“UN MODELLO DI UNIVERSO A METRICA VARIABILE”

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“UN MODELLO DI UNIVERSO A METRICA VARIABILE”
Giovanni Guido
Dipartimento di Matematica e Fisica del Liceo Scientifico Statale “ C. Cavalleri ” Parabiago (MI)
Biografia: Insegnante di Matematica e Fisica ; Laurea in Fisica
e-mail: [email protected]
Tel. cell. 348-9385750
Abstract
In questo studio si introduce l’idea di un Campo-Fondo dell’universo, definito Campo
“Spazio-Tempo Universo”, sul quale è possibile costruire le particelle e lo stesso SpazioTempo in cui esse sono definite, poiché si dimostra che è la massa la sua sorgente. In tale
ambito si tentano di spiegare alcuni aspetti fondamentali dell’universo, quali la sua
espansione, come effetto di creazione di massa-spazio, la sua accelerazione, conseguenza di un
passato a metrica aperta, l’età, come tempo di raggiungimento della fase a metrica piatta, la
massa oscura, come presenza di un universo-reticolo di base, l’origine delle galassie,
conseguenza di grumi primordiali di particelle di Planck e infine il valore di massa della
particella X responsabile della fase di inflazione.
Introduzione
Nella cosmologia moderna l’espansione dello spazio e la sua curvatura “nulla” non sono ricavabili
da alcun principio fondamentale della fisica, ma sono definiti come proprietà empiriche dello spazio
e del tempo definiti nell’universo.
In questo studio si cercherà di dimostrare invece che ambedue le realtà fisiche sono riconducibili ad
un’unica origine in cui sono strettamente connesse particelle e Spazio-Tempo (S-T). Formuleremo
allora l’ipotesi di esistenza di un campo fondamentale su cui è costruito l’universo, inteso come S-T
e campi-particelle. Per giustificare quest’idea il presente articolo incomincia (par.1) con
l’evidenziare la profonda connessione tra le particelle-campi e i “concetti empirici” di Spazio e
Tempo, che rendono lo S-T, definito in un qualunque sistema di riferimento, un “oggetto-campo”.
Si rilevano gli aspetti che ci spingono a congetturare l’esistenza di un “Campo S-T”, quali
l’invarianza della velocità della luce, il cui valore c è posto come costante di struttura di uno S-T
fondamentale, e il ruolo essenziale degli oggetti massivi nel costruire un Sistema di Riferimento.
L’oggetto “(S-T)-campo” lo si ottiene se congetturiamo (par. 2) l’esistenza di un campo elementare
a dimensione scalare (Ξ
Ξ) e l’esistenza di un particolare “accoppiamento trasversale” tra gli
oscillatori quantistici di Ξ, che esprime la proprietà della “massa”. Tale accoppiamento aggiuntivo
realizza una definita struttura di campo a “Reticolo” (Ξ
Ξ) con un “Passo Tempo” e un “Passo
Spazio”, che da senso empirico al costrutto di Sistema di Riferimento (SR) associato ad una
particella massiva. In tal modo la massa diventa una proprietà essenziale per definire lo S-T
nell’universo, del quale (par. 3), parleremo come di un “Campo Spazio Tempo Universo”
(CSTU), dove ogni particella potrebbe essere individuata da una distinta e articolata struttura degli
Intrinseci Oscillatori Quantistici (acronimo IQuO) di campo. Indichiamo con Ξ il CSTU avente
per componenti i campi base (Ξ
Ξ , Ξ).
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Inoltre diventa possibile associare ad un insieme di identiche particelle massive (di massa mi) un
campo a struttura di reticolo che chiameremo “Universo-Reticolo”, indicato con Ui. L’universo U
sarà così espresso come un insieme di reticoli Ui associati alle rispettive particelle massive di base.
Si evidenzia che nel momento in cui una particella massiva si forma insieme al suo reticolo S-T,
siamo costretti ad “aggiungere” spazio e tempo all’universo perché essa stessa è spazio e tempo.
Mostreremo pertanto (par. 4) che l’origine dell’espansione dell’universo è da individuare
nell’effetto di una “creazione di spazio” conseguente alla comparsa di particelle massive (Ξ
Ξ i)
nell’universo ovvero nel campo Ξ . Si fa notare che se l’espansione si rivela essere empiricamente
un reciproco allontanamento di galassie, allora affermare che ciò avviene perché tra di esse si
interpone una “quantità” crescente di spazio può risultare altrettanto accettabile dell’idea di
considerare l’espansione come uno “stiramento” dello spazio.
Nel (par. 5) si dimostra che la legge di Hubble si può ricavare proprio dalla “creazione di spazio”
conseguente alla nascita di particelle massive in (Ξ
Ξ), determinando così un universo costruito su un
campo Ξ crescente con una determinata “legge di accrescimento” (par. 6) in spazio e in massa. Si
rileva poi che questa legge è correlata ad una descrizione dell’universo (come da letteratura) visto
come una “iper-sfera”, dove gli oggetti galattici sono “collocati” sulla sua superficie 4-dim.
Nel (par. 7) si mostra come un universo a geometria piatta sia possibile solo se si raggiunge una
condizione di bilanciamento tra la Gravità (originata dalla massa) e lo Spazio (originato anch’esso
dalla massa). Si rileva che tale bilanciamento (par.8) è raggiunto da ciascun reticolo Ui solo ad un
determinato istante della sua evoluzione, dove al trascorrere del tempo Ui cresce in massa (numero
crescente N di particelle) così come in spazio. In tal modo Ui risulta essere un universo a “metrica
variabile”, passando da un valore di curvatura negativa (universo aperto) con espansione accelerata
ad uno di curvatura positiva (universo chiuso) attraverso una fase a metrica nulla (universo piatto).
Si dimostra che il tempo di raggiungimento (τc) della fase critica è collegato alla costante di
accoppiamento gravitazionale (α
αi) specifica del particolare Ui.
Nel (par. 9) si definisce l’universo-reticolo U* “intersezione” della coppia di universo-reticolo
(Un, Ue), perché si ipotizza (dal modello standard) che il nostro universo U sia costruito su un
particolare insieme di universo-reticolo Ui di base, quali quello dell’elettrone (Ue) per i leptoni e
quello del nucleone (Un) per i barioni (quarks).
Si ricava (par.10) da semplici calcoli che il (τc) di (U*)n,e è coincidente (entro gli intervalli
d’errore) con l’età attuale (τ) del nostro universo definita in termini empirici; ciò ci spinge a ritenere
che il nostro universo sia a metrica piatta perché prossimo alla fase critica di un universo evolutivo
a metrica variabile. Si rileva che l’andamento variabile della metrica, da aperta a piana, si dovrebbe
manifestare in un diagramma “red schift - distanza galattica” a pendenza maggiore rispetto a quello
lineare della metrica piana, con origine il nostro presente: ciò è proprio quanto si è rilevato nelle
osservazioni astronomiche.
Sempre in par. 10 si evidenzia che la ρc, densità critica di (U*)n,e , è maggiore di quella calcolata in
masse-nucleone (ρ
ρn)c, rilevando così la necessità dell’esistenza di una massa non visibile che colmi
la differenza (massa mancante).
Il pensare all’universo come insieme di universi-reticolo pone al suo inizio l’universo-reticolo Upl
costruito sulla particella di Planck. Nel par.11 si mostra, coerentemente con il principio di
indeterminazione, che l’idea massa-spazio non ammette nessuna singolarità all’inizio del Big Bang
perché la si sostituisce con una “particella-spazio”, qual è la particella di Planck.
Si rileva poi che Upl è l’unico universo-reticolo a metrica chiusa e che qualunque raggruppamento
di particelle di Planck costituisce un buco nero, aspetto, a parer nostro, determinante la formazione
di grumi (buchi neri primordiali) che potrebbero successivamente costituire i nuclei originari delle
galassie, confermando in tal modo l’osservazione astronomica che vede al centro di ogni galassia un
buco nero. Sempre in par. 11 si rileva la formazione di successivi universi-reticolo Ui
(con mi < mpl) a metrica variabile che costituiscono un universo detto “Embrione” (UE), fase
iniziale del nostro universo in cui si sono formate le particelle fondamentali e in cui l’evaporazione
dei buchi neri primordiali di Planck ha prodotto un universo “caldo” con radiazione e materia.
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Nel Par. 12 si evidenzia che dopo la fase “scalare” di UE, determinata da una sovrapposizione di Ui
a campi scalari, si susseguono delle fasi in cui il passo spaziale dell’universo cambia per la non
commensurabilità delle lunghezze Compton Di di particelle a diversa struttura di IQuO rispetto a
quelli del campo scalare Ξ (come Dpl relativo a Upl). Si definisce così la “intersezione” di universireticolo che realizzandosi conducono a transizioni di fase con cambiamento del passo spaziale.
Esattamente nel par. 12 si mostra che la prima transizione di fase [Dpl DX] comporta
un’espansione “inflazionistica”,
fenomeno molto simile a quello descritto nella teoria
inflazionistica.
Tuttavia per ammettere (par. 13) un universo a metrica variabile che sia compatibile con la
relatività generale occorre ammettere l’esistenza di un “Θ
Θ-fondo” da cui l’universo ricava massaenergia (rendendo Tµν variabile).
Questo Θ-fondo è ipotizzato essere costituito da elementari “sub-oscillatori” non accoppiati,
diversamente a come accade invece nei campi della teoria quantistica, dove gli oscillatori di base
sono accoppiati “elasticamente”. Si parla del Θ-fondo come di un vuoto a energia non nulla ma di
uno stato Θ a “valore di non campo” per i relativi sub-osc. non accoppiati. Lo stabilirsi in Θ-fondo
Ξ, Ξ) che gli
di un accoppiamento elastico tra sub-osc. determina invece la nascita del campo Ξ (Ξ
sottrae energia, nella forma a “sub-quantum”, e la trasforma in fotoni e in coppie di particelle
massive che determineranno l’espansione dello spazio. In tal modo nell’universo il contenuto
“massivo-energetico ” di Tµν si trova a cambiare continuamente, a discapito del Θ-fondo, con
conseguente variazione della metrica.
Nel par. 14, grazie al modello di universo-reticolo a metrica variabile, è possibile:
• Spiegare la nota relazione di Dirac, relativa ai “grandi numeri”,
• Trovare l’origine della massa oscura, ricorrendo alla presenza del reticolo U.
• Correlare l’inizio dell’espansione “inflazionaria” con il cambiamento del passo spaziale in
Upl
• Ricavare il valore indicativo della massa della particella X (responsabile della transizione di
fase) utilizzando il dato sperimentale relativo al rapporto (NB/ Nγ)
Par.1) Il Campo Spazio-Tempo
Nella teoria della relatività generale è evidenziata una profonda connessione fisica tra lo
Spazio-Tempo e le particelle (campi).
L’universo, come insieme di tutte le particelle-campi esistenti, potrebbe essere allora inteso come
un oggetto “Campo” la cui natura di base è lo “Spazio-Tempo”(S-T). Parleremo dell’universo
come di un Campo Spazio-Tempo (CST). L’oggetto fisico (CST) è evidenziato in:
1. in cosmologia, dove lo spazio in “espansione” può essere considerato come un
“oggetto-campo” che si dilata in tutte le direzioni.
2. in relatività generale, dove la metrica del “reticolo” S-T di un Sistema di Riferimento (SR)
appare “perturbata” dalla presenza di oggetti massivi, come se lo S-T fosse un oggetto
“deformabile”.
3. nella profonda connessione tra il Campo Elettromagnetico (CEM) e la costruzione dello S-T
dei Sistemi di Riferimento tramite segnali luminosi.
Così mentre il principio di relatività esprime una simmetria posseduta dallo S-T (invarianza delle
leggi fisiche per rotazioni rigide ortogonali di uno spazio 4-dim. (x, ict)), la velocità costante della
luce c (secondo principio della relatività) potrebbe esprimere una caratteristica fondamentale
connessa alla natura stessa dello S-T. Dal principio di relatività si rileva che qualunque osservatore
utilizza un unico “tessuto” Spazio-Tempo la cui “costante di struttura” dovrà assumere lo stesso
valore in tutti i Sistemi di Riferimento in moto relativo (le Trasformazioni di Lorentz collegano
orientamenti diversi dello spazio 4-dim di due distinti sistemi di riferimento). In questi termini lo
S-T acquista così la dimensione di un “oggetto fisico”.
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Rileviamo subito che la velocità di un oggetto può essere “assoluta” (per qualunque SR), quando
essa esprime una relazione tra grandezze fisiche che non siano lo spazio ed il tempo, come accade
nella propagazione di un’onda in un mezzo elastico.
T 
v 2 =  
ρ
(1)
dove (ρ
ρ) e (T) sono rispettivamente le caratteristiche inerziali ed elastiche.
Il mezzo elastico dove si propaga la luce non è certamente “l'etere”, ma è lo stesso CEM che
possiede delle proprietà “elastiche” ed “inerziali” ed è “mezzo di se stesso”.
Infatti se la costante dielettrica ε0 è messa in corrispondenza con la (T) costante elastica (ε01/T)
e la costante magnetica µ0 è in corrispondenza con la ρ costante inerziale (µ ρ)
ρ),
ρ) otteniamo che:
 1  1   1 

c 2 =    = 
ε
µ
ε
µ
 0  0   0 0 
(2)
La velocità c, non essendo espressa da proprietà spaziali e temporali, può assumere il ruolo di
“costante di struttura” del sistema [(CEM)-(Spazio-Tempo)] ovvero del Campo Spazio-Tempo.
La stretta connessione tra particelle e lo S-T ci induce ad affermare che le particelle esprimono
l’oggetto CST e viceversa!
Ciò lo si può costatare quando scopriamo che sono le relazioni tra particelle (interazioni) a
determinare quelle caratteristiche descrittive di base della fisica che noi denotiamo
epistemologicamente come concezioni del tempo e dello spazio e che poi, in termini sperimentali,
divengono per un qualunque osservatore misure di tempo (tramite un orologio) e di spazio (tramite
un regolo rigido) in un dato SR, costituito da oggetti.
In tal modo ciò che noi intendiamo come S-T trova radici profonde in ciò che noi intendiamo come
particelle-campi.
Ricordiamoci allora dell’elettrodinamica dove l’interazione tra due elettroni (agenti), mediata da un
agente intermediario (CEM), ammette l’esistenza di reciproche “azioni” tra l’agente e l’agente
intermediario.
Pur considerando che l’elettrone è un fermione mentre il fotone è un bosone, dobbiamo ammettere
una comune struttura di base dei rispettivi oscillatori di campo che permette “l’accoppiamento” tra
fermioni e bosoni.
Estendendo poi questa comune e “connaturale” struttura di base a qualunque tipo d’interazione,
potremmo ritenere che tutte le particelle possono essere considerati come l’espressione empirica
(diremo stati fisici) dell’esistenza di un unico “oggetto-campo” di base (vedi i processi di creazione
di coppia e di annichilazione).
Sosteniamo allora che l’universo appare ad un qualunque osservatore come un “oggetto” la cui
natura fisica è quella di essere un campo da cui emergono (come articolate strutture degli
“oscillatori di base”), le diverse particelle fisiche e lo stesso Spazio-Tempo (in cui esse vengono
collocate). Il campo associato all’universo è chiamato Campo Spazio-Tempo (CST) e sarà
rappresentato, nella forma di base più elementare da un elemento a dimensione scalare, indicato
con Ξ.
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Par 2 ) L’accoppiamento “massivo”
Anche la massa delle particelle deve essere espressa mediante una proprietà del CST.
Ricordiamo la relatività generale dove il reticolo spazio-temporale è “incurvato” dalla “massa”
degli oggetti. La massa diventa così una Caratteristica Agente (Carica Gravitazionale Γ) che
agisce sullo S-T, attraverso il campo gravitazionale (agente intermediario). Ciò lo si può mostrare
facilmente ricorrendo anche alla dinamica newtoniana delle forze gravitazionali espresse tramite la
carica gravitazionale Γ.
Osservando un oggetto massivo in caduta libera sulla terra abbiamo:

Γ Γ
 FT ,O = G  T 2 O

 RT ,O
 F =m g
T ,O
g







Γ
⇒  g =  G 2T
 R

T ,O

 ΓO

 m
 g




(3)
Il principio di equivalenza (tutti i corpi cadono con la medesima accelerazione g) non ammette la
presenza del termine (Γ
Γ/mg); ciò conduce all’equivalenza tra la carica gravitazionale Γ e la massa
gravitazionale mg (intesa come “resistenza” alla forza gravitazionale o inerzia gravitazionale).
Se poi (vedi letteratura) ricordiamo che qualunque esperimento mostra sempre l’equivalenza
(mg ≡ mi), con mi la massa inerziale, seguirà che [mi ≡ mg ≡ Γ] ovvero l’inerzia (m) di un oggetto
diventerebbe una “caratteristica agente”.
Così, tenendo conto della relatività generale e della “connaturale” struttura di base tra Agente
(particelle massive) e Agente Intermediario (campo gravitazionale) ne deriva che la massa (carica
agente) di una particella deve essere espressa da una proprietà fondamentale del CST di base.
Ipotizziamo allora che la massa sia espressa da un particolare “accoppiamento elastico” (definito
“Accoppiamento Massivo”) che si può formare tra gli oscillatori del CST di base (Ξ
Ξ ).
Per comprendere meglio questa congettura, ricorriamo all’invariante relativistico dato dal tempo
proprio (ττ) ovvero il tempo locale di un orologio.
Nello S-T 4-dim. (x,y,z, ict) interpretiamo la componente temporale della 4-velocità (u4 = ic) come
l’indice di un “movimento nel tempo” con (ic) per velocità.
La successione degli eventi in un qualunque SR (anche se avviene con velocità immaginaria) può
essere allora interpretata come “l'indice dello scorrere del tempo” in esso. Questo aspetto è
associato all'oggetto massivo, perché nel momento in cui esso prende esistenza si “muoverà nel
tempo”. Deve allora esistere una caratteristica propria dell'oggetto che è connessa con questo tipo di
moto, anzi ne è la generatrice. Rileviamo che il moto “uniforme” nel tempo (u4 = ic) ci ricorda
l'orologio. Pertanto deve esistere “all'interno” dell'oggetto-particella un movimento periodico che
genera in essa il movimento nel tempo.
Parleremo di un “orologio interno” con ωο la relativa frequenza di scansione. Congetturiamo
allora che la caratteristica propria connessa al tempo proprio τ dell'oggetto coincide con la sua
massa propria (m0 ). A sostegno di ciò, ricordiamo il concetto di “generatrice del moto” associato
alla funzione Hamiltoniana H e all’energia che questa rappresenta.
La nuova concezione del “moto nel tempo” insieme a quella del tempo proprio, ci fa comprendere
meglio il concetto di energia a riposo (E0), parlando adesso di essa come di una “energia di
movimento nel tempo”.
Se la “velocità nel tempo” è c, si può congetturare che E0 ∝ mc2 (ricordandoci dell’espressione
classica dell’energia cinetica); segue allora:
 m ∝ω 0
==> E 0 ∝ ω

2
 E 0 ∝ mc
0
(4)
6
Ricordando la Fisica Quantistica, avremo:
 E 0 = mc

 E 0 = hω
2
hω 0
c2
==> m =
0
(5)
Questa relazione ci induce a ipotizzare che la massa sia l’espressione della frequenza propria
associata ad un particolare accoppiamento elastico (accoppiamento massivo), che potrebbe
aggiungersi a quello già esistente tra gli oscillatori del CST (Ξ
Ξ ).
Poichè la (5) è una relazione tipicamente quantistica si può congetturare che la natura
dell’oscillatore di campo (Ξ
Ξ) sia quantistica: parliamo allora di un “Intrinseco Quantistico
Oscillatore”, indicato dall’acronimo IQuO.
Inoltre, se la frequenza ω0 è generatrice del tempo proprio (ττ) associato alla particella massiva, per
simmetria deve esistere una “lunghezza d’onda” (D
D0) che ne generi lo “spazio proprio”!
Ricordando la relazione di De Broglie, possiamo avere che:
 p 0 = mc

 p = h 2π
 0
λ0
===> D
0
=
h
≡D
mc
c
(6)
Affermiamo allora che la relazione D0 = h/mc (lunghezza d’onda Compton) definisce il “passo
spaziale” del reticolo S-T proprio della particella.
Evidenziamo allora che solo quando si determina l’accoppiamento “massivo” tra gli “oscillatori”
del CST (Ξ) si può parlare di Tempo proprio come di Spazio proprio.
L’accoppiamento massivo sarà così “aggiuntivo” a quello presente nel campo-fondo (Ξ
Ξ );
assoceremo allora ad una particella massiva un CST a carattere “massivo” indicato con (Ξ
Ξ ).
Ciò ci permette di affermare che un oggetto massivo introduce nel CST (Ξ
Ξ) di base presente
nell'universo U, un reticolo spazio-temporale (Ξ
Ξ ) che può “fare” da Sistema di Riferimento.
Pertanto una particella massiva di dato impulso sarà costituita da un reticolo di oscillatori
accoppiati, il cui aspetto più elementare sarà dato da una “catena” di IQuO con passo D0.
E’ intuitivo rilevare che i reticoli di due differenti particelle (al posto di una particella potremmo
sostituire il reticolo S-T costituente il SR del laboratorio) differiranno per una diversa orientazione
del sistema 4-dim di assi Spazio-Tempo, le cui coordinate saranno collegate da trasformazioni di
Lorentz.
Ricordando poi l’espressione dell’energia relativistica, la relazione di De Broglie [(p = hk)] con
[k = (2π/λ)], la relazione di Einstein [E = ( hω )] e la relazione (5) relativa alla frequenza propria
ω0, possiamo scrivere
E 2 = m2c 4 + p 2c 2

ω 2 = ω 02 + k 2 c 2
(7)
7
Si sottolinea che la seconda equazione descrive un sistema elastico [1] dato da pendoli accoppiati
con molle. Possiamo congetturare allora che l’accoppiamento massivo (Ξ
Ξ) sia l’espressione di un
“accoppiamento trasversale” (T0) tra più catene (almeno due) di IQuO del campo base Ξ .
MASSIVE LATTICE
T0
X
L=D
T0
K
M
M
L=D
massive coupling
basic coupling
FIG.1
Par 3. Il Campo Sazio-Tempo Universo
L’accoppiamento trasversale costruisce così un reticolo “massivo” che rappresenterà una particella
massiva. Ciò ci spinge a supporre che l’universo, in termini elementari, è come un immenso
“Campo” a Reticoli di IQuO (Ξ
Ξi, Ξi) in cui si propagano perturbazioni elastiche di vario genere
(particelle) che determinano in “itinere” il tipo di accoppiamento (diverse strutture del campo base
(Ξ
Ξi, Ξ i )). Indichiamo genericamente con Ξ ≡ (Ξ
Ξ, Ξ) il campo Spazio-Tempo che esprime
l’Universo e che chiameremo “Campo Spazio-Tempo Universo” (CSTU).
Tuttavia non dobbiamo considerare il CSTU (Ξ
Ξ) come una sorta di “etere” elastico che pervade uno
spazio assoluto, aspetto smentito dalla teoria della relatività, perché esso stesso è lo
Spazio-Tempo.
Ricordandoci che un accoppiamento massivo introduce un SR locale (Σ0) con un “moto” nel tempo
proprio (ω0) e la nascita di una “dimensione spaziale”(D0), possiamo allora considerare l’universo
come l’insieme (Σ
ΣU) dei sistemi di riferimento locali (Σ0) associati alle particelle massive.
Le Trasformazioni di Lorentz (TL) costituiranno l’insieme di relazioni spazio-temporali che
intercorrono tra due reticoli di IQuO (SR) rappresentativi di due distinte particelle massive.
Ammettiamo anche la possibilità (vedi la teoria della relatività) di poter costruire un unico S.R (Σ
ΣC)
dove si definisce un tempo proprio (τC) e uno spazio proprio (D
DC), come può essere ad es. il SR del
laboratorio di Fisica o quello di una galassia (si veda la concezione del SR “comovente”).
Inoltre ad un insieme di particelle identiche con massa mi possiamo associare (vedi Fig.1) un
reticolo a più catene di IQuO (con accoppiamento aggiuntivo Ξ), che chiamiamo universo-reticolo
Ui. , con passo spaziale Di e passo temporale τi dato dalle relazioni:

 h 
τ i =  2 

 mi c 

 τ =  D i 
 i  c 
(8)
E’ evidente così che l’universo U sia costituito dall’insieme totale degli universo-reticolo Ui.
8
Par. 4 Principi Cosmologici
Il primo principio della relatività afferma l’impossibilità, tramite esperimenti fisici, di rilevare il
proprio laboratorio in moto rispetto ad un sistema di “Riferimento Assoluto”.
Lo stesso deve valere per le osservazioni astronomiche.
Infatti un osservatore [2] non può essere “privilegiato” (per l’invarianza delle leggi della fisica)
rispetto ad altri osservatori dell’universo rilevando diversi e particolari moti della lontana materia
galattica. Ciascun osservatore rileva così lo stesso tipo di moto della materia galattica (escludendo i
moti locali). Parleremo di “Omogeneità” del moto relativo su grande scala.
Tuttavia questo identico moto delle galassie potrà esistere solo se ogni osservatore si pone al
“centro” dell’universo osservato ovvero non esiste un osservatore che si localizzi in una qualche sua
“periferia”.
Combinando queste asserzioni otteniamo un universo in cui il moto relativo “ apparente” dei vari
SR (galassie) deve essere “radiale” rispetto a qualunque osservatore (Isotropia).
Ciò comporta che un osservatore deve vedere in tutte le direzioni oggetti in allontanamento o,
in alternativa, in avvicinamento.
L’osservazione astronomica conferma l’aspetto dell’allontanamento rilevando attualmente un
universo in “espansione”.
Tuttavia la specifica modalità di allontanamento (espansione) non può essere ricavata da alcun
principio di relatività, per cui non ci resta che congetturare che essa possa essere l’espressione di
una qualche proprietà del CSTU.
Ciò rappresenta una novità, poiché nella letteratura cosmologica, l’espansione dell’universo è
introdotta dall’esterno come legge empirica coerente con le proprietà dell’omogeneità e
dell’isotropia assegnate ad esso. Alcuni aspetti quali:
1. Assegnare ad un accoppiamento massivo del CST (Ξ
Ξ) un locale SR spaziale e temporale.
2. Assegnare ad una particella massiva una dimensione spaziale data dalla sua lunghezza
d’onda Compton Dc
ci possono indurre a credere che l’espansione dell’universo sia collegata all’accoppiamento
massivo del CST (Ξ
Ξ ), che insorge in (Ξ
Ξ ) quando nasce una particella massiva.
Nel momento in cui una particella massiva si forma insieme al suo reticolo S-T, siamo costretti ad
“aggiungere” così spazio e tempo all’universo perché essa stessa è spazio e tempo.
Da ciò possiamo asserire che: la nascita di particelle massive aggiungerebbe “spazio” e
“tempo” all’universo, tramite la comparsa di catene massive di IQuO.
Tuttavia riteniamo che solamente alcuni processi di formazione (per creazione di coppia) di
particelle massive contribuiscono alla creazione di spazio e tempo in U. Raggruppando le particelle
massive in specie (vedi il modello standard) e ritenendo che le diversità tra le particelle siano
attribuibili alle diverse strutture di accoppiamenti degli IQuO del campo base (Ξ
Ξ , Ξ), possiamo
pensare a processi di creazione di massa in U che riguardano le particelle di base delle famiglie
fondamentali del modello standard. Nella famiglia dei leptoni la particella base è l’elettrone mentre
in quella dei quarks potrebbe essere il barione fondamentale quale il nucleone.
Facciamo notare che nell’attuale universo una “notevole” trasformazione di energia in massa, che
coinvolge elettroni e nucleoni, avviene quasi esclusivamente dentro le stelle (per decadimento beta),
senza tuttavia escludere altre modalità di formazione di particelle massive che “accrescono” lo
spazio. Rileviamo (al di là del meccanismo di produzione di massa), che se la nascita di una
particella massiva di base di dato impulso (costituita da una catena di IQuO con passo spaziale Dc)
avviene in una locale regione dell’universo, il conseguente aumento di “volume” dell’universo, per
l’aggiunta di un reticolo-catena, sarebbe espresso in termini globali.
Ciò perché la funzione d’onda associata ad una particella (onda piana - catena di IQuO), per la
teoria quantistica, ha una “estensione” uguale a quella dell’universo.
9
In questo modo, oltre che essere sorgenti di un campo gravitazionale, le galassie potrebbero essere
sorgenti di un “campo a contenuto di spazio crescente” ovvero “campo espansivo”.
Par. 5 La legge di Hubble
Consideriamo (vedi fig. 2) due oggetti posti inizialmente alla distanza λ su di una qualunque linea
spaziale dell’universo (rispettivamente punti (O,A)).
τ
AO
I
E
L
C
M
F
N
B
τ
O
E
C
F
B
G
D
H
A
τ
O
C
B
D
A
VOA
τ
O
B
A
VOA
O
λ
O
G
P
D
Q
H
R
A
VOA
A
FIG. 2
Dopo un tempo τ (periodo proprio di oscillazione di una particella massiva posta in O) si forma una
cella di spazio di ampiezza λ (un IQuO), dovuta alla comparsa di una catena massiva (m) in un
qualche punto dell’universo che taglia trasversalmente la linea in questione. In questo modo la
distanza tra l’oggetto di colore bianco e quello giallo diventerà il doppio rispetto al passato. Se la
distanza è diventata il doppio, nel successivo intervallo di tempo τ, tra una cella qualsiasi e quella
attigua si aggiungerà un’ulteriore nuova cella per lo stesso meccanismo accennato sopra: il numero
di celle aggiunte sarà doppio rispetto a quello precedente. Ciò comporterà un fenomeno di
espansione (allungamento della linea) descritto in figura.
Se al posto dei punti abbiamo delle galassie otteniamo un fenomeno di continua espansione
dell’universo dove la velocità “apparente” di allontanamento da noi cresce all’aumentare della
distanza reciproca (legge di Hubble).
Osserviamo che anche l'oggetto in B (galassia rossa) segue (rispetto alla galassia bianca in O) la
stessa sorte della galassia gialla (A). Inoltre un immaginario osservatore posto nella galassia rossa
descriverebbe l’allontanamento della galassia gialla allo stesso modo dell’osservatore della galassia
bianca, stabilendo così un’equivalenza descrittiva dell’espansione (Universo omogeneo).
Appare chiaro allora che la legge di espansione che si ricava da un sistema fisico “Universo” in cui
ad ogni intervallo di tempo tra due oggetti (galassie) si crea ulteriore spazio (space-cell) a quello
preesistente sarà data da:
V = Hd
(9)
con H una costante spaziale che rappresenta il tasso di incremento dello spazio.
Come abbiamo già detto, per comprendere meglio l’espansione attraverso la creazione di spazio
occorre ritenere che la formazione della catena di IQuO, associata ad una nascente particella
massiva, avvenga in termini istantanei in tutto l’universo.
VOA
10
Ciò non è una novità: la teoria quantistica associa in tutto lo spazio un’equazione d’onda al campo
rappresentativo di una particella non appena questa si crea (si veda il problema epistemologico
della riduzione della funzione d’onda). La relatività tuttavia non viene violata poiché lungo la
catena che si forma non viaggerebbe nessuna informazione (sono i quanti del campo che trasportano
informazioni per modulazione alla velocità di gruppo). La formazione della IQuO-catena avverrà
alla velocità di fase che può essere maggiore di quella della luce, determinando intervalli di tipo
spazio: ci sarà un SR nell’universo dove la costruzione della catena è osservata istantaneamente in
tutta la sua estensione!
La comparsa di space-cell in un segmento spaziale tra due oggetti comporta che la luce nel suo
cammino lungo tale segmento attraversa spazi sempre più crescenti in proporzione alla distanza
iniziale: ciò equivale ad un reciproco allontanamento degli estremi (come viene posto nella
cosmologia ortodossa dove Vespansione = Vallontanamento). Il red schift sarebbe così espresso
nell’ambito di un effetto Doppler [3].
Tuttavia se noi vediamo l’espansione come “stiramento” dello spazio (vedi letteratura) oppure (in
maniera equivalente) come conseguenza di “creazione” di spazio potremmo spiegare più
approfonditamente il “red shift”.
In questa trattazione la luce, emessa da una sorgente lontana, mostra uno spostamento verso il rosso
perché il fotone lungo il suo cammino (il quanto che si propaga lungo la catena di IQuO del campo
base Ξ) viene attraversato da nuove catene di IQuO che aggiungono space-cell alla sua catena e lo
costringono ad adattare la sua lunghezza d’onda.
Se il fotone durante un’oscillazione τ viene attraversato da una nuova catena (quanto di IQuO di
campo massivo allo stato di vuoto) si troverà nelle stesse condizioni di un oscillatore forzato: subirà
inizialmente degli sfasamenti seguiti poi da adattamenti sia in lunghezza d’onda (stiramento di λ),
perché lo spazio di una space-cell durante un’oscillazione è cresciuto, sia nel periodo (dilatazione
di τ)!
11
Par. 6 La legge di accrescimento
In letteratura si rappresenta l’espansione dell’universo come l’espansione di una superficie sferica
(4-dim).
Se disegniamo al computer una superficie circolare 2-dim che simuli la superficie di una sfera
3-dim. per ottenere una “sfera” più grande occorre “cliccare” col mouse in un vertice del quadrato
che la contiene (punto A) e poi spostarlo diagonalmente.
Y
Y
A
X
FIG. 3
La trasformazione di “espansione” della superficie sferica corrisponde (per il programma di
D) lungo gli assi X e Y, che sulla superficie “sferica”
elaborazione) ad aggiungere passi elementari (D
2–dim. divengono due distinti meridiani. Se n è il crescente numero di passi per ciascun asse,
l’espansione sarà ottenuta dalla relazione [N = n2] dove N sono i punti sulla superficie sferica
“crescente” che aumentano di numero all’aumentare dei punti sul raggio R, seguendo la legge
S = 4π
πR2.
Pertanto un universo U che crescerebbe seguendo la legge N = n2 (con N il numero di particelle ed n
il numero di step “temporali”) aumenterebbe in “superficie” come accade ad una superficie sferica
in espansione.
Tuttavia, dalle osservazioni astronomiche, un universo isotropo visto da un qualunque osservatore
locale O appare come una sfera centrata in O in cui le galassie distanti Ri da O si collocano sulla
superficie sferica di raggio Ri, e così via.
m
Rj
m
O
m
O
m
m
Ri
m
m
FIG. 4
12
L’universo in tal caso è visto da qualunque osservatore come uno spazio 3-dim (in realtà è 4-dim.)
anche se la sua espansione è descritta essere “2-dim.”, come quella di una superficie che si dilata
isotropicamente.
In un universo a creazione di massa-spazio, avremo per un qualsiasi reticolo Ui (3-dim), che
(Ri)n = nDi. Segue:
 S n = 4πR n2
⇒ S n = 4πn 2 D 2

 R n = nD
(10)
Sn varia al crescere di Rn; l’indice n sarà allora una funzione del tempo: n n(t); calcoliamo le
seguenti derivate:
dS n
d

=
4πn 2 D 2 = 8πn D 2

dn
dn
 dS
d
 dR 
 n =
4πR n2 = 8πR n  n  = 8πR n V n
 dt
dn
 dt 
(
(
) (
) (
)
)
(
)
(11)
Un universo in evoluzione ammette un tempo t crescente (per un qualunque osservatore) come
t = n τ, da cui
t
n(t ) =  
τ 
(12)
Calcoliamo la seguente derivata
dS n
d
dn
4πn 2 D 2 = 8πn D 2
=
= 8πnD 2
dt
dt
dt
(
) (
)
(
) τ1 
(13)
 
e combinando con la (11) segue
 dSn
2 1
 dt = 8πnD  τ 
 

dS
n

= 8πRnVn
 dt
(
)
(
(14)
)
Avremo
(8π n D ) τ1  = (8π R V ) ⇒ (n D ) τ1  = (R V )
2
2
 
n
n
 
n
(15)
n
ricaviamo Vn
 1
V n = 
 R nτ
2
   Rn   Rn
R
  n
= n
 =
τ
   n   nτ
(16)
13
dove abbiamo posto t = tU = τ. Ponendo [ H =1/τ ] otteniamo
Vn = HRn
(17)
che costituisce proprio la legge di Hubble.
Par. 7 Bilanciamento Massa-Spazio
Un universo piatto è coerente con quella soluzione cosmologica della relatività generale che
ammette un “equo bilanciamento” tra massa e spazio. In una qualunque teoria cosmologica
emergono due possibilità distinte sul bilanciamento Spazio-Gravità:
1) Questo può essere un aspetto invariante dell’universo, sin dalle sue origini ( come afferma la
cosmologia relativistica)
2) Questo può essere raggiunto solo in un particolare momento dell’evoluzione cosmica (vedi
la cosmologia inflazionistica)
In una teoria dove la massa è sorgente di spazio come di gravità, noi possiamo ammettere che se
aumenta il numero di particelle massive nell’universo, generando più gravità, cresce anche lo
spazio con un conseguente indebolimento della gravità.
Intuiamo allora che, durante l’accrescimento dell’universo, sia possibile avere una fase in cui si ha
un equo bilanciamento tra gravità e spazio.
Ricordiamo che in un universo espansivo è possibile l’equivalenza:
espansione ≡ allontanamento (mostrata in figura):
Vespansion
m
Vescape
mi
R
R
mi
M(UR)
Equivalents
m
mi
mi
mi
mi
M = Σmi
FIG.5
Lo stesso avremo in un universo ad “accrescimento spazio-massa”.
Se alla gravità associamo un’energia gravitazionale (Ugrav), alla creazione di spazio, che allontana
reciprocamente le galassie, associamo un’energia cinetica di “allontanamento” (Kesp), dove la
velocità di espansione può diventare una velocità di fuga.
Una condizione di equo bilanciamento tra gravità (massa) e spazio sarà allora espressa dalla
relazione [Kespansione = U gravitazionale ].
14
Da questa condizione di uguaglianza, in un qualunque sistema gravitazionale si ricava la ben nota
velocità di fuga
v f2 ( R ) = G
2M
R
(18)
Se combiniamo questa relazione con la legge di Hubble (con la condizione che la velocità di
espansione di una sfera di raggio R è equivalente ad una velocità di fuga da un centro distante R):
 vR = H R R

v 2 ( R) = G 2M R
 e
R
(19)
otteniamo
2M R

2
( H R R ) = G
R

(20)
da cui si ricava facilmente
ρR =
 3
MR
3M R
=
=
3
 8π R 2
Vol
4π R

 2 M R   3

=
 R   8π R 2


 H R2 R 2

 G

 3 H R2
=
 8π G

(21)
Valida per qualunque distanza R e per qualunque istante t di un qualunque osservatore locale.
Ritroviamo così la densità critica ben nota dalla letteratura:
ρC =
3H 2
8π G
(22)
Condizione questa che si trova nella cosmologia relativistica e newtoniana [2] per un universo
piatto.
Tuttavia se nella cosmologia relativistica la geometria dell’universo rimane invariata nel tempo (dal
B.B ad oggi), nella presente trattazione la metrica potrebbe cambiare nel tempo perché dipendente
dai ritmi di crescita dello spazio e della gravità. Solo se viene raggiunto un equo bilanciamento di
crescita tra spazio e gravità l’universo raggiunge la condizione di universo piatto (Universo
Critico).
Par. 8) The Ui Lattice-Universe
Le relazioni che identificano un qualunque universo-reticolo ad “accrescimento” sono date da
{[R = nD ] , [τ = nτ ] , [H = 1 / τ ] , [N = n ]}
2
(23)
La comparsa di masse mi implicherebbe uno spazio aggiuntivo e quindi una crescita del raggio R
dell’universo Ui con passo spaziale dato da Di.
15
In un qualunque universo reticolo Ui(mi), avremo anche che la costante di accoppiamento
gravitazionale α assume il valore:
(α i ) =  G (mi2 )
(24)
 hc 
si rileva inoltre che
 mi
 3
Di

 m i3 c 3
 = (m i ) 3
 h
 Ui
  m i2 c 4
 =  2
  h
 m i2

 h c
  1
 =  2
 τi
 α i 
 
 G 
(25)
Il primo universo – reticolo Ui che abbia avuto origine sin dai primi istanti dell’universo potrebbe
essere quello costruito sul valore della massa di Planck,
mpl =
hc 5
G
(26)
che verrà indicato con (Upl) e definito Universo di Planck.
Se invece consideriamo un universo-reticolo Ui (relativo a masse mi < mpl) avremo
 Nmi 
 3
=
 =
 Vol Ui  4π
(ρ (n ))Ui
 Nmi 

3
 [(n )D i ] 
Ui
 N  3
=  3 
 n  4π
 mi 

3
 (D i ) 
Ui
 3
= 
 4π
 α i  1 

 (27)
2 
 Gτ i  n Ui
Mentre
(ρ C (n ))Ui
 3
=
 8π
2
 3
 H 
 3  1 
 =  
=


2
 G Ui  8π  G (nτ ) Ui  4π
 1

2
 Gτ i
  1
  2
  2n
 



(28)
Si rileva che l’universo Ui diventa a densità critica quando il suo numero di passi temporali ni è tale
che si verifichi
ni =
1
≡ ni
2αi
(29)
seguirà allora che
(ρ (n i ))Ui
= ( ρ C (n i ))Ui
(30)
Si rileva che
(ρ (n ))
Ui
n < ni
< (ρ C (n i ))Ui
(31)
16
per n < ni avremo un Ui aperto.
Per n > ni avremo invece
(ρ (n ))
Ui
n > ni
> ( ρ C (n i ))Ui
(32)
ovvero un universo Ui chiuso.
Avremo il seguente andamento all’aumentare di n
ρ(n)
ρc(n)
ρn
ρc
n
ni
FIG. 6
Il tempo τc per raggiungere la densità critica sarà dato da
 τ 
τ c (U i ) = (n i )c τ i =  i 
 2α i 
(33)
Troviamo che:
 τ
τ c (U i ) = (n i )c τ i =  i
 2α i
  1  h
 =  
2
  2  m i c
 h c

2
 Gm i
  h2 
 = 

3 
  2Gm i c 
(34)
Come esempio consideriamo gli universi-reticolo dell’elettrone Ue e del protone Up trovandone
rispettivamente i tempi “critici”.

