Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles “UNA NINNA NANNA PER…” EDUCAZIONE MUSICALE ALL’ASILO NIDIO E ALLA SCUOLA D’INFANZIA Scuola di Specializzazione: Musicoterapia Relatore: Dott.ssa Roberta Frison Contesto di Project Work: Asilo Nido e Scuola d’Infanzia Tesista specializzando: Dott.ssa Laura Spinazzè Anno di corso: Secondo Modena, 31 maggio 2008 Anno accademico 2007-2008 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Indice dei contenuti 1. Introduzione ……………………………………………………………………….….. 3 2. Il bambino e la musica ………………………………...……………………................ 5 2.1 Lo sviluppo della musicalità nei bambini da 0 a 3 anni ………………...……. 5 2.2 L’impatto della musica fino a 3 anni ………………..................................…. 10 3. Gli studi sullo sviluppo musicale del bambino da 0 a 3 anni …………...…..……. 14 3.1 L’inizio della comunicazione ………………................................................... 17 3.2 L’uso degli strumenti e del movimento corporeo ……………...……………. 24 4. Propedeutica musicale ……………………................................................................. 31 4.1 Metodi di educazione musicale per l’asilo nido ………..…………..……….. 32 4.1.1 Il metodo Delalande ……………………………...….…………….. 32 4.1.2 Il metodo Gordon ……………………………...…. ...…………….. 43 4.1.3 L’apprendimento musicale del bambino secondo la Music Learning Theory ……………………............................................................... 45 5. La ninna nanna e il valore della voce ……………………...……...………………... 48 5.1 Origine e trasmissione delle ninne nanne: le circostanze della produzione e il legame con la musica ………………………...….…….…… 49 5.2 Una melodia particolarmente adatta alla formazione …………………….…. 52 6. Materiali e metodi ……………………………...…………….………………..……. 54 6.1 Scuola materna di Lutrano (TV) ……………………..…………………........ 54 6.2 Scuola d’Infanzia “Il Giardino” …………………………………...………… 62 6.2.1 Gruppo Elefantini e Leoncini (2 e 3 anni) …………………….…... 65 6.2.2 Gruppo Tigrotti (5 anni) ……………………………………….….. 71 6.2.3 Giochi musicali proposti ……………………………………........... 90 7. Risultati e discussione …………………………...…………………………….......... 93 8. Conclusioni ………………………………………………………………..…………. 96 9. Bibliografia …………………………………………....………………………..……. 98 2 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 1 Introduzione Se qualcuno mi chiedesse “che titolo daresti a quest’anno scolastico?” sicuramente la mia risposta sarebbe “L’anno della ninna nanna”! Qualche settimana fa sono rimasta incantata ad ascoltare, ben nascosta dietro la porta, mio figlio Alberto di 3 anni cantare la ninna nanna al fratellino Enrico di 10 mesi “Fai la ninna, fai la nanna, Ico Ico della mamma”: un motivetto che ha imparato da un cartone animato “A nanna con l’orso Bear” e che lui ha personalizzato sostituendo alla parola “frugoletto” della canzone originale il nome del fratellino. Questo è solo uno, il più intimo, dei piccoli fatti che quest’anno mi hanno portata a riflettere sul valore della ninna nanna. Da alcuni anni tengo il corso di psicologia presso le Università degli Adulti e degli Anziani di Conegliano e comuni limitrofi nella provincia di Treviso. Alcuni mesi fa mi è stato chiesto di presentare, in qualità di psicologa dell’età evolutiva, un libro di filastrocche e ninne nanne popolari scritto da un corsista, argomentando l’importanza del canto della ninna nanna per lo sviluppo psicologico del bambino. Dalla lettura di questo libro “Fa la nanna bambin” è nata la mia riflessione e approfondimento sul significato della voce e il canto materni e sul ruolo del canto nella relazione madre-bambino durante il periodo della gravidanza e nei primi anni di vita. L’interesse per la “ninna nanna” si è concretizzato inoltre nella realizzazione di una recita natalizia dal titolo “Una ninna nanna per Gesù Bambino” con i bambini della scuola materna di Lutrano. Ma la “ninna nanna” mi ha portato ancora oltre… Nella città di Conegliano e dintorni non esiste un “pensiero musicale” rivolto ai bambini di età prescolare. Il percorso di formazione musicale inizia alla scuola elementare, dove è previsto il corso di Educazione Musicale. Esistono dei corsi di preparazione al parto gestiti dal Consultorio Familiare in cui si fa accenno all’utilizzo della musicoterapia in gravidanza, ma niente di più. Partendo da queste considerazioni, mi sono proposta di iniziare un percorso di sensibilizzazione di educatori, personale sanitario, genitori, insegnanti, della popolazione in generale sull’importanza della musica per lo sviluppo psicologico del bambino. 3 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 L’anno scorso ho iniziato uno studio e un percorso di formazione specifica in ambito musicale per la fascia d’età 0-3 anni. In questa tesi presenterò la mia esperienza di insegnante di educazione musicale nella scuola materna di Lutrano e nel Centro Infanzia “Il Giardino” di Conegliano. Già lo scorso anno per i bambini di età prescolare mi sono avvicinata al Metodo Gordon e alla Music Learning Theory, che è ancora oggetto di studio e approfondimento personale (non l’ho finora utilizzato), che presenterò nei suoi aspetti principali nei prossimi capitoli, assieme a una breve rassegna delle ricerche e degli studi sullo sviluppo musicale del bambino da 0 a 3 anni. Seguirà un capitolo di approfondimento sulla ninna nanna e poi presenterò il lavoro svolto con i bambini quest’anno da novembre 2007 a maggio 2008. 4 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 2. Il bambino e la musica “Immaginate come sarebbe meraviglioso se noi fossimo capaci di mantenere la prodigiosa abilità del bambino il quale, mentre è intento a vivere gioiosamente, saltando e giocando, è capace di imparare una lingua con tutte le sue complicazioni grammaticali. Che meraviglia sarebbe se tutto il sapere entrasse nella nostra mente semplicemente vivendo, senza richiedere sforzo maggiore di quello che ci costi respirare o nutrirci”.1 [Maria Montessori] 2.1 Lo sviluppo della musicalità nei bambini da 0 a 36 mesi «Educare i bambini non significa farli uscire dallo stato di vuoto musicale in cui si suppone essi si trovino, per portarli a un determinato livello di competenza, al contrario significa sviluppare una attività ludica già presente in loro… riscoprendo il senso di una reale “non direttività” … esiste in ogni bambino una tendenza e noi in definitiva la rispettiamo, la rispettiamo e la incoraggiamo.» Francois Delalande così scriveva nel 1984, e nel suo scritto possiamo riconoscere il nodo centrale di questa nuova pedagogia della musica dedicata alla primissima infanzia, che getta le sue radici nella Music Learning Theory di Edwin E. Gordon, ricercatore statunitense. Abbandonata definitivamente la teoria della “tabula rasa”, che vedeva il bambino come una scatola vuota da riempire, peraltro con grande ingerenza delle aspettative degli adulti che si occupavano della sua educazione, la nuova pedagogia riconosce il neonato come un individuo ricco e «straordinariamente sofisticato», che possiede in sè fin dalla nascita, tra le altre, una forte attitudine musicale: se opportunamente sollecitata e stimolata può guidare il bambino, ogni bambino, verso l’apprendimento del linguaggio musicale; se ignorata o mal sollecitata tenderà a calare rapidamente. D’altronde è un dato di fatto ormai consolidato che la finestra di apprendimento più importante è proprio quella che va 1 M. Montessori, La mente del bambino, Milano, Garzanti Elefanti, 2002, 26. 5 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 dalla nascita ai tre anni, finestra a lungo trascurata nella educazione musicale tradizionale. Le ricerche condotte nell’ambito dell’apprendimento musicale confluite nella Music Learning Theory e in nuove correnti della pedagogia musicale per la primissima infanzia, la cui principale esponente si può riconoscere in Beth M. Bolton, hanno così evidenziato l’importanza di iniziare il processo di educazione alla musica fin dai primi mesi di vita, con modalità che rispecchiano il processo di apprendimento del linguaggio verbale e che vanno a strutturarsi in un vero e proprio metodo didattico. L’apprendimento del linguaggio verbale rappresenta a tutt’oggi uno dei processi più naturali e spontanei per ogni bambino: esposto sin dai primi giorni di vita a sollecitazioni verbali, immerso in ambienti densi di linguaggio verbale, il bambino comincia a costruire il proprio vocabolario personale. Un vocabolario tanto più ampio, quanto più saranno state ampie, varie e corrette le sollecitazioni offerte; tanto più facile l’apprendimento se alle sollecitazioni sono seguiti forti spazi di silenzio, che danno la possibilità al bambino di elaborare tutte le informazioni raccolte. I maggiori artefici di questi stimoli sono nella prima fase della vita, i genitori e le persone più affettivamente legate al bambino: egli riconosce in mezzo a molti altri suoni e rumori il suono della lingua madre, così come riconosce la voce della mamma in mezzo a molte altre voci. Come in qualsiasi processo di apprendimento risulta fondamentale quanto naturale una lunga fase iniziale di ascolto: il bambino sta assorbendo le informazioni, le sta elaborando con l’obiettivo di “uscire allo scoperto” quando si sentirà pronto a farlo: nessuno quando parla con lui o accanto a lui in maniera anche sintatticamente complessa o utilizzando vocaboli difficili si aspetta che il bambino “comprenda concettualmente” o risponda immediatamente allo stimolo, ma piuttosto si rimane sempre incredibilmente affascinati e sorpresi nel seguire il cammino di apprendimento linguistico di ogni bambino, cammino che attraversa più fasi: da un lungo periodo di assorbimento alla lallazione spontanea, dalla scelta di interagire con semplici parole o contrazioni di esse che focalizzano una intera frase (che spesso solo le mamme capiscono) alla costruzione di frasi vere e proprie, fino alla capacità 6 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 di esprimere attraverso il linguaggio concetti, idee, bisogni, emozioni, forti dell’ampiezza del vocabolario che ogni bambino ha costruito dentro di sé. A questo proposito è bene sottolineare come frequentemente nella consueta didattica per bambini, laddove i bambini “fanno musica” in gruppi, la tendenza è sempre stata quella di chiedere a tutto il gruppo di fare qualcosa nello stesso momento; stiamo ignorando due aspetti fondamentali: la forte differenza di risposta ad una stessa proposta o sollecitazione da parte di ciascun bambino e le tendenze personali di ciascun bambino. Se io ti chiedo di fare mi aspetto che tu faccia, ho creato una aspettativa; se voglio guidare il bambino, che significa accompagnarlo per mano a scoprire e esprimere le sue tendenze personali musicali, non posso creare nessuna “mia“ aspettativa, ma semplicemente offrire delle proposte; la risposta di ciascun bambino mi “insegnerà ad insegnargli”, a capire quale la strada migliore per facilitare l’apprendimento di un linguaggio. Nello stesso modo in cui ogni bambino viene linguisticamente esposto a stimoli differenti, varietà, ripetizione e complessità delle proposte daranno al piccolo individuo la possibilità di costruire un proprio vocabolario musicale che gli permetterà di apprendere il linguaggio e utilizzarlo come straordinaria opportunità di espressione e comunicazione. Purtroppo nella tradizione culturale del nostro paese il panorama degli stimoli musicali per bambini risulta assai povero. I repertori a loro dedicati (canzoncine, filastrocche, ninne nanne…) contengono quasi esclusivamente melodie in modo maggiore (raramente in minore) e in metro binario: come se agli enormi passi della ricerca in campo psico-pedagogico non fosse seguito un opportuno aggiornamento del repertorio musicale dedicato alla prima infanzia. Tutto è ancora basato sull’idea che le musiche per bambini devono essere semplici. Inoltre la quasi nulla differenziazione ritmica e tonale fa si che il bambino non riesca a vivere uno dei passi fondamentali dell’apprendimento: imparare dalle differenze. Tanti più stimoli diversi avrà l’opportunità di ascoltare e sperimentare tanto più affinerà la sua capacità discriminatoria, avendo a disposizione la possibilità di mettere in relazione parametri diversi e così distinguerli con precisione. La sollecitazione dei bambini con ampia varietà di modi e metri viene applicata in queste nuove teorie, come accennato prima, attraverso la presentazione 7 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 di “modelli”. Gli insegnanti agiscono come dei “genitori musicali” all’interno delle classi, cantando, recitando ritmi e muovendosi in modo fluente in un atmosfera di grande comunicazione. Ai bambini non viene chiesto di fare nulla, ma semplicemente di “essere” e di “sentire”. Durante gli incontri vengono utilizzate melodie in vari modi e vari metri regolari e irregolari. In una prima fase di acculturamento le proposte tonali sono melodie senza parole, così come le proposte ritmiche sono sequenze recitate con sillabe neutre. Inizialmente infatti la presenza delle parole distoglie il bambino dall’evento melodico o ritmico, concentrandolo su quello che è il suo linguaggio più familiare, quello verbale. Per questo l’applicazione del testo avviene quando il bambino ha già guadagnato in consapevolezza e in familiarità con le melodie e i ritmi proposti. Di fondamentale importanza anche la varietà degli stili e la varietà dei timbri vocali; tutto eseguito con grande espressione: i bambini molto piccoli, non ancora in grado di comprendere concettualmente il significato di ciò che gli viene detto, comprendono invece l’intonazione della voce che gli parla, e da quella intonazione avvertono se il messaggio che gli è rivolto è positivo o negativo. Alla varietà e complessità delle proposte si affianca “prepotentemente” l’uso del movimento. La prima vera risposta del bambino alla musica è attraverso il movimento: è molto frequente nei bambini molto piccoli che per lungo periodo la loro interazione musicale con gli adulti sia quasi esclusivamente vissuta attraverso il corpo. I neonati tendono a fermare completamente l’attività fisica durante le proposte per poi riprendere vita negli spazi di silenzio che seguono alle attività e tendono a rispondere al ritmo molto più con movimenti del corpo che con vocalizzi o lallazioni. A proposito di movimento Gordon ha reinterpretato e compreso nella M.L.T la teoria sul movimento messa a punto negli anni ’70 da Rudolf Laban, coreografo e danzatore, che comprende quattro elementi fondamentali del movimento legati alle fasi di crescita del bambino: il movimento fluente (caratteristico dei neonati), il peso (quando il bambino comincia a sedersi o rotolare, quando acquisisce abbastanza autonomia corporea da cambiare posizione da solo), lo spazio (la capacità di spostarsi nello spazio che lo circonda), il tempo (raggiunta una sicura autonomia di 8 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 spostamento la capacità di decidere “l’andamento”); la fase finale di acquisizione di questi 4 elementi porta alla consapevolezza del movimento fluente con pulsazioni: significa aver compreso cosa divide una pulsazione dall’altra, lo spazio che intercorre tra le pulsazioni, il vero fluire del tempo. Ho già accennato precedentemente all’importanza del silenzio come momento focale di elaborazione e quindi di apprendimento: Gordon sostiene che proprio in quello spazio di silenzio si attua il processo che va verso la consapevolezza musicale, definita in lingua originale «audiation». Potremmo tradurla in italiano come “pensiero musicale” ovvero la capacità del bambino di sentire dentro di sé il suono anche se non fisicamente presente nell’ambiente. Di fatto, sempre mantenendosi collegati al linguaggio verbale «il pensiero sta alla parola come l’audiation sta alla musica» e i bambini devono essere guidati a pensare musicalmente e ad esprimersi secondo un proprio vocabolario così come vengono guidati fin dalla nascita a pensare per poi esprimersi verbalmente. Questo significa dare l’opportunità a ciascun bambino di approdare ad una istruzione formale musicale (dallo studio di uno strumento a qualunque altra esperienza che implichi una formalizzazione) già consapevole del significato di eventi fondamentali melodici e ritmici. D’altronde quando un bambino approda alla Scuola elementare (quindi all’istruzione scolastica “formale”) già ben conosce il significato di parole, frasi, periodi che imparerà a leggere e a scrivere. Durante il percorso che viene definito di «audiation preparatoria», ogni bambino attraversa più fasi: dall’assorbimento all’interazione casuale e intenzionale; gli insegnanti si relazionano al bambino prendendo e imitando le sue risposte e riportandole nel modo e nel metro in cui era stata proposta l’attività (come dare al bambino che storpia la parola il termine corretto). Questo rinforza molto anche la sicurezza di ogni bambino che si sente a suo agio nello spazio che gli è riservato in quella classe, in armonica convivenza con lo spazio di tutti gli altri. A poco a poco i bambini cominciano a dare risposte corrette musicalmente o a proporre piccole frasi improvvisate fino al raggiungimento di una buona coordinazione tra respiro, movimento intonazione e ritmo e danno vita a vere e proprie conversazioni musicali con gli insegnanti. 9 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Siamo all’ultima fase dell’audiation preparatoria: Assimilazione. Il bambino esprime consapevolmente; non sta imitando l’insegnante ma sta esprimendo in maniera corretta competenze che gli appartengono. Il raggiungimento di uno stadio di consapevolezza prescinde dall’età anagrafica del bambino: si parla di età musicale e non di età anagrafica; tanto prima un neonato sarà stato esposto al fenomeno musicale, tanto prima raggiungerà un buon grado di consapevolezza musicale. Di fondamentale importanza risulta in tutto questo la presenza degli adulti nelle classi (genitori o educatrici negli asili nido), che potenziano e rafforzano i modelli degli insegnanti, aiutando i bambini a fidarsi di loro. Ormai da 2 anni ho cominciato a lavorare negli Asili nido, dove questa esperienza entrata in punta di piedi ha incontrato a poco a poco la fiducia e l’entusiasmo delle Istituzioni oltre che dei gruppi educativi; proprio nelle classi degli Asili nido si vivono le esperienze più ricche e si trova la conferma di quanto il coinvolgimento delle educatrici determini la crescita musicale e globale di tutti i bambini: spesso attraverso questa esperienza si riescono a trovare le chiavi di accesso anche ai bambini più problematici. 2.2 L'impatto della musica fino ai 3 anni Neonati e bambini piccoli rispondono alla musica vocale eseguita dal vivo in maniere che sono evolutivamente appropriate. Le loro reazioni non sono state ancora pienamente identificate nella letteratura di ricerca come risposte musicali. Le loro risposte sono talvolta correlate alla sintassi musicale e dimostrano come i bambini comprendano le regole della comunicazione interattiva. Non è insolito che un neonato produca dei vocalizzi dopo aver ascoltato una melodia. Succede frequentemente che l'altezza di una vocalizzazione sia correlata con la funzione tonale della melodia. Molti neonati rispondono inizialmente vocalizzando un'altezza che approssimativamente corrisponde alla dominante, ossia il quinto grado della scala su cui è basata la melodia. Un numero minore di neonati vocalizza la tonica della scala come prima risposta musicale. 