Lettura dei dati del censimento strutture socio-saniatrie

Lettura dei dati del Censimento delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali
di Giovanni Baglio
Membro Gruppo di Lavoro Progetto S.In.O.S.S.I.
La riflessione della Chiesa sul ruolo delle opere
Da diverso tempo, la Chiesa Italiana ha avviato una riflessione approfondita sul ruolo che
le istituzioni ecclesiali di tipo sanitario e sociale sono chiamate a svolgere all’interno del
sistema di welfare operante nel nostro Paese. Un ruolo che sembra doversi esprimere a
sostegno di un’assistenza più prossima ai bisogni delle persone e maggiormente orientata al
perseguimento del bene comune, al contrasto delle diseguaglianze, al riconoscimento della
salute come diritto senza esclusione. Valori questi che stanno alla base del sistema di welfare
e ne giustificano, in qualche misura, l’esistenza.
E in questo senso, le opere ci appaiono come una sorta di baluardo e di riscatto dei valori
fondativi dello stato sociale: le opere che agiscono laddove il sistema pubblico delle garanzie
fatica a raggiungere le persone più svantaggiate, i gruppi più emarginati, potremmo dire gli
ultimi del Vangelo!
Programmazione di una pastorale sanitaria “integrata”
Ora, perché questa speciale missione si compia, è necessario uno sforzo di programmazione, che sia in grado di far convergere e integrare le diverse attività ecclesiali – anche a
livello delle singole diocesi – all’interno di un progetto pastorale sinergico e dialogante
con il servizio pubblico.
Lo sforzo per una piena integrazione deve interessare tanto le attività di tipo solidaristico
(in genere piccole e territorialmente limitate), quanto quelle più strutturate e a valenza
nazionale (ad esempio, i grandi ospedali)
Alla base di ogni programmazione c’è un censimento, reso ancor più necessario dall’attuale
indisponibilità di dati aggiornati e completi sul numero e la tipologia dei servizi sanitari e
sociali direttamente o indirettamente collegati alla Chiesa cattolica e operanti sul territorio
nazionale.
Il censimento e il peccato di Davide
Un censimento, dunque. Ma quando, in seno all’Ufficio nazionale per la pastorale della
sanità, abbiamo cominciato a lavorare a questa idea di censimento, Don Andrea Manto ci
ricordava che il più grande peccato commesso da Davide, oltre all’adulterio consumato con
Betsabea, era stato proprio l’ordine di eseguire un censimento. Si legge nel Primo libro
delle Cronache: “Satana si mise contro Israele e spinse Davide a fare il censimento degli Israeliti”.
Il censimento come opportunità
E sarebbe, probabilmente, un peccato se il censimento si limitasse a pesare lo specifico
contributo della Chiesa al bene del Paese; mentre invece, dovrebbe diventare l’occasione in
cui il popolo di Dio s’interroga sulla sua capacità di realizzare in modo convincente “una
prassi di vita caratterizzata dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti”, come ci ricordava Papa
Benedetto XVI nel Discorso al Convegno Ecclesiale di Verona (19 ottobre 2006).
Il Programma SInOSSI
E allora, partendo dall’idea del censimento, abbiamo finito per lavorare a un programma
più vasto e articolato: un vero e proprio sistema di indagini, in grado di svilupparsi in
parallelo – attraverso l’integrazione di attività diverse di rilevazione e approfondimento –
ma anche in serie, con la ripetizione delle indagini nel tempo.
Il programma è stato denominato SInOSSI, acronimo che sta per Sistema di Indagini sulle
Opere ecclesiali Sanitarie e Sociali in Italia. La scelta del nome sta a sottolineare lo sforzo di
ricondurre, all’interno di un quadro unitario e coerente, la molteplicità e la ricchezza delle
attività e delle iniziative in essere nella Chiesa.
Il progetto è promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale della sanità della CEI e dalla
Consulta Ecclesiale degli Organismi Socio-assistenziali, che ha già effettuato in passato altre
rilevazioni sulle attività sociali (l’ultima è del 1999), in collaborazione con l’Osservatorio
Socio-religioso e con il Servizio Informatico della CEI.
Finalità di SInOSSI
Obiettivi del progetto SInOSSI sono:
1) avviare una ricognizione delle strutture ecclesiali che a vario titolo erogano assi-stenza
sanitaria e socio-assistenziale in Italia;
2) cogliere il processo di evoluzione dei servizi, anche in riferimento alle trasfor-mazioni
in atto nella società;
3) rilevare la presenza di risposte particolarmente significative e innovative all’interno dei
servizi offerti dalla Chiesa (penso, ad esempio, alle esperienze di policy network sviluppate
nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria alla popolazione immigrata);
4) verificare eventuali carenze dei servizi in rapporto alle esigenze della società;
5) promuovere e favorire all’interno di ogni diocesi italiana un efficace lavoro di rete tra le
varie realtà oggetto di indagine, nell’ottica della solidarietà e della sussidiarietà.
