Il processo penale in Francia e in Italia

Il processo penale in Francia e in Italia
Profili comparati e spunti di riflessione
L’irragionevole durata dei processi costituisce, senza dubbio, un dei problemi che affligge maggiormente il
sistema giuridico italiano: una giustizia lenta è infatti una giustizia inefficiente, ovvero incapace di far fronte
alle esigenze di sicurezza giuridica che il processo, specialmente quello di matrice penale, deve essere in
grado di offrire ai cittadini.
Il tema delle lungaggini giudiziarie è tuttavia argomento attuale non solo con riguardo alla giustizia italiana,
ma anche in sistemi giudici di numerosi paesi europei – come la Francia – i quali, seppur in maniera
differente, hanno tentato di porvi rimedio.
Sulla base di tali premesse, si è inteso delineare taluni istituti processuali che hanno contribuito a sveltire la
trattazione dei procedimenti penali d’oltralpe, offrendo un approccio propriamente comparatistico, onde far
emergere le differenze sostanziali tra il sistema processualpenale italiano e francese ed evidenziare eventuali
argomenti da cui trarre spunti de iure condendo.
In particolar modo, il contributo prende avvio da una riflessione sul sistema di opportunità dell’esercizio
dell’azione penale, meccanismo opposto a quello fondato sull’obbligatorietà dell’azione penale consacrato
dal processo penale italiano, che in Francia ha permesso di superare la dicotomia archi azione/rinvio a
giudizio introducendo una terza via rappresentata dalle misure alternative all’azione penale. Altri aspetti
della giustizia penale francese hanno inoltre fatto oggetto di una riflessione circa le possibilità di una loro
configurazione o di una loro implementazione analoga nel sistema processuale italiano.
Il lavoro dunque, senza alcuna pretesa di esaustività in considerazione della vastità degli argomenti trattati e
delle loro notevoli implicazioni, intende fornire un quadro generale del sistema processuale penale francese.
****
Parte I
Riflessioni sulla compatibilità di taluni istituti del diritto processuale penale francese con il sistema
procedurale italiano.
a cura di Caroline Peloso
L’eccessiva durata dei processi è uno dei problemi che maggiormente gravano sui procedimenti penali
incidendo – negativamente – sulla funzione propria alla giustizia penale, ovvero l’accertamento della
responsabilità dell’imputato, oltre alla tutela degli interessi della vittima del reato e della collettività a veder
sanzionato il fatto di reato.
Evidentemente anche il sistema di giustizia penale francese non è esente dal problema del sovraccarico
giudiziario, è per tale ragione che i vicini d’oltralpe hanno fornito una risposta basata su una politica di c.d.
deprocessualizzazione 1 che prevede, da un lato, l’introduzione di soluzioni alternative all’azione penale per
le ipotesi di reati di minore gravità, dall’altro, l’individuazione dei casi suscettibili di giungere
all’emanazione di una sentenza quale esito certo del processo penale. La scelta di implementare le misure di
dejudiciarisation2 non ha trovato pari successo nel sistema giudiziario penale italiano dove si è preferito
attuare, durante gli anni ’80 e ’90, importanti processi di depenalizzazione che però non hanno offerto una
soluzione di lungo termine al problema dell’eccessivo carico giudiziario dei tribunali. Al contrario, il Code
de procédure pénale francese, ha offerto una risposta penale diversificata al fatto di reato così permettendo
di trovare soluzione di lungo periodo al problema del carico giudiziario3.
Occorre premettere che il sistema processuale francese presenta alcune particolarità rispetto a quello italiano,
tra cui in particolare la contrapposizione del principio di opportunità de l’action publique a quello di
obbligatorietà dell’azione penale e la sottoposizione del pubblico ministero alla gerarchia del Ministre de la
Justice.
Oltre al tema dell’obbligatorietà dell’azione penale, verranno brevemente analizzati altri temi rilevanti ai fini
del problema del carico giustiziarlo in un’ottica comparata con il sistema francese. Ma proprio perché
l’azione penale costituisce il preludio di una complessa attività procedimentale che consegue al suo
azionamento, essa rappresenta il punto di partenza della riflessione.
Il ministère publique francese infatti, assunta la notizia criminis ed anche quando gli elementi raccolti
all’esito dell’indagine preliminare inducono a ritenere che il procedimento penale condurrà all’accertamento
della responsabilità dell’indagato, non ha l’obbligo di esercitare l’azione penale ma dispone dell’alternativa
tra l’archiviazione, l’esercizio dell’azione penale e la c.d. troisieme voie data dalle misure alternative
1
La deprocessualizzazione costituisce una species del più ampio genus della diversion, così come definita nelle Risoluzioni del XIII
Congresso Internazionale di diritto penale sul tema “ Diversione e mediazione” ( Cairo, 1-7 ottobre 1984), A. RUGGERI, Diversion:
dall’utopia sociologica al pragmatismo processuale, in Cass. Pen. 1985, 538, tale definizione comprende “ le attività svolte dagli organi
pubblici cui sono attribuite funzioni di controllo sociale al di fuori del sistema penale”, “ l’esercizio da parte della polizia e degli organi dell’accusa
di poteri volti ad evitare il promovimento dell’azione penale”; le procedure alternative all’esercizio dell’azione penale”;
2
Droit pénal comparé, Dalloz, Paris, 1995, p. 147 ;
Per una panoramica comparata Italo-francese : M.G.. AIMONETTO, Processo penale francese, in Enciclopedia del diritto, Annali Vol
II Tomo I 2008; ID, Le recenti riforme della procedura penale francese, Giappichelli, 2002;
3
J. PRADEL,
all’azione penale4. Il ricorso a quest’ultima via, detta anche archiviazione condizionata o meritata, è fondato,
nella pratica, sulla natura e gravità del reato tali da giustificare l’applicazione di misure alternative sia in
chiave moralizzatrice o come vera e propria alternativa offerta al PM il quale potrà ancora intervenire con
l’azione penale in caso di insuccesso della misura.
Il sistema di opportunità dell’azione penale trova due importanti correttivi al rischio di inattività del pubblico
ministero: in primo luogo la mancanza di iniziativa penale può essere vinta dalla vittima che abbia subito un
pregiudizio diretto dal fatto di reato, la quale può promuovere l’azione penale, sebbene il suo esercizio sia
comunque rimesso al PM5. In secondo luogo, la valutazione del PM in ordine all’opportunità dell’esercizio
dell’azione penale attiene unicamente al momento della decisione di promovimento della stessa, essendo poi
essa affidata unicamente agli organi di jugement ou d’instruction ( laddove quest’ultima abbia luogo).
Nell’ordinamento italiano invece, vige il principio di legalità / obbligatorietà dell’azione penale6 garantito
dall’art. 112 Costituzione e dagli artt. 50 e 405 c.p.p. in base ai quali rispettivamente, il PM “esercita
l’azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione” e “quando non deve
richiedere l’archiviazione, esercita l’azione penale”.
Le strade che si aprono dunque all’intervento del pubblico ministero italiano si risolvono in due alternative
tra loro simmetriche di azione e/o archiviazione sicché al pubblico ministero italiano è imposto
perentoriamente l’obbligo di perseguire una notizia di reato - di cui abbia appreso la notizia sia d’ufficio sia
subordinatamente all’esperimento della condizione di procedibilità, quando non rincorrano i presupposti per
l’archiviazione, non potendo svolgere alcune considerazione in ordine all’opportunità di azionarla o meno 7.
L’attribuzione esclusiva dell’azione penale al pubblico ministero nonché la sua obbligatorietà si traducono
nelle garanzie di autonomia dell’organo dell’accusa rispetto a qualsiasi tipo di ingerenza del potere esecutivo
e nel rispetto del principio di uguaglianza dei cittadini a vedere perseguitato l’autore di un fatto lesivo dei
propri interessi: tali sono gli aspetti caratteristici e inconfondibili della tutela penale così come espressa dal
testo costituzionale.
Appare tuttavia evidente che l’attribuzione dello strumento di tutela giurisdizionale al solo organo
dell’accusa restringe significativamente i poteri dispositivi delle parti in ordine allo svolgimento del
procedimento penale e, dall’altra parte, fa sorgere numerosi dubbi sulla reale ed effettiva capacità del
4
« Chargé de mettre en mouvement et d'exercer l'action publique, le ministère public dispose de la liberté d'appréciation la plus
large ; il apprécie la suite à donner aux plaintes et dénonciations (C. pr. pén., art. 40). Cette règle signifie que le procureur de la
République apprécie selon sa conscience, en fonction de la gravité de l'infraction, de la personnalité de l'auteur, et du trouble causé
à l'ordre public, l'opportunité soit d'engager des poursuites, soit de mettre en oeuvre une procédure alternative aux poursuites, soit
de classer sans suite la procédure dès lors que les circonstances particulières liées à la commission des faits le justifient. Cette règle
s'oppose au principe de la légalité des poursuites, en vigueur dans certains pays, qui oblige le ministère public à poursuivre dès qu'il
a connaissance d'une infraction constituée (C. pr. pén., art. 40-1) », voce « Action publique », a cura di F. MOLINS, in Rep. Droit
pénal et procédure pénale, Dalloz, décembre 2015, n. 67 ;
5
R.CAIRO, Victimes d’infractions, in Rep. droit pénal procédure pénale, Dalloz, 2015; P. BONFILS, L’action pénale de la victime, in
Institut pour la Justice, n°17, juillet 2012 ;
6
l’esercizio dell’azione penale è definibile come la prerogativa appartenente all’organo della pubblica accusa di richiedere
l’intervento dell’organo giurisdizionale per ottenere l’emissione di un provvedimento di natura decisoria a definizione di un
procedimento penale, cfr. F. RUGGERI, L’azione penale, in Dir. Proc. Pen, Annali III, 2010; v.ORESTANO, Azione in generale (storia
del problema), in questa Enciclopedia, IV, specie 814 ss.;
7
G. UBERTIS, Giusto processo, in Dir. Proc. Pen. , Annali II, 2008; M. CAIANELLO, Archiviazione, in Dir. Proc. Pen. Annali II-1
2008; C. MOSELLI, Modelli processuali penali in Francia e in Italia, Giuffré, 2013, p. 165: “ Lo schema binario tracciato [..] tra gli
artt. 50 e 405 c.p.p., subordina il promovimento dell’azione penale alla verifica negativa dei presupposti per la domanda di
archiviazione, essendo esclusa una interpretazione massimalista dell’azione obbligatoria ad esercizio incondizionato”;
pubblico ministero ad assolvere l’enorme carico di lavoro da cui è gravato in conseguenza di un’applicazione
rigida della regola di legalità dell’azione penale.
In tal senso, se è vero che da un lato il carattere obbligatorio di quest’ultima rischia di rappresentare un
fattore di rallentamento della giustizia penale, dall’altro le opinioni che suggerivano un cambiamento a
favore di un sistema di opportunità dell’esercizio dell’azione penale, come quello francese, sono state
fortemente contrastate, opponendovi ragioni profondamente radicate nella storia della giustizia penale
italiana; esse sono tali da impedire di sposare appieno il sistema di opportunità e portano piuttosto il
legislatore a percorrere altre vie deflattive, come quella della modifica del regime di procedibilità di alcuni
reati di minore gravità8.
