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Capitolo 2
Il Sistema Solare
Parte I - Teoria Libro I - Scienze naturali • Sezione I - Geografia astronomica
1. Caratteri generali
Il Sistema Solare è un insieme di corpi celesti diversi per natura e dimensioni, ma accomunati dalla stessa origine e dal movimento comune in una stessa porzione di spazio (assimilabile ad una sfera con diametro di 20.000 miliardi di km) causato dalle reciproche forze di
attrazione. Quasi tutta la massa della materia presente nel Sistema Solare, ossia il 99,85%,
è concentrata nella stella chiamata Sole: attorno ad essa troviamo nove pianeti, più di cinquanta satelliti principali, migliaia di asteroidi (o «pianetini»), frammenti di varia origine e natura, che attratti dalla Terra possono bruciare come meteore (le note stelle cadenti)
o cadere al suolo come meteoriti, e infine piccole masse ghiacciate, che se raggiungono il
centro del sistema si trasformano in comete. Tra questi diversi corpi celesti si trova la materia interplanetaria, ossia un insieme di pulviscolo, gas e frammenti subatomici, estremamente rarefatto.
2. Il Sole
Il Sole è una stella nana gialla, situata al centro del Sistema Solare. Le sue caratteristiche
principali, in valore assoluto e rispetto alla Terra (rapporto S/T), sono le seguenti:
Caratteristiche
Distanza dalla Terra
Diametro
Massa
Volume
Densità
Gravità
Temperatura
Composizione
Valore assoluto
149.000.000 km
1.392.000 km
1,99 × 1030 kg
1.406.000 trilioni di km3
1,41 (con d acqua = 1)
2,7 × 104 cm/s2
da 6000°C a >2.000.000°C
75% H, 25% He,
< 1% elementi più pesanti
Rapporto S/T
—
109,2
332,8
1.302.000
0,25
27,9
La struttura del Sole, per comodità, si immagina suddivisa in una serie di involucri concentrici, ma nella realtà i diversi «strati» non hanno limiti precisi e definiti. Si distinguono un interno opaco, costituito da un nucleo avvolto in una zona radiativa e un’atmosfera trasparente, divisa in cromosfera e corona, separati da una superficie visibile detta fotosfera. La fotosfera (sfera di luce) è uno strato gassoso dello spessore di molte centinaia di chilometri, con
una temperatura media di 5.780 K, che costituisce il disco luminoso del Sole cioè la sorgente del suo spettro continuo. La sua superficie non è liscia, ma presenta una struttura a granuli brillanti (masse di gas più calde delle zone circostanti, in continuo movimento) ed è costellata da piccole aree depresse che appaiono scure, di forme varie, più fredde della superficie solare di almeno 1.500 K, chiamate macchie solari. La cromosfera (sfera colorata) è invece lo strato dell’atmosfera del Sole situato immediatamente al di sopra della fotosfera. Ha
uno spessore di circa 10.000 km e una temperatura intorno ai 4.000 K. La parte più esterna
dell’atmosfera è invece la corona: si tratta di un involucro di gas ionizzati che, nella parte più
esterna, hanno velocità sufficienti per sfuggire all’attrazione gravitazionale del Sole e disperdersi nello spazio come vento solare. La corona è interessata da due fenomeni molto caratteristici: le protuberanze, grandi nubi filamentose, con temperature tra i 15.000 ed i 20.000 K,
che si innalzano dalla cromosfera fino a penetrare nella corona, ed i brillamenti, violentissime esplosioni di energia, con le quali viene emesso anche un flusso di elettroni e protoni che
raggiunge il nostro pianeta viaggiando con velocità pari a 1.500 km/s. Colpendo le particelle
ionizzate dell’atmosfera terrestre, esso dà origine a eventi molto particolari, come le aurore
polari (boreali ed australi), fenomeni luminosi che si verificano all’aurora alle alte latitudini,
o le tempeste magnetiche, forti perturbazioni del campo magnetico terrestre.
L’interno del Sole non è direttamente visibile, ma se ne conosce la struttura. Il nucleo è la
zona in cui avvengono le reazioni termonucleari, con aumento di elio a discapito dell’idrogeno (1), e si ha produzione di energia che si diffonde verso l’esterno attraverso una zona
detta radiativa: si calcola un’emissione pari a 100 miliardi di miliardi di Kwh ogni secondo,
di cui la Terra riceve soltanto una parte infinitesima (2 miliardesimi del totale).
Anche il Sole, come tutti gli altri corpi celesti del Sistema, è in continuo movimento. Osservando lo spostamento delle macchie solari, Galileo intuì il movimento principale della nostra
stella: si tratta di una rotazione attorno ad un asse inclinato di 7°11’ rispetto alla perpendicolare al piano dell’eclittica. Il movimento si compie da ovest verso est e dura in media 25
giorni e 8 ore, essendo più rapido all’Equatore (2 km/s) che nella zona dei Poli. Ma contemporaneamente il Sole compie anche un movimento di traslazione verso un punto della costellazione di Ercole detto Apice, insieme con tutti i corpi del Sistema Solare, ad una velocità di circa 20 km/s, ed uno di rotazione generale, insieme a tutte le stelle della Via Lattea.
