La Hispania Citerior (Spagna citeriore) e la Hispania Ulterior

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Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di
Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia, da www.treccani.it e
da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione III: Età romana.
La prima divisione della Spagna romana in Hispania Citerior e Hispania Ulterior (nel 196 a.C.).
La Hispania Citerior (Spagna citeriore) e la Hispania Ulterior (Spagna ulteriore) furono due
province romane con capitali, rispettivamente, Tarragona e Cordova, in cui nel 197 a.C., dopo il
termine della seconda guerra punica, vennero suddivisi i territori conquistati dai Romani ai
Cartaginesi nella penisola iberica (Hispania). Erano separate da una linea di demarcazione che dalla
città di Carthago Nova (Cartagena), o dalle sue immediate vicinanze, attraverso la meseta,
raggiungeva i Pirenei occidentali. Era dunque una frontiera che si discostava alquanto da quella
precedentemente delimitata dal fiume Ebro, che aveva costituito il limite all'espansione cartaginese
in Spagna, fissato con il trattato del 228 a.C.
Nei primi decenni dell'occupazione infatti i romani si trovarono di fronte alla guerriglia scatenata
dal capo lusitano Viriato, che culminò con la presa della città celtibera di Numanzia (133 a.C.).
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Guerra di Lusitania
La penisola iberica nel 156 a.C., alla vigilia della guerra lusitana e di quella numantina.
La Guerra lusitana fu la resistenza che i Lusitani della Spagna Ulteriore opposero ai conquistatori
romani dal 155 al 139 a.C. I Lusitani si ribellarono in due diverse occasioni, nel 155 e nel 146 a.C.
Questa tribù entrò per la prima volta in guerra con i Romani nel 194 a.C., quando erano ancora
liberi. Dal 179 a.C. i Romani riuscirono a pacificare gran parte della regione, stipulando un trattato
di pace. La prima rivolta scoppiò nel 155 a.C. e terminò quando il pretore Servio Sulpicio Galba
fece uccidere a tradimento nel 150 a.C. i capi dei Lusitani, da lui invitati ad un colloquio di pace.
Nel 146 a.C., guidati da Viriato, si ribellarono di nuovo, dando vita a una vasta coalizione antiromana, comprendente diversi popoli. Viriato fu ucciso nel 139 a.C. nel suo letto da tre suoi uomini,
corrotti dai Romani. Il generale Quinto Servilio Cepione giustiziò poi i tre, dicendo che Roma non
ricompensa i traditori.
- Le isole Baleari furono conquistate nel 123 a.C. da Quinto Cecilio Metello, tanto da meritagli il
titolo vittorioso di "Balearico". Metello sistemò 3.000 cittadini romani e iberici nei territori di
dell'isola di Maiorca, fondando la città di Palma oltre a Pollentia.
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Ma ci furono negli anni immediatamente successivi ribellioni di secondaria importanza e molto
localizzate nei territori dei Lusitani e di alcune popolazioni celte dell'occidente peninsulare.
Più seria per Roma fu la migrazione verso sud dei Cimbri, Teutoni ed Ambroni che minacciarono
più direttamente Roma. Dopo la battaglia di Arausio (in Provenza 105 a. C.) dove i Romani furono
sconfitti, le tribù germaniche di Teutoni e Cimbri saccheggiarono i territori settentrionali
della Hispania fino alla Gallecia nel 105 a.C. e per tre anni. Poco dopo (102 a.C.) i Cimbri e
Teutoni mossero dalla Spagna per attaccare i Romani nella Gallia Narbonense, ma furono sconfitti
nella battaglia di Aquae Sextiae (Aix en Provence, 100.000 morti e 100.000 ridotti in schiavitù) e
poi di Vercelli (65.000 morti, i restanti schiavi).
Guerre civili
La penisola iberica nel 45 a.C. al tempo della guerra civile tra Cesare e Pompeo.
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Guerra sertoriana (83-72 a. C.)