h2 
 ≈ (3.69 )(10 )23 sec ≈ (1 .2 )(10 )16 Y
3 
 2Gm e c 
τ c (U e ) = 
 h2 
 ≈ (5.9 )(10 )13 sec ≈ (1 .9 )(10 )6 Y
τ c (U p ) = 
3 
 2Gm p c 
(35)
(36)
17
Si rileva che il primo tempo è enormemente più grande dell’attuale probabile età
dell’universo U, mentre il secondo ne è molto più piccolo.
Sempre relativamente ai due universo-reticolo Ue e Up, avremo nella fase critica che
 (ρ c ) p

 (ρ )
 c e
  3 H p2  8πG   H p2 


=
 
  8π G  3 H 2  =  H 2 
e 
 

 e 
( 37)
come anche dalle (24) e (29) si ottiene
  α p   m 2p 
 =  2 
 
α
  e   me 

 α p  =  (ne )c 
 α   (n ) 
 e   p c 
(38)
e quindi
((n ) m ) = ((n ) m )
2
p
p c
2
e
e c
(39)
Esprimendo il tutto in D
2
2

 

 (n )  h   =  (n )  h  
 p c D c    e c D c  
 e  
 p   

(40)
segue in definitiva che
((n ) D ) = ((n ) D )
2
e
p c
2
p
e c
(41)
poniamo
4πD 2 = S
(42)
definendola come “Superficie Compton” della particella.
Avremo allora che
(n ) S = (n ) S
p c
e
e c
(43)
p
In generale avremo
((n ) S ) = ((n ) S )
i c
j
j c
i
(44)
18
come anche
((n ) D ) = ((n ) D )
i c
2
j
j c
2
i
(45)
Par. 9 The U* Lattice-Universe
La superficie (ni)c Sj può essere definita in un reticolo universo U(i,j) “associato” ai due reticoli Ui
e Uj .
Definiamo allora il reticolo universo intersezione di due reticoli universo Ui e Uj :
(U
i
IU j ) = U *
(46)
Estraendo la radice quadrata nella (45) avremo:
(( n ) D ) = (( n ) D )
i c
j
j c
(47)
i
Segue anche:
ni
(( n ) D ) = n (( n ) D )
i c
j
i
j c
(48)
i
e quindi
((n ) D ) = [( n ) ( n ) ](D )
i c
j
i c
j c
(49)
i
Potremmo inoltre pensare che (ni)c Dj sia il raggio R* di U*. Avremo allora che:
(RU* ) = ((ni )c D j ) = [(
ni
) ( n ) ](D )
c
j c
i
Consideriamo l’intersezione dei due reticoli universo Up e Ue
(U *)( p,e) = (U p I U e )
(51)
(50)
19
Avremo geometricamente
U*
U*
Sp
Se
(ne )c Sp
(np) c Se
FIG. 7
Se guardiamo l’attuale universo U che è costituito principalmente da protoni (nucleoni) e da
elettroni potremmo credere che U sia “costruito” con l’universo (U*)(p,e) intersezione dei due
reticoli Up ed Ue: U  (U*)(p,e) . Per quanto sostenuto in questo studio ne deriverebbe che
(U*)(p,e) potrebbe ben approssimare il nostro universo U: U ≡ (U*)(p,e)
Avremo dalla (50) che
(R *)( p,e) = ((np )c D e ) = [(
np
) ( n ) ](D )
e c
c
p
(52)
Evidenziamo che questa relazione è valida in un universo in fase “critica”.
Allora potremmo sviluppare il seguente sistema di relazioni:
 (R *)( p,e) = (np )c D e 
(R *) = c(τ *) 
c
( p,e)
( p,e) 

(53)
che ci permetterebbe di ricavare l’età critica τc dell’universo (U*)(p,e).
Essendo (U*)(p,e) intersezione di due universo-reticoli a metrica variabile possiamo asserire che
anch’esso si evolve passando da una fase espansiva a metrica aperta ad una a metrica chiusa
attraverso una fase a metrica piatta.
L’intersezione dei due reticoli Up ed Ue esprime essenzialmente una relazione di “connessione”
fisica tra due sistemi, quali quello dei nucleoni e quello degli elettroni.
L’esistenza di una connessione fisica in (U*)(p,e) si esprime modificando la relazione (43):
(ne )c S p = k (n p )c Se
(54)
dove la costante k troverebbe origine nel rapporto delle densità di massa dei due reticoli Up ed Ue.
Ciò comporta (vedi l’eq. 52) di avere
(R *)( p,e ) = k ((n p )c D e )
(55)
20
Dobbiamo trovare il valore di k.
La connessione fisica tra i sistemi fisici dei nucleoni e degli elettroni presenti nell’universo
(espressa dalla presenza del fattore k ) potrebbe essere determinata dal decadimento debole del
nucleone ovvero dai processi
(
(
)
)
n → p + l − + ν 


+
 p → n + l +ν 
(56)
dove l è un leptone carico e ν è il neutrino.
Non dobbiamo dimenticare che un eventuale decadimento beta di un nucleone libero può essere
accaduto solo dopo 10 minuti dal B.B di U, per cui se U  (U*)(p,e allora da quel momento in
poi possiamo pensare ad un’evoluzione di U (U*) determinata da una crescita di Ue che risente del
contributo aggiuntivo dato da elettroni generati nei processi di dec. β. (si veda il fenomeno di
fusione 4H He all’interno delle stelle).
Segue che la superficie di Compton di Ue passerà dal valore S al valore S’= k S.
[(n ) (S )' = (n ) S ]⇒ [(n ) (kS ) = (n ) S ]
p c
e
e c
p
p c
e
e c
p
(57)
Ogni processo di fusione dà un contributo ad Ue pari a 2e ovvero a 2De, a cui seguirà un incremento
della superficie Compton da S = (De)2 ad S’ = (2De)2 = 4(De)2. Segue
[(n ) (S )'] ⇒ [(n ) (4 S ) = k (n ) S ]
p c
e
p c
e
p c
(58)
e
trovando così che k = 4. Pertanto dalla (55) avremo che:
(R *)( p,e) = 4(np )c De
(59)
Il tempo (τc)* per raggiungere la densità critica sarà ricavato dal sistema di relazioni
 (R *)( p ,e ) = 4(n p )c D e
(R *)
( p ,e ) = c(τ c *)( p ,e )

(60)
e quindi
 k (np )c D e 


c

k =4
(τ c *)( p,e) = 
(61)
Ricordando la relazione (29) tra (nc)i e αi si troverà:
 k (n p )c D e 
 4(n ) D   2D 
 = p c e  = e 


  cα 
c
c

 k =4 
  p
(τ c *)( p,e ) = 
(62)
21
Potremmo anche sostituire αp αn del neutrone dato che il processo di fusione determina
l’insorgere di 2 neutroni. Effettuando i calcoli ( approssimando alla terza cifra decimale) otteniamo
(τ c *)( n ,e )
 2D e
= 
 cα n
(
)
( )

 (3.862) 10 − 13 (3.169) (10) -8 Y
 = 2 
8
− 39
 (2.998 ) 10 (5,921 ) 10

(
)

 = (13.78 ) ⋅ 10 9 Y

( )
(63)
Abbiamo ottenuto l’età “critica” dell’universo (U*)(p,e) !
Par 10. L’universo U
Se il nostro universo U è approssimato da U*, ovvero [U ≡ (U*)(p,e) ], allora l’età “critica” τc* di
U* sarebbe molto vicina all’età τ dell’attuale Universo U.
Le osservazioni [3] danno difatti un’età dell’universo pari a
(τ )U ≈ (13.72 ± 0.20) ⋅ (109 )Y
(64)
Dal confronto dei due tempi [ (τU ) ≈ (τc*) ], potremmo asserire che l’Universo potrebbe trovarsi
(o quasi) in una fase “critica” a metrica piatta!
Calcoliamo adesso la costante di Hubble di U* .
Avremo
 1  
1
 = 
H * = 
9

 τ U *   (13 .78 )(10 ) Y

 Km 
 = (70 .93 )


Mpc
⋅
s



(65)
Il valore H* va confrontato con quello sperimentale: H0 = (73±3) [Km/(Mpc)• (sec)]
Da questo valore H0 si trova proprio un’età dell’universo τU = (13.72±0.20) (10)9 Y ed una densità
critica di (ρc )U ≈ (9. 58) (10)-27 Kg.
Avendo che [H*< H0 ; τU* ≈ τU ] potremmo ritenere che nel prossimo futuro l’universo subirà una
diminuzione della velocità di recessione relativa ad una qualsiasi distanza. Ciò significa che nel
passato la velocità di recessione sarebbe stata più grande. Riferendoci al passato rileviamo che
l’andamento variabile della metrica, da aperta a piana, dovrebbe manifestarsi in un diagramma “red
schift-distanza galattica” a pendenza maggiore rispetto a quello lineare a metrica piana, con origine
il nostro presente. Ciò è proprio quanto si è rilevato nelle osservazioni astronomiche: l’espansione
dell’universo ha avuto un tasso di variazione più ripido nel passato (distanze maggiori) ovvero più
andiamo indietro nel tempo e più troviamo una velocità di recessione maggiore, come difatti
rivelano le osservazioni astronomiche.
Il nostro modello cosmologico di un universo ad accrescimento di massa-spazio, con metrica
variabile, potrebbe ammettere una precedente fase ad universo aperto che si avvia a diventare critica
(a metrica piatta) con dovuta riduzione della velocità di recessione.
Calcoliamo adesso la densità critica che dovrebbe raggiungere l’universo (U*)(p,e)
(ρ c )U *
 3
1 
− 27
3
=
⋅
 = (9 .455 ) ⋅ 10 Kg / m
2
 8π G (τ U * ) 
(66)
22
Ottenendo così che [(ρc)U ≈(ρc)U* ] .
Possiamo anche calcolare il raggio R*
RU * = c τ U * = (13 . 04 )(10 ) m
25
(67)
Con RU* ≈ RU
Per definizione la densità di massa attuale di U dipende dalla sua quantità di massa totale
(esprimibile in numero di nucleoni).
Sappiamo che la αn (neutrone) ci fornisce (vedi la 29) il numero di passi temporali che conducono a
(ρc)U* perché Un ⊆ U* .
Combinando con la legge di accrescimento

 1 

(α n )U * = 
2
n

 n U *
 (n 2 ) = ( N )
n c
n c

(68)
si può determinare il numero di nucleoni presenti un U* quando esso raggiungerà la fase critica.
(N n )*c

1
= 
2
 4 αn
( )
c


1
 =


 U *  4 (5 . 9209286
) (10 )
2
− 78

 = (7.13 ) ⋅ 10 75
U *
(69)
In U* la densità critica (in masse nucleoni) sarà pertanto:
 ( N n )c m n
 VU *
(ρ n )*c = 
  3  ( N n )c m n
 = 
= (1.29 ) ⋅ 10 −30 Kg / m 3

3
  4π  (cτ U * )
(70)
Rilevando subito che [(ρn)c ]*< (ρc*).
Avendo però posto che Un ⊆ U* dovremmo avere che
(N n )Un = (N n )U *
(71)
perché lo step temporale (τn) di U* coincide con quello di Un .
Dovremmo allora trovare che [(ρn)c ]* ≈ (ρc*) invece di ottenere [(ρn)c ]*< (ρc*). Avendo però
ipotizzato che U ≈ U* seguirebbe che (Nn)U ≈ (Nn)U*
Se calcoliamo la densità di massa nucleonica di U attuale (con la costante H° o il tempo τU )
otteniamo
(ρ n )U
 3  ( N n )c m n
=
= (2.61) ⋅10 −30 Kg / m 3 ≈ 2( ρ n )c

3
 4π  (cτ U )
(72)
La massa nucleonica (in generale barionica) costituisce quella che noi definiamo “materia
rilevabile” e che dovrebbe contenere in maggior parte quella “visibile” .
23
Se abbiamo ottenuto [(ρn)U ≈(ρn)c* < (ρ*)c ].allora nell’universo U (come in U*) dovrebbe esserci
più massa di quella rilevabile (problema della massa mancante)!
Notiamo inoltre che [(ρn)U = (2) (ρn)c* ] pur avendo effettuato i calcoli con lo stesso numero di
nucleoni N. Avere che la densità dei nucleoni di U* è metà di quella dei nucleoni di U può essere
dovuto al fatto che in (Un)* il numero N di nucleoni è riferito a singoli nucleoni mentre c’è da dire
che in U la comparsa di un nucleone (sia nell’ipotesi di un universo ad incremento di massa che
non) avviene sempre per creazione di coppie (conservazione del numero barionico).
Se abbiamo ottenuto che [(ρn)U = (2) (ρn)c* ] allora vuol dire che nel nostro universo dovrebbe
esserci l’antimateria con un numero di antinucleoni pari a quello dei nucleoni! Se ciò non accade
allora vuol dire che l’antimateria si è convertita in materia e in energia non massiva (non
conservazione del numero barionico). Ci potrebbe essere stata così nel passato una fase in cui
l’antimateria si sarebbe trasformata, quasi tutta, in energia non massiva (fotoni) e in materia.
Il risultato finale di questa trasformazione sarebbe dato da un eccesso del numero di fotoni rispetto a
quello dei barioni, come difatti si rileva dalle osservazioni astronomiche.
In U* osserviamo un rapporto:
 (ρ c )

 (ρ )
 n c

 (9 .454 )(10 )− 27
 =
− 30


 U *  (1.29 )(10 )

 = (7.33 )(10 )3


(73)
Si rileva che:
(ρ c )U *
 3
=
 8π
 H
 
 G
2
  3
 = 
  8π
  1

2
 G τ U *
  3  1   2 c α n
 = 
   
  8π   G   k D e
2
 3

 =  
  8π

2
 4 c
 
2
  Gk
  α n2
  2
 D e

 
 
(74)
Se elaboriamo l’espressione della densità di massa nucleonica troviamo:
(ρ n )U *
 3
=
 4π
 M n   3  Nm n
 3  = 
 3 3
 R   4π  c τ U
 3
= 
 4π
 1
 2
 4α n
 m n2α n3  8
 3 
 k  m D 3

 n e
 3
= 
 8π
2
 4c

2
 Gk
 α n2
 2
 D e
 D n

 kD
 e
  3
=
  4π

3
 3
 2α n c 
 = 

 kD e 
 4π
 Nm n
 3
 c
  3
 = 

  8π
2
 m n
 3
 k
 1 D

 = (ρ c )  n
 k  D e

 4α n

 m D 3
 n e
  3
 = 

  8π
2 3
 Nm n α n  8

3
 m D 3
 k
 n e
 α n hc  4α n


3
3
 Gk  m n D e

 =

 