Tra le ragioni che impediscono un passaggio al sistema di discrezionalità
dell’azione penale, acquista particolare importanza il rifiuto, nel sistema procedurale penale italiano, di
qualsiasi tipo il controllo politico sull’azione del pubblico ministero, figura che nel processo penale italiano
si caratterizza per la sua indipendenza e per la sottoposizione delle sue decisioni ad un controllo
giurisdizionale operato dal GIP, chiaramente anche in materia di esercizio dell’azione penale o di
archiviazione della notizia di reato. La differenza con la Francia è lampante nell’articolazione stessa dunque
dell’ufficio del PM, essendo il Ministère publique sottoposto alle indicazioni scritte provenienti dai superiori
gerarchici a cui ha il dovere di conformarsi, in particolare in materia di politica criminale, rimanendo libero
unicamente nell’oratoria9.
Alla luce di tali premesse, appare dunque interessante valutare se e come sia possibile esportare il sistema di
opportunità dell’azione penale salvaguardando la compatibilità con i principi costituzionali in materia.
Sul sistema di opportunità dell’azione penale
Il sistema tracciato dagli artt. 50 e 405 c.p.p. in materia di esercizio dell’azione penale obbligatoria, traspone
i principi di legalità e di uguaglianza di cui agli artt. 25 e 3 Costituzionale. Va sottolineato che già la Corte
Costituzionale nel 1979 individuava i beni garantiti dal principio dell’obbligatorietà dell’azione penale
nell’indipendenza del P.M. nell’esercizio della propria funzione e nell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla
legge, poi ribaditi dalla famosa sentenza n.88 del 1991 secondo cui “ il principio di legalità, che rende
doverosa la repressione delle condotte violatrici della legge penale, abbisogna, per la sua concretizzazione,
della legalità del procedere; e questa, in un sistema come il nostro fondato sul principio di uguaglianza di
tutti i cittadini di fronte alla legge ( in particolare, alla legge penale), non può essere salvaguardato che
attraverso l’obbligatorietà dell’azione penale; per poi finire ricordando come il principio di obbligatorietà
fosse dunque “ punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale, talché il
8
in tal senso anche la riforma sul processo penale n. 2067, Capo III, art. 12, delega al governo per riformare il regime di procedibilità
di alcuni reati su www.senato.it ;
9
ricordiamo che peraltro il problema della dipendenza del Ministere publique dal potere esecutivo fu al centro di un forte dibattito in
sede politica: il presidente Chirac nel 1997 aveva nominato una commissione incaricata di riflettere sulla possibilità di recedere il
vincolo di subordinazione del PM al Garde des Sceaux che però non ebbe successo. Sulle varie modalità di esercizio dell’azione
penale in Europa: E. LRUTI LIBERATI, Cronache dall’Europa ( e oltre), in Quest. Giust., 1998, p. 705 ss; A. PERRODET, Quante figure
di pubblico ministero in AA.VV. Procedure penali d’Europa, sotto la direzione di M. DELMAS MARTY, ed. italiana curata DA M.
CHIAVARIO, Cedam Padova, 2001; J. PRADEL, Du ministère public en matière pénale à l’heure d’une éventuelle autonomie? , in D.,
1997, Chr., p. 141 ss;
suo venir meno ne altererebbe l’assetto complessivo”10.
Alla funzione garantita dall’obbligatorietà
dell’azione penale si lega indissolubilmente l’autonomia del P.M., che evidentemente era stata oggetto di
intensi dibattiti con riferimento alla riforma in materia di c.d. separazione delle carriere tra magistrati, che
avrebbe conservato l’autonomia della magistratura giudicante, sottoponendo però alla gerarchia del Ministro
della Giustizia l’ufficio del pubblico ministero. Sul punto infatti numerosa era stata la dottrina che aveva
segnalato come “giungere ad ammettere una qualche forma di soggezione della magistratura requirente al
potere esecutivo si risolverebbe troppo spesso nella sollecitazione di quest’ultima a coltivare con zelo i
procedimenti penali suscettibili di creare difficoltà alle forza politiche di opposizione connessi con delitti in
tema di opinioni o connessi a conflitti sociali”11.
Alla luce di tali osservazioni, fatte proprie da giurisprudenza e dottrina, il punto non sembra tanto quello di
interrogarsi circa la possibilità che il nostro sistema processuale abbandoni o meno il principio di
obbligatorietà dell’azione penale: tale soluzione infatti non sembra auspicabile per il sistema procedurale
italiano dove elementi fortemente ancorati alla nostra tradizione giuridica ed equilibri fra i poteri dello Stato
inducono a ritenere irrinunciabile tale principio. Interessa piuttosto chiedersi a che punto, ad oggi, la lettura
dell’art. 112 Cost permane così rigida da esigere un automatico collegamento tra la mera assunzione della
notizia di reato e il dovere di procedere o se – a contrario – la previsione costituzionale ammette uno spazio
per interventi diretti ad alleggerire il carico processuale mediante misure di deprocessualizzazione12.
Quest’ultima lettura del principio di obbligatorietà – decisamente più elastica – è data dalla recente dottrina e
giurisprudenza, sollecitata altresì dalla sempre più urgente esigenza di far fronte al problema del carico
giudiziario. Una lettura esasperata di tale principio rischia infatti di non essere più praticabile: il legislatore
sarebbe dunque chiamato ad individuare spazi di priorità dell’azione penale attraverso l’identificazione
dell’an e del quomodo nel suo esercizio, sottoposta al controllo giurisdizionale del Gip13.
Ammettendo dunque una certa elasticità del principio di legalità dell’azione penale, occorre chiedersi, in
primo luogo, quale sia la compatibilità del ricorso ad una via alternativa all’esercizio dell’azione penale con i
principi europei e costituzionali.
10
Corte Cost. n. 88/1991 in Giust. Pen. 1991, III, c. 165; G.P.. VOENA, Soggetti, in Compendio di procedura penale, CONSO – GREVI
BARGIS, Padova, 2012.61;
11
A. PIZZORUSSO, Per un nuovo ordinamento giudiziario, in Cass. Pen. 1993.1885; G. LOZZI, Lezioni di procedura penale,
Giappichelli, Torino, p. 87; L. PEPINO, Ancora sull’obbligatorietà dell’azione penale, in Quest. Giust. 2011, n. 2, 109; M. SCAPARONE,
Pubblico ministero in Enc. Dir. XXXVII , Milano, 1988, 1107; G. ILLUMINATI, Come adattare la domanda all’offerta di giustizia in
AA.VV. , La ragionevole durata del processo, a cura di R. KOSTORIS, Giappichelli, Torino, 2005, p. 87; per una lettura a favore del
non abbandono del regime di obbligatorietà: CERESA-GASTALDO, Dall’obbligatorietà dell’azione penale alla selezione politica dei
processi, in Dir. Pen. Cont., 2011, p.11;
12
M. CHIAVARIO, Ancora sull’azione penale obbligatoria: il principio e la realtà, in Id. L’azione penale tra diritto e politica, Padova,
1995, p. 91 ss; V. CARBONE, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2008, p. 85 ss. in www.cortedicassazione.it; L.
LUPARIA, Obbligatorietà e discrezionalità dell’azione penale nel quadro comparativo europeo, in Giurisprudenza italiana, 2002, p.
1751;
13
G. ILLUMINATI, Costituzione e processo penale, in Giur. It, 2008, p. 521; D. VICOLI, L’esperienza dei criteri di priorità nell’esercizio
dell’azione penale, realtà e prospettive, in AA. VV., Il processo penale tra politiche della sicurezza e nuovi garantismi, a cura di G.
DI CHIARA, Giappichelli, Torino, 2003, p. 231 ss.; ID, Scelte del pubblico ministero nella trattazione delle notizie di reato e art. 112
Cost: un tentativo di razionallizare, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2003, p. 264;
Compatibilità con i principi costituzionali ed europei delle misure alternative all’azione penale
Già autorevole dottrina sottolineava in passato come “ una regola di rigido automatismo di fronte alla
notitiae criminis non rappresenta il necessario corollario di quella obbligatorietà che trova il suo limite
nella oggettiva superfluità del processo [..]”14, così dunque confortando l’opinione secondo cui il pubblico
ministero, una volta ricevuta la notitia criminis e aver svolto le necessarie indagini, non sempre ha l’obbligo
di esercitare sempre e comunque l’azione penale, potendosi ammettere - qualora la lesione all’interesse
tutelato sia esiguo o riparato per effetto di condotte riparatorie – il ricorso a misure alternative.
Quest’ultime, rientranti nel genus della diversion15, si caratterizzano per collocarsi prima dell’esercizio
dell’azione penale, producendo l’effetto di deviare il processo verso un epilogo anomalo ancor prima della
formulazione di un’imputazione a suo carico. Già vent’anni fa, le Risoluzione prese dal XIII Congresso
internazionale di diritto penale in tema di “Diversion e mediazione” , sottolineavano come, anche nei sistemi
in cui vige l’obbligatorietà dell’azione penale, questo apparente contrasto con il sistema delle misure di
diversion, collocate dopo l’azione ma prima della sentenza, poteva essere sanato sulla base del consenso
dell’imputato e del pubblico ministero su cui interviene un controllo giurisdizionale che confermi
l’interruzione delle indagini16.
D’altronde le soluzioni alternative al procedimento non possono essere considerate contrarie al principio di
legalità, imposto dall’art. 25, 2° comma Cost. , allorquando i presupposti in presenza dei quali ricorrere ad
esse siano determinati dal legislatore con sufficiente tassatività, ne tantomeno tali misure alternative
all’azione penale possono essere considerazione una violazione del principio di uguaglianza, laddove esse
introducono una disparità di trattamento solamente astratta –
determinata dalla subordinazione della
procedibilità di taluni reati all’esistenza di determinati requisiti – ma non concreta laddove esista una precisa
ed esatta predeterminazione dei criteri che permettano il discrimen tra punibilità o meno di soggetti che
abbiano commesso lo stesso tipo di reato17. Esisterebbe dunque una compatibilità delle vie alternative
all’esercizio dell’azione penale con i principi costituzionali a patto di dare una lettura ampia a questi ultimi.
Esse sarebbero d’altronde compatibili anche con il diritto ad un equo processo18, sancito a livello supra
nazionale, nei limiti in cui il diritto ad ottenere un processo davanti ad un tribunale è diritto rinunciabile se la
rinuncia è caratterizzata da un consenso libero e consapevole.
Quali appaiono dunque le prospettive de iure condendo in materia di archiviazione semplice o condizionata
che si ispirino alle soluzioni praticate in Francia?
14
M. CHIAVARIO, Appunti sulla problematica dell’azione nel processo penale italiano: incertezza prospettive e limiti, in Riv. Trim.
Dir. Proc. Civ., 1975, p. 908 ss;
15
A. RUGGERI, Diversion: dall’utopia sociologica al pragmatismo processuale, op. cit., 538: nella diversion si fa
rientrare ogni deviazione al corso del processo penale, anteriore alla sentenza di condanna pronunciata da un tribunale,
che sfocia nella partecipazione dell’indiziato a qualunque programma di natura non penale il cui fine sia la risocializzazione o la risoluzione del conflitto che lo ha condotto al reato;
16
Risoluzioni al XIII Congresso internazionale Diversion e mediazione in Cass. Pen. 1985, p. 533 ss;
cfr. A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizione, Giappichelli ,
Torino, 2010, p. 97;
18
sancito all’art. 6,1° comma Convenzione europea dei diritti dell’uomo e art. 14 Patto internazionale sui diritti civili e politici;
17
Prospettive de iure condendo in materia di archiviazione semplice
Lo strumento dell’archiviazione semplice - c.d. classement sans suite – è utilizzato dal pubblico ministero
francese in relazione a quelle ipotesi di scarsa o lieve lesione dell’interesse tutelato dalla fattispecie penale.
