1 “UN MODELLO DI UNIVERSO A METRICA VARIABILE” Giovanni Guido Dipartimento di Matematica e Fisica del Liceo Scientifico Statale “ C. Cavalleri ” Parabiago (MI) Biografia: Insegnante di Matematica e Fisica ; Laurea in Fisica e-mail: [email protected] Tel. cell. 348-9385750 Abstract In questo studio si introduce l’idea di un Campo-Fondo dell’universo, definito Campo “Spazio-Tempo Universo”, sul quale è possibile costruire le particelle e lo stesso SpazioTempo in cui esse sono definite, poiché si dimostra che è la massa la sua sorgente. In tale ambito si tentano di spiegare alcuni aspetti fondamentali dell’universo, quali la sua espansione, come effetto di creazione di massa-spazio, la sua accelerazione, conseguenza di un passato a metrica aperta, l’età, come tempo di raggiungimento della fase a metrica piatta, la massa oscura, come presenza di un universo-reticolo di base, l’origine delle galassie, conseguenza di grumi primordiali di particelle di Planck e infine il valore di massa della particella X responsabile della fase di inflazione. Introduzione Nella cosmologia moderna l’espansione dello spazio e la sua curvatura “nulla” non sono ricavabili da alcun principio fondamentale della fisica, ma sono definiti come proprietà empiriche dello spazio e del tempo definiti nell’universo. In questo studio si cercherà di dimostrare invece che ambedue le realtà fisiche sono riconducibili ad un’unica origine in cui sono strettamente connesse particelle e Spazio-Tempo (S-T). Formuleremo allora l’ipotesi di esistenza di un campo fondamentale su cui è costruito l’universo, inteso come S-T e campi-particelle. Per giustificare quest’idea il presente articolo incomincia (par.1) con l’evidenziare la profonda connessione tra le particelle-campi e i “concetti empirici” di Spazio e Tempo, che rendono lo S-T, definito in un qualunque sistema di riferimento, un “oggetto-campo”. Si rilevano gli aspetti che ci spingono a congetturare l’esistenza di un “Campo S-T”, quali l’invarianza della velocità della luce, il cui valore c è posto come costante di struttura di uno S-T fondamentale, e il ruolo essenziale degli oggetti massivi nel costruire un Sistema di Riferimento. L’oggetto “(S-T)-campo” lo si ottiene se congetturiamo (par. 2) l’esistenza di un campo elementare a dimensione scalare (Ξ Ξ) e l’esistenza di un particolare “accoppiamento trasversale” tra gli oscillatori quantistici di Ξ, che esprime la proprietà della “massa”. Tale accoppiamento aggiuntivo realizza una definita struttura di campo a “Reticolo” (Ξ Ξ) con un “Passo Tempo” e un “Passo Spazio”, che da senso empirico al costrutto di Sistema di Riferimento (SR) associato ad una particella massiva. In tal modo la massa diventa una proprietà essenziale per definire lo S-T nell’universo, del quale (par. 3), parleremo come di un “Campo Spazio Tempo Universo” (CSTU), dove ogni particella potrebbe essere individuata da una distinta e articolata struttura degli Intrinseci Oscillatori Quantistici (acronimo IQuO) di campo. Indichiamo con Ξ il CSTU avente per componenti i campi base (Ξ Ξ , Ξ). 2 Inoltre diventa possibile associare ad un insieme di identiche particelle massive (di massa mi) un campo a struttura di reticolo che chiameremo “Universo-Reticolo”, indicato con Ui. L’universo U sarà così espresso come un insieme di reticoli Ui associati alle rispettive particelle massive di base. Si evidenzia che nel momento in cui una particella massiva si forma insieme al suo reticolo S-T, siamo costretti ad “aggiungere” spazio e tempo all’universo perché essa stessa è spazio e tempo. Mostreremo pertanto (par. 4) che l’origine dell’espansione dell’universo è da individuare nell’effetto di una “creazione di spazio” conseguente alla comparsa di particelle massive (Ξ Ξ i) nell’universo ovvero nel campo Ξ . Si fa notare che se l’espansione si rivela essere empiricamente un reciproco allontanamento di galassie, allora affermare che ciò avviene perché tra di esse si interpone una “quantità” crescente di spazio può risultare altrettanto accettabile dell’idea di considerare l’espansione come uno “stiramento” dello spazio. Nel (par. 5) si dimostra che la legge di Hubble si può ricavare proprio dalla “creazione di spazio” conseguente alla nascita di particelle massive in (Ξ Ξ), determinando così un universo costruito su un campo Ξ crescente con una determinata “legge di accrescimento” (par. 6) in spazio e in massa. Si rileva poi che questa legge è correlata ad una descrizione dell’universo (come da letteratura) visto come una “iper-sfera”, dove gli oggetti galattici sono “collocati” sulla sua superficie 4-dim. Nel (par. 7) si mostra come un universo a geometria piatta sia possibile solo se si raggiunge una condizione di bilanciamento tra la Gravità (originata dalla massa) e lo Spazio (originato anch’esso dalla massa). Si rileva che tale bilanciamento (par.8) è raggiunto da ciascun reticolo Ui solo ad un determinato istante della sua evoluzione, dove al trascorrere del tempo Ui cresce in massa (numero crescente N di particelle) così come in spazio. In tal modo Ui risulta essere un universo a “metrica variabile”, passando da un valore di curvatura negativa (universo aperto) con espansione accelerata ad uno di curvatura positiva (universo chiuso) attraverso una fase a metrica nulla (universo piatto). Si dimostra che il tempo di raggiungimento (τc) della fase critica è collegato alla costante di accoppiamento gravitazionale (α αi) specifica del particolare Ui. Nel (par. 9) si definisce l’universo-reticolo U* “intersezione” della coppia di universo-reticolo (Un, Ue), perché si ipotizza (dal modello standard) che il nostro universo U sia costruito su un particolare insieme di universo-reticolo Ui di base, quali quello dell’elettrone (Ue) per i leptoni e quello del nucleone (Un) per i barioni (quarks). Si ricava (par.10) da semplici calcoli che il (τc) di (U*)n,e è coincidente (entro gli intervalli d’errore) con l’età attuale (τ) del nostro universo definita in termini empirici; ciò ci spinge a ritenere che il nostro universo sia a metrica piatta perché prossimo alla fase critica di un universo evolutivo a metrica variabile. Si rileva che l’andamento variabile della metrica, da aperta a piana, si dovrebbe manifestare in un diagramma “red schift - distanza galattica” a pendenza maggiore rispetto a quello lineare della metrica piana, con origine il nostro presente: ciò è proprio quanto si è rilevato nelle osservazioni astronomiche. Sempre in par. 10 si evidenzia che la ρc, densità critica di (U*)n,e , è maggiore di quella calcolata in masse-nucleone (ρ ρn)c, rilevando così la necessità dell’esistenza di una massa non visibile che colmi la differenza (massa mancante). Il pensare all’universo come insieme di universi-reticolo pone al suo inizio l’universo-reticolo Upl costruito sulla particella di Planck. Nel par.11 si mostra, coerentemente con il principio di indeterminazione, che l’idea massa-spazio non ammette nessuna singolarità all’inizio del Big Bang perché la si sostituisce con una “particella-spazio”, qual è la particella di Planck. Si rileva poi che Upl è l’unico universo-reticolo a metrica chiusa e che qualunque raggruppamento di particelle di Planck costituisce un buco nero, aspetto, a parer nostro, determinante la formazione di grumi (buchi neri primordiali) che potrebbero successivamente costituire i nuclei originari delle galassie, confermando in tal modo l’osservazione astronomica che vede al centro di ogni galassia un buco nero. Sempre in par. 11 si rileva la formazione di successivi universi-reticolo Ui (con mi < mpl) a metrica variabile che costituiscono un universo detto “Embrione” (UE), fase iniziale del nostro universo in cui si sono formate le particelle fondamentali e in cui l’evaporazione dei buchi neri primordiali di Planck ha prodotto un universo “caldo” con radiazione e materia. 3 Nel Par. 12 si evidenzia che dopo la fase “scalare” di UE, determinata da una sovrapposizione di Ui a campi scalari, si susseguono delle fasi in cui il passo spaziale dell’universo cambia per la non commensurabilità delle lunghezze Compton Di di particelle a diversa struttura di IQuO rispetto a quelli del campo scalare Ξ (come Dpl relativo a Upl). Si definisce così la “intersezione” di universireticolo che realizzandosi conducono a transizioni di fase con cambiamento del passo spaziale. Esattamente nel par. 12 si mostra che la prima transizione di fase [Dpl DX] comporta un’espansione “inflazionistica”, fenomeno molto simile a quello descritto nella teoria inflazionistica. Tuttavia per ammettere (par. 13) un universo a metrica variabile che sia compatibile con la relatività generale occorre ammettere l’esistenza di un “Θ Θ-fondo” da cui l’universo ricava massaenergia (rendendo Tµν variabile). Questo Θ-fondo è ipotizzato essere costituito da elementari “sub-oscillatori” non accoppiati, diversamente a come accade invece nei campi della teoria quantistica, dove gli oscillatori di base sono accoppiati “elasticamente”. Si parla del Θ-fondo come di un vuoto a energia non nulla ma di uno stato Θ a “valore di non campo” per i relativi sub-osc. non accoppiati. Lo stabilirsi in Θ-fondo Ξ, Ξ) che gli di un accoppiamento elastico tra sub-osc. determina invece la nascita del campo Ξ (Ξ sottrae energia, nella forma a “sub-quantum”, e la trasforma in fotoni e in coppie di particelle massive che determineranno l’espansione dello spazio. In tal modo nell’universo il contenuto “massivo-energetico ” di Tµν si trova a cambiare continuamente, a discapito del Θ-fondo, con conseguente variazione della metrica. Nel par. 14, grazie al modello di universo-reticolo a metrica variabile, è possibile: • Spiegare la nota relazione di Dirac, relativa ai “grandi numeri”, • Trovare l’origine della massa oscura, ricorrendo alla presenza del reticolo U. • Correlare l’inizio dell’espansione “inflazionaria” con il cambiamento del passo spaziale in Upl • Ricavare il valore indicativo della massa della particella X (responsabile della transizione di fase) utilizzando il dato sperimentale relativo al rapporto (NB/ Nγ) Par.1) Il Campo Spazio-Tempo Nella teoria della relatività generale è evidenziata una profonda connessione fisica tra lo Spazio-Tempo e le particelle (campi). L’universo, come insieme di tutte le particelle-campi esistenti, potrebbe essere allora inteso come un oggetto “Campo” la cui natura di base è lo “Spazio-Tempo”(S-T). Parleremo dell’universo come di un Campo Spazio-Tempo (CST). L’oggetto fisico (CST) è evidenziato in: 1. in cosmologia, dove lo spazio in “espansione” può essere considerato come un “oggetto-campo” che si dilata in tutte le direzioni. 2. in relatività generale, dove la metrica del “reticolo” S-T di un Sistema di Riferimento (SR) appare “perturbata” dalla presenza di oggetti massivi, come se lo S-T fosse un oggetto “deformabile”. 3. nella profonda connessione tra il Campo Elettromagnetico (CEM) e la costruzione dello S-T dei Sistemi di Riferimento tramite segnali luminosi. Così mentre il principio di relatività esprime una simmetria posseduta dallo S-T (invarianza delle leggi fisiche per rotazioni rigide ortogonali di uno spazio 4-dim. (x, ict)), la velocità costante della luce c (secondo principio della relatività) potrebbe esprimere una caratteristica fondamentale connessa alla natura stessa dello S-T. Dal principio di relatività si rileva che qualunque osservatore utilizza un unico “tessuto” Spazio-Tempo la cui “costante di struttura” dovrà assumere lo stesso valore in tutti i Sistemi di Riferimento in moto relativo (le Trasformazioni di Lorentz collegano orientamenti diversi dello spazio 4-dim di due distinti sistemi di riferimento). In questi termini lo S-T acquista così la dimensione di un “oggetto fisico”. 