Articolazione del progetto
In coerenza con gli obiettivi prefissati, per il triennio 2009-11 sono state programmate le
seguenti linee di attività:
a) il censimento dei servizi, esteso a tutte le diocesi (che rappresen-tano le nostre unità
territoriali di rilevazione);
b) la pianificazione di indagini di approfondimento su specifiche tematiche o eventuali
criticità emerse nel corso della rilevazione censuaria;
c) l’evoluzione verso un’anagrafe delle strutture e dei servizi ecclesiali sanitari, sociosanitari e sociali, a livello nazionale e diocesano (qualcosa che vada oltre il censimento e
diventi un database costantemente alimentato e aggiornato a livello locale).
Il censimento: aspetti metodologici
E veniamo al censimento. La rilevazione ha richiesto una lunga fase preparatoria, in cui è
stato necessario affrontare tutta una serie di aspetti metodologici piuttosto complessi.
Una prima questione, cruciale in questo tipo di attività, è quella relativa alla definizione
dell’unità di rilevazione, ossia dell’oggetto specifico dell’attività censuaria. La nostra
attenzione si è concentrata, primariamente, sulle strutture che operano in ambito ecclesiale
e che offrono assistenza sanitaria e sociale rivolta alla PERSONA. Per struttura si intende
il “complesso strutturato delle attività assistenziali”, non necessariamente confinato
all’interno di un edificio o di una specifica sede fisica, ma il cui svolgimento può avvenire
anche al di fuori di luoghi definiti (penso, ad esempio, alle unità di strada).
Un ulteriore aspetto ha riguardato la definizione dei criteri di eleggibilità, ossia le
caratteristiche proprie di ogni struttura che la rendono interessante ai fini della rilevazione,
e dunque arruolabile. I criteri prescelti sono stati: a) l’appartenenza alla Chiesa cattolica; b)
la stabilità strutturale e temporale; c) la tipologia di attività svolta.
a) Definizione di ecclesialità
L’appartenenza alla Chiesa, ossia l’ecclesialità delle strutture, è stata definita nei termini
piuttosto ampi e inclusivi della dipendenza diretta dalla Chiesa, ma anche semplicemente
del collegamento con la Chiesa.
La “dipendenza” si riferisce alle strutture il cui soggetto promotore e/o gestore sia
un’istituzione ecclesiastica (Diocesi, Caritas diocesana, parrocchia, istituto di vita consacrata
o società di vita apostolica, associazione di fedeli, fondazione di religione o di culto, o altra
realtà ecclesiale a dipendenza diretta o legati in modo molto stretto attraverso la presenza di
assistenti o rappresentanti appositamente nominati).
Nell’ambito del “collegamento” con la Chiesa vengono ricomprese tutte le strutture di
ispirazione cattolica, riconducibili a persone o gruppi di persone, associazioni o movimenti
che per identità personale (presenza di sacerdoti o religiosi) o per scelta valoriale e finalità si
collochino all’interno della comunità ecclesiale.
Abbiamo fatto prevalere il criterio guida dell’integrabilità della struttura all’interno di un
progetto pastorale, peraltro affidando di volta in volta alle diocesi il compito di valutare
questa appartenenza (e questa integrabilità).
b) Stabilità strutturale e temporale
Si voleva evitare di includere nel censimento attività minimali o estemporanee.
La stabilità strutturale è definita in riferimento alla presenza di attività organizzate,
all’esistenza di uno statuto o regolamento, alla disponibilità di una sede o di personale
dedicato. La stabilità temporale si riferisce alla continuità dell’azione assistenziale (almeno
un giorno a settimana).
c) Tipologia di attività
Le strutture e i servizi da censire sono stati identificati mediante un sistema di
classificazione, sviluppato dall’Istat nell’ambito del Progetto europeo ATECO 2007 e
modificato per gli scopi di SInOSSI. E dunque:
[nell’ambito dell’assistenza sanitaria] strutture ospedaliere, ambulatori, servizi di
riabilitazione, hospice, banche del sangue, servizi ambulanze ecc.
[nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria e sociale residenziale] RSA, servizi residenziali
per persone affette da disturbi mentali o che abusano di sostanze stupefacenti e per
malati di AIDS, centri socio-riabilitativi per disabili, case per anziani, minori, famiglie,
immigrati, persone senza fissa dimora ecc.
[nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria e sociale non residenziale] centri diurni per
anziani e disabili, centri diurni per minori, consultori familiari, unità di strada, centri di
ascolto, mense, centri erogazione beni primari, assistenza ai detenuti, fondazioni
antiusura e microcredito ecc.
