sole non è che una parte periferica e infinitesimale. La civiltà figlia di Copernico si confronta sì con l’assenza di punti di riferimento assoluti ma pur tuttavia anche con una realtà dove le leggi della fisica valgono per tutti i possibili sistemi di riferimento, inerziali, e dove il tempo, perfino lui, non è assoluto ma relativo come dice Einstein e in più legato a stretto giro con lo spazio. Un cosmo perciò molto più complesso Illustrazione della storia dell’Universo quello riscritto da Copernico e quello poi che da questo ne è scaturito e che si è dilatato a dismisura per coprire distanze incontenibili dalla mente umana. Un cosmo altresì ancora in formazione secondo la teoria del Big Bang e che si espande ancora sospinto da quella primigenia esplosione avvenuta quattordici miliardi di anni fa. Ed è proprio dopo quell’antico boato che tutto si è venuto a creare compresa la direzione del tempo che seppure pieghi e rallenti, sempre Einstein appunto, come lo spazio in prossimità di masse gravitazionali, procede comunque e non si ferma mai; ahimè. Ma, cari lettori, mi chiedo a questo punto se davvero la realtà di Copernico sia più complessa di quella di Tolomeo o se invece sia solamente diversa, sempre restando nella teoria della Relatività. Immaginare e costruire cattedrali cosmologiche intorno all’uomo per giustificare la sua centralità, non è forse cosa più semplice che scrivere ad esempio la legge della gravitazione universale. La prima, è il trionfo dell’intelletto e dell’immaginativa, un fare onore all’uomo solo dinanzi al cosmo quale titolare di logica e di armonia. Mentre la seconda è il gesto di umiltà dell’uomo che osserva e non interpreta. E’ l’individuo che si pone in ascolto del vero linguaggio della natura la quale nel suo perenne incedere ben poco o niente pare occuparsi del destino umano ma se non altro, permette a questo animaletto dolce e gentile (anche se ci sarebbe da discutere) di essere spettatore e lettore del misterioso spartito delle cose. Una partitura che la ricerca scientifica nei secoli dopo Copernico ha man mano tradotto così da permettere a l’uomo di interpretare le reali armonie del cosmo. Armonie che non sono propriamente quelle credute o sperate dall’uomo prima della rivoluzione copernicana ed è qui la differenza fondamentale. La logica degli antichi pensava di essere depositaria della grammatica divina mentre dopo “quel volo fuori dal nido”, si è inteso che l’uomo non è che un piccolo essere che vaga sperduto su un frammento di roccia in uno spazio infinito. Si è inteso che la logica di Dio, o semplicemente la logica di tutto, se esiste, non è terreno accessibile alla mente umana alla quale resta soltanto la ricerca scientifica per poter sondare non già le ragioni ma il meccanismo attraverso il quale questa ‘logica’ agisce. “La verità è figlia del tempo non dell’autorità”, e dunque se un giorno la ricerca scientifica riuscirà a tradurre il misterioso spartito dell’universo non è da dubitare il fatto che forse, a ben vedere, le orbite dei pianeti, il nostro Sole, le galassie. Concetti come spazio-tempo, relatività ristretta o generale. Categorie mentali quali infinito o finitezza dell’infinito. Per non parlare delle sterminate realtà biologiche, del misterioso comportamento delle particelle sub-atomiche rilevato dalla meccanica quantistica e perché no, delle tante morfologie della razza umana, in fondo, risultino essere infinite varianti di uno stesso tema: La vita, semplice e perfetta che si dipana nei suoi mille e mille rivoli ripetendosi senza mai essere uguale come un frattale; come le variazioni Goldberg di Bach. 13 Altri soli, altri sistemi planetari di Francesco Palla INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri Firenze, Italia Introduzione Sino a pochissimo tempo fa l’uomo ha potuto parlare del proprio sistema solare come l’unico esempio certo della presenza di pianeti in orbita intorno ad una stella, nel nostro caso il Sole. Benchè idee, ipotesi, teorie e modelli non siano mancati nel passato, oggi viviamo un’epoca particolarmente fortunata in quanto alla domanda “Esistono altri sistemi planetari e altre terre al di fuori del nostro?” possiamo rispondere in maniera sperimentale e affermativa. Da poco più di quindici anni la caccia a nuovi pianeti e sistemi planetari è diventata una delle attività più eccitanti e competitive dell’astronomia. Ad oggi, 23 dicembre 2011, sono stati identificati 716 pianeti in circa 550 sistemi planetari. 14 È sicuro che questo numero sarà largamente superato non appena i risultati finali della missione Kepler verranno resi noti nei prossimi mesi. Ormai è una certezza: i pianeti sono altrettanto comuni delle stelle e, probabilmente, nella nostra Galassia ce ne sono in numero superiore a quello delle stelle. E siccome la Via Lattea non è che una tra le tantissime galassie che popolano l’Universo, possiamo ragionevolmente estrapolare che questo pulluli di pianeti. Quanti di questi pianeti siano abitabili e possano ospitare, o lo abbiano fatto nel passato, la vita – in particolare, quella intelligente – è una questione ancora irrisolta, ma al centro delle ricerche del futuro. Dove cercare i pianeti extra-solari? Prima di parlare dei pianeti, è necessario introdurre alcuni concetti di base sulle stelle. I pianeti sono il risultato dello stesso processo fisico che porta alla formazione di stelle: quindi per cercarli in maniera ragionevole bisogna conoscere le proprietà più rilevanti delle stelle. Innanzitutto, le stelle non sono tutte uguali. Già ad occhio nudo ci accorgiamo che esse hanno colori leggermente diversi le une dalle altre. A questi colori corrispondono temperature superficiali differenti: nel caso del Sole la temperatura fotosferica è di 5800 K, ma esistono stelle molto più calde (fino a 40000 K) e più fredde (2500-3000 K). La grandezza fisica che determina tutte le proprietà stellari è la massa. Per comodità prendiamo come unità di misura quella del Sole. Rispetto a questa, alle stelle più calde corrispondono masse 40-50 volte maggiori del Sole – la massa massima che una stella può avere rimanendo in equilibrio tra forza di gravità e energiaa nucleare è di circa 120 masse solari. All’altro estremo della scala, la massa minima perché una stella possa innescare le reazioni di bruciamento dell’idrogeno è di 0.08 masse solari – un valore preciso determinato dalla fisica nucleare. Oggetti più piccoli possono esistere, sono chiamate nane brune, ma dopo la loro formazione sono destinate ad un lento processo di contrazione durante il quale la luminosità decresce progressivamente fino a spegnersi del tutto. Il Sole dunque è una stella media: né piccola, né grande. Le osservazioni fatte nella Via Lattea e nelle altre galassie hanno evidenziato che le stelle più frequenti sono quelle più piccole e meno luminose, mentre quelle brillanti e molto massicce sono rarissime. Questo è un risultato opposto all’esperienza diretta dell’osservazione del cielo ad occhio nudo dove sembra che le stelle più numerose siano quelle più brillanti. La legge con cui si distribuiscono le masse stellari è mostrata in Figura 1. Essa ha una forma particolare: è praticamente costante nell’intervallo tra 0.1 e 0.5 masse solari e poi decresce rapidamente all’aumentare della massa stellare. Al punto che la probabilità di trovare una stella dieci volte più massiccia del Sole è circa mille volte minore. Come si vede dalla figura, il Sole non è una stella particolarmente tipica. Un altro fatto importante è che la durata di vita non è la stessa per stelle di massa diversa. Quelle più piccole sono le più longeve (decine o centinaia di miliardi di anni), mentre le brillanti comple- Figura 1: La distribuzione delle masse stellari. Il grafico mostra la variazione del numero osservato di stelle in funzione della massa stellare (in unità della massa del Sole). Le stelle più numerose sono quelle di massa piccola, mentre quelle massicce sono molto più rare. 15 tano il ciclo nucleare in pochi milioni di anni. Il tempo di vita di una stella dipende dalla rapidità con cui viene bruciato l’idrogeno (l’elemento più abbondante nell’universo) dalle reazioni nucleari. L’energia prodotta da una stella è proporzionale alla sua massa (attraverso la famosa relazione di Einstein) E~M. La luminosità non è altro che la variazione dell’energia nell’unità di tempo e, empiricamente, aumenta molto rapidamente al variare della massa: L~M4. Quindi, il tempo di vita è pari a t=E/L~M-3, cioè dimi- nuisce con l’inverso del cubo della massa. Per il Sole, la vita è di circa 10 miliardi di anni, mentre una stella quindici volte più massiccia esaurisce l’idrogeno in appena 15 milioni di anni. Al contrario, una stella di massa pari a metà del Sole può continuare a emettere radiazione per circa 200 miliardi di anni e stelle più piccole ancora più a lungo. Consideriamo ora i pianeti. Sappiamo che la loro formazione richiede tempi che vanno dalle decine di milioni di anni per i pia- neti rocciosi di tipo terrestre a circa cento di milioni di anni per i giganti gassosi, come Giove. Se una stella vive troppo poco, come nel caso delle stelle massicce, è improbabile che ci sia abbastanza tempo per la formazione di un sistema planetario stabile. Quindi, volendo cercare i pianeti e i sistemi planetari attorno ad altre stelle, non si devono selezionare le stelle brillanti, che però sono le più facili da osservare anche a grandi distanze. Quelle favorite sono le stelle più piccole del Sole, ma proprio a causa del- Figura 2. La fascia di abitabilità per stelle di massa diversa: dal Sole (in alto) ad una stella nana rossa (Gliese 581) di sole 0.3 masse solari. La zona più chiara indica la regione in cui l’acqua si può trovare in fase liquida. La distanza della fascia di abitabilità dalla stella diminuisce al decrescere della luminosità. Sia HD 845512 che Gliese 581 hanno pianeti molto vicini o all’interno della fascia. 16 la loro intrinseca debolezza sono necessari telescopi particolarmente potenti e speciali tecniche di osservazione. Infine, ricordiamo anche che la maggior parte delle stelle di tipo solare si trovano in sistemi doppi, tripli, multipli in cui le varie stelle orbitano una intorno all’altra. La domanda spontanea dunque è se queste condizioni particolari siano favorevoli o meno alla presenza di un sistema planetario. Se vogliamo avere un’idea precisa della frequenza totale dei pianeti extrasolari dobbiamo includere nel campione da osservare almeno i sistemi stellari doppi: un’ulteriore difficoltà per le tecniche osservative. Come trovare i pianeti extrasolari Per scoprire i circa 700 pianeti noti sino ad oggi sono state sviluppate metodologie diverse. La più efficace è stata quella di vedere indirettamente la presenza di un pianeta in orbita attorno ad una stella dalle perturbazioni prodotte dal pianeta stesso sul suo astro. Anche Giove produce un piccolo spostamento periodico nel movimento del Sole, ma essendo mille volte più piccolo non è possibile misurare l’accelerazione indotta sul Sole con gli strumenti a disposizione. Se però Giove anziché trovarsi a circa 700 milioni di km di distanza dal Sole fosse più vicino, la sua influenza risulterebbe molto maggiore e quindi misurabile. Così è stato nel caso degli oltre seicento pianeti scoperti proprio grazie alla loro notevole dimensione/massa e alla minore distanza rispetto alla stella. In pratica, tutti i sistemi planetari scoperti sinora presentano questa caratteristica del tutto inattesa se confrontata con la tipologia del nostro sistema planetario in cui i pianeti interni sono quelli più piccoli (terrestri), mentre i grandi pianeti (gioviani) sono a enormi distanze dal Sole. In realtà, si pensava che una situazione con un pianeta gioviano alla distanza della Terra, o anche meno, non sarebbe potuto rimanere stabile per lungo tempo: le osservazioni hanno mostrato esattamente il contrario. La natura è molto più varia di quanto noi siamo portati a immaginare. Un metodo diretto di rivelazione della presenza di pianeti extrasolari è quello dei cosidetti transiti planetari. Infatti, se il piano orbitale del sistema planetario cade lungo la nostra visuale, è possible che uno o più pianeti possano passare davanti al disco stellare, provocando un’eclisse – cioè una rapida diminuzione della luminosità dell’astro che si ripete ad ogni passaggio del pianeta. Nel nostro sistema solare possiamo assistere a questo fenomeno quando Mercurio o Venere transitano sul Sole: un tale evento avrà luogo il 6 giugno 2012 quando sarà Venere a ‘oscurare’ leggermente il Sole. Questa tecnica dei transiti è quella usata dal satellite Kepler che ha permesso di scoprire anche pianeti molto più piccoli di quelli rivelati con le perturbazioni dell’orbita stellare. Ad oggi sono stati identificati pianeti di dimensioni molto simili a quella della Terra, a distanze confrontabili dalla propria stella. Questo è un punto fondamentale per affrontare la domanda se si possa ipotizzare la presenza di forme di vita su questi pianeti. Affinché ciò avvenga una condizione necessaria, ma non sufficiente, è che l’acqua – elemento essenziale, ma non unico, per lo sviluppo della vita sulla Terra – sia in condizioni liquide. Il pianeta, dunque, si deve trovare all’interno della cosiddetta fascia di abitabilità che nel caso del nostro sistema solare si estende dall’orbita di Venere a quella di Marte (v. Figura 2). Il fatto che siano stati individuati pianeti con queste caratteristiche lascia ben sperare sulla possibilità che su alcuni (o molti!) di essi si sia sviluppata una forma di vita, magari intelligente. Ma questo ancora non lo possiamo dire con certezza in quanto non disponiamo degli strumenti che permettano le osservazioni spettroscopiche necessarie a trovare tracce di vita. Ma è certo che basterà aspettare un po’ di anni e qualche altra missione spaziale che anche questo mistero sarà svelato. Un’ultima annotazione: la presenza di sistemi planetari è stata confermata anche attorno a sistemi stellari binari! La probabilità di trovare pianeti intorno a sistemi complessi è simile a quella perle stelle singole. Ciò non deve sorprendere troppo considerando che, come detto all’inizio, la formazione delle stelle e dei pianeti è un processo fisico unico che si è ripetuto innumerevoli volte nella storia dell’universo passato … e anche di quello futuro. 