4 Rileviamo subito che la velocità di un oggetto può essere “assoluta” (per qualunque SR), quando essa esprime una relazione tra grandezze fisiche che non siano lo spazio ed il tempo, come accade nella propagazione di un’onda in un mezzo elastico. T v 2 = ρ (1) dove (ρ ρ) e (T) sono rispettivamente le caratteristiche inerziali ed elastiche. Il mezzo elastico dove si propaga la luce non è certamente “l'etere”, ma è lo stesso CEM che possiede delle proprietà “elastiche” ed “inerziali” ed è “mezzo di se stesso”. Infatti se la costante dielettrica ε0 è messa in corrispondenza con la (T) costante elastica (ε01/T) e la costante magnetica µ0 è in corrispondenza con la ρ costante inerziale (µ ρ) ρ), ρ) otteniamo che: 1 1 1 c 2 = = ε µ ε µ 0 0 0 0 (2) La velocità c, non essendo espressa da proprietà spaziali e temporali, può assumere il ruolo di “costante di struttura” del sistema [(CEM)-(Spazio-Tempo)] ovvero del Campo Spazio-Tempo. La stretta connessione tra particelle e lo S-T ci induce ad affermare che le particelle esprimono l’oggetto CST e viceversa! Ciò lo si può costatare quando scopriamo che sono le relazioni tra particelle (interazioni) a determinare quelle caratteristiche descrittive di base della fisica che noi denotiamo epistemologicamente come concezioni del tempo e dello spazio e che poi, in termini sperimentali, divengono per un qualunque osservatore misure di tempo (tramite un orologio) e di spazio (tramite un regolo rigido) in un dato SR, costituito da oggetti. In tal modo ciò che noi intendiamo come S-T trova radici profonde in ciò che noi intendiamo come particelle-campi. Ricordiamoci allora dell’elettrodinamica dove l’interazione tra due elettroni (agenti), mediata da un agente intermediario (CEM), ammette l’esistenza di reciproche “azioni” tra l’agente e l’agente intermediario. Pur considerando che l’elettrone è un fermione mentre il fotone è un bosone, dobbiamo ammettere una comune struttura di base dei rispettivi oscillatori di campo che permette “l’accoppiamento” tra fermioni e bosoni. Estendendo poi questa comune e “connaturale” struttura di base a qualunque tipo d’interazione, potremmo ritenere che tutte le particelle possono essere considerati come l’espressione empirica (diremo stati fisici) dell’esistenza di un unico “oggetto-campo” di base (vedi i processi di creazione di coppia e di annichilazione). Sosteniamo allora che l’universo appare ad un qualunque osservatore come un “oggetto” la cui natura fisica è quella di essere un campo da cui emergono (come articolate strutture degli “oscillatori di base”), le diverse particelle fisiche e lo stesso Spazio-Tempo (in cui esse vengono collocate). Il campo associato all’universo è chiamato Campo Spazio-Tempo (CST) e sarà rappresentato, nella forma di base più elementare da un elemento a dimensione scalare, indicato con Ξ. 5 Par 2 ) L’accoppiamento “massivo” Anche la massa delle particelle deve essere espressa mediante una proprietà del CST. Ricordiamo la relatività generale dove il reticolo spazio-temporale è “incurvato” dalla “massa” degli oggetti. La massa diventa così una Caratteristica Agente (Carica Gravitazionale Γ) che agisce sullo S-T, attraverso il campo gravitazionale (agente intermediario). Ciò lo si può mostrare facilmente ricorrendo anche alla dinamica newtoniana delle forze gravitazionali espresse tramite la carica gravitazionale Γ. Osservando un oggetto massivo in caduta libera sulla terra abbiamo: Γ Γ FT ,O = G T 2 O RT ,O F =m g T ,O g Γ ⇒ g = G 2T R T ,O ΓO m g (3) Il principio di equivalenza (tutti i corpi cadono con la medesima accelerazione g) non ammette la presenza del termine (Γ Γ/mg); ciò conduce all’equivalenza tra la carica gravitazionale Γ e la massa gravitazionale mg (intesa come “resistenza” alla forza gravitazionale o inerzia gravitazionale). Se poi (vedi letteratura) ricordiamo che qualunque esperimento mostra sempre l’equivalenza (mg ≡ mi), con mi la massa inerziale, seguirà che [mi ≡ mg ≡ Γ] ovvero l’inerzia (m) di un oggetto diventerebbe una “caratteristica agente”. Così, tenendo conto della relatività generale e della “connaturale” struttura di base tra Agente (particelle massive) e Agente Intermediario (campo gravitazionale) ne deriva che la massa (carica agente) di una particella deve essere espressa da una proprietà fondamentale del CST di base. Ipotizziamo allora che la massa sia espressa da un particolare “accoppiamento elastico” (definito “Accoppiamento Massivo”) che si può formare tra gli oscillatori del CST di base (Ξ Ξ ). Per comprendere meglio questa congettura, ricorriamo all’invariante relativistico dato dal tempo proprio (ττ) ovvero il tempo locale di un orologio. Nello S-T 4-dim. (x,y,z, ict) interpretiamo la componente temporale della 4-velocità (u4 = ic) come l’indice di un “movimento nel tempo” con (ic) per velocità. La successione degli eventi in un qualunque SR (anche se avviene con velocità immaginaria) può essere allora interpretata come “l'indice dello scorrere del tempo” in esso. Questo aspetto è associato all'oggetto massivo, perché nel momento in cui esso prende esistenza si “muoverà nel tempo”. Deve allora esistere una caratteristica propria dell'oggetto che è connessa con questo tipo di moto, anzi ne è la generatrice. Rileviamo che il moto “uniforme” nel tempo (u4 = ic) ci ricorda l'orologio. Pertanto deve esistere “all'interno” dell'oggetto-particella un movimento periodico che genera in essa il movimento nel tempo. Parleremo di un “orologio interno” con ωο la relativa frequenza di scansione. Congetturiamo allora che la caratteristica propria connessa al tempo proprio τ dell'oggetto coincide con la sua massa propria (m0 ). A sostegno di ciò, ricordiamo il concetto di “generatrice del moto” associato alla funzione Hamiltoniana H e all’energia che questa rappresenta. La nuova concezione del “moto nel tempo” insieme a quella del tempo proprio, ci fa comprendere meglio il concetto di energia a riposo (E0), parlando adesso di essa come di una “energia di movimento nel tempo”. Se la “velocità nel tempo” è c, si può congetturare che E0 ∝ mc2 (ricordandoci dell’espressione classica dell’energia cinetica); segue allora: m ∝ω 0 ==> E 0 ∝ ω 2 E 0 ∝ mc 0 (4) 6 Ricordando la Fisica Quantistica, avremo: E 0 = mc E 0 = hω 2 hω 0 c2 ==> m = 0 (5) Questa relazione ci induce a ipotizzare che la massa sia l’espressione della frequenza propria associata ad un particolare accoppiamento elastico (accoppiamento massivo), che potrebbe aggiungersi a quello già esistente tra gli oscillatori del CST (Ξ Ξ ). Poichè la (5) è una relazione tipicamente quantistica si può congetturare che la natura dell’oscillatore di campo (Ξ Ξ) sia quantistica: parliamo allora di un “Intrinseco Quantistico Oscillatore”, indicato dall’acronimo IQuO. Inoltre, se la frequenza ω0 è generatrice del tempo proprio (ττ) associato alla particella massiva, per simmetria deve esistere una “lunghezza d’onda” (D D0) che ne generi lo “spazio proprio”! Ricordando la relazione di De Broglie, possiamo avere che: p 0 = mc p = h 2π 0 λ0 ===> D 0 = h ≡D mc c (6) Affermiamo allora che la relazione D0 = h/mc (lunghezza d’onda Compton) definisce il “passo spaziale” del reticolo S-T proprio della particella. Evidenziamo allora che solo quando si determina l’accoppiamento “massivo” tra gli “oscillatori” del CST (Ξ) si può parlare di Tempo proprio come di Spazio proprio. L’accoppiamento massivo sarà così “aggiuntivo” a quello presente nel campo-fondo (Ξ Ξ ); assoceremo allora ad una particella massiva un CST a carattere “massivo” indicato con (Ξ Ξ ). Ciò ci permette di affermare che un oggetto massivo introduce nel CST (Ξ Ξ) di base presente nell'universo U, un reticolo spazio-temporale (Ξ Ξ ) che può “fare” da Sistema di Riferimento. Pertanto una particella massiva di dato impulso sarà costituita da un reticolo di oscillatori accoppiati, il cui aspetto più elementare sarà dato da una “catena” di IQuO con passo D0. E’ intuitivo rilevare che i reticoli di due differenti particelle (al posto di una particella potremmo sostituire il reticolo S-T costituente il SR del laboratorio) differiranno per una diversa orientazione del sistema 4-dim di assi Spazio-Tempo, le cui coordinate saranno collegate da trasformazioni di Lorentz. Ricordando poi l’espressione dell’energia relativistica, la relazione di De Broglie [(p = hk)] con [k = (2π/λ)], la relazione di Einstein [E = ( hω )] e la relazione (5) relativa alla frequenza propria ω0, possiamo scrivere E 2 = m2c 4 + p 2c 2 ω 2 = ω 02 + k 2 c 2 (7) 7 Si sottolinea che la seconda equazione descrive un sistema elastico [1] dato da pendoli accoppiati con molle. Possiamo congetturare allora che l’accoppiamento massivo (Ξ Ξ) sia l’espressione di un “accoppiamento trasversale” (T0) tra più catene (almeno due) di IQuO del campo base Ξ . MASSIVE LATTICE T0 X L=D T0 K M M L=D massive coupling basic coupling FIG.1 Par 3. Il Campo Sazio-Tempo Universo L’accoppiamento trasversale costruisce così un reticolo “massivo” che rappresenterà una particella massiva. Ciò ci spinge a supporre che l’universo, in termini elementari, è come un immenso “Campo” a Reticoli di IQuO (Ξ Ξi, Ξi) in cui si propagano perturbazioni elastiche di vario genere (particelle) che determinano in “itinere” il tipo di accoppiamento (diverse strutture del campo base (Ξ Ξi, Ξ i )). Indichiamo genericamente con Ξ ≡ (Ξ Ξ, Ξ) il campo Spazio-Tempo che esprime l’Universo e che chiameremo “Campo Spazio-Tempo Universo” (CSTU). Tuttavia non dobbiamo considerare il CSTU (Ξ Ξ) come una sorta di “etere” elastico che pervade uno spazio assoluto, aspetto smentito dalla teoria della relatività, perché esso stesso è lo Spazio-Tempo. Ricordandoci che un accoppiamento massivo introduce un SR locale (Σ0) con un “moto” nel tempo proprio (ω0) e la nascita di una “dimensione spaziale”(D0), possiamo allora considerare l’universo come l’insieme (Σ ΣU) dei sistemi di riferimento locali (Σ0) associati alle particelle massive. Le Trasformazioni di Lorentz (TL) costituiranno l’insieme di relazioni spazio-temporali che intercorrono tra due reticoli di IQuO (SR) rappresentativi di due distinte particelle massive. Ammettiamo anche la possibilità (vedi la teoria della relatività) di poter costruire un unico S.R (Σ ΣC) dove si definisce un tempo proprio (τC) e uno spazio proprio (D DC), come può essere ad es. il SR del laboratorio di Fisica o quello di una galassia (si veda la concezione del SR “comovente”). Inoltre ad un insieme di particelle identiche con massa mi possiamo associare (vedi Fig.1) un reticolo a più catene di IQuO (con accoppiamento aggiuntivo Ξ), che chiamiamo universo-reticolo Ui. , con passo spaziale Di e passo temporale τi dato dalle relazioni: h τ i = 2 mi c τ = D i i c (8) E’ evidente così che l’universo U sia costituito dall’insieme totale degli universo-reticolo Ui. 8 Par. 4 Principi Cosmologici Il primo principio della relatività afferma l’impossibilità, tramite esperimenti fisici, di rilevare il proprio laboratorio in moto rispetto ad un sistema di “Riferimento Assoluto”. Lo stesso deve valere per le osservazioni astronomiche. Infatti un osservatore [2] non può essere “privilegiato” (per l’invarianza delle leggi della fisica) rispetto ad altri osservatori dell’universo rilevando diversi e particolari moti della lontana materia galattica. Ciascun osservatore rileva così lo stesso tipo di moto della materia galattica (escludendo i moti locali). Parleremo di “Omogeneità” del moto relativo su grande scala. Tuttavia questo identico moto delle galassie potrà esistere solo se ogni osservatore si pone al “centro” dell’universo osservato ovvero non esiste un osservatore che si localizzi in una qualche sua “periferia”. Combinando queste asserzioni otteniamo un universo in cui il moto relativo “ apparente” dei vari SR (galassie) deve essere “radiale” rispetto a qualunque osservatore (Isotropia). Ciò comporta che un osservatore deve vedere in tutte le direzioni oggetti in allontanamento o, in alternativa, in avvicinamento. L’osservazione astronomica conferma l’aspetto dell’allontanamento rilevando attualmente un universo in “espansione”. Tuttavia la specifica modalità di allontanamento (espansione) non può essere ricavata da alcun principio di relatività, per cui non ci resta che congetturare che essa possa essere l’espressione di una qualche proprietà del CSTU. Ciò rappresenta una novità, poiché nella letteratura cosmologica, l’espansione dell’universo è introdotta dall’esterno come legge empirica coerente con le proprietà dell’omogeneità e dell’isotropia assegnate ad esso. Alcuni aspetti quali: 1. Assegnare ad un accoppiamento massivo del CST (Ξ Ξ) un locale SR spaziale e temporale. 