10 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Il significato di queste risposte sulla dominante o sulla tonica rimane sconosciuto. Poiché nella musica occidentale il quinto grado è comune sia alla funzione di tonica che di dominante, è possibile che il neonato possa percepirlo come l'altezza più importante o più ripetuta. È possibile che la tonica, spesso il primo e ultimo suono di una melodia, sia il suono percepito dal neonato come più importante. È anche possibile che i neonati abbiano la capacità di elaborare, eseguire e comprendere la musica in una modalità simile alla loro precoce capacità di elaborare il linguaggio. Il cervello di un neonato potrebbe essere predisposto per la musica (configurato per l'apprendimento musicale), in attesa di esperienza e interazione per mettere in moto la elaborazione dei dati musicali. Un neonato ai primi mesi di vita sembra essere inconsapevole dei suoi vocalizzi di risposta ed è sicuramente inconsapevole dell'altezza dei suoni che produce. La risposta potrebbe essere determinata dalla capacità della mente del neonato di processare e analizzare le relazioni fra altezze in una melodia. Non sembra che la risposta venga pianificata o attentamente eseguita, ma semplicemente rilasciata. Forse questa è la prova migliore dell'esistenza di una mente musicale attiva nel neonato. È possibile che le risposte su di un'altezza determinata indichino il potenziale musicale. Neonati fra i quattro e i sette mesi d'età hanno una buona consapevolezza del fatto che stanno interagendo musicalmente. Danno l'impressione che stiano conversando, come se la melodia che hanno appena sentito presentasse il punto di vista di chi canta e loro volessero ora esprimere le proprie idee. Questo prendere e dare nella conversazione musicale tra un adulto che canta e un neonato sembra indicare la crescente capacità del bambino di comprendere la natura della conversazione. Ci sono implicazioni importanti per l'apprendimento del linguaggio e della musica. Le risposte intonate dei neonati alle melodie non vengono prodotte in quello che è generalmente accettato come un bel suono cantato. In realtà le risposte non vengono cantate affatto, ma hanno più il carattere di commento o dichiarazione. Sembra che il neonato voglia interagire con chi canta e quindi produce suoni vocali. È l'altezza del suono ad essere la cosa pi interessante, non la qualità vocale. Le risposte musicali dei neonati dovrebbero essere esaminate nella stessa maniera delle risposte linguistiche. È questa 11 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 risposta prodotta verosimilmente in relazione alla musica ascoltata che può svelare il segreto di come i bambini imparino la musica. Diverse ricerche hanno dimostrato che: - non c'è alcun modo, tonalità o metro cui i neonati rispondono più che ad altri; - i neonati rispondono prevalentemente durante i silenzi dopo o durante una melodia; - ci sono prove per cui anche i neonati molto piccoli rispondono alla musica vocale; - alcuni neonati sembrano capire la natura dell'interazione; questi aspettano che l'adulto finisca di cantare la melodia e poi cominciano a vocalizzare; sembrano godere dell'interazione, impegnandosi per periodi estesi in uno scambio dialogico con l'adulto che canta; - molti neonati rispondono vocalmente sul quinto o primo grado della scala della melodia che hanno appena udito; - alcuni neonati cambiano la propria risposta intonata coordinandola con una cambio di altezza assoluta della melodia; - in molti neonati esposti a musica cantata dal vivo c'è uno sguardo di assorbimento prolungato e intenso. Le intuizioni dei grandi pedagoghi, confermate dai risultati della ricerca e dall’osservazione scientifica, hanno portato ad una nuova visione del bambino in età neonatale. Non più trattato come creatura avente bisogni esclusivamente fisiologici o visto come una “tabula rasa”, è oggi finalmente considerato un individuo capace di entrare in relazione con gli altri fin dalla nascita e di apprendere in autonomia, senza bisogno di insegnamenti finalizzati al risultato o alla prestazione. Eppure, questa nuova visione del bambino non può non condurre ad una riflessione sul modo in cui il mondo degli adulti lo accoglie nella propria cultura e nel proprio ambiente, fin dai suoi primi giorni di vita. I luoghi dell’infanzia, infatti, sono spesso caratterizzati da un “tutto pieno” di suoni, forme e colori che poco spazio lascia all’assorbimento dei linguaggi secondo i tempi e i bisogni del bambino. Allo stesso tempo, molti, fra gli adulti che si prendono cura 12 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 di lui, tendono ad intrattenerlo senza sosta, dirigendo di continuo la sua attenzione e le sue azioni, riducendo in tal modo le opportunità di ascolto e di relazione, tanto importanti per interagire con lui nei suoi “cento linguaggi”2. D’altronde l’attenzione intensissima che il bambino è in grado di prestare ai diversi linguaggi che costituiranno il suo patrimonio espressivo, dovrebbe indurci a riflettere su quanto sia importante per lui ascoltare a lungo, prima di essere spinto a dimostrare “cosa sa fare”. L’obiettivo di un’educazione musicale al Nido non deve essere dunque quello di aggiungere altri stimoli ai tanti già presenti nella vita del bambino di oggi, o di riempire ulteriormente il suo tempo per distrarlo o intrattenerlo, ma quello, semmai, di promuovere una relazione adulto-bambino, all’interno della quale l’uno possa rivolgersi all’altro per comunicare non più solo attraverso le parole e il racconto, ma anche con il canto e l’ascolto musicale. 2 C. Edwards – L. Gandini – G. Forman, I cento linguaggi dei bambini, Bergamo, Edizioni Junior, 1995, 9. 13 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 3. Gli studi sullo sviluppo musicale del bambino da 0 a 3 anni. Il problema delle origini dello sviluppo musicale ha sempre esercitato un certo fascino non solo tra i musicisti, ma soprattutto tra i genitori e gli educatori, i primi ansiosi (e talvolta speranzosi) circa il futuro dei propri figli, i secondi preoccupati di dover promuovere qualcosa di misterioso e poco controllabile. Quando la scienza, e più precisamente la psicologia della musica, cominciò a occuparsi delle capacità musicali (tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento) e tentò di "misurarle", anche con l'intenzione di riuscire a "predire" lo sviluppo della musicalità, si rivolse a bambini in età scolare, anche perché sarebbe stato difficile sottoporre a test "con carta e penna" bambini d'età inferiore. Nelle ricerche successive, con l'aiuto di prove di tipo diverso, ci si rivolse a bambini sempre più piccoli, finché, dopo aver scoperto che l'orecchio comincia a funzionare nel feto intorno alla ventiquattresima settimana, si passò a studiare gli effetti dell'ascolto prenatale sullo sviluppo della musicalità, e le prime reazioni del neonato. Oggi la letteratura sui vari aspetti dello sviluppo musicale è abbondante, ma se volessimo fornire una rassegna ampia e dettagliata delle ricerche realizzate, non basterebbe certamente un solo capitolo (rassegne interessanti, anche se non recentissime, si possono trovare in Hargreaves 1986; Lucchetti 1992). Mi limiterò quindi a una presentazione sintetica degli studi considerati più importanti, soprattutto in relazione a quegli aspetti che sono stati particolarmente studiati nella ricerca. Quando, più di mezzo secolo fa, l'otorinolaringoiatra Alfred Tomatis cominciò a dire, sulla base dei suoi esperimenti, che l'orecchio iniziava a funzionare già nella vita prenatale, e quindi che il bambino sentiva ancor prima di nascere, fu preso per ciarlatano e minacciato di espulsione dall'ordine dei medici (Tomatis 1977). Oggi questa è una conoscenza ormai acquisita, e le capacità uditive del feto, nonché le sue reazioni motorie nei confronti sia di stimoli uditivi in generale sia più propriamente di stimoli musicali, sono convalidate da numerose ricerche scientifiche di cui è possibile trovare interessanti rassegne (Porzionato 1980; Dumaurier 1982; Shetler 1989; Woodward 1992; Lecanuet 1995). 14 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Alla luce dei numerosi contributi, è possibile sintetizzare alcuni punti essenziali: - l'apparato uditivo comincia a funzionare intorno alla 24a settimana in alcuni feti e dopo la 30a in tutti (v. in particolare Lecanuet 1995); - il feto reagisce ai suoni dell'ambiente interno (suoni intrauterini di diverso tipo, dal battito cardiaco della mamma ai fruscii prodotti dai suoi stessi movimenti) e dell'ambiente esterno (voci, suoni, musica) con variazioni del battito cardiaco (accelerazione / decelerazione) e con movimenti più o meno bruschi o tranquilli delle palpebre, del capo, degli arti, del tronco; - la qualità e quantità delle reazioni dipende dalle qualità sonore dello stimolo, dallo stato comportamentale del feto (sonno profondo, sonno attivo, veglia tranquilla, veglia attiva) e forse, nel caso di stimoli musicali, anche dagli effetti della musica sulla madre (ma non è stato ancora verificato); - già in epoca fetale è possibile indurre il fenomeno dell'abituazione a determinati stimoli (per esempio bambini che hanno trascorso il periodo prenatale nei pressi di un aeroporto non si svegliano né sussultano se decolla un aereo nelle vicinanze), fenomeno che permette di rilevare le capacità discriminative del feto ed eventuali effetti d'apprendimento verificabili poi nella fase postnatale. Anche riguardo al comportamento neonatale, le ricerche sono state più numerose in questi ultimi anni (cfr. Aucher 1987; Woodward 1992; Papousek H. 1995; Papousek M. 1995; Fassbender 1995; Trehub 2001, 2003) e i risultati possono essere così sintetizzati: - il neonato è sensibile agli stimoli sonori e musicali, e lo dimostra con gesti diversi (sbatte le palpebre, spalanca gli occhi e fissa lo sguardo, gira la testa verso la fonte sonora, smette di piangere, ecc.); - manifesta capacità discriminative reagendo in modi diversi al cambiamento di alcune qualità dello stimolo (intensità, velocità, qualità timbriche, aspetti melodici, ecc.) e manifesta presto delle preferenze; - alcuni comportamenti del neonato sembrano evidenziare forme di memoria e apprendimento nei confronti di esperienze uditive prenatali (preferisce la voce materna, si calma con il battito cardiaco della madre e con le musiche ascoltate nella fase prenatale, mostra fenomeni di abituazione a suoni violenti già ascoltati, ecc.). Riguardo a quest'ultimo punto, cioè la presenza di possibili forme di memoria prenatale, cito in particolare due ricerche. 15 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Wilkin (1996) ha invitato un gruppo di gestanti ad ascoltare tutti i giorni, a partire dalla trentaduesima settimana, quattro frammenti musicali. Sei settimane dopo il parto, ha osservato le reazioni dei neonati all'ascolto dei suddetti brani e le ha confrontate con quelle di un ugual numero di neonati che non avevano ascoltato tali musiche. I primi hanno mostrato più attenzione, ricettività e risposte motorie di quelli del gruppo di controllo. Nella ricerca di Woodward (1992), che ha cercato di verificare la me:noria prenatale controllandone le conseguenze sul ritmo della suzione non nutritiva, un gruppo di gestanti ha ascoltato due volte al giorno, a partire dalla trentaquattresima settimana, un brano musicale a scelta tra due proposti dalla ricercatrice. Tra il 3° e il 5° giorno dopo la nascita, ai bambini sono stati fatti ascoltare il brano già ascoltato in utero e un brano nuovo, dopo aver dato loro un succhiello in grado di registrare l'attività di suzione non nutritiva. Dall' analisi dei tracciati è risultato che l'attività di suzione veniva interrotta per un tempo più lungo durante l'ascolto del brano conosciuto rispetto al brano nuovo, e questo cambiamento di comportamento, considerato come una forma di attenzione, è stato interpretato, pur con cautela, come la possibile manifestazione di un condizionamento dovuto all' ascolto prenatale. Rifacendoci agli studi di una delle più famose e competenti ricercatrici sul funzionamento della percezione uditiva nei primi mesi di vita, Sandra Trehub, ne ricaviamo una serie di interessanti risultati: i bambini nascono con la predisposizione per la musica e i principi basilari dell' organizzazione percettiva sono già operativi nella primissima infanzia (Trehub-TrainorUnyk 1993). Sono sensibili, come dimostrato anche da altri ricercatori, agli elementi propri della musica e in particolare ai cambiamenti di altezza, tempo, metro, durata, timbro (Trehub 2003); classificano le sequenze musicali sulla base di proprietà globali e relazionali, anche se la melodia gioca un ruolo determinante (Trehub-Thorpe-Morrongiello 1987; Trehub-Bull-Thorpe 1984). Anche Stern trova che i bambini tra gli 8 e gli 11 mesi siano capaci di discriminare la trasformazione di una melodia se ne viene modificato il profilo melodico o vengono cambiati alcuni suoni (Stern-Spieker-Mackain 1982). Similmente, altri ricercatori hanno trovato che la capacità di raggruppare i suoni compare già verso i 2 mesi (Fassbender 1993), che verso i 4-6 mesi i bambini segmentano delle unità sia nel parlato che nel canto (Fassbender 1995) e si mostrano sensibili alla 16 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 struttura della frase musicale basata su moduli melodico-ritmici (Krumhansl-]usczyk 1990; ]usczyk-KrumhansI 1993). 3.1 L’inizio della comunicazione Nei primi mesi di vita i neonati non parlano ancora, ma hanno bisogno, per la propria salute affettiva e mentale, di ricevere informazioni da e sul mondo, e di comunicare i propri bisogni e desideri. Dalla nascita in poi, i bambini manifestano il proprio malessere (più tardi anche il benessere) attraverso reazioni sonore: dopo il pianto e il grido (nelle loro tre funzioni fondamentali, cioè come segnali di dolore, piacere e fame), scoprono presto l'esistenza di diversi tipi di suoni (urletti, piagnucolii, gemiti, gorgoglii, ecc.) e li producono in modo più ricco e più vario (usando anche suoni con vocali e consonanti) man mano che progrediscono nel padroneggiare la fonazione (anche a causa della trasformazione della laringe) e nella relazione con il mondo esterno. Molto presto le manifestazioni sonore del neonato sono sensibili alle conseguenze che provocano: già verso la fine del primo mese il neonato si aspetta la soddisfazione del bisogno che ha provocato il suo grido. A volte comincia con un lungo gemito non molto forte, che sale d'intensità fino a sfociare nel grido, secondo la premura manifestata abitualmente dalla madre e dagli adulti che si occupano di lui (Wolff 1969). È vero che i neonati comunicano anche con gli occhi, con un aumento dell'attività motoria e ben presto anche con le smorfie del viso e il sorriso, ma la comunicazione sonora è quella più importante e più varia. Sollecitati dal comportamento materno, imitano le intonazioni vocali in modo sempre più attivo. Attraverso questa interazione con la madre imparano a riconoscere e a condividere le emozioni e la conoscenza del mondo. Un posto speciale, secondo la studiosa della nascita del linguaggio, Bénédicte de Boysson-Bardies, è occupato dallo scambio di vocalizzazioni che avviene intorno ai 3 mesi, e solo per un breve periodo, chiamato turn-talking dove «la madre e il bambino si rispondono l'un l'altro producendo a turno suoni vocalici. [...] Il bambino comincia quando l'adulto si ferma e ciò avviene più volte, dando l'impressione di una conversazione» Boysson-Bardies 1999, p. 76). Tendenzialmente, il modo di parlare degli adulti con i bambini piccoli è caratterizzato dal registro alto (suoni acuti e fini), da un profilo melodico accentuato, da 17 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 un'intensità media con sonorità morbide, dalla ripetizione di sillabe e parole, da un andamento lento, ecc. Questo modo di parlare (chiamato motherese in inglese) suscita uno speciale interesse nei bambini, con effetti positivi sulla comunicazione interattiva. Queste caratteristiche prosodiche (frequenza, intensità, ritmo, ecc.), designate spesso da molti ricercatori come qualità "musicali" o "melodia del linguaggio materno", sono dunque importanti per i neonati, che le percepiscono molto presto mostrando una chiara preferenza per il modo di parlare usato dalla madre, in registro alto e con una curva intonativa accentuata (Fernald 1989, 1992; Papousek M. 1995). Come Fernald stessa aggiunge, «la prosodia tipica del parlato materno favorisce le funzioni centrali psicobiologiche che presiedono lo sviluppo della comunicazione nel primo anno di vita» (1992, p. 270). Nei primi dialoghi madre-bambino, o protoconversazioni, entrambi cercano di sincronizzarsi su una pulsazione sottintesa. Questo comportamento è stato studiato da Malloch (1999-2000), che ha analizzato le caratteristiche temporali e d'altezza nelle risposte di alcuni neonati a partire dalle 6 settimane di vita) durante attività dialogiche con la madre. Nei suoi studi sulla comunicazione madre-bambino, Malloch ha evidenziato l'alto livello d'intesa raggiunto da entrambi come segno di una interazione comunicativa che è co-operativa eco-dipendente. I n questa interazione, secondo Trehub e Nakata (2001-2002), i profili melodici usati dalle mamme sono diversi per ciascuna di loro e sembrano avere benefici effetti sul neonato sia come aiuto a riconoscere la propria mamma, sia come rinforzo dei legami emozionali. Accanto alle vocalizzazioni di tipo relazionale o "sociale" per Dumaurier le vocalizzazioni private sono costituite da suoni vocali prodotti dal neonato quando è solo, sveglio e molto attivo, una forma di esplorazione della propria fonazione, quasi un esercizio, un piacere sensoriale interno (propriocettivo) causato dal "massaggio" effettuato dalle onde sonore da lui prodotte; vocalizzazioni che si interrompono se compare un adulto. I neonati mostrano dunque abbastanza presto la capacità di produrre suoni, anche per imitazione, prima di riuscire a produrre delle vere sillabe (confuse a volte con suoni simili o pseudosillabe), cosa che avviene verso i 6-7 mesi. Contrariamente a quanto affermato nelle pubblicazioni tradizionali, la vera lallazione compare, secondo studi più 18 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 recenti, verso i 6 mesi (Thurman 1997; Trevarthen 1999-2000) o verso i 7 (BoyssonBardies 1999), quando il tratto vocale è capace di produrre quelle sillabe che sono proprie della lingua materna, mentre prima, cioè verso i 4 mesi, i bambini cominciano a produrre con le vocali suoni quasi-consonantici, simili alle sillabe della lingua parlata e perciò chiamati comunemente lallazione. La comunicazione interattiva tra mamma e bambino promuove quindi sia le capacità linguistiche sia la condivisione delle emozioni e dei comportamenti sociali. Dopo le esperienze con la figlia (Papousek M. - Papousek H. 1981), Mechtild Papousek (1995) ha studiato le produzioni vocali dei bambini dai 2 ai 15 mesi durante l'interazione con la madre. Sulla base dei risultati di questa e di altre ricerche, ha successivamente evidenziato alcuni stadi nella produzione vocale dei bambini dalla semplice produzione di suoni che avviene nel primo mese di vita i neonati passano a produrre, dal secondo mese in poi, suoni più articolati e modulati; nello stadio successivo (dai 4 ai 6 mesi circa) giocano a esplorare la propria voce producendo una serie di suoni prima più ripetitivi, poi più variati, che portano, verso il primo anno d'età, alle prime parole. In questo percorso si differenziano presto le tracce della comparsa di due capacità diverse: quella che porta al linguaggio e al pensiero e quella che porta al canto e alle attività creative, ma anche imitative, della musica vocale. Entrambe sono fortemente legate alle funzioni affettive della voce e della comunicazione. Chiediamoci ora: potrebbe la musica avere delle potenzialità, in ambito musicale, simili a quelle del linguaggio verbale? Se per imparare bene una lingua è necessario che il modello linguistico venga presentato nella prima infanzia e in un contesto di comunicazione interattiva (Boysson-Bardies 1999, p. 94), vale anche per la musica? Che cosa succede se la mamma canta? Se cerca di avviare un dialogo interattivo cantando, quando il neonato comincia a "rispondere"? Come sono queste risposte? La capacità dei bambini di distinguere il linguaggio verbale dal canto e da altri tipi di suoni compare abbastanza presto, tra il primo o e il