Con il nome di guerra sertoriana si intende una serie di campagne militari intraprese contro il
generale mariano Quinto Sertorio che resisteva in Spagna con alcune legioni fedeli a Gaio Mario
(157-86 a. C.), dai generali Metello Pio e Pompeo Magno (106 – 48 a. C.), il grande nemico di
Giulio Cesare (101 – 44 a.C.), che ebbe qui la prima impresa militare degna di nota. La campagna
fu però dura, e, anzi, Pompeo e Metello vennero ripetutamente sconfitti da Sertorio, e riuscirono a
sconfiggere i mariani solo dopo il suo assassinio commesso dall'incapace generale Marco Peperna,
che venne, quindi, definitivamente sconfitto da Pompeo nel 72. La guerra, inoltre, diede a Pompeo
una specie di lezione di strategia, che il condottiero imparò per le successive campagne. La guerra è
un ulteriore espressione dello sconquasso che regnava in quei tempi nella Repubblica. Ormai la fine
della Repubblica era vicina, e Pompeo sarebbe stato uno dei principali protagonisti. La sconfitta di
Sertorio segnò inequivocabilmente la fine dell'opposizione mariana, che aveva perso il suo generale
più forte e buona parte del proprio esercito nella guerra. Ma, e questo è sicuramente il fatto più
importante, diede a Pompeo un trampolino di lancio per arrivare ai vertici di Roma.
La guerra civile tra Cesare e Pompeo (49- 45 a. C.)
La guerra civile romana del 49-45 a.C., nota anche come guerra civile di Cesare e Pompeo, è uno
degli ultimi conflitti sorti all'interno della Repubblica Romana. Essa consistette in una serie di
scontri politici e militari fra Giulio Cesare, i suoi sostenitori politici e le sue legioni, contro la
fazione tradizionalista e conservatrice del Senato romano, composta dagli Optimates e spalleggiata
dalle legioni di Pompeo.
Molti storici concordano nel dire che la guerra civile fu una logica conseguenza di un lungo
processo di decadenza delle istituzioni politiche di Roma, iniziata con gli omicidi dei Gracchi nel
133 e 123 a.C. e continuata con la riforma delle legioni di Gaio Mario, che fu il primo a ricoprire
molti incarichi pubblici straordinari inaugurando un esempio che sarà seguito dai futuri aspiranti
dittatori della decadente repubblica. Questi eventi frantumarono le fondamenta della Repubblica, ed
è chiaro che Cesare volse abilmente in suo favore l'opportunità offertagli dalla decadenza delle
istituzioni. Dopo una lunga lotta militare e politica fra il 49 e il 45 a.C., combattuta in Italia, Grecia,
Egitto, Africa e Spagna, Cesare sconfisse nella battaglia di Munda l'ultima fazione tradizionalista
del Senato.
Questa guerra civile aprì la strada alla fine della Roma repubblicana, a cui sarà dato il colpo di
grazia dall'esito della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio (terminata con la battaglia di
Azio del 31 a.C.). Gli effetti della guerra civile di Cesare portarono profondi cambiamenti nelle
tradizioni politiche della repubblica, compromesse definitivamente proprio dallo svolgimento della
guerra tra cesariani e pompeiani.
Gaio Giulio Cesare fu assegnato nel 61 a.C. al servizio del governatore della Hispania Ulterior nel
ruolo di propraetor. Cesare ottenne dei buoni successi contro le tribù dei Galleci e Lusitani. I suoi
soldati lo acclamarono, per queste vittorie, Imperator sul campo di battaglia, considerazione
fondamentale per richiedere un trionfo una volta tornato a Roma.
Cesare, posto di fronte a una scelta particolarmente importante per la sua carriera futura, preferì
dunque salire il gradino successivo del cursus honorum e candidatosi nel 60 a.C. fu eletto console
per l'anno 59 a.C.
Nel 60 a.C., Cesare stipulò un'alleanza strategica con due tra i maggiori capi politici dell'epoca:
Crasso e Pompeo. Questo accordo privato fu successivamente chiamato dagli storici primo
triumvirato; non si trattava di una vera magistratura, ma di un accordo tra privati che, data
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l'influenza dei firmatari, ebbe poi notevolissime ripercussioni sulla vita politica, dettandone gli
sviluppi per quasi dieci anni.
Dopo i successi in Gallia (58 – 50 a. C.) Cesare era di fatto diventato l’avversario più pericoloso di
Pompeo, dato che il terzo triumviro era morto in battaglia già nel 53 a. C.
Dopo aspri dissensi con il Senato, Cesare varcò in armi il fiume Rubicone, che segnava il confine
politico dell'Italia; il Senato, di contro, si strinse attorno a Pompeo e, nel tentativo di difendere le
istituzioni repubblicane, decise di dichiarare guerra a Cesare. Dopo alterne vicende, i due
contendenti si affrontarono a Farsalo (Grecia), dove Cesare sconfisse irreparabilmente il rivale.