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Intorno al Sole ruotano 9 pianeti, corpi che, al contrario delle stelle, non hanno luce pulsante ma sono visibili in quanto illuminati dal Sole stesso. Sono, in ordine crescente di distanza
dal Sole: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone. Hanno delle
caratteristiche comuni: compiono un movimento di rotazione intorno al proprio asse, hanno orbite pressoché circolari che giacciono quasi tutte sullo stesso piano, ruotano attorno
al Sole nello stesso senso con un movimento detto di rivoluzione, hanno forma quasi sferica con schiacciamento polare (non evidente solo in Venere e Mercurio). Inoltre le loro distanze dal Sole non sono casuali, ma sono rappresentate dalla Legge di Titius e Bode (eccetto per gli ultimi due pianeti); i pianeti più distanti dal Sole, da Giove a Nettuno, hanno numerosi satelliti, lunghi periodi di rivoluzione e brevi periodi di rotazione mentre i pianeti
più vicini al Sole, da Mercurio a Marte, sono piccoli e densi, senza o con massimo 2 satelliti,
con brevi periodi di rivoluzione ed i primi due con lunghi periodi di rotazione.
Generalmente i pianeti del Sistema Solare si raggruppano in due famiglie, in base alle dimensioni, alla densità, alla distanza dal Sole, alla composizione e alle caratteristiche dell’atmosfera che li circonda. Mercurio, Venere, Terra e Marte sono considerati di tipo terrestre:
hanno un diametro relativamente piccolo, una densità in media 5 volte superiore a quella dell’acqua, una distanza dal Sole inferiore ai 300 milioni di km; sono costituiti essenzialmente di rocce e metalli, con un’atmosfera tenue o addirittura assente e pochi o nessun satellite. Giove, Saturno, Urano e Nettuno appartengono alla famiglia di tipo gioviano o solare: sono di enormi dimensioni, hanno una densità al massimo 1,5 volte quella dell’acqua, la
(1) La quantità di idrogeno ora presente nel nucleo impiegherà circa 5 miliardi di anni per trasformarsi completamente in elio: quando la reazione si arresterà, il nostro Sole sarà destinato a morire.
Capitolo 2 - Il Sistema Solare
3. I pianeti
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loro distanza dal Sole è molto grande e sono costituiti in prevalenza da idrogeno ed elio, con
poco materiale roccioso ed una quantità variabile di ghiacci, con un’atmosfera molto densa e generalmente un gran numero di satelliti. Plutone, il pianeta più lontano dal Sole e l’ultimo scoperto dall’uomo (nel 1930), per dimensioni e densità dovrebbe appartenere alla
prima famiglia mentre per distanza alla seconda: di fatto, quindi, non può essere inquadrato in nessuna delle due.
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3.1Le leggi di Keplero e di Newton
Tutti i pianeti si muovono all’interno del sistema solare seguendo delle leggi specifiche, individuate da Keplero nei primi anni del Seicento, in base alla sola osservazione sperimentale, e poi mirabilmente racchiuse da Newton, a distanza di qualche decennio, nella legge
di gravitazione universale.
La I legge di Keplero afferma che tutti i pianeti descrivono attorno al Sole delle orbite che hanno la forma di un’ellisse; il Sole occupa uno dei due fuochi, comune a tutte le ellissi. Sulla ellissi
che rappresenta l’orbita del pianeta si individuano due punti importanti: l’afelio, che rappresenta il punto della curva più distante dal Sole ed il perielio, che è invece il punto più vicino.
La II legge di Keplero stabilisce che il raggio vettore copre aree uguali in tempi uguali. Per
raggio vettore si intende il segmento che congiunge il centro del pianeta con il centro del Sole.
Ne deriva che il moto del pianeta è più rapido nella zona del perielio che in quella dell’afelio.
La III legge di Keplero sostiene che il quadrato dei tempi di rivoluzione dei pianeti è proporzionale ai cubi degli assi maggiori delle orbite. Ciò significa che il rapporto fra il cubo degli assi maggiori e il quadrato dei tempi è un valore costante. Ne deriva che per i pianeti più
lontani, che devono percorrere orbite più grandi, i tempi di rivoluzione saranno maggiori.
Le tre leggi di Keplero non sono altro che dei casi particolari della legge di gravitazione
universale di Newton, secondo cui ogni corpo attira qualsiasi altro corpo con una forza
che ha per direzione la retta che congiunge i due corpi e la cui grandezza è direttamente
proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza:
mm
F = K 12 2
r
dove K è un coefficiente di proporzionalità chiamato costante universale.
4. L’origine del Sistema Solare
Una volta definite le leggi che regolano tutti i movimenti dei pianeti all’interno del Sistema
Solare, resta da spiegare la sua origine. Le varie ipotesi si possono ricondurre a due scuole
di pensiero: una ha alla base l’idea che l’origine del Sistema Solare sia legata ad un evento
catastrofico, l’altra parte dal presupposto che essa rientri invece in una normale evoluzione del Cosmo. L’evento catastrofico previsto a conferma della prima ipotesi dovrebbe essere una forza in grado di estrarre materia dal Sole e di proiettarla verso l’esterno formando,
per condensazione, i pianeti (Buffon 1794, Chamberlein e Moulton 1900, Jeans 1919, Jeffreys 1929). Tale forza potrebbe essere stata generata dal passaggio di una stella accanto
al Sole, con una conseguente onda di marea in grado di provocare il distacco di una grossa nube di gas.