quarto mese (Eimas et al., 1971). L'udito infatti sta funzionando da circa 3-4 mesi prima della nascita. Si può quindi ipotizzare che il canto materno abbia, ai fini della stimolazione musicale, lo stesso effetto del loro parlato, e che il bisogno di comunicazione dei bambini sia ugualmente "saziato" con questo linguaggio, sempre che, attraverso il canto, mamme e 19 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 papà siano interessati a interagire con loro, risvegliarne l'attenzione, calmarli, condividerne diversi tipi di emozioni, ecc. Guardando le ricerche svolte in quest'ambito, si può osservare che ben pochi studiosi si sono chiesti che cosa succeda nel primo anno di vita se la madre canta. Uno dei primi a occuparsi in modo approfondito della comparsa di manifestazioni "cantate" nei neonati è stato Moog (1976) che, studiando le produzioni vocali che avvengono fin dai primi mesi, ha messo in rilievo la presenza progressiva di una certa varietà di suoni d'altezza diversa. Tali produzioni, verso i 6-7 mesi, sono simili al canto, e compaiono soprattutto quando l'adulto canta al bambino o gli fa ascoltare della musica; Moog le chiama " musical babbling" (p. 60) ovvero "lallazioni musicali". Alcuni studiosi hanno dimostrato la preferenza dei neonati per il canto della madre diretto a loro rispetto al canto in genere, in quanto più espressivo ed emotivamente più intenso, e hanno rilevato nei piccoli un'attenzione maggiore (sguardo fisso e riduzione dei movimenti) se la mamma canta invece di parlare. Sembra dunque che la relazione che la madre riesce a stabilire con il neonato attraverso il canto sia più intensa e solleciti maggiormente il livello emozionale e rispetto al parlato (Trehub-Nakata 2001-2002). Generalmente l'importanza di questa relazione viene colta per intuito dalle madri, le quali, anche se pensano di non saper cantare bene o di non avere una bella voce, di fatto cantano alloro bambino per calmarlo, intrattenerlo, farlo ridere e giocare, consapevoli del peso emozionale che possiede la loro voce nell'esperienza del piccolo (Street 2003). Le prime vocalizzazioni dei neonati aumentano in varietà e durata se i genitori continuano a sollecitarli. In uno studio condotto negli Stati Uniti, alla Harvard University, 9 bambini sono stati seguiti dall'età di 1 anno all'età di 7. I ricercatori andavano a casa dei bambini settimanalmente nei primi due anni, poi ogni due mesi, per osservare e registrare sia momenti di canto libero, sia la riproduzione di canti memorizzati. I risultati ottenuti con questi bambini sono stati poi confrontati dai ricercatori con quelli ottenuti con altri 70, raggruppati per fasce d'età (Davidson 1985; 1994). Un altro ricercatore statunitense, Tay Dowling, ha studiato le canzoni prodotte da due bambini nel periodo da l a 6 anni (1984). Un ulteriore contributo in materia, sempre proveniente dagli Stati Uniti, è quello di Edwin Gordon, che ha formulato una sua teoria (1990) sulle modalità di apprendimento musicale del bambino a partire dalla nascita. 20 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Mettendo insieme i risultati di questi studi e ricerche, emerge un quadro molto interessante e abbastanza convergente sulle prime manifestazioni musicali dei bambini. Nel periodo da l a 2 anni le produzioni vocali possono cominciare a essere simili a piccoli canti, poiché le altezze sono chiaramente individuabili (anche se ancora non appartenenti alla nostra scala) a causa del prolungamento delle vocali, e inoltre compare una certa regolarità ritmica. Queste produzioni potrebbero assumere progressivamente. dopo l'età di un anno, la forma di frasi, poi (verso i 2 anni) di canti di una certa durata: tali canti a volte sono senza parole e a volte contengono sillabe ripetute che, con il passare dei mesi, lasciano il posto a vere e proprie parole. Qualche volta nei canti che i bambini producono è possibile riconoscere qualche frammento di canti a loro familiari, altre volte no: sono questi ultimi i cosiddetti canti spontanei. In questo percorso le parole giocano il ruolo fondamentale di supporto alla struttura ritmico-melodica, e di fatto i bambini riescono a imitare prima le parole, poi il ritmo e infine le altezze (Moog 1976). Dopo i 2 anni compaiono canti basati sulla ripetizione di una stessa frase melodica, poi le frasi aumentano progressivamente sia in varietà sia in numero sia in consistenza (Dowling 1988; 1994). A conclusione di questi risultati si può dire che già all'età di 2 anni tutti i bambini che hanno avuto uno sviluppo normale possono cantare. Secondo i ricercatori prima citati, la produzione dei bambini aumenta in quantità e in qualità, nel senso che le strutture del nostro sistema musicale cominciano a comparire in modo più evidente, anche se non sono ancora stabili. Tale comparsa ha permesso ai ricercatori di studiare in modo più approfondito l'assimilazione del nostro sistema musicale e lo sviluppo della capacità di "intonare", cioè di riprodurre correttamente la melodia delle canzoni apprese. È lo studio del canto imitativo. Osservando nel corso dei mesi e degli anni la riproduzione melodica dei canti familiari (appresi per imitazione), viene notato che i bambini riproducono correttamente prima il profilo della melodia (cioè il salire e scendere dei suoni), poi gli intervalli (cominciando da quello di 3a) tra le note più importanti della melodia e infine i suoni che stanno alloro interno, avvicinandosi così gradualmente al modello originale (Davidson 1985). 21 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Dopo i 3 anni le ricerche sono più numerose non solo perché è più facile raccogliere la necessaria documentazione, ma anche perché molti studiosi ritengono che solo da quest'età in poi cominci a manifestarsi la capacità di cantare intonato. Dall'analisi del livello d'intonazione nelle sequenze cantate da bambini dai 3 anni in su, Moog ricava che il 44% dei bambini di 3 anni produce canti che "somigliano" all' originale, mentre a 4 anni il 38% dei bambini imita correttamente i canti a parte qualche piccolo errore. Man mano che i bambini si avvicinano ai 5 anni la stabilità tonale delle loro canzoni aumenta (Dowling 1994), così come l'ampiezza dei intervalli eseguiti correttamente e la precisione delle singole altezze (Davidson 1985). Riprendendo i risultati di queste e altre ricerche, Welch (1997) traccia n modello di sviluppo della capacità di cantare intonato articolato in quattro fasi: • Prima fase: il centro d'interesse per i bambini è costituito più dalle parole che dalla melodia e il canto è soprattutto un'esplorazione dell'altezza con intervalli prevalentemente discendenti; • Seconda fase: vi è una maggiore consapevolezza della possibilità di controllare l'altezza, per cui lo schema melodico delle canzoni prodotte dai bambini comincia ad avere un profilo abbastanza vicino al canto originale; • Terza fase: il profilo melodico e gli intervalli sono abbastanza corretti anche se possono esserci degli errori, dovuti a volte al registro (troppo acuto o troppo grave); • Quarta fase: non vi sono errori d'altezza significativi purché le canzoni siano semplici e appartengano alla cultura musicale dei bambini. Come si può notare Welch non propone delle età di riferimento, perché questo modello scaturisce da numerosi studi i cui risultati sono stati raggiunti dai bambini a età diverse, sia perché questo schema vuole suggerire un percorso indipendentemente dall'età dei bambini, ognuno dei quali ha diritto a crescere secondo i propri ritmi di sviluppo. ambito di ricerca diversi autori si sono soffermati sullo studio del canto spontaneo, intendendo con quest'espressione i canti prodotti dai bambini nei momenti liberi, individuali o collettivi, trascorsi al nido, alla scuola dell'infanzia o in famiglia. Nella produzione spontanea i ricercatori hanno trovato una grande varietà di esempi, dalle vocalizzazioni senza parole a frasi inventate per commentare giochi individuali o 22 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 collettivi, dalla riproduzione o rielaborazione di canti familiari all'invenzione di veri e propri canti. Lucchetti, nella sua classificazione (1987), definisce queste produzioni "originali", cioè inventate dai bambini. Tutti gli autori sono concordi nell'affermare che nel canto spontaneo vi siano almeno due tipi di produzioni cantate: quelle più socializzanti, che i bambini inventano in situazioni collettive (per giocare, prendersi in giro, chiamarsi) e quelle più personali, che i bambini inventano quando sono da soli o si isolano e non cantano per gli altri ma per sé stessi. Ciò non significa necessariamente che i bambini debbano essere da soli in una stanza, ma che nessuno li sta sollecitando a una qualche forma di comunicazione e quindi possono essere assorti in sé stessi. I canti del primo tipo sono di carattere dialogico e sono costituiti da frasi melodiche con parole ("la macchina della mia mamma è più bella di quella della tua", "no-o, è più bella quella della mia"; "voglio la spugna rossa", "e io ti do quella verde"), si sviluppano intorno a pochi suoni diversi e terminano con inflessioni cadenzali alla fine della frase (simili a un recitativo). Hanno una struttura ritmica abbastanza regolare, legata alle sillabe delle parole (note tendenzialmente della stessa durata, con qualche intensificazione dovuta al testo e suoni lunghi alla fine). È interessante evidenziare la varietà di funzioni che può avere questo tipo di canto: prendere in giro, protestare, chiamare, chiedere, comandare, ecc. (Bjorkvold 1985). I canti del secondo tipo, quelli individuali, sono molto più vari e si prestano a un'ulteriore classificazione interna (Lucchetti 1987; Young 2003): espressioni vocali, senza parole legate al movimento, all'uso di oggetti o a un proprio stato d'animo; monologhi, quando i bambini assorti in sé stessi ripetono vocali o sillabe su pochi suoni, spesso mentre fanno qualcosa (una bimba si dondola sull'altalena, un bimbo fa le costruzioni); canti, quando i bambini si raccontano cantando una storia, una loro esperienza o descrivono ciò che stanno vedendo, ecc. Mentre i monologhi presentano spesso una cellula ritmica che si ripete in modo abbastanza regolare, i canti sono caratterizzati prevalentemente da un ritmo libero o comunque flessibile, da un uso libero degli intervalli, che però non esclude talvolta la presenza di moduli melodici tipici dei canti infantili, e dall'uso di parole fantasiose, anche nonsense. 23 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Osservando il livello di precisione intonativa è possibile notare che i bambini manifestano un controllo dell'intonazione minore rispetto a quello raggiunto nei canti imitativi, probabilmente perché l'imitazione è basata su esempi concreti memorizzati, mentre l'invenzione è improvvisata, e quindi guidata da un'idea estemporanea. Inoltre la capacità d'intonare durante l'invenzione di nuove melodie richiede una notevole esperienza, nel senso che l'apprendimento di molti canti favorisce la stabilizzazione del modello di scala tipico della propria cultura. Se l'intonazione è ancora carente, ciò significa che la produzione di altezze precise non è ancora ben controllata da un modello di scala stabile (Dowling 1984). Il canto originale tende poi a diminuire e sparire con l'aumento dell' età, perché i bambini, acquisendo una maggiore sensibilità estetica, apprezzano di più i modelli di canzoni offerti dalla televisione o dal mondo degli adulti (ritenute "belle") e quindi trascurano o addirittura si vergognano delle proprie invenzioni, considerate brutte al confronto (Lucchetti 1987). 3.2. L’uso di strumenti e del movimento corporeo È frequente vedere bambini che già a partire dai 5-6 mesi di vita scuotono sonagli o battono su un tamburello, se viene data loro questa opportunità. Lo fanno spontaneamente, per conoscere ed esplorare l'oggetto, e lo fanno ancor di più se qualcuno sta cantando o se stanno ascoltando della musica. Certamente i piccoli sono affascinati dal suono e, più in generale, da una situazione globale in cui l'oggetto, con le sue forme e i suoi colori, il gesto stesso di scuotere o battere e il suono che ne deriva sono un tutt'uno. C'è anche un altro comportamento che i bambini mettono in atto verso un anno d'età: battere le mani. Numerose sono le canzoni, nel repertorio popolare, che invitano a questo gesto e talvolta sono gli stessi genitori a prendere e battere le mani dei bambini, anche se in realtà è il bambino che dovrebbe avere la libertà di farlo quando ha maturato questa capacità e ne sente il desiderio. Si tratta dei primi giochi di coordinamento motorio presenti nell' educazione infantile, sia in famiglia sia al nido, proprio con l'obiettivo di favorire tale maturazione. Un ulteriore comportamento usuale è quello di far saltellare i bimbi sulle ginocchia, generalmente cantando una canzone. 24 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Suonare, battere le mani, saltellare: tre comportamenti che intrattengono e divertono i bambini e insieme favoriscono il coordinamento motorio, il coinvolgimento emotivo e la maturazione della capacità di strutturare il tempo (Imberty 2002). Per l'attivazione di questi comportamenti si ricorre di norma a canti e brani musicali che possiedano una struttura ritmico-metrica molto chiara, e più precisamente: una pulsazione regolare evidente, cioè un'alternanza regolare di tempi forti = tempi deboli, come nella marcia (1:2, metro binario) o nel valzer (1:3, metro ternario), e che possiedano anche combinazioni ritmiche (cioè i suoni di diversa durata) regolari, che favoriscono la percezione della pulsazione. Questa presenza di pulsazioni regolari in un canto o un brano strumentale a cui i bambini possono unirsi con il battito delle mani, suonando strumenti a percussione o saltellando sulle ginocchia degli adulti, consente di imparare a organizzare il tempo e maturare una capacità fondamentale in musica: il cosiddetto "andare a tempo", o sincronizzazione ritmico-motoria, una capacità da collocare nel più ampio contesto del "'senso ritmico" in generale. Se apparentemente tutti pensiamo di capirci quando parliamo di "senso ritmico", in realtà non tutti siamo consapevoli delle implicazioni di quest'espressione. Innanzitutto il ritmo non è una qualità del suono. Seguendo gli studi dello psicologo francese Paul Fraisse (1974), scopriamo che siamo noi a cogliere le relazioni tra le durate dei suoni ascoltando una sequenza (con o senza melodia), e per fare ciò è necessario che le durate siano percepibili e raggruppabili, quindi né troppo lunghe, né troppo brevi). In altri termini, da un lato la fisica ci dice che ci sono dei suoni consecutivi con determinate durate (uguali o diverse), dall'altro sono le nostre capacità percettivo-cognitive a operare dei raggruppamenti e a far ci dire, in base a criteri propri della nostra cultura, che "lì" c'è o non c'è un ritmo. Sintetizzando, il ritmo è un'organizzazione dei rapporti di durata compiuta da chi ascolta secondo la propria maturazione percettivo-cognitiva e la propria cultura, non dimenticando che i primi ascoltatori sono proprio coloro che eseguono (inventando o riproducendo) sequenze ritmiche. Questa importanza attribuita alla persona che ascolta permette subito di cogliere il ruolo determinante dell' età nello sviluppo del senso ritmico. A ciò aggiungiamo che si tratta di un ambito complesso, in quanto esistono capacità diverse: quelle percettive (a che 25 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 età riusciamo a percepire e organizzare le durate?) e quelle produttive (a che età riusciamo a produrre e riprodurre strutture ritmiche?). Queste ultime poi si manifestano mediante la voce nel parlato, nel canto e mediante il movimento, da quello più contenuto, necessario per suonare uno strumento, a quello più ampio che coinvolge tutto il corpo, sia nei movimenti liberi in risposta alla musica, sia nella danza. Questa complessità ci predispone ad accogliere una grande varietà nei risultati di ricerca, in quanto gli studiosi che si sono accostati a quest'area lo hanno fatto da punti di vista diversi, da quello percettivo a quello produttivo e, in questo secondo caso, dall'ambito vocale a quello strumentale, a quello motorio. Se le precisazioni teoriche sulla natura della percezione ritmica possono averci spaventato, guardando le ricerche compiute dal punto di vista percettivo ci tranquillizziamo subito, in quanto i bambini riescono a organizzare percettivamente i suoni in moduli ritmici già a 2 mesi di vita (Demany-McKenzie- Vurpillot 1977). Sandra Trehub, ha trovato, insieme ad alcuni suoi collaboratori, che verso i 7-9 mesi i bambini sono in grado di percepire dei cambiamenti nella struttura ritmica (TrehubThorpe 1989; ThorpeTrehub-Morrongiello-Bull1988). Più precisamente, la ricerca del 1988 conferma che i bambini sono già capaci, tra i 7 e i 9 mesi, di operare dei raggruppamenti e di distinguere sequenze ritmiche diverse, purché siano costituite da pochi suoni. Osservando ciò che avviene nelle età successive, Arlette Zenatti (1981) ha notato che la discriminazione. tra due sequenze ritmiche senza melodia è già discreta a 4 anni, e migliora notevolmente a 5 anni e mezzo. Spostandoci sul versante della produzione ritmica, guardiamo prima quella presente nel parlato e nel canto. A questo proposito Moog dice che (1976) le prime lallazioni musicali sono ritmicamente amorfe, mentre verso i 18-24 mesi i bambini cominciano a usare nei primi frammenti di canti spontanei due durate: quella più lunga è meno frequente, tendenzialmente il doppio dell'altra, e può trovarsi in posizioni diverse (all'inizio o a metà della frase). Moog non prende in considerazione il suono lungo alla fine della frase, in quanto non gli attribuisce un valore espressivo ma solo la funzione di "riposo", legata in genere alla necessità di prendere fiato: in pratica, il respiro prima della frase successiva. Nel canto imitativo Moog osserva che i bambini prima ripetono qualche parola senza un ritmo preciso, e successivamente ripetono alcune parole (ancora senza la 26 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 melodia) pronunciandole con il ritmo del canto. Dopo i 3 anni aumenta il numero dei bambini capaci di riprodurre correttamente un canto nei suoi aspetti ritmico e melodico. Passando al rapporto tra percezione e movimento, Moog (1976) mette in evidenza il passaggio, verso i 6 mesi, da una reazione di calma a una reazione di movimento all'ascolto di musica. Le risposte motorie esplicite, ma non ancora sincronizzate, aumentano considerevolmente verso i 15-18 mesi, per poi diminuire quanto al numero, ma non quanto alla varietà che invece continua ad aumentare, favorita anche dalla progressiva conquista dello spazio. Questa osservazione è di grande importanza, perché il bambino comincia a usare il movimento, anch' esso temporale, come interpretante privilegiato nei confronti della musica. Osservando il grado di coordinamento, cioè la sincronia dei movimenti ratti dai bambini in rapporto alla musica, Moog dice che pochissimi, tra i 3 e i 4 anni (il 10%), erano capaci di sincronizzarsi con la musica. Questa capacità diventa invece abbastanza buona tra i 4 e i 5 anni (71-74%), soprattutto quando ai bambini veniva chiesto di battere le mani o di batterle sopra un tavolo. Accompagnare un brano musicale battendo le mani, suonando uno strumento a percussione (tamburello, legnetti, ecc.) o marciando: ecco tre modalità di sincronizzazione ritmico-motoria, ovvero tre tipi di risposta motoria sincronizzata con la pulsazione del brano. Un'esperienza in cui musica e movimento si uniscono in una stessa dimensione temporale. Queste tre attività presentano differenti livelli di difficoltà legati alla padronanza motoria: è più facile sincronizzarsi usando movimenti piccoli piuttosto che movimenti che coinvolgono grandi masse muscolari, come viene confermato dalle ricerche. Secondo Rainbow (1981) la capacità di sincronizzarsi sia battendo le mani sia suonando i legnetti è molto bassa a 3 anni (10-14%) mentre migliora a 4 anni (40-60%). Risulta invece più difficile marciare a tempo con la musica, come vediamo nelle percentuali che sono bassissime a 3 anni (4-10%) e leggermente superiori a 4 (1820%); infine, è quasi impossibile marciare e insieme battere le mani a 3 anni (meno del 4%) e molto difficile a 4 (meno del 15%). Il miglioramento dai 3 ai 4 anni è comunque confermato in diverse ricerche e da punti di vista diversi, come per esempio quello di Gilbert (1981), che studia il coordinamento motorio nel suonare uno strumento a percussione unitamente al 27 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 coordinamento occhio-mano, nonché la velocità e l'ampiezza del movimento. Questo conferma l'influenza determinante dell'età nello sviluppò motorio e percettivo-cognitivo. Un contributo particolarmente importante alla comprensione della capacità di sincronizzazione ritmico-motoria è stato dato dalla studiosa argentina Silvia Malbràn che ne ha individuato e verificato le diverse componenti. Basandosi su alcuni studi teorici che mettevano in luce i principali processi cognitivi coinvolti in quest'attività, quali avere la rappresentazione mentale di una successione di intervalli di tempo regolari, trasformare la percezione in immagine mentale, depositare l'informazione nella memoria a breve termine e trasformarla in gesto (Shaffer 1982; Parncutt 1994), Malbràn ha messo in luce la presenza di quattro componenti che concorrono a determinare la capacità di sincronizzazione: - la capacità di cogliere la presenza delle pulsazioni e accompagnarle con il proprio strumento (corrispondenza); - la capacità di non fermarsi (continuità); - la capacità di avvicinarsi il più possibile all'istante preciso di ogni pulsazione (precisione); - la capacità di mantenere uno stesso livello di sincronia (regolarità). Da un primo studio, condotto con 30 bambini di 3 anni (Malbràn 2000-2001), è risultato che a quell'età la capacità di sincronizzarsi con le pulsazioni di un brano musicale è ancora abbastanza ridotta. La ricerca successiva (Malbràn 2002) è stata longitudinale, nel senso che 9 bambini sono stati seguiti dai 3 ai 5 anni. Qui si è notato un certo miglioramento generale con delle differenze interne, e precisamente il miglioramento più significativo'nella "corrispondenza" è avvenuto dai 4 ai 5 anni, mentre per la "continuità" è avvenuto dai 3 ai 4 anni. Sulla base dei numerosi studi esistenti, possiamo concludere, con Malbràn, dicendo che le capacità ritmiche: - occupano un posto preminente nei processi di sviluppo; - compaiono presto; - richiedono un doppio coinvolgimento, percettivo e motorio; - dipendono dall'inculturazione; - richiedono l'attivazione di relazioni interattive con l'ambiente. 