Il Mar Mediterraneo
• Il mare Mediterraneo, compreso fra l’Europa, l’Asia minore e
l’Africa, ha una superficie di 2.516.000 kmq, otto volte quella
dell’Italia.
• È un mare piccolo, quasi chiuso, se si considera che le uniche
aperture comunicazione sono date dallo Stretto di Gibilterra con
l’Oceano Atlantico, dal Canale di Suez con il Mar Rosso e dal Mar
Nero attraverso lo Stretto dei Dardanelli e del Bosforo.
Caratteristiche delle masse d’acqua del Mediterraneo
La struttura verticale della colonna d’acqua del
Mediterraneo è caratterizzata, dalla presenza di tre distinte
masse d'acqua:
• a) uno strato superficiale di circa 100-200 metri di acqua di
origine atlantica a bassa concentrazione salina e la cui
temperatura è soggetta a forti fluttuazioni stagionali;
• b) uno strato intermedio di acqua relativamente calda e
salata di origine Levantina che occupa gli strati tra i 300 e
gli 800 metri;
• c) uno strato di acqua di fondo, relativamente freddo e
meno salato dell'acqua intermedia, che si origina nei
processi di convezione delle celle secondarie.
La temperatura
La salinità
Scilla e Cariddi
Sin dall’antichità, lo stretto di Messina è stato un
luogo ricco di suggestione e di fascino ed ha
contribuito a creare i tanti miti ad esso connessi. La
navigazione dello Stretto, presenta delle reali
difficoltà, soprattutto a causa delle correnti rapide
ed irregolari (velocità di 9 km/h); queste
scontrandosi danno luogo ad enormi vortici che
sicuramente terrorizzavano i naviganti del passato.
I vortici più noti furono chiamati: Cariddi (colei che
risucchia), che si forma davanti alla spiaggia di
Capo Faro in Sicilia e l'altro Scilla (colei che
dilania), che si forma sulla costa calabrese da Alta
Fiumara a Punta Pizzo.
Nella mitologia greca Scilla e Cariddi sono due
mostri marini che abitavano due caverne ai lati dello
stretto di Messina, rispettivamente verso la Calabria
e verso la Sicilia. Erano la personificazione dei
terrificanti vortici marini che in quell’area interessata
da forti correnti, dovevano a quei tempi costituire un
serio pericolo per la navigazione.
Così i mostri facevano naufragare le imbarcazioni e
divoravano i marinai.
Scilla
Scilla era una bellissima
ninfa che viveva sulla
sponda calabrese ed
era innamorata di
Glauco, un semi-dio,
metà uomo e metà
pesce. La maga Circe,
invaghita di Glauco,
avvelenò la fonte in cui
amava bagnarsi Scilla e
lei si trasformò in un
orrendo mostro a sei
teste.
Cariddi
Cariddi si trovava sulla
sponda siciliana, era
figlia di Nettuno e della
Terra, fu tramutata da
Zeus in un terribile
mostro marino che per
tre volte al giorno
ingoiava e rigettava
l'acqua, creando vortici
giganteschi.
Colapesce
Lasciata fin da bambino "la compagnia degli
uomini", visse in mare tra giardini di corallo,
conobbe le ninfe e seguì le sirene che lo
sedussero con il loro canto. Fu "tenuto in molto
pregio in Messina per la rara maniera del suo
vivere“, così i messinesi lo chiamarono
Colapesce. Avvenne allora che il re Federico II,
avendo ricevuto notizie delle strabilianti imprese
di Cola, lo volle mettere alla prova
promettendogli grandi doni e la mano della
principessa sua figlia qualora avesse superato
tre difficili prove. Il re Federico, dal Palazzo
Reale, gettò una prima volta, nel tratto di mare
sottostante, un vaso d'oro e incitò Cola Pesce a
ripescarlo. Il valoroso pescatore, dopo essersi
tuffato nelle profondità del mare riaffiorò con
grande abilità, riportando al re il vaso d'oro
lanciato una prima e una seconda volta.
Al terzo tentativo, che era quello decisivo (gli
avrebbe, infatti, consentito di avere in premio la
mano della principessa...), Cola Pesce rimase in
fondo al mare e non riapparve più in superficie.