17 La Città del Sole l’utopia pedagogica di Tommaso Campanella di Lucia Alessio “Dicono ancora che la povertà grande fa gli uomini vili, astuti, ladri, insidiosi, fuorasciti, bugiardi, testimoni falsi; e le ricchezze insolenti, superbi, ignoranti, traditori, disamorati, presumitori di quel che non sanno. Però la communità di tutti li fa ricchi e poveri: ricchi, ch’ogni cosa hanno e possiedono; poveri, perché non s’attaccano a servire alle cose, ma ogni cosa serve a loro.” Queste le parole di Tommaso Campanella che riecheggiano su uno scenario dominato dal grigio del mare, dove un giovane e un frate conducono un dialogo visionario, scandito dal lento ritmo della risacca, in cui si narra di una città favolosa che non conosce la proprietà privata e in cui gli uomini vivono in armonia e in comunità fraterna. Si tratta delle prime scene del film La Città del Sole, la seconda opera del regista Gianni Amelio, prodotta per il progetto RAI “Film Sperimentali per la TV” e mandato in onda per la prima volta nel 1976. Il film, riproposto nel marzo del 2011, ci induce a ripensare, in un’epoca che sentiamo molto lontana dagli ideali e gli entusiasmi degli anni Settanta, al ruolo propulsore dell’utopia, alla necessità di immaginare una società più equa e più giusta per riuscire a intravedere vie di trasformazione nei momenti di crisi. 18 Una profonda crisi, religiosa, morale, sociale e politica, travagliava all’inizio del Seicento l’Europa e in particolare la Calabria, terra natale del frate domenicano Tommaso Campanella, nato a Stilo nel 1568. Il trattato di CateauCambrésis del 1559 aveva posto l’Italia meridionale sotto la dominazione spagnola, riducendola a colonia e instaurando un processo di involuzione culturale che ne avrebbe segnato in modo irreversibile il destino rispetto all’Europa e anche a diverse altre regioni italiane, ormai avviate a superare il sistema feudale in direzione di un’economia capitalistica e moderna.1 Nel vicereame di Napoli si rafforza il dominio dei baroni che, insieme al clero, rappresentano la classe dei proprietari fondiari, i grandi latifondisti, e conducono una vita parassitaria, dediti a sperperare risorse nel lusso e nell’ozio cittadino, trascurando l’amministrazione delle terre, e alcun altro ufficio che non fossero i giochi e gli “esercizi d’armi”.2 La decadenza politica e morale del Meridione, ma anche di gran parte dell’Europa, genera nel frate calabrese un forte senso di ribellione, tale da metterlo a capo di una rivolta popolare che avrebbe dovuto liberare la regione dall’oppressione spagnola. Siamo nel 1599, Tommaso Cam- panella ha 31 anni e alle spalle già diversi processi per “eresia”, colpevole di aver seguito e difeso il naturalismo filosofico di un altro frate, Bernardino Telesio, che riteneva che la natura andasse conosciuta secondo i principi suoi propri (iuxta propria principia), e non interpretata a partire da astrazioni metafisico-teologiche. La rivolta venne sventata e repressa in modo crudelissimo. Tommaso Campanella, sottoposto ad atroci torture, si finge pazzo per sfuggire alla pena capitale. Uscirà dal carcere 27 anni dopo (egli ne avrà già 58). In carcere produce un numero strabiliante di opere, prima delle quali è la Città del Sole, composta probabilmente tra il 1599 e il 1606.3 L’opera, di carattere più romanzesco che filosofico, è dunque frutto, probabilmente, della necessità di proiettare in una dimensione ideale il sogno di una società migliore della presente, sogno che aveva animato il tentativo di ribellione del 1599. I modelli sono le altre due grandi visioni politiche ideali del passato: la Repubblica di Platone e l’Utopia di Tommaso Moro, composta all’inizio del 1500. Le apparenti analogie tra l’opera di Campanella e di Platone, che possono essere rintracciate nell’organizzazione comunistica dello stato e nell’afflato messianico- Hayao Miyazaki Castle in the Sky 1986: isola/fortezza volante di Laputa pedagogico che le anima entrambe, terminano nel momento in cui si considera che la Repubblica platonica avrebbe dovuto realizzare un ideale aristocratico di governo e di cultura, mentre l’ideale di Campanella è una teocrazia (secondo un modello universalistico medioevale e regressivo) che vede potere temporale e spirituale riuniti nelle mani di una sola persona, detta Sole o Metafisico. Il sole, secondo l’antico simbolismo precristiano e cristiano, è simbolo della divina ragione; per l’ermetismo rinascimentale, di cui anche Campanella, come Giordano Bruno, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, è pervaso, rappresenta l’aspetto visibile di Dio, fonte di calore e di vita.4 Di qui il nome del principe supremo della città, il cui potere è in funzione della capacità di diffondere la sapienza, la concordia e la giustizia tra i suoi abitanti. A lui sono affiancati tre prìncipi che corrispondo- no agli attributi metafisici di Dio: Potere, Sapienza e Amore. Essi sono perciò chiamati Pon, Sin, Mor: il primo è a capo dell’esercito, il secondo dell’educazione, il terzo è responsabile della salute fisica dei cittadini e della generazione. Essi guidano una schiera di funzionari controllati dal popolo, mitigando alquanto l’impostazione di per sé assolutistica del potere politico dello stato. L’impianto metafisico dello stato ideale di Campanella rende per molti aspetti il suo pensiero politico rivolto al passato, soprattutto se messo a paragone con l’Utopia di Moro, da molti considerato come l’iniziatore del moderno pensiero utopistico proprio per il suo costante riferirsi, nella fondazione dello stato ideale, alle sole potenzialità umane, senza far riferimento a un disegno divino o provvidenziale. Ma l’originalità e modernità della Città del Sole si collocano su un altro piano, sulla inscindibile connessione tra il problema politico e pedagogico, che fa dello stato di Campanella uno stato etico e meritocratico, basato sul sapere e sulla diffusione della conoscenza e dei suoi benefici a favore di tutti i cittadini.5 Sole, il principe supremo, è tale in quanto «sa tutte le istorie delle genti e riti e sacrifizi e repubbliche ed inventori di leggi e arti», è esperto inoltre di arti meccaniche, di pittura, di scienze matematiche, fisiche ed astrologiche; in esso risiede inoltre la massima conoscenza teologica e metafisica. Così pure i tre suoi collaboratori saranno ognuno il migliore nella conoscenza della propria arte, ma tutti dovranno essere filosofi, storici e umanisti. L’impianto pedagogico è presente sin nella architettura stessa della città, che si si presenta, come una visione, arroccata su un colle solatio, avvolta in sette 19 ampissimi gironi, che prendono il nome dai stette pianeti, fino alla sommità, dominata da un tempio circolare costituito da una cupola poggiante su colonne. Dalle quattro porte, che si aprono in corrispondenza con i quattro punti cardinali, partono quattro strade che, attraverso altre porte, mettono in collegamenti tutti i gironi. La città stessa ci appare così come una sorta di microcosmo, funzionale a un preciso progetto politico, sociale, etico e religioso, tanto da anticipare la più moderna architettura razionalista; essa è specchio del preciso ordine naturale e metafisico dell’universo, ordine simboleggiato e riflesso nei due mappamondi, uno del cielo e uno della terra, situati sull’altare del tempio e circondati da sette lampade.6 Belle pitture ricoprono completamente tutte le mura della città e rappresentano una sorta di enciclopedia universale, che concorre alla diffusione del sapere a tutta la popolazione; l’ideale di sapere di Campanella resta infatti legato all’enciclopedismo medioevale che in gran parte anima anche il Rinascimento. Al vertice, sulle pareti del tempio, sono rappresentate le stelle, il cui significato è sia astronomico, Campanella fu copernicano e difensore di Galileo, che astrologico, in quanto le sfere celesti influenzano la vita della comunità che su di esse deve essere regolata. Nel primo girone, internamente sono dipinte le figure matematiche, nella parte esterna ecco la carta della “terra tutta” accompagnata da notizie sugli usi e costumi dei popoli. Poi troviamo i metalli e le pietre preziose, sia “veri che pinti”, i fluidi, con la raffigurazione di mari, laghi, fiumi, vini, oli e liquidi medicamentosi in grado di guarire qualsiasi malattia, racchiusi in piccole ampolle; le piante sono raffigurate nel terzo girone insieme a terrari dove esse vengono coltivate per le loro proprietà. In seguito troviamo gli esseri viventi: pesci, volatili, animali terrestri. Ampio spazio è dedicato alle “arti meccaniche” e ai personaggi influenti della storia, dove inventori e scienziati sono affiancati a figure religiose e a uomini politici. L’aspetto pratico e attivo dell’educazione, una sorta di learning by doing ante litteram, affidato ai maestri delle varie arti e scienze, è organizzato in modo da coinvolgere i fanciulli a partire dai tre anni in un programma educativo che fa fortemente appello all’esperienza diretta e il con- La forma della città del sole rappresenta una sorta di archetipo nella iconografia della città ideale La torre di babele di Bruegel 20 Note: 1 Cfr. R. Villari, La rivolta antispagnola a Napoli, Laterza, Bari 1980, p.34. 2 Il Croce paragona tale “esercizio delle armi” ai moderni sport, cfr. B. Croce, Storia del Regno di Napoli, Laterza, Bari 1953, pp. 130-131. 3 Per una discussione sulla datazione dell’opera cfr. E. Frauenfelder, La Città del Sole di Fra’ Tommaso Campanella. Pedagogia utopistica o utopia pedagogica?, Ferraro, Napoli 1981, pp. 22-23. 4 Crf. G. Scalici, La “Città del Sole” di Campanella e il pensiero utopistico fra Cinquecento e Seicento, Paravia, Torino 1992, p. 37. 5 G. Calogero (a cura di), La Città del Sole. Apologia delle Scuole Pie, Editrice D’Anna, Messina-Firenze 1977, pp. 45-46. 6 Cfr. Frauenfelder, cit., pp. 89 sgg. tatto quotidiano col sapere. I fanciulli visitano le botteghe degli artigiani e vengono costantemente osservati dai maestri al fine di scoprire e valorizzare le diverse attitudini di ciascuno. Fino ai sette anni non si applicano a questioni teoriche e girano “scalzi e scapigliati”, alternando le lezioni dei maestri, gli esercizi fisici e i giochi, così che “senza fastidio, giocando, si trovano a saper tutte le scienze istoricamente prima che abbian dieci anni”. Tutto il processo di apprendimento si basa essenzialmente sullo stimolo dell’interesse e della spontanea curiosità infantile, sulla costruzione di una coscienza comunitaria attraverso il servizio, al quale i giovani si applicano accanto e sotto la guida degli adulti, sulla importanza di un apprendimento induttivo e sperimentale, che valorizza il nuovo sapere scientifico, spesso in aperta polemica con quello arido e libresco della Scolastica. L’importanza del sapere nella Città del Sole evidenzia l’attenzione posta dal filosofo alla diffusione democratica della conoscenza, anticipando così l’utopia tecnologica di Bacone, costruita sulla consapevolezza dell’identità di sapere e potere, non solo nel senso della maggiore capacità dell’uomo, grazie alla scienza, di dominare la natura, ma anche nel senso della formazione di una coscienza sociale. Ne emerge il legame tra l’assunzione di valori da parte della comunità e la loro trasmissione alle nuove generazioni, che si riflette sull’organizzazione del sistema educativo, per cui lo stato assume come primo compito la responsabilità della formazione in senso ampio dei suoi cittadini. Caratteristica questa che ci porta a riflettere sulla responsabilità, per ogni società, di popolare lo spazio pubblico con i valori da essa stabiliti a proprio fondamento. 