2. Assegnare ad una particella massiva una dimensione spaziale data dalla sua lunghezza d’onda Compton Dc ci possono indurre a credere che l’espansione dell’universo sia collegata all’accoppiamento massivo del CST (Ξ Ξ ), che insorge in (Ξ Ξ ) quando nasce una particella massiva. Nel momento in cui una particella massiva si forma insieme al suo reticolo S-T, siamo costretti ad “aggiungere” così spazio e tempo all’universo perché essa stessa è spazio e tempo. Da ciò possiamo asserire che: la nascita di particelle massive aggiungerebbe “spazio” e “tempo” all’universo, tramite la comparsa di catene massive di IQuO. Tuttavia riteniamo che solamente alcuni processi di formazione (per creazione di coppia) di particelle massive contribuiscono alla creazione di spazio e tempo in U. Raggruppando le particelle massive in specie (vedi il modello standard) e ritenendo che le diversità tra le particelle siano attribuibili alle diverse strutture di accoppiamenti degli IQuO del campo base (Ξ Ξ , Ξ), possiamo pensare a processi di creazione di massa in U che riguardano le particelle di base delle famiglie fondamentali del modello standard. Nella famiglia dei leptoni la particella base è l’elettrone mentre in quella dei quarks potrebbe essere il barione fondamentale quale il nucleone. Facciamo notare che nell’attuale universo una “notevole” trasformazione di energia in massa, che coinvolge elettroni e nucleoni, avviene quasi esclusivamente dentro le stelle (per decadimento beta), senza tuttavia escludere altre modalità di formazione di particelle massive che “accrescono” lo spazio. Rileviamo (al di là del meccanismo di produzione di massa), che se la nascita di una particella massiva di base di dato impulso (costituita da una catena di IQuO con passo spaziale Dc) avviene in una locale regione dell’universo, il conseguente aumento di “volume” dell’universo, per l’aggiunta di un reticolo-catena, sarebbe espresso in termini globali. Ciò perché la funzione d’onda associata ad una particella (onda piana - catena di IQuO), per la teoria quantistica, ha una “estensione” uguale a quella dell’universo. 9 In questo modo, oltre che essere sorgenti di un campo gravitazionale, le galassie potrebbero essere sorgenti di un “campo a contenuto di spazio crescente” ovvero “campo espansivo”. Par. 5 La legge di Hubble Consideriamo (vedi fig. 2) due oggetti posti inizialmente alla distanza λ su di una qualunque linea spaziale dell’universo (rispettivamente punti (O,A)). τ AO I E L C M F N B τ O E C F B G D H A τ O C B D A VOA τ O B A VOA O λ O G P D Q H R A VOA A FIG. 2 Dopo un tempo τ (periodo proprio di oscillazione di una particella massiva posta in O) si forma una cella di spazio di ampiezza λ (un IQuO), dovuta alla comparsa di una catena massiva (m) in un qualche punto dell’universo che taglia trasversalmente la linea in questione. In questo modo la distanza tra l’oggetto di colore bianco e quello giallo diventerà il doppio rispetto al passato. Se la distanza è diventata il doppio, nel successivo intervallo di tempo τ, tra una cella qualsiasi e quella attigua si aggiungerà un’ulteriore nuova cella per lo stesso meccanismo accennato sopra: il numero di celle aggiunte sarà doppio rispetto a quello precedente. Ciò comporterà un fenomeno di espansione (allungamento della linea) descritto in figura. Se al posto dei punti abbiamo delle galassie otteniamo un fenomeno di continua espansione dell’universo dove la velocità “apparente” di allontanamento da noi cresce all’aumentare della distanza reciproca (legge di Hubble). Osserviamo che anche l'oggetto in B (galassia rossa) segue (rispetto alla galassia bianca in O) la stessa sorte della galassia gialla (A). Inoltre un immaginario osservatore posto nella galassia rossa descriverebbe l’allontanamento della galassia gialla allo stesso modo dell’osservatore della galassia bianca, stabilendo così un’equivalenza descrittiva dell’espansione (Universo omogeneo). Appare chiaro allora che la legge di espansione che si ricava da un sistema fisico “Universo” in cui ad ogni intervallo di tempo tra due oggetti (galassie) si crea ulteriore spazio (space-cell) a quello preesistente sarà data da: V = Hd (9) con H una costante spaziale che rappresenta il tasso di incremento dello spazio. Come abbiamo già detto, per comprendere meglio l’espansione attraverso la creazione di spazio occorre ritenere che la formazione della catena di IQuO, associata ad una nascente particella massiva, avvenga in termini istantanei in tutto l’universo. VOA 10 Ciò non è una novità: la teoria quantistica associa in tutto lo spazio un’equazione d’onda al campo rappresentativo di una particella non appena questa si crea (si veda il problema epistemologico della riduzione della funzione d’onda). La relatività tuttavia non viene violata poiché lungo la catena che si forma non viaggerebbe nessuna informazione (sono i quanti del campo che trasportano informazioni per modulazione alla velocità di gruppo). La formazione della IQuO-catena avverrà alla velocità di fase che può essere maggiore di quella della luce, determinando intervalli di tipo spazio: ci sarà un SR nell’universo dove la costruzione della catena è osservata istantaneamente in tutta la sua estensione! La comparsa di space-cell in un segmento spaziale tra due oggetti comporta che la luce nel suo cammino lungo tale segmento attraversa spazi sempre più crescenti in proporzione alla distanza iniziale: ciò equivale ad un reciproco allontanamento degli estremi (come viene posto nella cosmologia ortodossa dove Vespansione = Vallontanamento). Il red schift sarebbe così espresso nell’ambito di un effetto Doppler [3]. Tuttavia se noi vediamo l’espansione come “stiramento” dello spazio (vedi letteratura) oppure (in maniera equivalente) come conseguenza di “creazione” di spazio potremmo spiegare più approfonditamente il “red shift”. In questa trattazione la luce, emessa da una sorgente lontana, mostra uno spostamento verso il rosso perché il fotone lungo il suo cammino (il quanto che si propaga lungo la catena di IQuO del campo base Ξ) viene attraversato da nuove catene di IQuO che aggiungono space-cell alla sua catena e lo costringono ad adattare la sua lunghezza d’onda. Se il fotone durante un’oscillazione τ viene attraversato da una nuova catena (quanto di IQuO di campo massivo allo stato di vuoto) si troverà nelle stesse condizioni di un oscillatore forzato: subirà inizialmente degli sfasamenti seguiti poi da adattamenti sia in lunghezza d’onda (stiramento di λ), perché lo spazio di una space-cell durante un’oscillazione è cresciuto, sia nel periodo (dilatazione di τ)! 11 Par. 6 La legge di accrescimento In letteratura si rappresenta l’espansione dell’universo come l’espansione di una superficie sferica (4-dim). Se disegniamo al computer una superficie circolare 2-dim che simuli la superficie di una sfera 3-dim. per ottenere una “sfera” più grande occorre “cliccare” col mouse in un vertice del quadrato che la contiene (punto A) e poi spostarlo diagonalmente. Y Y A X FIG. 3 La trasformazione di “espansione” della superficie sferica corrisponde (per il programma di D) lungo gli assi X e Y, che sulla superficie “sferica” elaborazione) ad aggiungere passi elementari (D 2–dim. divengono due distinti meridiani. Se n è il crescente numero di passi per ciascun asse, l’espansione sarà ottenuta dalla relazione [N = n2] dove N sono i punti sulla superficie sferica “crescente” che aumentano di numero all’aumentare dei punti sul raggio R, seguendo la legge S = 4π πR2. Pertanto un universo U che crescerebbe seguendo la legge N = n2 (con N il numero di particelle ed n il numero di step “temporali”) aumenterebbe in “superficie” come accade ad una superficie sferica in espansione. Tuttavia, dalle osservazioni astronomiche, un universo isotropo visto da un qualunque osservatore locale O appare come una sfera centrata in O in cui le galassie distanti Ri da O si collocano sulla superficie sferica di raggio Ri, e così via. m Rj m O m O m m Ri m m FIG. 4 12 L’universo in tal caso è visto da qualunque osservatore come uno spazio 3-dim (in realtà è 4-dim.) anche se la sua espansione è descritta essere “2-dim.”, come quella di una superficie che si dilata isotropicamente. In un universo a creazione di massa-spazio, avremo per un qualsiasi reticolo Ui (3-dim), che (Ri)n = nDi. Segue: S n = 4πR n2 ⇒ S n = 4πn 2 D 2 R n = nD (10) Sn varia al crescere di Rn; l’indice n sarà allora una funzione del tempo: n n(t); calcoliamo le seguenti derivate: dS n d = 4πn 2 D 2 = 8πn D 2 dn dn dS d dR n = 4πR n2 = 8πR n n = 8πR n V n dt dn dt ( ( ) ( ) ( ) ) ( ) (11) Un universo in evoluzione ammette un tempo t crescente (per un qualunque osservatore) come t = n τ, da cui t n(t ) = τ (12) Calcoliamo la seguente derivata dS n d dn 4πn 2 D 2 = 8πn D 2 = = 8πnD 2 dt dt dt ( ) ( ) ( ) τ1 (13) e combinando con la (11) segue dSn 2 1 dt = 8πnD τ dS n = 8πRnVn dt ( ) ( (14) ) Avremo (8π n D ) τ1 = (8π R V ) ⇒ (n D ) τ1 = (R V ) 2 2 n n n (15) n ricaviamo Vn 1 V n = R nτ 2 Rn Rn R n = n = τ n nτ (16) 13 dove abbiamo posto t = tU = τ. Ponendo [ H =1/τ ] otteniamo Vn = HRn (17) che costituisce proprio la legge di Hubble. Par. 7 Bilanciamento Massa-Spazio Un universo piatto è coerente con quella soluzione cosmologica della relatività generale che ammette un “equo bilanciamento” tra massa e spazio. In una qualunque teoria cosmologica emergono due possibilità distinte sul bilanciamento Spazio-Gravità: 1) Questo può essere un aspetto invariante dell’universo, sin dalle sue origini ( come afferma la cosmologia relativistica) 2) Questo può essere raggiunto solo in un particolare momento dell’evoluzione cosmica (vedi la cosmologia inflazionistica) In una teoria dove la massa è sorgente di spazio come di gravità, noi possiamo ammettere che se aumenta il numero di particelle massive nell’universo, generando più gravità, cresce anche lo spazio con un conseguente indebolimento della gravità. Intuiamo allora che, durante l’accrescimento dell’universo, sia possibile avere una fase in cui si ha un equo bilanciamento tra gravità e spazio. Ricordiamo che in un universo espansivo è possibile l’equivalenza: espansione ≡ allontanamento (mostrata in figura): Vespansion m Vescape mi R R mi M(UR) Equivalents m mi mi mi mi M = Σmi FIG.5 Lo stesso avremo in un universo ad “accrescimento spazio-massa”. Se alla gravità associamo un’energia gravitazionale (Ugrav), alla creazione di spazio, che allontana reciprocamente le galassie, associamo un’energia cinetica di “allontanamento” (Kesp), dove la velocità di espansione può diventare una velocità di fuga. Una condizione di equo bilanciamento tra gravità (massa) e spazio sarà allora espressa dalla relazione [Kespansione = U gravitazionale ]. 