Esso appare di difficile adattamento nel contesto italiano19: a tal fine dunque, l’archiviazione semplice può
essere compatibile con i principi costituzionali summenzionati purché azionata in presenza di un quadro
normativo di riferimento preciso ed esauriente che individui un criterio qualitativo ed eventualmente
quantitativo e che costituisca la base legale imprescindibile da cui il pubblico ministero tragga la legittimità
della sua decisione di archiviazione semplice
Alcuni esempi offerti in tal senso dalla disciplina processuale penale italiana sono stati l’introduzione da
parte dell’art. 34 d.lgs. 274/2000 della possibilità, nei reati di competenza del giudice di pace – di non
promuovere l’azione penale nei casi di particolare tenuità del fatto.
Il legislatore italiano ha poi introdotto all’art. 131 bis c.p.p. una nuova ipotesi di archiviazione - che si
aggiunge a quelle dell’art. 411 c.p.p.- fondata sulla particolare tenuità del fatto: la norma si basa sul
principio quantitativo in quanto, da un lato, circoscrive l’applicabilità della causa di non punibilità ai soli
reati puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni o con pena pecuniaria sola o
congiunta alla pena detentiva, dall’altro, qualifica la tenuità del fatto come una valutazione effettuata dal PM
sulla base della condotto o dell’esiguità del danno o del pericolo prodotto dal comportamento del reo e a
condizione della non abitualità del comportamento20. La norma, che è stata introdotta in un chiaro intendo
deflattivo, costituisce una causa di non punibilità, a differenza delle ipotesi di tenuità del fatto già prevista
dall’art. 34 d.lgs. 274/2000 in materia di giudice di pace, laddove invece è qualificata come condizione di
procedibilità.
Prospettiva de iure condendo in materia di archiviazione condizionata
Accanto all’archiviazione semplice, nel processo penale francese il PM dispone anche dell’archiviazione
condizionata o meritée - che assolverebbe alla necessità di una risposta penale nei confronti della media e
piccola delinquenza21: “Le choix binaire entre les poursuites et le classement sans suite est vite apparu
comme ne répondant pas suffisamment au développement de la petite et moyenne délinquance. Les parquets
ont donc développé, parfois dans le cadre de « maisons de justice » [..] des modes de réponses pénales grâce
à l'opportunité des poursuites qui leur permettaient de soumettre leur classement sans suite au respect d'une
condition qu'ils fixaient à la personne impliquée : avertissement, rappel à la loi, menaces de poursuites en
19
F. MOLINS, Action publique, op. cit. n.74 : «Le choix de ne pas poursuivre se traduit par une décision de classement sans suite. Il
s'analyse en une décision purement administrative, non susceptible de recours juridictionnel Les motifs d'un classement sans suite
sont des plus divers : ils tiennent soit à l'infraction (absence d'infraction ou infraction insuffisamment caractérisée), soit à des
raisons d'opportunité (absence de préjudice, préjudice réparé, faible trouble à l'ordre public, personnalité de l'auteur de l'infraction,
comportement de la victime, etc.).Le ministère public peut toujours revenir sur une décision de classement sans suite sans avoir à
justifier de faits nouveaux, sauf si une cause d'extinction de l'action publique est survenue entre-temps ».
20
L’inserimento dell’occasionalità del comportamento delittuoso era d’altronde ritenuto elemento indiscusso sul terreno della
politica criminale con riguardo alle esigenza di prevenzione generale e speciale del diritto penale, tale necessità era già venutasi in
rilievo nella Relazione allo schema del d.d.l. sul rito monocratico: cfr. G. DIOTALLEVI, L’irrilevanza penale del fatto nelle prospettive
di riforma del diritto penale: un grande avvenire dietro alle spalle, in Cass. Pen., 1998, 2806 ss;
21
M.E.CARTIER, Les modes alternatifs de règlement des conflits en matière pénal – la position du droit français in Revue Générale
de procédures, 1998, n.1/15;
cas de réitération de l'infraction, obligation de réparer le préjudice causé par l'infraction, médiation pénale,
suivi de soins, et régularisation d'une situation constitutive d'une infraction ».22
Oggi le modalità alternative all’azione penale hanno trovato la loro consacrazione nel Code de procédure
pénale, agli artt. 41-1 e 41-2 c.p.p., da cui risultano con chiarezza due conseguenze inerenti la loro
utilizzazione: da un lato, la decisione di intraprendere suddette misure alternative deve essere esercitata dal
pubblico ministero prima di qualsiasi decisione in ordine all’azione penale, dall’altro, essere sospendono la
prescrizione dell’azione penale, ma il pubblico ministero conserva la possibilità, in caso di loro rifiuto o di
mancata esecuzione, di ricorrere alla composition penale o all’esercizio dell’azione penale. Il legislatore
francese ha dunque differenziato la misura di cui all’art. 41-1 c.p.p.23, ovvero i casi di archiviation sans suite,
applicabili a qualsiasi fatto di reato senza alcun riferimento a parametri quali la gravità del fatto, e la
composition pénale, disciplinata dall’art. 41-1 c.p.p24. suscettibile di applicazione ad una serie di reati puniti
con la reclusione nel massimo a cinque anni e necessitanti un obbligo di riconoscimento di commissione del
fatto da parte dell’autore e la convalida del giudice stesso.
Le misure alternative all’azione penale hanno riscontrato un vivo successo: nel 2014, il 43,5% dei casi sono
stati decisi applicando le misure alternative all’azione penale e l’11,5% secondo il Rapporto pubblicato dal
Ministero della Giustizia francese25.
E’ chiaro dunque che l’importazione delle misure condizionate nel sistema processale penale italiano debba
procedere attraverso la imperativa identificazione di presupposti di applicabilità delle misure alternative a tal
fine prevedendo: le condizioni ostative al loro utilizzo, già previste nel codice di rito relativamente ad alcune
ipotesi di benefici a cui accedere in caso di condotta riparatoria, quali l’abitualità o la professionalità nel
reato; la creazione di registri ad hoc che permettano all’organo proponente di valutare la personalità del
soggetto e la sua storia criminale, l’identificazione dei reati per i quali ricorrervi – previa specificazione di
limiti quantitativa precisi – e l’indicazione del tipo di prestazione che costituiscono oggetto della misura
alternativa26.
Tali norme, dovrebbero attribuire il compito di valutare l’impiego delle misure alternative al pubblico
ministero, seppur la legittimità del loro esperimento dovrebbe essere sottoposta a convalida da parte del
giudice, quale garanzia essenziale del nostro ordinamento. Occorre infatti ricordare che tale procedura di
controllo è limitata, nel sistema francese, alla sola composition penale, mentre non riguarda le misure
alternative di cui all’art. 41-1 c.p.p. che sono invece il frutto di una totale scelta discrezionale del pubblico
22
publique, op. cit. n. 77 ;
introdotta dalla Loi n°93-2 dl 4 gennaio 1993;
24
introdotta con Legge n.99-515 del 23 giugno 1999 renforçant l’efficacité de la procédure pénale, JO n°144 del 24/06/1999;
B.BOULOC, Procedure pénale, D. , 2015, p. 564; J.P CERÉ, Composition penale, in Rep. Droit. Pén. Proc. Pén, D., 2015;
25
Chiffrés clés, 2015, su https://www.justice.gouv.fr ; ma la troisième voie non si sottrae a vive critiche da parte della dottrina
francese che, in un sistema di opportunità dell’azione penale come quello francese, lascia troppo potere nella mani del PM : J.
DANET, Bref commentaire de quelques chiffrés sur la justice pénale, in AJ Pénal, 3/2011, p. 122; CERE-REMILLIEUX, De la
composition pénale à la computation sur la reconnaissance préalable de culpabilité: le plaider coupable à la français, in AJ Pénal,
2003, p. 45 s. ; V. PERROCHEAU, La composition pénale et la comparution sur reconnaissance préalable de culpabilité: quelles limites
à l’omnipotence du parquet? in Droit et société, n. 74/2010, p. 55 ; per una lettura meno critica : M.E. CARTIER, op cit. p. 1; A.
MIHMAN, Juger à temps: le juste temps dans la réponse pénale, l’Harmattan, 2008 ;
26
C. MAURO, Dell’utilità del criterio della non punibilità per particolare tenuità del fatto in un sistema di opportunità dell’azione
penale. Esperienze francesi in S. QUATTROCOLO ( a cura di ), I nuovi epiloghi del procedimento penale per particolare tenuità del
fatto, Giappichelli, Torino, p. 160 ss;
23
F. MOLINS, Action
ministero, sebbene non abbiano incidenza sull’eventuale futuro esercizio dell’azione penale per i casi di un
loro fallimento. Infine, in considerazione della centralità nelle misure alternative del consenso
dell’interessato, occorre predisporre un quadro informativo suscettibile di rendere edotto l’accusato degli
elementi a disposizione del pubblico ministero, le conseguenze della rinuncia al processo, la qualifica del
fatto di reato e la pena prevista.
Alcune particolarità francesi appaiono utili nel quadro delle misure alternative, quali la possibilità di
ricorrere comunque all’azione penale in caso di non accettazione della misura da parte dell’indagato o di una
loro infelice esecuzione; altre previsioni andrebbero desunte dallo stesso impianto garantista del nostro
codice di rito: in tal senso l’art, 409, 2° comma c.p.p. inerente il dovere del giudice che non accolga la
richiesta di archiviazione del PM di fissare l’udienza in camera di consiglio, dovrebbe estendersi anche alle
ipotesi di valutazione archiviazione condizionale, previa verifica dell’integrità del consenso.
Attualmente, sebbene il processo penale italiano non conosca una vera e propria via alternativa alla
dicotomia azione/archiviazione27, alcuni interventi del legislatore indicano una tendenza a prendere in
considerazioni misure incidenti sull’instaurazione del processo: in tal senso, la legge 67 del 28 aprile 2014,
ha introdotto anche per gli adulti28, la c.d. sospensione del procedimento per messa alla prova, prevedendo in
particolare la sua azionabilità prima dell’esercizio dell’azione penale ovvero durante le indagini preliminari.
La riforma, creando gli artt. 168 bis, ter e quater, ed inserendoli nel Capo I, Titolo VI del Libro I del Codice
penale, qualifica la messa alla prova come nuova casa di estinzione del reato, nonché beneficio di cui
l’indagato può fruire se avvisato dal pubblico ministero ancora prima dell’esercizio penale; l’art. 141 bis
delle disposizione attuative al Codice di procedura penale infatti, prevede che il pubblico ministero, anche
prima di esercitare l’azione penale, può avvisare l’interessato, ove ne ricorrano i presupposti, che ha la
facoltà di chiedere di essere ammesso alla prova, ai sensi dell’art. 169 bis del codice penale e che l’esito
positivo della prova estingue il reato”. All’introduzione di tale norma di lega la creazione del Titolo V bis del
Codice di procedura penale rubricato “ Sospensione del procedimento con messa alla prova” che,
introducendo gli artt. 464 bis a 464 novies c.p.p. prevede la possibilità di chiedere la sospensione del
procedimento nel corso delle indagini preliminari. In tal caso, sarà l’indagato a dover chiedere al giudice di
poter essere ammesso alll’istituto di messa alla prova e il giudice dovrà trasmettere gli atti al PM entro 5
giorni al fine di ricevere il suo consenso.