21 Il trionfo della luce Le vetrate istoriate nell’architettura gotica di Fabio Sottili 1. Maestro di San Lubino, Il trasporto del vino, ca 1205-1215, Chartres, Cattedrale di Notre-Dame, seconda campata della navatella sinistra. 22 e vetrate gotiche vanno considerate pittura in trasparenza e parte indissolubile dell’architettura. La luce che penetra è simbolo della presenza di Dio, e l’edificio che la accoglie è una miniatura dell’universo nella sua teorizzata compiutezza, e riscatto dall’imperfezione del mondo. Attraverso queste vetrate passa luce calda, ampia, non generalizzata ma variata, non razionale ma astratta: ciò si collega al mondo ultraterreno e a Dio. La luce è sempre stata considerata come espressione del bene, e le tenebre sono state associate al male, poiché in esse la ragione si smarrisce. L’importanza del culto solare fu una costante delle civiltà preclassiche: da Stonehenge, ai menhir di Carnac in Gran Bretagna, fino all’Egitto di Amenhophis IV nel XIV secolo a.C. quando si ricondusse tutto al sole. Nella Grecia classica si instaurò il culto di Helios (colosso di Rodi), e a Roma lo stesso Nerone si fece effigiare, vicino all’attuale Colosseo, in un’enorme scultura raffigurante l’im- peratore nelle vesti del dio Sole con la corona radiata. In tutte queste civiltà il sole era la divinità stessa; invece con il mondo cristiano assistiamo ad un epocale cambiamento di pensiero, vedendo nella luce soltanto un simbolo divino. L’arte cristiana è costituita da simboli ed il più importante è quello della luce, espressione massima del simbolismo cosmico, per cui tutta la realtà visibile riflette e testimonia il mondo invisibile. Gesù diceva “Io sono la luce del mondo”, e Plotino (filosofo non cristiano del III secolo d.C.) affermava che l’uomo può interpretare con parole e simboli i suoi sentimenti verso l’Uno: il principale di questi è la luce. I mosaici avevano un significato analogo a quello della vetrata. Nell’architettura paleocristiana (S. Apollinare Nuovo e Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna) si trovano finestre in alabastro, perché questo materiale, facendo passare la luce, la filtra, togliendone razionalità e dandogli corposità. Pare che già dal VI secolo, in S. Gregorio di Tour, ci fossero finestre di vetro co- 2. Interno della cappella superiore verso la controfacciata Parigi, Sainte-Chapelle. tenevano storie. A partire dal XII secolo si impostarono i grandi cicli di vetrate, e un monaco benedettino di nome Teofilo agli inizi di quel secolo nel suo testo intitolato Schedula diversarum artium descrisse il metodo per fabbricarle, segno che esisteva già una tecnica teorizzata. Ottenuto dalla fusione di sabbia silicea, il vetro ancora caldo e plasmabile veniva schiacciato formando un disco colorato e trasparente di modeste dimensioni; le finestre dovevano quindi risultare dalla composizione di molteplici pezzi di vetri colorati uniti fra loro da delle bacchette di piombo su un robusto telaio di ferro. “L’arte cristiana è costituita da simboli ed il più importante è quello della luce” lorato, come già avveniva nella Roma imperiale. Intorno al IX secolo iniziarono ad essere presenti le figurazioni, composte di più colori. Il cronista Richerio nel 995, parlando dei lavori eseguiti nel 969 nella cattedrale di Reims, affermò che le finestre con- 23 I colori delle vetrate, ottenuti dalle terre e dagli ossidi di vari metalli, erano separati dalle suddette sbarrette di piombo. Il piombo rappresenta il disegno, ha potere grafico, è un valore che segna la forma ed esprime il tono del colore. Per poter competere con la raffinatezza e le potenzialità espressive dell’affresco i maestri vetrari verso la metà del XII secolo misero a punto un metodo per dipingere sulle lastre con colori che divenissero parte integrante dello stesso vetro. La tecnica, detta della grisaglia (dal francese gris, grigio), consisteva nell’uso di una mistura di polvere di vetro e di ossidi di ferro e rame, uniti ad aceto, acqua e resine vegetali, la quale, spalmata sul pezzo di vetro da colorare, e una volta che quest’ultimo veniva ricotto in forno, si fondeva con la pasta vetrosa della lastra divenendo inalterabile. Nel XIV secolo la tecnica della pittura su vetro si perfezionò grazie all’uso dei colori a smalto e del giallo d’argento, una polvere di ferro, la quale, durante la fase di cottura, assume una coloritura dorata: in questo modo aumentò la varietà dei colori utilizzabili con conseguente maggiore plasticità ed espressività nelle figure dipinte, e si rese possibile la distinzione fra l’ideazione della vetrata (affidata ai grandi pittori dell’epoca) e la realizzazione, demandata a maestri vetrari specializzati. “La vetrata diventava così la forma della luce, e la manifestazione visiva della patria celeste” 3. Interno della cappella superiore verso l’abside, Parigi, Sainte-Chapelle. 24 I temi trattati sulle ampie finestre sono eventi sacri, scene tratte dalle antiche scritture, oppure la saga dei paladini, i lavori dei mesi (fig. 1) e delle maestranze che hanno contribuito alla costruzione delle cattedrali, in modo da unire l’aspetto puramente religioso con la visione pratica della realtà, in quanto espressione della sapienza creatrice di Dio: la cattedrale era costruita con le finanze e l’impegno di tutta la città, ed in essa si riconosceva la gerarchia sociale della comunità medievale. La vetrata diventava così la forma della luce, e la manifestazione visiva della patria celeste. Pierre de Poissy diceva che le pitture nelle chiese rappresentano le Bibliae Pauperum, mentre le vetrate sono parole di Dio. L’esperienza gotica in architettura nacque con la ricostruzione del coro della chiesa abbaziale di Saint Denis (nei pressi di Parigi), avvenuta fra il 1125 ed il 1149, e fu voluta dal potente abate Suger. Costui propugnava la ricchezza nelle chiese come espressione visiva di un fasto superiore, manifestata anche dalla presenza delle vetrate piombate e istoriate; contro di essa si scagliò invece San Bernardo da Chiaravalle (fondatore dell’ordine cistercense), il quale vedeva in Saint Denis, la “Sinagoga di Satana”, ed infatti desiderò che le chiese del suo ordine fossero pauperistiche e illuminate soltanto da vetri spogli. Suger prese ispirazione dagli scritti dello Pseudo-Dionigi, un filosofo greco del V sec. d.C., la cui teologia della luce fu alla base del pensiero medievale: Dio veniva da lui interpretato come una cascata di luce che penetra in ogni anfratto, e l’uomo deve intraprendere il cammino inverso fino a quella fonte di luce. 4. La resurrezione dai morti proveniente dalla Sainte-Chapelle, Parigi, Museo di Cluny. 25 5. Duccio di Buoninsegna, Rosone absidale della cattedrale, Siena, Museo dell’Opera del Duomo. Il sole a sua volta ripete il percorso della sorgente divina. Pertanto la cattedrale, quale trionfo della luce, è l’espressione della perfezione dell’ordine del mondo, e la sua funzionalità architettonica e razionalità statica sono chiaramente esibite, riflettendo in questo le strutture delle summae della Scolastica, che cercavano di interpretare l’ordine universale. Dopo la consacrazione del coro di Saint Denis molte cattedrali francesi vennero costruite e arricchite da grandiosi cicli vetrari: Chartres, Bourges, Anger, Poitier, Reims, Lione, Parigi. Ma su tutti spicca per vastità e preziosità quello della Sainte-Chapelle (figg. 2-4), voluta da Luigi IV nell’Ile-de-la-Cité all’interno del palazzo reale di Parigi, e costruita fra il 1241 ed il 1248, per divenire scrigno delle reliquie della Passione di Cristo. In Italia le più antiche vetrate furono realizzate per la basilica superiore di San Francesco ad Assisi (quelle del transetto erano già in fase esecutiva nel 1253 a opera di maestri francesi); ma qui le vetrate non hanno un diretto collegamento con l’architettura, come avviene in Francia. La spiegazione ce la dà Cennino 7. Duccio di Buoninsegna, Particolare di uno degli angeli che sostengono la Madonna in mandorla, Rosone absidale della cattedrale, Siena, Museo dell’Opera del Duomo. 6. Duccio di Buoninsegna, Particolare del rosone absidale della cattedrale con l’Incoronazione della Vergine, Siena, Museo dell’Opera del Duomo. 26 Cennini, artista vissuto fra la fine del ‘300 e gli inizi del ‘400, quando nel suo Libro d’Arte afferma che in Italia non si insegnava questa arte (i disegnatori non la frequentavano), mentre i francesi, secondo lui, hanno più pratica che disegno: in questo Cennini disprezzava i francesi ed esaltava l’atteggiamento degli italiani. Gli esempi più importanti in Toscana sono rappresentati dallo splendido rosone dipinto da Duccio di Buoninsegna per il Duomo di Siena fra il 1287 ed il 1288 (figg. 5-7) e le vetrate della cappella Pugi a Santa Croce, attribuite a Bernardo e Taddeo Gaddi. Il Re Sole e gli aspetti simbolici nella rappresentazione della monarchia di Sandra Balsimelli Introduzione “Tutti i re e tutti i popoli si raccoglieranno in una città che da essi verrà chiamata Heliaca e che sarà costruita da questo nobile eroe. Un tempio sarà eretto dal grande sacerdote e dai consiglieri dei sovrani, e gli scettri dei re verranno posti ai piedi di Cristo”1. Così il filosofo Campanella salutava, nel 1638 la nascita del Delfino di Francia, Luigi dieudonné, miracolosamente nato dopo anni di inutile attesa da Luigi XIII e Anna d’Austria. Invitato dalla regina a fare l’oroscopo del futuro sovrano, Campanella lesse negli astri la promessa di un regno capace di realizzare il suo sogno utopico, descritto nella sua opera più celebre La Città del sole. La scelta di Luigi XIV di assumere il Sole a emblema del proprio regno esprime la volontà di rappresentare la monarchia francese come incarnazione di una fittissima rete di rimandi simbolici, erede della concezione ierocratica medievale del potere, ma al tempo stesso gravida, almeno negli intenti del sovrano, di un nuovo modello di stato, lo stato assoluto. 1. Il Simbolo del sole Ripercorrere tutti i significati simbolici che la tradizione religiosa, mitologica, filosofica e iconografica ha attribuito a questo astro portatore di vita, di luce e dell’Uno plotiniano e il suo irraggiarsi nelle tenebre della materia. Nel mondo romano il culto di Mitra e del sol invictus ha preceduto e preparato il solco per il diffondersi del cristianesimo, fondendosi nella figura di Cristo vincitore sulle tenebre della morte, la cui festività natale ha assorbito le feste della luce della paganità2. Nel medioevo il simbolo del Sole aveva caratterizzato la disputa tra Papato e Impero, in lotta per stabilire a chi spettasse la somma autorità. La teoria ghibellina dei due Soli, che vedeva nell’Impero un potere autonomo e direttamente proveniente da Dio, fu ripresa dalle nascenti monarchie nazionali, a fondamento della loro aspirazione ad un’autonomia politica dalle ingerenze della chiesa romana3. Scelsi di assumere la forma del sole, il più nobile di tutti gli astri, a causa della qualità unica del bagliore che lo circonda di calore, sarebbe impossibile nel breve spazio di questo articolo. Tutti i grandi popoli dell’antichità hanno intravisto nel Sole una divinità tra le più importanti, fonte di potere e vitalità. L’attribuzione metaforica del sole al mondo del divino ricorre nella grande filosofia greca, dal mito della caverna nell’utopia politica di Platone, dove il sole rappresenta l’idea del Bene, nel mondo iperuranio, contemplato dai filosofi-governanti dello stato ideale, alla teologia 2. Luigi XIV Nell’epoca di Luigi XIV, oltre alle suggestioni utopiche di Campanella, il mito del sole, traeva nuovo smalto dal diffondersi della rivoluzione astronomica copernicana. Nonostante la resistenza 27 della Chiesa al dilagare del modello eliocentrico, la risonanza del dibattito scientifico, data anche dalle vicende del processo a Galileo, permisero a questo di imporsi nell’immaginario collettivo come nuova e più valida rappresentazione della realtà. Di esso troviamo risonanza nelle parole stesse del sovrano, che nei suoi Memoires racconta il perché della scelta del Sole come simbolo del suo potere: “Scelsi di assumere la forma del sole, il più nobile di tutti gli astri, a causa della qualità unica del bagliore che lo circonda; per la luce che comunica agli altri astri che gli impongono 28 attorno una specie di corte; per la giusta e uguale spartizione di quella luce che distribuisce a tutti i vari climi del mondo; per il bene che fa in ogni luogo producendo incessantemente gioia e attività da ogni parte; per il moto instancabile che realizza pur sembrando tranquillo; e per quel costante ed invariabile corso dal quale mai devia o diverge. È certo la più vivida e bella immagine di quel grande monarca”4 Dalla morte di Mazzarino in poi, avvenuta nel 1661, ogni atto di Luigi XIV fu orientato a identificarsi col proprio regno: L’Etat s’est moi . Il suo primo atto politico fu la disposizione che nessuna decisione fosse presa senza la sua approvazione, trasformando la corte di funzionari e ministri della