Tuttavia oggi sembrano prevalere, sull’ipotesi dell’evento catastrofico, le teorie evoluzionistiche (Laplace 1796, von Weizsacker 1944, Kuiper 1951). La loro idea di fondo è che nessun fattore esterno sia intervenuto per la genesi del Sistema Solare, che invece derivereb-
be da un normale processo di evoluzione di una stella. Con il collasso, la condensazione e
il movimento di rotazione della nebulosa solare si sarebbero innescati moti turbolenti nelle parti più esterne (quindi più veloci) della massa stellare, causando il distacco di diversi
granuli: raggiunte le densità sufficienti a creare propri campi gravitazionali, essi avrebbero dato origine ai pianeti, evolutisi poi ognuno indipendentemente dagli altri. Per spiegare
il perché lo spazio del Sistema Solare, dopo la formazione dei pianeti, non sia rimasto pieno di gas, polveri, frammenti solidi ma sia al contrario risultato «pulito» alle navicelle spaziali che lo hanno attraversato, gli astronomi hanno immaginato l’intervento di un fortissimo vento stellare, un’enorme corrente elettrizzata, in grado di spazzare via tutti i residui.
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5. Il pianeta Terra
Raggio equatoriale (massimo) (2)
Raggio polare (minimo)
Schiacciamento polare
Lunghezza circolo meridiano
Lunghezza Equatore
Superficie totale
Massa
Volume
Densità
Accelerazione media di gravità
5.1 I moti fondamentali
6.378.388 m
6.356.912 m
1/297
40.009.152 m
40.076.594 m
510.100.000 km2
5.977 × 1027 g
1.083.319.780.000 km3
5,517 g/cm3
9,806 m/s2
La Terra compie contemporaneamente diversi movimenti che non soltanto ne fanno mutare la posizione nello spazio ma sono anche causa di fenomeni importanti sulla sua superfi(2) Le più recenti misure astrogeodetiche, desunte dall’andamento delle orbite descritte dai satelliti artificiali intorno alla Terra, hanno permesso di stabilire valori ancora più precisi: raggio equatoriale = 6.378.160 m, raggio
polare = 6.356.778 m, schiacciamento polare = 1/298,3.
Capitolo 2 - Il Sistema Solare
La Terra è il pianeta del Sistema Solare la cui orbita è compresa tra quelle di Venere e quella di Marte e dista dal Sole mediamente 149.600.000 km. Come tutti i corpi solidi, ha forma
e dimensioni proprie. Gli antichi ebbero bisogno di ricercare fatti indiscutibili per provarne
la sfericità: l’orizzonte circolare, l’ombra della Terra proiettata sulla Luna durante l’eclissi,
la forza di gravità che agisce lungo i raggi di una sfera, la comparsa e scomparsa graduale
degli oggetti all’orizzonte, i viaggi di circumnavigazione, l’analogia con gli altri pianeti. Oggi
bastano le meravigliose fotografie scattate dallo spazio per descrivere perfettamente la forma del nostro pianeta.
Non si tratta di una sfera perfetta, dal momento che risulta «schiacciata» in corrispondenza dei Poli: è assimilabile ad un ellissoide di rotazione, ossia a quel solido che si ottiene
facendo ruotare un’ellissi intorno al suo asse minore. Più precisamente la distanza tra i due
Poli terrestri rappresenterebbe l’asse minore dell’ellissoide, il diametro dell’Equatore l’asse maggiore. Ma, in effetti, anche tale forma teorica si discosta dalla realtà: la superficie terrestre non è liscia ed omogenea, a causa delle depressioni e dei rilievi che la caratterizzano. Per questo la forma della Terra si identifica con quella del solido costituito dall’insieme
dei punti in cui il filo a piombo è perfettamente perpendicolare alla superficie: a tale corpo
è stato dato il nome di geoide. Tuttavia lo sfasamento tra ellissoide teorico e geoide reale
è soltanto di poche decine di metri ed è, perciò, all’ellissoide internazionale che si fa riferimento per le dimensioni della Terra:
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cie. In primo luogo il nostro pianeta compie un moto di rotazione intorno al proprio asse,
da ovest verso est, quindi in senso contrario all’apparente movimento del Sole e degli astri.
La durata completa di tale rotazione, ossia il tempo impiegato da un punto qualsiasi della
superficie terrestre per compiere un giro di 360°, è di circa 24 ore ed è detto giorno. Se si
considera il tempo che intercorre tra due passaggi del Sole sul meridiano del luogo di osservazione si parla di giorno solare, mentre se si fa riferimento al movimento di una qualsiasi
stella si definirà giorno sidereo: la sua durata è di 23 ore, 56 minuti e 4 secondi. La velocità
angolare di rotazione con cui la Terra compie questo movimento è identica a tutte le latitudini, mentre la velocità lineare è massima all’Equatore (463 m/s) e diminuisce progressivamente verso i Poli, dove diventa nulla.
Parte I - Teoria Libro I - Scienze naturali • Sezione I - Geografia astronomica
Sono molteplici i fatti che provano l’esistenza di questo moto di rotazione, in quanto ne costituiscono una diretta conseguenza. Elencheremo di seguito i principali:
• l’analogia di comportamento con gli altri corpi celesti (3);
• l’esperienza del pendolo di Foucault: solo ammettendo il moto della Terra si spiega perché il piano di oscillazione di un pendolo, che le leggi della fisica definiscono immutabile nello spazio, ruoti con il passare del tempo;
• la deviazione della caduta dei gravi: senza l’effetto della rotazione terrestre i corpi in caduta libera dovrebbero seguire una traiettoria perfettamente perpendicolare alla superficie terrestre;
• lo spostamento della direzione dei corpi in moto sulla superficie terrestre: la legge di Ferrel definisce che tale deviazione avviene verso destra nell’emisfero boreale e verso sinistra in quello australe, come è riscontrabile osservando il moto dell’acqua che defluisce
da un tubo di scarico (4);
• lo schiacciamento polare che fa del globo terrestre un ellissoide, forma di equilibrio di
un corpo in rotazione;
• il movimento notturno della sfera celeste, quindi di tutti gli astri, da est verso ovest, cioè
in senso retrogrado rispetto alla rotazione terrestre;
• il movimento diurno del Sole da est verso ovest, cioè anch’esso in senso retrogrado rispetto alla rotazione terrestre;
• la variazione della gravità con la latitudine, che non è soltanto l’effetto dello schiacciamento ai Poli ma anche la conseguenza della forza centrifuga dovuta alla rotazione.