I presupposti per il ricorso alla messa alla prova sono quelli di cui all’art. 169 bis c.p.p., ovvero limiti
attinenti il profilo soggettivo – quali natura ostativa dell’abitualità e professionalità nel reato – od oggettivo,
inerente sia i profili quantitativa ( reati puniti con pena pecuniaria o detentiva non superiore a quattro anni e
delitti di cui all’art. 550, 2° comma c.p.p.), sia nel caso in cui si sia già goduto del beneficio ( situazione che
emergerà dal casellario giudiziario in cui verrà iscritta l’ordinanza di sospensione con messa alla prova).
27
sottolinea tale mancanza: M. CHIAVARIO, L’espansione dell’istituto della tenuità del fatto: frammenti di riflessione su alcuni aspetti
chiaroscurali, in S.QUATTROCOLO ( a cura di), I nuovi epiloghi del procedimento penale per particolare tenuità del fatto,
Giappichelli, Torino, 2015, p. 234 ss;
28
attualmente la messa alla prova era già prevista per i minorenni e soggetti infra diciottenni all’epoca del tempus commisi delicti,
poi divenuti maggiorenni;
Tra le misure rientranti nell’archiviazione condizionata occorre accennare alla procedura di mediazione,
istituto disciplinato all’art. 41-1, 5° comma del Code de procédure pénale29: l’unico elemento richiesto per
accedervi è la natura lieve dei reati che ne costituiscono oggetto, non richiedendo in realtà una precisa
indicazione quantitativa, così lasciando spazio in ordine alla valutazione degli interessi individuali
suscettibili di adeguata protezione attraverso strumenti riparatori e/o riparatori. L’introduzione della
mediazione nel processo penale ordinario italiano – già presente nel processo minorile e avanti al giudice di
pace – non si pone in contrasto con una lettura “aperta” del principio di legalità di cui all’art. 112 Cost.: si
ricordi infatti, che un’interpretazione di tale principio in maniera elastica permetterebbe al pubblico
ministero di chiedere l’archiviazione ove si riuscissero ad individuare spazi normativi che, anche all’interno
del procedimento legale-formale, consacrino anche processualmente l’eventuale esito positivo di una
mediazione30.
In conclusione, si può ritenere che la differenziazione della risposta penale a disposizione del PM non rischia
di configgere con i principi costituzionali in materia di legalità – obbligatorietà dell’azione penale purché di
tali principi sia fatta una lettura elastica all’interno di un quadro normativo di riferimento capace di fornire
parametri legislativi a cui ancorare le diverse vie procedurali, ponendo il consenso dell’individuo quale pietra
angolare del rispetto delle garanzie nel suo interesse. D’altronde, l’inserimento della sospensione con messa
alla prova già durante le indagini preliminari e l’archiviazione per particolare tenuità del fatto, nonché le
previsioni della riforma sul sistema penale attualmente al vaglio del Senato in materia di estinzione del reato
per condotte riparatorie, testimoniamo un’attenzione del legislatore italiano all’esigenza di diversificazione
della risposta penale che rimangano altresì coerenti con l’impianto costituzionale”31.
Il ruolo della vittima nel processo penale francese
Nella logica di opportunità dell’azione penale insita nel sistema processuale francese, merita un cenno il
ruolo ricoperto dalla vittima. Qualora infatti quest’ultima abbia subito un pregiudizio diretto e personale, può
29
J.F. PERRIER, Mediation pénale, in Rep. Droit. Pén, Proc. Pén , D. , 2014;
in tal senso V. PATANÉ, Ambiti di applicazione di una giustizia conciliativa alternativa a quella penale, la mediazione, in AA.VV.
Mediazione penale_ chi, dove, come e quando a cura di MASTIZT, Carrocci, 2004. P. 34 ss; si segnala l’art. 1 del progetto di riforma
sul processo penale n. 2067 ( reperibile su http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46014.pdf ) che
prevede l’inserimento dopo l’articolo 162 bis del c.p. è inserito il seguente “ art. 162 ter ( Estinzione del reato per condotte
riparatorie) Nei casiNei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la
persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento
di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato le conseguenze dannose o
pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e
seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della
somma offerta a tale titolo. Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al
primo comma, l'imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al
pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina
la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito, imponendo specifiche prescrizioni.
Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l'articolo 240, secondo comma. Il giudice
dichiara l'estinzione del reato, di cui al primo comma, all'esito delle condotte riparatorie»
31
“sarebbe auspicabile smettere di ritenere che la formulazione attuale [ dell’art- 112 Cos] sia la migliore per esprimere, in
equilibrio tra loro, due esigenze fondamentali: della legalità nell’esercizio dell’azione penale contro gestioni spregiudicate
dell’azione da parte del suo titolare pubblico contro i tentativi di usare le istituzioni politiche o il potere economico per commettere
reati impunemente, ma anche quella di consentire, senza bisogno di escamotages, più o meno brillanti e più o meno convincenti, una
flessibilità di esercizio dell’azione stessa, che però non incentivi il rischio di favorire arbitrii o privilegi”, così M. CHIAVARIO,
L’espansione dell’instituto della tenuità del fatto, op. cit., p. 234; anche M. VIETTI, Facciamo giustizia, Istruzioni per l’uso del
sistema giudiziario, Università Bocconi Ed. , 2013, p. 31
30
agire tramite la voie d’action costituendosi parte civile davanti al giudice istruttore o davanti al giudice del
giudizio così da avviare l’azione penale che obbliga il PM a sostenere l’accusa. Simili considerazioni ci
portano a domandarci se è’ possibile concepire un’azione privata nel processo penale italiano e quali siano i
poteri attualmente riconosciuti alla vittima nel processo penale italiano nell’ottica di sviluppare la c.d.
giustizia riparativa32.
Con riferimento al primo aspetto, ovvero gli spazi per immaginare un’azione penale privata nel processo
penale italiano, la risposta non è di semplice articolazione. Innanzitutto, ciò pone il problema di interrogarsi
sulla incompatibilità dell’azione privata con il principio della legalità dell’azione penale, che tuttavia non
impedisce al legislatore di predisporre ipotesi in cui è il privato a promuovere l’azione penale stessa, come p
riconosciuto nell’ambito del procedimento penale avanti al giudice di pace: infatti il principio di cui all’art.
112 Cost è sempre stato letto nel senso che l’esercizio dell’azione penale appartiene obbligatoriamente alla
pubblica accusa solo quando gli sia stato attribuito per legge. La questione venne inoltre esaminata in sede di
lavori preparatori della Costituente, quando il relatore Leone sottolineò l’inopportunità dell’inserimento della
locuzione pubblico che avrebbe impedito al legislatore di creare un potere di esercizio dell’azione penale in
capo ai privati, atteggiamento non contrastato dalla giurisprudenza che si è più volte espressa nel senso della
compatibilità in via concorrente o sussidiaria dell’azione privata con il principio di obbligatorietà dell’azione
penale33. Le ragioni dunque di un’opposizione alla previsione di un’azione penale privata nell’ordinamento
processuale penale italiano siano legate a resistenze politiche ed al timore di abuso nell’azione privata
penale, rischio peraltro paventato anche in Francia dove si parlò a suo tempo di privatisation de la justice
basata sulla volontà di vendetta della vittima del reato che invece l’imparzialità e la professionalità del PM
sono atte ad impedire34. A questa tesi, si può però obbiettare che spesso esistono già, anche nel sistema
processuale italiano, scelte in ordine alla priorità nella gestione dei processi che, implicitamente ammettono
che l’obbligatorietà dell’azione penale in caso all’organo della sola pubblica accusa abbia una consistenza
reale diversa da quella testuale traducendosi in un rischio di negazione delle esigenze di giustizia privata35.
La disciplina della prescrizione: spunti comparati italo-francesi
In Italia, l’istituto della prescrizione è contenuto agli art. 157 a 161 del Codice penale, caratterizzandosi
come principio di diritto sostanziale, esso determina l’estinzione del fatto di reato sul presupposto che sia
32
La Restorative Justice (o giustizia riparativa o giustizia rigenerativa) è un approccio a considerare il reato principalmente in termini
di danno alle persone. Da ciò ne consegue l'obbligo, in capo all'autore di porre rimedio alle conseguenze lesive della sua condotta. A
tal fine, si prospetta un coinvolgimento attivo di vittima, dell'agente e della stessa comunità civile nella ricerca di soluzioni atte a far
fronte all'insieme di bisogni scaturiti a seguito del reato; sul punto G. MANNOZZI,, Le aperture alla giustizia riparativa nell’ambito
delle misure alternative alla detenzione, in Giur. It. 2016, fasc. 6 p. 1530 – 1535;
33
G. NEPPI-MODONA, Art. 112 Cost. in BIANCA, Commentario alla Costituzione, Zanichelli, 1987, Vol IV, La magistratura, p. 43;
Corte Cost. 20 ottobre 1963 n. 154 in Riv. Dir. Proc. Pen. 1964 con nota di BRICOLA, Dubbi e incertezza sulla qualificazione di un
singolare potere dell’ingegnere capo del genio vivile in ordine all’azione penale, p. 255; Corte cost. n.61/1967 in Riv. It, Dir. Proc
Pen. 1964, p. 261: “ l’art. 112 Cost fissa l’obbligatorietà, non la titolarità esclusiva del pubblico ministero all’azione”;
34
peraltro questa eccessiva onnipotenza e garantismo riconosciuto alla vittima è testimoniato dal fatto che essa preferisca sempre
ricorrere al procedimento penale così rischiando di ingolfare la giustizia penale: si stimava che nell’80% dei casi in cui l’istruttoria
era stata avviata su iniziativa della parte civile, essa si concludeva con un non luogo a procedere: rischio a cui si è dato un freno con
alcuni istituti di natura sanzionatoria come la sanction – reparation; cfr. C. COURTIN, voce Peine de Saction – reparation, in Rep.
Droit. Pen. proc. pén.; D. 2016;
35
per maggiori considerazioni: M. CAIANELLO, Poteri dei privati nell’esercizio dell’azione penale, Giappichelli, Torino, 2003;
trascorso un determinato periodo di tempo al di là del quale lo Stato perde interesse sia a punire un
comportamento penalmente rilevante sia a tentare un reinserimento sociale del reo. E’ stata soprattutto la
legge 252/2005 c.d. legge Ex Cirielli a riformare alcuni aspetti dell’istituto, in particolare la sua modalità di
calcolo che, oggi, fa direttamente riferimento all’entità della pena massima per calcolare la durata del tempo
necessario a prescrivere, con i due limiti posti dall’art. 157, 1° comma c.p. in virtù del quale il tempo non
può comunque mai essere inferiore ai sei anni nel caso di delitto, e a quattro anni, in caso di contravvenzioni,
anche se puniti con sola pena pecuniaria. Nel comparare la disciplina italiana con il sistema francese assume
particolare rilevanza la questione dell’interruzione e della sospensione della prescrizione: nel sistema italiano
infatti, la sospensione si verifica nei casi imposti dalla legge o in quelli specificamente previsti dall’art. 159
c.p. : autorizzazione a procedere, deferimento della questione ad altro giudizio, impedimento delle parti o dei
difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore. Terminata la causa sospensiva, la
prescrizione riprendere il suo corso.