14 Da questa condizione di uguaglianza, in un qualunque sistema gravitazionale si ricava la ben nota velocità di fuga v f2 ( R ) = G 2M R (18) Se combiniamo questa relazione con la legge di Hubble (con la condizione che la velocità di espansione di una sfera di raggio R è equivalente ad una velocità di fuga da un centro distante R): vR = H R R v 2 ( R) = G 2M R e R (19) otteniamo 2M R 2 ( H R R ) = G R (20) da cui si ricava facilmente ρR = 3 MR 3M R = = 3 8π R 2 Vol 4π R 2 M R 3 = R 8π R 2 H R2 R 2 G 3 H R2 = 8π G (21) Valida per qualunque distanza R e per qualunque istante t di un qualunque osservatore locale. Ritroviamo così la densità critica ben nota dalla letteratura: ρC = 3H 2 8π G (22) Condizione questa che si trova nella cosmologia relativistica e newtoniana [2] per un universo piatto. Tuttavia se nella cosmologia relativistica la geometria dell’universo rimane invariata nel tempo (dal B.B ad oggi), nella presente trattazione la metrica potrebbe cambiare nel tempo perché dipendente dai ritmi di crescita dello spazio e della gravità. Solo se viene raggiunto un equo bilanciamento di crescita tra spazio e gravità l’universo raggiunge la condizione di universo piatto (Universo Critico). Par. 8) The Ui Lattice-Universe Le relazioni che identificano un qualunque universo-reticolo ad “accrescimento” sono date da {[R = nD ] , [τ = nτ ] , [H = 1 / τ ] , [N = n ]} 2 (23) La comparsa di masse mi implicherebbe uno spazio aggiuntivo e quindi una crescita del raggio R dell’universo Ui con passo spaziale dato da Di. 15 In un qualunque universo reticolo Ui(mi), avremo anche che la costante di accoppiamento gravitazionale α assume il valore: (α i ) = G (mi2 ) (24) hc si rileva inoltre che mi 3 Di m i3 c 3 = (m i ) 3 h Ui m i2 c 4 = 2 h m i2 h c 1 = 2 τi α i G (25) Il primo universo – reticolo Ui che abbia avuto origine sin dai primi istanti dell’universo potrebbe essere quello costruito sul valore della massa di Planck, mpl = hc 5 G (26) che verrà indicato con (Upl) e definito Universo di Planck. Se invece consideriamo un universo-reticolo Ui (relativo a masse mi < mpl) avremo Nmi 3 = = Vol Ui 4π (ρ (n ))Ui Nmi 3 [(n )D i ] Ui N 3 = 3 n 4π mi 3 (D i ) Ui 3 = 4π α i 1 (27) 2 Gτ i n Ui Mentre (ρ C (n ))Ui 3 = 8π 2 3 H 3 1 = = 2 G Ui 8π G (nτ ) Ui 4π 1 2 Gτ i 1 2 2n (28) Si rileva che l’universo Ui diventa a densità critica quando il suo numero di passi temporali ni è tale che si verifichi ni = 1 ≡ ni 2αi (29) seguirà allora che (ρ (n i ))Ui = ( ρ C (n i ))Ui (30) Si rileva che (ρ (n )) Ui n < ni < (ρ C (n i ))Ui (31) 16 per n < ni avremo un Ui aperto. Per n > ni avremo invece (ρ (n )) Ui n > ni > ( ρ C (n i ))Ui (32) ovvero un universo Ui chiuso. Avremo il seguente andamento all’aumentare di n ρ(n) ρc(n) ρn ρc n ni FIG. 6 Il tempo τc per raggiungere la densità critica sarà dato da τ τ c (U i ) = (n i )c τ i = i 2α i (33) Troviamo che: τ τ c (U i ) = (n i )c τ i = i 2α i 1 h = 2 2 m i c h c 2 Gm i h2 = 3 2Gm i c (34) Come esempio consideriamo gli universi-reticolo dell’elettrone Ue e del protone Up trovandone rispettivamente i tempi “critici”. h2 ≈ (3.69 )(10 )23 sec ≈ (1 .2 )(10 )16 Y 3 2Gm e c τ c (U e ) = h2 ≈ (5.9 )(10 )13 sec ≈ (1 .9 )(10 )6 Y τ c (U p ) = 3 2Gm p c (35) (36) 17 Si rileva che il primo tempo è enormemente più grande dell’attuale probabile età dell’universo U, mentre il secondo ne è molto più piccolo. Sempre relativamente ai due universo-reticolo Ue e Up, avremo nella fase critica che (ρ c ) p (ρ ) c e 3 H p2 8πG H p2 = 8π G 3 H 2 = H 2 e e ( 37) come anche dalle (24) e (29) si ottiene α p m 2p = 2 α e me α p = (ne )c α (n ) e p c (38) e quindi ((n ) m ) = ((n ) m ) 2 p p c 2 e e c (39) Esprimendo il tutto in D 2 2 (n ) h = (n ) h p c D c e c D c e p (40) segue in definitiva che ((n ) D ) = ((n ) D ) 2 e p c 2 p e c (41) poniamo 4πD 2 = S (42) definendola come “Superficie Compton” della particella. Avremo allora che (n ) S = (n ) S p c e e c (43) p In generale avremo ((n ) S ) = ((n ) S ) i c j j c i (44) 18 come anche ((n ) D ) = ((n ) D ) i c 2 j j c 2 i (45) Par. 9 The U* Lattice-Universe La superficie (ni)c Sj può essere definita in un reticolo universo U(i,j) “associato” ai due reticoli Ui e Uj . Definiamo allora il reticolo universo intersezione di due reticoli universo Ui e Uj : (U i IU j ) = U * (46) Estraendo la radice quadrata nella (45) avremo: (( n ) D ) = (( n ) D ) i c j j c (47) i Segue anche: ni (( n ) D ) = n (( n ) D ) i c j i j c (48) i e quindi ((n ) D ) = [( n ) ( n ) ](D ) i c j i c j c (49) i Potremmo inoltre pensare che (ni)c Dj sia il raggio R* di U*. Avremo allora che: (RU* ) = ((ni )c D j ) = [( ni ) ( n ) ](D ) c j c i Consideriamo l’intersezione dei due reticoli universo Up e Ue (U *)( p,e) = (U p I U e ) (51) (50) 19 Avremo geometricamente U* U* Sp Se (ne )c Sp (np) c Se FIG. 7 Se guardiamo l’attuale universo U che è costituito principalmente da protoni (nucleoni) e da elettroni potremmo credere che U sia “costruito” con l’universo (U*)(p,e) intersezione dei due reticoli Up ed Ue: U (U*)(p,e) . Per quanto sostenuto in questo studio ne deriverebbe che (U*)(p,e) potrebbe ben approssimare il nostro universo U: U ≡ (U*)(p,e) Avremo dalla (50) che (R *)( p,e) = ((np )c D e ) = [( np ) ( n ) ](D ) e c c p (52) Evidenziamo che questa relazione è valida in un universo in fase “critica”. Allora potremmo sviluppare il seguente sistema di relazioni: (R *)( p,e) = (np )c D e (R *) = c(τ *) c ( p,e) ( p,e) (53) che ci permetterebbe di ricavare l’età critica τc dell’universo (U*)(p,e). Essendo (U*)(p,e) intersezione di due universo-reticoli a metrica variabile possiamo asserire che anch’esso si evolve passando da una fase espansiva a metrica aperta ad una a metrica chiusa attraverso una fase a metrica piatta. L’intersezione dei due reticoli Up ed Ue esprime essenzialmente una relazione di “connessione” fisica tra due sistemi, quali quello dei nucleoni e quello degli elettroni. L’esistenza di una connessione fisica in (U*)(p,e) si esprime modificando la relazione (43): (ne )c S p = k (n p )c Se (54) dove la costante k troverebbe origine nel rapporto delle densità di massa dei due reticoli Up ed Ue. Ciò comporta (vedi l’eq. 52) di avere (R *)( p,e ) = k ((n p )c D e ) (55) 20 Dobbiamo trovare il valore di k. La connessione fisica tra i sistemi fisici dei nucleoni e degli elettroni presenti nell’universo (espressa dalla presenza del fattore k ) potrebbe essere determinata dal decadimento debole del nucleone ovvero dai processi ( ( ) ) n → p + l − + ν + p → n + l +ν (56) dove l è un leptone carico e ν è il neutrino. Non dobbiamo dimenticare che un eventuale decadimento beta di un nucleone libero può essere accaduto solo dopo 10 minuti dal B.B di U, per cui se U (U*)(p,e allora da quel momento in poi possiamo pensare ad un’evoluzione di U (U*) determinata da una crescita di Ue che risente del contributo aggiuntivo dato da elettroni generati nei processi di dec. β. (si veda il fenomeno di fusione 4H He all’interno delle stelle). Segue che la superficie di Compton di Ue passerà dal valore S al valore S’= k S. [(n ) (S )' = (n ) S ]⇒ [(n ) (kS ) = (n ) S ] p c e e c p p c e e c p (57) Ogni processo di fusione dà un contributo ad Ue pari a 2e ovvero a 2De, a cui seguirà un incremento della superficie Compton da S = (De)2 ad S’ = (2De)2 = 4(De)2. Segue [(n ) (S )'] ⇒ [(n ) (4 S ) = k (n ) S ] p c e p c e p c (58) e trovando così che k = 4. Pertanto dalla (55) avremo che: (R *)( p,e) = 4(np )c De (59) Il tempo (τc)* per raggiungere la densità critica sarà ricavato dal sistema di relazioni (R *)( p ,e ) = 4(n p )c D e (R *) ( p ,e ) = c(τ c *)( p ,e ) (60) e quindi k (np )c D e c k =4 (τ c *)( p,e) = (61) Ricordando la relazione (29) tra (nc)i e αi si troverà: k (n p )c D e 4(n ) D 2D = p c e = e cα c c k =4 p (τ c *)( p,e ) = (62) 21 Potremmo anche sostituire αp αn del neutrone dato che il processo di fusione determina l’insorgere di 2 neutroni. Effettuando i calcoli ( approssimando alla terza cifra decimale) otteniamo (τ c *)( n ,e ) 2D e = cα n ( ) ( ) (3.862) 10 − 13 (3.169) (10) -8 Y = 2 8 − 39 (2.998 ) 10 (5,921 ) 10 ( ) = (13.78 ) ⋅ 10 9 Y ( ) (63) Abbiamo ottenuto l’età “critica” dell’universo (U*)(p,e) ! Par 10. L’universo U Se il nostro universo U è approssimato da U*, ovvero [U ≡ (U*)(p,e) ], allora l’età “critica” τc* di U* sarebbe molto vicina all’età τ dell’attuale Universo U. Le osservazioni [3] danno difatti un’età dell’universo pari a (τ )U ≈ (13.72 ± 0.20) ⋅ (109 )Y (64) Dal confronto dei due tempi [ (τU ) ≈ (τc*) ], potremmo asserire che l’Universo potrebbe trovarsi (o quasi) in una fase “critica” a metrica piatta! Calcoliamo adesso la costante di Hubble di U* . Avremo 1 1 = H * = 9 τ U * (13 .78 )(10 ) Y Km = (70 .93 ) Mpc ⋅ s (65) Il valore H* va confrontato con quello sperimentale: H0 = (73±3) [Km/(Mpc)• (sec)] Da questo valore H0 si trova proprio un’età dell’universo τU = (13.72±0.20) (10)9 Y ed una densità critica di (ρc )U ≈ (9. 58) (10)-27 Kg. Avendo che [H*< H0 ; τU* ≈ τU ] potremmo ritenere che nel prossimo futuro l’universo subirà una diminuzione della velocità di recessione relativa ad una qualsiasi distanza. Ciò significa che nel passato la velocità di recessione sarebbe stata più grande. Riferendoci al passato rileviamo che l’andamento variabile della metrica, da aperta a piana, dovrebbe manifestarsi in un diagramma “red schift-distanza galattica” a pendenza maggiore rispetto a quello lineare a metrica piana, con origine il nostro presente. Ciò è proprio quanto si è rilevato nelle osservazioni astronomiche: l’espansione dell’universo ha avuto un tasso di variazione più ripido nel passato (distanze maggiori) ovvero più andiamo indietro nel tempo e più troviamo una velocità di recessione maggiore, come difatti rivelano le osservazioni astronomiche. Il nostro modello cosmologico di un universo ad accrescimento di massa-spazio, con metrica variabile, potrebbe ammettere una precedente fase ad universo aperto che si avvia a diventare critica (a metrica piatta) con dovuta riduzione della velocità di recessione. Calcoliamo adesso la densità critica che dovrebbe raggiungere l’universo (U*)(p,e) (ρ c )U * 3 1 − 27 3 = ⋅ = (9 .455 ) ⋅ 10 Kg / m 2 8π G (τ U * ) (66) 22 Ottenendo così che [(ρc)U ≈(ρc)U* ] . Possiamo anche calcolare il raggio R* RU * = c τ U * = (13 . 04 )(10 ) m 25 (67) Con RU* ≈ RU Per definizione la densità di massa attuale di U dipende dalla sua quantità di massa totale (esprimibile in numero di nucleoni). Sappiamo che la αn (neutrone) ci fornisce (vedi la 29) il numero di passi temporali che conducono a (ρc)U* perché Un ⊆ U* . Combinando con la legge di accrescimento 1 (α n )U * = 2 n n U * (n 2 ) = ( N ) n c n c (68) si può determinare il numero di nucleoni presenti un U* quando esso raggiungerà la fase critica. (N n )*c 1 = 2 4 αn ( ) c 1 = U * 4 (5 . 9209286 ) (10 ) 2 − 78 = (7.13 ) ⋅ 10 75 U * (69) In U* la densità critica (in masse nucleoni) sarà pertanto: ( N n )c m n VU * (ρ n )*c = 3 ( N n )c m n = = (1.29 ) ⋅ 10 −30 Kg / m 3 3 4π (cτ U * ) (70) Rilevando subito che [(ρn)c ]*< (ρc*). Avendo però posto che Un ⊆ U* dovremmo avere che (N n )Un = (N n )U * (71) perché lo step temporale (τn) di U* coincide con quello di Un . Dovremmo allora trovare che [(ρn)c ]* ≈ (ρc*) invece di ottenere [(ρn)c ]*< (ρc*). Avendo però ipotizzato che U ≈ U* seguirebbe che (Nn)U ≈ (Nn)U* Se calcoliamo la densità di massa nucleonica di U attuale (con la costante H° o il tempo τU ) otteniamo (ρ n )U 3 ( N n )c m n = = (2.61) ⋅10 −30 Kg / m 3 ≈ 2( ρ n )c 3 4π (cτ U ) (72) La massa nucleonica (in generale barionica) costituisce quella che noi definiamo “materia rilevabile” e che dovrebbe contenere in maggior parte quella “visibile” . 23 Se abbiamo ottenuto [(ρn)U ≈(ρn)c* < (ρ*)c ].allora nell’universo U (come in U*) dovrebbe esserci più massa di quella rilevabile (problema della massa mancante)! Notiamo inoltre che [(ρn)U = (2) (ρn)c* ] pur avendo effettuato i calcoli con lo stesso numero di nucleoni N. Avere che la densità dei nucleoni di U* è metà di quella dei nucleoni di U può essere dovuto al fatto che in (Un)* il numero N di nucleoni è riferito a singoli nucleoni mentre c’è da dire che in U la comparsa di un nucleone (sia nell’ipotesi di un universo ad incremento di massa che non) avviene sempre per creazione di coppie (conservazione del numero barionico). Se abbiamo ottenuto che [(ρn)U = (2) (ρn)c* ] allora vuol dire che nel nostro universo dovrebbe esserci l’antimateria con un numero di antinucleoni pari a quello dei nucleoni! Se ciò non accade allora vuol dire che l’antimateria si è convertita in materia e in energia non massiva (non conservazione del numero barionico). Ci potrebbe essere stata così nel passato una fase in cui l’antimateria si sarebbe trasformata, quasi tutta, in energia non massiva (fotoni) e in materia. Il risultato finale di questa trasformazione sarebbe dato da un eccesso del numero di fotoni rispetto a quello dei barioni, come difatti si rileva dalle osservazioni astronomiche. In U* osserviamo un rapporto: (ρ c ) (ρ ) n c (9 .454 )(10 )− 27 = − 30 U * (1.29 )(10 ) = (7.33 )(10 )3 (73) Si rileva che: (ρ c )U * 3 = 8π H G 2 3 = 8π 1 2 G τ U * 3 1 2 c α n = 8π G k D e 2 3 = 8π 2 4 c 2 Gk α n2 2 D e (74) Se elaboriamo l’espressione della densità di massa nucleonica troviamo: (ρ n )U * 3 = 4π M n 3 Nm n 3 = 3 3 R 4π c τ U 3 = 4π 1 2 4α n m n2α n3 8 3 k m D 3 n e 3 = 8π 2 4c 2 Gk α n2 2 D e D n kD e 3 = 4π 3 3 2α n c = kD e 4π Nm n 3 c 3 = 8π 2 m n 3 k 1 D = (ρ c ) n k D e 4α n m D 3 n e 3 = 8π 2 3 Nm n α n 8 3 m D 3 k n e α n hc 4α n 3 3 Gk m n D e = = (75) Se confermiamo che k = 4 avremo D (ρ c ) = 4 e (ρ n ) U * D n m n = 4 me (1.675 )(10 )− 27 = 4 − 31 (9.109 )(10 ) = (7.35 )(10 )3 (76) A meno di qualche approssimazione ritroviamo il rapporto dato dalla (73). Ciò conferma che la differenza dei valori delle densità in U* ha origine proprio dalla ipotizzata connessione dei due universi-reticolo Un e Ue. Ribadiamo comunque che se l’universo U è un’approssimazione dell’universo-reticolo U* (con U* = Un ∩ Ue ), allora dovrebbe avere una densità di materia nucleonica notevolmente minore della densità critica, come accade proprio in U* dove (ρn)c* < (ρc)*. Ciò è proprio quello che accade nel nostro universo (a metrica piatta come U*): la densità nucleonica (“materia visibile”) risulterebbe mille volte più piccola della sua densità critica. 