corona in un insieme ordinato di satelliti strettamente legati alla sua orbita, in un meccanismo perfetto di reciproci vincoli e distanze gerarchiche. Sfondo perfetto per le aspirazioni assolutistiche del sovrano fu Versailles, palcoscenico necessario per il suo ego smisurato, per il Re sole, centro d’attrazione per tutti gli occhi francesi.5 La reggia sfarzosa diventò centro e scenario della vita di corte dove, non solo il sovrano ma anche tutta la nobiltà a lui legata, inscenarono la rappresentazio- ne di un’idea del potere assoluto incentrato sulla figura totalizzante del sovrano. La struttura stessa del palazzo, con la camera del sovrano al centro e con i suoi scenografici giardini, percorsi da continui rimandi alla mitologia apollinea6, evocava l’idea della costante presenza del monarca assoluto, in funzione delle cui abitudini tutta la vita sociale della nobiltà ruotava. Gli spazi all’interno e all’esterno pullulavano di specchi e finestre che evocassero l’idea della luce, per volontà dello stesso Luigi XIV che dichiarava “Sono il Sole, voglio che nei miei castelli ci sia sempre una luce immensa e che vi si ammiri tutto il lusso possibile”.7 Il cerimoniale di corte, di cui Norbert Elias ci ha lasciato un indimenticabile affresco nel suo La società di corte,8 sottoponeva i nobili ad una serie immutabile di rituali che scandivano le diverse fasi della giornata del re; feroce abitudinario e arbitro del tempo9, egli disciplinava le udienze, le assenze e le presenze dei sudditi ridotti a spettatori dei suoi atti quotidiani, dal suo risveglio al suo riposo notturno. Elias sottolinea come il Re Sole, fantomatico perpetuum mobile, co- stituisse il perno di un meccanismo di cartesiana precisione, che lo esaltava e al tempo stesso lo imprigionava fatalmente in un ruolo soffocante. Lo stupefacente apparato della giornata del re sole, “in cui tutto, quasi tutto, avviene in pubblico, in cui bere un bicchiere di vino, calzare le pantofole, indossare i calzoni è un atto pubblico, nel senso più stretto della parola, vale a dire destinato per natura ad essere mostrato e condiviso”10 mostra un’immagine del sovrano in cui ogni aspetto privato è sacrificato alla spettacolarizzazione di sé. Conclusioni Un re non è mai solo. Tutto avviene davanti a testimoni illuminati di luce riflessa, fruitori passivi e riverenti di fronte e per i quali i più banali gesti quotidiani sono elevati alla stregua di sacramenti della regalità. I simboli dell’etichetta di corte trasmettono, con grande forza mediatica, un’idea centralizzata del potere in cui si fondono le suggestioni filosofiche del passato,con le moderne teorizzazioni dell’assolutismo di Bodin o di Bossuet. Il dibattito storiografico recente11 ha ridimensionato la portata effettiva della trasformazione dello Stato medievale in moderno Stato assoluto operata da Luigi XIV, dimostrando come, nei fatti, il sovrano dovesse continuare a interagire con i poteri intermedi della società tradizionale e vincolarsi al rispetto delle leggi divine e naturali, secondo il modello composito della monarchia per diritto divino tipica dell’Ancien régime. Ciò non toglie che, sul piano dell’immaginario collettivo, il re Sole abbia saputo incarnare un sogno antico e, al tempo stesso foriero di modernità: l’idea di un potere assoluto, fonte e legittimazione dello Stato stesso, con pretese universalistiche e paternalistiche nei confronti dei sudditi. La scelta del simbolo del Sole, per l’immediatezza con cui veicola a tutti, dall’élite colta al popolo, una rete univoca di simboli, diventa quindi una sapiente strategia di comunicazione e di rappresentazione di sé, questa davvero anticipatrice dei volti del potere tipici dell’età moderna. 29 Bibliografia . . . . . . Dante Alighieri, De Monarchia, edito da BUR Rizzoli, 1988. P. Beaussant, Anche il Re sole sorge al mattino, Fazi, Roma 2002. P.R.Cambell, Luigi XIV e la Francia del suo tempo, Il Mulino, Bologna 1993. E. Garin, Storia della filosofia italiana, Einaudi Torino 1966. Ringrazio la Professoressa Alessio per avermi segnalato questo utile riferimento sulla possibile influenza di Campanella sulla scelta del simbolo del sole da parte di Luigi XIV G. Gerosa, Il Re Sole. Vita privata e pubblica di Luigi XIV, Oscar Mondadori, 2009 N. Elias, La società di corte, Bologna, Il Mulino, 1980. Note 1. E. Garin, Storia della filosofia italiana, Einaudi Torino 1966, p. 811. Campanella aveva scritto nel 1636 allo stesso Richelieu, dedicandogli il suo De sensu rerum et magia “E la Città del Sole, che io ho tratteggiato e che tu edificherai possa con l’aiuto dell’Eminenza tua risplendere sempre di perpetuo fulgore mai ottenebrato”, convinto che la monarchia francese potesse realizzare l’unificazione politica dell’Europa, riunendo in sé il potere temporale e quello spirituale. 2. Introdotto all’inizio del III secolo d.C. dall’imperatore Eliogabalo, il culto del sole fu ufficializzato a Roma da Aureliano che fondò un tempio sul Quirinale, consacrato il 25 dicembre del 274, giorno in cui fu istituita la Dies natalis solis Invicti 3. Per la teorie dei due soli si veda Dante, De Monarchia, che nel terzo libro si oppone alla tesi curialista che attribuiva al Papato e all’Impero lo stesso rapporto che intercorre tra il sole e la luna. 4. Luigi XIV, Memoires, in G.Gerosa, Il Re Sole. Vita privata e pubblica di Luigi XIV, Oscar Mondadori, 2009, p269. Gerosa riporta che l’idea del sole come simbolo di regalità gli fosse stata suggerita dallo stesso Mazzarino, insieme ad alla frase fecundis ignibus ardet, cui il sovrano preferì però il motto Nec pluribus impar. 5. J.Richardson, biografa di Luigi XIV, in G.Gerosa, Il Re sole, op. cit, p. 282. 6. G. Gerosa, Re sole, op.cit. p 304. Il salone di Apollo, in origine la sua stanza da letto, divenne dal 1684 la Sala del Trono, dove venivano ospitati gli ambasciatori, cui si offriva uno scenario di pitture e arredi che richiamavano la potenza del re assimilato ad Apollo e alle grandi glorie dell’Impero romano. 7. G. Gerosa, Re sole, op.cit. p 283. 8. N. Elias, La società di corte, Bologna, Il Mulino, 1980. 9. Saint Simon affermava “Con un almanacco e un orologio dovunque siate, siete sempre in grado di sapere cosa fa in quel momento Luigi.” in G. Gerosa, Re sole, op.cit. p 295 10. P. Beaussant, Anche il Re sole sorge al mattino, Fazi, Roma 2002. 11. P.R.Cambell, Luigi XIV e la Francia del suo tempo, Il Mulino, Bologna 1993. 30 IL COPERNICO DIALOGO di Giacomo Leopardi. di Silvio Biagi SCENA PRIMA PREMESSA A BENEFICIO DEL LETTORE. È difficile dire quanti oggi possano avere l’ardire di leggere un’operetta morale di Giacomo Leopardi. O forse fin troppo facile. Del resto ne era convinto l’autore stesso che, nell’ultima operetta, Dialogo di Tristano e di un amico, dice testualmente del suo libro: “Bruciarlo è il meglio. Non lo volendo bruciare, serbarlo come un libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci malinconici, ovvero come un’espressione dell’infelicità dell’autore...”. Ma poiché accostandoci a quei “sogni poetici” si sperimenta una mirabile lucidità di pensiero, che permette di leggerle (come accade per la grande poesia) anche in riferimento ai tempi a noi contemporanei, ho ritenuto opportuno presentarne una, in cui il Sole fa da protagonista. Data però la lunghezza ed il linguaggio, volutamente ‘ardito’, che mal si accorda con i tempi presenti, ho scelto di proporne in originale solo alcune parti, raccontando le altre (riportate in corsivo). L’obiettivo è quello di invogliare il lettore a procurarsene copia intera e leggersela ancor prima di essere arrivato in fondo a questo, per dir così, ‘riassunto’. Altrimenti dovrà adattarsi e giudicherà lui se ne è valsa la pena. Trovi in ogni caso da solo, al di là delle brevi note conclusive, le chiavi di lettura per se stesso e per il suo tempo. Di rivoluzioni copernicane ce n’è stata più di una, altre dovranno venire. Non è poi detto che chi ha pensato che il Sole ruotasse intorno alla terra, in passato, si sia sbagliato più di quello che facciamo noi, uomini del XXI secolo, che abbiamo le nostre terre ancora ben piantate al centro non solo del sistema solare, ma dell’universo. L’Ora prima e il Sole Ora prima. Buon giorno, Eccellenza. Sole. Sì: anzi buona notte. Ora prima. I cavalli sono in ordine. Sole. Bene. Ora prima. La diana è venuta fuori da un pezzo. Sole. Bene: venga o vada a suo agio. Ora prima. Che intende di dire vostra Eccellenza? Sole. Intendo che tu mi lasci stare. Ora prima. Ma, Eccellenza, la notte già è durata tanto, che non può durare più; e se noi c’indugiassimo, vegga, Eccellenza, che poi non nascesse qualche disordine. Sole. Nasca quello che vuole, che io non mi muovo. Ora prima. Oh, Eccellenza, che è cotesto? si sentirebbe ella male? Sole. No no, io non mi sento nulla; se non che io non mi voglio muovere: 31 La Terra e il Sole e però tu te ne andrai per le tue faccende. Ora prima. Come debbo io andare se non viene ella, ché io sono la prima Ora del giorno? e il giorno come può essere, se vostra Eccellenza non si degna, come è solita, di uscir fuori? Sole. Se non sarai del giorno, sarai della notte; ovvero le Ore della notte faranno l’uffizio doppio, e tu e le tue compagne starete in ozio. Perché, sai che è? io sono stanco di questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi, che vivono in su 32 un pugno di fango, tanto piccino, che io, che ho buona vista, non lo arrivo a vedere: e questa notte ho fermato di non volere altra fatica per questo; e che se gli uomini vogliono veder lume, che tengano i loro fuochi accesi, o proveggano in altro modo. “E come faranno i poverini” - prosegue l’Ora prima – “ad illuminarsi? ‘Quella certa aria da servire per ardere’ (il gas!) non ce l’hanno ancora (‘avranno a passare ancora trecento anni’); quando avranno finito olio, cera, pece e sego non avranno da bruciare più niente”. “Andranno a caccia delle lucciole” risponde Sua maestà. “E per il freddo come faranno?” - riprende l’Ora prima-. “Bruciare tutti i boschi che hanno non basterà loro. E poi la terra non produrrà più frutti. In capo a pochi anni si perderà il seme di quei poveri animali: ‘spenta l’ultima scintilla di fuoco se ne morranno tutti al buio, ghiacciati come pezzi di cristallo di roccia’ “. “Ma a me che cosa importa?” - ribatte il Sole- “non sono mica la balia del genere umano o il loro cuoco? E poi se io devo fare, come dire, da stufa o da focolare agli uomini, è ragionevole che, se si vo- gliono scaldare, vengano loro intorno al foco- sua, guardando in cielo a levante, lare, e non che il focolare vada intorno a loro”. per mezzo d’un cannoncello di SCENA TERZA “Quindi se ho capito bene” - chiede l’Ora carta; perché non erano ancora inprima – “Lei vorrebbe che quello che ha fatto ventati i cannocchiali. L’Ora ultima e Copernico finora da qui in avanti lo faccia la terra”. La Gran cosa è questa. O che tutti gli Ora ultima. Copernico, io sono l’Ora risposta del Sole è perentoria: “Sì: ora, e per oriuoli fallano, o il sole dovrebbe es- ultima. l’innanzi sempre”. “Beh, non si può dire che ser levato già è più di un’ora: e qui Copernico. L’ora ultima? Bene: qui vostra eccellenza abbia torto” -prosegue pen- non si vede né pure un barlume in bisogna adattarsi. Solo, se si può, sosa l’Ora prima-; “così però andranno in oriente; con tutto che il cielo sia chia- dammi tanto di spazio, che io possa fumo tutte le belle immaginazioni legate al ro e terso come uno specchio. Tutte le far testamento, e dare ordine a’ fatti movimento del Sole: il carro, i cavalli che veni- stelle risplendono come fosse la mez- miei, prima di morire. vano fuori dal mare e noi, poOra ultima. Che vere Ore, che faremo? saremo morire? io non sono già E POI SE IO degradate dal cielo alla terra, l’ora ultima della vita. se non spariremo addirittura. Copernico. Oh, che sei DEVO FARE, COME DIRE, DA STUFA O DA Ma, lasciando questo, il più tu dunque? l’ultima ora FOCOLARE AGLI UOMINI, È RAGIONEVOLE sarà convincere la terra a muodell’ufficio del breviario? versi: non è mica abituata, non Ora ultima. Credo bene CHE, SE SI VOGLIONO SCALDARE, si è mai mossa di un millimeio, che cotesta ti sia più VENGANO LORO INTORNO AL FOCOLARE, E tro, figuriamoci se vuol comincara che l’altre, quando tu ciare ora a durar tanta fatiti ritrovi in coro. NON CHE IL FOCOLARE VADA INTORNO A ca”. “Stai tranquilla” – riCopernico. Ma come LORO sponde il Sole – “il bisogno la sai tu cotesto, che io spronerà. Ora il problema è sono canonico? E come trovare qualcuno che la conmi conosci tu? che anche vinca a muoversi: qui ci vuole o un poeta o un za notte. Vattene ora all’Almagesto o mi hai chiamato dianzi per nome. filosofo”. In effetti è un bel problema, su cui al Sacrobosco, e dì che ti assegnino la Ora ultima. Io ho preso informazioil sole si sofferma un po’. Da una parte i poeti cagione di questo caso. Io ho udito ne dell’esser tuo da certi ch’erano qua con tutte le loro storie e fantasie sono più dire più volte della notte che Giove sotto, nella