Si ha invece interruzione nel caso degli atti giuridici specificamente previsti dall’art. 160 c.p. ed in tal caso il
termine di prescrizione ricomincia a decorrere ex novo dopo l’atto interruttivo, salvo l’ipotesi di più atti
interruttivi, in tal caso era riprendere ex novo dall’ultimo di essi ma in nessuno caso i termini massimi sanciti
dall’art. 157 c.p. possono essere prolungati oltre i termini di cui all’art. 161, 2° comma c.p. salvo per alcuni
reati di cui all’art. 51 commi 3 bis e quater c.p.p. .
In Francia, al contrario, la prescrizione si atteggia quale istituto prettamente processuale come tale causa di
estinzione sia dell’azione penale che della pena36: con riferimento al primo tipo di prescrizione, esistono
delais de droit commun previsti agli artt. 7, 8 e 9 c.p.p. che, fatta eccezione per alcuni reati imprescrittibili
quali crimini contro l’umanità, si fondano sulla ripartizione tra crimini, delitti e contravvenzioni, e delais
speciaux o derogatoires che escludono l’applicazione dei delais communs a favore di termini più corti o più
lunghi previsti dal legislatore: ad esempio sono previsti termini più brevi per i reati di stampa e termini più
severi in materia di stupefacenti e terrorismo.
Il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui il reato è stato commessa e viene interrotto da qualunque
atto di poursuite ou d’instruction. La differenza dunque essenziale con il nostro sistema risiede nel fatto che,
non solo gli atti indicati tassativamente dalla legge hanno potere interruttivo, ma bensì qualunque atto
rientrante nella categoria di cui sopra, categoria di cui peraltro la giurisprudenza francese fornisce una
lettura estensiva ricomprendendovi qualsiasi atto che abbia come oggetto l’accertamento di un fatto di reato,
di ricerca degli autori, di attribuzione loro della responsabilità penale giungendo a riconoscere effetto
interruttivo a tutti gli eventi che, in generale, contribuiscono a far progredire il procedimento penale proprio
nell’ottica di evitare l’impunità degli individui per il solo effetto del decorso del tempo37. Peraltro, esistono
delle previsioni legislative che prevedono delle cause particolari di interruzione della prescrizione: in
materia di composizione penale mentre prima l’art. 41-2, 8 al. c.p.p. prevedeva che la prescrizione in caso di
composition pénale era sospesa per il tempo del suo esperimento, a partire dalla Loi Perben II n° 2004 – 204
36
37
C. COURTIN, Voce Prescription de l’action publique, in Rep. Droit. Pén. Proc. Pén., D. 2016;
H. ELFRE , Essai de liste des actes interruptifs et des actes non interruptifs de prescription de l'action publique, Gaz. Pal. 1987. 2.
Doctr. 427; T. GARE ET C. GINESTET, Droit pénal. Procédure pénale, 8e éd., 2014, Dalloz, no 463 ;
del 9 marzo 2004 tutti gli atti che tendono all’instaurazione di una composition pénale sono ormai interruttivi
della prescrizione.
La giurisprudenza considera che rientrano nel concetto di poursuites l’atto con cui l’azione penale è
esercitata dal PM – citation directe avanti al Tribunal correctionnel, di police o requisitoire davanti alla
Cour d’assises - o dalla parte lesa - con la citation directe in caso di contravvenzioni o delitti e costituzione
di parte civile davanti al giudice istruttore, tutte le decisioni definitive che siano state portate a conoscenza
della parte, l’esperimento di una voie de recours come l’opposition o il ricorso in appello o in cassazione;
considera invece actes d’instructions tutti gli atti che hanno come obbiettivo di ricercare e riunire gli
elementi probatori compiuti dal giudice o dalla polizia, ed è giunta ad estendere la categoria anche ad alcuni
atti dell’equete preliminare come il verbale redatto dalla polizia giudiziaria. Sul punto, la Commissione des
lois de l’Assemblée génerale, nel suos rapporto sulla prescrizione del maggio 2015, ha auspicato di precisare
il concetto di atto interruttivo di cui all’art. 7 del Code de procédure pénale, ricomprendendovi anche gli atti
dell’enquête, anche se emananti dalla partie civile, comprendendovi anche la semplice plainte indirizzata
dalla vittima al procuratore della repubblica o presso i servizi di PG, cui fino ad ora è stata negata forza
interruttiva.
Ne deriva dunque una maggiore elasticità del sistema francese che, non solo amplia l’effetto interruttivo ad
una categoria molto vasta di atti procedimentali, ma che non pone- contrariamente al sistema processuale
penale italiano – alcun tetto massimo all’allungamento del termine prescrizione, non distinguendo tra la
prima e la ultima interruzione. In Italia infatti, l’esistenza di un termine oltre il quale la prescrizione non può
comunque protrarsi incentiva condotte dilatorie e pretestuose da parte degli imputati e dei loro difensori.
Al contrario, nel sistema francese, se in sede extrapenale occorre giungere all’estinzione del procedimento in
tempi ragionevoli, all’interno del procedimento penale già avviato si vogliono limitare i rischi che si verifichi
la prescrizione una volta avviata l’azione penale; l’intenzione sembra essere quella, ben espressa da certa
dottrina, che “ dove i fatti corrispondano alla fattispecie penale e si riscontrino i requisiti di imputabilità, i
fatti rimangono puniti nonostante il passare del tempo [..]”38. Se è vero che l’istituto della prescrizione è al
centro della riforma sul processo penale, proprio per la sua evidente incidenza sull’assolvimento dei compiti
cui è votato il processo penale, il progetto prevede alcune modifiche che interanno soprattutto l’ampliamento
delle ipotesi di sospensione, mentre poco o nulla è previsto in materia interruttivo – aggiungendo un nuovo
atto interruttivo dell’interrogatorio davanti alla PG su delega del PM e l’innalzamento di alcuni termini
prescrizionali; scelte che non riformano in maniera sufficientemente significativa l’istituto39. D’altronde già
una parte della dottrina italiana si era espressa a favore dello scorporo della prescrizione del reato dalla
prescrizione processuale, al fine di prevedere che a quest’ultima si applichino tempi modellati sulle effettive
vicende processuali in ogni grado di giudizio e non un istituto di matrice sostanziale40.
38
op. cit. p. 169;
si tratta della riforma n. 2067, in particolare gli art. 7 - proposta di modifica dell’art. 158, c.p., art. 8 – recante modifica art. 159
c.p. art. 9 – modifica all’art. 1, 60 c.p., art. 10 modifica all’art. 161 c.p. su www.senato.it ; sul sensibile aumento dei procedimenti
definiti con prescrizione si veda G. SANTACROCE, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2014 su
www.cortedicassazione.it ;
40
sul punto C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione del processo penale, Giappichelli, Torino, 2016, p. 430 ss;
39
C. MAURO,
Misure per assicurare la ragionevole durata del processo nel diritto francese
La loi n°2000-516 renforçant la protection de la presomption d’innocence et les droits de la victime, ha
inserito nel Code de procédure pénal un article preliminaire nel quale vengono enunciati i principi a cui deve
ispirarsi il processo penale francese, tra cui spicca in particolare il rispetto del delai raisonnable entro cui
deve intervenire la sentenza definitiva. Quali sono dunque i mezzi utilizzati dal legislatore per assicurare il
rispetto di tale principio nei vari stati del procedimento penale?
Con riferimento alla durata delle indagini preliminari – che in Italia può andare dai sei ai dodici mesi con
possibilità di proroga in ogni caso non superiore a diciotto mesi, e salve le ipotesi di durata previsti per reati
specifici dall’art. 407 c.p.p. – in Francia il meccanismo di controllo riguarda soprattutto l’enquête
préliminaire, mentre l’enquête en flagrance ha una durata che non può comunque eccedere otto giorni
prorogabile una volta sola. Con riferimento all’ enquête préliminaire, dunque, tale controllo è diversificato
a seconda che vi sia stata garde à vue o meno, perché laddove essa manchi, se la procedura è affidata al
pubblico ministero egli è obbligato a fissare un termine, solitamente di sei mesi, che potrà essere prorogato
sulla base delle esigenze investigative con la creazione di bureaux d’enquetes che assicurano il monitoraggio
dei casi più complessi. Al contrario, se l’enquête è stata avviata dalla police judiciare, l’art. 75-1 c.p.p.
impone che essi ne rendano conto entro sei mesi al PM, potendo dar luogo a sanzioni per l’inquirente che
non giustifichi il suo ritardo. Nel caso di garde à vue invece il controllo della durata delle indagini è affidato
al Juge des libertés et de la detention su iniziativa della stessa persona contro cui si procede. Quest’ultima
infatti, ai sensi dell’art. 77-2 c.p.p. nei sei mesi successivi alla cessazione della misura potrà, con
raccomandata, interpellare il PM circa l’esito della procedura e quest’ultimo dovrà decidere, entro un mese,
su come procedere ( esercitando l’azione penale, l’archiviazione semplice o condizionata). Qualora il PM
non adempia in tal senso l’interessato potrà far valere la nullità degli atti eventualmente compiuti dopo la
scadenza del termine. La parte potrà anche investire il juge des libertés et de la detention il quale se ritiene di
proseguire le indagini, dovrà sentire il PM , e potrà decidere che l’enquête continui, fissando un termine di
sei mesi, o imporre l’esercizio dell’azione penale o dell’archiviazione41. In Italia, la riforma in materia di
diritto penale e processo prevede una modifica dell’art. 407 c.p.p. con l’inserimento di un comma 3 bis per
imporre una richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione dopo tre mesi, in Francia si osserva come il
sistema dia ampio spazio ad imput alla sollecitazione a rendere conto della situazione processuale alla parte,
in particolare nell’ipotesi di garde à vue.
Per quanto attiene più specificamente alla fase dell’instruction, il legislatore francese ha preesisto che la
durata di tale fase non può eccedere un termine ragionevole che sia valutato alla luce di parametri quali la
gravità dei fatti, la complessità delle investigazioni, e l’esercizio dei diritti della difesa. Tale dovere si
traduce nel dovere del giudice istruttore, trascorsi due anni dall’apertura dell’instruction, di emettere
41
da notare che questa procedura è più complessa in ipotesi di criminalità organizzata; la persona in questo caso potrà chiedere
spiegazioni al PM solo se fu oggetto di una delle misure di cui agli artt. 706-80 a 706-95 c.p.p. e solo se il PM ha deciso di procedere
ad un nuovo interrogatorio per informare l’interessato della possibilità di designare un avvocato per consultare il fascicolo o se ha
deciso di archiviare il caso, negli altri casi il PM non ha obblighi di risposta.
ordinanza motivata con riferimento ai parametri di cui all’art. 175 c.p.p. da sottoporre al presidente della
Chambre de l’instruction; entro un mese il giudice deve emettere ordonnance de non lieu o di renvoi o
ordinanza motivata per il proseguimento dell’indagine. Nel caso di mancata risposta, la parte potrà
direttamente adire la Chambre d’instruction che deciderà – con ordinanza non impugnabile – entro otto
giorni, se investire o meno l’organo giudicante. La procedura di controllo sulla durata dell’instruction è
dunque particolarmente articolata, in quanto basata su verifiche periodiche circa la necessità di proseguire o
meno attivate sia ex officio sia su impulso delle parti42.