 =

 
(75)



Se confermiamo che k = 4 avremo
 D
 (ρ c ) 

 =  4 e
 (ρ n )  U *   D n
   m n
  =  4
   me
    (1.675 )(10 )− 27
  =  4 
− 31

    (9.109 )(10 )

  = (7.35 )(10 )3

 
(76)
A meno di qualche approssimazione ritroviamo il rapporto dato dalla (73).
Ciò conferma che la differenza dei valori delle densità in U* ha origine proprio dalla ipotizzata
connessione dei due universi-reticolo Un e Ue. Ribadiamo comunque che se l’universo U è
un’approssimazione dell’universo-reticolo U* (con U* = Un ∩ Ue ), allora dovrebbe avere una
densità di materia nucleonica notevolmente minore della densità critica, come accade proprio in U*
dove (ρn)c* < (ρc)*. Ciò è proprio quello che accade nel nostro universo (a metrica piatta come
U*): la densità nucleonica (“materia visibile”) risulterebbe mille volte più piccola della sua densità
critica.
24
Questo aspetto, come sappiamo, è noto come “problema della massa mancante” nell’universo U.
Par. 11 L’Universo Upl
Parlare di universo senza particelle massive non ha significato perché, come abbiamo già sostenuto,
queste definiscono lo Spazio-Tempo dove esistere fisicamente.
La nascita dell’universo U coinciderebbe pertanto con la formazione del primo accoppiamento
massivo nel campo base S-T (Ξ) dato dalla comparsa della particella di Planck.
I dati di questa primordiale particella (D
D.pl, mpl, τpl) sono espressione delle tre costanti fondamentali
( h, G, c ).
D Pl =
Gh
−35
≈ (1.6)(10) m
3
c
(77a)
m pl =
hc
−8
≈ (2.2)(10) Kg
G
(77b)
 hG 
τ Pl =  5  ≈ (5.4 ⋅10-44 ) sec
 c 
(77c)
Il primo universo-reticolo associato alla massa di Planck è l’ Universo-reticolo di Planck (Upl) e
la sua “comparsa” è avvenuta ad un tempo ∆τ ≈ (5.4)10-44 sec dall’istante “zero”.
Rileviamo subito che l’ipotesi di connettere l’esistenza dello S-T alle particelle massive, ci induce a
non ammettere più una “singolarità” all’origine dell’universo, ma una space-cell finita della
dimensione della lunghezza d’onda Compton associata alla “prima” particella massiva (D
Dpl)!
Parliamo di una “bolla” iniziale delle dimensioni di Planck (R = Dpl).
Ciò è coerente con il principio di indeterminazione di Heisenberg. Una qualunque variazione di
energia ∆E di un sistema a spese di un altro deve soddisfare al principio di indeterminazione.
∆E ⋅ ∆t ≥ h
(78)
La formazione della prima coppia di particelle massive in Upl implica una variazione di energia tra
il sistema Upl e un altro sistema, che per il momento indichiamo con Θ. Non solo ma la presenza di
particelle massive implica la presenza della forza gravitazionale;
scriveremo:
∆EUpl = ∆E grav
(79)
Costruiamo allora il seguente sistema di equazioni:
 ∆EUpl ⋅ ∆t scambio ≥ h

m2

∆
E
=
∆
E
=
G
grav
 Upl
r
(80)
25
Dove m è la massa della particella massiva relativa alla prima coppia apparsa. I principi di
indeterminazione e della relatività negano che il ∆t della durata dello scambio possa essere nullo
(interazione istantanea ≡ velocità di scambio energetico infinita). Se il ∆t ≠ 0 allora la regione
coinvolta nello scambio non può essere infinita perché la velocità di scambio dell’energia è a valore
finito.
Sostituiamo allora r ∆r e avremo:
 ∆EUpl ⋅ ∆t scambio ≥ h

m2

∆EUpl = ∆E grav = G ∆r
(81)
Segue:
 ∆EUpl ⋅ ∆t scambio ≥ h 
h
m 2   2 ∆r  h 

2 
  (82)
m ⇒ =G

⇒ m =
∆r  
∆t  G 
∆EUpl = ∆E grav = G ∆r   ∆t
Ma ∆r/∆t = c per cui avremo che


ch
≡ m pl  (83)
m =
G


Se la massa creata coincide con quella di Planck avremo anche che ∆r = Dpl.
Ne deriva che la prima coppia di particelle apparsa in questo universo è stata una coppia di Planck.
Inoltre qualunque possa essere stato il meccanismo di formazione delle particelle massive di Planck,
dobbiamo ammettere che il numero totale di particelle N presente in Upl sia dato sempre dalla
“legge di accrescimento” [N = n2], valida per qualunque universo-reticolo Ui.
Diamo la rappresentazione dello sviluppo di Upl
τ
U
τ
τ
τ
τ
τ
25
16
9
4 particle
n=5
n=4
n=3
n=2
n=1
1 particle
FIG. 8
L’età τpl dell’universo Upl sarà data da
τ pl = nτ pl
(84)
con n il numero di step temporali τpl.
26
Se il passo elementare di spazio dell’universo-reticolo Upl è Dpl avremo un raggio Rn crescente dato
da
(R n )Upl
= nD
(1 2 )
pl
= (N )
(D )
(85)
pl
Cerchiamo la relazione che fornisce la densità di massa di Upl ricordandoci che αpl = 1.
Avremo allora dalle (27) e (28) che:

 Nm 
 3  1   1 
pl 
(ρ (n ))Upl =  Nm  =  3 

=


3
2   

4
π
G
τ
 Vol Upl  4π  (nD pl ) 



pl  

 n Upl


Upl

2
(86)
 3  1   1 

 3  H 




(
(
n
)
)
=
=
ρ









C
Upl

2
2 


 8π  G Upl  4π  Gτ pl   2n  Upl

Il reticolo Upl risulterebbe, a differenza di qualunque altro Ui, sempre con densità maggiore di
quella critica qualunque sia il valore del numero intero n.
Upl sarebbe così sempre un “universo chiuso”.
Se calcoliamo il raggio di Schwarzwild
(RS )Upl
 2GM 
= 2 
 c Upl
(87)
di una massa M relativa ad un gruppo di particelle di Upl avremo che
(RS (n ))Upl
( ) 4π R
 2G ρ Pl
  2G ρ
(Vol ) =  2 Pl
= 
2
 c
  c
 3

3
pl
  8π
 = 
  3
3
 GR pl
 2
 c
  3
 
  4π
 
 1

2
 Gτ pl
 1 
  = 2n 2 D pl
 n 


(88)
Si rileva pertanto che
 n = 1 ⇒ (RS )Upl = 2D pl = 2(R1 )Upl > (R1 )Upl

2
n > 1 ⇒ (RS (n ))Upl = 2n D pl = 2n(Rn )Upl > (Rn )Upl
(89)
Ne deriva che Upl è un universo-reticolo ad aspetto di “buco nero” ovvero ogni particella di Planck
o gruppo di queste particelle determinerà sempre un buco nero che diremo “primordiale”.
Si osserva che da un universo chiuso primordiale in stato di buco nero (anche se crescente in
dimensioni spaziali) non potrebbe derivare mai un universo come il nostro.
Par. 12) L’universo Embrione
Se ammettiamo l’universo Upl come primo universo reticolo di un universo evolutivo a massaspazio crescenti, dobbiamo ammettere la possibilità che ad esso susseguono altri universi-reticolo
Ui a metrica non chiusa. Ritornando alle relazioni (27) e (28) osserviamo proprio che per αi ≠ 1 gli
universo reticolo Ui sono a metrica variabile, con metrica inizialmente aperta.
27
Ammettiamo così una fase primordiale dell’universo, che definiamo “Fase Embrione” o
“Universo Embrione” UE, dove riteniamo si siano formate le particelle fondamentali di base mi
relative ad universo-reticoli Ui. e dove il primo universo reticolo fu quello di Planck.
L’evoluzione dei vari Ui, seguendo sempre la legge di accrescimento [N = n2], determinerà una
relazione di massa tra mi e mpl data da
mi =
m pl
ni
(90)
Così al trascorrere del tempo e all’aumentare delle dimensioni della bolla iniziale in Upl si possono
formare, prelevando energia dal campo Ξ, coppie di particelle (bosoni scalari di “Klein-Gordon” a
Ψ complesso) con massa sempre più piccola (mi < mpl) e quindi una Di sempre più grande.
Una delle possibilità può essere data da fotoni di Planck che urtando particelle massive di Planck
perdono energia (aumentando in lunghezza d’onda) e generano successivamente coppie di particelle
massive più piccole di quella di Planck. I γpl (da coppie di Planck), con le loro rispettive catene di
IQuO di base (si può ritenere che un fotone-campo vettoriale sia una combinazione di campi scalari
di Ξ ), non occupando in UE l’accoppiamento massivo delle space-cell lasciano “spazio” libero per
la formazione di nuove coppie di particelle massive con (mi < mpl) espresse da onde progressive
che indicheremo con la successione (mpl > mR > mB > mV >… ). Quanto sostenuto determinerà a
nostro parere un universo simile a quello descritto dalla letteratura: uno stato composto da
radiazione e da particelle (Universo Caldo).
A sostegno della presenza dei fotoni di Planck ricorriamo al fenomeno dell’evaporazione di un buco
nero riportando la formula di Hawking [4] relativa al tempo di evaporazione di un buco nero:
∆t evap
(
( )
)
 (5,120 )(10 )3 πG 2 M 3 
=

hc 4


(91)
Calcolando il tempo di evaporazione di un buco nero di Planck ( Mbn = mpl)
∆t evap
(
( )
 (5,120 )(10 )3 πG 2 m 3pl
=
hc 4

= (8,407 )(10 )
−17
) = 


 3

 m pl =
4
4
-34
8
(
1.05457266
)
10
(
2.99792458
)
10


π (5,120)(10)3 (6.67259)2 (10)− 22
(
)
[(10,313)(10 ) ]sec = (8.670)(10)
-8 3
( )
− 40
( )
(92)
sec
troviamo un tempo mille volte più grande della durata del periodo di oscillazione (τpl) della
particella di Pl.
Se la particella casualmente non riesce ad addensare particelle attorno a sé per accrescere la sua
massa di buco nero allora evapora disperdendo energia sotto forma di radiazione gamma, a spettro
diversificato, data dalla relazione
E evap (m pl ) = Ppl ∆t evap
(93)
con la potenza irraggiata secondo la formula di Hawking.
( )
(


hc 6
Ppl = 
2
2 
 (15360 )(π ) G m pl 
)
(94)
Effettuando i calcoli troviamo un valore di energia emessa in fotoni di circa (5x108) GeV.
28
L’evaporazione di masse di Planck aggiungerà pertanto ulteriore radiazione nell’universo che potrà
generare coppie meno massive di quelle di Planck e contribuirà a sostenere l’ipotesi di un universo
primordiale caldo composto da particelle e radiazione.
Lo sviluppo dei reticoli Ui , e quindi di UE, può essere così rappresentato dalla seguente figura:
τ
Particelle massive
pl
Fotoni
R
B
V
A
V
B
R
pl
R
B
V
B
R
pl
pl
R
B
R
pl
pl
R
pl
γ R γ B γ V γ A γ V γ B γ R γ pl
γ pl
pl
γ pl
γ R γ B γ V γ B γ R γ pl
γ pl
γ R γ B γ R γ pl
γ pl γ R γ pl
γ pl
pl
FIG. 9
Potremmo pensare che le coppie di Planck superstiti siano in numero di N = (2n +1) ≈ 2n per n
molto grande e potremmo anche ritenere che queste coppie possono aver determinato in UE la
nascita di “grumi” sempre più massivi, che coagulando la materia circostante, siano diventati
successivamente le “masse embrionali” delle future galassie.
La formazioni di grumi coagulanti per gravità può derivare dal fatto che le particelle con mi poco
minore di quella di Pl determinano reticoli Ui che per la (27) raggiungono la fase a metrica chiusa
molto presto, perché αi ≈1, e quindi collassano rapidamente attorno a particelle di Planck,
determinando la formazione di buchi neri che possono accrescere ulteriormente la loro massa
iniziale (mpl).
pl
pl
R
pl
R
R
R
pl
R
R
R
pl
pl
pl
R
pl
pl
pl
R
R
R
R
pl
R
R
pl
Buco Nero Primordiale
FIG. 10
29
Facciamo notare che la formazione di Upl per coppie e la formazione di buchi neri in esso comporta
la presenza sia di buchi neri che di “Antibuchi Neri”, nella prima fase di UE . Parliamo di coppie di
buchi neri.
Sembra intuitivo ammettere che nei primissimi istanti di UE vi erano continui processi di
annichilazioni di coppie di Planck e di coppie di buchi neri primordiali che rendevano poco
possibili le formazioni di “stabili” buchi neri. Solo con l’accrescimento di UE possiamo pensare ad
una maggiore stabilità (possibilità di più spazio per espansione) e più durata dei buchi e antibuchi
neri primordiali.
Per una massa-energia composta da bosoni di Planck (mpl) e bosoni con massa leggermente minore
(ad es. mR = mpl/2) sino a raggiungere un totale di (M = 20mpl ) si ottiene un tempo di evaporazione:
∆t evap
(
( )
)
 (5,120 )(10 )3 πG 2 m 3pl  
 3
π (5,120 )(10 )3 (6.67259 )2 (10 )− 22
=
=
m pl =