strada. In breve, io sono capaci di muovere i cuori delle persone e le passò colla moglie d’Anfitrione: e così l’ultima ora del giorno. inducono ad agire e a sperare; dall’altra al mi ricordo aver letto poco fa in un Copernico. Ah, io ho inteso: la giorno d’oggi i filosofi hanno preso il libro moderno di uno Spagnuolo, che prima Ora è malata; e da questo è che sopravvento, e loro badano all’utile più che al i Peruviani raccontano che una volta, il giorno non si vede ancora. bello e lui stesso, il Sole, si è fatto filosofo, in antico, fu nel paese loro una notte Ora ultima. Lasciami dire. Il giorno così dice, e si è convinto che non val la pena di lunghissima, anzi sterminata; e che non è per aver luogo più, né oggi né far tutta quella fatica: meglio stare in ozio e alla fine il sole uscì fuori da un certo domani né poi, se tu non provvedi. lasciar girare gli altri. A lui quasi quasi sta- lago, che chiamano di Titicaca. Ma Copernico. Buono sarebbe cotesto; rebbero più simpatici i poeti, nonostante lo insino a qui ho pensato che queste che toccasse a me il carico di fare il abbiano costretto per secoli a muoversi intor- tali, non fossero se non ciance; e io giorno. no alla terra, ma ad un poeta, oggi, nessuno l’ho tenuto per fermo; come fanno Ora ultima. Io ti dirò il come. Ma la darebbe retta, quindi meglio un filosofo. “Al- tutti gli uomini ragionevoli. Ora che prima cosa, è di necessità che tu venga lora” - comanda il sole- “vai tu o manda una io m’avveggo che la ragione e la scien- meco senza indugio a casa del Sole, delle tue compagne a cercare un filosofo; ne za non rilevano, a dir proprio, un’ac- mio padrone. Tu intenderai ora il troverete facilmente qualcuno fuori dicasa al ca; mi risolvo a credere che queste e resto per via; e parte ti sarà detto da fresco che contempla il cielo, specie ora che il simili cose possano esser vere verissi- sua Eccellenza, quando noi saremo giono è così in ritardo; caricatevelo sulle spal- me: anzi io sono per andare a tutti i arrivati. le e portatemelo qua”. “Eccellenza sì. Sarà laghi e a tutti i pantani che io potrò, e Copernico. Bene sta ogni cosa. Ma il servita”. vedere se io m’abbattessi a pescare il cammino, se però io non m’inganno, sole. Ma che è questo rombo che io dovrebbe esser lungo assai. E come sento, che par come delle ali di uno potrò io portare tanta provvisione che SCENA SECONDA uccello grande? mi basti a non morire affamato qualche anno prima di arrivare? Copernico in sul terrazzo di casa Aggiungi che le terre di sua Eccellenza 33 stare a sedere agiatamente; e darsi ad fatto che le conseguenze saranno assai affaticare, in vece di stare in ozio: complesse: non è solo un fatto tecnico, come massime a questi tempi; che non dire...ci sarà un grande sono già i tempi eroici. Sole. E se tu sconvolgimento nelle cose e nei fini delle non la potrai creature, anche la metafisica sarà sconvolta, persuadere, tu la e gli uomini, se vorranno ragionare LA TERRA È ABITUATA AL FATTO CHE sforzerai. sanamente, si troveranno ad essere Copernico. tutt’altro da quello che sono stati finora TUTTO RUOTI INTORNO A LEI E CHE LEI Volentieri, illustriso hanno immaginato di essere.” “Figlio SIA SEDUTA COME IN TRONO, REGINA simo, se io fossi un mio, questo non mi spaventa punto; io Ercole, o pure rispetto tutte le discipline, ma gli uomini DI UNA CORTE, IMPERATRICE DEL almanco un dovranno accontentarsi di quel che sono e se MONDO. Orlando; e non un non gli piacerà vuol dire che ragioneranno canonico di Varmia. alla rovescia a dispetto dell’evidenza se Sole. Che fa cotesto vorranno continuare a ritenersi imperatodubbi. Tu non avrai a star molto in al caso? Non si racconta egli di un ri...” “E un altro problema” -dice Copernicasa del Sole; e il viaggio si farà in un vostro matematico antico, il quale co- è che tutti gli altri pianeti, quando attimo; perché io sono uno spirito, se diceva che se gli fosse dato un luogo vedranno la terra girare intorno al Sole tu non sai. fuori del mondo, che stando egli in come loro, vorranno anch’essi i loro bravi Copernico. Ma io sono un corpo. quello, si fidava di smuovere il cielo e fiumi e mari e monti e piante e abitanti, per Ora ultima. Ben bene: tu non ti hai la terra? Or tu non hai a smuovere il non esser da meno: spunteranno come da impacciare di cotesti discorsi, che tu cielo; ed ecco che ti ritrovi in un luogo funghi da ogni parte popolazioni nuove..” non sei già un filosofo metafisico. che è fuor della Terra. Dunque, se tu “E tu lasciale venire, che la mia luce e il Vien qua: montami in sulle spalle; e non sei da meno di quell’antico, non mio calore basterà per tutti”. “Ed ha lascia fare a me il resto. dee mancare che tu non la possa pensato che anche le altre stelle, vedendo Copernico. Orsù: ecco fatto. Vediamuovere, voglia essa o non voglia. Lei così circondato da una corte di pianeti e mo a che sa riuscire questa novità. “Certo” – dice Copernico – “si potrebbe per così dire in trono, vorranno anch’esse il fare, ma ci vorrebbe una leva così lunga che loro seguito, in modo tale che non ci sarà per quanto Lei, signoria illustrissima, sia una minutissima stelluzza della via lattea SCENA QUARTA ricco non si arriverebbe a farne la metà. E che non avrà il suo? Tutto questo andrà a non è tutto: c’è, come dire, un groppo di discapito della vostra dignità”. Ma al Sole Copernico e il Sole difficoltà. La terra è abituata al fatto che questo non importa molto: dichiara che Copernico. Illustrissimo Signore. tutto ruoti intorno a lei e che lei sia seduta preferisce essere il primo nel sistema solare Sole. Perdona, Copernico, se io non ti come in trono, regina di una corte, piuttosto che il secondo nell’universo. E fo sedere; perché qua non si usano mperatrice del mondo. E che dire degli allora Copernico si dichiara pronto, tranne sedie. Ma noi ci spacceremo tosto. Tu uomini? Finora si sono considerati i primi un’ultima difficoltà, che però sarà risoltà hai già inteso il negozio dalla mia tra le creature dalle virtù fante. Io dalla parte mia, per quel che terrestri; ciascuno profetiche del la fanciulla mi riferisce della tua di noi, se anche è Sole. IL SOLE DICHIARA CHE qualità, trovo che tu sei molto a vestito di cenci ed Copernico. Ci PREFERISCE ESSERE IL PRIMO proposito per l’effetto che si ricerca. ha un tozzo di resterebbe una Copernico. Signore, io veggo in pane, si ritiene certa difficoltà NEL SISTEMA SOLARE questo negozio molte difficoltà. imperatore solamente. PIUTTOSTO CHE IL SECONDO Sole. Le difficoltà non debbono dell’universo. Ora, Sole. Via, qual NELL’UNIVERSO. spaventare un uomo della tua sorte. però, dovremmo è? Anzi si dice che elle accrescono animo sgomberare dal Copernico. all’animoso. Ma quali sono poi, alla trono e fare né più Che io non fine, coteste difficoltà? né meno quello che hanno fatto gli altri vorrei, per questo fatto, essere Copernico. Primieramente, per pianeti, restando però coi nostri cenci e le abbruciato vivo, a uso della fenice: grande che sia la potenza della nostre miserie, che non sono poche. “Caro il perché accadendo questo, io sono filosofia, non mi assicuro che ella mio don Nicola” chiede il Sole “ e questo sicuro di non avere a risuscitare dalle sia grande tanto, da persuadere alla sarebbe forse delitto di lesa maestà?” “No di mie ceneri come fa quell’uccello, e di Terra di darsi a correre, in cambio di certo” - ribatte don Nicola - “ma resta il non vedere mai più, da quell’ora non credo io che producano di che apparecchiarmi solamente una colazione. Ora ultima. Lascia andare cotesti 34 innanzi, la faccia della signoria vostra. Sole. Senti, Copernico: tu sai che un tempo, quando voi altri filosofi non eravate appena nati, dico al tempo che la poesia teneva il campo, io sono stato profeta. Voglio che adesso tu mi lasci profetare per l’ultima volta, e che per la memoria di quella mia virtù antica, tu mi presti fede. Ti dico io dunque che forse, dopo te ad alcuni i quali approveranno quello che tu avrai fatto, potrà essere che tocchi qualche scottatura, o altra cosa simile; ma che tu per conto di questa impresa, a quel ch’io posso conoscere, non patirai nulla. E se tu vuoi essere più sicuro, prendi questo partito: il libro che tu scriverai a questo proposito, dedicarlo al papa. In questo modo, ti prometto che né anche hai da perdere il canonicato. Nota. Le Operette morali sono brevi scritti in prosa composti da Leopardi tra il 1824 e il 1832. In tutto sono 24, come risulta dall’edizione definitiva, quella napoletana del 1835. Secondo la definizione che ne dà Leopardi stesso nel 1819-20 nei Disegni letterari sono “Dialoghi satirici alla maniera di Luciano, ma tolti i personaggi e il ridicolo dai costumi presenti o moderni... insomma, piccole commedie o scene di commedie...”. Sono dunque presenti sia l’ispirazione classica, con l’elemento fantastico-immaginativo che spesso rimanda al mito, sia la componente satirica, entrambi in stretta connessione con i temi seri della modernità e della vita umana; il proposito è di “portare la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, i principi fondamentali delle calamità e della miseria umana, gli assurdi della politica, le sconvenienze appartenenti alla morale universale, e alla filosofia, l’andamento e lo spirito generale del secolo, la somma delle cose, della società, della civiltà presente, le disgrazie e le rivoluzioni e le condizioni del mondo, i vizi e le infamie non degli uomini, ma dell’uomo, lo stato delle nazioni ecc.”(1) Insomma un luogo dove esprimere quel credo, proprio dell’autore, che si presenta come negativo e ‘corrosivo’ ed è in realtà impietoso contro coloro che non traggono, pur avendone i mezzi, tutte le conseguenze di una lucida razionalità a proposito delle sorti dell’uomo, ma non disumano al punto da negare il diritto all’immaginazione ed ai sogni poetici, anzi guidato da un senso profondo di solidarietà umana. Da un lato quindi la polemica contro lo spiri-tualismo che, prescindendo dai lumi della ragione, pone l’uomo come fine del mondo esaltandone la grandezza, dall’altro la polemica contro “l’odierna filosofia che riduce la metafisica, la morale, ecc. a forma e condizione quasi “matematica” e “non è più compatibile con la letteratura e la poesia, com’era compatibile quella de’ tempi ne’ quali fu formata la lingua nostra, la latina, la greca...” (2). Due aspetti che trovano una loro sintesi nel liberalismo cattolico e progressista degli ‘amici fiorentini’ del gruppo del Vieussieux, la cui esaltazione delle “magnifiche sorti e progressive” del genere umano è un costante bersaglio polemico di Leopardi. Una polemica non genericamente antifilosofica, ma che si presenta come “beffarda negazione di quel pensiero falsamente borioso ed arido, che si è dimenticato degli antichi come degli illuministi.... rendendosi del tutto incompatibile con la poesia”(3). Significativa, a questo proposito, nell’operetta sopra riportata, una delle affermazioni del Sole, che polemicamente stig-matizza lo spirito dei tempi: “Ma ora che io sono maturo di tempo, e che mi sono voltato alla filosofia, cerco in ogni cosa l’utilità, e non il bello; e i sentimenti dei poeti, se non mi muovono lo stomaco, mi fanno ridere.”. La lingua del Copernico, come quella di tutte le Ritratto G. Leopardi Operette, ironica, “peregrina”, poetica, volutamente “ardita” è una conseguenza della ‘antifilosofia’ dell’autore, a conferma che il rapporto tra lingua e pensiero è diretto e che la semplificazione dell’una ha come causa e conseguenza la semplificazione dell’altro. Come Leopardi scrive nello Zibaldone:”Una lingua non è bella se non è ardita, e in ultima analisi troverete che in fatto di lingua bellezza è lo stesso che ardire... Or questo ardire che cos’è, fuorché la libertà di non essere esatta e matematica?”(4). Note all’articolo su Il Copernico.Dialogo. 1. Zibaldone di pensieri, 27 luglio 1821 n. 1393. 2. Zibaldone di pensieri, 20 luglio 1821 n. 1360. 3. L’affermazione è di Saverio Orlando, in G. Leopardi, Operette morali, Milano, Rizzoli, 1976, Introduzione, p. 23. Nell’Introduzione citata sono anche riportati i riferimenti allo Zibaldone da me qui utilizzati. 4. Zibaldone di pensieri, 5 maggio 1822, n. 2415 e 2417. 35 Il Vento Solare di Paolo Boncinelli Fig.1: Struttura del Sole e dettaglio degli strati più esterni dell’atmosfera solare. 