Altre innovazioni, dirette a rendere più celere la procedura, furono introdotte nel 2000 in materia di misure
cautelari: nel caso in cui a seguito della chiusura dell’istruzione sia stata mantenuta la detention provisoire, il
giudice dibattimentale deve iniziare l’esame del merito della causa entro due mesi dall’ordinanza di rinvio a
giudizio del juge d’instruction davanti al tribunal correctionnel se si tratta di delits, o di un anno davanti alla
cour d’assise se si tratta di crimes, altrimenti l’imputato deve essere rimesso in libertà43.
Per quanto attiene infine la fase del dibattimento, anche in Francia essa è disciplinata dai principi di oralità,
pubblicità e dal contradditorio, seppur l’oralità riveste un significato meno pregnante rispetto al nostro
sistema processuale. Essa rimane principio fondamentale nei procedimenti criminali, dove vi è un rigido
sistema di nullità che sanzioni atti non assunti nel rispetto del principio dell’oralità e dove vige il principio di
continuità del giudizio assistita da una rigida fase post dibattimentale dove i giurati e la corte debbono
rispondere alle questions loro poste. Il sistema francese non prevede un rito monocratico espresso, ma si
limita ad una rinuncia alla collegialità per determinati reati - ovvero quelli in cui la pena non sia superiore ai
cinque anni di reclusione e in cui l’imputato non si trovi in stato di custodia cautelare, non ci sia proceduto
con comparution immediate e il delitto non sia connesso con altri tipi di reato per i quali non è consentito
rinunciare alla collegialità; tali reati vengono dunque affidati alla figura del juge unique.
I riti alternativi nel sistema processuale francese
Lo sguardo alla materia dei procedimenti speciali parte in primo luogo dalla convocation par procés verbal e
dalla comparution immediate, riti – applicabili ai delits - il cui accesso è condizionato da un’evidenza
probatoria tale da poter direttamente accedere al dibattimento, così soddisfando le esigenze di trattamento in
tempo reale di un certo tipo di delinquenza. Per quanto riguarda più specificamente la comparution
immediate, nel 2000 il legislatore ha introdotto un termine di due mesi dalla prima comparizione avanti al
tribunale dell’individuo entro cui la giurisdizione deve pronunciare sentenza nei confronti del soggetto
sottoposto a détention provisoire., pena la sua rimessione in libertà. In materia di comparution immediate, la
Loi n°1138 del 2002 ha inoltre introdotto la possibilità per il prevenu di essere tradotto davanti al Tribunal, il
giorno stesso per tutti i delitti per i quali è prevista la pena della reclusione sia almeno pari a due anni,
mentre per i casi di flagranza almeno pari a sei mesi44.
42
Tuttavia numerose le critiche nel senso di una procedura “effroyablement compliquée” che induce i magistrati a non utilizzarla per
il rischio di rallentamenti dovuti proprio ai continui rinvii alla Chambre d’instruction: cfr. J. PRADEL, La durée des procédures, p.
155;
43
e fatta salva la proroga di un massimo di sei mesi per i delitti e di due anni per i crimini art. 76-77 c.p.p. Loi du 15 juin 2000;
44
C.VIENNOT, Célérité et justice pénale: l’exemple de la comparution immédiate, in Arch. Pol. Crim, 2007, vol. 29, p. 117 ;
In materia contravvenzionale invece sono previste le procedure dell’ordonnance penale, simile al nostro
procedimento per decreto penale45, e la procedura par ammende forfataire in cui il pagamento dell’ammenda
estingue il reato in maniera simile alla nostra oblazione.
Una breve ricognizione sulla reconnaissance prealable de culpabilité46, rito introdotto con la Loi n- 204 del
2004 agli artt. 495-7 ss c.p.p. ed avente ad oggetto una proposta di espiare una pena principale o
complementare con il limite, nel caso di pena detentiva, che essa non superi la durata di un anno ne sia
superiore ala metà della pena prevista, non può che indurci ad un confronto con il nostro patteggiamento
previsto agli artt. 444 ss c.p.p.
La CRPC può essere richiesta dal PM contro il soggetto a lui deferito successivamente ad una convocation
par procés verbal, una comparution immediate o dopo la garde à vue; ma al rito vi può accedere anche
l’interessato, ma in tal caso deve intervenire successivamente all’esercizio dell’azione penale da parte del
PM.
Le principali differenze che emergono rispetto al patteggiamento italiano attengono all’aspetto qualitativo
dei delitti cui il rito può applicarsi: nel patteggiamento italiano, l’art. 444 c.p.p. introduce una serie di limiti
quantitativi circa le pene che possono essere patteggiate, eventualmente ampliate nell’ipotesi di
patteggiamento c.d. allargato, mentre nella CRPC il Code de procédure pénal parla generalmente di delitti
puniti con l’ammenda o pena non superiore a cinque anni.
Inoltre, un’altra distinzione fondamentale
riguarda la rilevanza del riconoscimento di responsabilità da parte dell’imputato: condizione che mentre è
espressamente richiesta dall’art. 495-7 codice di rito francese, non lo è per il patteggiamento italiano.
La CRPC può intervenire sia prima dell’apertura del dibattimento sia in un momento precedente, come anche
il patteggiamento italiano che può essere invocato fino all’apertura del giudizio ma anche durante le indagini
preliminari. Il controllo della pena patteggiate è dunque anche in questo caso attribuita al giudice, che
dispone di poteri simili al giudice italiano, con l’unico distinguo relativo all’esigenza di verifica circa la
realtà dei fatti e l’accertamento della responsabilità dell’individuo in ordine ad essi. Sempre peraltro in linea
con l’attenzione francese per la figura della vittima, quest’ultima può costituirsi come parte civile nel rito
alternativo ed incidere sull’esito della misura: la vittima può infatti bloccate il ricorso alla CRPC e può, in
sede di omologazione, formulare opposizioni che permettano di chiarire le circostanze di commissione
dell’illecito così orientando la decisione del giudice.
E inoltre da sottolineare la diversa natura della sentenza di patteggiamento dall’ordonnance d’homologation
nel plaider coupable: in quest’ultima infatti incide l’ammissione di responsabilità da parte dell’imputato e la
intime conviction de culpabilité del giudice sicché la motivazione dell’ordonnance dovrà essere molto più
articolata della sentenza patteggiata. La motivazione è infatti determinante. Nel caso di impugnazione da
parte dell’accusato di tale ordonnance de homologation la Corte sarà rivestita di un giudizio sul merito e
dovrà fondarsi sulle motivazioni ivi contenute per giustificare la sua decisione. L’ordonnance è
45
in questo caso il PM trasmette il dossier al Tribunal de police o al Juge de proximité, chiedendo la pronuncia dell’ordonnance di
condanna o proscioglimento, le parti possono opporti all’ordinanza così aprendo un procedimento nelle forme ordinarie;
46
F. MOLINS, voce Comparution sur reconnaissance préalable de culpabilité, in Rep. Droit. Pen. Proc. Pen. D. 2016 ;
immediatamente esecutiva, anche in caso di pendenza dei termini per impugnarla, e assunto valore di
giudicato produce gli stessi effetti di una sentenza di condanna ordinaria.
La correctionalisation judiciare
Trattasi di un istituto che, in passato, costituiva una mera prassi dei tribunali e consiste nell’attribuzione al
tribunal correctionnel di un fatto di reato che in realtà costituisce un crime, dunque appartenente alla
competenza della Cour d’assise, ma che grazie all’accordo delle parti e dei giudici e alla mancata
contestazione di alcuni elementi quali le condizioni aggravanti o l’omissione di alcuni elementi costituivi del
crimini ( passaggio da tentativo di omicidio alle lesioni dolose) viene forzatamente fatto rientrare nella
competenza del tribunale47.
Tale prassi, illegale in quanto contraria alle norme sulla competenza per materia aventi natura inderogabile e
che dunque portava la Cour de Cassation a sanzionare puntualmente le decisioni sottoposte al suo vaglio i
risultati da tale pratica, è stata legalizzata dalla Loi Perben II tramite l’introduzione dell’art. 186 – 3 c.p.p.48
e con la modifica dell’art. 469 c.p.p49 .
Il ricorso alla correctionnalisation judiciaire è ammesso in presenza di alcuni requisiti: il tribunal
correctionnel deve essere adito dopo l’ordonnance de renvoi del giudice istruttore e la vittima deve essersi
già costituita parte civile e avere un difensore; ad oggi tale prassi ormai disciplinata dal legislatore, permette
di limitare l’intervento della Corte d’assise ad una percentuale annua compresa tra l’1% e il 5% dell’insieme
dei procedimenti.
Il sistema delle impugnazioni
La materia dei mezzi di impugnazione nel diritto francese si presenta, per la verità come un ambito
potenziato dal legislatore negli ultimi tempi: per effetto infatti della legge del 15 giugno 2000 è
stato introdotto l’appello avverso le sentenze della Corte d’assise, introdotto per conformarsi alle
esigenze poste dall’art. 2 Protocollo VIII alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e
all’article preliminaire del Code de Procédure pénale riscritto dalla
loi n° 2000-516. Infatti
l’impossibilità di appellare le sentenze della Corte d’assise si basava su una asserita infallibilità
della giuria, tale divieto è stato in un primo momento abolito per le sole sentenze di condanna
dopodiché esteso anche a quelle di proscioglimento per evitare disparità di trattamento.
In generale, il sistema delle impugnazioni francese non si discosta particolarmente da quello
italiano. Non essendoci una Corte d’assise d’appello, l’appello viene attribuito ad una Corte
47
48
F. AGOSTINI, voce Correctionnalisation judiciaire in Compétence, Rep. Droit. Pén. Proc. Pén., D. 2016 ;
« La personne mise en examen et la partie civile peuvent interjeter appel des ordonnances prévues par le premier alinéa de
l'article 179 dans le cas où elles estiment que les faits renvoyés devant le tribunal correctionnel constituent un crime qui aurait dû
faire l'objet d'une ordonnance de mise en accusation devant la cour d'assises. Lorsque l'information a fait l'objet d'une co-saisine,
elles peuvent également, en l'absence de cosignature par les juges d'instruction co-saisis conformément à l'article 83-2, interjeter
appel de ces ordonnances. [..]
49
Art. 469 c.p.p. Si le fait déféré au tribunal correctionnel sous la qualification de délit est de nature à entraîner une peine
criminelle, le tribunal renvoie le ministère public à se pourvoir ainsi qu'il avisera. Cfr. A. DARSONVILLE, La légalisation de la
correctionnalisation judiciaire, in Droit Pénal, n°3/2007, étude n° 4;
d’assise designata dalla Chambre criminelle della Cour de Cassation,, sarà poi proprio quest’ultima
che dovrà verificare la recevabilité dell’appello stesso. Le persone legittimate a proporre appello
sono enumerate all’art. 380-2 c.p.p., il Code de procédure pénal indica le condizioni di forma e il
termine entro cui proporre l’appello ( artt. 380-12 ss c.p.p.). Anche in Francia l’appello ha un effettp
devolutivo tale per cui la Corte d’assise deve riesaminare nel merito unicamente i punti sollevati
con il divieto di nuove domande e il divieto di reformatio in peius ( art. 380-3 c.p.p.). In materia di
plaider coupable tuttavia, il divieto di reformatio in peius non opera nel caso in cui il destinatario
dell’ordonnance de homologation la impugni con appello principale. Il pubblico ministero invece
non può appellare l’ordonnance de homologation se non in via incidentale.