28 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Un accenno infine all'uso degli strumenti per la loro importanza nello sviluppo delle capacità ritmiche, ma anche per la funzione che possono svolgere nella crescita musicale dei bambini. Le ricerche non sono numerose e soprattutto sono funzionali ad altre capacità. Come abbiamo appena visto, si parla spesso di legnetti e di tamburi negli studi sulle capacità ritmiche. Se ne parla molto nelle ricerche sulla creatività, che non può essere studiata solo nel canto spontaneo, per cui è necessario dare ai bambini la possibilità di inventare con strumenti di vario tipo, dalle piccole percussioni alle tastiere (v. Swanwick-Tillman 1986; Barrett 1998; Baldi-Tafuri-Caterina 2003; Tafuri-Baldi-Caterina 2003/2004; Young 2002). Se pensiamo all'uso degli strumenti considerati in sé stessi come oggetto di attenzione ed esplorazione, il panorama delle ricerche si restringe molto, anche se ci sono studi di notevole rilievo. Innanzitutto quello di Mario Baroni (1978), che assegna agli strumenti un posto fondamentale nell' esperienza dei bambini della scuola dell'infanzia ed elementare per l'esplorazione del suono e la realizzazione di attività espressive. Una ricerca che mira principalmente all'interazione tra lo strumento e i bambini è quella condotta a Bologna da Anna Rita Addessi e François Pachet (2005), nella quale si dà a bambini dai 3 ai 5 anni la possibilità di suonare una tastiera elettronica programmata, in modo tale da poter "rispondere" producendo una musica nello stesso "stile" usato da chi suona. Questa esperienza ha suscitato nei bambini molto interesse e una grande varietà di comportamenti, dall'entusiasmo nel suonare alla straordinaria attenzione e partecipazione estetica nell'ascoltare la tastiera, dall'attivazione di comportamenti in coppia con altri bambini all'esplorazione di molti modi di suonare (usando dita, gomito, testa, avambraccio, ecc.). Già anni prima un esperto di pedagogia musicale francese, Jean-Pierre Mialaret (1997), aveva condotto una ricerca sull'esplorazione degli strumenti nei bambini. Lo studio aveva preso in considerazione le esplorazioni compiute individualmente da 61 bambini d'età compresa tra i 2 anni e l0 mesi e i 9 anni e 6 mesi con un metallofono cromatico. L'obiettivo era quello di studiare come i bambini esplorassero gli strumenti esprimendosi e allo stesso tempo manifestando l'appropriazione della cultura musicale 29 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 dell'ambiente, e ha dato luogo a conseguenze interessanti soprattutto sul piano dell'espressività del comportamento esplorativo. Una ricerca simile, ma dedicata solo a bambini di nido da 1 a 3 anni, è quella condotta a Lecco dallo psicologo francese François Delalande (2004). La ricerca prende l'avvio dai suoi precedenti studi (1993) sul piacere senso-motorio che scaturisce dal "toccare" uno strumento, un piacere tattile, gestuale e uditivo che costituisce una delle sue tre condotte musicali, considerate come gli "universali" in musica. L'obiettivo di quest'ultima ricerca è quello di studiare come si sviluppa il comportamento di esplorazione da 1 a 3 anni e quali sono i fattori di rinforzo. I risultati emersi sono davvero straordinari. Oltre a confermare il fascino che gli strumenti esercitano sui bambini, hanno permesso di individuare una diversità di comportamenti che, secondo l'età, possono essere accolti e potenziati dalle educatrici e dai genitori. 30 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 4. Propedeutica musicale Una parola difficile per un’idea pedagogica semplice: la musica si impara facendola e non astraendola. Imparare a scrivere le note sul pentagramma non significa “imparare la musica” ma imparare a codificarla: cominciare a valle invece che a monte. La musica si “impara” invece, in primo luogo, traducendo in concreto il proprio bisogno di viverla fisicamente ed emotivamente, così che essa contribuisca alla nostra formazione e crescita globale come individui. Si “impara” attraverso una esperienza creativa e collettiva che coinvolga tutto ciò che alla musica è o può essere inerente: gesto, movimento, danza, scansione verbale, vocalità, strumentario musicale, drammatizzazione e performance. Attraverso tutto ciò potremo “imparare”, cioè “capire” la musica: capire come e perché essa nasce, individuarne le componenti espressive e strutturali e, infine, razionalizzarla, anche attraverso la notazione come indispensabile forma di memorizzazione e di comunicazione. La musica è un mondo che riesce a entrare nella sfera delle emozioni, facendo sbiadire quelle tristi, negative creandone di nuove, intense che fanno vibrare l’anima ed elevare il pensiero. I bambini hanno il diritto di essere avvicinati il più presto possibile a questa bellezza. Perchè costringerli a strazianti e interminabili lezioni di teoria musicale prima di aver maturato l’amore, prima di essere stati catturati da ritmi e melodie ? Perchè privare di questo aspetto positivo, armonioso la crescita della personalità di ogni bambino? TUTTI I BAMBINI HANNO BISOGNO DELLA MUSICA, pochi di essi sono veramente portati per acquisire le competenze tecniche per lo studio dello strumento. In ogni caso quei pochi hanno la possibilità di far emergere il loro talento e orientati nella giusta direzione. Contrariamente alle proposte didattiche italiane, elaborate sperimentalmente da insegnanti o studiosi del problema educativo ma anche direttamente impegnati nell’educazione (Maria Montessori), i metodi stranieri di maggiore rilievo sono stati tutti ideati da musicisti assai noti, come ad esempio Orff e Kodály, che hanno sviluppato percorsi per un apprendimento facile e immediato della musica, tenendo conto di alcuni 31 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 noti comportamenti infantili e favorendo al massimo diverse componenti della persona, come la creatività, la spontaneità, l’interesse, il bisogno motorio. 4.1 Metodi di educazione musicale per l’asilo nido Nei prossimi paragrafi presenterò brevemente i due metodi che sto studiando e approfondendo per l’educazione musicale nei bambini piccolissimi dei centri infanzia. 4.1.1 Il metodo Delalande Tutti i genitori, tutti gli educatori sanno che i bambini producono suoni, con evidente piacere, prima con la voce, poi con tutti gli oggetti che capitano loro tra le mani. È così che verso il primo anno amano i cigolii, gli sfregamenti e possono trascorrere parecchi minuti a sfregare con un cucchiaio su un calorifero o a trascinare una sedia sul pavimento ottenendo delle modulazioni sonore che i genitori non apprezzano sempre nel loro giusto valore. Non tutti i genitori sanno che questi comportamenti sono già una forma di invenzione musicale. In genere si è studiato l’attività senso-motoria del bambino dal punto di vista dello sviluppo psicomotorio o dell’intelligenza pratica, o nell’ottica della comunicazione se si tratta delle prime vocalizzazioni, ma molto poco come una forma di attività musicale. Tuttavia queste esplorazioni che osserviamo possono essere considerate come l’avvio di comportamenti musicali per almeno tre ragioni. Anzitutto perché padroneggiare un gesto per ottenere una certa qualità di suono è il lavoro quotidiano di uno strumentista. La musica, di solito, nasce dal gesto, da un gesto finemente controllato, regolato per “accomodamento”, adeguando l’articolazione della mano, il peso del braccio, la pressione dell’aria alla risposta meccanica dello strumento per ottenere quella particolare sonorità prescelta. È proprio questo controllo senso-motorio che esercita il bambino quando trascina la sedia sul pavimento. Ma su questa esperienza senso-motoria si costruisce, per il bambino come per il violinista, un simbolismo del gesto e del movimento. Un suono è vigoroso o leggero, delicato o aggressivo, perché il gesto che l’ha prodotto possiede lo stesso carattere espressivo. Proprio per questo, il bambino acquisisce, 32 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 nei primi anni di vita, un vocabolario di equivalenze tra la gestualità e la vita affettiva. È sulla base di questa esperienza che per lui una frase musicale sarà leggera, delicata o vigorosa. Infine, l’esplorazione è uno fondamenti dell’invenzione. Dal primo anno di vita, l’attività senso-motoria dà luogo a delle “reazioni circolari”: se il bambino produce per caso un suono che lo sorprende o lo interessa, ha la tendenza a ripetere il gesto che lo produce dieci o venti volte. All’età di otto mesi è anche capace di modificare leggermente il gesto per ottenere un ventaglio di suoni leggermente differenti. Non esplora più l’oggetto materiale che produce rumore, ma piuttosto questa varietà di espressioni sonore. La sua attenzione si è spostata dall’oggetto al risultato sonoro e alle sue variazioni. Per noi musicisti, questo passaggio è fondamentale. Se spogliamo degli aspetti tecnici e culturali le strategie della creazione musicale troviamo che il cuore dell’invenzione è proprio questo stessa condotta psicologica: una trovata sonora è uscita, un po’ per caso, dalla fantasia o è nata sotto le dita, e coglie l’interesse del musicista tanto che egli ha piacere a ripeterla facendone delle variazioni. È quello che chiamiamo una “idea musicale” – può trattarsi di un tema, di un motivo ritmico, uno slancio dinamico, una miscela di suoni…- e l’arte di scoprirne tutte le sfaccettature si chiama sviluppo. Scegliere, nel corso dell’esplorazione, una trovata sonora e svilupparla attraverso variazioni è una condotta che appare nel bambino prima di un anno. Il gioco senso-motorio, le reazioni circolari e l’esplorazione sonora che ne risultano sono dei comportamenti spontanei, nel senso che non c’è bisogno dell’intervento di genitori o di educatori perché si manifestino. Ma l’esplorazione sonora può essere scoraggiata, o al contrario, arricchita se le condizioni, i materiali, l’atteggiamento degli adulti la favorisce. Come fare? Quali sono i fattori di rinforzo? Come si sviluppano i comportamenti di esplorazione? Queste sono le domande che ci poniamo, questo è l’oggetto della ricerca di Delalande. Non ci si avventura su un terreno completamente sconosciuto. Come capita spesso nel campo della ricerca, si tratta di conoscere meglio qualcosa che si conosce già, ma male. Oltre ai genitori che vedono e ascoltano quotidianamente i loro bambini, il gruppo di Delalande ha in due riprese sviluppato delle campagne d’osservazione sistematica del comportamento di esplorazione sonora nell’asilo nido. Una volta a Parigi, con Jean-Luc Jéréquel, dal 1983 al 33 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 1985 (se ne possono trovare delle tracce su Bambini anno IV, n.1, gennaio 1998) e poi a Firenze, con Marco Geronimi, nel 1991 e nel 1992. Queste due campagne hanno fornito un corpus di osservazioni estremamente ricco, da cui si potrebbe già concludere (non rilevando che i punti essenziali): - che effettivamente, a partire dai sei mesi, un bambino messo davanti a uno strumento musicale e lasciato solo si dedica, in un rilevante numero di situazioni, a esplorazioni di parecchi minuti, - che effettivamente, come si poteva immaginare, il suono è un fattore di rinforzo essenziale (un tamburello dai suoni sordi non interessa per molto tempo i bambini); - che la presenza o assenza di un adulto è una variabile importante di cui bisogna conoscere meglio gli effetti. François Delalande è uno degli autori più apprezzati a livello internazionale nel dibattito sull'educazione musicale; è psicologo, pedagogista musicale e direttore delle ricerche teoriche del Gruppo Ricerche Musicali dell'Istitut National del l'Audiovisuel (INA) di Parigi. Sin dagli anni settanta ha rivolto i suoi studi alle condotte d'ascolto e di produzione della musica, con particolare attenzione ai bambini. Attualmente insegna, presso la Scuola di Animazione musicale promossa dal Centro Studi "Maurizio Di Benedetto" di Lecco. Le sue opere sono state tradotte in diversi paesi europei, in America latina, in Cina e Giappone. Nel nostro paese ha pubblicato diversi articoli e la raccolta di saggi Le condotte musicali. “La Musique est un jeu d’enfant” (La musica è un gioco da bambini) fu pubblicato per la prima volta nel 1984, anche se delle successive edizioni sono apparse nell’84, 90,94 e 97. L'ipotesi fondamentale di Delalande è dimostrare come il bambino, nel suo gioco spontaneo con i suoni, faccia della musica già dai primi mesi e come l'approccio del neonato non sia dissimile rispetto a quello del musicista adulto. Il libro mette a disposizione degli educatori musicali uno strumento utile ed innovativo; l'educatore non viene più visto come colui che "insegna" la musica e introduce l'allievo in un mondo di regole sempre più complesse, ma come una figura che affianca il bambino nella sua progressiva scoperta del suono offrendogli nuove occasioni di sperimentazione. L'autore illustra in forma di dialogo in modo schematico e preciso le principali caratteristiche dell'educazione musicale ed i metodi per educare all'ascolto ed offre anche 34 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 molti suggerimenti pratici per il lavoro educativo, dall'asilo nido in poi. Egli pone la pedagogia della musica al centro di una riflessione che guarda alla psicologia, all'antropologia musicale e alle esperienze della musica contemporanea. L’ipotesi centrale di questo libro è molto chiara: il bambino, nel suo gioco spontaneo con i suoni, fa, già dai primi mesi di vita, della musica; quest’attività deve quindi essere considerata, valorizzata e sottratta alla banale sfera del “rumore”. Quest’affermazione è sostenuta dal nostro autore con molti diversi dati e osservazioni, sulla cui origine torneremo in seguito, ma soprattutto con la considerazione che le principali condotte e motivazioni musicali del bambino sono largamente sovrapponibili a quelle del musicista adulto, sia nella nostra sia in altre culture. Il concetto di condotta è diventato, da diversi anni, fondamentale per comprendere il pensiero di Delalande ed è già ben presente in quest’opera, anche se il termine specifico vi è impiegato raramente. Il termine condotta fu introdotto in psicologia dal francese Pierre Janet e si distingue da quello di comportamento in quanto designa una serie di azioni coordinate tra loro in una strategia con un fine. Due sono quindi gli elementi che caratterizzano una condotta: il coordinamento di più azioni e l’avere una finalità. Quando usiamo il termine di condotta dobbiamo quindi porre la massima attenzione sul coordinamento tra gli atti compiuti e l’intenzionalità del fare musica, avendo delle attese e delle motivazioni relative alle proprie azioni. Come vedremo, le condotte alla base dell’attività musicale del bambino, come dell’adulto, sono tre: l’esplorazione, l’espressione e l’organizzazione. Mi sembra necessario, tuttavia, per contestualizzare, le ipotesi e le proposte di François Delalande contenute in questo libro, compiere un passo indietro per chiarire a quali diversi contributi, ricerche e suggestioni egli abbia fatto riferimento per giungere alle conclusioni de La Musica è un gioco da bambini. I grandi punti di riferimento di Delalande sono, in questo caso, soprattutto tre, provenienti da altrettante diverse discipline o campi d’esperienza e ricerca: la musica contemporanea, in particolare nella sua corrente concreta, l’antropologia della musica e l’epistemologia genetica di Jean Piaget. Iniziamo con l’esaminare il contributo proveniente dalle esperienze della musica concreta. La musica concreta ha avuto, in Francia, negli anni sessanta e settanta, un notevole sviluppo, senz’altro superiore a quanto sia accaduto in Italia. I musicisti concreti si propongono di fare musica attraverso l’esplorazione e la manipolazione di 35 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 oggetti e di sonorità che fanno parte della vita quotidiana, eventualmente proponendone una rielaborazione elettroacustica. È il caso, per esempio, di Pierre Henry, che compone Ventisette variazioni per una porta e un sospiro in cui il materiale sonoro è costituito dai cigolii della porta di un vecchio granaio e dall’emissione del respiro del compositore, appena rielaborati elettronicamente e montati su nastro magnetico. Un lavoro, quello di Henry e di altri compositori, che si è avvalso in modo imprescindibile delle ricerche e delle sperimentazioni elettroacustiche di Pierre Schaeffer, autore tra l’altro del Traité des Objets Musicaux, pubblicato a Parigi nel 1966. Se è vero che gli anni cinquanta e sessanta furono caratterizzati in tutto il mondo dalla sperimentazione elettroacustica, va segnalata una particolarità francese, che è proprio il contatto con la musica concreta. Anche l’Italia fu coinvolta, per esempio dalle ricerche dell’Istituto di fonologia musicale della Rai di Milano, che tuttavia erano centrate principalmente sulla produzione di nuove sonorità; al contrario in Francia la ricerca fu maggiormente rivolta all’elaborazione e al trattamento di suoni già presenti in natura. Il pensiero di Delalande è maturato, così, in un clima musicale in cui la tradizionale distinzione tra “suono” e “rumore” era messa totalmente in discussione; se ammettiamo, con Henry (ma anche con molti altri, come John Cage o in Italia Giuseppe Chiari), che si possa fare musica facendo cigolare la porta di un granaio, o trascinando un aspirapolvere su un palco o infine rompendo oggetti di vario materiale davanti a un microfono, la nostra attenzione si sposta sulla qualità di tutti i suoni prodotti e producibili e sulle concrete azioni e condotte che si possono impiegare per esplorare i suoni e usarli per esprimersi. Un punto di vista, quest’ultimo, che avvicina sempre di più il gioco musicale del bambino all’attività del musicista adulto. Lo sviluppo della musica concreta pose inoltre, sempre nel contesto francese, un altro tema di ricerca. Fu infatti proprio il già citato Pierre Schaeffer che all’inizio degli anni sessanta iniziò a porre, combinando le esperienze della musica concreta con quelle della musicologia comparata, il tema della necessità di un “ritorno alle origini” nella definizione dell’attività musicale. Si trattava, secondo Schaeffer, di indagare il problema a un livello più profondo dello studio delle singole “lingue” musicali, centrando piuttosto l’attenzione sui comportamenti e le motivazioni di chi fa musica. Quindi, secondo Schaeffer, si affermava la necessità di un “ritorno alle origini” del fatto musicale, che affrontasse il problema al di là delle specifiche e particolari espressioni culturali. 