Sebbene, come si è detto, tutti i fenomeni elencati siano una conseguenza della rotazione terrestre, certamente l’effetto di tale moto che meglio percepiamo è l’alternarsi del dì
e della notte. A causa della forma della Terra, i raggi solari che giungono ad essa paralleli tra loro, illuminano soltanto la parte rivolta verso il Sole, lasciando al buio la parte opposta. Grazie al movimento di rotazione, in un giorno si alternano dunque all’esposizione al
Sole le varie zone della Terra: in ogni momento c’è quindi un emisfero illuminato e l’altro
in ombra, separati da una fascia che prende il nome di circolo di illuminazione. Il passaggio, in ogni punto della nostra superficie, dal dì alla notte non è brusco ma avviene gradualmente grazie alla presenza dell’atmosfera che con i fenomeni di diffusione, rifrazione e riflessione della luce, assicura periodi di chiarore già prima del sorgere del Sole e anche un
po’ dopo il suo tramonto.
Contemporaneamente al moto di rotazione intorno al proprio asse, la Terra ruota anche intorno al Sole, come tutti gli altri pianeti, percorrendo un’orbita ellittica, definita eclittica,
lunga 940 milioni di km con un moto che è detto di rivoluzione. Tale percorso viene effet-
(3) Si tratta dell’unico tra i fatti elencati che costituisce una prova della rotazione terrestre e non una conseguenza.
(4) La causa di tale deviazione è la ben nota forza di Coriolis, una forza in realtà apparente che nasce dal contrasto
di velocità tra un corpo in movimento e la superficie della Terra, anch’essa in movimento a causa della rotazione.
tuato in senso antiorario ad una velocità media di 29,8 km/s in un periodo di tempo pari a
365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 10 secondi, definito anno sidereo. Il piano dell’Equatore terrestre è inclinato di 23°27’ sul piano dell’eclittica, con il quale, quindi, l’asse di rotazione terrestre (perpendicolare all’Equatore) forma un angolo di 66°33’, che si mantiene costante
durante tutto il periodo di rivoluzione. Il Sole occupa uno dei due fuochi dell’eclittica terrestre: in base alla II legge di Keplero la Terra si muove con una velocità maggiore in perielio
(30,3 km/s) e con una velocità minore in afelio (29,3 km/s).
Anche per dimostrare il moto di rivoluzione della Terra esistono dei fatti osservabili che
sono al tempo stesso prove e conseguenze di questo fenomeno.
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Se ne elencano i principali:
Gli ultimi due fenomeni citati richiedono qualche considerazione in più, se non altro per gli
effetti che essi provocano sulla vita del pianeta e sulle attività umane.
Si è detto che l’asse di rotazione terreste è inclinato rispetto al piano dell’eclittica e che si
mantiene parallelo a se stesso durante la rivoluzione. Se invece fosse perpendicolare i raggi del Sole, nel corso di tutto l’anno, avrebbero sempre, nei confronti di uno stesso punto, lo
stesso angolo di incidenza: quindi il giorno avrebbe sempre la stessa durata della notte, cioè
ogni punto posto ad una data latitudine riceverebbe sempre la stessa quantità di radiazione luminosa nel corso dell’anno. Dal momento che la premessa non è vera, durante il moto
di rivoluzione non soltanto cambia la durata dell’insolazione alle varie latitudini, ma anche,
per uno stesso posto, nel corso dell’anno, l’incidenza dei raggi solari. La durata del dì non
sarà mai uguale a quella della notte, fatta eccezione per i punti che si trovano sull’Equatore
(che hanno notte e dì sempre uguali) e per due giorni nel corso dell’anno corrispondenti agli
equinozi. In tali giorni (che cadono approssimativamente il 21 marzo ed il 23 settembre) i
raggi solari sono allo zenit sull’Equatore (formano cioè un angolo di 90° con l’orizzonte) e
tangenti ai Poli e ciò fa sì che il dì e la notte abbiano uguale durata in tutti i punti della superficie terrestre e l’intensità del riscaldamento diminuisca con l’aumentare della latitudine.
Le massime elevazioni a nord e a sud rispetto al piano equatoriale il Sole le raggiunge in
due posizioni, dette solstizi: la prima si verifica intorno al 21 giugno (solstizio d’estate), la
seconda intorno al 22 dicembre (solstizio d’inverno). Nel solstizio d’estate il Sole è allo zenit
sul Tropico del Cancro, che corrisponde al parallelo con latitudine 23°27’ N: l’illuminazione ed il riscaldamento sono maggiori nell’emisfero settentrionale, dove il dì dura più a lungo della notte, all’Equatore si hanno 12 ore di luce e 12 di buio, la calotta artica resta illuminata per 24 ore mentre quella antartica è al buio. Nel solstizio d’inverno, il Sole è allo zenit sul Tropico del Capricorno e la situazione si capovolge: l’illuminazione ed il riscaldamento sono maggiori nell’emisfero meridionale, mentre nel nostro emisfero la notte risulta più lunga del dì, le condizioni dell’Equatore restano invariate, la calotta antartica è completamente illuminata, mentre quella artica è nella piena oscurità.