Fasi preparatorie del censimento
Ulteriori passaggi della fase preparatoria sono stati:
- l’elaborazione di una scheda di rilevazione molto essenziale (in equilibrio tra ciò che serve
e ciò che è sostenibile). Le informazioni hanno riguardato: ubicazione della struttura,
soggetto promotore, ente gestore, attività (prevalente e secondarie), evoluzioni del
servizio nel tempo, operatori coinvolti, rapporto con l’ente pubblico (accreditamento,
convenzione o autorizzazione);
- è stato sviluppato dal SI-CEI un software per l’informatizzazione dei dati, con funzioni in
grado di facilitare l’inserimento e di supportare la codifica (ad esempio, attraverso
l’utilizzo di menu a tendina per le domande a risposta chiusa, l’attribuzione automatica
dei codici, l’interdizione automatica dei campi non applicabili ecc.);
- è stato condotto uno studio pilota nelle diocesi di Brescia, Firenze e Agrigento (diocesi di
diversa grandezza e collocazione geografica), per validare gli strumenti di rilevazione,
nell’autunno 2009;
- è stata effettuata una formazione “a cascata” degli operatori, con il coinvol-gimento
iniziale di una prima linea di formatori, che successivamente hanno formato le seconde
linee a livello locale (primavera 2010).
Coordinamento delle attività
La responsabilità della rilevazione è stata affidata localmente al Direttore della Caritas, che
ha operato in stretto collegamento con il responsabile della pastorale della salute e con altri
eventuali referenti appositamente incaricati dal Vescovo.
Sono stati coinvolti anche numerosi organismi, rappresentativi delle diverse realtà locali.
Risultati
Vediamo qualche dato.
I servizi complessivamente censiti sono stati 14.246, così ripartiti per tipo di assistenza: 916
strutture sanitarie (pari al 6,1%); 4.440 strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali
residenziali (31,2%); e 8.858 strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali non residenziale
(62,3%).
Circa la metà dei servizi si trova nel Nord (26% nel Nord-Ovest e 22% nel Nord-Est);
poco meno di un quarto nel Centro (24%) e una quota di poco superiore (29%) nel Sud.
La regione con il maggior numero di servizi è la Lombardia (1.862), seguita da EmiliaRomagna (1.512) e Toscana (1.492). E poi, ancora Veneto, Piemonte, Lazio, Sicilia e Puglia
(complessivamente queste otto regioni totalizzano quasi i 3/4 dei servizi rilevati).
Considerando le attività prevalenti, i tipi di servizi più rappresentati risultano:
Assistenza sanitaria – servizi di autoambulanza (288, pari al 31%), strutture ospedaliere
(122, 13%), emoteche (121, 13%), servizi di riabilitazione (109, 12%).
Assistenza sociosanitaria e sociale residenziale (n=4.440) – case di riposo per anziani
(950, 21%), servizi per tossicodipendenti o malati di mente (394, 9%) e RSA per anziani
(380, 9%).
Assistenza sociosanitaria e sociale non residenziale (n=8.858) – centri ascolto multiutenza (2283, 26%) e centri erogazione beni primari (1.936, 22%) [le forme di servizio più
diffuse in assoluto nel territorio italiano: espressione della carità spirituale e della carità
materiale], seguiti dai consultori familiari (371, 4%).
[Nel complesso, considerando i destinatari, oltre un terzo dei servizi (38%) è aperto a un’utenza
non specificamente definita (servizi multiutenza), mentre il 13% è rivolto a persone anziane, l’11% a
minori e il 10% a famiglie].
Tra i soggetti promotori, spiccano le parrocchie, che si confermano il vero grande motore
della solidarietà con oltre un quarto dei servizi promossi (essenzialmente di tipo sociale non
residenziale). Seguono le associazioni di fedeli (18%) e le realtà civili, in particolare
cooperative sociali (questo dato è interessante perché testimonia la presenza di un tessuto
di solidarietà, in cui si integrano realtà di ispirazione diversa, sia religiosa che laica).
Tra gli enti gestori, troviamo ancora le parrocchie (26%), seguite dalle associazioni di
volontariato (21%).
Per quanto riguarda il personale, i servizi si avvalgono complessivamente del lavoro di oltre
420mila operatori, per il 96% laici e per il 66% volontariato.
Considerazioni conclusive: al di là dei numeri
Siamo giunti alla fine.
Vorrei chiudere con alcune brevi considerazione, di carattere più qualitativo, per
sottolineare ancora il senso e la portata di questa iniziativa.
Al di là dei numeri che abbiamo visto e che pure sono importanti, credo che il censimento
abbia rappresentato una straordinaria occasione di incontro tra gli operatori pasto-rali e le
persone che lavorano nei servizi.
E l’incontro, si sa, porta alla relazione, a investire tempo e risorse per capire come vivono
le opere. Questo è importante nell’ottica di fare rete, in modo da fornire risposte efficaci e
non superficiali alle fragilità e ai bisogni.
Adesso la parola torna alle Diocesi, cui è dato uno strumento in più per riappropriarsi delle
opere, per animarle alla carità e sostenerle nell’ecclesialità, che non è data una volta per
tutte, ma deve essere costantemente nutrita nella cura di un inserimento vitale all’interno
della comunità cristiana, in termini di orientamento, progettualità e verifica.