Pompeo cercò quindi rifugio in Egitto, ma lì fu ucciso (48 a.C.). Anche Cesare si recò perciò in
Egitto, e lì rimase coinvolto nella contesa dinastica scoppiata tra Cleopatra VII e il fratello Tolomeo
XIII. Risolta la situazione, riprese la guerra, e sconfisse il re del Ponto Farnace II a Zela (47 a.C.).
Partì dunque per l'Africa, dove i pompeiani si erano riorganizzati sotto il comando di Catone, e li
sconfisse a Tapso (nell’odierna Tunisia 46 a.C.). I superstiti trovarono rifugio in Spagna.
La Spagna era governata da tre legati di Pompeo: Lucio Afranio, Marco Petreio e Marco Terenzio
Varrone Reatino. Costoro potevano contare complessivamente su sette legioni, grandi risorse
economiche e sul carisma di Pompeo che in quelle province aveva ben operato e le aveva pacificate
dopo la rivolta di Sertorio.
Cesare stesso nel De bello civili (dal capitolo 51 all'87 ) narra tutto il susseguirsi di scontri,
inseguimenti, piccoli assedi ai campi avversari, astuzie e debolezze dei vari comandanti, la
campagna di Lerida, il tentativo di spostamento dei pompeiani verso Tarragona, il blocco di Cesare,
il tentativo di ritorno a Ilerda, la resa di Afranio e Petreio.
La battaglia di Munda si svolse il 17 marzo 45 a.C. nelle pianure di Munda, nel sud della
Spagna. Fu l'ultima battaglia della guerra civile tra Giulio Cesare ed i repubblicani conservatori.
Dopo questa vittoria, e la morte di Tito Labieno e di Gneo Pompeo (il figlio maggiore di Pompeo),
Cesare fu libero di tornarsene a Roma ed assumere il titolo di dittatore. Cesare consentì ai
pompeiani, nel nome della comune cittadinanza romana, di scegliere se arruolarsi fra le sue file
oppure stabilirsi in Spagna come civili o, infine, di essere congedati una volta ritornati al fiume
Varo al confine fra la Provenza e l'Italia.
Il suo successivo assassinio diede il via a quel processo che finì per condurre alla fine di Roma
repubblicana, con il regno del nipote Ottaviano in qualità di primo imperatore romano.
Le guerre civili comportarono il coinvolgimento delle popolazioni locali e in seguito il mutamento
della politica romana, che da un regime di sfruttamento della Spagna passò a favorire l'integrazione:
ai personaggi più influenti venne concessa la cittadinanza romana.
Periodo imperiale (29 a.C. - 409 d.C.)
Le Guerre Cantabriche (29-19 a.C.) furono condotte da Ottaviano Augusto e da Marco Vipsanio
Agrippa per un decennio, portando alla definitiva sottomissione di Cantabri ed Asturi e dei rispettivi
territori. Al termine di queste guerre i Romani completarono la conquista della Spagna. Augusto
divise dapprima la Spagna in tre province: Hispania citerior o Tarraconensis, Lusitania e Hispania
ulterior o Baetica, le prime due imperiali, la terza senatoria; poco dopo (tra il 7 e il 2 a. C.) furono
costituite in diocesi a sé nell’ambito dell’Hispania citerior le Asturie e la Callecia Asturie, divenute
provincia autonoma all’inizio del sec. 2°; tale ordinamento amministrativo fu rimaneggiato da
Diocleziano, che divise la Spagna in sei province (le quattro già ricordate e inoltre le Baleari e la
Carthaginiensis, che si staccarono ambedue dalla Tarraconensis). Romanizzata intensamente sin dal
periodo convulso (2°-1° sec. a.C.) delle insurrezioni indigene con deduzione di colonie di veterani,
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la Spagna, divenne, a partire dall’età di Cesare e di Augusto che vi fondarono numerose nuove
colonie, una delle regioni che più contribuirono alla prosperità e al progresso dell’impero: qui
nacquero infatti generali e imperatori valentissimi (tra cui Traiano, Adriano, Teodosio) e uomini di
lettere (Lucano, Marziale, Seneca, Quintiliano ecc.). La prosperità della Spagna era assicurata dalle
numerose miniere (oro, argento, rame, stagno, ferro, piombo, cinabro, alabastro ossidiana,
malachite) dai prodotti agricoli (vino e olio soprattutto), dai traffici che facevano capo ai grandi
porti di Emporiae, Nova Carthago (Cartagena) e Gades (Cadice). Soprattutto l’olio spagnolo
conobbe grandissimo successo all’interno dell’impero: veniva esportato nelle Gallie e a Roma: i
resti di 40 milioni di anfore del Testaccio a Roma sono per la maggior parte di origine spagnola ed
erano spesso giare da olio. Era talmente importante il commercio dell’olio che venne tassato con
imposte particolari.