36 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 È noto che una delle questioni che hanno affascinato gli studiosi di musicologia comparata e in seguito di etnomusicologia è stata la ricerca degli universali musicali, vale a dire di formule ritmiche, di disegni melodici, di intervalli, di scale, che fossero comuni a tutte le culture musicali. Questa ricerca si è rivelata infruttuosa; non esistono infatti, a livello delle strutture udibili, degli universali musicali. Le intuizioni e le proposte di Schaeffer correvano in parallelo, peraltro, con ricerche e posizioni che emergevano in altri paesi. Alam Merriam, nel suo Anthropology of Music, aveva posto sin dall’inizio degli anni sessanta la questione dell’universalità dell’attività musicale in termini innovativi, definendo la musica un universale come comportamento, ma non come lingua. Merriam osserva che tutti i popoli fanno musica, con motivazioni, funzioni sociali, significati simbolici a volte anche molto simili tra loro; le scale, i ritmi, le melodie, gli stili vocali e strumentali sono tuttavia assolutamente irriducibili a dei tratti comuni. Le osservazioni di Merriam tracciarono la via in cui si inserì, qualche anno più tardi, un altro antropologo della musica, John Blacking, che all’inizio degli anni settanta pubblicò un’opera dal significativo titolo How musical is the man? (Come è musicale l’uomo?). Sin dal titolo, il lavoro di Blacking chiarisce il suo progetto di ricerca, volto a svelare le basi profonde della musicalità umana. Secondo Blacking, la musica è articolata in due strati o livelli: uno profondo, costituito dai processi cognitivi e biopsicologici che stanno alla base del fare musica e che egli suppone simili presso popoli e culture anche molto lontane tra loro e uno di superficie, costituito invece dalle concrete forme udibili assunte dalla musica, che sono al contrario peculiari di ciascun contesto culturale. La teoria di Blacking può in qualche misura essere apparentata a quanto Noam Chomsky sostiene a proposito del linguaggio verbale, quando postula l’esistenza di una capacità innata nell’uomo a pensare e comporre migliaia di frasi, vale a dire della predisposizione a usare il linguaggio, che si esplica in seguito attraverso una lingua specifica determinata dal contesto ambientale e culturale in cui si trova il parlante3. Il contributo di John Blacking è decisivo per riequilibrare l’attenzione tra il prodotto musicale e il processo intenzionale che porta alla sua realizzazione; peraltro, se è vero che da molti anni gli etnomusicologi si sono occupati di raccogliere e analizzare musiche dei popoli più diversi, solo in tempi più recenti gli antropologi hanno iniziato a 3 J. Blacking, Come è musicale l’uomo?, Milano, Ricordi, 1986. 37 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 indagare comportamenti, condotte e motivazioni di ciò che Blacking definisce “l’uomo come music-maker”. Alla ricerca del modello interpretativo utile per leggere la musicalità umana, del bambino come dell’adulto, Delalande offre, come vedremo, una sua risposta originale applicando all’attività musicale lo schema proposto da Piaget a proposito dello sviluppo del gioco infantile. Infine, il terzo contributo che confluisce nell’elaborazione di François Delalande è la teoria del gioco infantile di Jean Piaget. Come è noto, Piaget distingue tre grandi fasi nello sviluppo del gioco infantile: senso motoria o d’esercizio, simbolica e di regole. Delalande, anche attraverso la collaborazione di vari insegnanti, analizza in modo rigoroso il gioco sonoro del bambino alla luce dello schema piagetiano; ciò che è più significativo, tuttavia, é che secondo il nostro autore, anche le pratiche e le motivazioni del musicista adulto possono essere interpretate seguendo lo stesso modello. In particolare, Delalande fa corrispondere al gioco senso motorio o d’esercizio la condotta esplorativa, basata sul lavoro di scoperta e di sperimentazione sonora. È la condotta del bambino che già qualche mese dopo la nascita esplora le potenzialità sonore degli oggetti che gli stanno intorno, applicandovi schemi sensomotori diversi (graffiare, picchiettare, battere, strofinare) che danno luogo alla produzione di suoni differenti tra loro. Anche l’attività di esplorazione della propria voce è coinvolta in questa condotta. Il musicista adulto continua a impiegare la condotta esplorativa tutte le volte che cerca di ottenere dal suo strumento o dalla sua voce una particolare sonorità: è l’esplorazione vocale del cantante ma anche la ricerca del suono “giusto” da parte del flautista o del saxofonista fondata proprio su un rapporto di tipo senso-motorio con lo strumento, la voce o il suono. La ricerca delle sonorità che si possono ottenere da uno strumento o dalla voce ha dato luogo anche a diversi progetti di composizione musicale: basti per tutti ricordare le Sequenze di Berio. La fase piagetiana del gioco simbolico si realizza, a livello musicale, nella condotta espressiva. È la fase in cui il bambino attribuisce al suono la capacità di rappresentare qualcosa, di avere un senso in un certo contesto, di evocare personaggi, movimenti, situazioni. La musica del bambino non è più, in questa fase, soltanto l’esito della sperimentazione di uno schema sensomotorio applicato a diversi oggetti, ma il risultato intenzionale della volontà di esprimersi con i suoni. A proposito del gioco 38 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 simbolico, Piaget ha messo in luce come esso sia il fondamento delle attività espressive, sia nel bambino che nell’adulto; il contributo di Delalande si pone quindi come un approfondimento specifico sul tema dell’espressione musicale. Anche per quanto riguarda la condotta espressiva, Delalande indica diverse corrispondenze tra l’attività del bambino e quella del musicista adulto. Queste corrispondenze si trovano sia nella ricerca della comunicazione attraverso il suono sia, per esempio, nella gestualità che viene usata per accompagnare il suono (un tema, quello del rapporto tra il suono e il gesto, a cui Delalande presta particolare attenzione). La terza condotta che sorge nello sviluppo del gioco musicale del bambino è quella organizzativa, corrispondente alla fase piagetiana del gioco con regole (o di regole). Il bambino scopre, tra i cinque e i sette anni, il piacere della regola, vale a dire di applicare delle regole ai propri giochi, ma soprattutto, di crearne di nuove. Se si riflette attentamente su certi giochi infantili praticati dai bambini e dalle bambine che frequentano i primi anni della scuola elementare, non può sfuggire il fatto che alcuni di essi, come i giochi con le figurine o il gioco “dell’elastico” abbiano la ragione del loro successo proprio nella possibilità di essere aperti alla creazione di regole sempre nuove e diverse. Anche nel gioco musicale possiamo parlare di gioco di regole, o meglio di condotta organizzativa ogni volta che il bambino trova piacere nell’organizzare i suoni secondo regole che egli stesso può stabilire. Una condotta che si prolunga, nella vita adulta, a diversi livelli, che possono condurre sino all’attività compositiva (l’organizzazione dei suoni) ma anche in quella analitica (saper apprezzare l’organizzazione dei suoni). È chiaro così che, dal punto di vista delle condotte, il gioco sonoro del bambino e la pratica musicale adulta trovano, secondo Delalande, rilevanti corrispondenze; ecco quindi chiarito il doppio significato che si può attribuire al titolo di questo libro: la musica è un gioco da bambini perché il bambino, giocando, fa musica, ma anche perché l’attività musicale degli adulti può essere interpretata pensando al gioco infantile. Peraltro, se vogliamo restare all’interno dell’orizzonte piagetiano, dobbiamo ricordare come lo psicologo ginevrino sostenga che, nello sviluppo del gioco infantile, il sorgere di un nuovo tipo di gioco non sostituisca i precedenti, che continuano a coesistere con i successivi. Fatto ancor più importante per i nostri fini è che Piaget sostiene che i diversi tipi di gioco infantile sopravvivono anche nella vita adulta, dando luogo ad attività anche importanti e 39 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 significative dal punto di vista sociale (per esempio il gioco simbolico sarebbe alla base dell’attività drammatica, il gioco di regole sosterrebbe diverse pratiche civili e sociali). La prospettiva che si apre di fronte agli educatori musicali che accettino i postulati di Delalande è assolutamente nuova e affascinante. Se infatti ammettiamo che il bambino, giocando con i suoni, fa musica, e la fa praticando le stesse condotte del musicista adulto, il ruolo dell’educatore va completamente rivisto. L’educatore, in questo quadro, deve essere una figura che affianca il bambino nella sua progressiva scoperta del suono, che gli offre nuove occasioni di sperimentazione, che gli propone esperienze significative per esplorare i suoni, esprimersi con essi e attraverso la loro organizzazione; non è più colui che “insegna” la musica e che faticosamente, attraverso un tirocinio tecnico prestabilito introduce l’allievo a un sistema musicale dato. È in questo approccio all’educazione musicale che si trova il senso del termine éveil (risveglio) e si definisce il ruolo dell’educatore come guida e come facilitatore della crescita musicale del bambino. Non è facile tradurre in italiano il termine éveil; si può accettare il termine italiano di “risveglio” a condizione che si tenga conto che la pedagogie d’éveil ha avuto sviluppo in Francia non solo a proposito della musica, ma anche di altri campi d’esperienza e di studio, intendendo un lavoro pedagogico basato sull’attivazione e lo sviluppo progressivo delle attitudini, motivazioni, capacità del bambino.4 Nel percorso che viene suggerito da Delalande il bambino conquista progressivamente e in modo personale la capacità di organizzare i suoni e di usarne i codici di comunicazione; nella musica d’oggi, peraltro assistiamo a una grande varietà di generi e stili musicali e di metodi di composizione. La grande varietà di espressione musicale che caratterizza il nostro mondo è arricchita dalla conoscenza della produzione musicale di popoli anche lontani da noi; non siamo più ai tempi di Debussy, che dovette attendere l’Esposizione Universale di Parigi per incontrare la musica balinese. È anche a partire da questi dati che Delalande critica i metodi “storici” di didattica della musica, come quelli di Orff o Kodàly. Secondo Delalande questi metodi, pur validi nel loro contesto d’origine, hanno una visione troppo restrittiva della musica, tendono a proporre ai bambini un sistema musicale dato come assoluto; non è un caso, sostiene il nostro autore, che chi è alfabetizzato con questi metodi tenda a negare valore a tutto ciò 4 M. Disoteo, introduzione a “La musica è un gioco da bambini”, Milano, FrancoAngeli, 2001. 40 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 che non è riconducibile all’immagine di musica che si è formato con essi, rifiutando per esempio la musica contemporanea. Abbiamo così già affrontato due questioni che si pongono nel vivo del dibattito sull’educazione musicale: la distinzione tra la sfera del “suono” e quella del “rumore”, che purtroppo trova ancora spazio in diverse programmazioni della scuola dell’infanzia ed elementare e la necessità di collocare nel loro contesto storico e culturale i “metodi” di Didattica della Musica. In parte collegata a quest’ultima problematica è una terza che è particolarmente significativa per chiarire alcuni malintesi assai diffusi in tema di educazione musicale: quella dell’educazione al ritmo, in particolare attraverso il movimento. È noto infatti che molti testi e metodi per l’insegnamento della musica propongono un primo approccio alla musica attraverso attività di carattere ritmico-motorio, nella convinzione che il ritmo sia l’elemento primario e primordiale, antropologicamente fondato della musica. Sarebbe meraviglioso, dice Delalande, se tutte le musiche avessero come tratto unificante il ritmo ma purtroppo sostenere ciò è falso. Esiste una grande difformità, tra le diverse culture, su ciò che si intende con la parola ritmo: il ritmo è per un musicista africano un concetto completamente diverso da ciò che intende un esecutore di raga indiani. Gli elementi che concorrono a definire un ritmo sono diversi nelle varie culture e specifici di ciascuna di esse; in ogni caso è superficiale pensare che il ritmo sia concepibile soltanto come un’alternanza di impulsi misurati forti e deboli: non è così in molte culture, ma nemmeno nella musica contemporanea europea o, per andare a ritroso nel tempo, nel canto gregoriano. Si tratta allora, più proficuamente, di accettare l’affermazione, assolutamente fondata, che la prima esperienza musicale è corporea, ma di evitare di ridurre questa esperienza alla metrica ritmica occidentale. Per Delalande la musica d’oggi sta ritornando a essere una musica del suono e del gesto, e proprio su quest’ultimo punto si incentrano alcune affermazioni e intuizioni di grande rilievo. La musica si fa con le mani e con il soffio e il suono è la traccia del gesto che lo produce, ci dice Delalande; ma sarebbe sbagliato ridurre la significatività del rapporto tra musica e gesto solo a questo. Si tratta invece di costruire, dal versante musicologico, una vera e propria “semiologia del gesto musicale” e da quello pedagogico invece aiutare il bambino a sviluppare il controllo della sua gestualità attraverso 41 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 l’osservazione del suono. I bambini “entrano nella musica attraverso il gesto” e produrre suoni significa soprattutto concatenare gesti; l’educatore deve abituarli a spostare l’attenzione dal gesto al suo risultato sonoro, ma senza mai separarlo dalla sua radice corporea. Una visione, e quindi una proposta pedagogica, che va ben oltre le tante attività di sincronizzazione ritmico-motoria piuttosto direttive e superficiali che supportano ancora molte programmazioni didattiche. Anche in questo caso, la proposta metodologica è chiara e va nella direzione di costruire un progetto pedagogico in cui l’educatore non impone al bambino un determinato sistema musicale, ma lo aiuta e lo sostiene nella sua crescita musicale, offrendogli occasioni per “risvegliare” le sue attitudini, capacità, desideri di comunicare in forma sonora. Un progetto pedagogico, quindi, che rispetta e valorizza il bambino e non cancella quanto di significativo e importante si realizza, a livello musicale, già nel suo gioco con i suoni. Su questa linea di ricerca, non sono mancati, negli ultimi anni, in Italia, diversi contributi ed esperienze che hanno dialogato con la prospettiva musicologica e pedagogica tracciata da François Delalande. Questi contributi hanno trovato uno spazio particolare nella non dimenticata esperienza della rivista Progetto Uomo Musica, ma anche altrove, grazie in particolare ai lavori e alle ricerche di Franca Ferrari, Giovanna Guardabasso, Luca Marconi, Mario Piatti, Maurizio Spaccazocchi, Gino Stefani e di altri colleghi, a cui vanno aggiunti diversi progetti didattici in sede locale quali il progetto coordinato da Giovanni Curti per le scuole elementari del Comune di Reggio Emilia. Proprio grazie a questo contesto, ricco di proposte, contributi e fermenti innovativi, crediamo che pubblicare oggi in lingua italiana “La musica è un gioco da bambini” possa costituire un contributo importante in un panorama, quale quello della pedagogia musicale italiana, in rapida e positiva trasformazione. Questa pubblicazione consente infatti di arricchire ulteriormente il lettore italiano con la proposta di un testo che raccoglie in modo ampio posizioni e proposte con cui il mondo degli educatori musicali italiani ha già stabilito un dialogo e che ha tentato di rielaborare attraverso diverse esperienze. 42 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 4.1.2 La Music Learning Theory di Edwin Gordon La Music Learning Theory (MLT) è una teoria che studia le modalità di apprendimento musicale del bambino a partire dall’età neonatale fondata sul presupposto che la musica si possa apprendere secondo gli stessi processi del linguaggio parlato. Sviluppata attraverso anni di ricerca e di osservazione scientifica5, pone in primo piano il bambino e i suoi processi di apprendimento musicale, prima ancora di delinearsi come una vera e propria metodologia di educazione musicale. Parallelamente agli studi sull’attitudine musicale e sulle capacità di “audition”, che costituiscono la base teorica della MLT, si è sviluppata, da alcuni anni anche nel nostro paese, una metodologia che ne applica i principi, portando diverse e sostanziali novità nel campo dell’educazione musicale. Innanzitutto ha contribuito a spostare i tempi della formazione musicale nell’infanzia: è infatti sempre più diffusa l’opinione che l’età migliore per iniziare un percorso di avvicinamento alla musica sia quella neonatale. In secondo luogo, ha messo in luce quanto sia fondamentale, anche in musica, offrire al bambino la possibilità di attuare spontanei tentativi di interazione attraverso vocalizzazioni di suoni e accenni ritmici, esattamente come fa nel linguaggio parlato con i balbettii e la lallazione. Infine, distinguendo l’attitudine dal rendimento musicale, permette di rispettare ogni bambino nei suoi tempi e nelle sue modalità di apprendimento, ponendo l’accento sull’importanza dell’ascolto e dell’assorbimento di stimoli musicali di qualità prima che sulla produzione immediata di piccoli saggi di competenza. 5 Le prime pubblicazioni riguardanti la Music Learning Theory risalgono agli anni ’70 (E.E. Gordon , The psychology of music teaching, Enlgewood Cliffs, Prentice Hall, 1971). Attraverso continui approfondimenti e nuove applicazioni si è arrivati alle pubblicazioni degli ultimi anni fra le quali si può citare di E. E. Gordon: Learning sequences in music, Chicago, GIA pubblication 1997, A music learning theoryfor newborn and young children, Chicago, GIA pubblication, 1997, tradotto in italiano e pubblicato con il titolo: L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Milano, Edizioni Curci, 2003; Introduction to research and the psychology of music, Improvising in the music classroom, Chicago, GIA pubblication 2003; Am I musical? Chicago, GIA pubblication 2003, tradotto in italiano con il titolo Ascolta tu. Scopri il tuo potenziale musicale, Milano Edizioni Curci, 2005 e, in Italia oltre al presente testo, E.E. Gordon, A. Apostoli, Canti melodici e ritmici senza parole, Milano, Edizioni Curci, 2004. 