Colapesce
In realtà egli non era morto ma successe
che, giunto in fondo al mare, egli si
accorgesse che una delle tre colonne, quella
settentrionale della Sicilia, la colonna Pelòro
fosse incrinata e che stava per spezzarsi con
la conseguenza che la sua Messina potesse
sprofondare da un momento all'altro. Fu così
che decise di rimanere in fondo al mare,
rinunciando alla ricchezza e all'amore, per
sostenere sulle sue spalle la colonna di Capo
Pelòro.
Bisogna sapere che quando avvengono le
scosse telluriche nell'area dello Stretto
accade semplicemente che..."Colapesce
poverino, stanco di sorreggere sempre sulla
stessa spalla la colonna di Capo Pelòro la
passa sull'altra spalla e ciò causa
movimento..." così la credenza popolare.
Questa leggenda descrive la forte sismicità
della zona.
Il 28 Dicembre 1908…ore 5.35
Il terremoto del 1908
Il terremoto del 1908
Il terremoto del 1908
Lo Stretto di Messina
La corrente 'montante', che va
da sud verso nord, è lenta,
profonda e prolungata nel
tempo, mentre la corrente
'scendente', da nord a sud, è
superficiale violenta e turbolenta
con velocità che superano i 1214 Km/h.
Nel punto in cui le due correnti
si incontrano si generano gorghi
e vortici, controcorrenti (refuli),
zone di apparente calma
(surgimenti),
rimescolamenti
delle acque anche ascensionali,
soprattutto nell'area della sella
sottomarina,
che
spesso
portano
a
galla
e
allo
spiaggiamento specie abissali.
Il fenomeno dell’Upwelling
Lo Stretto di Messina é interessato da
un regime idrodinamico intenso e
continuo,
che
condiziona
le
caratteristiche
oceanografiche
e
biologiche. Tra le correnti di varia natura
rivestono particolare interesse quelle di
rimonta che determinano un particolare
movimento ascendente denominato
"upwelling".
Enormi masse d'acqua provenienti dallo
Ionio, rimontano a quote più superficiali
in prossimità della soglia (72m) tra
Ganzirri e Punta Pezzo, interessando in
breve tempo, le adiacenze ioniche e
tirreniche.
A questo fenomeno é legato quello dello
spiaggiamento di organismi profondi,
lungo il litorale messinese e calabrese,
dove é possibile reperire, in condizioni
di vento e correnti favorevoli numerosi
organismi batifili.
I Pesci abissali
Gli animali "abissali"
erano già conosciuti dai
nostri pescatori i quali
credevano che
giungessero da qualche
ignoto punto delle
grandi profondità del
mare, tanto che li
chiamavano "pisci
diavuli".
Argyropelecus hemigymnus
E’ detto comunemente
Ascia d’argento o Pesce
accetta per la forma
simile alla mannaia dei
macellai e per il colore
argentato. E’ una specie
di piccole dimensioni,
che nello stadio adulto
raggiunge i 4-5 cm di
lunghezza. Nelle acque
dello Stretto è
abbondantissimo, vive
fino a 3.000 metri di
profondità. Fu la prima
specie della fauna
batifila dello Jonio ad
essere studiata già nel
1829.
Manliodus sloani
•
•
Il Manliodus sloani, detto comunemente
Vipera di mare, è un pesciolino di circa 2530 cm di lunghezza, che vive tra 300 e 600
metri di profondità, anche se talvolta
raggiunge la superficie, ove nuota
goffamente.
E’ una specie carnivora ed aggressiva
dotata di denti allungati, ricurvi ed
appuntiti. Quando si tenta di afferrarlo
dalla coda, si volta di scatto ed azzanna
come un serpentello. I suoi denti sono così
affilati ed acuminati che ci si accorge di
essere stati morsi solo dopo aver visto il
sangue uscire dalla ferita. E’ dotato in
bocca di un particolare meccanismo che
consente alla mascella inferiore di
sganciarsi dall’apparato branchiale per
formare un’apertura di circa 180°, che gli
consentono di ingoiare prede molto più
grosse della sua sacca stomacale. A volte
affiora morto, con la preda all’interno
perfettamente intatta e con gli intestini tutti
laceri.