Importantissimo l’allevamento di bovini, maiali e soprattutto ovini: già in epoca romana in Spagna
si cercano incroci con pecore africane per avere una qualità di lana superiore a quella della
concorrenza.
Traiano (Italica, vicino a Siviglia 53 - 117 d. C.)
Valente militare e popolare comandante, venne adottato da Nerva nel 96, succedendogli due anni
dopo. Sotto il suo comando supremo l'Impero romano raggiunse la sua massima estensione
territoriale (6,5 milioni di chilometri quadrati). Esaltato già dai contemporanei e dagli storici
antichi come Optimus princeps, da molti storici moderni ed esperti è considerato, in virtù del suo
operato e delle sue grandi capacità come comandante, amministratore e politico come uno degli
statisti più completi e parsimoniosi della storia, e uno dei migliori imperatori romani.
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Teodosio I (Coca, in Castiglia 11 gennaio 347 – Milano, 17 gennaio 395), è stato un imperatore
romano dal 379 fino alla sua morte. Fu l'ultimo imperatore a regnare su di un impero unificato e
fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell'Impero (editto di Tessalonica 380
d. C.); per questo fu chiamato Teodosio il Grande dagli scrittori cristiani e dalle Chiese orientali è
venerato come santo (San Teodosio I il Grande, commemorato il 17 gennaio)
Seneca (Cordoba, 4 a.C. – Roma, 65)
E’ stato un filosofo, poeta, politico e drammaturgo romano, esponente dello stoicismo. Seneca fu
attivo in molti campi, compresa la vita pubblica, dove fu senatore e questore, dando un impulso
riformatore. Condannato a morte da Caligola ma graziato, esiliato da Claudio che poi lo richiamò a
Roma, divenne tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della madre Giulia
Agrippina Augusta. Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò
l'esecuzione di quest'ultima come male minore. Dopo il cosiddetto "quinquennio di buon governo"
(54-59), in cui Nerone governò saggiamente sotto la tutela di Seneca, l'ex allievo si trasformò
progressivamente in un tiranno, e Seneca, forse implicato in una congiura contro di lui (nonostante
si fosse ritirato a vita privata), cadde vittima della repressione, costretto al suicidio dall'imperatore.
Seneca influenzò profondamente lo stoicismo romano di epoca successiva: suoi allievi furono Gaio
Musonio Rufo (maestro di Epitteto) e Aruleno Rustico, nonno di Quinto Giunio Rustico, che fu uno
dei maestri dell'imperatore filosofo Marco Aurelio.
Nel periodo imperiale le città vennero abbellite e le regioni rese estremamente funzionali grazie alle
costruzioni simili più a monumenti che ad opere d’ingegneria, tra cui quelli di Merida, il tempio di
Evora, i grandi acquedotti di Segovia e di Tàrragona, il ponte di Alcantara. Vennero costruite anche
alcune strade le cui più importanti furono:
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Iter ab Emerita Asturicam, da Siviglia a Gijón.
Via Augusta, da Cadice ai Pirenei, dove si unisce alla Via Domizia al Col de Panissars.
Passa attraverso Valencia e Barcellona.
Via Delapidata, da Augusta Emerita (Mérida) a Asturica Augusta (Astorga).
L’integrazione nell’impero troverà riscontro nell’assoluto prevalere della lingua e della religione
italica sull’idioma e sulle divinità indigene, conservatesi solo in qualche limitata zona centrooccidentale.