Per capire dunque come variano le condizioni di illuminazione e di riscaldamento nei diversi periodi dell’anno nei due emisferi occorre fare riferimento a queste quattro posizio-
Capitolo 2 - Il Sistema Solare
• l’analogia di comportamento con gli altri pianeti del Sistema Solare;
• il fatto che quando due corpi celesti sono l’uno nel campo gravitazionale dell’altro si ha
rivoluzione del corpo di massa minore intorno a quello di massa maggiore;
• la periodicità degli spostamenti di alcuni gruppi di stelle nel corso dell’anno e di alcune
piogge meteoriche;
• l’aberrazione della luce proveniente dagli astri, ossia il piccolo spostamento apparente
delle stelle, visto dalla Terra;
• l’alternarsi delle stagioni e la variazione della loro durata;
• la diversa durata del dì e della notte.
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ni fondamentali che la Terra assume rispetto al Sole nei giorni 21 marzo (equinozio di primavera), 21 giugno (solstizio d’estate), 23 settembre (equinozio d’autunno) e 22 dicembre
(solstizio d’inverno) e in cui presenta le situazioni estreme. Nei periodi di tempo che intercorrono fra queste quattro posizioni, le condizioni saranno intermedie rispetto a quelle descritte, variando progressivamente dall’una all’altra. E siccome la quantità di calore ricevuta da qualsiasi punto sulla superficie terrestre dipende appunto dalla durata del dì e della notte e dalla inclinazione dei raggi solari, ne conseguirà che durante la rivoluzione, cioè
nel corso di un anno, nei diversi punti della Terra si avrà l’alternarsi delle stagioni (perfettamente invertite nei due emisferi).
A causa della diversa velocità della Terra sull’orbita (maggiore in perielio quando l’inverno
interessa l’emisfero boreale, minore in afelio quando nello stesso emisfero è invece estate), le stagioni non risulteranno della stessa durata: nell’emisfero settentrionale il semestre caldo dura circa 7 giorni e 6 ore in più rispetto a quello freddo, nell’emisfero meridionale si manifesta il contrario.
Parte I - Teoria Libro I - Scienze naturali • Sezione I - Geografia astronomica
I due nuovi importanti paralleli introdotti per illustrare meglio il movimento di rivoluzione
della Terra, il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno (che rappresentano le massime
latitudini alle quali il Sole può raggiungere lo zenit), individuano, insieme con l’Equatore e il
Circolo Polare Artico ed Antartico, le 5 zone astronomiche del nostro pianeta:
• la zona torrida, compresa tra i due Tropici e tagliata in due dall’Equatore, in cui il Sole è sempre alto e a mezzogiorno raggiunge lo zenit, e il dì più lungo (circa 13 ore) si ha in estate (solo
proprio in corrispondenza dell’Equatore il dì e la notte sono sempre di eguale durata);
• le zone temperate, boreale ed australe, comprese tra i rispettivi Tropici e Circoli Polari,
in cui il Sole non raggiunge mai lo zenit, e si ha una marcata differenza stagionale;
• le zone polari, artica ed antartica, comprese tra i rispettivi Circoli Polari ed i Poli, in cui
il Sole non è mai alto sull’orizzonte e la notte e il dì durano ciascuno 6 mesi.
5.2 I moti secondari
Accanto ai moti di rotazione e di rivoluzione, la Terra compie anche altri movimenti secondari (5). Questi i più significativi:
• moto di precessione: l’asse terrestre, come si è detto, si mantiene parallelo a se stesso durante il moto di rivoluzione, ma ciò è vero solo per tempi non troppo lunghi. In realtà,
infatti, la sua direzione va lentamente mutando a causa dell’attrazione che Sole e Luna
esercitano maggiormente sul rigonfiamento equatoriale provocando un raddrizzamento
dell’asse stesso. Con la forza di reazione dovuta alla rotazione terreste si ottiene un movimento che porta l’asse a descrivere due coni con i vertici verso il centro della Terra. Tale
movimento avviene in senso contrario alla rotazione in un periodo pari a 26.000 anni. Le
conseguenze principali sono due:
1. i poli con il tempo si spostano e con essi anche il Nord, oggi indicato dalla Stella Polare;
2. gli equinozi si anticipano e questo fenomeno di precessione, alla lunga, potrà portare all’inversione delle stagioni.
I coni descritti dall’asse terrestre, in realtà, risultano ondulati: l’azione attrattiva della Luna
provoca, infatti, delle perturbazioni periodiche nel moto di precessione, dette nutazioni;
(5) Si ricorda che secondo l’ipotesi di Milankovitch, formulata nella prima metà del Novecento, sarebbero proprio
questi movimenti secondari le «cause astronomiche» delle variazioni dell’insolazione media che spiegherebbero
il susseguirsi di epoche glaciali ed interglaciali nella storia del nostro pianeta.
• variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre: il valore dell’angolo che l’asse terrestre
forma con la perpendicolare al piano dell’eclittica non è in realtà costante ma varia, entro i 2°, in un periodo pari a 40.000 anni. Tale variazione modifica l’incidenza dei raggi
del Sole nel corso dell’anno e, quindi, influenza il clima;
• variazione dell’eccentricità dell’orbita terrestre: l’eccentricità, che è il rapporto tra la distanza centro dell’ellissi-Sole ed il semiasse maggiore dell’orbita, varia nel tempo con
un periodo medio di 92.000 anni influenzando le posizioni dell’afelio e del perielio. Di
conseguenza si ha una variazione della quantità di radiazione solare negli equinozi e nei
solstizi, che senza dubbio comporta delle modificazioni climatiche.