Manliodus sloani
I coralli bianchi
Autentiche scogliere coralline si celano
nelle profondità batiali ed abissali del
Mediterraneo e di quasi tutti gli oceani del
mondo. Si tratta di biocostruzioni dovute
ai cosiddetti "coralli bianchi", esacoralli
che, a differenza delle specie tropicali,
necessitano per la loro sopravvivenza di
acque fredde e si sviluppano in ambienti
profondi, nell'oscurità più totale.
Questi coralli vivono tipicamente fra i 300
e i 3000 metri di profondità, lungo pareti
scoscese di montagne e vulcani, fianchi
di canyon e colline che si ergono dalle
fangose piane batiali.
Le specie più importanti della “Biocenosi
dei Coralli Bianchi” sono due esacoralli
che formano colonie arborescenti,
Lophelia pertusa e Madrepora oculata,
alle quali è spesso associata la specie
solitaria Desmophyllum cristagalli
Pedicularia sicula
Mollusco
gasteropode,vive
esclusivamente
sull’idrocorallo
Errina aspera
Gli organismi pelagici
• Tra le Meduse
Velella velella,
conosciuta
anche con il
nome di
Barchetta di S.
Giovanni, poiché
spiaggia a volte
con centinaia di
migliaia di
esemplari, verso
la fine di giugno.
L’argonauta
• Mollusco
cefalopode, pelagico
presente anche
nelle acque dello
Jonio.
• La femmina secerne
un caratteristico
guscio calcareo che
usa come guscio
nidamentale per
proteggere la prole
dai predatori.
Janthina janthina
I fondali dello Stretto
I fondali dello Stretto
sono popolati dalle
foreste di Laminarie e
ospitano biocenosi con
caratteri molto
particolari.
Le laminarie
Le foreste di Laminarie si
sviluppano lungo le coste
rocciose a profondità, in genere,
comprese tra i 6 e i 30 m, ma
che possono raggiungere in
acque
limpidissime
anche
profondità di 80-120 m. Le
laminarie sono alghe brune che
si attaccano ai fondali rocciosi
con un tallo simile ad una
radice.
Dal tallo lunghe foglie si
accrescono verso la superficie,
sostenute da gas bladders di cui
ogni foglia è dotata che che
hanno la funzione di sostenere
l’intera pianta.
I grandi pelagici
• Il mare Jonio e lo stretto di Messina
costituiscono per le loro caratteristiche
oceanografiche e batimetriche un ambiente
adatto alla vita dei cosiddetti “grandi
pelagici”.
• Con questo termine vengono descritti i
grandi pesci e i mammiferi marini che
transitano e si riproducono in mare aperto.
Xiphias gladius L., 1758
Thunnus thynnus (L., 1758)
Mola mola….il pesce Luna
L’inquinamento e i fattori di rischio ambientale
- scarichi non depurati di acque reflue di origine urbana e
industriale;
- rischio di collisione tra le centinaia di navi che giornalmente
attraversano lo Stretto (incidenti del 1972 e del 1985, con
sversamenti di idrocarburi;
- pesca a strascico nei fondali profondi colonizzati dalle
biocenosi dei coralli bianchi;
- discarica di rifiuti solidi urbani e sulle coste;
Il Ponte di Messina rappresenta il millenario desiderio di avvicinare la
Sicilia al resto d'Italia.
Le origini di questo progetto si perdono nella notte dei tempi tra antiche
cronache e favola.
Il Ponte sullo stretto
Il ponte sullo Stretto: i fattori di rischio ambientale
• realizzazione di cave ed apertura di
enormi cantieri;
• interferenza con le rotte dell’avifauna
migratoria;
• interferenza dell’ombra prodotta dalla
struttura sulle rare biocenosi dei fondali
dello stretto;
• alterazione permanente del paesaggio
• perdita dell’insularità;
• il vento dello Stretto;
• il Sito di Importanza Comunitaria di
Capo Peloro e laghi di Ganzirri;
• lo stravolgimento dell’area di Punta
Faro
• la costruzione dell’enorme pilone