La metà meridionale della Baetica, fra il Baetis e il Mediterraneo, ebbe, più d'ogni altra regione
parte già nella Repubblica o per opera di Cesare o di Augusto, un considerevole numero di comuni
composti di cittadini di pieno diritto romano, che popolano non solo le coste ma anche l'interno del
paese: le colonie di Hispalis (Sevilla) e Corduba (Cordova) ed i municipi di Italica (presso Sevilla) e
Gades (Cadiz). Nella Lusitania meridionale s'incontrano città di medesimo diritto, Olisipo
(Lissabon), Pax Iulia (Beja) ed Emerita (Merida), la colonia di veterani fondata da Augusto mentre
si trovava in Spagna, e divenuta la capitale di quella provincia. Nella Tarraconensis simili città
abbondano sulla costa: Carthago Nova, Ilici (Elche), Valentia, Dertosa (Tortosa), Tarraco, Barcino
(Barcellona), laddove nell'interno si rileva soltanto la colonia Caesaraugusta (Saragoza) nella
vallata dell' Ebro.
Nei censimenti fatti sotto Augusto nessun municipio romano, tranne Patavium (Padova),
porse un tal numero di ricchi possidenti quanti la città ispana di Gades coi suoi commercianti
all'ingrosso, sparsi in tutto il mondo.
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Cinquanta erano sotto Augusto nella Spagna intera, le colonie e i municipi di cittadini romani; circa
altrettante città avevano ricevuto fin allora il diritto latino, e quanto all'ordinamento interno, erano
pari alle prime. La medesima concessione della latinità venne fatta alle rimanenti popolazioni da
Vespasiano, quando nell'anno 74 d.C. ordinò un censimento generale, in tutto l'Impero.
La Spagna occupò nell'amministrazione dell'Impero un’importanza notevole. Rispetto alla leva,
quelle provincie ebbero una importanza grandissima. Le legioni ivi acquartierate furono
probabilmente fin dal principio dell' impero, più che altrove, costituite nello stesso posto. Col tempo
da una parte la guarnigione fu diminuita e la leva venne sempre più circoscritta nel proprio distretto
d’appartenenza; la Baetica, per esempio, poté godere del vantaggio d'essere interamente esclusa dal
servizio militare, al pari dell’Italia. Al contrario, la leva delle truppe ausiliarie, alla quale erano
soggette parti più lontane dall'ordinamento cittadino, era attuata in larghe proporzioni nella
Lusitania, nella Callecia, nell'Asturia, non meno che nel settentrione e nell’interno della penisola.
La crisi dell’impero
I Mauri, popolazione nordafricana già nel II secolo avevano compiuto delle incursioni sulle coste
spagnole. Ma la pax romana iniziò ad incrinarsi attorno al 258 d.C., quando il Paese fu invaso da
due tribù germaniche : i Franchi e gli Alemanni, che vi rimasero per circa 10 anni.
Comunque già nel terzo secolo lo spostamento del baricentro economico verso oriente fa diminuire
di importanza il commercio spagnolo. Le città perno dell’economia e della vita civile in età
imperiale cominciano a soffrire dei disordini creati dalle invasioni e dalle lotte per il potere a Roma.
Specie nella seconda metà del III secolo la lotta per il potere tra vari imperatori fa divenire
fondamentale il controllo delle truppe: chi controlla l’esercito diviene imperatore. E’ così che il
generale Diocleziano riesce nel 284 a diventare imperatore e garantire un periodo di stabilità e di
innovazioni istituzionali.
Con la riforma tetrarchica del 293 d. C. viene formata la dioecesis Hispaniae, divenendo una delle
quattro diocesi governate da un vicarius. La diocesi aveva come capitale Emerita Augusta (Mérida,
Estremadura), comprendendo le cinque province peninsulari iberiche (Baetica, Gallaecia e
Lusitania, ciascuna sotto un governatore di rango consolare; oltre alla Carthaginiensis ed alla
Tarraconensis, ciascuna governata da un praeses), e le isole Baleari a cui fu aggiunta parte del nord
Africa (Mauretania Tingitana).
Il primo segnale di indebolimento dell’economia spagnola è la diminuzione della popolazione
cittadina. La campagna prevale sulla città. E nelle campagne si diffondono vastissimi latifondi che
si sottraggono al controllo cittadino dove vanno a rifugiarsi i nobili e i proprietari terrieri in fuga dal
fisco e dalle cariche pubbliche che lasciano vacanti.