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6. La Luna
Attorno ad alcuni pianeti del Sistema Solare ruotano dei corpi celesti relativamente piccoli,
definiti satelliti: sono generalmente sferici, non hanno luce propria, sono costituiti da materiale roccioso e, oltre ad orbitare intorno ai pianeti (moto di rivoluzione), ruotano anche
su se stessi (moto di rotazione). La Luna è l’unico satellite naturale della Terra (6). La massa e le dimensioni della Luna, modeste se rapportate a quelle di tanti astri esistenti nell’Universo, sono invece considerevoli rispetto a quelle degli altri satelliti.
Schematizziamo qui di seguito le caratteristiche principali del nostro satellite, in valore assoluto e rispetto alla Terra (Rapporto T/L):
Valore assoluto
384.400 km
1.738 km
7,35 × 1022 kg
22,0 × 109 km3
3,34 (con d acqua = 1)
1,62 m/s2
Rapporto L/T
—
0,273
0,012
0,020
0,606
0,165
Anche la Luna, come tutti i satelliti del Sistema Solare (eccetto Titano, legato a Saturno) non possiede né atmosfera né acqua. L’assenza è dovuta al basso valore della gravità e della velocità di
fuga: se anche ammettessimo che in passato la Luna, con condizioni di temperatura diverse, abbia avuto qualche forma di atmosfera, i gas e le molecole d’acqua evaporata non avrebbero potuto
essere trattenute all’interno del suo campo gravitazionale, ma si sarebbero disperse nello spazio.
Proprio la mancanza di atmosfera spiega il passaggio brusco sulla Luna dai lunghi periodi
di illuminazione a quelli di oscurità (ciascuno ha una durata di 15 giorni); questo fattore,
combinato con le caratteristiche del suolo lunare (assenza di vegetazione, materiali lapidei
che trattengono poco l’energia ricevuta dal Sole), causa inoltre i fortissimi sbalzi di temperatura tra il dì e la notte: da 150°C (a mezzogiorno, all’equatore) a -140°C (minimo notturno). Per gli stessi motivi il potere riflettente della Luna (albedo) è molto basso, pari circa a
0,07: cioè solo il 7% della luce ricevuta dal Sole viene rinviata verso la Terra, mentre il restante 93% viene assorbito dal suolo lunare, trasformato in calore ed immediatamente disperso per irraggiamento (7).
(6) La definizione di satellite naturale si usa oggi per distinguere tali corpi celesti dagli oggetti artificiali inviati
dall’uomo nello spazio a ruotare attorno alla Terra, ad altri pianeti o astri. Vengono utilizzati sia per raccogliere e
trasmettere a terra informazioni dallo spazio (satelliti astronomici), sia per ripetere segnali telefonici, radiofonici
e televisivi intorno alla superficie curva del nostro pianeta (satelliti per telecomunicazioni).
(7) L’irraggiamento è uno dei meccanismi di conduzione del calore.
Capitolo 2 - Il Sistema Solare
Caratteristiche
Distanza dalla Terra
Raggio medio
Massa
Volume
Densità
Gravità
Parte I - Teoria Libro I - Scienze naturali • Sezione I - Geografia astronomica
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La superficie lunare è caratterizzata da aree depresse, molto ampie, piane, coperte da una
polvere soffice costituita da frammenti rocciosi e vetrosi (regolite), che ci appaiono come
delle macchie scure e sono definite mari, e da aree a morfologia complessa ed accidentata,
che invece appaiono chiare e vengono chiamate continenti. Mari e continenti sono costellati da rilievi che raggiungono fino ai 9.000 metri di altitudine (8). Si tratta di catene montuose (cui spesso è stato dato il nome dei più noti rilievi terrestri, ad esempio, Alpi, Appennini etc.), di crateri e circhi. Questi ultimi due tipi morfologici sono delle grandi aree circolari a fondo piatto e bordi rilevati. La loro origine dovrebbe essere legata, secondo alcuni,
all’impatto, con esplosione, di meteoriti (di cui oggi non si ritrovano resti in quanto sarebbero stati immediatamente vaporizzati a causa dell’assenza di atmosfera) sul suolo lunare,
secondo altri all’intensa attività vulcanica avvenuta durante la consolidazione della Luna,
testimoniata dall’origine ignea delle rocce che costituiscono sia i mari che i continenti lunari (9). Le età di queste rocce, calcolate utilizzando il metodo della radioattività che consente di stabilire la cronologia assoluta delle rocce, risalirebbe a 3-3,3 miliardi di anni per
le più recenti e a circa 4,5 miliardi di anni per le più antiche.
Altre forme caratteristiche della superficie lunare sono i solchi, trincee lunghe o corte, dritte o sinuose che tagliano pendii e pianure. Potrebbero essere delle fessure formatesi per il
raffreddamento delle lave, linee di fuoriuscita di masse gassose, canali di flusso delle lave o
fratture da cui esse potrebbero avere avuto origine, o ancora faglie tettoniche. Infine sono
da ricordare quelle aree definite dagli astronomi mascons (dall’inglese mass concentrations,
ossia concentrazioni di massa) che, con il loro campo gravitazionale particolarmente elevato, sarebbero responsabili delle perturbazioni provocate nell’orbita dei satelliti artificiali.