24 Questo aspetto, come sappiamo, è noto come “problema della massa mancante” nell’universo U. Par. 11 L’Universo Upl Parlare di universo senza particelle massive non ha significato perché, come abbiamo già sostenuto, queste definiscono lo Spazio-Tempo dove esistere fisicamente. La nascita dell’universo U coinciderebbe pertanto con la formazione del primo accoppiamento massivo nel campo base S-T (Ξ) dato dalla comparsa della particella di Planck. I dati di questa primordiale particella (D D.pl, mpl, τpl) sono espressione delle tre costanti fondamentali ( h, G, c ). D Pl = Gh −35 ≈ (1.6)(10) m 3 c (77a) m pl = hc −8 ≈ (2.2)(10) Kg G (77b) hG τ Pl = 5 ≈ (5.4 ⋅10-44 ) sec c (77c) Il primo universo-reticolo associato alla massa di Planck è l’ Universo-reticolo di Planck (Upl) e la sua “comparsa” è avvenuta ad un tempo ∆τ ≈ (5.4)10-44 sec dall’istante “zero”. Rileviamo subito che l’ipotesi di connettere l’esistenza dello S-T alle particelle massive, ci induce a non ammettere più una “singolarità” all’origine dell’universo, ma una space-cell finita della dimensione della lunghezza d’onda Compton associata alla “prima” particella massiva (D Dpl)! Parliamo di una “bolla” iniziale delle dimensioni di Planck (R = Dpl). Ciò è coerente con il principio di indeterminazione di Heisenberg. Una qualunque variazione di energia ∆E di un sistema a spese di un altro deve soddisfare al principio di indeterminazione. ∆E ⋅ ∆t ≥ h (78) La formazione della prima coppia di particelle massive in Upl implica una variazione di energia tra il sistema Upl e un altro sistema, che per il momento indichiamo con Θ. Non solo ma la presenza di particelle massive implica la presenza della forza gravitazionale; scriveremo: ∆EUpl = ∆E grav (79) Costruiamo allora il seguente sistema di equazioni: ∆EUpl ⋅ ∆t scambio ≥ h m2 ∆ E = ∆ E = G grav Upl r (80) 25 Dove m è la massa della particella massiva relativa alla prima coppia apparsa. I principi di indeterminazione e della relatività negano che il ∆t della durata dello scambio possa essere nullo (interazione istantanea ≡ velocità di scambio energetico infinita). Se il ∆t ≠ 0 allora la regione coinvolta nello scambio non può essere infinita perché la velocità di scambio dell’energia è a valore finito. Sostituiamo allora r ∆r e avremo: ∆EUpl ⋅ ∆t scambio ≥ h m2 ∆EUpl = ∆E grav = G ∆r (81) Segue: ∆EUpl ⋅ ∆t scambio ≥ h h m 2 2 ∆r h 2 (82) m ⇒ =G ⇒ m = ∆r ∆t G ∆EUpl = ∆E grav = G ∆r ∆t Ma ∆r/∆t = c per cui avremo che ch ≡ m pl (83) m = G Se la massa creata coincide con quella di Planck avremo anche che ∆r = Dpl. Ne deriva che la prima coppia di particelle apparsa in questo universo è stata una coppia di Planck. Inoltre qualunque possa essere stato il meccanismo di formazione delle particelle massive di Planck, dobbiamo ammettere che il numero totale di particelle N presente in Upl sia dato sempre dalla “legge di accrescimento” [N = n2], valida per qualunque universo-reticolo Ui. Diamo la rappresentazione dello sviluppo di Upl τ U τ τ τ τ τ 25 16 9 4 particle n=5 n=4 n=3 n=2 n=1 1 particle FIG. 8 L’età τpl dell’universo Upl sarà data da τ pl = nτ pl (84) con n il numero di step temporali τpl. 26 Se il passo elementare di spazio dell’universo-reticolo Upl è Dpl avremo un raggio Rn crescente dato da (R n )Upl = nD (1 2 ) pl = (N ) (D ) (85) pl Cerchiamo la relazione che fornisce la densità di massa di Upl ricordandoci che αpl = 1. Avremo allora dalle (27) e (28) che: Nm 3 1 1 pl (ρ (n ))Upl = Nm = 3 = 3 2 4 π G τ Vol Upl 4π (nD pl ) pl n Upl Upl 2 (86) 3 1 1 3 H ( ( n ) ) = = ρ C Upl 2 2 8π G Upl 4π Gτ pl 2n Upl Il reticolo Upl risulterebbe, a differenza di qualunque altro Ui, sempre con densità maggiore di quella critica qualunque sia il valore del numero intero n. Upl sarebbe così sempre un “universo chiuso”. Se calcoliamo il raggio di Schwarzwild (RS )Upl 2GM = 2 c Upl (87) di una massa M relativa ad un gruppo di particelle di Upl avremo che (RS (n ))Upl ( ) 4π R 2G ρ Pl 2G ρ (Vol ) = 2 Pl = 2 c c 3 3 pl 8π = 3 3 GR pl 2 c 3 4π 1 2 Gτ pl 1 = 2n 2 D pl n (88) Si rileva pertanto che n = 1 ⇒ (RS )Upl = 2D pl = 2(R1 )Upl > (R1 )Upl 2 n > 1 ⇒ (RS (n ))Upl = 2n D pl = 2n(Rn )Upl > (Rn )Upl (89) Ne deriva che Upl è un universo-reticolo ad aspetto di “buco nero” ovvero ogni particella di Planck o gruppo di queste particelle determinerà sempre un buco nero che diremo “primordiale”. Si osserva che da un universo chiuso primordiale in stato di buco nero (anche se crescente in dimensioni spaziali) non potrebbe derivare mai un universo come il nostro. Par. 12) L’universo Embrione Se ammettiamo l’universo Upl come primo universo reticolo di un universo evolutivo a massaspazio crescenti, dobbiamo ammettere la possibilità che ad esso susseguono altri universi-reticolo Ui a metrica non chiusa. Ritornando alle relazioni (27) e (28) osserviamo proprio che per αi ≠ 1 gli universo reticolo Ui sono a metrica variabile, con metrica inizialmente aperta. 27 Ammettiamo così una fase primordiale dell’universo, che definiamo “Fase Embrione” o “Universo Embrione” UE, dove riteniamo si siano formate le particelle fondamentali di base mi relative ad universo-reticoli Ui. e dove il primo universo reticolo fu quello di Planck. L’evoluzione dei vari Ui, seguendo sempre la legge di accrescimento [N = n2], determinerà una relazione di massa tra mi e mpl data da mi = m pl ni (90) Così al trascorrere del tempo e all’aumentare delle dimensioni della bolla iniziale in Upl si possono formare, prelevando energia dal campo Ξ, coppie di particelle (bosoni scalari di “Klein-Gordon” a Ψ complesso) con massa sempre più piccola (mi < mpl) e quindi una Di sempre più grande. Una delle possibilità può essere data da fotoni di Planck che urtando particelle massive di Planck perdono energia (aumentando in lunghezza d’onda) e generano successivamente coppie di particelle massive più piccole di quella di Planck. I γpl (da coppie di Planck), con le loro rispettive catene di IQuO di base (si può ritenere che un fotone-campo vettoriale sia una combinazione di campi scalari di Ξ ), non occupando in UE l’accoppiamento massivo delle space-cell lasciano “spazio” libero per la formazione di nuove coppie di particelle massive con (mi < mpl) espresse da onde progressive che indicheremo con la successione (mpl > mR > mB > mV >… ). Quanto sostenuto determinerà a nostro parere un universo simile a quello descritto dalla letteratura: uno stato composto da radiazione e da particelle (Universo Caldo). A sostegno della presenza dei fotoni di Planck ricorriamo al fenomeno dell’evaporazione di un buco nero riportando la formula di Hawking [4] relativa al tempo di evaporazione di un buco nero: ∆t evap ( ( ) ) (5,120 )(10 )3 πG 2 M 3 = hc 4 (91) Calcolando il tempo di evaporazione di un buco nero di Planck ( Mbn = mpl) ∆t evap ( ( ) (5,120 )(10 )3 πG 2 m 3pl = hc 4 = (8,407 )(10 ) −17 ) = 3 m pl = 4 4 -34 8 ( 1.05457266 ) 10 ( 2.99792458 ) 10 π (5,120)(10)3 (6.67259)2 (10)− 22 ( ) [(10,313)(10 ) ]sec = (8.670)(10) -8 3 ( ) − 40 ( ) (92) sec troviamo un tempo mille volte più grande della durata del periodo di oscillazione (τpl) della particella di Pl. Se la particella casualmente non riesce ad addensare particelle attorno a sé per accrescere la sua massa di buco nero allora evapora disperdendo energia sotto forma di radiazione gamma, a spettro diversificato, data dalla relazione E evap (m pl ) = Ppl ∆t evap (93) con la potenza irraggiata secondo la formula di Hawking. ( ) ( hc 6 Ppl = 2 2 (15360 )(π ) G m pl ) (94) Effettuando i calcoli troviamo un valore di energia emessa in fotoni di circa (5x108) GeV. 28 L’evaporazione di masse di Planck aggiungerà pertanto ulteriore radiazione nell’universo che potrà generare coppie meno massive di quelle di Planck e contribuirà a sostenere l’ipotesi di un universo primordiale caldo composto da particelle e radiazione. Lo sviluppo dei reticoli Ui , e quindi di UE, può essere così rappresentato dalla seguente figura: τ Particelle massive pl Fotoni R B V A V B R pl R B V B R pl pl R B R pl pl R pl γ R γ B γ V γ A γ V γ B γ R γ pl γ pl pl γ pl γ R γ B γ V γ B γ R γ pl γ pl γ R γ B γ R γ pl γ pl γ R γ pl γ pl pl FIG. 9 Potremmo pensare che le coppie di Planck superstiti siano in numero di N = (2n +1) ≈ 2n per n molto grande e potremmo anche ritenere che queste coppie possono aver determinato in UE la nascita di “grumi” sempre più massivi, che coagulando la materia circostante, siano diventati successivamente le “masse embrionali” delle future galassie. La formazioni di grumi coagulanti per gravità può derivare dal fatto che le particelle con mi poco minore di quella di Pl determinano reticoli Ui che per la (27) raggiungono la fase a metrica chiusa molto presto, perché αi ≈1, e quindi collassano rapidamente attorno a particelle di Planck, determinando la formazione di buchi neri che possono accrescere ulteriormente la loro massa iniziale (mpl). pl pl R pl R R R pl R R R pl pl pl R pl pl pl R R R R pl R R pl Buco Nero Primordiale FIG. 10 29 Facciamo notare che la formazione di Upl per coppie e la formazione di buchi neri in esso comporta la presenza sia di buchi neri che di “Antibuchi Neri”, nella prima fase di UE . Parliamo di coppie di buchi neri. Sembra intuitivo ammettere che nei primissimi istanti di UE vi erano continui processi di annichilazioni di coppie di Planck e di coppie di buchi neri primordiali che rendevano poco possibili le formazioni di “stabili” buchi neri. Solo con l’accrescimento di UE possiamo pensare ad una maggiore stabilità (possibilità di più spazio per espansione) e più durata dei buchi e antibuchi neri primordiali. Per una massa-energia composta da bosoni di Planck (mpl) e bosoni con massa leggermente minore (ad es. mR = mpl/2) sino a raggiungere un totale di (M = 20mpl ) si ottiene un tempo di evaporazione: ∆t evap ( ( ) ) (5,120 )(10 )3 πG 2 m 3pl 3 π (5,120 )(10 )3 (6.67259 )2 (10 )− 22 = = m pl = 4 4 hc 4 (1.05457266 ) 10 -34 (2.99792458) 10 8 = (8,407 )(10 ) −17 ( ) [(8)(10) (10,313)(10 ) ]sec = (6.936)(10) -8 3 3 ( ) −36 sec ( ) (95) Ciò significa che una massa di Planck ha tutto il tempo di addensare particelle massive attorno a sé accrescendosi in massa, sempre come buco nero. Se la massa di un buco nero primordiale cresce aumenta il suo tempo di evaporazione: un buco nero primordiale “ingrossato” in massa può diventare un grumo coagulante da cui potrà originarsi una protogalassia. A questo punto si può ipotizzare che al centro di ogni galassia potrebbe esserci un buco nero, formatosi attorno ad un gruppo primordiale di particelle di Planck in UE. Ciò, difatti, è quanto si sta ormai osservando nell’universo: al centro di ogni galassia pare ci sia un buco nero la cui origine risale all’epoca primordiale! Rileviamo che Upl è un universo reticolo “chiuso”, mentre i successivi Ui (definiti con una costante di accoppiamento gravitazionale αi ≠ αpl = 1) sono aperti nella fase iniziale, sino a quando non raggiungono la fase critica. Se le particelle mi sono bosoni scalari compatibili in struttura con la particella di Planck allora i reticoli corrispondenti Ui possono compenetrarsi con quello di Upl. Questa fase, in cui abbiamo una compenetrazione di universireticolo Ui a struttura di campo scalare (Ψ), la indicheremo come “fase scalare” dell’universo UE. Scriveremo che: U E (scalare ) = [U pl ] U {U i } (96) con i reticoli Ui compenetrati ciascuno dentro l’altro, dal più piccolo (Upl) al più grande. Per comprendere il processo di sovrapposizione di universo-reticoli Ui, esattamente di sovrapposizione delle rispettive catene di IQuO, occorre rivedere l’oscillatore quantistico. Consideriamo l’oscillatore quantistico e la sua funzione d’onda rappresentativa nello spazio degli stati Ψ. Guardiamo con attenzione la forma della funzione di probabilità di aspettazione nel punto x ovvero la Pn(x) = |Ψn(x)|2 relativa alla soluzione dell’eq. di Schrodinger associata ad ogni autostato dell’oscillatore. 