Nel IV secolo l’organizzazione statale romana è in crisi. In Spagna i latifondisti contendono
l’autorità ai funzionari pubblici e/o contemporaneamente privatizzano rendendo ereditarie le
cariche stesse. Lo stesso bisogno di sicurezza favorisce la crescita del latifondo quando i piccoli
proprietari terrieri preferiscono lo scambio tra sicurezza e proprietà terriera: i coloni diventano
dipendenti a vita dei latifondisti in cambio della difesa garantita da eserciti privati che proteggono i
latifondi. E’ questa la struttura delle encomiendas, che poi nel periodo della “reconquista” e in
seguito nell’impero coloniale spagnolo avrà ulteriori sviluppi. Molte città e villaggi si cingono di
mura.
Nascono le grandi villae unità produttive ed economiche autosufficienti.
“La concentrazione della proprietà e le signorie sono le due facce di una medesima medaglia, la
quale porta ben marcata l’impronta di un notevole schematismo sociale […] da un lato i potentiores
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e dall’altro gli humiliores”. (Garcia de Cortazar, Gonzales Vesga, Storia della Spagna, Bompiani,
2001, p. 101)
Mentre l’agricoltura mantiene una discreta produzione pur nella contrazione delle aree coltivate,
crolla la produzione mineraria con la sola esclusione delle miniere di oro e delle saline.
E la degradazione sociale si accompagna a rivolte contadine e alla rinascita del brigantaggio. In
questo contesto non stupisce la diffusione del movimento ereticale priscilliano (vedi sotto).
Il Cristianesimo
Secondo una tradizione, in realtà piuttosto tarda perché non risale oltre l’8° sec., il cristianesimo
sarebbe stato portato in Spagna dall’apostolo Giacomo (Giacomo di Zebedeo, detto il Maggiore
morto nel 43 o 44 d. C. in Giudea), il quale vi sarebbe giunto verso il 40.
Santiago
Dopo la morte di Cristo, Giacomo assunse un ruolo di spicco nella comunità cristiana di
Gerusalemme. Una tradizione risalente forse a Isidoro di Siviglia (560 - 630 d. C.) narra che
Giacomo andò in Spagna per diffondere il Vangelo. Se questo improbabile viaggio avvenne, fu
seguito da un ritorno dell'apostolo in Giudea, dove, agli inizi degli anni quaranta del I secolo il re
Erode Agrippa I «cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa, e fece uccidere di spada
Giacomo fratello di Giovanni». Giacomo fu il primo apostolo martire.
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Il culto
Dopo la decapitazione, secondo la Legenda Aurea (o Leggenda Aurea, opera agiografica composta
a partire dal 1260 dal dominicano Jacopo da Varazze), i suoi discepoli trafugarono il suo corpo e
riuscirono a portarlo sulle coste della Galizia. Il sepolcro contenente le sue spoglie sarebbe stato
scoperto nell'anno 830 dall'anacoreta Pelagio in seguito ad una visione luminosa. Il vescovo
Teodomiro, avvisato di tale prodigio, giunse sul posto e scoprì i resti dell'Apostolo. Dopo questo
evento miracoloso il luogo venne denominato campus stellae ("campo della stella") dal quale deriva
l'attuale nome di Santiago de Compostela, il capoluogo della Galizia. Eventi miracolosi segnarono
la scoperta dell'Apostolo, come la sua apparizione alla guida delle truppe cristiane della reconquista
nell'840, durante la battaglia di Clavijo (844). Secondo la leggenda San Giacomo, in sella a un
cavallo bianco, apparve in sogno a Ramiro I delle Austurie dicendogli che avrebbe partecipato alla
battaglia del giorno successivo portandolo alla vittoria contro le truppe islamiche. A seguito della
battaglia in cui Ramiro effettivamente sconfisse l'emiro ʿAbd al-Rahmān II, il tributo annuo da
versare a Cordova e consistente, sempre secondo la leggenda, in 100 giovinette (il tributo si
chiamava per questo motivo delle cento donzelle), iniziato con il regno di Mauregato delle Asturie,
divenne il “voto de Santiago”, consistente in un tributo in denaro al santuario di Santiago de
Compostela.
Ma San Giacomo contribuì al successo anche di altre imprese belliche successive, le cui vittorie sui
musulmani gli meritarono nella fantasia popolare altomedievale il soprannome di Matamoros
(Ammazzamori), che comunque perdurò e rimane.
La tomba divenne meta di grandi pellegrinaggi nel Medioevo, tanto che il luogo prese il nome di
Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e nel 1075 fu iniziata la costruzione della
grandiosa
basilica
a
lui
dedicata.