43 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 La Music Learning Theory di Edwin E. Gordon rappresenta un contributo fondamentale in grado di cambiare molte cose nel campo della didattica musicale. Frutto di più di quaranta anni di ricerca svolti in diverse università americane, la Music Learning Theory si inserisce nel quadro delle più moderne teorie dell’apprendimento. Il presupposto fondamentale di questa teoria sta nell’assunto che la musica può essere appresa secondo gli stessi meccanismi di apprendimento della lingua materna. Il bambino, pertanto, dovrebbe essere avvicinato alla musica fin dai primi giorni di vita per sviluppare il senso della sintassi musicale, premessa indispensabile per trarre i massimi benefici dalla successiva istruzione formale. Pensiamo per un attimo a come impariamo a parlare e a pensare nella nostra lingua. Tutti noi abbiamo vissuto cinque anni pieni di apprendimento informale del linguaggio passando dall’assorbimento e dall’emissione dei primi fonemi, fino ad arrivare alle parole intorno al primo anno di vita. Nessuno dà lezioni di lingua ai bambini, nessuno pretende risultati immediati. Soltanto quando il bambino si esprime nella sua lingua in modo chiaro e con una grande abbondanza di parole (a 6 anni, infatti, ha già un vocabolario attivo di circa 13.000 parole e uno passivo molto più ampio) si inizia l’istruzione formale: la lettura e la scrittura. Quanti bambini, invece, vengono avvicinati alla musica secondo un percorso completamente inverso, partendo dal pentagramma, dalla notazione delle altezze e dalle durate, senza un periodo precedente di apprendimento informale? Non c’è da meravigliarsi che, anche dopo anni di studio, pochi siano in grado di comunicare musicalmente in modo spontaneo, attraverso l’improvvisazione, non totalmente dipendenti dalla musica scritta. Le ricerche di Gordon, dimostrano infatti che l’attitudine musicale, innata in ogni individuo, si sviluppa nei primi anni di vita a contatto con l’ambiente musicale in cui si vive. Ed è la qualità di questo ambiente ad influenzare il potenziale di apprendimento musicale del bambino in modo evidente nei primi tre anni di vita e via via in modo minore fino ai nove anni di età circa, momento in cui il potenziale si stabilizza6. È dunque importantissimo iniziare il percorso di educazione musicale in età neonatale. Ma molte altre sono le novità per chi si avvicina per la prima volta alla Music Learning Theory. 6 E. E. Gordon, Developmental and Stabilized Music Aptitudes, further evidence of the duality, Chicago, 2002, GIA publications 44 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Il materiale didattico proposto, per prima cosa, è costituito da canzoni e canti ritmici senza testi che rispondono a tre criteri fondamentali: varietà, complessità e ripetizione. Non soltanto canzoncine in modo maggiore e metro binario, dunque, ma canzoni e canti ritmici in tutti i modi e i metri possibili e fin dall’inizio del percorso didattico. L’uso della voce e del corpo in movimento, più che di strumenti e strumentini da far suonare ai piccoli allievi, arricchisce il quadro di una metodologia che si focalizza nei concetti di guida informale ed educazione più che di insegnamento. 4.1.3 L’apprendimento musicale del bambino secondo la Music Learning Theory Le prime ricerche di Gordon vertevano intorno al tema dell’Attitudine Musicale, ossia il potenziale di apprendimento in musica, innato in ciascuno di noi, che tanto deve il suo sviluppo all’ambiente in cui viviamo nei primi anni di vita. Passaggio decisivo fu la creazione del termine audiation, per esprimere un concetto fondamentale per tutto il lavoro sulla didattica musicale degli anni successivi. L’audiation è infatti la capacità di sentire internamente e comprendere suoni non fisicamente presenti. Lo sviluppo di questa capacità, vera e propria forma di pensiero musicale, divenne il tema centrale del lavoro di Gordon. E proprio sulla base del concetto di audiation, Gordon arriva a concludere che un percorso di apprendimento appropriato, è quello che vede il pensiero e il linguaggio musicale svilupparsi parallelamente a come avviene per il linguaggio parlato. Ma cosa prevede in pratica la metodologia didattica che scaturisce dalla Music Learning Theory? Apriamo simbolicamente la porta di una classe di Musicainfasce, i corsi per bambini da 0 a 6 anni riconosciuti dalla Associazione Italiana Gordon per l’Apprendimento Musicale (AIGAM) e osserviamo. I piccoli di due o tre mesi sono sdraiati su un tappeto in mezzo all’aula che appare vuota di qualsiasi oggetto… fisico, perché di “oggetti sonori”, cioè di musica cantata in gruppo dagli insegnanti e dai genitori, l’aula è piena. I bambini in grado di mantenere la posizione seduta o di gattonare si trovano in punti diversi della stanza, liberi di girare a loro piacimento. Una cosa li accomuna tutti: grandi occhioni e attenzione intensa per l’evento musicale che si svolge fra gli adulti presenti. 45 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Momenti di musica si alternano a momenti di profondo silenzio da parte degli adulti. L’assorbimento degli stimoli musicali continua nel silenzio e l’audiation muove i primi passi nei bambini presenti. Tantissime le risposte dei piccoli agli stimoli musicali. Un orecchio attento coglie piccoli suoni e vocalizzi spontanei, intonati sulla tonica o sulla dominante, che costituiscono una vera e propria forma di lallazione tonale e ritmica. Gli insegnanti immediatamente rispondono intonati ai bambini in un vero e proprio dialogo fatto di prime “parole” musicali. Un occhio attento coglie innumerevoli risposte motorie. Ondeggiamenti, manine che sbattono sul pavimento, “gattonamenti” a ritmo, sospiri e respiri eccitati. Tutto viene valorizzato e diventa parte della lezione stessa. Le mamme - in maggioranza - e i papà, seduti a terra insieme ai bambini, cantano, sorridono, e arricchiscono, guidati dagli insegnanti, i brani della lezione con ostinati armonici, pedali di tonica e interventi ritmici. Qualche bambino guarda l’insegnante ed emette intenzionalmente suoni per richiamare la sua attenzione e per tentare di comunicare con lui nel nuovo linguaggio. Il linguaggio parlato è completamente assente per tutti i quarantacinque minuti di lezione. Non ci sono commenti e men che meno battiti di manine ispirati dai genitori alla fine dei brani, non ci sono parole e testi nelle canzoni e nei canti ritmici. Soltanto musica cantata e movimenti liberi e fluenti, spontaneamente ispirati dalla musica7. Nel testo A music learning theory for newborn and young children , che negli Stati Uniti ha ispirato molteplici corsi di musica rivolti alla prima infanzia, Gordon spiega le fasi e gli stadi di sviluppo dell’audiation da parte del bambino fin dai primi giorni di vita. L’importanza della sua teoria è tanto più evidente se la si confronta con i risultati e le conseguenze di un’educazione musicale che non tiene conto delle acquisizioni della ricerca scientifica e dei processi di apprendimento. I bambini che non sviluppano un vocabolario di suoni ascoltati (vocabolario musicale passivo) giungono alla scuola materna o elementare dove cominciano ad imparare canzoncine per imitazione. Chi di loro ha una buona attitudine musicale riesce comunque a sviluppare un senso di sintassi musicale ma, per la media delle persone questo non avviene. E così, guardando cosa succede nella nostra società, ci si rende facilmente conto che se tutti sono in grado di 7 E. E. Gordon, A music learning theory for newborn and young children, GIA pub.inc. Chicago 1997, pubblicato nel 2003 in Italia con il titolo: L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare ,EDIZIONI CURCI – Milano. 46 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 cantare “Tanti auguri a te” al ristorante, benché in modo molto poco accurato dal punto di vista ritmico e tonale; pochi sono in grado di intonare canzoni da soli e pochissimi (anche fra i musicisti) di improvvisare musicalmente con la propria voce o con il proprio strumento. La Music Learning Theory può rappresentare, per quanti fra insegnanti di musica, educatori, genitori rilevino la relativa efficacia degli approcci tradizionali un’opportunità di diventare quello che con termine rogersiano si può definire un “facilitatore di apprendimento” musicale. Il lavoro di Gordon va a colmare un vuoto nel campo dell’apprendimento musicale, allineandosi a quegli studi condotti in altri campi dello sviluppo del bambino, nei quali pensatori come Montessori, Pikler, Goldschmied, Stern ed altri hanno promosso da tempo una visione del bambino capace di apprendere in autonomia la realtà, in un contesto di rispetto dei suoi tempi e di comunicazione affettiva. Passare anche in musica dall’atteggiamento intrattenitorio e dall’idea del saggio di abilità acquisite alla promozione dello sviluppo musicale del bambino nel rispetto dei suoi naturali processi di apprendimento, rappresenta senz’altro un fondamentale passo in avanti. 47 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 5. LA NINNA NANNA E IL VALORE DELLA VOCE La voce umana, vale a dire il suono emesso-prodotto sfruttando il passaggio dell’aria attraverso la gola e la bocca per parlare e cantare, è un importante strumento di comunicazione caratterizzato da alcune qualità naturali: il tono, il timbro e l'altezza. Gli esseri umani fin dalla nascita sono sensibili alla modificazione di queste particolari qualità al punto che la variazione del tono usato per parlare con i bambini molto piccoli può trasformare lo stato d’animo e provocare benessere, eccitazione, risveglio dell'attenzione, rilassamento. Come fenomeno naturale di tipo bio-acustico, la voce coinvolge la mente, le emozioni, il corpo. Come mezzo di trasmissione della parola, è il canale comunicativo privilegiato del linguaggio orale. Questo non significa che soltanto l'udito sia coinvolto nell'interazione parlata: la voce è infatti strettamente legata allo stare insieme, alla presenza corporea, alla mimica facciale, al movimento. La comunicazione orale ha bisogno di una profonda interazione tra il parlante e l'ascoltatore, perché tendenzialmente è una comunicazione che impegna tutto il corpo, è legata ad intensi momenti di socialità e soprattutto alla sfera dell’affettività. In un certo senso, la voce trasmette significati solo all'interno di una situazione comunicativa in cui il contatto tra i partecipanti è determinato da segnali partecipativi verbali ed extraverbali di vario tipo, ma soprattutto dalla vicinanza corporea. Questa condizione è talmente importante che la sua mancanza può rendere il parlante molto incerto sulla riuscita della comunicazione. In effetti la ricerca psicolinguistica ha dimostrato che la comunicazione, fenomeno complesso,ricco e articolato, non può essere ridotta alla trasmissione del messaggio, verbale o non verbale. Il«capire» una comunicazione o una informazione impone infatti qualcosa di più della semplice attenzione: richiede quasi una identificazione dell'ascoltatore con il parlante. Si tratta di socializzare, condividere, interagire, ma soprattutto di entrare in relazione e mettere in comune qualcosa, un progetto al quale gli interlocutori partecipano in modo attivo. 48 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Per questi motivi, i «testi» orali possono essere compresi a fondo solo tenendo conto della loro funzione sociale, del valore che a tale funzione è assegnato in una determinata comunità, della tradizione a cui si richiamano, delle circostanze particolari in cui essi vengono eseguiti. Sarebbe qui necessaria, una digressione sulla funzione della memoria nella letteratura orale al fine di mettere in rilievo come nelle culture orali le informazioni e i valori vengano conservati e tramandati di generazione in generazione attraverso gli espedienti della memoria e della ripetizione e siano affidati principalmente alla costruzione di formule di conservazione dell'informazione verbale. Mi limiterò soltanto ad alcuni brevi esempi. 5.1 Origine e trasmissione delle ninne nanne: le circostanze della produzione orale e il legame con la musica Uno degli aspetti complessi e allo stesso tempo affascinati del canto popolare in generale, e della ninna nanna in particolare, si riferisce al fatto che queste canzoni, per la maggior parte, sono sopravvissute grazie alla tradizione orale, dunque a caratteri peculiari delle culture a trasmissione orale, come per esempio la predisposizione all’espediente del passaparola . Benché sia considerata un canto popolare molto elementare, anche la ninna nanna rappresenta la testimonianza di costumanze e di rituali di un determinato ambiente storico-sociale. R. Leydi la definisce addirittura uno strumento primario ed essenziale di inculturazione soprattutto nel contesto sociale rurale, perché, come accade per tutti i testi dei canti popolari, anche la ninna nanna riflette la cultura di cui è parte, e mette in evidenza elementi di mitologia, di storia, leggende, ma anche una quantità di problemi di natura psicologica, relativi sia all’individuo che alla collettività intera. Conseguentemente questi testi forniscono all’etnomusicologo, al linguista, ma anche allo studioso del comportamento umano, alcuni tra i più ricchi materiali di analisi. Legata alla precisa funzione di fare addormentare il bambino, la ninna nanna è fortemente radicata al contesto sociale della società contadina e della famiglia patriarcale, dove è gestita quasi per intero dalle donne di varia età (la ninna nanna non è cantata soltanto dalle mamme, ma da tutte le donne di casa, nonne, sorelle maggiori, zie, che possono sostituirle in questo compito), per le quali spesso rappresenta il mezzo per 49 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 esprimere i propri sentimenti e i propri problemi, per sfogare le proprie frustrazioni nell’unica occasione in cui si trova finalmente sola: nessuno la può sentire, infatti, mentre addormenta il suo piccolo con ninne nanne dolcissime, ma dai contenuti che esprimono rabbia per la dura vita e per la sottomissione. Insomma, se da una parte la ninna nanna rappresenta uno dei testi popolari più arcaici in cui il ritmo molto uniforme e la ripetizione delle parole tendono a produrre un effetto ipnotico e rappresentano una formula rituale, un elemento quasi magico per fare addormentare il bambino; contemporaneamente questi testi danno a coloro che li eseguono un qualche sollievo psicologico e costituiscono anche un meccanismo utile all’alleggerimento delle tensioni. In questo caso la musica è stimolo di situazioni in cui il comportamento linguistico si libera dai condizionamenti che, invece, agiscono nel discorso ordinario e usuale. Possiamo a giusta ragione affermare che nella ninna nanna musica e linguaggio sono fortemente interrelati e lo studio di questa interrelazione è un compito dell’etnomusicologo oltre che del linguista, ma ovviamente anche del pedagogista e dello studioso di didattica. Queste riflessioni sulla radice popolare della ninna nanna e soprattutto il riconoscimento del suo magico legame con il mondo sonoro, inducono a percorrere piste di indagine che possano fornire una risposta ai seguenti quesiti: 1. quale è il ruolo delle parole delle ninne nanne, e in quale maniera un breve componimento ritmato e a volte in rima può favorire il contatto e la comunicazione? 2. la musica e il linguaggio musicale possono essere considerati strumenti privilegiati nella formazione dell'uomo? A proposito del primo punto G. Rodari in Grammatica della fantasia affermava che “una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni ed immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente ”. Tuttavia nella ninna nanna la funzione dell’addormentamento si realizza non tanto attraverso il significato delle parole, quanto attraverso l’andamento dei suoni vocalici cullanti legati al vissuto materno. La comunicazione, passa dalla mamma al bambino 50 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 soprattutto attraverso il calore e il contatto corporeo, l'abbraccio e il contenimento, il respiro, il canto, il dondolare-cullare del corpo materno in sintonia con i suoni della voce. Di qui la magia della ninna nanna che modellandosi sulle variabili corporee, sulla voce, sulla musica e sul ritmo del cullare, rivela l’importanza della relazione circolare madre/figlio –figlio/madre come modulatore interno individuale delle relazioni umane del futuro adulto. Durante il rituale della ninna nanna il canto si unisce al gesto del cullare e inizialmente sembra che i suoni facciano da guida al bambino; successivamente, e per tutto il tempo della ninna nanna, diventa più evidente che è il bambino che fa da guida alla mamma. Man mano che il bambino si abbandona al suono della voce materna, cambia il suo modo di pesare sulla madre, e la madre registra in modo automatico, anche se il più delle volte inconsapevole, questa variazione di modalità di essere del peso del bambino. Mentre culla il suo bambino, la mamma segue, ovvero mima, il calo delle tensioni muscolari del bambino che si è addormentato, ed in questo procedimento modifica le tensioni delle sue braccia, l'emissione dei suoni e della sua voce. Mentre culla il suo bambino la mamma inizialmente canta bisbigliando appena i suoni, quasi soffiando. Questa esperienza di soffiare appena, quasi di sussurrare, presuppone un decremento lento e morbido della tensione, un degradare della voce che tuttavia non sparisce completamente. Questa analisi puntuale degli elementi che caratterizzano il rituale della ninna nanna arricchisce la comprensione della specificità sonora della ninna nanna stessa e aiuta a ribadire, e a comprendere, che i suoni vocalici sono il risultato dell'atteggiamento di tutto il corpo nel suo insieme: a seconda dell’atteggiamento del corpo si producono suoni che assumono non solo una diversa espressività, ma anche un diverso significato comunicativo-relazionale. Tenendo conto che la comprensione e la produzione del linguaggio verbale nel bambino sono correlati positivamente al legame affettivo che si crea prima con gli adulti e poi con i coetanei, ma soprattutto alla simbiosi circolare madre- figlio/figlio-madre, possiamo dire che le esperienze corporee primarie (l’accoglienza, il contenimento affettivo, la fiducia, l’appoggio, la sicurezza e il piacere di esistere) prodotte durante il canto cullato della ninna nanna, rappresentano per il bambino degli importanti organizzatori relazionali, mediante i quali impara a stabilire le dimensioni 51 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 emozionali nell’esperienza relazionale. La ninna nanna accomuna i suoi protagonisti nella stessa struttura ritmico-sonora e affettiva, diventa quasi un linguaggio nel linguaggio, un codice riservato (a pochi) in grado di creare i presupposti per la comunicazione. 