4 
4
hc 4
  (1.05457266 ) 10 -34 (2.99792458) 10 8 

= (8,407 )(10 )
−17
(
)
[(8)(10) (10,313)(10 ) ]sec = (6.936)(10)
-8 3
3
( )
−36
sec
( )
(95)
Ciò significa che una massa di Planck ha tutto il tempo di addensare particelle massive attorno a sé
accrescendosi in massa, sempre come buco nero. Se la massa di un buco nero primordiale cresce
aumenta il suo tempo di evaporazione: un buco nero primordiale “ingrossato” in massa può
diventare un grumo coagulante da cui potrà originarsi una protogalassia.
A questo punto si può ipotizzare che al centro di ogni galassia potrebbe esserci un buco nero,
formatosi attorno ad un gruppo primordiale di particelle di Planck in UE. Ciò, difatti, è quanto si sta
ormai osservando nell’universo: al centro di ogni galassia pare ci sia un buco nero la cui origine
risale all’epoca primordiale! Rileviamo che Upl è un universo reticolo “chiuso”, mentre i successivi
Ui (definiti con una costante di accoppiamento gravitazionale αi ≠ αpl = 1) sono aperti nella fase
iniziale, sino a quando non raggiungono la fase critica. Se le particelle mi sono bosoni scalari
compatibili in struttura con la particella di Planck allora i reticoli corrispondenti Ui possono
compenetrarsi con quello di Upl. Questa fase, in cui abbiamo una compenetrazione di universireticolo Ui a struttura di campo scalare (Ψ), la indicheremo come “fase scalare” dell’universo UE.
Scriveremo che:
U
E
(scalare ) = [U pl
]
U {U i }
(96)
con i reticoli Ui compenetrati ciascuno dentro l’altro, dal più piccolo (Upl) al più grande.
Per comprendere il processo di sovrapposizione di universo-reticoli Ui, esattamente di
sovrapposizione delle rispettive catene di IQuO, occorre rivedere l’oscillatore quantistico.
Consideriamo l’oscillatore quantistico e la sua funzione d’onda rappresentativa nello spazio degli
stati Ψ.
Guardiamo con attenzione la forma della funzione di probabilità di aspettazione nel punto x ovvero
la Pn(x) = |Ψn(x)|2 relativa alla soluzione dell’eq. di Schrodinger associata ad ogni autostato
dell’oscillatore.
30
Per n = 0, si rileva una distribuzione di probabilità del tipo
P 0 (x)
ε 0 = (1/2)hω
sub-quantum
x
FIG. 11
Al valore [ε0 = (1/2)hω] associamo un “sub-quantum” di energia.
Per n = 1, con energia [ε1 = (1+1/2)hω] si rileva una distribuzione P1(x)
P 1(x)
x
FIG. 12
Osservando bene [5] la forma della funzione Pn(x) nell’autostato per n = 1, possiamo supporre che
l’oscillatore sia costituito da 2 “parti oscillanti” o “sub-oscillatori”.
Potremmo allora asserire che un oscillatore quantistico a qualunque n-livello sia composto da (n+1)
sub-oscillatori, con energia complessiva di [εn = (n+1/2)hω].
31
Per (n = 1) l’energia dell’oscillatore è data da [ε1 = (1+1/2)hω] e quindi potremmo considerare
l’oscillatore come composto da due sub-osc. accoppiati tramite un sub-osc. di “accoppiamento” di
energia [εacc = (1/2)hω]
P(x)
ε 0 = (1/2)hω
sub-osc. di accoppiamento
x
ε 0 = (1/2)hω
εacc = (1/2)hω
FIG. 13
In tal modo avremo un’energia complessiva distribuita in due sub-osc. di cui uno (sub-quantum)
con energia [ε1 = (1/2)hω] e l’altro (quantum) con energia [ε = (1)hω].
ε1 = (1+1/2)hω
P(x)
|Ψ1( x) |2
ε 0 = (1/2)hω
ε = hω
x
FIG.14
32
Un campo Ψ qualunque si può considerare come la realizzazione di un accoppiamento elastico
lungo una catena di sub-osc.
εquanto (1) = (1)hω
P(x)
x
Ψ(( x)) <=> sub-osc. accoppiati
FIG. 15
Un campo Ψ di dato impulso può essere allora rappresentato da una catena di sub-oscillatori
accoppiati tutti allo stato di vuoto tranne due che si troveranno allo stato
n = 1 (quanto
rappresentativo della particella) e che costituiranno un IQuO.
Poiché la “posizione” del quanto lungo la catena è indeterminata (vedi il principio di
indeterminazione applicato ad autostati dell’impulso) parleremo di catena di IQuO e non di catena
di sub-osc.
Lo stato di vuoto del campo Ψ sarà dato invece da un insieme di sub-osc. accoppiati allo stato di
vuoto
εvuoto = (1/2)hω
P(x)
x
Ψ(( x)) <=> sub-osc. accoppiati
FIG. 16
33
Per rappresentare la compenetrazione dei vari Ui con una sovrapposizione di catene di IQuO diamo
una rappresentazione 2-dim dell’oscillatore quantistico “IQuO”.
Sull’asse X avviene l’oscillazione mentre sull’asse Y riportiamo il vettore di stato Ψ, che durante
l’oscillazione ruota nello spazio astratto (Ψ, X)
Ψ
Quantum
Sub-quantum
D
X
Sub-osci llator
D
IQuO
FIG. 17
Viene comodo rappresentare la compenetrazione dei vari Ui con una sovrapposizione di catene di
IQuO rappresentative dei vari reticoli Ui ⊂ UE (in fase scalare):
τ
V-IQuO
R-IQuO
τV
τB
τR
τ pl
D pl
DR
2D
D pl
DB
3D
D pl
DV
4D
D pl
5D
D pl
D
FIG. 18
Alla base della successione dei reticoli Ui ci sarà sempre il reticolo Upl con il suo passo più piccolo
Dpl.
La compenetrazione di un Ui con Upl si realizza con l’insorgere di una IQuO-catena di Ui avente
passo spaziale Di >Dpl e passo temporale τi > τpl sopra la catena di base Upl.
Ciò significa che nel tempo τpl si può formare solo una IQuO-catena di Ui in “stato virtuale” che
diventerà “reale” solo dopo un tempo τi.
Parlando così di una successione di particelle massive con massa (mj < mi < mpl) e (Dj > Dj > Dpl)
dobbiamo ammettere che esse si formino (sempre in termini “virtuali”) in un tempo τ = τpl sopra
una catena di IQuO di Ui che a sua volta si forma su quella “virtuale” di Planck.
34
τ
I-IQuO virtuale
τV
τpl
Pl-IQuO virtuale
DV
Dpl
2D
D pl
3D
Dpl
4D
Dpl
5D
D pl
D
FIG. 19
La presenza di IQuO di Upl (si veda la fig. 19) allo stato di vuoto Ψi, fornisce la possibilità che i
sub-osc. componenti possono essere occupati da quanti “pieni”.
Questo aspetto è della massima importanza perché il campo virtuale vuoto Ψi può essere riempito
con energia (quanti) provenienti da altri universi-reticolo. Poiché ciò vale per qualunque Ui,
compreso Upl, ne deriva l’esigenza di ammettere un “fondo” (Θ) da cui sia possibile ricavare
energia.
Ciò implica che l’universo UE può espandersi sia grazie allo sviluppo dei vari universo-reticoli Ui,
sia grazie allo sviluppo continuo di Upl, che ricava la sua energia dalla presenza di un Θ- fondo
dotato di energia disponibile.
Se la bolla iniziale è immersa in un Θ-fondo vuol dire che essa sarà a dimensione “finita” ma con
un “esterno” senza alcun significato fisico nel tempo come nello spazio. Inoltre dobbiamo precisare
(relativisticamente parlando) che ogni particella nascente è centro della “bolla” anche se in UE tutte
le particelle sono in continuo moto relativo e non esiste nessun SR assoluto. Ne deriva che ogni
particella attorno a sé costruirà così il medesimo UE (vedi par. 4 ) avente agli “inizi” le stesse
proprietà di omogeneità e isotropia dell’universo attuale.
Par.13) Le fasi dell’universo embrione UE
Il meccanismo di produzione di particelle massive (bosoni di K-G) sempre più piccole presente in
Upl ⊂ UE si ripete sempre sino a quando avviene un “cambiamento di fase” dovuto alla creazione
di una nuova mk particella massiva di base con struttura IQuO diversa da quella dei “bosoni” scalari
di Planck.
La nuova fase darà inizio ad un nuovo reticolo universo Uk, con passo spaziale diverso da quello di
Upl, mentre quello temporale rimane invariato sino a quando si formano particelle di Planck (ovvero
sino a quando esisterà l’universo UE).
Il cambiamento del passo spaziale è determinato, oltre dalla diversità di struttura degli IQuO, anche
dalla incommensurabilità delle loro lunghezze Compton Dk e Dpl. Il modello standard ci aiuta a
capire quali tipi di particelle (catene) siano “sovrapponibili”. Particelle sovrapponibili tra di loro
(commensurabili in D) sono quelle appartenenti ai Leptoni (particella base l’elettrone) oppure ai
Barioni, attraverso i Quark (particella base il nucleone), mentre saranno incompatibili Leptoni con
Barioni.
35
Tutto ciò deriva dalla congettura che le diverse modalità di accoppiamento degli oscillatori (IQuO)
del campo Ξ e Ξ determinano le distinte mi particelle di base.
Se poi ammettiamo che la struttura ad IQuO del CST sia ben “definita” è consequenziale sostenere
che il numero di specie di particelle massive che si possono formare sia finito ( vedi il modello
standard e le sue estensioni). Dato il numero finito di particelle del modello standard, si potrebbe
ritenere che l’universo UE possa avere avuto fine non appena la più piccola particella del modello
standard (probabilmente il neutrino elettronico) fece il suo ingresso.
In tal caso in UE si avrà una sequenza finita di universi base Ui (mi )
[UPl UX Uq … Up Ue … Uν] ⊂UE
Con le rispettive lunghezze Compton
[Dpl DX Dq … Dp De … Dν]
Rileviamo subito che avere il protone composto da quark, che non sono affatto particelle di Planck
(bosoni scalari) né “bosoni vettoriali intermedi” (bosoni W±,Z) del campo di fondo di UE, ci induce
ad ammettere l’esistenza di una particolare fase in UE, correlata ad una particella intermedia tra i
quark e i bosoni di Pl. Questa fase riguarda la particella nota tra i fisici come “particella X”, che
possiede una struttura di IQuO diversa da quella della particella di Planck (bosone scalare), dai
bosoni vettoriali massivi ( W±, Z) e non ( Fotoni) e sia dai quark come da un qualsiasi leptone. La
particella X trasformando un quark in un leptone e viceversa avrebbe una struttura capace di
operare tra le rispettive e distinte strutture dei leptoni e dei quark.
In definitiva, nella fase successiva a quella scalare, dobbiamo considerare la formazione di strutture
più articolate degli IQuO che danno origine ai Fermioni e ai Bosoni vettoriali intermedi.
Nel caso di specie non compatibili strutturalmente non avremo più una compenetrazione dei
rispettivi universo-reticoli (sovrapposizione). Ammetteremo che sia invece possibile
un’intersezione analoga a quella definita per (U*)(p,e) = Up ∩ Ue che abbiamo posto alla base
dell’universo attuale.
Riteniamo allora che in UE si sono succedute diverse fasi ciascuna a differente struttura di IQuO del
precedente, originando per intersezione universi-reticolo (U*)k = Ur ∩ Us
Possiamo allora porre che UE sia dato da:
{(
) (
) (
n
)} I (U
U E ≡ U 1 I U 2 I U 3 I U 4 ... I U (n−1) I U n =
i
j =i +1
i =1
IU j
)
(97)
Riferendoci al modello standard delle particelle riteniamo che le particelle basi di un universoreticolo possono essere dati dalla seguente tabella:
BOSONI
PARTICELLA X
FERMIONI
BOSONI SCALARI
( Bosoni di Planck)
BOSONI VETTORIALI
(Fotone, Bosoni deboli)
BOSONI TENSORIALI
(gravitone)
LEPTONI ( elettrone)
QUARK ( u,v )
L’intersezione di due universo-reticoli Ui (mi,τi) , Uj (mj,τj) [dove (mi < mj) e (τi > τj)], comporta un
universo U* che ha il passo temporale dell’ universo-reticolo a massa più grande e il passo spaziale
di quello a massa più piccola, come abbiamo visto per (U*)(p,e); si veda infatti la relazione (50) dove
ni è il numero di passi temporali di Ui mentre λj è il passo spaziale di Uj.
36
Avremo:
(
)
U i*, j = U i I U j ≡ U * (τ i , D j ) (98)
Come abbiamo già visto la compenetrazione di Ui con Uj si realizza mediante la procedura che nel
tempo τi si può formare una IQuO-catena di Uj ( con passo spaziale λj > λi ) in “stato virtuale” che
diventerà “reale” solo dopo un tempo τj ( vedi fig. 19).
Ciò comporta che il passaggio da Ui a (U*)ij per la comparsa di Uj, sarà accompagnato da una
brusca e notevole espansione dell’universo UE (“espansione inflazionaria”).
Il termine inflazionario viene adottato in riferimento al fenomeno relativo ad un’espansione
esponenziale che si è posta (vedi letteratura) nell’universo primordiale alla quale è stato dato il
nome di “inflazione”. In questa cosmologia a metrica variabile e a passo spaziale variabile è
previsto così un comportamento che si avvicina molto a quello assegnato nei modelli cosmologici
ad inflazione.
Nella transizione di fase Upl UX il passo temporale rimarrà quello dell’universo precedente Upl
(per UE rimarrà sempre il passo temporale di Upl (τpl )) mentre il passo spaziale subirà l’espansione
λpl λX.
(
)
U *pl , X = U pl I U X ≡ U * (τ pl , D X ) (99)
L’universo reticolo (U*)pl,X sarà così rappresentato da un reticolo di catene di IQuO con passo λX
intersecato ad un reticolo di catene con passo λpl.
Tuttavia mentre per universi-reticolo Ui compatibili si ha la possibilità di sovrapposizione delle
rispettive catene, perché i passi λi sono tra loro commensurabili, tra catene di Ux e Upl non è
possibile sovrapposizione in quanto le rispettive λ sono incommensurabili. In figura sono riportate
catene di IQuO con λ non commensurabile.
τ
V-IQuO
R-IQuO
τV
τB
τR
τ pl
D pl
DR
2D
D pl
DB
3D
D pl
DV
4D
D pl
FIG.20
5D
D pl
D
37
Par. 14) Il Θ- Fondo
Pensando alla fase primordiale (UE) poniamo, prima di ogni “inizio” e “cosa”, l’esistenza di un Θfondo indistinto il cui stato fisico ΨΘ è ovunque a valore di “non-campo” ma con energia di vuoto
non nulla. Spieghiamo meglio.
Come abbiamo già riferito, un campo quantistico Ψ si può considerare come costituito da un
insieme di oscillatori quantistici accoppiati elasticamente. Abbiamo sostenuto che una particella di
dato impulso sia costituita da una catena di oscillatori accoppiati elasticamente, posti tutti allo stato
di vuoto tranne quello che viene attraversato dal quanto del campo associato alla particella. Come
da letteratura lo stato non locale del campo sarà dato invece dalla sovrapposizione degli Ψi autostati
dell’impulso (onde piane con frequenza ωi).
Adesso possiamo definire il Θ-fondo come uno stato composto solo da sub-osc “disaccoppiati”
che non definiscono nessun campo ma esprimono lo stesso un valore di energia non nullo.
Congetturiamo che ogni singolo sub-osc. del Θ-fondo abbia una energia pari ad un sub-quantum
relativo alla particella di Planck [εpl = (1/2)hωpl] .
P(x)
Θ -fondo
ε pl = (1/2)hω pl
x
sub-osc. disaccoppiati
FIG. 21
Il Θ-fondo apparirà come un insieme indistinto di sub-osc. disaccoppiati:
Sub-osc. <=> Θ−Fondo
Θ−
FIG. 22
38
Possiamo immaginare allora che in Θ-fondo (fig. 22) si sia formata (non ha significato parlare né di
punto né di istante) un’iniziale “bolla” di Campo Scalare Ξ οvvero si è sviluppato un
accoppiamento elastico tra sub-osc.
“bolla” di Campo Scalare Ξ
Sub-osc. <=> Θ−Fondo
Θ−
FIG. 23
Il campo Ξ sarà un campo di accoppiamenti che incomincerà a propagarsi in Θ-fondo. E’ proprio in
(Ξ) che si sono originati coppie di IQuO (quanti) ad accoppiamento aggiuntivo o massivo
prelevando energia (sub-quantum) dal Θ-fondo. Questi quanti hanno incominciato a formare campi
massivi Ξi, dove ha significato definirvi un reticolo spazio-tempo (Σi) e dove globalmente è
possibile parlare di un CSTU (SR ΣU) che abbiamo definito come Universo Embrione UE.
Sub-osc. <=> Θ−Fondo
Θ−
Universo- reticolo U
FIG. 24
Qualunque universo-reticolo Ui appartenente alla fase embrione (UE) si forma allora a discapito del
Θ-fondo.
Osserviamo subito che l’energia totale, somma delle energie dei due sistemi U e Θ-Fondo sarebbe
costante in ogni caso
(E0 )(Θ) = (E)U + E(Θ) = (E0 )U
(100)
39
Notiamo subito che la metrica in U cambia per il fatto che il tensore Massa-Energia (Tµν) associato
all’universo, essendo energia di campi “con IQuO accoppiati” (la forma di energia riconosciuta dalla
Relatività Generale), varia in valore per l’afflusso di energia dal Θ-Fondo il quale invece è ad
energia di vuoto “dissociato”, ovviamente non inseribile nel tensore Tµν.
Una possibilità finale potrebbe essere raffigurata nella figura che segue:
Θ -fondo
FIG. 25
dove il fondo potrebbe aver esaurito la sua energia.
A questo punto ci troviamo davanti a due ipotesi.
1) Il Θ-fondo ha energia finita
2) Il Θ-fondo ha energia infinita.
La prima ipotesi può ammettere due esiti possibili:
a) La fase UE si esaurisce non appena si esaurisce il Θ-fondo
b) Il Θ-fondo si esaurisce durante la fase di universo chiuso, cioè quando la densità
ρ > ρc
Nell’ipotesi 1a) esaurita la fase embrionale, dove si formano tutte le specie di particelle sino al
neutrino, particella di massa più piccola, l’espansione dell’universo attuale potrebbe essere dovuta
alla crescita dell’universo reticolo Upe*, esaminata nel par. 9. Sarebbero così le stelle a determinare
la crescita (espansione) del reticolo U* su cui sarebbe costruito il nostro universo U, alimentando il
reticolo Ue. In questa caso, finita la fase critica, seguirebbe una fase chiusa dove le stelle
continuerebbero ad alimentare in massa il reticolo U* . Per la Relatività Generale in un U chiuso
l’espansione rallenta e successivamente U* collassa e con esso l’universo U.
Nell’ipotesi 1b) per la RG seguirebbe, dopo che U sia diventato chiuso, una fase di contrazione
(diminuzione del raggio R e aumento della temperatura T) senza più creazione di massa ( vedi fig.
26) che porterebbe l’universo in un “Big Crunch” finale!
Si può poi ritenere che nella fase ultima ( vedi fig. 27) ad una temperatura superiore a quella di
Planck avvenga il “disaccoppiamento” dei sub-osc. componenti gli IQuO di qualunque campo, che
porterebbe inesorabilmente alla scomparsa dei campi ( particelle) e al ripopolamento del Θ-fondo.
40
Ne segue che il Θ-fondo, nella fase di massima contrazione di U, potrebbe riprendersi l’energia
ceduta ai vari e distinti universo-reticoli di U durante la fase espansiva.
FIG. 26
Sino ad avere
U in fase finale di contrazione
Sub-osc. <=> Θ−Fondo
Θ−
FIG. 27
Ritorniamo così alla fase iniziale del processo di evoluzione del nostro universo, con la possibilità
di riprendere nuovamente il ciclo precedente. L’universo che ne scaturisce da questa descrizione
può essere così un “ Universo Oscillante” conseguenza di un Θ-fondo che nella fase espansiva
cede energia mentre nella fase finale di contrazione se la riprende! Ciò accade propriamente in un
oscillatore dove l’energia potenziale si trasforma in energia cinetica e viceversa. La differenza
consta nel fatto che l’universo si espande, passando attraverso la fase critica, sino a quando si ha
conversione di energia in massa, sia presente il Θ-fondo che no; finita la conversione il destino
dell’universo pare segnato: arrivare ad un punto di arresto per passare poi alla fase di contrazione.
Pertanto le ambedue le ipotesi di partenza [(1a) e (1b)] conducono sempre ad un universo U
costruito su un universo a metrica variabile U*, che imporrebbe il suo destino. In definitiva, nel
caso che il Θ-fondo sia ad energia finita, ammettere che l’universo sia oscillante sembra d’obbligo.
Nel caso della seconda ipotesi (Θ-fondo ad energia infinita) avremo che l’universo crescerebbe
indefinitamente aumentando enormemente il contenuto di massa e quindi gravitazione che
renderebbe “chiuso” l’universo.
41
Non è illogico congetturare che il destino dell’universo sarebbe così uguale a quello del caso
precedente, perché avremmo sempre un universo costruito su un U* a metrica variabile ( aperta piattachiusa) con un campo gravitazionale enorme che costringerebbe le galassie ad avvicinarsi
inesorabilmente nonostante l’espansione continui.
Un’ultima osservazione. In ambedue ipotesi possiamo avere un aspetto che in un certo senso li
riconcilia. Al crescere di Spazio-Massa (particelle) in termini quantistici avremo un sistema
universo con un numero sempre più grande di stati.
Il “principio di equipartizione dell’energia” applicato nei trasferimenti energetici da un sistema
ad un altro impone l’occupazione di stati ad energia sempre più piccola (masse più piccole e λ
sempre più grandi); in tal modo l’afflusso di energia dal Θ-fondo sarebbe “localmente” ( autostati
dell’impluso- energia) sempre più piccolo facendo “svanire” l’esistenza dello stesso Θ-fondo. A
questo punto l’essere o il non esserci del Θ-fondo sarebbe praticamente quasi indifferente
determinando così inesorabilmente il collasso dell’universo ( oramai chiuso) indipendentemente
dalle ipotesi di partenza esaminate. La conseguenza finale sarebbe così, in ogni caso per un
universo a metrica variabile, quella di un universo “oscillante”.
Par. 15) Aspetti Rilevanti
1) La nota speculativa di Dirac
Ricordiamo adesso le considerazioni espresse da Dirac sull’universo che hanno preso il nome di
ipotesi dei grandi numeri.
Dirac tentò di calcolare il numero Nn di nucleoni presente nell’universo.
Partì dalla relazione:
Nn =
M U  ρ U VU
=
mn  mn