Il pellegrinaggio a Santiago, lungo preferibilmente il suo "Cammino", divenne uno dei tre principali
pellegrinaggi della Cristianità medievale. Gli altri erano quelli che portavano a Gerusalemme, alla
tomba di Gesù e a Roma, alla tomba dell'apostolo Pietro, facendo assurgere la figura del patrono di
Santiago al livello delle più importanti figure della Cristianità.
Nella chiesa cattolica san Giacomo il Maggiore è festeggiato il 25 luglio.
Un’altra tradizione vorrebbe che in Spagna abbia predicato Paolo, ma la realtà del fatto resta
comunque assai discutibile anche perché non appare nella storia del cristianesimo spagnolo quella
traccia profonda che l’apostolo Paolo ha sempre impresso nei luoghi da lui toccati. Alla fine del 2°
sec. Ireneo (130 - 202 d. C.) afferma esplicitamente che il cristianesimo si è diffuso in Spagna. Solo
però alla metà del 3° sec. il cristianesimo spagnolo rivela la sua presenza in occasione della
controversia battesimale fra San Cipriano (210 - 258 a. C. vescovo di Cartagine) e papa Stefano II
(o Stefano I secondo una diversa numerazione morto a Roma nel 257 d. C.). La larga diffusione del
cristianesimo in Spagna è infine pienamente confermata dagli atti del Concilio di Elvira, dove verso
l’anno 300 si trovano presenti 19 vescovi spagnoli. Dagli atti del concilio emerge come, accanto a
una parte della Chiesa fedele alla dottrina e al costume cristiani, la gran massa dei cristiani spagnoli
non facesse una distinzione netta tra paganesimo e cristianesimo. Questo strano miscuglio di
pratiche e costumi cristiani e pagani si spiega con l’indifferenza del cristianesimo spagnolo di fronte
ai dibattiti religiosi, in cui, già nel 2° sec., erano impegnate le altre cristianità dell’Occidente
romano. Assente sostanzialmente nella controversia ariana, come lo sarà in quella pelagiana, la
Chiesa spagnola ebbe la sua prima e unica crisi religiosa dell’epoca antica nell’episodio
priscillianista. La diffusione del movimento priscillianista, rigidamente ascetico e rigorista, può
certo essere vista anche come una reazione di una componente del cristianesimo spagnolo contro la
corruzione e lo spirito accomodante di tanta parte dell’episcopato e del clero spagnolo che si era
legato ai latifondisti e all’aristocrazia ottenendo anche l’esonero dal pagamento dei tributi.
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Priscillianesimo
Questo movimento prende il nome dal vescovo spagnolo Priscilliano, nato ad Ávila intorno al 345 e
giustiziato con sei seguaci a Treviri nel 385 su ordine dell'imperatore Magno Massimo (usurpatore
–durante il regno di Teodosio- dal 383 al 388 a cui era affidata appunto la Spagna), dopo essere
stato denunciato da alcuni vescovi spagnoli. Il Priscillianesimo, che si diffuse in Spagna, Provenza e
Aquitania, probabilmente sopravvisse fino al VI secolo, specialmente in Galizia.
Priscilliano è la figura più rilevante di una comunità comprendente altri vescovi ed influenzata da
maestri gnostici provenienti da Alessandria d'Egitto. Gli aspetti principali della dottrina
comprendono:
l'ascetismo;
il dualismo gnostico;
il modalismo in campo trinitario (ovvero le tre persone divine sono considerate solo aspetti
provvisori dell'unica divinità);
il docetismo nella cristologia (ovvero negazione della carnalità di Gesù);
il rivendicazionismo sociale che accusava i vertici della chiesa di compromissione coni potenti;
credenza nell'astrologia (la motivazione della sentenza di morte è di magia)
Su questo terreno giunse l’arianesimo degli invasori vandali, alani e visigoti. La Chiesa spagnola
non seppe opporre resistenza e passò dal cattolicesimo all’arianesimo e da questo al cattolicesimo
(con Recaredo nel 589), secondo la volontà dei suoi dominatori. Quanto all’organizzazione, la
Chiesa spagnola fu divisa in sei sedi metropolitane: Bracara, Emerita, Hispalis, Toletum,
Caesaraugusta, Palma. Importanza particolare, come sede del vicario di Spagna, ebbe, dall’epoca
costantiniana, quella di Hispalis (Siviglia), sostituita in epoca visigotica da quella di Toledo.
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