1.Introduzione Una delle caratteristiche più importanti della stella Sole è quella di presentare, al di sopra della superficie visibile (fotosfera), un esteso inviluppo gassoso ad alta temperatura che si estende nello spazio interplanetario fin ben oltre l’orbita terrestre. In tale inviluppo si distinguono, procedendo in ordi36 ne di altezza, tre zone distinte (Fig. 1): - La cromosfera, zona superficiale del Sole che è visibile solo per pochi secondi in eclisse al momento dell’immersione o dell’emersione del Sole da dietro la Luna, spessa circa 2000 km. L’osservazione spettroscopica della cromosfera rivela uno spettro costituito da una grande quantità di righe di emissione fra le quali prevale, per intensità, la riga Hα dell’Idrogeno neutro a 656.3 nm. È proprio questa riga a produrre il tipico colore rossastro della cromosfera, colore al quale è dovuto il suo nome; - La regione di transizione, zona in cui la tempe- ratura sale dai circa 10,000 K della cromosfera alle tipiche temperature coronali dell’ordine di 106 K. La regione di transizione non può essere considerata come uno strato della superficie solare che si trova fra due livelli di quota assegnati, bensì come un volume di forma estremamente irregolare, seppure di spessore sottile. Quest’ultimo fatto riflette la rapidità con cui si ha la transizione fra temperature dell’ordine di 104 e 106 K; - La corona solare, un tenue ambiente di gas ionizzato in cui si raggiungono temperature tipiche dell’ordine dei 106 K e che, con l’aumentare della distanza dal Sole, viene ad assumere la forma di un flusso continuo di particelle veloci cui si dà il nome di “vento solare”. Tutte queste strutture sono sede di complessi processi fisici, probabilmente presenti anche su altre stelle, ma osservabili in dettaglio solamente sul sole. Tali processi in gran parte non sono ancora ben compresi, sebbene sembri oggi definitivamente accertato che il campo magnetico solare debba svolgere un ruolo fondamentale nel determinarne le proprietà statiche e dinamiche. In questo lavoro saranno presentate e discusse alcune caratteristiche del vento solare, che, rag- giungendo la terra con il suo moto, è importante anche nel determinare alcuni fenomeni fisici osservati sulla terra (aurore boreali e australi, perturbazioni del campo magnetico terrestre, influenza e disturbi sulle telecomunicazioni). 2.Caratteristiche generali del vento solare Il vento solare è costituito da gas ionizzato (plasma) che fluisce nello spazio a partire dalla corona solare. Dalle misure effettuate per la prima volta dalla sonda “Mariner”, nel 1962, in corrispondenza dell’orbita terrestre il vento solare è costituito prevalentemente da protoni ed elettroni, con una componente di particelle α la cui consistenza è dell’ordine del 3-4% dei protoni. La sua densità media è dell’ordi- ne di 10 protoni/cm3. La velocità con cui il vento fluisce è compresa fra 400 e 700 km/s, con una variabilità temporale dell’ordine di 27 giorni, associabile al periodo di rotazione solare. La propagazione del vento nello spazio supera ampiamente la regione dei pianeti, raggiungendo una distanza dal sole stimata in circa 100 Unità Astronomiche (1 U.A. = 1.496 108 km, corrispondente alla distanza media TerraSole), dove viene fermato dal plasma interstellare formando la cosiddetta “eliopausa”. Prima di raggiungere l’eliopausa, il vento supersonico rallenta bruscamente a velocità subsoniche formando un’onda d’urto nota come “termination shock” (Fig. 2). Fig.2: Eliopausa, termination shock e interazione del vento solare con il plasma interstellare. 37 Nonostante che le prime osservazioni dirette dell’esistenza del vento solare siano state effettuate solo nei primi anni ’60 del secolo scorso, assieme alle prime misure effettuate in situ in corrispondenza dell’orbita terrestre, vi erano già precedentemente indicazioni della sua presenza. In particolare, lo studio della fenomenologia della coda delle comete in orbita attorno al sole aveva suggerito l’esistenza di un flusso di particelle ionizzate provenienti dal sole. Infatti, la coda delle comete, nel moto di avvicinamento al Sole, si divide in due componenti: una componente, composta da polveri, segue un’orbita di tipo kepleriano, mentre la seconda, costituita da particelle ionizzate, segue un’orbita leggermente diversa, il che portaA alla deduzione che sulle particelle che la compongono agiscono forze di natura non gravitazionale (Fig. 3). Tali forze sono in parte dovute alla pressione di radiazione associata all’emissione elettromagnetica del sole, ma questo contributo non è sufficiente per spiegare l’anomalia delle orbite. È quindi necessario ipotizzare che esista un flusso di materia radiale 38 ionizzata proveniente dal Sole. Oltre che dalle suddette osservazioni astronomiche indirette, l’esistenza del vento solare era però stata predetta anche da un importante studio teorico condotto da Parker (1958), relativo alla modellizzazione della struttura della corona solare. plesso, la cui fenomenologia non è stata ancora completamente compresa in tutti i dettagli. Il primo semplice modello fisico sviluppato per descriverne le caratteristiche si basa sull’approssimazione che la corona sia statica e abbia simmetria perfettamente sferica. Ciò equivale a supporre che la corona sia costituita da un gas in equilibrio per effetto dell’azione delle sole forze di pressione e gravitazionale, trascurando completamente l’azione del campo magnetico. Inoltre tutte le quantità termodinamiche fondamentali (densità, pressione e temperatura) dipendono solamente dalla distanza r dal centro del Sole. Sotto queste ipotesi, l’equilibrio dinamico della corona implica che deve essere soddisfatta l’equazione dell’equilibrio idrostatico, in cui i gradienti di pressione che tendono a far espandere il gas coronale sono bilanciati dalla forza di attrazione gravitazionale: 3. Modelli teorici della corona solare 3.1. Il modello statico La corona solare rappresenta un sistema estremamente com- (1) dove p e ρ rappresentano pressione e densità del gas (funzioni della sola distanza r dal centro del Sole), MS è la massa Fig.3: Illustrazione schematica della doppia coda delle comete durante il moto orbitale al perielio, e immagine della cometa di Hale-Bopp (NASA GSFC). solare e G la costante di gravitazione universale. Questa equazione può essere risolta analiticamente, accoppiandola con l’equazione di stato dei gas perfetti: (2) con R costante dei gas, m peso molecolare e T temperatura del gas, con l’ulteriore ipotesi che la temperatura sia costante (corona isoterma) e omogenea (µ costante), per ottenere l’andamento delle funzioni p(r) e ρ(r). Senza entrare nel dettaglio dei calcoli, il risultato di tale risoluzione porta a prevedere, a distanza infinita dal sole, e utilizzando i valori tipici noti delle grandezze fisiche coinvolte, valori di pressione p∞ e ρ∞ di densità del plasma di diversi ordini di grandezza maggiori rispetto a quelli noti per il mezzo interstellare in cui termina la corona. Le cose non migliorano se, con una ipotesi più realistica, si assume che la temperatura T della corona non sia costante, ma diminuisca all’aumentare della distanza r dal centro del Sole. Anche in questo caso, infatti, la risoluzione dell’equazione dell’idrostatica porta a ipotizzare valori a distanza infinita delle grandezze termodinamiche non in accordo con le osservazioni astronomiche, e per di più fisicamente inconsistenti fra loro. In base a queste considerazio- ni, l’ipotesi di una corona statica deve essere abbandonata e bisogna invece passare a teorie che coinvolgano un equilibrio dinamico della corona. Il problema teorico è stato risolto brillantemente dal fisico americano E. Parker nel 1958. La sua teoria è illustrata nel paragrafo seguente. 3.2. Modello di Parker Viste le contraddizioni emerse dal modello statico di corona, Parker propose un modello teorico alternativo in cui, pur mantenendo per semplicità le ipotesi di simmetria sferica, di isotermia e di costanza del peso molecolare medio del plasma coronale, si suppone un equili- (3) che deve essere risolta assieme all’equazione di conservazione della massa (equazione di continuità): (4) Le equazioni (3) e (4) possono essere risolte analiticamente, assieme all’equazione di stato dei gas perfetti (2), per determinare l’andamento della velocità radiale v(r) al variare della distanza dal centro del Sole. Tale andamento dipende da un parametro rappresentato, come in ogni equazione differenziale del primo ordine, dalla costante di integrazione determinata dalle condizioni al contorno. Diverse soluzioni, corrispondenti a diverse scelte delle condizioni al contorno, sono rappresentate in Fig. 4. In questa figura, sia la velocità v che la distanza r sono scalate utilizzando rispettivamente la velocità del suono cs Fig.4: Andamento schematico delle soluzioni del plasma e un vadelle equazioni (3) e (4) per la velocità radiale . lore “critico” della brio dinamico, con una certa distanza rc, corrispondente al velocità radiale v(r) del plasma. punto in cui la velocità del flusL’equazione dell’idrostatica (1) so raggiunge la velocità del suoviene quindi sostituita dall’equano. zione della dinamica: 39 Si possono individuare 6 diver- in buon accordo con le osservadello spazio più vicine al Sole, se tipologie di soluzioni: zioni condotte dalle sonde lanfino a distanze dalla stella del1. Le soluzioni di tipo 1 e 2 sono ciate in orbita attorno alla Terra l’ordine di 0.3 U.A. (sonde curve a più valori della velocisin dalla fine degli anni ’50 del Helios 1 e Helios 2, lanciate rità, e quindi non rappresentasecolo scorso. spettivamente nel 1974 e nel no funzioni fisicamente accet- Malgrado la sua semplicità, la 1976). Più recentemente, una tabili; teoria di Parker è dunque camissione congiunta ESA-NASA 2. Le soluzioni di tipo 3 e 6 prepace di fornire una descrizioha portato al lancio della sonda vedono una velocità supersone soddisfacente del vento so“Ulysses”, che dal 1990 al 2009 nica del flusso in prossimità lare ed è fuor di dubbio che ha esplorato le regioni dello spadella superficie del Sole che è essa colga gli aspetti fisici fonzio al di fuori del piano dell’eclitin disaccordo con le osservadamentali di questo complestica (piano dell’orbita terrestre), zioni sperimentali; so fenomeno. raccogliendo, fra l’altro, dati sul 3. La soluzione di tipo 4, vento solare in regioni al fisicamente accettabidi sopra dei poli del Sole. le, prevede un flusso Queste più recenti ossersubsonico a grandi divazioni hanno rivelato stanze dal sole (la coche il vento solare non è siddetta “brezza solacostituito da un flusso re”), che non è stato fiomogeneo, ma può essenora osservato, ma la re diviso in due diverse cui esistenza non può componenti: essere esclusa; 1. Una componente det4. La soluzione di tipo 5, ta “vento solare veloce” unica, prevede un flus(high-speed wind), caratteso inizialmente subsorizzato da velocità supenico che successivariori a 600 km/s e promente, passando per il prietà fisiche sostanzialpunto critico (v = c s , r mente omogenee ed uni= r c ), accelera fino a formi; velocità supersoniche a Fig.5: Velocità del vento solare, misurata dalla 2. Una componente di sonda Ulysses, in funzione della latitudine grande distanza dal Sole. “vento solare lento” (lowsolare. Al grafico della velocità è sovrapposta un’immagine della corona. Tale soluzione rappresenspeed wind), avente velota la “soluzione del vento socità molto inferiori (300lare” trovata da Parker. 400 km/s), e caratterizzato Andando a valutare il valore del- 4. Vento veloce e vento da maggior disordine e disola velocità previsto dalla solulento mogeneità. zione 5 alla distanza di 1 U.A., Col progredire delle attività di Come evidenziato in Fig. 5, ovvero alla distanza della Teresplorazione spaziale, nel corso che riporta, sotto forma di ra dal Sole, assumendo un vadegli ultimi quarant’anni si sono diagramma polare, la velocilore della temperatura coronaraccolti molti dati relativi alle catà del vento solare misurata le T compreso fra 10 6 K e ratteristiche del vento solare, dalla sonda Ulysses in funzio6 2×10 K, si trova che: non solo in prossimità dell’orbine della latitudine solare, la (5 ta terrestre, ma anche in regioni velocità del vento è pratica40 mente costante e dell’ordine di circa 750 km/s (vento veloce) ad alte latitudini solari e in prossimità dei poli (|ϕ| > 30°), mentre è più bassa e molto più variabile (vento lento) in corrispondenza delle basse latitudini. Al grafico della velocità è sovrapposta un’immagine della corona. La teoria di Parker può essere affinata introducendo ulteriori fenomeni nella descrizione teorica, quali la rotazione solare, l’equazione dell’energia, zioni mostrano che le regioni di origine del vento solare veloce corrispondono a zone coronali in cui le linee di forza del campo magnetico sono aperte (alte latitudini e buchi coronali), mentre il vento lento parte da regioni in cui le linee di forza sono chiuse (Fig. 6). La Terra, trovandosi nel piano dell’eclittica, in corrispondenza a basse latitudini solari, è di conseguenza prevalentemente investita dal vento lento, an- Fig.6: Schema della struttura del campo magnetico coronale: archi magnetici con linee di forza chiuse (A) e buchi coronali con linee di forza aperte (B). Immagine di alcuni archi coronali ripresa dalla sonda spaziale TRACE (1998). per tener conto di eventuali variazioni di temperatura, modelli a due o più fluidi, etc… . Tuttavia, anche con questi miglioramenti, la teoria riesce a descrivere con un certo successo soltanto il vento veloce. Per cercare di spiegare l’origine e le caratteristiche del vento lento, è indispensabile introdurre nella modellizzazione del vento solare anche l’influenza del campo magnetico coronale, la cui presenza è fondamentale nel determinare la fenomenologia della corona, e del vento solare che da essa si origina. In particolare, le osserva- che se il vento veloce può essere osservato in corrispondenza del passaggio di un buco coronale a bassa latitudine lungo la direzione Sole-Terra. 