6.1 I moti della Luna
La Luna, come gli altri satelliti, è soggetta ad una serie di movimenti contemporanei, il
primo dei quali è rappresentato dal moto di rotazione intorno al suo asse che si compie,
come per la Terra, da ovest verso est. La velocità angolare di rotazione è pari a 13° al giorno, quindi la durata di una rotazione completa è di 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 12 secondi. Tale durata corrisponde esattamente al tempo impiegato dalla Luna per compiere il suo
moto di rivoluzione intorno al nostro pianeta (mese sidereo). È questo il motivo per cui il
nostro satellite rivolge alla Terra sempre la stessa «faccia». Se per questo movimento si fa
riferimento alla Terra, anziché ad una stella, il nostro satellite presenta un tempo di rivoluzione più lungo. Quando la Luna avrà terminato di compiere il suo giro di rivoluzione siderea, il nostro pianeta non si troverà più nello stesso punto, in quanto si sarà spostato intorno al Sole di circa 27°: la Luna, dunque, per raggiungere la stessa posizione di partenza rispetto all’allineamento Terra-Sole dovrà percorrere ancora un tratto che allungherà il periodo di rivoluzione di circa due giorni (mese sinodico).
Il movimento di rivoluzione avviene con una velocità di circa 1 km/s, in senso antiorario, lungo un’orbita ellittica di cui la Terra occupa uno dei fuochi: il punto più vicino Luna-Terra è detto perigeo, quello più lontano apogeo. Il piano dell’orbita lunare forma un angolo di circa
5° con il piano dell’eclittica terrestre e quindi la interseca in due punti detti nodi, lungo una
linea che è chiamata appunto linea dei nodi.
Contemporaneamente la Luna si troverà a ruotare insieme con la Terra intorno al Sole,
con un movimento detto di traslazione: l’orbita lunare, che risulta dalla combinazione di
questi tre movimenti principali rispetto al Sole, sarà una curva sinusoidale particolarmen-
(8) Va precisato che si tratta di valori assoluti, in quanto, sulla Luna, manca un opportuno livello di riferimento,
quale è la superficie del mare per tutte le altezze e le profondità misurabili sul nostro pianeta.
(9) In particolare per i primi si tratterebbe di rocce effusive simili ai nostri basalti, per i secondi di rocce intrusive
assimilabili alle anortositi terrestri.
te complessa, definita epicicloide. L’interazione con due corpi celesti di massa considerevole, il Sole e la Terra, fa sì che la Luna sia in realtà soggetta anche ad altri movimenti più lenti e di minore entità.
Ricordiamo unicamente il moto di regressione della linea dei nodi, in quanto è responsabile
sia dei fenomeni delle nutazioni terrestri, citati a proposito dei movimenti secondari della
Terra, sia della ciclicità con cui si verificano le eclissi.
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6.2 Le eclissi
Il fenomeno delle eclissi è collegato alla posizione assunta dalla Luna rispetto al Sistema Terra-Sole durante il suo moto di rivoluzione. Quando la Luna si trova in congiunzione, cioè
dalla stessa parte del Sole rispetto alla Terra, l’emisfero che essa rivolge verso di noi non è
colpito dai raggi solari e, quindi, ci risulta oscuro: si è nella fase di Luna nuova (o novilunio).
Quando invece la Luna si trova in opposizione, cioè dalla parte opposta del Sole (sempre
rispetto alla Terra) vediamo l’emisfero verso di noi illuminato: è la fase di Luna piena (o plenilunio). Queste due posizioni sono definite sizigie. Quando invece la Luna forma con il Sole
e la Terra un triangolo rettangolo, mentre il nostro pianeta occupa il vertice dell’angolo retto, si parla di quadrature, e dal nostro pianeta vedremo il primo e l’ultimo quarto di Luna.
Tra queste quattro fasi principali (2 sizigie e 2 quadrature) si avranno tutte le condizioni di
illuminazione intermedie, con la Luna in fase crescente dal novilunio fino al plenilunio e in
fase calante dal plenilunio al novilunio seguente.
Se l’orbita terrestre e quella lunare si trovassero sullo stesso piano, ogni mese durante la
fase di plenilunio il cono d’ombra della Terra proiettato sulla Luna la oscurerebbe completamente e avremmo quindi un’eclissi di Luna; allo stesso modo ad ogni fase di novilunio
si verificherebbe un’eclissi di Sole. Invece le eclissi sono fenomeni rari: questo perché l’orbita lunare e quella terrestre non giacciono sullo stesso piano e quindi l’allineamento Sole-Terra-Luna, responsabile dell’eclissi di Luna, e l’allineamento Sole-Luna-Terra, che provoca l’eclissi di Sole, si verificano soltanto quando c’è l’allineamento (anche non perfetto)
lungo la linea dei nodi.
Il fenomeno dell’eclissi, sia essa di Luna o di Sole, può essere totale o parziale a seconda
se ci sia o meno l’oscuramento completo. Un tipo particolarmente interessante di eclissi solare è l’eclissi anulare. Essa si verifica quando la Luna è in apogeo (ferma restando la
condizione di allineamento lungo la linea dei nodi): il cono d’ombra non riesce ad eclissare
completamente il disco solare ma ne lascia illuminato il bordo, che appare come un anello
splendente e risulta quindi facilmente osservabile ed analizzabile per gli astronomi.
Definite la struttura e le caratteristiche della Luna e descritti i suoi movimenti fondamentali, occorre rispondere al quesito di come essa abbia avuto origine. Esistono diverse ipotesi riconducibili a tre meccanismi di formazione principali, ai quali di seguito si farà un rapido accenno.