Tra i mezzi di impugnazioni compare poi l’opposition, strumento peculiare del sistema processuale
francese, che può essere promosso avverso le decisioni del tribunal correctionnel, del tribunal de
police e della juridiction de proximité. Trattasi di una voie de retractation che permette ad una
persona che non ha avuto conoscenza della data di udienza di ricorrere avverso la giurisdizione che
ha statuito par default. L’opposition non si applica ai crimes. Si caratterizza per l’assenza di
condizioni di forma, dovendo semplicemente essere portata a conoscenza del pubblico ministero50.
Infine in materia di ricorso per Cassazione, sono previsti il pourvoi dans l’intérêt des parties,
avviato dalle parti nei casi in cui si lamenti una violazione della legge e l’inosservanza delle forme
da essa prescritta o nei casi espressamente prescritti dal legislatore, oppure il pourvoi dans l’intérêt
de la loi, esperito unicamente dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione contro una
decisione definitiva contente un errore di diritto: è detta nell’interesse della legge perché la
decisione della Corte non potrà essere utilizzata dalle parti per opporsi all’esecuzione della
decisione annullata51. Recentemente è stata inoltre re- introdotta con legge n° 539 del 25 giugno
2001 una Sezione Filtro della Corte di Cassazione analoga a quella prevista in Italia.
La Francia, diversamente dall’Italia, ha inoltre introdotto con la Loi 15 giugno 2000 un’ipotesi
specifica di “réexamen d’une décision pénale consécutive au prononcé d’un arrêt de la Cour
européenne des droits de l’homme, creando agli artt. 622-1 c.p.p. una procedura ad hoc per
revisionare la sentenza passata in giudicata allorquando la Corte di Strasburgo abbia costatato la
violazione di una norma garantita dal testo della Convenzione. La procedura è affidata ad una
sezione della Corte di Cassazione incaricata di giudicare la fondatezza del ricorso.
La materia delle impugnazioni è anch’essa oggetto della riforma sul processo penale, già più volte
citato. Il testo di riforma prevede degli interventi sulla disciplina generale delle impugnazioni, nulla
però per quanto attiene la creazione di uno strumento ad hoc per assolvere la funzione di ripristino
delle garanzie violate con il processo interno: infatti la questione è per ora stata risolta solo tramite
50
51
C. FONTEIX,
voce Opposition, in Rep. Droit. Pén. Proc. Pén., D. 2016;
voce Pourvoir en Cassation, in Rep. Droit. Pén. Proc. Pén.,D. 2016;
J. BORE’ – L. BORE’,
un intervento additivo Corte Costituzionale n. 113/2011 che ha individuato nell’art. 630 c.p.p. in
materia di revisione lo strumento per poter riesaminare una decisione definitiva interna a seguito di
condanna della CEDU52.
****
Parte II
L’attenzione agli aspetti riparativi e finanziari nella giustizia penale francese
a cura di Alessio Scaffidi
Aspetti della giustizia penale riparativa: la mediazione nell’esperienza francese
Con il termine Restorative Justice o giustizia riparativa la dottrina è solita intendere il tentativo di
ricomposizione dei conflitti attraverso la riconciliazione dei soggetti coinvolti, la riparazione simbolica e/o
materiale delle conseguenze negative del conflitto, nonché il rafforzamento del senso di misura collettiva.
Un modello di giustizia, dunque, incentrato sulla partecipazione attiva dell’autore del reato e della vittima –
se non addirittura dei loro familiari o della comunità locale – al fine di risarcirne i danni. Si è soliti indicare
nel c.d. esperimento di Kitchener53 la nascita della giustizia riparativa moderna. Questo metodo, identificato
inizialmente solo con la mediazione, si è propagato negli anni ’70 in Nordamerica, in Australia e in Nuova
Zelanda e, esclusivamente negli anni ’80, in Europa, in modo particolare in Francia e Gran Bretagna. La
giustizia riparativa è generalmente presentata come un modello di giustizia antitetico a quello punitivo,
caratterizzato quest’ultimo dall’obbiettivo primario della punizione dell’autore del reato. Al contrario,
invece, nel sistema ripartivo il reato non è considerato come un’offesa contro la società o come un attentato
all’ordine costituito, bensì come un equilibrio spezzato tra società, autore del reato e vittima. Tra le varie
forme di giustizia riparativa, la mediazione penale riveste, indubbiamente, un ruolo di primo piano. Essa
permette alla vittima ed all’autore del reato, di comune accordo ed in un contesto rassicurante, di incontrarsi
in presenza di una terza persona alla quale è affidato il compito di garantire lo svolgimento delle discussioni.
L’intervento di mediazione può essere intero, in primo luogo, come tentativo di riapertura e ri-orientamento
dei canali comunicativi tra soggetti in conflitto, spesso ostruiti da fattori accidentali; in secondo luogo, quale
operazione di dispersione dei fattori critici di escalation dei conflitti, impedendo in tal modo l’aumento
dell’intensità e della violenza nei rapporti interpersonali.
Una volta conseguita l’eliminazione/ regressione dei fattori critici, l’intervento di mediazione si focalizza
soprattutto sulla ricostruzione delle relazioni incrinate attraverso l’individuazione di una soluzione
consensuale.
52
F. MASSIAS, Le reexamen des decisions definitives intervenues en violation de la Convention europeenne des droits de l’homme,
RSC 2001,123 ;
53
Kitchener è una cittadina dell’Ontario ai confini tra il Canada e gli Stati Uniti dove all’inizio degli anni ’70 due educatori, Mark
Yantzi e Dean E. Peachey, proposero al giudice che aveva condannato due ragazzi, responsabili di aver danneggiato diverse
abitazioni, un programma di probativo diverso dal solito. Ai due operatori venne in mente di sostituire il consueto modulo a base di
studio, attività ricreative e qualche colloquio a carattere psicologico con un serio programma di incontri tra i due giovani e le famiglie
colpite dai danneggiamenti e un chiaro impegno risarcitorio da garantire attraverso il lavoro.
Come correttamente sottolineato da parte della dottrina54, la mediazione vittima/autore del reato mette
soprattutto in risalto gli aspetti relazioni del delitto, rivalutando il ruolo della vittima nel processo penale. In
tale contesto, maggiore risalto è dato alle conseguenze emozionali e materiali provocate dal reato, con un
rinsaldarsi della sicurezza della comunità che passa attraverso la partecipazione attiva dei cittadini; il tutto
grazie anche all’attività di un mediatore neutrale, opportunamente formato. Per quanto concerne più da
vicino il sistema giuridico francese, l’apertura verso la giustizia riparativa si è manifestata direttamente
attraverso lo sviluppo di forme alternative di risoluzione delle controversie: una fra tutte la mediazione
penale. Introdotta in forma prettamente sperimentale nei primi anni ’80, la mediazione penale è stata
istituzionalizzata con la legge n. 93-2 del 4 gennaio 1993, la quale ha introdotto l’articolo 41-1, al. 5 Code de
procédure penale55. Tale norma premette al procuratore della Repubblica, qualora lo reputi opportuno e
prima di esercitare l’azione penale, di mettere a confronto autore e vittima del reato, a richiesta o previo
consenso di quest’ultima, per giungere ad un’intesa sulle modalità del risarcimento. Secondo una prassi
consolidata nel tempi, la mediazione si realizza attraverso più fasi. In primo luogo, il procuratore dà il
mandato ad una delle associazioni che hanno stipulato delle convenzioni con il Ministero la quale conduce la
mediazione dentro o fuori i luoghi giudiziari56. Figura centrale di tale processo è il mediatore, il quale,
attraverso un documento scritto che informa le parti sui principi fondanti la mediazione, invita reo e vittima a
comparire. Al primo incontro le parti sono ricevute separatamente e viene formalizzata la loro adesione alla
mediazione. Successivamente, il mediatore organizza una serie di incontri al termine dei quali, se i
configgenti pervengono ad un accordo, invia al procuratore un rapporto dettagliato sull’esito della
mediazione. In caso di riuscita della mediazione, il procedura della Repubblica o il mediatore e le parti
formano un verbale ( procés verbal); al contrario, in caso di esito negativo, il procuratore valuta il seguito da
fare con eventuale esercizio dell’azione penale, e ne mette al corrente le parti. Come chiaramente specificato
dal summenzionato art. 41-1, al. 5 c.p.p., l’esito positivo della mediazione consente alla vittima, nell’ipotesi
54
UMBREIT, Victim meets offender: the impact of the restorative justice and mediation, in Criminal Justice press, Willow Tree Press,
Inc. Monsey, New York, 1994;
55
« S'il lui apparaît qu'une telle mesure est susceptible d'assurer la réparation du dommage causé à la victime, de mettre fin au
trouble résultant de l'infraction ou de contribuer au reclassement de l'auteur des faits, le procureur de la République peut,
préalablement à sa décision sur l'action publique, directement ou par l'intermédiaire d'un officier de police judiciaire, d'un délégué
ou d'un médiateur du procureur de la République : [..]5° Faire procéder, à la demande ou avec l'accord de la victime, à une mission
de médiation entre l'auteur des faits et la victime. En cas de réussite de la médiation, le procureur de la République ou le médiateur
du procureur de la République en dresse procès-verbal, qui est signé par lui-même et par les parties, et dont une copie leur est
remise ; si l'auteur des faits s'est engagé à verser des dommages et intérêts à la victime, celle-ci peut, au vu de ce procès-verbal, en
demander le recouvrement suivant la procédure d'injonction de payer, conformément aux règles prévues par le code de procédure
civile. Lorsque des violences ont été commises par le conjoint ou l'ancien conjoint de la victime, son partenaire lié par un pacte civil
de solidarité ou son ancien partenaire, son concubin ou son ancien concubin, il n'est procédé à la mission de médiation que si la
victime en a fait expressément la demande. Dans cette hypothèse, l'auteur des violences fait également l'objet d'un rappel à la loi en
application du 1° du présent article. Lorsque, après le déroulement d'une mission de médiation entre l'auteur des faits et la victime,
de nouvelles violences sont commises par le conjoint ou l'ancien conjoint de la victime, son partenaire lié par un pacte civil de
solidarité ou son ancien partenaire, son concubin ou son ancien concubin, il ne peut être procédé à une nouvelle mission de
médiation. Dans ce cas, sauf circonstances particulières, le procureur de la République met en œuvre une composition pénale ou
engage des poursuites ; La procédure prévue au présent article suspend la prescription de l'action publique. En cas de non-exécution
de la mesure en raison du comportement de l'auteur des faits, le procureur de la République, sauf élément nouveau, met en œuvre
une composition pénale ou engage des poursuites.
56
Come ad esempio all’interno delle Maison de Justice et du droit ( M.J.D.), strutture giudiziarie sparse sul territorio e situate in
quartieri a rischio con l’obbiettivo di riportarvi il diritto attraverso un trattamento giudiziario ispirato alla mediazione. La c.d. Justice
de proximité
in cui l’autore si sia impegnato a corrispondere un risarcimento dei datti e non lo faccia, di chiederne il
recupero nel rispetto del procedimento in materia d’ingiunzione di pagamento, così come previsto dal codice
di procedura civile.