 (101)

Dirac considerò l’universo a metrica piatta con densità critica ρc. Pertanto avremo:
ρ V
M
N n = U =  C U
m n  mn
  3H 02  4π

 = 

  8πG  3
3
 c  1  

c3
=




 H 0  mn   2mn H 0 G 
(102)
Trovando il valore


c3
 ≈ 5 ⋅ 10 79
N n = 
 2m N H 0 G 
(103)
Ricordandoci che αG ≈ (5.9)10-39 (costante gravitazionale relativa ai protoni) Dirac rileva che
2
 1 

 ≈ 3 ⋅ 10 − 2 ⋅ 10 78 ≈ 3 ⋅ 10 76
 α G ( p) 
(
)
(104)
Ottenendo che Nn ≈ (1/αG )2. Dirac non seppe spiegare il perché di questa coincidenza.
In questa cosmologia a metrica variabile si è trovata la spiegazione a tale coincidenza: il numero Nn
è riferito al numero di nucleoni che saranno presenti nell’universo-reticolo Un, contenuto in U*,
quando esso raggiungerà la fase critica (vedi la relazione 29). Si è così spiegata la nota speculativa
di Dirac!
42
2) Universo-Reticolo U
Ricordiamo che UE è costruito su una successione di universi-reticolo di base Ui (Upl, UX, … Up,
… Ue, Uν), relativi a particelle massive di base. Si è anche detto che tutti questi universi-reticolo
sono costruiti a sua volta su un unico reticolo massivo di base U con campo Ξ ≡ (Ξ, Ξ) a diversi
valori di masse mi, corrispondenti alle particelle differenti in struttura di IQuO che determinano i
cambiamenti di fase nell’universo UE. Consideriamo l’ipotesi che il Θ-fondo abbia continuato a
fornire all’universo, anche dopo la sua fase embrionale, particelle massive che contribuiscono alla
sua densità totale di massa. In queste condizioni possiamo pensare che U sia costruito su una
particolare particella di base m (con diversi valori mi) relativa al campo scalare Ψ (Ψ
Ψi), che sin dai
primi albori dell’universo embrione ha fatto la sua comparsa ed ha continuato a formarsi sino ad
oggi. Lo stato Ψ associato ad U è relativo a una lunghezza d’onda che è variata nel tempo, con
pendenza data dal coefficiente κ, dall’inizio ( Di = Dpl ) dell’universo embrione sino ad oggi (Df),
con l’universo attuale racchiuso entro il nostro O.E..
Tuttavia l’ipotesi di un universo immerso in un Θ-fondo da cui trae energia può indurre ad
assegnare all’universo una dimensione “limitata” (si ricordi la bolla iniziale immersa in un fondo e
quindi “limitata”).
Questo aspetto ci induce ad ammettere l’esistenza di stati “stazionari” ΨS in U che hanno avuto
un’evoluzione in lunghezza d’onda con andamento crescente man mano che le dimensioni
dell’universo aumentavano per l’espansione. Per ammettere l’esistenza di uno stato stazionario in
un universo enormemente grande occorre fare ricorso alla M.Q., asserendo che il processo
stazionario si attua alla velocità di fase che può essere maggiore della velocità della luce e quindi
può essere determinato da eventi di tipo spazio, quale può essere la riduzione della funzione d’onda
all’autostato stazionario ΨS. In tal modo si può congetturare un aumento “uniforme” della D, il cui
valore medio (con Dpl «« Df ) sarà dato da:
Di + D f
⟨ D (Ri → R f )⟩ = 
 2
 1
1
25
 = κ D f = κ (R f ) = κ (6.52 )(10 ) m
2
 2
(105)
dove Df = Rf ( raggio attuale dell’universo ) mentre assegniamo, in termini relativi, al raggio
iniziale un valore approssimativamente nullo, cioè Di ≈ 0.
Troviamo la massa media a meno di un fattore di forma κ
−34
 h  

(
)
1.05457266
10
−69
−1
=

⟨ m⟩ = 
=
κ
(
5.395
)(
10
)
Kg (106)
 ⟨D⟩ c   κ (6,52)(10)25 (2.99792458)(10)8 


 
( )
con periodo di oscillazione ( e quindi di formazione )
D
τ =   = (2,1748379 )(10 )17 sec = (6,891 )(10 )9 Y
c
(107)
Vuol dire che per formarsi questa particella media (dal Θ-fondo) occorre un tempo che è la metà
dell’età dell’universo! Ciò sta a significare che dopo la fase embrionale il numero di particelle
ricavate dal Θ-fondo potrebbe essere finito e tutte di massa sempre più piccole e con tempi di
formazione man mano sempre più grandi.
43
Di conseguenza potremmo asserire che il Θ-fondo ha fornito il grosso dell’energia all’universo solo
nella sua prima fase di esistenza, quale quella embrionale (vedi il paragrafo precedente).
Ritorniamo a porre Di= Dpl e consideriamo il rapporto
 D 
n =  
 D pl 
(108)
Per avere il numero totale N di particelle di base m che si sono formate (ricavate dal Θ-fondo) in U
dall’origine dell’universo embrione UE ad oggi si deve tener conto che N = n2 . Avremo
2
2
 D   κ (6.52)(10)25 
 =
 = (κ )2 (16,278)(10)120 (109)
N =
 D   (1.616)(10)−35 

 pl  
In massa nucleone:
−1
−69
 (κ )−1 m   2

120  (κ ) (5.395)(10)



 = κ (52,434)(10)78
Nn = Nm
= (κ ) (16.278)(10) 
−
27

 mn  
 (1.6749)(10)