5.Meccanismi di accelerazione del vento lento L’introduzione del campo magnetico nella descrizione del comportamento del vento solare complica notevolmente lo studio teorico del problema, in quanto le equazioni della dinamica dei fluidi devono essere risolte insieme alle equazioni che governano l’evoluzione del campo ma- gnetico. Il sistema di equazioni risultante, noto come “equazioni della magnetoidrodinamica”, non può essere generalmente risolto per via analitica, se non in casi estremamente semplificati e solitamente poco significativi. Per questo motivo, nel corso degli ultimi vent’anni, la ricerca in questo campo si è concentrata sulla risoluzione numerica approssimata al calcolatore di tali equazioni. Tale approccio ha permesso di ottenere soluzioni dettagliate del problema, sia pur approssimate, che hanno consentito di raggiungere una migliore e più approfondita comprensione dei meccanismi fisici che governano il fenomeno. Tuttavia, molti aspetti rimangono ancora non completamente chiari. Uno dei più importanti, discusso brevemente in questo paragrafo, riguarda i meccanismi di produzione e di accelerazione del vento lento. L’osservazione che il vento solare lento si sviluppa a partire dagli archi coronali implica che esso non può essere accelerato per effetto di meccanismi puramente fluidodinamici, come previsto dal modello di Parker, dal momento che in un arco coronale le linee di forza di campo magnetico sono chiuse, e fanno sì che il flusso accelerato di particelle ionizzate 41 È noto da studi teorici di fluidodinamica e magnetoidrodinamica che configurazioni di questo tipo sono instabili, cosicché piccole perturbazioni dell’equilibrio iniziale possono determinare lo sviluppo di fenomeni che, su tempi scala relativamente brevi, possono portare alla completa alterazione Fig.7: Modello di scia magnetizzata per il delle configurazioni di vevento solare lento che si sviluppa al di sopra locità e campo magnetico di un arco coronale [Einaudi et al., 1999]. iniziali. Nello studio sopra citato, rimanga confinato all’interno delle equazioni della magnetoidrol’arco stesso (confinamento del dinamica sono state risolte al plasma), ritornando nell’atmocalcolatore per studiare l’evolusfera solare. Per questo motivo, zione della scia W0 nella sua inè necessario ricercare qualche terazione con il campo magnealtro tipo di meccanismo retico B0. Senza entrare nel dettasponsabile dell’accelerazione glio della fenomenologia previdel vento lento al di sopra delsta, né dei fenomeni fisici coinl’arco. volti, i risultati dell’analisi hanIn due lavori del 1998 e del 1999, no mostrato chiaramente come Dahlburg et al. e Einaudi et al. tali interazioni possano portare hanno ipotizzato che la produad una significativa acceleraziozione e l’accelerazione del venne del vento lento all’interno to lento sia opera del vento vedella scia (fino ad una velocità loce che si sviluppa in corrispondenza dei buchi coronali adiacenti. Le osservazioni della corona solare suggeriscono infatti che, in prossimità del Sole, il vento lento possa essere descritto come una scia magnetizzata (Fig. 7), cioè una regione di bassa velocità circondata da zone di flusso ad alta velocità (W0). In corrispondenza di tale scia la polarità del campo magnetico B0 si inverte, formando un cosiddetto “strato neutro” (“neutral sheet”), come illustrato in Fig. 7. 42 dell’ordine del 30% di quella del vento veloce) in tempi confrontabili con quelli osservati sperimentalmente (Fig. 8). Da studi di questo tipo viene dunque confermata l’ipotesi che i dettagli e i meccanismi fisici che determinano il fenomeno del vento solare sono determinati in modo fondamentale dall’interazione fra campo di velocità del flusso e campo magnetico coronale. 6. Bibliografia [1] E. Landi Degl’Innocenti, “Fisica solare”. Springer, 2008. [2] Parker, E., “Dynamics of the interplanetary gas and magnetic fields”. 128, 664, Astrophys. J., 1958. [3] INAF - Osservatorio astrofisico di Catania, “Il vento solare”. URL: http://www.oact.inaf.it/solar_week/ vento_solare.htm [4] NASA/Marshall Space Flight Center, “Solar Physics”. URL:http://solarscience.msfc.nasa.gov/ [5] R.B. Dahlburg, J.T. Karpen, G. Einaudi, P. Boncinelli. “Acceleration of the slow solar wind”. Proceedings of International Meeting “Solar Jets and Coronal Plumes”, Guadeloupe, DOM, France, 23–26 February 1998 (ESA SP–421, May 1998), pp. 199–205. [6] G. Einaudi, P. Boncinelli, R.B. Dahlburg, J.T. Karpen. “Formation of the slow solar wind in a coronal streamer”. Journal of Geophysical Research, Vol. 104, No A1, January 1, 1999, pp. 521–534. Fig.8: Evoluzione del profilo di velocità della scia di vento solare lento W0 a diversi istanti di tempo per effetto dell’interazione con il campo magnetico B0 [Einaudi et al., 1999]. di Lorenzo Brandi e Antonio Restivo Le meridiane sono state a lungo il più preciso strumento di misura del tempo fino all’avvento dei moderni orologi atomici, ma anche uno strumento di larga diffusione. Poste sulle pareti di un edificio o di una torre campanaria hanno democraticamente svolto il ruolo di orologio per ricchi e poveri di ogni tempo. La precisione della misurazione del tempo risiede nello sfruttamento del moto apparente degli astri lungo la volta celeste, o più precisamente del Sole, il cui moto, almeno in prima approssimazione, è ben delineato dalle comprovate leggi di astronomia sferica da svariati secoli. Realizzare meridiane a regola d’arte non è facile. Nella loro apparente semplicità si nascondono complessi esercizi e calcoli geometrici niente affatto banali. La meridiana del liceo Gobetti, situata in prossimità del vertice della pista di atletica posta fra l’omonimo liceo e l’Istituto Tecnico A. Volta, ha avuto prima di tutto uno scopo didattico, dove tuttavia non si è voluta trascurare la componente ornamentale, pertanto essa ha beneficiato anche di qualche tocco artistico aggiuntivo. Essa appartiene alla schiera delle meridiane orizzontali dove cioè un bastone tecnicamente denominato gnomone (dal greco gnomon, indicatore) proietta la propria ombra su una superficie orizzontale, in questo caso la pista di atletica. Lo gnomone non è un semplice palo dritto ma è anzi costituito da un palo giallo ricurvo recante sull’estremità superiore, ad un’altezza di circa 2,50 m, una sfera blu, simbolo della sfera celeste ma anche della nostra Terra (notare che il giallo ed il blu sono stati i colori scelti per la copertina della rivista “il Gobetti” del dicembre 2008, numero monografico dedicato ad argomenti scientifici e a questo punto considerati colori ufficiali del Liceo). La sfera in alto, proiettando la sua ombra, indica l’ora e 43 la stagione. La curvatura del palo non è casuale ma l’inclinazione che raggiunge al punto di innesto della palla è approssimativamente equivalente alla latitudine del luogo (43° 46’). Dal momento che il palo è ricurvo esso proietta sul terreno un’ombra curva, tranne nell’istante in cui il Sole passa per il piano su cui giace l’arco di circonferenza. Il palo è stato orientato grossomodo con il piano del meridiano anche se il momento esatto del “passaggio di consegne” fra la mattina ed il pomeriggio si ha quando l’ombra della sfera si proietta sulla linea meridiana (vedi figura qui sotto). Questo avviene nel momento in cui il sole raggiunge la sua massima altezza nel cielo (culminazione) e l’ombra sul terreno individua appunto il meridiano locale. Ad essere rigorosi, con il termine meridiana andrebbe indicato esclusivamente lo strumento che indica appunto il passaggio del Sole sul meridiano che avviene a metà del giorno (dal latino merídies, mezzogiorno). Il nostro strumento, oltre ad indicare le ore del giorno e la stagione, può essere utilizzato per la localizzazione della Stella Polare. La sfera della meridiana materializza la Terra e il supporto che la sostiene indica l’asse di rotazione terrestre. In tal modo la tangente orizzontale alla sfera risulta parallela al piano dell’orizzonte e il supporto è orientato verso la Stella Polare. Molti pensano che la Stella Polare sia la stella più brillante del cielo, in realtà si tratta di una stella non particolarmente luminosa che però ha la particolarità di essere il fulcro attorno alla quale ruotano tutte le altre stelle del firmamento. Si trova infatti sul prolungamento del- L’ombra della sfera della meridiana nel momento del passaggio del Sole a mezzogiorno fotografata durante le misurazioni per individuare la linea equinoziale. 44 l’asse di rotazione terrestre e la rotazione in senso antiorario delle stelle che osserviamo è dovuta in realtà al moto di rotazione in verso opposto della Terra. La Stella Polare indica quindi la direzione del Nord e di conseguenza è possibile individuare anche gli altri punti cardinali sull’orizzonte. Inoltre, dalla sua inclinazione sul piano orizzontale, è possibile ricavare la latitudine alla quale ci troviamo. Infatti, viaggiando verso nord si vedrebbe la Stella Polare alzarsi sull’orizzonte fino a raggiungere la verticale (Zenit) al Polo Nord. Al contrario, andando verso sud, la Stella Polare si abbassa fino a toccare la linea dell’orizzonte in corrispondenza dell’equatore. La sfera del nostro orologio solare è collegata alla struttura con un supporto inclinato di circa 44°, che corrisponde alla latitudine di Bagno a Ripoli. Possiamo immaginarla come una rappresentazione della Terra, mentre il supporto che la unisce alla struttura è la materializzazione dell’asse terrestre. Grazie all’orientazione della meridiana secondo la direzione nord-sud il supporto punta verso la Stella Polare. Immaginando un piano orizzontale tangente alla nostra sfera possiamo localizzare il punto della Terra nel quale ci troviamo (vedi dise- Osservando il cielo notturno attraverso il tubicino è facile individuare la Stella Polare attorno alla quale, nel corso della notte, ruota la sfera celeste. gno a pag. 44). Ecco perché, osservando il cielo attraverso il piccolo tubo collegato alla struttura, inclinato di un angolo uguale alla latitudine e parallelo all’asse terrestre, possiamo osservare di notte la Stella Polare (vedi figura qui sopra). Una volta tracciate, le linee orarie (di colore bianco) segneranno le ore 9, 10, 11, 12, 13, 14. Esse saranno tutte uguali tra loro ad eccezione della linea del mezzogiorno, leggermente più spessa. La ricerca della linea meridiana è stata eseguita in due riprese, dapprima dai ragazzi della scuola Media Puccini guidati dalla prof.ssa Ferrari, mediante l’uso dei cosiddetti cerchi indiani, poi dagli studenti delle classi quinte del liceo, gli stessi ragazzi che avevano ricevuto a cavallo fra la classe quarta e la classe quinta la possibilità di usufruire di 15 ore di lezione pomeridiane sulla gnomonica. Una volta individuata la linea meridiana sarà piuttosto agevole tracciare le altre linee orarie solari. Alle estremità vi saranno due iperboli, dette iperboli solstiziali. La palla lambirà l’una o l’altra iperbole nei giorni del 21 giugno e 22 dicembre e saranno anche le ombre in assoluto più lunghe e più corte proiettando rispettivamen- te l’ ombra più corta e più lunga a parità di ora. A distanza media vi è un segmento, si tratta di una porzione della retta equinoziale, la linea che seguirà la palla in corrispondenza dei giorni d’equinozio (21 marzo e 23 settembre). Il nostro strumento, oltre ad indicare la metà del giorno, è in grado quindi di misurare anche il tempo, perciò sarebbe più corretto chiamarlo orologio solare. Come è noto, la misurazione del tempo richiede l’utilizzo di un fenomeno che si ripete regolarmente come ad esempio il battito del nostro cuore, l’oscillazione di un pendolo o di un bilanciere di un orologio, la rotazione terrestre o ancora l’oscillazione di un’onda elettromagnetica. Ovviamente, più il fenomeno mantiene inalterato il suo periodico ripetersi, più lo strumento risulta efficace. La nostra Terra è un orologio molto affidabile dato che ruota con estrema regolarità e solo con l’utilizzo delle onde elettromagnetiche i fisici hanno potuto abbandonarla nella definizione dell’unità di tempo. Il tempo delle meridiane è però una misura valida solo localmente a causa della rotazione della Terra. Tutto ciò non ha creato grossi problemi nella storia dell’umanità, e solo con lo sviluppo delle comunicazioni ferroviarie è nata l’esigenza di definire un’ora valida per tutta la nazione. Con l’espandersi dei commerci internazionali sono stati successivamente introdotti i fusi orari, proposti dal bolognese Giuseppe Barilli, noto anche con Determinazione del meridiano locale con il metodo dei “cerchi indiani” effettuata dai ragazzi della Scuola Media “Giacomo Puccini” guidati dalla professoressa Beatrice Ferrari. 