30 Per n = 0, si rileva una distribuzione di probabilità del tipo P 0 (x) ε 0 = (1/2)hω sub-quantum x FIG. 11 Al valore [ε0 = (1/2)hω] associamo un “sub-quantum” di energia. Per n = 1, con energia [ε1 = (1+1/2)hω] si rileva una distribuzione P1(x) P 1(x) x FIG. 12 Osservando bene [5] la forma della funzione Pn(x) nell’autostato per n = 1, possiamo supporre che l’oscillatore sia costituito da 2 “parti oscillanti” o “sub-oscillatori”. Potremmo allora asserire che un oscillatore quantistico a qualunque n-livello sia composto da (n+1) sub-oscillatori, con energia complessiva di [εn = (n+1/2)hω]. 31 Per (n = 1) l’energia dell’oscillatore è data da [ε1 = (1+1/2)hω] e quindi potremmo considerare l’oscillatore come composto da due sub-osc. accoppiati tramite un sub-osc. di “accoppiamento” di energia [εacc = (1/2)hω] P(x) ε 0 = (1/2)hω sub-osc. di accoppiamento x ε 0 = (1/2)hω εacc = (1/2)hω FIG. 13 In tal modo avremo un’energia complessiva distribuita in due sub-osc. di cui uno (sub-quantum) con energia [ε1 = (1/2)hω] e l’altro (quantum) con energia [ε = (1)hω]. ε1 = (1+1/2)hω P(x) |Ψ1( x) |2 ε 0 = (1/2)hω ε = hω x FIG.14 32 Un campo Ψ qualunque si può considerare come la realizzazione di un accoppiamento elastico lungo una catena di sub-osc. εquanto (1) = (1)hω P(x) x Ψ(( x)) <=> sub-osc. accoppiati FIG. 15 Un campo Ψ di dato impulso può essere allora rappresentato da una catena di sub-oscillatori accoppiati tutti allo stato di vuoto tranne due che si troveranno allo stato n = 1 (quanto rappresentativo della particella) e che costituiranno un IQuO. Poiché la “posizione” del quanto lungo la catena è indeterminata (vedi il principio di indeterminazione applicato ad autostati dell’impulso) parleremo di catena di IQuO e non di catena di sub-osc. Lo stato di vuoto del campo Ψ sarà dato invece da un insieme di sub-osc. accoppiati allo stato di vuoto εvuoto = (1/2)hω P(x) x Ψ(( x)) <=> sub-osc. accoppiati FIG. 16 33 Per rappresentare la compenetrazione dei vari Ui con una sovrapposizione di catene di IQuO diamo una rappresentazione 2-dim dell’oscillatore quantistico “IQuO”. Sull’asse X avviene l’oscillazione mentre sull’asse Y riportiamo il vettore di stato Ψ, che durante l’oscillazione ruota nello spazio astratto (Ψ, X) Ψ Quantum Sub-quantum D X Sub-osci llator D IQuO FIG. 17 Viene comodo rappresentare la compenetrazione dei vari Ui con una sovrapposizione di catene di IQuO rappresentative dei vari reticoli Ui ⊂ UE (in fase scalare): τ V-IQuO R-IQuO τV τB τR τ pl D pl DR 2D D pl DB 3D D pl DV 4D D pl 5D D pl D FIG. 18 Alla base della successione dei reticoli Ui ci sarà sempre il reticolo Upl con il suo passo più piccolo Dpl. La compenetrazione di un Ui con Upl si realizza con l’insorgere di una IQuO-catena di Ui avente passo spaziale Di >Dpl e passo temporale τi > τpl sopra la catena di base Upl. Ciò significa che nel tempo τpl si può formare solo una IQuO-catena di Ui in “stato virtuale” che diventerà “reale” solo dopo un tempo τi. Parlando così di una successione di particelle massive con massa (mj < mi < mpl) e (Dj > Dj > Dpl) dobbiamo ammettere che esse si formino (sempre in termini “virtuali”) in un tempo τ = τpl sopra una catena di IQuO di Ui che a sua volta si forma su quella “virtuale” di Planck. 34 τ I-IQuO virtuale τV τpl Pl-IQuO virtuale DV Dpl 2D D pl 3D Dpl 4D Dpl 5D D pl D FIG. 19 La presenza di IQuO di Upl (si veda la fig. 19) allo stato di vuoto Ψi, fornisce la possibilità che i sub-osc. componenti possono essere occupati da quanti “pieni”. Questo aspetto è della massima importanza perché il campo virtuale vuoto Ψi può essere riempito con energia (quanti) provenienti da altri universi-reticolo. Poiché ciò vale per qualunque Ui, compreso Upl, ne deriva l’esigenza di ammettere un “fondo” (Θ) da cui sia possibile ricavare energia. Ciò implica che l’universo UE può espandersi sia grazie allo sviluppo dei vari universo-reticoli Ui, sia grazie allo sviluppo continuo di Upl, che ricava la sua energia dalla presenza di un Θ- fondo dotato di energia disponibile. Se la bolla iniziale è immersa in un Θ-fondo vuol dire che essa sarà a dimensione “finita” ma con un “esterno” senza alcun significato fisico nel tempo come nello spazio. Inoltre dobbiamo precisare (relativisticamente parlando) che ogni particella nascente è centro della “bolla” anche se in UE tutte le particelle sono in continuo moto relativo e non esiste nessun SR assoluto. Ne deriva che ogni particella attorno a sé costruirà così il medesimo UE (vedi par. 4 ) avente agli “inizi” le stesse proprietà di omogeneità e isotropia dell’universo attuale. Par.13) Le fasi dell’universo embrione UE Il meccanismo di produzione di particelle massive (bosoni di K-G) sempre più piccole presente in Upl ⊂ UE si ripete sempre sino a quando avviene un “cambiamento di fase” dovuto alla creazione di una nuova mk particella massiva di base con struttura IQuO diversa da quella dei “bosoni” scalari di Planck. La nuova fase darà inizio ad un nuovo reticolo universo Uk, con passo spaziale diverso da quello di Upl, mentre quello temporale rimane invariato sino a quando si formano particelle di Planck (ovvero sino a quando esisterà l’universo UE). Il cambiamento del passo spaziale è determinato, oltre dalla diversità di struttura degli IQuO, anche dalla incommensurabilità delle loro lunghezze Compton Dk e Dpl. Il modello standard ci aiuta a capire quali tipi di particelle (catene) siano “sovrapponibili”. Particelle sovrapponibili tra di loro (commensurabili in D) sono quelle appartenenti ai Leptoni (particella base l’elettrone) oppure ai Barioni, attraverso i Quark (particella base il nucleone), mentre saranno incompatibili Leptoni con Barioni. 35 Tutto ciò deriva dalla congettura che le diverse modalità di accoppiamento degli oscillatori (IQuO) del campo Ξ e Ξ determinano le distinte mi particelle di base. Se poi ammettiamo che la struttura ad IQuO del CST sia ben “definita” è consequenziale sostenere che il numero di specie di particelle massive che si possono formare sia finito ( vedi il modello standard e le sue estensioni). Dato il numero finito di particelle del modello standard, si potrebbe ritenere che l’universo UE possa avere avuto fine non appena la più piccola particella del modello standard (probabilmente il neutrino elettronico) fece il suo ingresso. In tal caso in UE si avrà una sequenza finita di universi base Ui (mi ) [UPl UX Uq … Up Ue … Uν] ⊂UE Con le rispettive lunghezze Compton [Dpl DX Dq … Dp De … Dν] Rileviamo subito che avere il protone composto da quark, che non sono affatto particelle di Planck (bosoni scalari) né “bosoni vettoriali intermedi” (bosoni W±,Z) del campo di fondo di UE, ci induce ad ammettere l’esistenza di una particolare fase in UE, correlata ad una particella intermedia tra i quark e i bosoni di Pl. Questa fase riguarda la particella nota tra i fisici come “particella X”, che possiede una struttura di IQuO diversa da quella della particella di Planck (bosone scalare), dai bosoni vettoriali massivi ( W±, Z) e non ( Fotoni) e sia dai quark come da un qualsiasi leptone. La particella X trasformando un quark in un leptone e viceversa avrebbe una struttura capace di operare tra le rispettive e distinte strutture dei leptoni e dei quark. In definitiva, nella fase successiva a quella scalare, dobbiamo considerare la formazione di strutture più articolate degli IQuO che danno origine ai Fermioni e ai Bosoni vettoriali intermedi. Nel caso di specie non compatibili strutturalmente non avremo più una compenetrazione dei rispettivi universo-reticoli (sovrapposizione). Ammetteremo che sia invece possibile un’intersezione analoga a quella definita per (U*)(p,e) = Up ∩ Ue che abbiamo posto alla base dell’universo attuale. Riteniamo allora che in UE si sono succedute diverse fasi ciascuna a differente struttura di IQuO del precedente, originando per intersezione universi-reticolo (U*)k = Ur ∩ Us Possiamo allora porre che UE sia dato da: {( ) ( ) ( n )} I (U U E ≡ U 1 I U 2 I U 3 I U 4 ... I U (n−1) I U n = i j =i +1 i =1 IU j ) (97) Riferendoci al modello standard delle particelle riteniamo che le particelle basi di un universoreticolo possono essere dati dalla seguente tabella: BOSONI PARTICELLA X FERMIONI BOSONI SCALARI ( Bosoni di Planck) BOSONI VETTORIALI (Fotone, Bosoni deboli) BOSONI TENSORIALI (gravitone) LEPTONI ( elettrone) QUARK ( u,v ) L’intersezione di due universo-reticoli Ui (mi,τi) , Uj (mj,τj) [dove (mi < mj) e (τi > τj)], comporta un universo U* che ha il passo temporale dell’ universo-reticolo a massa più grande e il passo spaziale di quello a massa più piccola, come abbiamo visto per (U*)(p,e); si veda infatti la relazione (50) dove ni è il numero di passi temporali di Ui mentre λj è il passo spaziale di Uj. 36 Avremo: ( ) U i*, j = U i I U j ≡ U * (τ i , D j ) (98) Come abbiamo già visto la compenetrazione di Ui con Uj si realizza mediante la procedura che nel tempo τi si può formare una IQuO-catena di Uj ( con passo spaziale λj > λi ) in “stato virtuale” che diventerà “reale” solo dopo un tempo τj ( vedi fig. 19). Ciò comporta che il passaggio da Ui a (U*)ij per la comparsa di Uj, sarà accompagnato da una brusca e notevole espansione dell’universo UE (“espansione inflazionaria”). Il termine inflazionario viene adottato in riferimento al fenomeno relativo ad un’espansione esponenziale che si è posta (vedi letteratura) nell’universo primordiale alla quale è stato dato il nome di “inflazione”. In questa cosmologia a metrica variabile e a passo spaziale variabile è previsto così un comportamento che si avvicina molto a quello assegnato nei modelli cosmologici ad inflazione. Nella transizione di fase Upl UX il passo temporale rimarrà quello dell’universo precedente Upl (per UE rimarrà sempre il passo temporale di Upl (τpl )) mentre il passo spaziale subirà l’espansione λpl λX. ( ) U *pl , X = U pl I U X ≡ U * (τ pl , D X ) (99) L’universo reticolo (U*)pl,X sarà così rappresentato da un reticolo di catene di IQuO con passo λX intersecato ad un reticolo di catene con passo λpl. Tuttavia mentre per universi-reticolo Ui compatibili si ha la possibilità di sovrapposizione delle rispettive catene, perché i passi λi sono tra loro commensurabili, tra catene di Ux e Upl non è possibile sovrapposizione in quanto le rispettive λ sono incommensurabili. In figura sono riportate catene di IQuO con λ non commensurabile. τ V-IQuO R-IQuO τV τB τR τ pl D pl DR 2D D pl DB 3D D pl DV 4D D pl FIG.20 5D D pl D 37 Par. 14) Il Θ- Fondo Pensando alla fase primordiale (UE) poniamo, prima di ogni “inizio” e “cosa”, l’esistenza di un Θfondo indistinto il cui stato fisico ΨΘ è ovunque a valore di “non-campo” ma con energia di vuoto non nulla. Spieghiamo meglio. Come abbiamo già riferito, un campo quantistico Ψ si può considerare come costituito da un insieme di oscillatori quantistici accoppiati elasticamente. Abbiamo sostenuto che una particella di dato impulso sia costituita da una catena di oscillatori accoppiati elasticamente, posti tutti allo stato di vuoto tranne quello che viene attraversato dal quanto del campo associato alla particella. Come da letteratura lo stato non locale del campo sarà dato invece dalla sovrapposizione degli Ψi autostati dell’impulso (onde piane con frequenza ωi). Adesso possiamo definire il Θ-fondo come uno stato composto solo da sub-osc “disaccoppiati” che non definiscono nessun campo ma esprimono lo stesso un valore di energia non nullo. Congetturiamo che ogni singolo sub-osc. del Θ-fondo abbia una energia pari ad un sub-quantum relativo alla particella di Planck [εpl = (1/2)hωpl] . P(x) Θ -fondo ε pl = (1/2)hω pl x sub-osc. disaccoppiati FIG. 21 Il Θ-fondo apparirà come un insieme indistinto di sub-osc. disaccoppiati: Sub-osc. <=> Θ−Fondo Θ− FIG. 22 38 Possiamo immaginare allora che in Θ-fondo (fig. 22) si sia formata (non ha significato parlare né di punto né di istante) un’iniziale “bolla” di Campo Scalare Ξ οvvero si è sviluppato un accoppiamento elastico tra sub-osc. “bolla” di Campo Scalare Ξ Sub-osc. <=> Θ−Fondo Θ− FIG. 23 Il campo Ξ sarà un campo di accoppiamenti che incomincerà a propagarsi in Θ-fondo. E’ proprio in (Ξ) che si sono originati coppie di IQuO (quanti) ad accoppiamento aggiuntivo o massivo prelevando energia (sub-quantum) dal Θ-fondo. Questi quanti hanno incominciato a formare campi massivi Ξi, dove ha significato definirvi un reticolo spazio-tempo (Σi) e dove globalmente è possibile parlare di un CSTU (SR ΣU) che abbiamo definito come Universo Embrione UE. Sub-osc. <=> Θ−Fondo Θ− Universo- reticolo U FIG. 24 Qualunque universo-reticolo Ui appartenente alla fase embrione (UE) si forma allora a discapito del Θ-fondo. Osserviamo subito che l’energia totale, somma delle energie dei due sistemi U e Θ-Fondo sarebbe costante in ogni caso (E0 )(Θ) = (E)U + E(Θ) = (E0 )U (100) 39 Notiamo subito che la metrica in U cambia per il fatto che il tensore Massa-Energia (Tµν) associato all’universo, essendo energia di campi “con IQuO accoppiati” (la forma di energia riconosciuta dalla Relatività Generale), varia in valore per l’afflusso di energia dal Θ-Fondo il quale invece è ad energia di vuoto “dissociato”, ovviamente non inseribile nel tensore Tµν. Una possibilità finale potrebbe essere raffigurata nella figura che segue: Θ -fondo FIG. 25 dove il fondo potrebbe aver esaurito la sua energia. A questo punto ci troviamo davanti a due ipotesi. 