 
(110)
che ci permette di trovare una densità di massa
(
)
78
-27
 3  Nmn
 3  κ (52.434)(10) (1.6749286) 10
ρU =  
= 
3
3
 4π  (cτ U )  4π  (2.9979)3 108 (13.78)3 (3.155)3 1016
( )
( )
3
(
)
= κ (9,4694) 10 −27 Kg / m 3
(111)
che è confrontabile con la densità critica ρc = (9.45) 10-27 Kg/m3 .
Quanto appena mostrato ci suggerisce che il nostro universo U si può considerare come immerso in
un universo-reticolo U, la cui densità di massa coincide proprio con la densità critica dell’attuale
universo (U*)(p,e) su cui “poggia” l’universo U. Non solo ma l’universo-reticolo U appare essere in
diretta correlazione con il problema della massa oscura: nell’universo le particelle massive mi
(bosoni scalari) relative all’universo-reticolo di base U potrebbero costituire in buona parte la
massa scura che viene rilevata attorno alle galassie per gli effetti gravitazionali che causa.
3)
Espansione inflazionaria
Il periodo di tempo relativo all’inflazione primordiale previsto dalle teorie inflazionistiche va da
circa (10)-35 sec a (10)-34 sec.
Nella nostra teoria la comparsa della prima particella diversamente strutturata dal bosone di Pl,
indicata con X, determina un cambiamento del passo spaziale che conduce ad una sorta di
espansione inflazionaria perché si passa da un passo spaziale Dpl ad uno DX.
Se facciamo coincidere i due aspetti, quali l’inflazione e quello dell’espansione inflazionaria
avremo una DX data approssimativamente da
[
][
]
D X = c∆tinf l = cτ X ≈ (3)(10) m / s (1)(10) s ≈ 3(10) m
8
−34
con τX il periodo di oscillazione della particella X.
−26
(112)
44
Avremo indicativamente una massa data da:
 h   (1.05457266)(10)−34 
−17
 ≈ 
mX = 
≈ (1.17)(10) Kg
−26
8 
 D X c   (3)(10) (3)(10) 
(113)
In questo modello cosmologico la prima transizione di fase, con l’avvento della particella X,
determina al tempo ∆t ≈(10)-34 sec. dal Big Bang un cambiamento del passo spaziale da
Dpl ≈ (1.6)(10)-35 DX ≈ (3)(10)-26 .
Considerando poi il modello inflazionistico standard potremmo pensare che il campo definito
“inflatone” non sia altro, in questo modello cosmologico, che il campo il cui quanto è la particella
X. In questo modo l’espansione inflazionaria procederebbe in maniera analoga a quella descritta
nella teoria inflazionistica presentando le stesse soluzioni che questa teoria propone per risolvere i
problemi dell’Orizzonte degli eventi e della omogeneità a grande scala dell’universo. L’unica
differenza è nel problema della metrica: la teoria inflazionistica rende piatto l’universo alla fine
dell’era inflazionistica mentre in questo modello la metrica piatta viene raggiunta in termini
evolutivi.
Dopo l’era inflazionistica la “condensazione” della materia in nubi che poi origineranno protogalassie viene realizzata (in questo modello) grazie alla presenza dei buchi neri primordiali
superstiti e alla presenza di Universi-reticolo Ui a metrica già chiusa.
4) La massa della particella X
Abbiamo sostenuto che in Upl al fluire dal Θ-fondo di energia si sviluppa in parallelo un crescente
universo-reticolo di fotoni (vedi la fig. 9 ). Si rileva pertanto in tutto UE, al susseguirsi dei reticolouniverso Ui, la formazione simultanea di un universo-reticolo di fotoni Uγ. Questo reticolo si
sviluppa seguendo la stessa legge matematica degli universo-reticolo Ui. Ne segue che il numero di
fotoni nell’universo embrione sarebbe uguale al numero di bosoni scalari di fondo (U) di UE. Se
seguiamo l’ipotesi che UE abbia avuto termine con l’avvento della particella più piccola del modello
standard, il neutrino elettronico (con m(νe) ≈1eV = (1.783)(10)-36 Kg), avremo (dalla eq. 90) che
N Fotoni = N Bosoni
m
= n ( Pl → ν e ) =  Pl
 mν
2
2
 (2.1767122 )(10 )−8

 = 
 (1.783 )(10 )−36


2

 = (1.22 )(10 )56 (114)


Ricordiamo inoltre che i barioni incominciano a formarsi dopo la comparsa della particella X che
trasforma i leptoni in quark o comunque durante lo sviluppo di UX. Ne deriva che ci sarà alla fine
di UE un numero di fotoni molto più grande di quello dei barioni perché questi ultimi sono apparsi
dopo i fotoni. Questa differenza rimarrà sempre anche quando si esaurirà la fase embrionale.
Non tutti i fotoni di Uγ rimarranno allo stato “libero”: una moltitudine di essi sarà sempre coinvolta
in continui processi di creazione di coppie di qualunque specie oppure subiranno variazione di
energia (scattering). Quelli che rimarranno fotoni in UE (ipotizzando che UE finisca con l’entrata del
νe) saranno in numero di Nγ = 2(2n) dove il fattore moltiplicativo 2 è riferito alla creazione di
coppia ( vedi fig. 9).
Avremo allora:
Nγ
( Pl →ν )
m
= 4 nγ ( Pl → ν e ) = 4 Pl
 mν

 = (4,883 )(10 )28

(115)
45
Lo stesso dicasi per le particelle massive originate dopo la comparsa di X che rimarranno “barioni
originari” (ricordiamo che grazie alla particella X è possibile la trasformazione di Leptoni in Quark
con conseguente formazioni di barioni):
NB
( X →ν )
m
= 2 n B ( X → ν e ) = 2 X
 mν



(116)
Nel nostro universo si rileva un rapporto Barioni-Fotoni dato da [(NB/ Nγ) ≈ (5)(10)-10] per cui
possiamo calcolare il numero di particelle X di UX ⊂ UE
 N (X → ν ) 
 (N ( pl → ν ) ) ≈ (5 )(10 )−10
NB (X → ν ) =  B
 N ( pl → ν )  γ
 γ

[
][(4 .883 )(10 ) ] = (24,415 )(10 )
28
18
(117)
possiamo allora trovare la massa della particella X
mX =
[(
1
NB
2
)m ] = 12 [(24 .415 )(10 ) ][(1.783 )(10 )
− 36
18
( X →ν )
ν
]
Kg = (2.176 )(10 )
−17
Kg
(118)
Ritrovando così lo stesso valore di massa che si era calcolato nell’ipotesi inflazionistica.
Questo risultato (ottenuto ricorrendo al rapporto (NB/ Nγ)) rafforza l’idea che associa l’inflazione ad una
transizione di fase Dpl DX dove cambia il passo spaziale.
Otteniamo anche che
(
m X = (21.766)(10)
−18
)((0.5617)(10)
36
)
eV = (1.223)(10) Gev
10
(119)
La lunghezza Compton sarà:

 h  
(1.055)(10)−34
− 26
 = 
D X = 
= (1.617 )(10 ) m
−17
8
 m X c   (2.176 )(10 ) (2.998)(10 ) 
(120)
che ci fornisce il periodo di oscillazione:
τX
−26
 D X   (1.617 )(10 ) 
− 35
=
= (5.393)(10 ) sec
=
8 
 c   (2.998)(10 ) 
(121)
Ottenendo così lo stesso risultato del tempo d’inizio dell’inflazione!
Ciò conferma l’ipotesi dell’universo embrione che si sviluppa secondo la legge di accrescimento
degli universo-reticoli.
46
Conclusioni
Appare evidente in questa trattazione che l’idea dell’universo strutturato in termini fondamentali
su un campo base, Ξ ≡ (Ξ, Ξ), dal quale emergono le particelle e lo Spazio-Tempo non contrasta
in alcuni aspetti col modello attuale di universo. Anzi tenta di risolvere alcune problematiche di
fondo e apre la strada verso nuovi orizzonti cognitivi sull’universo.
Inoltre l’idea di Campo Spazio-Tempo Universo (CSTU) approfondisce ulteriormente le teorie
dello spazio e del tempo, quali la relatività ristretta e la relatività generale.
Per dimostrare la plausibilità dell’ipotesi di un Universo come espressione di un (CST) si sono
evidenziati quegli aspetti relazionali tra campi-particelle e lo Spazio-Tempo che lo rendono
“tessuto” assoluto, la cui costante di struttura è la velocità della luce e sul quale ogni osservatore
traccia la sua trama “relativistica”di relazioni fisiche.
Con questo nuovo approccio si è tentato di affrontare la problematica fondamentale
dell’espansione dell’universo vista come proprietà del CST correlata alla creazione di spazio.
L’idea che è la massa a creare spazio completa la teoria della relatività generale: la massa agisce
sullo spazio in totus, perchè lo incurva e lo genera. Inoltre la relazione diretta massa-spazio
introduce un universo a metrica variabile, che chiarisce alcune problematiche cosmologiche
tuttora non risolte:
• La metrica piatta dell’universo (attualmente l’universo si troverebbe nella fase critica)
• L’espansione come effetto di creazione di massa
• La fase a metrica piatta sarebbe dovuta ad un bilanciamento tra la creazione di spazio per
accrescimento massivo e il suo incurvamento prodotto da tale accrescimento
• L’esistenza della massa mancante (confermata dall’ipotesi del CSTU Ξ a componente
massiva che pervade l’universo)
• La fase inflazionaria viene messa in correlazione con il primo cambiamento di fase
nell’universo embrione UE al variare del passo spaziale (Dpl DX)
• L’accelerazione espansiva, riscontrata nelle osservazioni astronomiche, non viene più
ricondotta all’esistenza di un’energia oscura ma è spiegata nell’ambito di un universo a
metrica variabile che ammette un’accelerazione delle galassie remote dovuta alla
precedente fase a metrica aperta
• Non è più ammesso che l’espansione viene rallentata dalla gravità (questa agisce sulle
galassie perché sono oggetti massivi)
• I germi primordiali delle galassie sono correlati strettamente ai buchi neri primordiali
prodotti nell’Universo–reticolo di Planck (Upl), a metrica chiusa
• Non è più necessaria la singolarità
“iniziale” nel B.B per il principio di
indeterminazione connesso all’esistenza del Θ-fondo da cui viene travasata l’energia di
accrescimento
La presente cosmologia inoltre approfondisce alcuni aspetti fondamentali, quali l’energia
dell’universo, la forza di gravità, la nascita delle galassie, ecc. ) e introduce nuove idee
(l’oscillatore quantistico a sub quantum, e il Θ-fondo) senza sconvolgere le basi teoriche della
fisica.
• La metrica può cambiare senza violare il principio di conservazione dell’energia. Il
tensore universale T cambia perché preleva energia da un fondo che non ha struttura di
campo, inteso come oscillatori accoppiati, e pertanto non può figurare nell’equazione
della relatività generale.
• Si approfondisce la conoscenza della forza gravitazionale nell’introdurre l’accoppiamento
aggiuntivo (“trasversale”) tra gli oscillatori del campo scalare Ξ. Si apre così una nuova
strada per comprendere più a fondo la struttura delle particelle e l’origine della loro
massa. La forza gravitazionale diventa così l’espressione di una “tessitura” la cui trama è
tracciata su una tela di Spazio-Tempo costruita dalla massa.
• L’oscillatore quantistico si trova composto da due o più unità oscillanti (sub-oscillatori)
ciascuno con energia di un semi-quanto
47
• Il vuoto si può presentare in due forme: il vuoto quantistico, inteso come accoppiamento
di sub-osc. vuoti di campo e il vuoto “ di non campo” inteso come sub-osc. disaccoppiati
che non possono esprimere alcun campo (Θ-fondo)
• L’universo si può intendere come insieme di universo-reticoli costruiti sul campo base
Ξ , sovrapposti e connessi
Non nascondiamo tuttavia delle incertezze e qualche perplessità nel presente modello.
Nel caso in cui il Θ-fondo ha avuto fine con l’universo UE si è detto che l’espansione è retta
dall’accrescimento dell’universo (U*)(p,e) a metrica variabile, ma ciò comporterebbe che nel futuro
per chiudere la metrica dell’universo sarebbe necessaria un’attività stellare piuttosto rilevante. Ciò
da perplessità.
Si può ovviare, tuttavia, ammettendo che il Θ-fondo non ha avuto fine con l’universo UE e che
l’attuale espansione sia dovuta a due fattori: la presenza di (U*)(p,e) e la presenza del Θ-fondo.
Resta solo da chiedersi su come il fondo si manifesta in questo universo e su come esso dona
massa-energia all’universo. Ci sono delle risposte possibili:
• Un’indicazione ci proviene dalla presenza di quei fenomeni cosmologici molto energetici
quali le forti esplosioni di raggi gamma; queste potrebbero essere dovute ad evaporazioni di
buchi neri formatosi da energia proveniente dal Θ-fondo.
• Accrescimento massivo dei buchi neri galattici alimentati (oltre che da materiale esterno) dal
Θ-fondo che si trasforma in particelle massive di grande lunghezza d’onda, con Dk > RS del
buco nero (andando poi ad alimentare la massa oscura che sta attorno alle galassie)
• Potremmo anche considerare l’ipotesi che l’energia dal Θ-fondo può anche emergere
attraverso dei buchi bianchi.
Precisiamo che in qualunque caso si deve pensare che l’energia proveniente dal Θ-fondo alimenta
il campo U dell’universo, il campo base su cui si esprime l’espansione.
Questi possibili scenari sono ancora oggetti di studio ma i risultati ottenuti (calcolo dell’età
dell’universo, calcolo della massa della particella X e il valore della densità), così come il
chiarimento dato ad alcune fondamentali problematiche dell’universo e le rispondenze con la
fenomenologia cosmologica, fanno ben sperare sulla validità delle idee sviluppate in questa sede.
Al di là di qualunque obiezione che sia possibile sollevare su questo modello cosmologico
possiamo tuttavia ribadire con sicurezza la convinzione che non potremmo spiegare mai
esaurientemente le varie scoperte cosmologiche se non si facesse ricorso ad un universo in cui lo
Spazio ed il Tempo, insieme alle particelle (campi) che lo descrivono, nient’altro siano che
differenziati costituenti di un unico “immenso” oggetto fisico, la cui natura intrinseca è di certo
qualcosa che noi abbiamo da sempre definito come Spazio-Tempo.
Di conseguenza, porre in esso l’esistere di un Campo Spazio-Tempo o viceversa può costituire
solamente una semplice questione di semantica o una delle più elementari tautologie del pensiero
scientifico.
Jiovanni Juido
Bibliografia
[1]
[2]
F. S. CRAWFORD, Jr;
La fisica di Berkeley vol. 3 : Onde e Oscillazioni
Ed. Zanichelli Bologna 1972. pag. 93
J. B. Zeldovic, I. D. Novikov “ Struttura ed evoluzione dell’universo”
Ed. Editori Riuniti Edizioni Mir Roma pag. 28, pag. 32
[3] P. Monaco “Corso Introduttivo all’Astrofisica ”.
Ed. Ulisse.sissa.it/biblioteca/saggio 2007
[4] Hawking “Fonte Wikipedia”
48
[5] P Caldirola “ Dalla Microfisica alla Macrofisica” Biblioteca della EST Mondatori
Milano 1974 pag. 51-53
Guido Giovanni
Dipartimento di Matematica e Fisica
Liceo Scientifico Statale “C.Cavalleri” , via Spagliardi 23 Parabiago ( MI)
Tel. 0331 55 22 06
e-mail: [email protected]
Tel. cell. 348-9385750