5.2 Una melodia "particolarmente" adatta alla formazione Una riflessione sulla ninna nanna non può trascurare le problematiche connesse ai quesiti educativi,e non può evitare di chiedersi se l'aspetto sonoro di questo canto ha un effetto positivo per la formazione e la crescita dei bambini, e soprattutto, se queste semplici melodie basate sul senso ritmico delle parole sono portatrici di un profondo valore educativo, proprio perché arricchiscono il vocabolario e preparano il bambino ad una espressione strutturata e complessa. Sappiamo che dalla ventiquattresima settimana di gestazione il feto è continuamente in ascolto, che l'intero apparato uditivo è pronto dal punto di vista morfologico e funzionale per ricevere i suoni. Sappiamo inoltre che l’intelligenza musicale è la più precoce a svilupparsi e resta per tutta la vita. Questi temi hanno una natura tecnica e strutturale di cui non è possibile parlare qui, fatta eccezione per un aspetto che può a giusta ragione essere preso in esame. Nella maggior parte delle culture il suono e il linguaggio musicale sono considerati strumenti privilegiati per conoscere e per conoscersi, e a questo proposito basterà citare un caso esemplare. Per le tribù indiane d'America la musica è in grado di "farsi portatrice" dell'amore che lega un genitore al proprio figlio. Ne sono un esempio, soprattutto, le numerose ninne nanne che le madri e i padri dei popoli nativi americani cantano ai propri bambini considerati un bene prezioso d'importanza vitale per la sopravvivenza dei genitori e dell’intera comunità (Cfr., Balbi M., 2003). È perciò naturale servirsi di suoni elementari e poi articolarli in musica per stabilire una prima comunicazione con una creatura non ancora del tutto integrata nel mondo adulto. Tuttavia queste musiche non rappresentano soltanto un segno di affetto e dedizione dei genitori verso i figli, ma dei veri e propri rituali cantati, che servono per accettare il nuovo nato e sancire la sua definitiva “umanizzazione” e la sua appartenenza alla tribù. Al 52 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 momento della nascita, infatti, il bambino è considerato una forma di vita ancora indifferenziata, non è considerato un membro della sua gens o della tribù, ma semplicemente un essere vivente manifestatosi nell'universo. La musica e il ritmo costituiscono perciò una sorta di "iniziazione” agli usi tribali fin dalle prime ore di vita. Sono un mezzo per trasmettere ai nuovi membri della comunità l'idea di appartenenza non solo al genere umano, ma anche, nella nuova prospettiva terrena, all'intero cosmo, la cui architettura ritmica e vibrante trova il suo simbolo più coerente nella musica. Così, in questi contesti accade facilmente che anche un canto rituale o cerimoniale venga usato al posto di una semplice ninna nanna per indurre il sonno, per sedare il pianto o semplicemente per intrattenere il bambino. I gesti ritualizzati nella ninna nanna rappresentano per il bambino i primi insegnamenti precoci di esperienze corporee sul piacere di vivere le relazioni affettive e sociali. È, infatti, dalla reciproca percezione delle tensioni muscolari, per esempio delle braccia della madre e del corpo intero del bambino, che si modificano i gesti, il contatto, il contenimento accudente, l'appoggio, il canto ed il tipo di dondolamento della coppia madre-bambino. Da queste esperienze precoci il bambino impara a costruire uno stile di contatto relazionale e di attaccamento con le persone affettive. 53 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 6. Materiali e metodi Come già anticipato ho frequentato per il trimestre ottobre- dicembre 2007 la Scuola Materna di Lutrano (TV), dove ho realizzato un “laboratorio di musica” di 10 incontri di due ore ciascuno. Dal mese di novembre 2007 ho iniziato l’insegnamento di propedeutica musicale e educazione musicale presso il Centro Infanzia “Il Giardino” di Conegliano, dove invece ho continuato l’insegnamento fino a fine maggio 2008. In questo capitolo cercherò di schematizzare i lavori che ho svolto nell’anno e i vari gruppi di bimbi in modo da rendere il più chiaro possibile il mio percorso e il lavoro svolto nei due centri infanzia. 6.1 Scuola materna di Lutrano (TV), ottobre-dicembre 2007 In questo centro i bambini erano suddivisi in 4 gruppi a seconda dell’età: • Nido dai 18 ai 36 mesi (15 bambini). • 3 anni: 29 bambini. • 4 anni: 30 bambini. • 5 anni: 28 bambini. Sono stata chiamata da questa scuola materna per realizzare un “laboratorio musicale” finalizzato alla realizzazione della Recita di Natale. Dopo un primo incontro di conoscenza e chiarificazioni con le educatrici e un incontro di conoscenza di tutti e 4 i gruppi classe, ho ritenuto opportuno stendere un piano di lavoro che permettesse a tutti i gruppi di lavorare insieme per un unico obiettivo in comune pur avendo compiti diversi. Insieme ai bambini di 5 anni, ho scritto la recita “Una ninna nanna per Gesù Bambino”. La cadenza degli incontri era di una volta alla settimana; per i primi 4 incontri ho incontrato separatamente i 4 gruppi: la durata degli incontri era di 20 minuti per i piccolissimi (18-36 mesi), di 30 minuti per gli altri due gruppi. Ho potuto realizzare solamente 10 incontri più la recita di Natale, per motivi di organizzazione del centro e per la scarsa disponibilità da parte delle educatrici, che vedevano portar via tempo prezioso 54 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 per lo svolgimento delle attività del programma scolastico. Gli incontri si svolgevano nelle aule (sezioni) sempre con la presenza dell’educatrice di riferimento. I bambini di questo centro ricevevano pochissime stimolazioni sonore da parte delle educatrici; i piccoli avevano a disposizione giocattoli sonori per bambini, ma non venivano stimolati a cantare o ascoltare musica tipo canzoncine per bambini, o altro. È stato difficile farli cantare e recitare, non tanto perché per loro era una cosa nuova, quanto secondo me perché, mentre alcune educatrici (nido, 3-4 anni) trasmettevano ai bimbi l’entusiasmo per la musica, altre educatrici mandava messaggi del tutto negativi. Oltre alla realizzazione della brevissima recita, ho proposto ai 30 bambini di 4 anni la canzoncina “BUON NATALE” che riporterò in seguito: ai bambini ho dato delle campanelline (sonaglini) da suonare nel ritornello. Durante gli incontri i bimbi hanno raggiunto un buon grado di coordinazione ritmica e di linguaggio, e la loro esecuzione, nonostante l’emozione e la presenza dei genitori, è stata molto soddisfacente. UNA NINNA NANNA PER GESU’ BAMBINO NARRATORE: È notte. Tutto tace a Betlemme. Sulla collina si vede solo una fioca luce dentro una capanna. Fuori, dentro il recinto, le pecorelle sonnecchiano con i loro agnellini, vegliate dal loro buon pastore Peppo e dal cane Ciccio. Quand'ecco che una stella illumina improvvisamente il cielo e si va a posare sopra la capanna. 1° agnellino: "Bee, guarda, mamma: la stella! È nato! Beee" 2° agnellino: "Bee, è nato il Bambino!" Pecorelle e ~gneilini: "Oh, che grande gioia per il mondo! "Beee" [CANZONE: QUANTE PECORELLE] Quante pecorelle tutte bianche, tutte belle presso la capanna fanno Beee la ninna nanna. Tutte son sorelle sotto il cielo con le stelle 55 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 vanno dal bambino: BEEEnvenuto piccolino! Quante pecorelle tutte bianche, tutte belle stanno col pastore BEEEnedetto dal Signore. NARRATORE: Gesù Bambino è appena nato e la sua mamma Maria lo culla con amore. Maria: "Dormi pargoletto come un angioletto. Dormi bimbo bello tra il bue e l'asinello" Gesù Bambino: "Ueee, Ueee" (piange). NARRATORE: Ma il bimbo piange e Maria non riesce a calmare e ad addormentare il suo piccino. Allora le pecorelle, mamme esperte dei loro agnellini si chiedono: 1° pecorella: "Beee, come possiamo aiutare quella giovane mamma a calmare il suo piccino?” 2° pecorella: "Beee, potremmo cantare sottovoce una dolce ninna nanna.." 3° pecorella: "Beee-lla idea! [CANZONE: DO COME DORMI] DO come dormi, bimbo Redentore, RE come Re, del mondo il Salvatore, MI il mistero che in terra ti portò FA fa'la nanna, bambino ninna oh. SOL come il sole fai luce alla capanna LA è il latte che avesti dalla mamma SI come il sì di Maria che t'aspettò DO ora dormi bambino ninna oh. Do ora dormì, bambino ninna oh. Ninna oh, NARRATORE: Gesù Bambino si è addormentato. Anche gli agnellini dormono tutti... tranne uno! 56 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 3° agnellino: "Mamma, mamma! Beee, che bella ninna nanna!" 4° Pecorella: "Come mai tu non dormi ancora, cucciolo mio? Beee" 3° agnellino: "Non ho sonno, mamma. Beee. E quella luce brilla troppo forte. Mamma, bee, mi racconteresti una storia?” 4° Pecorella: "Va bene, tesoro! Tu però ora chiudi gli occhietti e io ti racconterò la storia di un Bimbo speciale…” [CANZONE: TI NARRO LA STORIA...] Ti narro la storia di un bimbo speciale Venuto dal cielo per vincere il male. Per vincere il male quaggiù sulla terra Per dare la pace senz'armi né guerra. E mentre a Betlemme la notte scendeva laggiù sulla paglia il bimbo nasceva. Il bimbo nasceva tra il bue e l'asinello, nell’umile grotta Gesù poverello. Splendeva una stella che luce faceva La mamma più bella il bimbo teneva. Il bimbo teneva, la ninna cantava; Gesù piccolino ne! mondo arrivava. Così da quel giorno la storia cambiò: Natale nel mondo l'amore portò. Così da quei giorno la storia cambiò: Natale nel mondo I!amore portò. Così da quel giorno la storia cambiò: Natale nel mondo l'amore portò. Natale nel mondo l'amore portò. NARRATORE: Mamma pecora si era accorta che tutti gli agnellini si erano svegliati e avevano ascoltato incantati la sua storia. Pecorella: "Questa è la storia di questa notte santa! la notte di Natale! 57 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 NARRATORE: Sono trascorsi più di 2000 anni da quella meravigliosa notte santa; oggi come allora il miracolo si ripete ne! cuore di tutte le persone buone. Quelle persone che vogliono ancora accogliere Gesù Bambino nella gioia, nell’amore e nella felicità. Buon Natale! BUON NATALE Testo tradizionale – Musica M. A. Ciurleo DIN DIN DIN DON DIN DIN È ARRIVATO GIÀ NATALE DIN DIN DIN DON DIN DIN SUONERANNO LE CAMPANE AVREMO DONI E CARAMELLE ALBERI CON LUCI E STELLE DIN DIN DIN DON DIN DIN A TUTTI BUON NATALE DIN DIN DIN DON DIN DIN A TUTTI BUON NATALE Finalità: 1. Attività verbale: memorizzazione e riproduzione della canzone 2. Attività musicale riproduzione di suoni onomatopeici, intonazione della canzone, esercitazione ritmica con l’utilizzo di strumentini. 58 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 59 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 60 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 61 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 6.2 Scuola d’Infanzia “Il Giardino” Questo è il centro infanzia in cui ho iniziato a insegnare lo scorso anno. Poiché il centro quest’anno era impegnato in lavori di ristrutturazione e ampliamento della struttura è stato deciso insieme alle educatrici che per quest’anno avrei dovuto interrompere il lavoro al Nido (6-24 mesi), mentre avrei lavorato con questi gruppi di bambini: • Gli elefantini (2 anni): 20 bambini. • I leoncini (3 anni) : 10 bambini. • I tigrotti (5 anni): 14 bambini. Dopo una serata di presentazione delle attività-laboratori previste per l’anno 20072008 (a partire da novembre) ai genitori, i genitori stessi hanno scelto se far partecipare o meno il proprio bambino/a al corso di “Propedeutica musicale”. D’accordo con la direttrice della scuola ho avuto la possibilità di far fare a tutti i bambini 4 incontri tipo lezione aperta nel mese di ottobre, così che a tutti potesse venire 62 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 offerta la possibilità di dire ai genitori se a loro piaceva “giocare con la musica” oppure preferivano fare un’altra attività. Nella scuola d’infanzia, tra le finalità dell'educazione musicale, è di fondamentale e primaria importanza l'educazione al suono e la stimolazione acustica che permettono al bambino di scoprire suoni e rumori della realtà circostante, di interessarsene, di creare attività divertenti, di rappresentare fantasie, elaborare giochi immaginativi a partire dall'evocazione prodotta dall'ascolto naturale. Ascoltare tutti i rumori che ci circondano, imparare a distinguerli, fare attenzione alle loro caratteristiche, permette ai bambini un approccio più spontaneo verso il mondo dei suoni musicali veri e propri. Musica e suoni a questa età sono in stretta relazione con l'educazione motoria, sensoriale e intellettuale. Ecco perché è importante offrire al bambino specifiche opportunità sonore sin dal primo anno di scuola materna, per contribuire al processo di crescita nell'armonico sviluppo della sua personalità OBIETTIVI MUSICALI PER LA SCUOLA D' INFANZIA • Capacità di comprendere il linguaggio sonoro. • Capacità di riconoscere, denominare, discriminare suoni e rumori. • Capacità di individuare la fonte sonora. • Capacità di raggruppare e classificare oggetti che producono suoni e rumori. • Capacità di codificare il suono. • Capacità di imitare verbalmente suoni e rumori. • Coordinare suoni e gesti. • Produrre adeguati movimenti secondo determinati eventi sonori. • Coordinare le proprie attività a quelle dei compagni. • Cogliere la differenza tra suono e silenzio. METODOLOGIA MUSICALE PER LA SCUOLA D'INFANZIA • Far comprendere la differenza tra suoni e rumori. • Far comprendere la differenza tra suoni e rumori specifici di vari ambienti esterni ed interni. • Far notare la differenza tra suoni e rumori atmosferici. • Far comprendere la differenza tra suoni e rumori di animali. 63 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 • Lavorare sull'intensità della voce. • Lavorare sulla durata e sul ritmo. • Lavorare sulle differenze di modulazione della voce. I "SILENZI" Insegnare ai bambini la percezione del silenzio è senza dubbio un obiettivo importante e ambizioso. Per la maggior parte di loro, infatti, fare silenzio significa semplicemente non parlare, e solo pochi si rendono conto che per non produrre alcun suono è necessario anche restare immobili. L’immobilità, tuttavia, è una condizione estranea alla natura dei piccoli, per i quali il movimento non è soltanto fonte di conoscenza ma anche di piacere. Abituare i bambini a mantenere brevi attimi di staticità intervallati dalla pratica motoria è un ottimo metodo per avvicinarli all’ascolto del respiro e alla percezione degli stati di rilassamento, di concentrazione, e alla ricerca di sensazioni. È altresì facile verificare che interrompendo all’improvviso il suono che accompagna qualsiasi movimento, il corpo tende spontaneamente a fermarsi in una posizione che conserva l’eco dei gesti appena eseguiti. Di conseguenza, questi attimi di immobilità-silenzio potranno essere usati per enfatizzare la percezione dei suoni e dei gesti precedenti o successivi all’immobilità. La cadenza degli incontri era di una volta alla settimana; la durata degli incontri era di 30 minuti per i bambini di 2 e 3 anni con la compresenza dell’educatrice, di un’ora per i bambini di 5 anni senza la compresenza dell’educatrice. In questo centro i bambini vengono quotidianamente stimolati dalle educatrici con canzoncine per bambini fatte ascoltare sia da cd che dalla voce delle maestre, venivano stimolati con tantissimi giocattoli sonori, anche qualche strumentino per bambini; mi sono proposta quindi di realizzare un progetto basato sull’avvicinamento agli strumenti musicali dal vivo. 64 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 6.2.1 Gruppi Elefantini e Leoncini: “Cuccioli della giungla” Con i bambini di 2 e 3 anni ho impostato un lavoro di tipo più psicomotorio, proponendo molti momenti di “gioco-musica”, ma anche di conoscenza degli strumentini (strumentario Orff). A tutti gli incontri partecipavano attivamente le due educatrici. Il titolo del laboratorio per i bambini di 2 e 3 anni è “Cuccioli della giungla”. Partendo dal riscontro con i bimbi che uno dei cartoni animati più conosciuti e apprezzati è “Il libro della giungla” della Disney, ho pensato a degli incontri in cui i bambini si immedesimavano negli animali della giungla, le scimmie, l’orso, il serpente, la tigre, la pantera, l’ippopotamo, l’elefante…, e costruivo con tappetini, cerchi, panche e tavolini, una specie di percorso nella giungla in cui i bambini erano invitati ad imitare il verso e i movimenti dell’animale a seconda del punto del percorso in cui si trovavano. La base musicale di sottofondo era la colonna sonora del film d’animazione “Il libro della giungla”. Parallelamente ho proposto dei giochi di conoscenza degli strumentini musicali, lasciando al bambino la possibilità di scegliere ad ogni incontro lo strumento che più lo interessava in quel momento. Durante questi tipi di incontro facevo sedere i bambini in cerchio e in mezzo all’interno di un cerchio di plastica ponevo gli strumenti a disposizione: tamburelli, sonagli, bonghi, maracas, nacchere, flauti dolci, xilofoni, triangolo. Poi di volta in volta spiegavo la corretta presa dello strumento e il suo corretto utilizzo, ma i bambini più piccoli tendono sempre a suonare gli strumentini a loro piacere..! Ho proposto inoltre per la recita di fine anno le due canzoncine che ai bambini sono piaciute di più: Nei mesi gennaio-aprile 2007 ho proposto ai bambini di 2 e 3 anni della Scuola d’Infanzia “Il Giardino” queste canzoncine tratte dalla raccolta “Nido di Note” di N. Cinguetti e M. Padovani, ed. Mela Music. SOLE VIENI FUORI Tumba tumba sole vieni fuori Tumba Tumba tuffati sui fiori Tumba Tumba 65 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 rotola sul prato Tumba Tumba sole scatenato Rit. Giallo limone Colore del mio sole Giallo limone calore del mio sole Tumba Tumba sali in altalena Tumba Tumba bacia luna piena Tumba Tumba vola sul giardino Tumba Tumba sole palloncino Rit. (2 volte) Per la sua regolarità ritmica questo canto, una piccola “danza del sole”, richiede giochi di coordinazione tra mani, braccia, gambe e piedi, e insieme giochi di adattamento al ritmo. Ad ogni “Tumba Tumba” è stato di volta in volta associato un movimento: un salto sul posto, un salto con uno spostamento, un battito di mani, battere le mani sulle ginocchia, sul tavolino, ecc., mentre tutto il resto della canzone è stato accompagnato da gesti che mimavano le parole. Il ritornello è stato a volte accompagnato dall’uso di strumentini: ovetti, maracas, sonagli, tamburelli. 66 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 LAVALE TU Mani colore di pongo lavale lavale tu Mani colore di fango lavale lavale tu Mani colore di lotte lavale lavale tu Mani colore di latte lavale lavale tu Rit. Acqua scende scioglie la macchia sciacqua risciacqua qua Acqua scende scioglie la macchia sciacqua risciacqua qua Qua qua qua qua qua qua qua qua 67 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Qua qua qua qua qua qua qua qua Mani colore di yogurt lavale lavale tu Mani colore di gioco lavale lavale tu Mani colore brillante lavale lavale tu Mani colore di niente lavale lavale tu Rit. Questa canzone, oltre ad essere un allegro invito a lavarsi le mani prima del pranzo, è stata anche un’ottima occasione per iniziare momenti e proposte di contatto tra i più piccoli. I bambini una volta si sono lavati a vicenda (a coppie) le mani, con l’acqua e il sapone, in seguito si sono limitati a disporsi in fila davanti alla porta del bagno, con le maniche rialzate, e a mimare il gesto di lavarsi le mani, di risciacquare e asciugare. La canzoncina è stata realizzata interamente con gesti che mimavano le parole, un balletto del qua qua al ritornello intervallato dal semplice mimo dell’ochetta. 68 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 MATERIALE IMPIEGATO Strumentario Orff, riproduttore CD, tastiera, fogli di carta da disegno, pennarelli, pastelli a cera, matite colorate, nastri colorati e materiale vario a seconda della coreografia delle canzoni o dei giochi proposti. STRUTTURA DI UNA LEZIONE-INCONTRO: 1. disposizione in classe, canzone di “benvenuto”; 2. prima attività utilizzando movimento fisico o voce; 69 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 3. seconda attività di gioco o disegno; 4. terza attività canzoni e ascolto; 5. canzone dell’”arrivederci”. Le canzoni di “benvenuto” e dell’”arrivederci” hanno il compito di favorire l’apprendimento della corretta intonazione dell’intervallo DO-SOL attraverso un piccolo rituale ripetuto nel corso dell’anno. Testo della canzone di benvenuto: DOREMIFASOL SOLFAMIREDO CIAO BAMBINI CIAO CIAO MAESTRA CIAO OGGI SONO QUA OGGI SIAMO QUA SI COMINCIA GIÀ SI COMINCIA GIÀ MUSICA! Testo della canzone dell’arrivederci: DOREMIFASOL SOLFAMIREDO CIAO BAMBINI CIAO CIAO MAESTRA CIAO OGGI SONO QUA OGGI SIAMO QUA È FINITA GIÀ È FINITA GIÀ MUSICA! 