La centralità della figura del mediatore all’interno del procedimento ha ovviamente spinto il legislatore
francese a sancirne e tutelarne l’imparzialità. Orbene, la circolare del 18 ottobre 1969 dichiara
l’incompatibilità tra lo status di mediatore e quello di chi esercita un’attività giudiziaria professionale. Il
mediatore deve lavorare sulla comunicazione delle persone, deve dare informazioni circa l’iter della
mediazione, deve essere terzo ed imparziale rispetto ai soggetti, indipendente rispetto alla autorità giudiziaria
che gli conferisce il mandato.
Benché l’art. 41-5, al. 5 c,p,p, non limiti la mediazione a specifici reati, nella pratica la mediazione penale è
stata riservata al trattamento della microcriminalità o meglio dei reati di lieve entità. Dalle statistiche fornite
dal Ministero della Giustizia francese sembrerebbero principalmente tra le variabili che influiscono sulla
scelta della procura di tentare o meno la mediazione57:
-
la natura del reato: principalmente violenze fisiche, danneggiamenti, violenze morali, furti;
-
Tipo di relazione tra protagonisti: quando vi è un legame di conoscenza/parentela tra reo e vittima, la
mediazione è applicata maggiormente;
-
Il casellario giudiziario dell’imputato: la mediazione è riservata a coloro che non hanno precedenti
penali.
Una misura analoga alla mediazione penale, denominata réparation pénale, è stata istituita dalla legge 4
gennaio 1992 per i minorenni autori di reati. A differenza però della mediazione, essa è applicabile previa
azione penale e può prevedere per il minore misure o attività di assistenza o di ristoro a favore della vittima o
nell’interessa della collettività. In tale contesto, va collocata parimenti l’introduzione nel Code de procédure
pénale ad opera della legge n. 896-2014 del 15 agosto 2014, l’art. 10-1 che prevede che “ in qualsiasi stadio
della procedura penale, compreso nel corso dell’esecuzione della penale, la vittima e l’autore di un reato,
qualora la responsabilità sia stata riconosciuta, possono proporre una misura di giustizia ristorativa” 58.
Norma che, in realtà, a causa della sua estrema genericità, non è stata salutata dalla dottrina con favore e
corre il concreto rischio di rimanere lettera morta59. Rilevanti sono stati i benefici che la mediazione e, più in
generale, le misure alternative all’esercizio dell’azione penale hanno apportato al sistema giuridico francese,
uno fra tutti il decongestionamento dei tribunali.
57
Cfr. Annuaire statistique de la Justice, 2001-2012
A l'occasion de toute procédure pénale et à tous les stades de la procédure, y compris lors de l'exécution de la peine, la victime et
l'auteur d'une infraction, sous réserve que les faits aient été reconnus, peuvent se voir proposer une mesure de justice restaurative.
Constitue une mesure de justice restaurative toute mesure permettant à une victime ainsi qu'à l'auteur d'une infraction de participer
activement à la résolution des difficultés résultant de l'infraction, et notamment à la réparation des préjudices de toute nature résultant
de sa commission. Cette mesure ne peut intervenir qu'après que la victime et l'auteur de l'infraction ont reçu une information
complète à son sujet et ont consenti expressément à y participer. Elle est mise en œuvre par un tiers indépendant formé à cet effet,
sous le contrôle de l'autorité judiciaire ou, à la demande de celle-ci, de l'administration pénitentiaire. Elle est confidentielle, sauf
accord contraire des parties et excepté les cas où un intérêt supérieur lié à la nécessité de prévenir ou de réprimer des infractions
justifie que des informations relatives au déroulement de la mesure soient portées à la connaissance du procureur de la République.
59
Cfr.G. RABUT-BONALDI, La mesure de justice restaurative ou les mysteres d’une voie procedurale parallele, in Recueil Dalloz, n.
2/2015.97 ;
58
Orbene, dalle statistiche elaborate dal Ministero della Giustizia francese60 emerge, infatti, come nel 40% dei
casi, la risposta della giustizia francese si è sostanziata in “misure alternative” tra le quali è ovviamente
ricompresa anche la mediazione.
Mediazione che, quando è stata attivata, si è tradotta in un risultato positivo in più della metà dei casi. Quali,
quindi, le possibili applicazioni della giustizia riparativa e, più nello specifico, della mediazione penale nel
sistema giuridico italiano? In primo luogo, va ricordato come la mediazione non sia del tutto sconosciuta nel
panorama giuridico nostrano. Essa, aldilà dell’esperienza registrata in ambito penale minorile61, che a seguito
del un percorso del tutto differente, ha trovato un parziale riconoscimento normativo all’art. 29, co. 4 d.lgs.
28 agosto 2000 n. 271, istitutivo della competenza penale del Giudice di pace62
Riconoscimento che, più in generale, ha ottenuto la giustizia riparativa, nonostante non possa dirsi ancora del
tutto applicata la Direttiva UE n- 29/201263 con le modifiche apportate al codice penale e l’introduzione
dell’art. 168 bis, 168 ter e 169 quater in tema di messa alla prova. La centralità dell’argomento e la necessità
di sviluppare nuovi modelli di giustizia è stata, da ultimo, evidenziata anche durante i lavori degli Stati
generali dell’esecuzione penale, i quali, in aggiunta, hanno sollecitato l’uso della giustizia riparativa nella
fase di esecuzione della pena64.Appare palese però, come il limite intrinseco di tali pratiche italiane si trovi
proprio nell’impossibilità di avviarle prima che tutta la complessa macchina della giustizia si attivi
necessitando sempre e comunque dell’esercizio dell’azione penale.
Attenzione agli aspetti finanziari
In un contesto storico e sociale quale quello attuale, profondamente segnato dalla recessione economica, i
costi della pubblica amministrazione sono frequentemente al centro del dibattito politico. Le critiche sula
troppo spessa cattiva gestione delle risorse economiche, ovviamente, non hanno risparmiato la macchina
della giustizia, la quale rappresenta un capitolo di spesa rilevante.
Per tale motivo, l’ottimizzazione delle risorse destinate alla gestione della giustizia, dopo essere stata per
lungo tempo in cima all’agenda politica del governo francese, ha finalmente preso forma nella Loi organique
sur les lois des finances ( LOLF).
Come anticipato, la legge n. 2000-692 del 1° agosto 2001 di orientation et de programmation pour les lois
des finance65 si è posta l’obbiettivo, tra gli altri, di incrementale la produttiva e l’efficienza delle giurisdizioni
penali e civili ottimizzandone le risorse economiche. Più in generale infatti la Lolf costituisce un tentativo
60
cfr. TIMBART, Diversité des réponses pénales des parquets et des tribunaux correctionnels selon la nature d’affaire, Infostat
Justice, n. 136/2015 ;
61
cfr. Ministero della Giustizia, La mediazione penale minorile, http://www.giustizia.it/giustizia/itmg_2_5_22-wp- ;
62
“il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia
utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l’udienza per il periodo non superiore a due mesi e, ove
occorre, può avvalersi anche dell’attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio.
In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell’attività di conciliazione non possono essere in alcun modo
utilizzate ai fini della deliberazione”;
63
Cfr. PELOSO, LA tutela della vittima del reato nel processo penale italiano e francese: riflessioni comparate sull’attuazione della
direttiva 2012/29/UE in www.eurojus.it ;
64
cfr. Ministero della Giustizia, Stati generali sull’esecuzione penale, Documento finale, 18 aprile 2016;
65
reperibile su www.legifrance.gouv.fr
rivoluzionario di riforma delle regole budgetarie dello Stato, introducendo un sistema di gestione della
performance della PA simile a quello delle imprese private.
La legge presenta al proprio interno una struttura molto schematica: le politiche dello Stato sono suddivise in
trentaquattro missioni tra le quali, naturalmente, è presente anche la Mission Justice, a sua volta formata da
cinque programmi: justice judiciaire, administration penitentiare, protection judiciare de la jeunesse, accésa u
droit et à la justice, conduite et pilotage de la politique de la justice.
La legge finanziaria del 2016 ha introdotto un nuovo programma dal nome “ Conseil superioreur de la
magistrature” dedicato, come intuibile facilmente, alla gestione delle risorse del CSM francese66. I
programmi prevedono in primo luogo, una ricognizione dello stato dell’arte sulla base della quale pou
vengono analizzate le criticità, fissati gli obbiettivi da raggiungere, nonché stabilite le risorse economiche da
destinarvi. La Lolf ha anche introdotto una remunerazione di merito a favore di magistrati che si dimostrano
più diligenti nel perseguimento dei loro obbiettivi. La performance
dei membri della magistratura è
parametrata sia su indicatori generali di attività che su fattori individuali. A titolo esemplificativo,
l’obbiettivo n.1 della misasione “justice judiciaire” è quello di rendere delle decisioni de qualité in tempo
ragionevole. Otto sono gli indicatori scelti per valutare la qualità delle decisioni: quattro relativi ai tempi
medi di decisione ed al numero di casi pendenti: due relativi alla productivité dei magistrati e dei
collaboratori ( basati sul tempo medio di trattazione dei casi, numero di casi pendenti sul magistrato); due
relativi alla qualità delle decisioni rese ( numero di errori materiali rettificati, numero di decisioni cassate).
Ovviamente le critiche non sono mancate. Difatti, in molti hanno visto in questo sistema premiale una
mercificazione del ruolo del magistrato, piuttosto che uno strumento di meritocrazia. Del resto appare del
tutto evidente come i criteri concernenti la qualità delle decisioni risultino insufficienti e superficiali, non
essendo presi in considerazione fattori quali, ad esempio, la difficoltà del caso, il numero degli imputati e il
materiale probatorio.
I costi della giustizia
La loi organique tratta anche il tema dei “frais de justice”, ovvero le spese di giustizia in cui rientrano tutte le
forme di supporto tecnico fornite all’attività dei magistrati /( periti, traduttori, medici, intercettazioni..).
Prima dell’introduzione della Lolf tali costi rappresentavano una voce di spesa di previsione, frutto di una
valutazione approssimativa: difatti, l’eventuale sforamento dalla cifra iniziale comportava semplicemente
una correzione nel bilancio di fine anno, restando essa a carico dell’amministrazione centrale.
Il costante e vertiginoso aumento di tali spese67, nonché il continuo sforamento delle previsioni di inizio
anno, hanno dunque spinto il governo francese a stabilire, proprio attraverso tale legge, lo stanziamento di
una cifra ben precisa. Tale previsione ha sicuramente l’intento di razionalizzare le spese. Responsabilizzare i
magistrati verso una maggiore attenzione per il denaro pubblico, spingere il Ministro della giustizia ed i vari
tribunali verso un’apertura al mercato, con la conseguente possibilità di scegliere il fornitore di servizi
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Cfr. su https://www.performance-publique.budget.gouv.fr/documents-budgetaires/lois-projets-lois-documentsannexes-anee/exercise-2016/projet-loi-finances-2016-mission-justice#.V438tBHVyHt
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cfr. https://www.senat.fr/rap/r04-478/r04-478.html
tecnici economicamente più vantaggioso. Anche in questo caso però le critiche non sono mancate. Se da un
lato tutto ciò appare economicamente logico e per alcuni versi auspicabili, dall’altro non può evidenziarsi
come un tale sistema possa limitare la risposta della giustizia a causa di ragioni budgetarie.