1) Il Θ-fondo ha energia finita 2) Il Θ-fondo ha energia infinita. La prima ipotesi può ammettere due esiti possibili: a) La fase UE si esaurisce non appena si esaurisce il Θ-fondo b) Il Θ-fondo si esaurisce durante la fase di universo chiuso, cioè quando la densità ρ > ρc Nell’ipotesi 1a) esaurita la fase embrionale, dove si formano tutte le specie di particelle sino al neutrino, particella di massa più piccola, l’espansione dell’universo attuale potrebbe essere dovuta alla crescita dell’universo reticolo Upe*, esaminata nel par. 9. Sarebbero così le stelle a determinare la crescita (espansione) del reticolo U* su cui sarebbe costruito il nostro universo U, alimentando il reticolo Ue. In questa caso, finita la fase critica, seguirebbe una fase chiusa dove le stelle continuerebbero ad alimentare in massa il reticolo U* . Per la Relatività Generale in un U chiuso l’espansione rallenta e successivamente U* collassa e con esso l’universo U. Nell’ipotesi 1b) per la RG seguirebbe, dopo che U sia diventato chiuso, una fase di contrazione (diminuzione del raggio R e aumento della temperatura T) senza più creazione di massa ( vedi fig. 26) che porterebbe l’universo in un “Big Crunch” finale! Si può poi ritenere che nella fase ultima ( vedi fig. 27) ad una temperatura superiore a quella di Planck avvenga il “disaccoppiamento” dei sub-osc. componenti gli IQuO di qualunque campo, che porterebbe inesorabilmente alla scomparsa dei campi ( particelle) e al ripopolamento del Θ-fondo. 40 Ne segue che il Θ-fondo, nella fase di massima contrazione di U, potrebbe riprendersi l’energia ceduta ai vari e distinti universo-reticoli di U durante la fase espansiva. FIG. 26 Sino ad avere U in fase finale di contrazione Sub-osc. <=> Θ−Fondo Θ− FIG. 27 Ritorniamo così alla fase iniziale del processo di evoluzione del nostro universo, con la possibilità di riprendere nuovamente il ciclo precedente. L’universo che ne scaturisce da questa descrizione può essere così un “ Universo Oscillante” conseguenza di un Θ-fondo che nella fase espansiva cede energia mentre nella fase finale di contrazione se la riprende! Ciò accade propriamente in un oscillatore dove l’energia potenziale si trasforma in energia cinetica e viceversa. La differenza consta nel fatto che l’universo si espande, passando attraverso la fase critica, sino a quando si ha conversione di energia in massa, sia presente il Θ-fondo che no; finita la conversione il destino dell’universo pare segnato: arrivare ad un punto di arresto per passare poi alla fase di contrazione. Pertanto le ambedue le ipotesi di partenza [(1a) e (1b)] conducono sempre ad un universo U costruito su un universo a metrica variabile U*, che imporrebbe il suo destino. In definitiva, nel caso che il Θ-fondo sia ad energia finita, ammettere che l’universo sia oscillante sembra d’obbligo. Nel caso della seconda ipotesi (Θ-fondo ad energia infinita) avremo che l’universo crescerebbe indefinitamente aumentando enormemente il contenuto di massa e quindi gravitazione che renderebbe “chiuso” l’universo. 41 Non è illogico congetturare che il destino dell’universo sarebbe così uguale a quello del caso precedente, perché avremmo sempre un universo costruito su un U* a metrica variabile ( aperta piattachiusa) con un campo gravitazionale enorme che costringerebbe le galassie ad avvicinarsi inesorabilmente nonostante l’espansione continui. Un’ultima osservazione. In ambedue ipotesi possiamo avere un aspetto che in un certo senso li riconcilia. Al crescere di Spazio-Massa (particelle) in termini quantistici avremo un sistema universo con un numero sempre più grande di stati. Il “principio di equipartizione dell’energia” applicato nei trasferimenti energetici da un sistema ad un altro impone l’occupazione di stati ad energia sempre più piccola (masse più piccole e λ sempre più grandi); in tal modo l’afflusso di energia dal Θ-fondo sarebbe “localmente” ( autostati dell’impluso- energia) sempre più piccolo facendo “svanire” l’esistenza dello stesso Θ-fondo. A questo punto l’essere o il non esserci del Θ-fondo sarebbe praticamente quasi indifferente determinando così inesorabilmente il collasso dell’universo ( oramai chiuso) indipendentemente dalle ipotesi di partenza esaminate. La conseguenza finale sarebbe così, in ogni caso per un universo a metrica variabile, quella di un universo “oscillante”. Par. 15) Aspetti Rilevanti 1) La nota speculativa di Dirac Ricordiamo adesso le considerazioni espresse da Dirac sull’universo che hanno preso il nome di ipotesi dei grandi numeri. Dirac tentò di calcolare il numero Nn di nucleoni presente nell’universo. Partì dalla relazione: Nn = M U ρ U VU = mn mn (101) Dirac considerò l’universo a metrica piatta con densità critica ρc. Pertanto avremo: ρ V M N n = U = C U m n mn 3H 02 4π = 8πG 3 3 c 1 c3 = H 0 mn 2mn H 0 G (102) Trovando il valore c3 ≈ 5 ⋅ 10 79 N n = 2m N H 0 G (103) Ricordandoci che αG ≈ (5.9)10-39 (costante gravitazionale relativa ai protoni) Dirac rileva che 2 1 ≈ 3 ⋅ 10 − 2 ⋅ 10 78 ≈ 3 ⋅ 10 76 α G ( p) ( ) (104) Ottenendo che Nn ≈ (1/αG )2. Dirac non seppe spiegare il perché di questa coincidenza. In questa cosmologia a metrica variabile si è trovata la spiegazione a tale coincidenza: il numero Nn è riferito al numero di nucleoni che saranno presenti nell’universo-reticolo Un, contenuto in U*, quando esso raggiungerà la fase critica (vedi la relazione 29). Si è così spiegata la nota speculativa di Dirac! 42 2) Universo-Reticolo U Ricordiamo che UE è costruito su una successione di universi-reticolo di base Ui (Upl, UX, … Up, … Ue, Uν), relativi a particelle massive di base. Si è anche detto che tutti questi universi-reticolo sono costruiti a sua volta su un unico reticolo massivo di base U con campo Ξ ≡ (Ξ, Ξ) a diversi valori di masse mi, corrispondenti alle particelle differenti in struttura di IQuO che determinano i cambiamenti di fase nell’universo UE. Consideriamo l’ipotesi che il Θ-fondo abbia continuato a fornire all’universo, anche dopo la sua fase embrionale, particelle massive che contribuiscono alla sua densità totale di massa. In queste condizioni possiamo pensare che U sia costruito su una particolare particella di base m (con diversi valori mi) relativa al campo scalare Ψ (Ψ Ψi), che sin dai primi albori dell’universo embrione ha fatto la sua comparsa ed ha continuato a formarsi sino ad oggi. Lo stato Ψ associato ad U è relativo a una lunghezza d’onda che è variata nel tempo, con pendenza data dal coefficiente κ, dall’inizio ( Di = Dpl ) dell’universo embrione sino ad oggi (Df), con l’universo attuale racchiuso entro il nostro O.E.. Tuttavia l’ipotesi di un universo immerso in un Θ-fondo da cui trae energia può indurre ad assegnare all’universo una dimensione “limitata” (si ricordi la bolla iniziale immersa in un fondo e quindi “limitata”). Questo aspetto ci induce ad ammettere l’esistenza di stati “stazionari” ΨS in U che hanno avuto un’evoluzione in lunghezza d’onda con andamento crescente man mano che le dimensioni dell’universo aumentavano per l’espansione. Per ammettere l’esistenza di uno stato stazionario in un universo enormemente grande occorre fare ricorso alla M.Q., asserendo che il processo stazionario si attua alla velocità di fase che può essere maggiore della velocità della luce e quindi può essere determinato da eventi di tipo spazio, quale può essere la riduzione della funzione d’onda all’autostato stazionario ΨS. In tal modo si può congetturare un aumento “uniforme” della D, il cui valore medio (con Dpl «« Df ) sarà dato da: Di + D f 〈 D (Ri → R f )〉 = 2 1 1 25 = κ D f = κ (R f ) = κ (6.52 )(10 ) m 2 2 (105) dove Df = Rf ( raggio attuale dell’universo ) mentre assegniamo, in termini relativi, al raggio iniziale un valore approssimativamente nullo, cioè Di ≈ 0. Troviamo la massa media a meno di un fattore di forma κ −34 h ( ) 1.05457266 10 −69 −1 = 〈 m〉 = = κ ( 5.395 )( 10 ) Kg (106) 〈D〉 c κ (6,52)(10)25 (2.99792458)(10)8 ( ) con periodo di oscillazione ( e quindi di formazione ) D τ = = (2,1748379 )(10 )17 sec = (6,891 )(10 )9 Y c (107) Vuol dire che per formarsi questa particella media (dal Θ-fondo) occorre un tempo che è la metà dell’età dell’universo! Ciò sta a significare che dopo la fase embrionale il numero di particelle ricavate dal Θ-fondo potrebbe essere finito e tutte di massa sempre più piccole e con tempi di formazione man mano sempre più grandi. 43 Di conseguenza potremmo asserire che il Θ-fondo ha fornito il grosso dell’energia all’universo solo nella sua prima fase di esistenza, quale quella embrionale (vedi il paragrafo precedente). Ritorniamo a porre Di= Dpl e consideriamo il rapporto D n = D pl (108) Per avere il numero totale N di particelle di base m che si sono formate (ricavate dal Θ-fondo) in U dall’origine dell’universo embrione UE ad oggi si deve tener conto che N = n2 . Avremo 2 2 D κ (6.52)(10)25 = = (κ )2 (16,278)(10)120 (109) N = D (1.616)(10)−35 pl In massa nucleone: −1 −69 (κ )−1 m 2 120 (κ ) (5.395)(10) = κ (52,434)(10)78 Nn = Nm = (κ ) (16.278)(10) − 27 mn (1.6749)(10) (110) che ci permette di trovare una densità di massa ( ) 78 -27 3 Nmn 3 κ (52.434)(10) (1.6749286) 10 ρU = = 3 3 4π (cτ U ) 4π (2.9979)3 108 (13.78)3 (3.155)3 1016 ( ) ( ) 3 ( ) = κ (9,4694) 10 −27 Kg / m 3 (111) che è confrontabile con la densità critica ρc = (9.45) 10-27 Kg/m3 . Quanto appena mostrato ci suggerisce che il nostro universo U si può considerare come immerso in un universo-reticolo U, la cui densità di massa coincide proprio con la densità critica dell’attuale universo (U*)(p,e) su cui “poggia” l’universo U. Non solo ma l’universo-reticolo U appare essere in diretta correlazione con il problema della massa oscura: nell’universo le particelle massive mi (bosoni scalari) relative all’universo-reticolo di base U potrebbero costituire in buona parte la massa scura che viene rilevata attorno alle galassie per gli effetti gravitazionali che causa. 