La teoria della fissione, avanzata da George Darwin nel XIX secolo, prevede la separazione di una grossa goccia di materiale (dal cui raffreddamento avrebbe poi avuto origine la
Luna) da una Terra allo stato fuso in rapida rotazione su se stessa e quindi soggetta, per effetto dell’attrazione gravitazionale solare, a continue contrazioni e dilatazioni (maree). Una
versione più moderna di tale teoria identifica la causa della separazione non nelle maree
bensì nell’instabilità dovuta alla concentrazione, verso il centro della Terra, del materiale
più pesante che avrebbe portato ad un aumento di velocità verso la sua parte più esterna e
al distacco di una goccia della massa fusa.
Capitolo 2 - Il Sistema Solare
6.3 Le teorie sull’origine della Luna
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Secondo un’altra ipotesi, nota come teoria della cattura, la Luna sarebbe invece nata come
un corpo indipendente nel Sistema Solare ma, ad un certo punto, si sarebbe talmente avvicinata alla Terra da rimanere attratta nel suo campo gravitazionale.
La teoria dell’accrescimento, infine, vuole che la Luna sia il risultato dell’unione di materiali diversi già in orbita intorno alla Terra.
Malgrado il dibattito sull’origine del nostro satellite sia ancora aperto, attualmente, grazie
anche alle numerose missioni lunari, siamo in grado di delineare, in linea di massima, le
fasi principali della «vita» della Luna secondo la seguente linea evolutiva: una volta formatasi, essa subì una separazione della crosta, cui fecero seguito una prima epoca di vulcanismo, quindi un periodo di bombardamento meteorico, una nuova epoca di vulcanismo, poi
un periodo di declino dell’attività e, infine, una fase di quiescenza che perdura ancora oggi.
Parte I - Teoria Libro I - Scienze naturali • Sezione I - Geografia astronomica
7. I pionieri delle missioni spaziali
La missione STS-95 dell’astronave Discovery porta nuovamente nello spazio John Glenn, trentasei anni dopo il suo primo e storico viaggio: nel 1962 era stato il primo americano in orbita attorno alla Terra; nel 1998, a 77 anni, torna a bordo di una navicella per compiere 144
giri intorno al nostro pianeta in poco meno di 9 giorni.
La storia della conquista dello spazio aveva avuto inizio parecchi anni prima, quando, il 4
ottobre 1957, i Sovietici avevano mandato in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik
1, seguito un mese dopo dallo Sputnik 2, con a bordo la cagnetta Laika, primo organismo vivente lanciato nello spazio. Qualche mese dopo, nel gennaio del 1958, ci provano con successo gli Americani, con il lancio dell’Explorer 1. L’era dell’esplorazione lunare si apre nel
1959 quando tre sonde sovietiche (Lunik 1-2-3) raccolgono le prime informazioni dirette sul
nostro satellite e finalmente ne fotografano la «faccia nascosta». Continuando la conquista
dello spazio ai ritmi di una frenetica competizione tra le due massime potenze geopolitiche
dell’epoca, il 12 aprile 1961 è la volta del primo uomo in orbita: Yuri Gagarin, di nazionalità sovietica, compie il primo volo orbitale intorno alla Terra. Un anno dopo tocca, appunto,
all’americano John Glenn. Risale al 1967 il primo incidente, con tre vittime, legato alla conquista dello spazio, che avviene però a terra durante un test sull’Apollo I.
Con il progetto Apollo, fortemente voluto dal Presidente Kennedy, gli Americani riescono a
portare una navicella, con tre uomini a bordo, sul suolo lunare: il 20 luglio 1969, con l’Apollo 11, Neil Armstrong sbarca sulla Luna. Insieme al suo compagno Aldrin, resta 21 ore sul
nostro satellite e raccoglie 22 kg di rocce lunari. L’ultimo allunaggio umano, con l’Apollo 17,
risale al 1972.
Intanto, nel 1961, i Sovietici partono alla conquista di Venere, su cui nel 1966 scende Venera 3, mentre nel 1974 gli Americani raggiungono Mercurio con la sonda Mariner 10. Le prime foto di Marte sono americane e risalgono al 1965, ma nel 1976 l’esplorazione del pianeta rosso sembra giungere al culmine, con lo sbarco delle Viking 1 e 2: si tratta di sonde costituite da un orbiter destinato a restare in orbita attorno al pianeta e di un lander preposto all’atterraggio. La missione, estremamente fruttuosa, termina nel 1981. Questo è anche
l’anno in cui gli USA lanciano il primo Space Shuttle guidato da un equipaggio umano. Intanto, nel 1979, cominciano a partire le prime spedizioni verso i pianeti giganti più lontani: le
sonde americane Voyager prima sorvolano Giove, poi vengono catapultate verso Saturno. La
Voyager 1 viene spinta verso l’esterno del Sistema Solare e si prevede che tra circa 40.000
anni si troverà ai confini dell’Orsa minore. La Voyager 2 invece prosegue verso Urano, fino
ad incontrare nel 1989 Nettuno e poi continuare il viaggio verso i confini del Sistema Solare.
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Capitolo 2 - Il Sistema Solare
Nel 1986 lo Shuttle Challenger esplode pochi secondi dopo il decollo: muoiono tutti i membri
dell’equipaggio e le missioni dello Shuttle vengono momentaneamente sospese. Nello stesso
anno i Sovietici lanciano la stazione orbitante Mir, e finalmente la sonda Giotto dell’Agenzia
Spaziale Europea raggiunge un obiettivo prestigioso, centrando il nucleo della cometa Halley e fotografandolo da distanza ravvicinata. Nel 1995 la sonda americana Galileo arriva a
Giove e nel 1997 gli Stati Uniti conquistano Marte: la sonda Pathfinder atterra sulla superficie del pianeta rosso, regalandoci delle immagini straordinarie ed indimenticabili.