70 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 6.2.2 GRUPPO “I TIGROTTI” (Età 5 anni) I bambini che hanno scelto di partecipare all’attività musicale sono gli stessi bambini che ho seguito lo scorso anno nel gruppo “i coniglietti”, ho potuto quindi svolgere con loro un percorso di “educazione musicale” che l’anno scorso era basato sul ritmo e l’educazione dell’orecchio e della voce, mentre quest’anno i bambini hanno manifestato da subito il 71 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 desiderio di imparare a conoscere e “scrivere” le note musicali e conoscere gli strumenti musicali. Ho suddiviso quindi il piano di lavoro in 5 aree tematiche su cui ho lavorato alternativamente per tutto l’anno scolastico: 1. ALLA SCOPERTA DELLE NOTE MUSICALI. 2. GLI STRUMENTI MUSICALI. 3. L’ORCHESTRA, UNA FAMIGLIA. 4. MILLE VOCI, UNA VOCE: IL CORO. 5. CUCCIOLI DELLA GIUNGLA (musica e psicomotricità). Le finalità specifiche su cui si lavorerà saranno quindi: • L’Educazione dell’orecchio. • L’Educazione della voce. • La Lettura della Notazione Melodica. • La conoscenza dei principali strumenti musicali. • Il corpo in movimento con la musica. OBIETTIVI DEL CORSO A. Per l’EDUCAZIONE dell’ORECCHIO E DELLA VOCE: Coordinazione SIMBOLO-GESTO-SUONO: attraverso giochi di movimento e a comando il bambino impara a sviluppare la sua capacità di attenzione al direttore del gioco, la sua prontezza di riflessi, la coordinazione motoria. • Educazione dell’orecchio: il TIMBRO. Conosciamo alcuni strumenti e impariamo a riconoscerli all’interno di brani semplici. • Prime simbolizzazioni con disegni e gesti; drammatizzazione di brevi brani musicali. 72 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 • Sviluppo dell’abilità vocale tramite canti per imitazione gestualizzati e canti accompagnati da danze. • Intonazione delle note do-re-mi-fa-sol-la-si-do. B. Per la LETTURA della NOTAZIONE MELODICA: • Conoscenza del Pentagramma e della Chiave di Violino. • Intonazione melodica e collocazione delle note conosciute nel pentagramma. Alla scoperta delle note musicali Ho proposto ai bambini la canzone “La scalata delle note” tratta dal libro “Cori di bimbi”(Ed. Curci). Questa canzone ha catturato subito il loro interesse ed è stato il punto di partenza per l’avvio alla conoscenza delle note e della scrittura musicale. Inizialmente ho proposto ai bambini dei disegni specifici per allenarsi a disegnare dei cerchi; i bambini di 5 anni infatti non hanno ancora acquisito tale abilità manuale e la loro difficoltà nello scrivere le note sul pentagramma inizialmente si basa su questo. Ho quindi proposto loro in più occasioni i seguenti disegni tratti dal testo “Musica Maestro” di Betty Reggiani (ed. Curci) in modo da favorire gradualmente l’acquisizione del disegnare cerchi all’inizio grandi poi sempre più piccoli. 73 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 74 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 75 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Parallelamente ho iniziato a insegnare ai bambini a scrivere le 7 note sul pentagramma a grandezza di foglio A4. Inizialmente le singole note poi a due a due… 76 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Poiché la canzone “La scalata delle note” sarà l’oggetto della recita di fine anno ogni bambino ha scelto di essere e rappresentare una nota musicale. Ciascuno ha disegnato su un foglio A4, in cui ho prima disegnato un pentagramma, la propria nota musicale. Questi disegni ci sono serviti per realizzare un cartellone delle Note Musicali. Per quanto riguarda la scrittura ho continuato a proporre ai bambini delle schede in cui i cerchi vengono un po’ rimpiccioliti e le note scritte gradualmente dal do al sol. 77 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Infine come verifica ho proposto delle schede in cui si chiede il riconoscimento delle note scritte: 78 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Infine abbiamo provato a disegnare la chiave di violino: per 5 bambini è stato facile, per altri decisamente no. Ho comunque proposto loro questo disegno da colorare per imparare a riconoscerla. L’apprendimento della scrittura è stato buono per 12 bambini, scarso per due perché per motivi di salute o familiari erano quasi sempre assenti da scuola. Parallelamente alla scrittura ho proposto ai bambini degli esercizi al pianoforte per l’intonazione melodica e la collocazione delle note conosciute nel pentagramma. Purtroppo ci sarebbe voluto più tempo a disposizione per ciascun bambino, per educare la voce, ma il livello di intonazione raggiunto dal gruppo insieme è comunque buono. GLI STRUMENTI MUSICALI Ho proposto ai bambini l’ascolto di alcuni brani in cui dovevano riconoscere lo strumento utilizzato. Poi gradualmente ho proposto dei disegni da colorare a seconda dello strumento che presentavo. Alcuni strumenti, come il pianoforte, la chitarra, il flauto, il violino, la batteria, il sassofono, sono stati presentati dal vivo ai bambini durante degli incontri in cui ho chiesto la collaborazione di musicisti specializzati in uno determinato strumento (alcuni erano i genitori stessi di bambini della scuola). 79 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 80 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 81 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 82 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 83 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 84 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 L’ORCHESTRA, UNA FAMIGLIA Dopo l’ascolto di alcuni brani in cui suonavano insieme i diversi strumenti, che i bambini facevano ovviamente fatica a distinguere e a riconoscere, ci siamo brevemente soffermati sull’orchestra, sul significato di suonare insieme strumenti diversi per realizzare una composizione (progetto) in comune. Ognuno ci mette del proprio, ma per suonare bene insieme è necessario ascoltare gli altri, ed osservare il direttore che guida l’orchestra. MILLE VOCI, UNA VOCE: IL CORO Con la canzone “La scalata delle note” abbiamo lavorato sull’intonazione, ma anche sull’importanza di cantare bene insieme. Ho proposto ai bambini questo semplice disegno di un coro di piccoli cantori. Ho invitato ogni bambino a identificarsi in uno dei cantori disegnati e a scrivere accanto il proprio nome, poi a identificare negli altri cantori i compagni. Per loro è stato un momento divertente! 85 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 CUCCIOLI DELLA GIUNGLA Ogni tanto era difficile riuscire a contenere l’esuberanza e la vivacità di tutto il gruppo. In quei momenti, soprattutto nei giorni di pioggia, ho proposto loro dei percorsi motori con l’utilizzo di cerchi, tappetini, panche, tavolini, in cui veniva loro richiesto di fare il percorso imitando i movimenti degli animali della giungla da loro preferiti (ispirati al film “Il libro della giungla”): l’orso Baloo, la pantera Baghera, la tigre Share Kan, la scimmia Luigi, il serpente Ka, l’elefante Ati. Il sottofondo musicale era la colonna sonora del film “Il libro della giungla”. 86 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Infine la canzone “La scalata delle note” sarà proposta alla recita di fine anno cantata e mimata (drammatizzata) dai bambini, ognuno dei quali rappresenta una nota musicale. Ogni bambino scriverà su una maglietta il suo nome e il nome della nota da lui rappresentata. 87 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 88 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 89 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 6.2.3 GIOCHI MUSICALI PROPOSTI 1. Riesco a osservare il silenzio? I bambini si siedono a coppie l’uno di fronte all’altro e si devono guardare fisso negli occhi senza ridere, in assoluto silenzio. La coppia che ride viene squalificata. Questo gioco, molto gradito ai bambini, è utile per dimostrare loro che, quando vogliono, sanno controllarsi perfettamente ed apprezzare la magia del silenzio. 2. Il gioco del direttore d’orchestra Per introdurre il concetto di attacco e interruzione del suono, giochiamo a riprodurre un’orchestra. Al comando dell’insegnante (il direttore) i bambini imitano con la voce e con i gesti gli strumenti. Il direttore richiede attenzione e silenzio senza l’uso della voce, dà il segnale di attacco, infine comanda il silenzio. Con una bacchetta per dirigere ogni bambino a turno proverà a fare il direttore. 90 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 3. Il dizionario dei suoni e dei rumori Con l’aiuto del cd allegato al testo “Il dizionario dei suoni e dei rumori” di …i bambini sentono e imparano a discriminare tra suono e rumore e a riconoscere i rumori dei vari ambienti. Più stimolante se si dividono i bambini in squadre e si fa una gara a chi ne indovina di più. 4. Disegniamo il rumore e il silenzio Ogni bambino potrà disegnare ciò che per lui rappresenta il silenzio e ciò che per lui rappresenta il rumore. 5. Riconosciamo la nostra voce? Si predispongono due spazi separati da un pannello o da una tenda; si scelgono 3-4 bambini alla volta che andranno a prendere posto dietro il pannello, ben nascosti alla visuale dei compagni. Il bambino che verrà toccato dall’insegnante dovrà dire la “parola magica” e i bambini che stanno al di là del pannello dovranno dire il nome del bambino che ha detto la “parola magica”. 6. Il gioco delle sedie Si balla tutti insieme e quando la musica si ferma i bambini si precipitano a sedersi ma ne resta escluso uno perché manca una sedia. Si può eseguire in diverse varianti: • l’insegnante fa partire la musica: i bambini ballano; l’insegnante fera la musica: i bambini cadono per terra come addormentati in completo silenzio; • con i cerchi che si utilizzano in psicomotricità o nell’ora di ginnastica: i bambini devono correre dentro i cerchi ma ne resta escluso uno perché manca un cerchio; • altre varianti… 7. Riconosciamo il piano e il forte? I bambini imparano a distinguere un suono piano da una forte: si può utilizzare la tastiera, un cd preparato appositamente con suoni piano e forte, oppure far ascoltare un brano di musica classica (Finale della Sinfonia n.38 in Re magg. K.504 “Praga” di 91 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 Mozart: quando i bambini sentiranno il forte dovranno alzare le braccia, quando sentiranno il piano dovranno abbassarle. Oppure si utilizza la voce stessa dei bambini che a seconda del movimento delle braccia dell’insegnante canteranno piano o forte. 8. Crescendo e diminuendo Sempre utilizzando la voce stessa dei bambini, con una canzone l’insegnante dirige e seguendo i movimenti delle sue braccia, i bambini dovranno aumentare o diminuire il “volume”. A turno proveranno poi loro a fare il direttore del coro. 9. Riconosciamo i suoni gravi e acuti? L’insegnante fa ascoltare i suoni dei registri grave e acuto del pianoforte . I bambini camminano o danzano con le braccia in giù quando percepiscono suoni gravi, con le braccia verso l’alto quando percepiscono suoni acuti. 10. Lento e veloce L’insegnante propone tre diverse canzoncine da cd oppure accompagnamenti alla tastiera o con il tamburo chiedendo ai bambini di ascoltarli attentamente e di eseguire, in corrispondenza di ciascuno, un passo diverso: • esecuzione lenta: passo della tartaruga (gattonare lentamente) • esecuzione media: passo della paperotta (saltelli cadenzati) • esecuzione veloce: passo della lepre ( corsa sul posto) I bambini verranno disposti in fila ed il “capotreno” avrà la responsabilità di cambiare il passo guidato dal proprio ascolto. 11. Gli strumentini Più che un gioco si tratta di un percorso in cui ai bambini viene presentato di volta in volta uno strumentino, viene insegnato loro il nome corretto e come si tiene e si suona correttamente. Verranno poi utilizzati durante le canzoni. 92 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 7. Risultati e discussione Opportuna e necessaria è senza dubbio la verifica e la valutazione conclusiva del lavoro svolto, che diventa la somma delle esperienze, informazioni, abilità, conoscenze di cui il bambino si è appropriato nel corso degli anni di scuola, e che dovrebbe in qualche modo emergere al termine. Le attività di verifica sono state dunque diversificate nei contenuti, ma possono svilupparsi mediante l’utilizzo dei seguenti strumenti e seguendo alcune indicative modalità. 1. Elaborazione di una scheda singola per ciascun bambino, nella quale sono stati notati i comportamenti degli alunni, l’abilità acquisita, la scioltezza e la spontaneità di fronte alla proposta. 2. Discussione e confronto tra le educatrici per una valutazione dei risultati e proposte per aggiustamenti della programmazione. Poiché si tratta di un progetto di tirocinio pensato e articolato in 3 anni ho avuto l’autorizzazione da parte della Scuola d’Infanzia di presentare le schede dei bambini solamente nella tesi finale, avendo la possibilità di mettere a confronto il percorso formativo che ciascun bambino ha compiuto in questo arco di tempo. Un ulteriore momento di verifica è stato attuato con le famiglie dei bambini. Inizialmente avevo pensato di realizzare un questionario da presentare e consegnare ai genitori in modo tale che potessero rispondere a casa magari assieme per essere anche un’occasione di dialogo e confronto tra i due genitori. Per motivi di organizzazione ho dovuto optare per una serie di domande che ho proposto ai genitori, generalmente le mamme, durante le ore di ricevimento previste dalla scuola. Non si è trattato di un accertamento rigorosamente scientifico, anche perché non tutti i genitori si sono presentati nelle ore di ricevimento, ma più che altro di un riscontro aperto, in cui ho proposto al genitore alcune domande sul comportamento musicale del bambino anche in famiglia e nella sua vita quotidiana, in momenti lontani dalla scuola. 93 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 QUESTIONARIO PER I GENITORI L’educazione musicale proposta a scuola ha una risonanza in famiglia e all’esterno? Cognome e nome del bambino …………………………………………… età ………… 1. Da quanto tempo frequenta il Nido o la Scuola d’Infanzia? 2. Il bambino parla in casa dell’attività musicale che svolge a scuola? 3. Il bambino si muove spontaneamente in seguito a stimolazioni sonore di: • un suono o un rumore particolare? • un brano musicale qualsiasi? 4. Il bambino presta attenzione al mondo sonoro che lo circonda? • rumori o suoni particolari della casa (cucina-bagno, ecc.)? • rumori o suoni della natura? • rumori o suoni dell’ambiente esterno tipici del lavoro dell’uomo (traffico, cantiere edile, ecc)? 5. Ricerca la sonorità di oggetti di uso comune? 6. Inventa canzoncine e filastrocche o riproduce spontaneamente quelle imparate a scuola? 7. Improvvisa “concertini” con strumenti occasionali (matite, barattoli, coperchi, ecc.)? 8. Si costruisce strumenti per suonare? 9. Ha degli strumenti ha a disposizione a casa (xilofono, tastiera, chitarra, tamburi…)? 10. Interpreta con movimenti corporei appropriati brani musicali diversi (es. musica classica, musica rock)? 11. Che genere di musica ascoltate insieme a lui/lei quando viaggiate in auto o siete in casa? Le risposte a tali domande erano aperte e libere in sede di colloquio individuale (più raramente erano presenti entrambi i genitori). Tutti i genitori hanno riferito che i 94 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 bambini erano entusiasti delle “lezioni di musica” e che attendevano con gioia il giorno della settimana in cui “c’è musica”. Questo è stato, oltre a fonte di gratificazione personale, anche un dato importante per la Scuola, poiché è il secondo anno che propongono l’attività di propedeutica musicale per i bambini della scuola materna (hanno sempre proposto solamente l’inglese, la psicomotricità e la danza-gioco), e l’attività di “gioco-musica” per i bambini del Nido. Per il prossimo anno, se il questionario venisse dato alle famiglie, penserei di limitare le risposte a SI’, NO, UN POCO da barrare con una crocetta, e poi farmi restituire il questionario in sede di ricevimento e approfondirlo con altre domande a risposta aperta. 95 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 8. Conclusioni Il lavoro di quest’anno presso il Centro Infanzia doveva essere una continuazione del progetto di musica iniziato lo scorso anno. Purtroppo si sono verificati degli “imprevisti”. Poiché i genitori all’inizio dell’anno scelgono quale corso far frequentare al proprio figlio tra inglese, danza e musica, quest’anno solo il gruppo dei Tigrotti (5 anni) era riconfermato in toto dallo scorso anno. Dei bambini di 3 anni invece non c’è stata riconferma da parte di nessuno. Questo all’inizio mi ha un po’ rattristato e mi sono chiesta il motivo per cui, dopo che alla fine dello scorso anno avevo avuto dimostrazioni di alto gradimento ed entusiasmo da parte dei bambini e dei loro genitori, la scelta all’inizio di quest’anno fosse stata quella di non continuare il laboratorio di musica. Parlando con insegnanti e alcuni genitori ho potuto verificare che tale scelta è stata dettata dal pensiero che l’inglese, tra tutte le proposte, sia quella comunque più sensata e utile per i bambini al giorno d’oggi. Una risposta discutibile che comunque ha suscitato in me il desiderio di dar via a un progetto di sensibilizzazione della popolazione della città riguardo all’importanza della musica per lo sviluppo psicologico, emotivo e cognitivo del bambino. Il gruppo dei Tigrotti mi ha dato comunque molte soddisfazioni. Mentre lo scorso anno a 4 anni di età, i bambini erano poco inclini a proporre di loro iniziativa qualche attività o ad esprimere i loro desideri ma accettavano sempre ciò che veniva loro proposto, quest’anno la scelta del percorso musicale suddiviso in 5 aree tematiche è stata effettuata in base a loro specifiche richieste. Si sono inoltre sempre sentiti liberi di dire quando un gioco, una canzone, un’attività piaceva loro oppure no e il rapporto con me è stato davvero gratificante dal punto di vista umano, di educatrice e di insegnante. L’esperienza all’asilo nido lo scorso anno è stata per me entusiasmante. Quest’anno si è dovuto sospendere l’attività a causa di lavori di ampliamento e ristrutturazione degli ambienti del centro. Ma mi è stato chiesto dalla direzione di progettare degli incontri per genitori e bambini da 0 a 36 mesi a partire da settembre; il progetto si chiamerà “Ninna mamma” e avrà come argomento l’importanza della ninna nanna e del canto materno nella relazione madre-bambino. Inoltre riprenderà la proposta educativa di inserire la musica tra le attività dei più piccoli come iniziato lo scorso anno. 96 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 L’esperienza alla scuola materna di Lutrano è stata importante anche se mi sono scontrata con una realtà difficile, con ostilità da parte delle insegnanti che consideravano la musica un “perder tempo”, poco interesse da parte dei bambini stessi che non erano abituati all’ascolto e a proposte musicali di alcun tipo, e allo scarso interesse da parte dei genitori. Probabilmente però il prossimo anno mi verrà riproposto dal dirigente della scuola di ripetere l’esperienza;non so se accetterò, perché è stato un lavoro portato avanti con fatica e frustrazione perché ogni tipo di proposta è sta accettata dalle educatrici sempre “sbuffando”… Ho iniziato una formazione specifica per l’educazione musicale per la fascia d’età 0-3 che mi entusiasma e in cui intendo proseguire. Spero di avere la possibilità di poter partecipare a più incontri formativi, a cui quest’anno per motivi familiari ho dovuto rinunciare. 97 ISTITUTO MEME S.R.L MODENA – ASSOCIATO UNIVERSITÈ EUROPÈENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES LAURA SPINAZZÈ - SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO A.A 2007/2008 9. Bibliografia M. Montessori, La mente del bambino, Milano, Garzanti Elefanti, 2002, 26. C. Edwards – L. Gandini – G. Forman, I cento linguaggi dei bambini, Bergamo, Edizioni Junior, 1995, 9. A. Montagu, Il tatto, Milano, Garzanti, 1975, 219. A. 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