3) Espansione inflazionaria Il periodo di tempo relativo all’inflazione primordiale previsto dalle teorie inflazionistiche va da circa (10)-35 sec a (10)-34 sec. Nella nostra teoria la comparsa della prima particella diversamente strutturata dal bosone di Pl, indicata con X, determina un cambiamento del passo spaziale che conduce ad una sorta di espansione inflazionaria perché si passa da un passo spaziale Dpl ad uno DX. Se facciamo coincidere i due aspetti, quali l’inflazione e quello dell’espansione inflazionaria avremo una DX data approssimativamente da [ ][ ] D X = c∆tinf l = cτ X ≈ (3)(10) m / s (1)(10) s ≈ 3(10) m 8 −34 con τX il periodo di oscillazione della particella X. −26 (112) 44 Avremo indicativamente una massa data da: h (1.05457266)(10)−34 −17 ≈ mX = ≈ (1.17)(10) Kg −26 8 D X c (3)(10) (3)(10) (113) In questo modello cosmologico la prima transizione di fase, con l’avvento della particella X, determina al tempo ∆t ≈(10)-34 sec. dal Big Bang un cambiamento del passo spaziale da Dpl ≈ (1.6)(10)-35 DX ≈ (3)(10)-26 . Considerando poi il modello inflazionistico standard potremmo pensare che il campo definito “inflatone” non sia altro, in questo modello cosmologico, che il campo il cui quanto è la particella X. In questo modo l’espansione inflazionaria procederebbe in maniera analoga a quella descritta nella teoria inflazionistica presentando le stesse soluzioni che questa teoria propone per risolvere i problemi dell’Orizzonte degli eventi e della omogeneità a grande scala dell’universo. L’unica differenza è nel problema della metrica: la teoria inflazionistica rende piatto l’universo alla fine dell’era inflazionistica mentre in questo modello la metrica piatta viene raggiunta in termini evolutivi. Dopo l’era inflazionistica la “condensazione” della materia in nubi che poi origineranno protogalassie viene realizzata (in questo modello) grazie alla presenza dei buchi neri primordiali superstiti e alla presenza di Universi-reticolo Ui a metrica già chiusa. 4) La massa della particella X Abbiamo sostenuto che in Upl al fluire dal Θ-fondo di energia si sviluppa in parallelo un crescente universo-reticolo di fotoni (vedi la fig. 9 ). Si rileva pertanto in tutto UE, al susseguirsi dei reticolouniverso Ui, la formazione simultanea di un universo-reticolo di fotoni Uγ. Questo reticolo si sviluppa seguendo la stessa legge matematica degli universo-reticolo Ui. Ne segue che il numero di fotoni nell’universo embrione sarebbe uguale al numero di bosoni scalari di fondo (U) di UE. Se seguiamo l’ipotesi che UE abbia avuto termine con l’avvento della particella più piccola del modello standard, il neutrino elettronico (con m(νe) ≈1eV = (1.783)(10)-36 Kg), avremo (dalla eq. 90) che N Fotoni = N Bosoni m = n ( Pl → ν e ) = Pl mν 2 2 (2.1767122 )(10 )−8 = (1.783 )(10 )−36 2 = (1.22 )(10 )56 (114) Ricordiamo inoltre che i barioni incominciano a formarsi dopo la comparsa della particella X che trasforma i leptoni in quark o comunque durante lo sviluppo di UX. Ne deriva che ci sarà alla fine di UE un numero di fotoni molto più grande di quello dei barioni perché questi ultimi sono apparsi dopo i fotoni. Questa differenza rimarrà sempre anche quando si esaurirà la fase embrionale. Non tutti i fotoni di Uγ rimarranno allo stato “libero”: una moltitudine di essi sarà sempre coinvolta in continui processi di creazione di coppie di qualunque specie oppure subiranno variazione di energia (scattering). Quelli che rimarranno fotoni in UE (ipotizzando che UE finisca con l’entrata del νe) saranno in numero di Nγ = 2(2n) dove il fattore moltiplicativo 2 è riferito alla creazione di coppia ( vedi fig. 9). Avremo allora: Nγ ( Pl →ν ) m = 4 nγ ( Pl → ν e ) = 4 Pl mν = (4,883 )(10 )28 (115) 45 Lo stesso dicasi per le particelle massive originate dopo la comparsa di X che rimarranno “barioni originari” (ricordiamo che grazie alla particella X è possibile la trasformazione di Leptoni in Quark con conseguente formazioni di barioni): NB ( X →ν ) m = 2 n B ( X → ν e ) = 2 X mν (116) Nel nostro universo si rileva un rapporto Barioni-Fotoni dato da [(NB/ Nγ) ≈ (5)(10)-10] per cui possiamo calcolare il numero di particelle X di UX ⊂ UE N (X → ν ) (N ( pl → ν ) ) ≈ (5 )(10 )−10 NB (X → ν ) = B N ( pl → ν ) γ γ [ ][(4 .883 )(10 ) ] = (24,415 )(10 ) 28 18 (117) possiamo allora trovare la massa della particella X mX = [( 1 NB 2 )m ] = 12 [(24 .415 )(10 ) ][(1.783 )(10 ) − 36 18 ( X →ν ) ν ] Kg = (2.176 )(10 ) −17 Kg (118) Ritrovando così lo stesso valore di massa che si era calcolato nell’ipotesi inflazionistica. Questo risultato (ottenuto ricorrendo al rapporto (NB/ Nγ)) rafforza l’idea che associa l’inflazione ad una transizione di fase Dpl DX dove cambia il passo spaziale. Otteniamo anche che ( m X = (21.766)(10) −18 )((0.5617)(10) 36 ) eV = (1.223)(10) Gev 10 (119) La lunghezza Compton sarà: h (1.055)(10)−34 − 26 = D X = = (1.617 )(10 ) m −17 8 m X c (2.176 )(10 ) (2.998)(10 ) (120) che ci fornisce il periodo di oscillazione: τX −26 D X (1.617 )(10 ) − 35 = = (5.393)(10 ) sec = 8 c (2.998)(10 ) (121) Ottenendo così lo stesso risultato del tempo d’inizio dell’inflazione! Ciò conferma l’ipotesi dell’universo embrione che si sviluppa secondo la legge di accrescimento degli universo-reticoli. 46 Conclusioni Appare evidente in questa trattazione che l’idea dell’universo strutturato in termini fondamentali su un campo base, Ξ ≡ (Ξ, Ξ), dal quale emergono le particelle e lo Spazio-Tempo non contrasta in alcuni aspetti col modello attuale di universo. Anzi tenta di risolvere alcune problematiche di fondo e apre la strada verso nuovi orizzonti cognitivi sull’universo. Inoltre l’idea di Campo Spazio-Tempo Universo (CSTU) approfondisce ulteriormente le teorie dello spazio e del tempo, quali la relatività ristretta e la relatività generale. Per dimostrare la plausibilità dell’ipotesi di un Universo come espressione di un (CST) si sono evidenziati quegli aspetti relazionali tra campi-particelle e lo Spazio-Tempo che lo rendono “tessuto” assoluto, la cui costante di struttura è la velocità della luce e sul quale ogni osservatore traccia la sua trama “relativistica”di relazioni fisiche. Con questo nuovo approccio si è tentato di affrontare la problematica fondamentale dell’espansione dell’universo vista come proprietà del CST correlata alla creazione di spazio. L’idea che è la massa a creare spazio completa la teoria della relatività generale: la massa agisce sullo spazio in totus, perchè lo incurva e lo genera. Inoltre la relazione diretta massa-spazio introduce un universo a metrica variabile, che chiarisce alcune problematiche cosmologiche tuttora non risolte: • La metrica piatta dell’universo (attualmente l’universo si troverebbe nella fase critica) • L’espansione come effetto di creazione di massa • La fase a metrica piatta sarebbe dovuta ad un bilanciamento tra la creazione di spazio per accrescimento massivo e il suo incurvamento prodotto da tale accrescimento • L’esistenza della massa mancante (confermata dall’ipotesi del CSTU Ξ a componente massiva che pervade l’universo) • La fase inflazionaria viene messa in correlazione con il primo cambiamento di fase nell’universo embrione UE al variare del passo spaziale (Dpl DX) • L’accelerazione espansiva, riscontrata nelle osservazioni astronomiche, non viene più ricondotta all’esistenza di un’energia oscura ma è spiegata nell’ambito di un universo a metrica variabile che ammette un’accelerazione delle galassie remote dovuta alla precedente fase a metrica aperta • Non è più ammesso che l’espansione viene rallentata dalla gravità (questa agisce sulle galassie perché sono oggetti massivi) • I germi primordiali delle galassie sono correlati strettamente ai buchi neri primordiali prodotti nell’Universo–reticolo di Planck (Upl), a metrica chiusa • Non è più necessaria la singolarità “iniziale” nel B.B per il principio di indeterminazione connesso all’esistenza del Θ-fondo da cui viene travasata l’energia di accrescimento La presente cosmologia inoltre approfondisce alcuni aspetti fondamentali, quali l’energia dell’universo, la forza di gravità, la nascita delle galassie, ecc. ) e introduce nuove idee (l’oscillatore quantistico a sub quantum, e il Θ-fondo) senza sconvolgere le basi teoriche della fisica. • La metrica può cambiare senza violare il principio di conservazione dell’energia. Il tensore universale T cambia perché preleva energia da un fondo che non ha struttura di campo, inteso come oscillatori accoppiati, e pertanto non può figurare nell’equazione della relatività generale. • Si approfondisce la conoscenza della forza gravitazionale nell’introdurre l’accoppiamento aggiuntivo (“trasversale”) tra gli oscillatori del campo scalare Ξ. Si apre così una nuova strada per comprendere più a fondo la struttura delle particelle e l’origine della loro massa. La forza gravitazionale diventa così l’espressione di una “tessitura” la cui trama è tracciata su una tela di Spazio-Tempo costruita dalla massa. • L’oscillatore quantistico si trova composto da due o più unità oscillanti (sub-oscillatori) ciascuno con energia di un semi-quanto 47 • Il vuoto si può presentare in due forme: il vuoto quantistico, inteso come accoppiamento di sub-osc. vuoti di campo e il vuoto “ di non campo” inteso come sub-osc. disaccoppiati che non possono esprimere alcun campo (Θ-fondo) • L’universo si può intendere come insieme di universo-reticoli costruiti sul campo base Ξ , sovrapposti e connessi Non nascondiamo tuttavia delle incertezze e qualche perplessità nel presente modello. Nel caso in cui il Θ-fondo ha avuto fine con l’universo UE si è detto che l’espansione è retta dall’accrescimento dell’universo (U*)(p,e) a metrica variabile, ma ciò comporterebbe che nel futuro per chiudere la metrica dell’universo sarebbe necessaria un’attività stellare piuttosto rilevante. Ciò da perplessità. Si può ovviare, tuttavia, ammettendo che il Θ-fondo non ha avuto fine con l’universo UE e che l’attuale espansione sia dovuta a due fattori: la presenza di (U*)(p,e) e la presenza del Θ-fondo. Resta solo da chiedersi su come il fondo si manifesta in questo universo e su come esso dona massa-energia all’universo. Ci sono delle risposte possibili: • Un’indicazione ci proviene dalla presenza di quei fenomeni cosmologici molto energetici quali le forti esplosioni di raggi gamma; queste potrebbero essere dovute ad evaporazioni di buchi neri formatosi da energia proveniente dal Θ-fondo. • Accrescimento massivo dei buchi neri galattici alimentati (oltre che da materiale esterno) dal Θ-fondo che si trasforma in particelle massive di grande lunghezza d’onda, con Dk > RS del buco nero (andando poi ad alimentare la massa oscura che sta attorno alle galassie) • Potremmo anche considerare l’ipotesi che l’energia dal Θ-fondo può anche emergere attraverso dei buchi bianchi. Precisiamo che in qualunque caso si deve pensare che l’energia proveniente dal Θ-fondo alimenta il campo U dell’universo, il campo base su cui si esprime l’espansione. Questi possibili scenari sono ancora oggetti di studio ma i risultati ottenuti (calcolo dell’età dell’universo, calcolo della massa della particella X e il valore della densità), così come il chiarimento dato ad alcune fondamentali problematiche dell’universo e le rispondenze con la fenomenologia cosmologica, fanno ben sperare sulla validità delle idee sviluppate in questa sede. Al di là di qualunque obiezione che sia possibile sollevare su questo modello cosmologico possiamo tuttavia ribadire con sicurezza la convinzione che non potremmo spiegare mai esaurientemente le varie scoperte cosmologiche se non si facesse ricorso ad un universo in cui lo Spazio ed il Tempo, insieme alle particelle (campi) che lo descrivono, nient’altro siano che differenziati costituenti di un unico “immenso” oggetto fisico, la cui natura intrinseca è di certo qualcosa che noi abbiamo da sempre definito come Spazio-Tempo. Di conseguenza, porre in esso l’esistere di un Campo Spazio-Tempo o viceversa può costituire solamente una semplice questione di semantica o una delle più elementari tautologie del pensiero scientifico. Jiovanni Juido Bibliografia [1] [2] F. S. CRAWFORD, Jr; La fisica di Berkeley vol. 3 : Onde e Oscillazioni Ed. Zanichelli Bologna 1972. pag. 93 J. B. Zeldovic, I. D. Novikov “ Struttura ed evoluzione dell’universo” Ed. Editori Riuniti Edizioni Mir Roma pag. 28, pag. 32 [3] P. Monaco “Corso Introduttivo all’Astrofisica ”. Ed. Ulisse.sissa.it/biblioteca/saggio 2007 [4] Hawking “Fonte Wikipedia” 48 [5] P Caldirola “ Dalla Microfisica alla Macrofisica” Biblioteca della EST Mondatori Milano 1974 pag. 51-53 Guido Giovanni Dipartimento di Matematica e Fisica Liceo Scientifico Statale “C.Cavalleri” , via Spagliardi 23 Parabiago ( MI) Tel. 0331 55 22 06 e-mail: [email protected] Tel. cell. 348-9385750