45 lo pseudonimo di Quirico Filopanti, già nel 1859. Adesso i nostri orologi sono regolati sul meridiano passante per l’Etna che si trova a 15° di latitudine est dal meridiano di Greenwich. Sole medio, di un’altra località e precisamente di Catania. Questo perché, per esigenze pratiche, tutto il territorio nazionale ha adottato l’ora del meridiano posto 15° più a est di quello fondamentale passante per Greenwich, definito primo fuso orientale. Quindi, all’ora individuata dalla nostra meridiana e cor- la renderà unica nel suo genere: gli analemmi ad ore scolastiche. Le ore sopra menzionate non coincidono, salvo due giorni l’anno (il 22 ottobre ed il 15 novembre per Firenze) con le ore dell’orologio, regolato sul cosiddetto tempo civile. Fatta salva l’ora legale l’ombra della palla andrà a colpire dei particolari segni circolari posti nel terreno (di colore giallo) in corrispondenza dell’istante in cui suonerà la campanella dell’intervallo (ore 11:05) e della prima uscita (ore 13:15), e la campanella è regolata sull’ora del Sole medio del primo fuso orientale, ovviamente! Per costruire un’unità di tempo basata sulla rotazione della Terra e utile per le attività umane è necessario misurare l’intervallo di tempo impiegato dal Sole per culminare in due giorni successivi sul meridiano locale, definendo appunto il giorno solare. Purtroppo questo intervallo di tempo non è costante: il moto apparente del Sole lungo la sfera celeste avviene con velocità diverse nei diverNon è raro imbattersi in merisi periodi dell’anno. Questi efdiane recanti, oltre alle linee fetti dipendono dalla diversa orarie, anche l’analemma delle velocità di rivoluzione della ore 12. Rarissimi sono invece Terra attorno al Sole, dovuta gli esemplari che hanno gli alla sua orbita ellittica, seconanalemmi in corrispondenza do quanto indicato nella sedelle ore 9, 10, 11, etc. di temconda legge di Keplero e dalpo civile. Nessuna però ha del’inclinazione dell’asse di rogli analemmi posti in corritazione della Terra che non è spondenza col più caratterizperpendicolare al piano della zante dei suoni scolastici: la sua orbita. Gli astronomi campanella. La scelta di questi hanno quindi definito un Sole due fra le tante possibili varianideale che si muove regolarti è stata dettata da esigenze pramente nel cielo lungo un’ortiche e… dal cuore. L’ora di inibita coincidente con l’equatozio non era possibile realizzarre celeste, talvolta in anticipo la perché per ampio tratto delGli studenti della Scuola Media “G. Puccini” allineati da Sud a Nord lungo il meridiano del Gobetti. talvolta in ritardo rispetto al l’anno l’Istituto Volta pone in Sole vero, e su questo hanno ombra, a quell’ora, lo gnomodefinito il tempo scandito dai nostri oro- retta con l’equazione del tempo sarà ne- ne. Di conseguenza abbiamo optato per logi. Se, viceversa, volessimo tornare ad cessario aggiungere il tempo corrispon- rappresentare le ore più dolci agli studenutilizzare il Sole vero per regolare le dente alla differenza di longitudine fra ti: l’inizio della ricreazione e l’uscita. Per la nostre attività, non sarebbe necessario Bagno a Ripoli e Catania sul cui meri- verità non tutti gli studenti escono alle apporre alcuna correzione all’ora forni- diano sono regolati gli orologi dell’Eu- 13,15 e inoltre il sabato l’orario della leta dalla meridiana ma dovremmo inve- ropa Centrale. Poiché la nostra Terra zioni è differente. D’altra parte porre ultece correggere la misura fornita dall’oro- impiega circa 24 ore a compiere l’intero riori analemmi per registrare tutte le ore di logio utilizzando la cosiddetta equazio- giro di 360°, occorrono 4 minuti per uscita degli studenti avrebbe reso più difne del tempo, o la sua rappresentazione ruotare di un angolo pari ad un grado ficile la lettura (col rischio di confondere grafica che è una curva a forma di otto di longitudine e il Sole culminerà a Ca- gli analemmi delle due ore consecutive) e detta analemma. In realtà, la situazione tania circa 14 minuti prima rispetto a didatticamente, quindi, meno efficace. è ancora più complessa perché l’orolo- noi dato che il meridiano della città etnea gio non soltanto scandisce un tempo si trova circa tre gradi e mezzo più a est Laurentius Gladii fecit cum Antomedio incurante delle diversità di mo- di Bagno a Ripoli. nio Aestivo-rege, alumnis scholae vimento del Sole vero sulla volta cele- Ecco perché la meridiana sarà imprezio- Gobetti atque puerulis Quae ste, ma inoltre registra l’ora, scandita dal sita anche da un ulteriore elemento che bonum-dabit Ferrari. 46 Ritorno al SOLE Presentazione del progetto pluriennale “La Scuola Verso una nuova Era Solare” di Alessandro Dei L’adesione al progetto proposto nell’anno scolastico scorso (2010-11) dalla Direzione Controllo Qualità ed Energie Alternative della Provincia di Firenze “La Scuola verso una nuova Era Solare” fu rapida e unanime al momento che il progetto pervenne alla nostra attenzione. Alcuni docenti dell’Istituto, già da tempo sensibili alle tematiche sul dispendio energetico e della tutela dell’ambiente, si erano posti alcune domande sui consumi e quindi sui costi derivanti dall’utilizzazione dell’energia elettrica e termica dell’Istituto e dei relativi spazi e volumi, rapportati alle attività che vengono svolte. Oltre a ciò, si è posta una sempre maggiore attenzione alle problematiche dell’inquinamento ambientale, che principalmente nella stagione invernale registrano i picchi massimi di utilizzo, unita all’aspetto della tutela della qualità dell’aria in relazione alle emissioni di CO2, hanno rappresentato spunti indispensabili per le dovute riflessioni. L’ultima considerazione, decisamente rilevante e pertinente, poneva in evidenza la particolarissima quan- to privilegiata esposizione al sole della superficie sia della struttura edificata che degli ampi spazi aperti che ne caratterizzano la superficie di contorno. Ecco quindi che al momento della presentazione del progetto della Provincia di Firenze, si rese evidente la congruenza di quanto già presente nelle tematiche fatte emergere dai docenti e gli obiettivi proposti dal progetto stesso che, su richiesta del nostro Istituto, fu integrato da un ulteriore finalità rispetto a quelle indicate dalla Direzione Provinciale: proprio in considerazione delle caratteristiche di ubicazione del complesso scolastico il progetto venne così arricchito della eventuale ipotesi, vincolata ovviamente da termini di fattibilità e del reperimento delle risorse economiche, della realizzazione di un impianto fotovoltaico a sostegno del fabbisogno termo-elettrico mediante il reperimento e l’utilizzazione della risorsa energetica rappresentata dal Sole. Il Collegio dei Docenti chiamato e deliberarne l’adesione si espresse con voto unanime; ebbe così inizio il nostro percorso di ritorno al SOLE. IL PROGETTO IN SINTESI Le finalità del progetto consistono nel sensibilizzare gli utenti della scuola (studenti, insegnanti, personale ausiliari, famiglie) per un uso corretto e razionale degli edifici e degli impianti nonché individuare interventi mirati di adeguamento gestionale e strutturale; e nello stimolare l’interesse dei medesimi sulle motivazioni poste a base dell’uso razionale dell’energia, dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Le modalità di effettuazione vengono attuate attraverso incontri e conferenze tenuti da tecnici della Provincia, esperti del settore e/o soggetti che operano nel campo della ricerca (anche per livelli di approfondimento differenziati e successivi) il cui programma viene concordato con i riferenti della scuola e coordinato con le attività didattiche. I soggetti impegnati nel progetto sono coordinati dal sottoscritto incaricato della Funzione Strumentale “Attività Civico-Ambientali”, nominato Energy Manager Scolastico (EMS), tra questi, in relazione alle proprie competenze, i docenti di fisica: Prof. Paolo Boncinelli, 47 Prof.ssa Rita Del Francia, Prof. Andrea Paoletti, Prof.ssa Lucia Torrini già presenti nello scorso anno scolastico e ai quali si sono aggiunti nel corrente anno le Prof.sse Emanuela Corsini e Marina Figuccia. Il progetto viene sviluppato dagli studenti delle classi III che ne hanno fatto richiesta di adesione per il corrente anno scolastico: Frezzi Silvia (3A), Esposito Chiara (3E) e Lucchetti Anna (3F); e delle classi quarte e quinte che hanno iniziato l’anno scorso: Altieri Umberto, Batini Niccolò, Cioni Lapo; Nebbiai Daniele (4A); Fanetti Tommaso, Ricciardi Alessio (4C); Cortini David, Ferrini Livia, Lucchetti Anna, Mascilli Lorenzo, Nenci Andrea; Pesce Monica (4D); Amato Alessandro, Fibbi Elisa, Pranzini Nicola (5B); Alterini Margherita, Aquil Marco, Neri Jacopo (5C); Bacherini Cosimo, Burberi Andrea, Conti Marco (5E); Alfano Claudia, Donadio Massimiliano; Pratesi Caterina (5F). Completano la composizione del gruppo di lavoro: la Dirigente Amministrativo Anna Maria Del Mastio, la Sig. Guerrini Tiziana del personale ausiliario generico e due rappresentanti dei genitori tra i quali la Sig.ra Lucia Falozzi. Occorre aggiungere che per coloro che fossero interessati, le adesioni sono ancora possibili per alunni/e di terza e quarta, per il personale e per rappresentanti dei genitori. COSA È STATO REALIZZATO FINO ADESSO Il primo incontro è stato realizzato il 15 aprile 2011 presso l’Aula “Perini” del Liceo. Intervennero l’ Ingegner Luigi Tacconi della Direzione Controllo Qualità ed Energie Alternative della Provincia di Firenze e l’Ing. Massimiliano Pancani sempre della Provincia di Firenze. I temi trattati furono: la spesa energetica, l’energia e le emissioni di CO2 in relazione all’utilizzo dell’ elet48 tricità per l’illuminazione, il riscaldamento e l’utilizzo degli strumenti didattici e delle attrezzature scolastiche, quali informazioni specifiche circa i consumi una mappatura dell’impianto termo-elettrico dell’Istituto e la possibilità di sperimentare l’installazione di termo-valvole ai termosifoni delle classi. I PROSSIMI IMPEGNI energetici e sulla classe dell’edificio nello stato attuale. E ancora: l’Introduzione sulle tematiche globali (questione energetica, uso delle risorse naturali, cambiamenti climatici), la nuova era solare e sulla fase di transizione in atto; l’uso razionale dell’edificio, il miglioramento dell’efficienze energetica, l’impiego di fonti rinnovabili e una esaustiva presentazione del metodo della produzione di energia attraverso le centrali nucleari con relative conseguenze. Il secondo incontro, sempre presso l’Aula “Perini”, si è svolto il 3 novembre 2011. Sono ancora intervenuti l’Ingegner Luigi Tacconi e l’Ing. Massimiliano Pancani della Direzione Controllo Qualità ed Energie Alternative della Provincia di Firenze e la Dott. Valentina Grasso, ricercatrice del Consorzio LaMMA del CNR Area Ricerche. Gli argomenti sono stati: la struttura energetica del nostro Istituto, i consumi e i costi termo-energetici suddivisi per settori, dal riscaldamento all’utilizzo degli strumenti didattici e delle attrezzature scolastiche. Ampio spazio è stato dedicato ai cambiamenti climatici globali e della nostra realtà locale. Sono state inoltrate le richieste per l’installazione di una centralina meteo-termo-barometrica presso il nostro istituto, contatori a defalco, Per dovere di cronaca si deve registrare una battuta d’arresto nello sviluppo del progetto: la Provincia di Firenze, considerata l’attuale situazione economico-politica, ha rallentato i rapporti e alcune iniziative sono rimaste in stand-by. Anche dal canto nostro la situazione è cambiata e cambierà ulteriormente; dall’a.s. 2012/2013 la prossima fusione con l’Istituto Volta dovrà provvedere anche alla sovrapposizione del nostro progetto con quello analogo dell’Istituto “Volta, coordinato dal Prof. Riccardo Bonaccini; sarà necessario quindi rivalutare gli interventi. Per quanto ci riguarda proporremo la formazione di gruppi di lavoro per continuare a migliorare il programma di interventi utili alla sensibilizzazione, al monitoraggio e alla verifica dell’adeguatezza dei consumi e dei costi derivanti dall’esercizio dell’attività scolastica e la reale possibilità dell’abbattimento dei consumi per l’obbiettivo di un ritorno economico a favore della Provincia e del nostro Istituto, come previsto dal progetto stesso. Gli incontri successivi dovranno produrre elementi e dati utili per la migliore gestione delle risorse energetiche utili al contenimento della spesa, della produzione e relativa emissione di CO2, della cultura della cura dell’ambiente sviluppando le tematiche introdotte negli incontri precedenti e al riguardo della difesa dell’ambiente e delle energie rinnovabili il nostro straordinario ambizioso obbiettivo: l’approfondimento di uno studio per un progetto di fattibilità di un impianto fotovoltaico ad uso di tutto il complesso scolastico, che se effettivamente potrà essere realizzato, ci permetterà di compiere il nostro straordinario RITORNO AL SOLE.